sentenza 18 maggio 1991, n. 192; Pres. Pellingra, Est. Zuballi; Bisiani ed altro (Avv. Vitagliano,Stoppani, Leban) c. Provincia di Gorizia, Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Fusco), Min. lavoripubblici (Avv. dello Stato Scotti), Consiglio ordine degli ingegneri (Avv. Bellomia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 67/68-73/74Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187418 .
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PARTE TERZA
Che non si sia trattato delle richieste sedute formali, è prova to dalla circostanza che si parla, genericamente, del periodo che
va dal 10 dicembre 1990 al 31 gennaio 1991, senza possibilità
quindi di indicare le date. A queste riunioni poi hanno partecipato non tutti, come è
necessario, ma «più commissari», mentre gli altri hanno soltan
to, successivamente, potuto prendere visione degli elaborati. Ed
è principio normativo che i collegi amministrativi come le com
missioni di esame debbano, per la validità delle loro delibera zioni, rispettare il c.d. quorum integrale (presenza di tutti i com
ponenti). La valutazione collegiale dei temi, quindi, l'unica prevista dalla
legge, si è risolta con la riunione del 2 febbraio in una semplice
«presa d'atto» di ciò che prima era illegalmente stato fatto,
una semplice sanzione, pertanto, di giudizi formulati in prece
denza e «privatamente», mentre sia la lettura dei temi che la
formulazione dei giudizi devono obbligatoriamente avvenire ed
aver luogo in adunanze collegiali, ed è chiaro che non basta
una riunione di due ore e mezza per esaminare centinaia di temi
scritti.
Non esiste, di quelle «riunioni» che tali non furono, nessuna
verbalizzazione, e non poteva naturalmente esistere, poiché non
furono sedute collegiali ma, come detto, letture e giudizi fatti,
individualmente e chissà da chi, quando e dove, da uno o più
commissari, con esclusione quindi di ogni connaturale carattere
pubblico delle operazioni di valutazione, che in tal modo proce
dendosi hanno assunto un carattere privato, al di fuori di ogni
pur doverosa forma collegiale e di ogni aspetto di legalità.
Il collegio amministrativo in questione ha, pertanto, per la
formulazione dei giudizi sugli elaborati scritti, funzionato e pro
ceduto non come tale, non cioè collegialmente e l'organo colle
giale è intervenuto soltanto dopo a cose ormai fatte e a giudizi
già formulati, con la conseguente e innegabile presentazione di
un operato al di fuori di ogni legalità, ed assolutamente arbi
trario.
Sulle operazioni di valutazione delle prove scritte è mancata
ogni verbalizzazione: non poteva invero essere diversamente, poi
ché le riunioni svoltesi «dal 10 dicembre 1990 al 31 gennaio
1991» non sono state, come detto, vere e legittime riunioni,
essendo mancato ogni aspetto di collegialità. Riunioni informali
quindi, non consentite né legittime, nelle quali si è però consu
mata ed esaurita, illegalmente, l'operazione di correzione e di
valutazione delle prove scritte e lasciandosi all'organo collegiale
del 2 febbraio 1991 soltanto ed esclusivamente un compito no
tarile di presa d'atto e di sanzione di quanto al di fuori di ogni
regola era già avvenuto, con la mera attribuzione numerica del
voto.
Ciò non toglie però che la mancanza di verbalizzazione degli atti e delle attività della commissione, come fatto indipendente,
produca, di per sé, i suoi effetti ulteriormente invalidanti sull'o
perato della commissione esaminatrice nella fase della correzio
ne e valutazione degli scritti.
La norma dell'art. 19, 3° comma, del regolamento sugli esa
mi di Stato, approvato con d.m. 9 settembre 1957, stabilisce
che di ogni adunanza della commissione è redatto, seduta stan
te processo verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario. Ma si tratta evidentemente di noti principi generali, per i quali
la verbalizzazione, oltreché obbligatoria e inderogabile, attiene
alla giuridica esistenza dell'atto ed è richiesta ad substantiam
di esso e non soltanto ad probationem. Per quanto detto, i motivi aggiunti di impugnazione, attinen
ti alla violazione del principio di collegialità e di verbalizzazio
ne, sono tutti giuridicamente fondati.
Il ricorso va quindi accolto, con l'annullamento dell'opera zione amministrativa della correzione e valutazione delle prove scritte.
Vanno quindi annullate la formulazione dei giudizi sulle pro ve scritte, la non ammissione alle prove orali del ricorrente e
l'attribuzone numerica di voto. Nonché la dichiarazione conclu
siva, di «non abilitato». Restano, ovviamente valide le sostenu
te prove scritte, come restano validi tutti gli atti compiuti dalla
commissione prima dell'operazione di correzione e valutazione
delle prove scritte.
Dovrà per conseguenza essere rinnovata la fase della valuta
zione delle prove scritte, della formulazione dei giudizi su di
esse e dell'attribuzione numerica di voto sulle prove stesse, con
l'eventuale effettuazione delle prove orali e con la conseguente
Il Foro Italiano — 1992.
dichiarazione conclusiva di «abilitazione» o di «non abilitazio
ne». A tale compito però dovrà provvedere, in questo acco
gliendosi la richiesta formulata dal ricorrente in memoria e in
udienza, altra commissione di esami di Stato diversamente com
posta, giacché una commissione come quella che ha operato nella fattispecie che, con tanto grave ed incomprensibile legge
rezza, ha apertamente violato principi e norme fondamentali
della procedura di esame, regole note anche ai profani di dirit
to, non dà invero alcun affidamento di correttezza e di serietà
di giudizio. Meraviglia davvero che una commissione di esami di Stato,
presieduta da un professore universitario e composta da ele
menti particolarmente qualificati possa essere incorsa in simili
svarioni e aver commesso cosi palesi ed assurde violazioni della
legge, con tale sorprendente disinvoltura certamente non apprez
zabile e mostrando all'evidenza di considerare inutili e supera
bili formalità quelli che sono invece principi fermi e regole fon
damentali di procedimento degli organi collegiali, forme e pro
cedimenti obbligatori e inderogabili, imposti dalla legge alla vita
e al funzionamento degli organi collegiali, la cui pretermissione
ne snatura alla radice e irrimediabilmente l'essenza e i compiti
e non solo sotto l'aspetto formale, ma sicuramente anche sotto
quello sostanziale, poiché la legge vuole che la volontà o il giu
dizio dell'organo collegiale sia appunto collegialmente espresso
e formulato (e non tollera equipollenti), perché altrimenti non
è il collegio nella sua interezza e nella sua sintesi che si esprime,
ma i suoi componenti singolarmente assunti, e il giudizio perde
e non possiede più anzi non possiede all'origine quella garanzia
di giustizia e di verità, che i vari contributi di tutti i commissari
nella loro armonica sintesi sono dall'ordinamento destinati a
conseguire. Le persone che costituiscono e compongono l'organo colle
giale devono concorrere alla formazione del medesimo atto, in
modo simultaneo ed in posizione di uguaglianza. E questa rego
la appunto insieme alle regole sul procedimento ha violato la
commissione di esami di Stato nella valutazione e correzione
delle prove scritte e nella formulazione del relativo giudizio con
l'illegittimità conseguente del suo operato, nei termini e nei sen
si suddescritti.
La commissione di esame è invero un collegio perfetto, per
l'adozione delle cui deliberazioni è necessaria e richiesta la par
tecipazione e la discussione dei vari componenti. Una malintesa ragione di speditezza e di comodità, non com
mendevole, che non vale certamente a giustificare l'operato del
la commissione di esami di Stato, indubbiamente illegittimo,
e che l'ha condotta a compiere una fase del suo procedimento in aperto contrasto con la legge, e che, perciò, il giudice ammi
nistrativo, chiamato a pronunciarsi dal soggetto, leso dall'azio
ne illegittima dell'organo amministrativo in un suo interesse ri
conosciuto, deve rimuovere, con gli effetti che questa sentenza
dichiara. Il ministero della pubblica istruzione dovrà quindi procedere
alla nomina di una nuova commissione di esami di Stato, che
dovrà provvedere agli incombenti dapprima indicati.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIULI-VENEZIA GIULIA; sentenza 18 maggio 1991, n. 192;
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIULI-VENEZIA GIULIA; sentenza 18 maggio 1991, n. 192;
Pres. Pellingra, Est. Zuballi; Bisiani ed altro (Aw. Vita
gliano, Stoppani, Leban) c. Provincia di Gorizia, Regione Friuli-Venezia Giulia (Aw. Fusco), Min. lavori pubblici (Aw. dello Stato Scotti), Consiglio ordine degli ingegneri (Avv.
Bellomia).
Professioni intellettuali — Ingegnere e geologo — Relazione geo tecnica — Redazione — Competenza — Limiti — Fattispecie
(R.d. 23 ottobre 1925 n. 2537, regolamento per l'esercizio
delle professioni di ingegnere e di architetto, art. 52; 1. 2 mar
zo 1949 n. 143, tariffa professionale degli ingegneri ed archi
tetti; 1. 3 febbraio 1963 n. 112, disposizioni per la tutela del
titolo e della professione di geologo, art. 3; d.m. 11 marzo
1988, norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, criteri
generali e prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il
collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di
fondazione).
Spetta al solo ingegnere redigere la relazione geotecnica nella
parte concernente la valutazione degli impatti sul suolo e sot
tosuolo dell'insieme progetto-terreno, mentre appartiene al
l'ambito di competenza professionale sia del geologo che del
l'ingegnere la redazione della predetta relazione geotecnica nella
fase iniziale e prodromica delle indagini astrattamente neces
sarie prima di passare alla fase progettuale; in conseguenza, va annullato il provvedimento del comitato regionale di con
trollo (ed il conseguente provvedimento di revoca dell'ammi
nistrazione provinciale) che abbia ritenuto illegittimo l'incari
co professionale conferito ad un geologo per l'effettuazione, oltre che del rilevamento geologico, anche di una serie di cam
pionamenti, di sondaggi elettrici e in genere di prove volte
a saggiare le caratteristiche geotecniche del terreno, senza al
cun riferimento al progetto costruttivo. (1)
Fatto. — Il ricorrente (che agisce unitamente all'ordine dei
geologi) impugna, con il presente ricorso, i seguenti atti: — il decreto del presidente del comitato centrale di controllo
della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dell'8 febbraio 1990,
reg. 2260;
(1) I. - In materia si rinviene solo il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sez. V, 13 aprile 1989, n. 183, inedito, il quale, in interpretazione del d.m. 11 marzo 1988, premesso che «l'emanazione
di norme tecniche attraverso decreti ministeriali non incide sull'assetto
delle competenze professionali, definite, per quanto riguarda gli inge
gneri, dal r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537 e, per quanto riguarda i geologi, dalla 1. 112/63», ha cosi argomentato: «La relazione geologica ha il
precipuo scopo di fornire il necessario quadro di riferimento progettua le attraverso la rappresentazione della situazione naturale dei luoghi, illustrando le condizioni morfologiche, litostratigrafiche ed idrogeologi che delle zone interessate, al fine di interpretare l'assetto del territorio
in relazione alla sua origine e costituzione geologica, alla sua evoluzio
ne strutturale e geomorfologica. «La relazione geotecnica ha sostanzialmente il compito di esaminare
e valutare la "risposta" meccanica del complesso terreno-manufatto al
le azioni conseguenti alla soluzione progettuale ipotizzata, nonché di
individuare il procedimento costruttivo ritenuto più idoneo ai fini della
realizzazione e del comportamento dell'opera. «In tale ambito la relazione geotecnica deve comprendere la imposta
zione ed esposizione critica dei risultati dei calcoli geotecnici, ovveros
sia di tutte le verifiche che si richiedono perché il progettista possa ri
cercare le soluzioni tecniche atte a garantire la sicurezza della costruzio
ne rispetto ai possibili stati limite — di servizio ed ultimi — interessanti
il complesso manufatto-terreno. «La relazione geotecnica prescritta dalla norma, muove dalle indagini
mirate all'individuazione e rilevamento dei dati necessari ed alla prima caratterizzazione meccanica del terreno e poi — per quanto attiene alle
scelte progettuali ed alle relative verifiche — si particolarizza secondo
i requisiti specifici delle singole tipologie di opere considerate dalla nor
ma medesima. «Non sembra superfluo in proposito precisare che la "relazione sulla
fondazione" prescritta al punto C.6 delle norme, deve intendersi parte
integrante della relazione geotecnica. «La rispondenza del contenuto delle relazioni in argomento alle fina
lità del progetto e, in particolare, la reciproca coerenza richiesta dalla
norma tra ricostruzione geologica e caratterizzazione geotecnica del sot
tosuolo, non può che essere assicurata e garantita se non nell'ambito
dell'unicità dell'atto progettuale. Tale esigenza implica necessariamente
che il progettista conosca, recepisca e faccia proprio il contenuto delle
due relazioni. Ciò si traduce, sul piano formale, nella firma definitiva, da parte del progettista, delle due relazioni, quella geologica e quella
geotecnica, anche allorquando, per lo studio di casi particolari, il pro
gettista si sia avvalso della collaborazione di altri professionisti qualifi cati negli specifici settori, i quali potranno sottoscrivere le predette rela
zioni unitamente al progettista». Il consiglio è, quindi, pervenuto a conclusioni parzialmente divergen
ti da quelle della sentenza in epigrafe, nel senso che: «Alla luce di quanto
sopra accennato, la redazione della relazione geotecnica ricade necessa
riamente nell'esclusivo ambito di competenza degli ingegneri; mentre,
ai fini dell'individuazione dei soggetti abilitati a redigere la relazione
geologica, la sezione ritiene che un corretto criterio interpretativo ri
chieda la distinzione dei casi nei quali sia disponibile una idonea ed
aggiornata documentazione geologica e geomorfologica della zona ove
ricade l'area interessata dal progetto, dai casi in cui occorra procedere ad uno specifico rilevamento geologico.
Il Foro Italiano — 1992.
— l'ordinanza del medesimo organo del 16 gennaio 1990, reg.
n. 847; — la comunicazione del consiglio provinciale di Gorizia, con
la quale si è revocato l'incarico affidato al dott. geologo Fulvio
Bisiani, in data 12 marzo 1990, n. 2522/90; — il sottostante parere della quinta sezione del consiglio su
periore dei lavori pubblici del 13 aprile 1989, n. 183, come po
sto a fondamento della motivazione del decreto di annullamen
to n. 2260 del presidente del comitato centrale di controllo della
regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in data 8 febbraio 1990; — la circolare dell'assessore regionale agli enti locali del 13
luglio 1989, n. 8, nonché di tutti gli altri atti preordinati, pre supposti, connessi o conseguenti, nessuno escluso od eccettuato;
— in parte qua il d.m. II.pp. 11 marzo 1988 come interpreta to dal parere n. 183 sub d).
Fa poi presente di aver accettato l'incarico propostogli dalla
provincia di Gorizia, in qualità di geologo, per svolgere indagi ni geognostiche ed uno studio geotecnico, finalizzati alla realiz
zazione di una strada. Senonché la relativa delibera del consi
glio provinciale di Gorizia veniva sospesa dal comitato centrale
di controllo, ritenendo che lo studio geotecnico spettasse in via
esclusiva agli ingegneri. Il comitato richiamava il parere del con
siglio superiore dei lavori pubblici e la circolare dell'assessore
regionale agli enti locali, entrambi impugnati, e disponeva un'i
struttoria.
«Nella prima ipotesi, è da ritenersi che la raccolta e l'esposizione nella relazione geologica degli elementi e dei dati disponibili possa esse re svolta, oltre che dal geologo, anche dal progettista; nella seconda, si ritiene necessario l'intervento del geologo.
«In proposito vale la pena di osservare che la conoscenza sull'origi ne, natura, struttura delle formazioni geologiche costituenti una zona
può ovviamente essere conseguita anche indipendentemente da specifica e particolare attività progettuale; ad esempio, in occasione di un orga nico piano di studi e rilevamenti e documentazioni finalizzati ad inter vento di pianificazione territoriale.
«Sembra opportuno al riguardo richiamare l'indicazione, contenuta nel punto B.3 della norma, della proporzionalità dell'ampiezza delle
indagini all'importanza dell'opera, alla complessità del sottosuolo ed allo stato delle conoscenze sulla zona in esame, nonché della possibilità prevista al punto C.3 che le indagini sui terreni di fondazione siano ridotte od omesse nei particolari casi ivi specificati, tra i quali devono
intendersi compresi quegli interventi su opere già esistenti relativi a mo deste ristrutturazioni, adattamenti, consolidamenti e restauri, nel rispet to di quanto previsto da normative specifiche.
«Alla luce di quanto sopra richiamato è da ritenersi che anche nelle aree dichiarate sismiche o soggette a vincoli particolari, per le quali esistono documentabili ed esaurienti studi geologici e geomorfologici a supporto della compilazione di strumenti territoriali ed urbanistici e
sia stato emesso il parere di cui all'art. 13 1. 64/74 il progettista possa — sempre che ritenga rispondente alle specifiche esigenze progettuali il riferimento alle conoscenze geologiche già acquisite — direttamente illustrare gli aspetti significativi della situazione geologica locale. Ciò sulla base degli elementi disponibili e con esplicazione delle fonti biblio
cartografiche e di ogni altra idonea documentazione; in tal caso assu
mendosi, il progettista medesimo, la dichiarata responsabilità sia della
validità dei presupposti di riferimento assunti sia delle conseguenti scel
te progettuali adottate». II. - Su altra questione concernente le competenze degli ingegneri
rispetto ai geometri per la sottoscrizione di progetti di costruzioni edili
zie, v. Tar Emilia-Romagna 17 settembre 1977, n. 421, Foro it., 1978,
III, 675, con nota di richiami. Sulla legittimità della determinazione a mezzo di regolamenti delle prove d'esame per l'abilitazione all'eserci
zio delle professioni (con la conseguente ininfluenza del contenuto delle
stesse al fine dell'individuazione delle sfere di competenza delle varie
branche professionali, che possono avere anche settori di attività so
vrapponibili, come sottolineato nella motivazione della sentenza in epi
grafe), v. Corte cost. 26 gennaio 1990, n. 29, id., 1991, I, 1397, con
nota di richiami, sul problema della definizione degli ambiti professio nali fra i medici e gli analisti (e in Giur. it., 1990, I, 1, 1342, con
nota di Ferrari). III. - Sull'ordinamento professionale dei geologi, la cui attività pro
fessionale è stata regolata, peraltro in modo incompleto, solo dalla 1.
112/63 e dal regolamento di cui al d.p.r. 1403/65, v. Pret. Chieti 14
marzo 1981, Foro it., Rep. 1981, voce Locazione, n. 274 (che ha consi
derato la categoria compresa nel novero delle attività professionali, ac
canto a quelle tradizionalmente liberali quali avvocatura, medicina ed
ingegneria, ai fini dell'applicazione dell'art. 27 1. 392/78); M. Ciaccia,
Geologi (ordinamento professionale), voce del Novissimo digesto, ap
pendice, Torino, 1982, III, 937 (che ritiene la classificazione dell'ogget to dell'attività professionale di cui all'art. 3 1. 112/63 «meramente esem
plicativa» e non implicante un limite per «l'esercizio di ogni altra attivi
tà professionale consentita ai geologi iscritti all'albo»).
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PARTE TERZA
Nonostante la replica della provincia, la quale tra l'altro evi
denziava come proprio il consiglio superiore dei lavori pubblici avesse ribadito la competenza del geologo sugli studi geologici, il comitato di controllo annullava la delibera per l'illegittimità, violazione di legge ed eccesso di potere. (Omissis)
Diritto. (Omissis). 2.1. - Il ricorso va esaminato quindi nel
merito.
Oggetto del gravame è in primis la decisione del comitato
centrale di controllo della regione Friuli-Venezia Giulia prot. n. 19125/2 febbraio 1912, n. 2260 reg. c.c.c., che ha annullato
la deliberazione 20 dicembre 1989, n. 457 del consiglio provin ciale di Gorizia, che aveva conferito al geologo dott. Bisiani
(odierno ricorrente) l'incarico di effettuare indagini geognosti che ed uno studio geotecnico in relazione alla costruzione di
una strada.
Viene, altresì, impugnata la delibera n. 2522/90 del consiglio
provinciale di Gorizia che ha revocato il conferimento dell'inca
rico al dott. Bisiani, in quanto meramente conseguenziale all'in
tervenuto annullamento disposto dall'organo tutorio.
2.2. - Invece, la circolare dell'assessore degli enti locali n.
8 del 13 luglio 1989, che si limita a riprodurre il parere n. 189
del consiglio superiore dei lavori pubblici, quinta sezione, del
13 aprile 1989, e quest'ultimo parere, vengono impugnati unica
mente in quanto posti dal comitato di controllo a fondamento
della sua convinzione che non risulta ammissibile l'affidamento
dello studio geotecnico ad un geologo.
Orbene, ad avviso di questo collegio, tale parere (e la circola
re regionale che lo riproduce) non appaiono lesivi della sfera
degli interessi dei ricorrenti, sia perché essi non hanno alcun
valore vincolante né per gli enti locali né per l'organo di con
trollo, sia perché — come si esaminerà meglio nel prosieguo — la questione del riparto di competenze tra varie categorie
professionali non è suscettiva di una disciplina che non sia legis lativamente definita.
Pertanto, il citato parere verrà esaminato solo come un'opi
nione, per quanto autorevole, rilevante solo in quanto fatta pro
pria dall'organo tutorio con l'atto oggetto di impugativa, non
certo per la sua autonoma incisività.
2.3. - Inammissibile risulta, invece, l'impugnazione del decre
to del ministro dei lavori pubblici 11 marzo 1988, come inter
pretato dal citato parere n. 183; infatti, detto decreto ministe
riale, anch'esso avente valore puramente interpretativo, non in
cide minimamente, per stessa ammissione dei ricorrenti, sul
riparto di competenze. L'interpretazione che di esso dà il citato
parere riguarda tuttalpiù quest'ultimo. 2.4. - Infine, l'impugnazione dell'ordinanza del comitato cen
trale di controllo n. 847 del 16 gennaio 1990, atto prodromico ed infraprocedimentale, finalizzato al provvedimento finale di
annullamento, oggetto di impugnazione, rileva solo, in quanto richiamata da quest'ultimo.
3.1. - La questione centrale del ricorso riguarda una actio
finium regundorum tra le competenze professionali degli inge
gneri e dei geologi, in relazione specificamente alla competenza a redigere la cosiddetta «relazione geotecnica».
Si deve rilevare come nel nostro ordinamento positivo sia
astrattamente possibile che alcune zone grigie, ovvero alcune
materie, per cosi dire, di confine, rientrino contemporaneamen te nelle competenze di più categorie professionali.
Tale è il caso, ad esempio, dei geometri e degli ingegneri, essendo consentita ai primi la progettazione di edifici entro cer
ti limiti di complessità, attività questa che rientra pacificamente anche nella sfera di competenza degli ingegneri. La stessa sen
tenza della Corte costituzionale 29/90 (Foro it., 1991, I, 1397), citata ad altri fini in ricorso, ammette entro certi limiti una
sfera di attività sovrapponibile, per quanto riguarda le analisi
di laboratorio, tra biologi, chimici e medici. 3.2. - Alla medesima conclusione, relativa ad un astrattamen
te possibile accavallamento di competenze facenti capo a due
professioni, porta il testo dell'art. 3 1. 3 febbraio 1963 n. 112
sulla professione di geologo, che, all'ultimo comma, con una
clausola di chiusura e di salvaguardia, afferma che quanto pre visto dal medesimo articolo come oggetto specifico della profes sione di geologo non pregiudica «quanto può formare oggetto dell'attività di altre categorie di professionisti, a norma di leggi e regolamenti».
In altri termini, la norma ammette, sia pure con previsione
Il Foro Italiano — 1992.
astratta e cautelativa, che altre professioni, nell'esercizio della
loro attività come regolata dalle norme positive, si occupino anche di attività attinenti alla geologia.
3.3. - Prima di esaminare il problema relativo alle relazioni
geotecniche, giova premettere una breve disamina dello specifi co delle professioni, rispettivamente, di ingegnere e geologo, sof
fermandosi non su singole disposizioni, come sembrano, peral tro comprensibilmente, fare le parti nelle loro memorie, ma ri
facendosi all'insieme della normativa vigente. Per quanto riguarda la professione di ingegnere la sua carat
teristica precipua, come emerge dal r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537
(e dalla 1. 2 marzo 1949 n. 143) è la progettazione e costruzione
di opere della più svariata natura.
Ogni attività, anche conoscitiva, dell'ingegnere risulta quindi
pur sempre finalizzata alla costruzione, cioè alla progettazione, che costituisce il fattore principale, caratteristico della profes sione. Quindi le attività di studio della geologia, compiute dagli
ingegneri, sono preparatorie e prodromiche alla attività di pro
gettazione e costruzione (nel corso di laurea si parla, infatti, di geologia applicata e di geotecnica applicata).
3.4. - Per quanto riguarda l'attività dei geologi, suo elemento
caratterizzante, come emerge dall'art. 3 1. 112/63, sono i rileva
menti e gli studi geologici del suolo e del sottosuolo. Non esiste
nel curriculum studi alcun riferimento diretto alle costruzioni.
Solo dall'art. 3, lett. b), 1. 112/63 si evince che le rilevazioni
e le consulenze geologiche possono essere finalizzate a costru
zione di dighe, strade, gallerie, acquedotti, ponti, canali, aero
porti, cimiteri, porti, ferrovie ed edifici. Quindi, trattasi pur
sempre di indagini relative al suolo e sottosuolo, anche se tal
volta finalizzate alle costruzioni.
Insomma, l'attività dei geologi, d'indagine, per quanto qui
interessa, è prodromica e logicamente antecedente a quella degli
ingegneri, costruttori e progettisti. 3.5. - Da quanto fin qui detto, se appare chiara la caratteriz
zazione delle due professioni di ingegnere e di geologo, risulta
altrettanto chiaro che esiste una fascia di sovrapposizione: quel la cioè in cui l'ingegnere assume elementi relativi alla geologia
(stato del suolo e sottosuolo) ai fini della progettazione e co
struzione, e correlativamente quella in cui il geologo finalizza
la sua indagine, individuando lo scopo ultimo della sua rileva
zione, cioè la costruzione. Siamo giunti, quindi, alla geotecnica,
oggetto della presente disputa. 4.1. - Numerose possono essere le definizioni di geotecnica.
Essa, come afferma il consiglio superiore dei lavori pubblici nel suo ripetuto parere 13 aprile 1989, n. 183 in atti, ha sostan
zialmente il compito di esaminare e valutare la «risposta» mec
canica del complesso terreno-manufatto alle azioni conseguenti alla soluzione progettuale ipotizzata, nonché di individuare «il
procedimento costruttivo, ritenuto più idoneo ai fini della rea
lizzazione».
Questa prima definizione sembrerebbe far rientrare la compe tenza della redazione della relazione geotecnica nella sfera esclu
siva dell'ingegnere, dato il suo stretto legame con il progetto e con l'opera. Però è lo stesso consiglio superiore dei lavori
pubblici a precisare, poco dopo, nel testo del medesimo parere, che la relazione muove dalle «indagini mirate all'individuazione
e rilevamento meccanico del terreno e poi si particolarizza se
condo i requisiti specifici delle singole tipologie delle opere con
siderate». Detto parere, rettamente inteso, richiama poi la se
conda parte delle relazioni geotecniche laddove conclude per la
competenza esclusiva degli ingegneri. 4.2. - Da quanto esposto si comprende come la relazione geo
tecnica si compone per sua natura di due parti, logicamente e tecnicamente distinte: la prima consta di una indagine sul suo
lo e sottosuolo e delle sue risposte, astrattamente possibili, la
seconda riguarda la specificazione dell'insieme progetto-terreno e la sua risposta alle sollecitazioni.
Questa dicotomia, insita nella natura stessa della relazione
geotecnica, spiega gli equivoci ed i contrasti che si sono avuti
in materia. Infatti, laddove si parla di geotecnica in relazione
agli ingegneri (nel r.d. n. 2537 del 1925, nelle tariffe professio nali, nel curriculum studiorum, nei numerosi documenti deposi tati in atti), si fa riferimento soprattutto alla seconda parte del
le «indagini e delle relazioni geotecniche, quella che più specifi catamente tiene conto dell'insieme progetto-terreno, vale a dire
della progettazione, e cioè dello specifico ingegneristico.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Viceversa, laddove sono i geologi a parlare di indagini geo tecniche (e delle relazioni corrispondenti) essi fanno riferimento
precipuo alla prima parte, logica premessa alla seconda, cioè
alla fase in cui non si indica ancora quale progetto attuare ma
si indaga sulla rispondenza del terreno a vari tipi di sollecitazio
ni, alla fase insomma in cui il progetto non è ancora definito, in cui esso resta ancora astrattamente concepito. Anche gli stes
si temi per l'abilitazione alla professione di geologo, depositati in causa dai ricorrenti, a ben leggere si incentrano sulla fase
preliminare delle indagini geotecniche. 5.1. - Definita, quindi, la geotecnica come disciplina che solo
nella sua fase applicativa (e non nella sua fase per cosi dire
preliminare) attiene alla professione di ingegnere, resta da deli
mitare il confine tra le due competenze. Da quanto detto emer
ge chiaramente come la relazione geotecnica, ove essa compren da (e in questi limiti) anche la valutazione degli impatti sul suo
lo e sottosuolo dell'insieme progetto-terreno, non possa che essere
di competenza esclusiva dell'ingegnere, unico in grado di valu
tare l'aspetto progettuale e costruttivo e di assumerne la respon sabilità.
5.2. - Diversa è la questione per le indagini geotecniche che
comprendano solo l'aspetto inziale e prodromico, vale a dire
le indagini astrattamente necessarie prima di passare alla fase
progettuale. Non vi è dubbio che esse rientrano nelle competen ze dei geologi, alla luce della lettera b) dell'art. 3 1. 112/63, che parla appunto di rilevazioni e consulenze finalizzate alle
opere ed edifici; fermo restando che l'attività del geologo sarà
comunque prodromica ed ausiliaria rispetto a quella progettua le e costruttiva.
5.3. - Ulteriore problema è se tale competenza sia esclusiva
del geologo ovvero se anche l'ingegnere possa redigere una rela
zione geotecnica, anche per il suo primo aspetto. Ad avviso di questo collegio la risposta non può che essere
positiva: infatti, l'ultimo comma dell'art. 3 1. 112/63 fa salve
le competenze delle altre categorie professionali, e quindi anche
degli ingegneri. Né si può dubitare come un ingegnere sia in
grado ed abbia la competenza, sulla base proprio dell'art. 51
del r.d. regolante la sua professione, di redigere una relazione
geotecnica. Conclusivamente: spetta al solo ingegnere redigere la relazio
ne geotecnica nella sua seconda parte, quella progettuale; lad
dove la competenza è sovrapponibile, vale a dire appartiene ad
entrambe le categorie professionali, per quanto riguarda le in
dagini e le relazioni geotecniche, nella loro prima parte, ovvero
quella prodromica. 6.1. - Ciò premesso, tornando all'esame del provvedimento
negativo dell'organo di controllo qui impugnato, va osservato
che non è sufficiente il riferimento alla redazione di una rela
zione geotecnica per escludere la competenza del geologo; ne
cessita indagare di che tipo di relazione si tratta, se cioè limitata
alla fase preliminare ovvero impingente anche alla fase pro
gettuale. Risulta agli atti che oggetto dell'incarico al dott. Bisiani è
stato, oltre al rilevamento geologico, anche l'effettuazione di
una serie di campionamenti, di sondaggi elettrici e in genere di prove volte a saggiare le caratteristiche geotecniche del terre
no. In nessun momento si fa riferimento al progetto. Le indagini commissionate rimangono al di qua della soglia
della fase progettuale, nonché della valutazione concreta del
l'insieme manufatto-terreno. A controprova si rileva che nel pre ventivo lo stesso dott. Bisiani parla di «caratterizzazione geo tecnica del terreno e determinazione di tutti i parametri utili
al calcolo della portata e dei cedimenti del terreno». Insomma
si predispongono i dati del terreno in modo che sia il progettista
(ingegnere) a poter successivamente valutare gli effetti sul terre
no del suo progetto. Per quanto detto l'indagine affidata al dott. Bisiani rientra
tra quelle che anche i geologi (oltre agli ingegneri) sono abilitati
ad effettuare.
6.2. - La fondatezza del principale ed assorbente motivo di
gravame comporta l'annullamento sia del provvedimento del co
mitato centrale del controllo n. 2260 dell'8 febbraio 1990, sia
della revoca dell'incarico disposto dall'amministrazione provin ciale (n. 2522/90 del 12 marzo 1990), che è atto strettamente
conseguenziale al primo.
Quanto al parere del consiglio superiore dei lavori pubblici, e alla circolare regionale che lo fa proprio, essi, se rettamente
interpretati, non si discostano affatto dalle conclusioni sopra
esposte, in quanto la competenza esclusiva degli ingegneri va
riferita solo alle relazioni geotecniche nella loro seconda parte.
Il Foro Italiano — 1992 — Parte III-4.
TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRA TIVA DI TRENTO; sentenza 30 aprile 1991, n. 193; Pres.
TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRA TIVA DI TRENTO; sentenza 30 aprile 1991, n. 193; Pres.
Chieppa, Est. Zeviani Pallotta; Comune di Mezzolombar
do e altri (Avv. Mazzorana), c. Min. grazia e giustizia e
altro; Provincia autonoma di Trento (Avv. Benvenuti, Ge
rola) c. Min. grazia e giustizia e altro; Regione Trentino
Alto Adige (Avv. Berti, Gerola) c. Min. grazia e giustizia e altro.
Giustizia amministrativa — Istituzione e soppressione di sede
distaccata di pretura — Comune ricompreso nel territorio della
sezione — Legittimazione (Cost., art. 5, 97; r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudiziario, art. 41; 1. 1° febbraio
1989 n. 30, costituzione delle preture circondariali e nuove
norme relative alle sezioni distaccate, art. 2, 3, 4, 5). Ordinamento giudiziario — Istituzione delle preture circonda
riali — Sezione distaccata — Soppressione con procedimento amministrativo — Esclusione (R.d. 30 gennaio 1941 n. 12, art. 41; 1. 1° febbraio 1989 n. 30, art. 2, 3, 4, 5).
I comuni ricompresi nel territorio di una sezione distaccata di
pretura ricompresa nella tabella B annessa al r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, cosi come sostituita dalla 1.1° febbraio 1989 n.
30, sono legittimati ad impugnare dinanzi al giudice ammini
strativo il provvedimento ministeriale con il quale la sezione
distaccata medesima viene ricompresa nella tabella C. (1) A seguito dell'entrata in vigore della 1.1° febbraio 1989 n. 30,
che ha integralmente sostituito le tabelle B e C allegate al
r.d. 30 gennaio 1942 n. 12, non è più applicabile il procedi mento amministrativo di istituzione o soppressione di sedi di
staccate di pretura, di cui all'art. 41 r.d. 12/41, in quanto il legislatore, con l'avere sostituito tali tabelle, ed in mancan
za di univoche indicazioni in contrario, ha inteso riservarsi
la materia, sottraendola alla discrezionalità amministrativa. (2)
(1) La massima è conforme all'orientamento giurisprudenziale preva lente, secondo cui il comune è legittimato a ricorrere in sede giurisdizio nale contro atti che si assumono lesivi di situazioni sostanziali che si
ricollegano alla posizione istituzionale del comune quale ente pubblico territoriale (Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 1990, n. 630, Foro it., Rep. 1990, voce Giustizia amministrativa, n. 428).
In particolare, la giurisprudenza ha ammesso tale legittimazione in riferimento:
— alla localizzazione dell'azienda di promozione turistica (Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 1990, n. 630, cit.);
— alla localizzazione e autorizzazione all'apertura di una farmacia
(Tar Friuli-Venezia Giulia 7 giugno 1989, n. 214, ibid., n. 432 e Rass. dir. farmaceutico 1990, 105);
— alla installazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti (Tar Piemonte, sez. II, 4 giugno 1988, n. 241, Foro it., Rep. 1989, voce
cit., n. 402 e Trib. amm. reg., 1988, I, 2585; Riv. giur. edilizia 1989, I, 183);
— alla impugnazione del decreto del ministro dei beni culturali ed ambientali con cui si dichiara di notevole interesse pubblico e si vincola di conseguenza un'area ricadente nel territorio comunale (Tar Marche 17 agosto 1987, n. 359, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 331 e Foro
amm., 1987, 3371; Giur. it., 1988, III, 1, 145). Tar Lombardia, sez. Brescia, 13 aprile 1989, n. 360, Foro it., Rep.
1989, voce cit., n. 403 e Trib. amm. reg., 1989, I, 1753, ha invece escluso la legittimazione del comune ad impugnare il provvedimento con il quale il ministro del lavoro determina le sezioni circoscrizionali
per l'impiego ed il collocamento della mano d'opera in agricoltura e ne individua i relativi ambiti territoriali; Tar Piemonte, sez. I, 10 luglio 1986, n. 320, Foro it., 1986, III, 418, ha escluso (in esatto contrasto con Tar Marche 17 agosto 1986, n. 359, cit.) la legittimazione del co mune ad impugnare il decreto con cui il ministro per i beni culturali e ambientali dichiara il notevole interesse pubblico di aree ricadenti nel territorio comunale. Tale orientamento restrittivo pare, peraltro, essere
sempre meno seguito dalla giurisprudenza. La legittimazione del comune a ricorrere in sede giurisdizionale, nei
casi di cui sopra, è connessa all'esigenza di tutela dei c.d. interessi col
lettivi, che hanno natura superindividuale ma sono imputabili ad un
determinato ente, differenziandosi perciò dagli interessi diffusi, che ri
mangono allo stato fluido e richiedono un processo di aggregazione mediante l'opera di associazioni di tutela (v. Virga, Diritto ammini
strativo, Giuffrè, Milano, 1987, II, 183, nota 34, con ampio richiamo
di dottrina; M. Nigro, Giustizia amministrativa, Il Mulino, Bologna,
1983, 133 ss.). (2) Per un precedente specifico, che perviene a risultati esattamente
opposti, v. Tar Toscana, sez. I, 17 gennaio 1991, nn. 12 e 13, Foro
it., 1991, III, 369, a cui si rinvia per l'individuazione dei termini del
problema e per indicazioni di giurisprudenza e dottrina. La sentenza
in epigrafe sembra frutto di applicazione dei principi generali in materia
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