+ All Categories
Home > Documents > PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est....

PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est....

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: tranhuong
View: 214 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Orlando; Previati (Avv. Minotti) c. Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali del Molise Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990), pp. 67/68-71/72 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182972 . Accessed: 28/06/2014 18:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:34:48 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Orlando; Previati (Avv. Minotti) c. Comitato regionale di controllo sugli atti degli

sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Orlando; Previati (Avv. Minotti) c. Comitatoregionale di controllo sugli atti degli enti locali del MoliseSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 67/68-71/72Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182972 .

Accessed: 28/06/2014 18:34

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:34:48 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Orlando; Previati (Avv. Minotti) c. Comitato regionale di controllo sugli atti degli

PARTE TERZA

fondata, gli ulteriori motivi dedotti e sviluppati nel suo contesto. Il collegio ritiene, peraltro, opportuno osservare, in via conclu

siva ed incidenter tantum, che sembra potersi escludere, allo sta

to e sulla base della produzione documentale esibita in giudizio, che il provvedimento da annullare sia viziato da profili di svia

mento di potere, e che la sua adozione sia suggerita dall'esclusivo fine di colpire la capacità imprenditoriale dell'impresa ricorrente.

È del pari innegabile che il bene alla cui garanzia l'autorità

locale ha inteso provvedere è attualmente privo di concreta prote zione, pur nella vigenza di norme di legge che ne prevedono i

mezzi di tutela e pur essendo stato già approvato per il triennio

1984-1986, il piano nazionale della pesca (d.m. 14 agosto 1985). È lasciata dunque all'iniziativa dell'amministrazione intimata l'op

portunità di promuovere i debiti interventi, disciplinati nella spe cie dall'art. 4, 4° comma, lett. d), intesi ad assicurare l'adozione, da parte dell'autorità competente, dei provvedimenti che garanti scano, nel rispetto delle forme e delle procedure previste dalle

leggi vigenti, la realizzazione del fine di conservazione e di gestio ne delle risorse biologiche del mare, indubbiamente degno della

massima considerazione.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MO

LISE; sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Or

lando; Previati (Avv. Minotti) c. Comitato regionale di con

trollo sugli atti degli enti locali del Molise.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MO

LISE; sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Or

Impiegato dello Stato e pubblico — Retribuzione tardivamente

corrisposta — Rivalutazione e interessi — Prescrizione — Pa

gamento — Annullamento da parte dell'organo di controllo — Legittimità (Cod. civ., art. 2934, 2937, 2938).

È legittima la deliberazione con cui il competente comitato regio nale di controllo annulla il provvedimento con cui una unità

sanitaria locale dispone in favore di un proprio dipendente il

pagamento della rivalutazione monetaria, con i relativi interes

si, di spettanze retributive, tra l'altro, tardivamente corrispo ste, nel presupposto che tali crediti accessori, in quanto concer nenti un credito principale soddisfatto più di cinque anni pri ma, dovevano ritenersi prescritti. (1)

(1) 1. - La sentenza ribadisce l'affermazione secondo cui le parti del credito di lavoro, relative al maggior danno per svalutazione e interessi, pur costituendo un elemento dello stesso credito, divengono autonome e sono soggette alla prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948 c.c. Sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 maggio 1988, n. 561, Foro it., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 711; Tar Lombardia, sez. I, 18 febbraio 1987, n. 68, ibid., n. 768. Il rilevato termine prescrizionale, peraltro, in conformità a Corte cost. 7 aprile 1981, n. 50, id., 1981, I, 1224 e 3016 (ove è riportato il testo della circolare 7 ottobre 1981, n. 73 del ministro del tesoro, sulla prescrizione biennale delle rate di stipen dio e di pensione e degli altri assegni dovuti dallo Stato), si applica nella

liquidazione di stipendi, pensioni, ed altri emolumenti in genere, degli impiegati pubblici: Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 1988, n. 83, id., Rep. 1988, voce cit., n. 712; 12 maggio 1987, n. 277, id., Rep. 1987, voce cit., n. 739; sez. VI 15 aprile 1987, n. 266, ibid., n. 737; Tar Lazio, sez. III, 11 giugno 1988, n. 752, id., Rep. 1988, voce cit., n. 896; contra, Tar Sicilia, sez. II, 28 novembre 1987, n. 798, ibid., n. 622, secondo cui il credito relativo al compenso per lavoro straordinario si prescrive in dieci anni, a differenza di quello per mancato godimento delle ferie e dei riposi settimanali e festivi, prescrivibili in cinque anni. Nel senso, invece, che le competenze dovute si prescrivono in dieci anni allorché esse, pur discendendo direttamente dalla legge, non possano riconoscersi senza che l'amministrazione abbia accertato la sussistenza delle condizio ni richieste per la loro attribuzione, mentre si prescrivono in cinque anni, allorché le competenze dovute siano direttamente determinate dalla legge anche nel quantum, senza necessità per l'amministrazione di effettuare

operazioni di verifica, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 1989, n. 436,

Il Foro Italiano — 1990.

Diritto. — 1. - Con l'unico, complesso motivo di gravame il

ricorrente pone, in sostanza, una duplice questione: — la prima, di fondo, relativa alla sussistenza o meno del po

tere stesso dell'organo di controllo di sindacare in sede di riscon

tro di legittimità la mancata eccezione da parte dell'amministra

zione controllata di prescrizione del credito del ricorrente relativo

a somme dovute per rivalutazione monetaria ed interessi connessi

con un credito, concernente emolumenti retributivi, in preceden za tardivamente soddisfatto;

— la seconda, attinente la sussistenza o meno del presupposto

oggettivo dell'esercizio di detto potere, costituito dall'essersi veri

ficata o meno la prescrizione estintiva del suddetto credito ac

cessorio.

2. - Quanto alla prima delle due questioni, ritiene il collegio che essa debba avere soluzione positiva.

Invero, non può disconoscersi che, nella gestione delle proprie

risorse, anche numerarie (ed a prescindere dalla classificazione

giuridica di tali beni), la pubblica amministrazione è in via gene rale tenuta ad una rigorosa osservanza di rigide e dettagliate nor

me di contabilità, essendo pur sempre dette risorse correlate e

soggette a vincoli di destinazione (che, in ultima analisi, vengono

precisati ed imposti attraverso lo stanziamento nei vari capitoli di bilancio).

Va da sé, quindi, che in ogni vicenda attinente l'impiego di

pubblico danaro (cosi nelle varie fasi di erogazione di una spesa, come anche nell'attività — come quella che ricorre nella fattispe cie — diretta ad «evitare» una spesa che non risulti «dovuta»), la pubblica amministrazione non gode — anche ove agisse iure

privatorum (ma non ne ricorre il caso) — di quell'ampio e quasi illimitato spazio di libertà riconosciuto ai soggetti privati.

Ciò premesso, va altresì' tenuto presente che l'art. 2937 c.c., nel mentre riconosce la possibilità per l'interessato di rinunciare

alla prescrizione in un momento successivo al decorso del relativo

termine (come facoltà alternativa al proprio esclusivo diritto di

farla valere: cfr. art. 2938), precisa che «non può rinunciare alla

prescrizione chi non può disporre validamente del diritto».

Nei sensi e nei limiti indicati con le precedenti osservazioni,

pertanto, la pubblica amministrazione, una volta verificatasi la

prescrizione di un proprio debito, non ha alcun potere dispositi vo che possa liberamente esplicarsi in ordine all'interesse, di cui

è divenuta titolare, di opporre o meno la prescrizione. Essa è, invece, tenuta ad eccepirla, prescindendo necessaria

mente da ogni valutazione di ordine etico (o, quanto meno —

ma sussistono non pochi dubbi al riguardo — a fornire una spe

cifica, e giuridicamente fondata, motivazione che si appalesi ido

nea a superare i vincoli normativi cui soggiace la gestione di cui

si è detto): in caso contrario, verrebbe meno la giustificazione stessa della spesa concernente appunto il pagamento del debito

prescritto, il quale risulterebbe non più giuridicamente «dovuto».

Cons. Stato, 1989, I, 506; sez. IV 5 maggio 1987, n. 261, Foro it., Rep. 1987, voce eit., n. 735; sez. V 18 maggio 1984, n. 371, id., Rep. 1984, voce cit., n. 667.

Il diritto all'indennità dei membri del governo, legati allo Stato da un

rapporto di servizio onorario, si prescrive in cinque anni: Corte conti, sez. con»., 28 novembre 1985, n. 1599, id., 1987, III, 237, con nota di richiami.

Circa l'onere di provare, ai fini della prescrizione, l'avvenuto decorso del tempo, cfr. Cass. 11 novembre 1986, n. 6616 e 17 aprile 1986, n.

2736, id., 1988, I, 1271, con osservazioni di F. Baldari. II. - La sentenza, inoltre, afferma il dovere dell'amministrazione pub

blica di eccepire la prescrizione, comportando la rinuncia (tacita) ad ecce

pirla un vizio di legittimità (e non di merito) dell'operato dell'ammini strazione stessa. Quanto alla prima delle due questioni, peraltro, tra loro strettamente connesse, concernente l'obbligo di eccepire la prescrizione, cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 1978, n. 502, id., Rep. 1978, voce

cit., n. 937; Tar Sicilia, sede Catania, sez. I, 13 aprile 1987, n. 609, id., Rep. 1987, voce cit., n. 740; contra, Tar Sicilia, sez. II, 13 novembre

1986, n. 310, ibid., n. 741. In ordine alla seconda questione, viceversa, non constano precedenti in termini. Cfr., ad ogni modo, Tar Sicilia, sez.

II, 13 novembre 1986, n. 310, cit., la quale afferma non essere di per sé illegittimo il provvedimento con il quale l'amministrazione disponga di corrispondere ai propri dipendenti somme per crediti già prescritti.

This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:34:48 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Orlando; Previati (Avv. Minotti) c. Comitato regionale di controllo sugli atti degli

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Acclarato che l'attività diretta ad eccepire la prescrizione di

un proprio debito risulta, per l'amministrazione, del tutto dovuta

in quanto, sia pure indirettamente ed implicitamente, imposta dalla

legge, ne deriva che la violazione di tale obbligo comporta un

vizio di legittimità (e non di merito, come sostiene il ricorrente)

dell'operato dell'amministrazione stessa: come tale, il vizio è ri

scontrabile dall'organo di controllo in sede di legittimità, né det

to organo viene in alcun modo a sostituirsi alla parte (pubblica

amministrazione) cui, esclusivamente, spetta opporre la relativa

eccezione, limitandosi l'organo stesso a censurare il comporta mento omissivo illegittimamente tenuto dalla stessa amministra

zione (per una fattispecie in cui il Consiglio di Stato ha implicita mente ritenuto sussistere l'esaminato potere dell'organo di con

trollo, cfr. sez. V 5 maggio 1978, n. 502, Foro it., Rep. 1978,

voce Impiegato dello Stato, n. 337).

Ritiene, pertanto, il collegio che l'impugnato atto negativo di

controllo debba essere dichiarato esente dal denunciato vizio di

violazione di legge ed eccesso di potere, sotto il profilo testé con

siderato della mancata eccezione di prescrizione.

Risulta, peraltro, ultroneo e superfluo disquisire sulla legittimi tà dell'ulteriore profilo di motivazione dell'atto impugnato — se

l'inerzia della pubblica amministrazione possa essere o meno con

figurabile come atto di liberalità (cosi definita dall'organo di con

trollo) — dal momento che l'atto stesso è autonomamente e suf

ficientemente sorretto dal motivo, sinora esaminato, concernente

l'impossibilità giuridica della rinuncia (anche implicita) alla pre scrizione.

3. - Soluzione positiva deve darsi anche alla seconda delle que stioni all'inizio prospettate, in ordine alla circostanza se in con

creto il particolare credito vantato dal ricorrente dovesse o meno

ritenersi prescritto al momento dell'adozione del provvedimento annullato con l'atto negativo di controllo impugnato.

Al riguardo vanno svolte le seguenti osservazioni:

A) In primo luogo, il ricorrente richiama l'orientamento giuris

prudenziale secondo il quale rivalutazione monetaria ed interessi

costituiscono «parte integrante della stessa retribuzione dovuta

per le prestazioni effettuate» (cfr. Cass., sez. un., 27 giugno 1981

n. 4184, id., Rep. 1981 voce cit., n. 881), un di più che si sostan zia «nella quantificazione di valori ontologicamente e funzional

mente coincidenti con i momenti originari del diritto alla retribu

zione» (cfr. Tar Molise 5 marzo 1984, n. 230), onde la relativa

pretesa non costituisce diritto patrimoniale conseguenziale; «se

cosi è», conclude il ricorrente, «ci troviamo di fronte all'inscindi

bilità dell'unico debito pecuniario e come correttamente non è

stata sollevata la prescrizione, peraltro, mai maturata, per la li

quidazione degli emolumenti arretrati nella voce 'base' ... al

trettanto correttamente deve essere tenuta sotto silenzio, ed an

che perché comunque non è maturata, in riferimento alla liquida zione delle somme per maggior danno da svalutazione monetaria

e per gli interessi relativi all'accertato e riconosciuto debito, in

parte posto in pagamento». La deduzione, nonostante l'esattezza delle premesse giuris

prudenziali, non appare condivisibile.

Il concetto dell'inscindibilità o, se si vuole, della connaturazio

ne del credito per rivalutazione ed interessi al credito di lavoro,

è stato elaborato ai fini dell'affermazione della giurisdizione del

giudice amministrativo, della proponibilità della relativa doman

da in ogni stato e grado del giudizio ed anche della riconoscibilità

ex officio del diritto da parte del giudice.

Orbene, prescindendo dall'osservazione che, in definitiva, i cre

diti particolari di cui trattasi, anche perché «eventuali», costitui

scono «profili monetari accessori» del credito di lavoro (cfr. Tar

Lombardia, Milano, 22 ottobre 1983, n. 1427), ed anche a voler

totalmente accogliere la tesi dell'assoluta «inscindibilità» di quel

le «parti» con il tutto, sostenuta dal ricorrente, va comunque

chiarito che tale concetto non può, né è stato mai in giurisprudenza

usato per immutare il regime prescrittivo del credito accessorio,

ovvero della «parte» non soddisfatta dell'unico credito, che ne

occupa (cfr. Tar Lombardia cit., che, per converso, implicita mente dichiara la prescrittibilità di siffatti crediti).

E sarebbe davvero aberrante la conseguenza che il ricorrente

sembra voler trarre sul piano logico: dalla circostanza di fatto

Il Foro Italiano — 1990.

che un credito (sorte) sia stato solo «parzialmente» soddisfatto

entro i termini originari di prescrizione (ovvero senza che questa venisse eccepita) dovrebbe ricavarsi la «imprescrittibilità» della

sua ulteriore «parte» (rata, accessorio, ecc.) insoluta. Siffatta so

luzione costituirebbe palese ed inammissibile violazione del prin

cipio generale, solennemente affermato dall'art. 2934 c.c. per cui

ogni diritto si estingue per prescrizione con le sole, tassative ecce

zioni indicate esclusivamente dalla legge (cfr. 2° comma dello stesso

articolo). In conclusione, quindi, come le «rate» insolute di uno stesso

credito divengono autonome, pur facendo parte di un tutto uni

co, e sono per se stesse prescrittibili in relazione all'inerzia del

titolare del relativo diritto, cosi lo sono — come di norma (ripe

tesi) ogni diritto — anche le «parti» del credito di lavoro, relative

al maggior danno per svalutazione e interessi e ad esso «connatu

rate», attesa l'assenza di qualsiasi norma che ne preveda l'impre

scrittibilità, né potendosi esse definire indisponibili ai sensi e per

gli effetti del 2° comma del citato art. 2934 c.c.

B) In secondo luogo, nel caso di specie, il pagamento disposto dalla Usi di Campobasso e ritenuto illegittimo dal Coreco, con

cerneva importi di rivalutazione monetaria ed interessi legali rela

tivi ad emolumenti arretrati, maturati nel 1969 ed effettivamente

liquidati ed erogati il 17 febbraio 1977. Da questa data (relativa alla liquidazione e non della matura

zione del credito, seguendo una ipotesi più favorevole per il ri

corrente) inizia a decorrere il termine di prescrizione che, secon

do l'ormai prevalente giurisprudenza amministrativa, formatasi

a seguito della nota sentenza della Corte costituzionale 7 aprile

1981, n. 50 (id., 1981, I, 1224) deve essere ritenuto quinquennale, come previsto dall'art. 2948 c.c., applicabile agli stipendi, pen sioni ed altri emolumenti dovuti dallo Stato e dagli altri enti pub blici ai propri dipendenti (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V,

12 maggio 1987, n. 277, id., Rep. 1987, voce cit., n. 733; Tar

Catania, sez. I, 20 novembre 1986 n. 982 e 13 aprile 1987, n.

609; Tar Lombardia, cit.). Per completezza, va aggiunto che l'as

similabilità dei crediti che ne occupano a quelli relativi a stipendi,

pensioni ed emolumenti, ai fini dell'individuazione dell'esatto re

gime prescrittivo, risulta del tutto giustificata e pacifica, sia che

si segua la teoria dell'accessorietà che quella dell'inscindibilità dei

suddetti crediti.

Pertanto, alla data dell'istanza 27 gennaio 1983, essendo tras

corsi quasi sei anni dalla data del pagamento degli emolumenti

cui si riferivano la rivalutazione monetaria e gli interessi legali in questione, non vi è alcun dubbio che gli stessi fossero già am

piamente prescritti.

C) Deve essere, inoltre, rilevato che, nonostante l'espressa ri

serva formulata nell'atto introduttivo, il ricorrente ha omesso di

fornire il benché minimo principio di prova in ordine agli asseriti

atti interruttivi della prescrizione (le «ripetute richieste»), prece denti l'istanza del 27 gennaio 1983, che ha poi determinato l'e

missione del provvedimento di liquidazione annullato.

Certamente, il comportamento inerte tenuto dall'amministra

zione fino al tardivo pagamento, effettuato a termini di prescri

zione ormai scaduti, non può andare esente da censura in quanto non corrispondente «ai principi di correttezza e buona fede, cui

qualsiasi debitore deve uniformare la sua condotta»; censura questa

già contenuta nella precedente sentenza n. 230 del 1984 resa da

questo tribunale tra le stesse parti, nella quale, peraltro, si stig

matizzava l'operato del Coreco, che aveva annullato il pagamen to spontaneo da parte della Usi di Campobasso di una somma

a titolo di rivalutazione ed interessi relativi ad altri emolumenti

liquidati nel 1982. Pur rilevandosi che l'Usi intimata non pare nella fattispecie

odierna aver fatto tesoro di quelle giuste esortazioni, non può

tale atteggiamento essere giuridicamente sanzionato, attesa la cor

rispondente inerzia — rilevante, questa si, ai sensi del già citato

art. 2934 c.c. — mantenuta dal ricorrente, titolare del relativo

diritto, cui incombeva l'onere di porre in essere idonei atti inter

ruttivi della prescrizione (ovvero di darne prova in giudizio).

D) La diversità delle fattispecie, da ultimo rilevata, nonché l'ac

certata «doverosità» dell'eccezione di prescrizione da parte della

Usi e della conseguente legittimità dell'effettuato controllo da parte

This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:34:48 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 19 aprile 1988, n. 47; Pres. Meale, Est. Orlando; Previati (Avv. Minotti) c. Comitato regionale di controllo sugli atti degli

PARTE TERZA

del Coreco conducono, infine, a ritenere inconferente il residuo

profilo di censura, concernente un asserito atteggiamento vessa

torio o persecutorio dello stesso Coreco nei confronti del ricorrente.

4. - Pertanto, essendo stata verificata l'infondatezza di tutte

le censure dedotte, il ricorso deve essere respinto.

COMMISSIONE TRIBUTARIA DI II GRADO DI ROMA; se zione IV; decisione 18 maggio 1989; Pres. Bonelli, Est. Mon

giardo; Centro di servizio imposte dirette di Roma c. Boccia.

COMMISSIONE TRIBUTARIA DI II GRADO DI ROMA;

Redditi (imposte sui) — Oneri deducibili — Contributi non ob bligatori alla cassa di assistenza sanitaria della Banca d'Italia — Natura previdenziale — Deducibilità (D.p.r. 29 settembre

1973 n. 597, istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle

persone fisiche, art. 10, 48; 1. 13 aprile 1977 n. 114, modifica

zioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisi

che, art. 5).

In materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, sono de

ducibili i contributi non obbligatori versati dal dipendente alla

cassa di assistenza sanitaria della Banca d'Italia, in quanto aventi

natura previdenziale. (1)

(1) La controversia riguarda la deducibilità dei contributi volontari versati alla cassa di assistenza sanitaria della Banca d'Italia (Caspie) dai dipen denti della banca stessa.

In base all'art. 48 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro ad enti o casse aventi esclusivamente fine previden ziale o assistenziale in conformità a disposizioni di legge, di contratto collettivo o di accordi aziendali, ancorché commisurati alle retribuzioni.

La Commissione di secondo grado di Roma si pronuncia sul punto in contestazione confermando la decisione di primo grado di Roma (dee. 22 ottobre 1986, inedita): la Caspie, a norma del proprio atto costitutivo, è un organismo avente fine assistenziale o previdenziale, pertanto, natura

previdenziale deve essere attribuita anche ai contributi versati dai lavora tori allo scopo di porre riparo a quei disagi che siano diretta conseguenza di eventi patologici. In secondo luogo tali contributi, in quanto volontari, hanno natura non obbligatoria e vanno assimilati ai contributi previden ziali non obbligatori per legge che l'art. 10 d.p.r. 29 settembre 1973 n.

597, lett. t), cosi come modificato dall'art. 5 1. 13 aprile 1977 n. 114, ha ritenuto deducibili sia pure entro i limiti di un tetto finanziario pari a due milioni di lire.

In senso conforme, in aggiunta all'appellata decisione di primo grado, altri contributi non obbligatori sono stati riconosciuti dalle commissioni come aventi natura previdenziale, e quindi deducibili: cfr. Comm. trib. I grado Torino 7 ottobre 1986, foro it., Rep. 1987, voce Reddito delle

persone fisiche (imposta), n. 207, relativamente alla contribuzione Fasi

(fondo assistenza sanitario integrativo); Comm. trib. 1 grado Roma, sez. III, 21 maggio 1986, pres. Zema, rei. Agnino, inedita, in merito ai contri buti versati alla cassa autonoma di previdenza e assistenza integrativa dei giornalisti; Comm. trib. II grado Vercelli 28 novembre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 180, che assimila i premi delle assicurazioni malattie ai contributi previdenziali deducibili per legge; Comm. trib. centrale 11 marzo 1982, n. 2436, id., Rep. 1982, voce cit., n. 179, con riferimento ai contributi previdenziali versati dal notaio alla cassa del notariato.

In senso contrario alla suddetta deducibilità, Comm. trib. I grado Bol zano 1° ottobre 1981, ibid., n. 177, in relazione ai versamenti mensili

previsti nel «programma volontario di previdenza» della soc. Cofina, ai fini della costituzione di una rendita vitalizia: tali versamenti sono stati considerati assimilabili ad un'operazione di risparmio del pari di quelle effettuate presso un istituto bancario.

Sulla legittimità costituzionale dell'art. 10, lett. i) e l), d.p.r. 29 settem bre 1973 n. 597 nella parte in cui non consente, ai fini Irpef, la deducibi lità dei contributi versati per l'assistenza sanitaria privata mentre lo sono

quelli versati al servizio sanitario nazionale, in riferimento agli art. 3 e 32 Cost., v. Corte cost., ord. 10 marzo 1988, n. 290, id., 1988, I, 2454, che ha ritenuto inammissibili le questioni sollevate da Comm. trib. I gra do Milano 2 aprile 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 207 e da Comm. trib. I grado Genova 14 marzo 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 201. Le suddette rimessioni si fondavano sul raffronto fra la disciplina pubbli

li. Foro Italiano — 1990.

Il centro di servizio, con il proposto appello, sostiene che il

contributo Caspie, avendo natura prettamente assistenziale, non

rientra nelle previsioni della lett. / dell'art. 10 d.p.r. 597/73 come

modificato dalla 1. 114/77, art. 5, il quale richiede, quale presup

posto per la deducibilità, la natura previdenziale dei contributi

facoltativi.

L'appello è infondato e, come tale, non merita accoglimento. A parere di questa commissione, e come già esattamente indivi

duato dai giudici di primo grado, i contributi di malattia versati

dal contribuente alla cassa mutua della Banca d'Italia (Caspie), sono deducibili dal reddito complessivo dei dipendenti della ban

ca stessa, e ciò sia in forza della specifica norma prevista dall'art.

48, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, sia in virtù del

disposto dell'art. 10 citato d.p.r. come modificato dall'art. 5 1.

114/77. Infatti il richiamato art. 48, 2° comma, recita: «non con

corrono a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi

versati dal datore di lavoro e dal lavoratore ad enti o casse aventi

esclusivamente fine previdenziale o assistenziale in ottemperanza a disposizioni di legge, di contratti collettivi o di accordi azienda

li ancorché commisurati alla retribuzione».

Orbene, non vi è dubbio che la Caspie, in forza del suo atto

costitutivo (art. 2) sia un organismo avente fine previdenziale o

assistenziale, e di conseguenza alle somme trattenute ai dipenden ti della Banca d'Italia e versate alla Caspie va riconosciuta la

natura di contributi previdenziali non obbligatori per legge con

il conseguente diritto a godere della deducibilità fiscale ai sensi

dell'art. 10, lett. /, d.p.r. 597/73 e successive modifiche. Infatti

le somme versate dagli iscritti per fruire (in via integrativa) delle

prestazioni previste dalla Caspie per il caso di malattia, infortuni

ed interventi chirurgici, si configurano come contributi, in quan to facenti carico agli iscritti, in applicazione di un concetto di

mutualità di gruppo e conformemente ad apposite norme statuta

rie e regolamentari. La categoria degli aderenti è soggettivamente caratterizzata dalla qualità di dipendenti o pensionati della Banca

d'Italia; i contributi hanno poi carattere previdenziale, in quanto la loro funzione è finalizzata a fronteggiare situazioni di disagio connesse all'insorgenza di eventi patologici. La circostanza, infi

ne, di derivare da una libera scelta dei singoli interessati, li quali fica poi come contributi previdenziali non obligatori per legge, cosi come richiamato dall'art. 10, lett. I, d.p.r. 597/73. Ora, se

è vero che in base al nuovo testo dell'art. 10 in esame sono dedu

cibili i contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori, mentre

alla lett. I ritiene non deducibili i premi per assicurazioni contro

le malattie, è altresì' vero che ha ritenuto deducibili anche i con

tributi previdenziali non obbligatori per legge, sia pure fissando

un tetto finanziario. Proprio in relazione a tale nuovo testo l'uf

ficio appellante sostiene l'indeducibilità dei contributi in questio ne in quanto aventi, a suo dire, carattere assistenziale.

Ma tale tesi non può essere condivisa dal momento che i con

tributi de quibus hanno natura sostanzialmente previdenziale, co

me ampiamente esposto. A parte tale rilievo, non vi è dubbio che l'assistenza per le

malattie in genere attiene alla «mutualità» ed alla «prevenzione», connotati indiscutibili della previdenza, la quale consiste nella pre

disposizione di strumenti diretti a coprire eventuali future necessità.

cistica dell'assistenza sanitaria e quella privatistica dell'assicurazione ma lattie. La corte ha negato la possibilità di alcuna parificazione fra le due

materie, al fine di non invadere la sfera di discrezionalità della pubblica amministrazione.

This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 18:34:48 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended