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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 21 novembre 1978, n. 89; Pres. Jannelli, Est....

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sentenza 21 novembre 1978, n. 89; Pres. Jannelli, Est. Manfredi Selvaggi; Soc. beni stabili centro meridionale (Avv. De Oto, Villa, della Ragione) c. Regione Molise, Comune di S. Polo Matese Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980), pp. 271/272-275/276 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171168 . Accessed: 28/06/2014 09:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.116 on Sat, 28 Jun 2014 09:46:41 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 21 novembre 1978, n. 89; Pres. Jannelli, Est. Manfredi Selvaggi; Soc. beni stabilicentro meridionale (Avv. De Oto, Villa, della Ragione) c. Regione Molise, Comune di S. PoloMateseSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 271/272-275/276Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171168 .

Accessed: 28/06/2014 09:46

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PARTE TERZA

vello i vigenti prezzi superiori) », nel senso che essa avrebbe

dovuto dimostrare quali fossero, alla data del provvedimento

impugnato, i prezzi di abbonamento da essa praticati. L'eccezione non è fondata. Il provvedimento, di cui si sono

riferiti i termini, cosi dispone: a) «ferma» i prezzi al livello di

lire quarantamila; b) vieta aumenti di prezzi eventualmente in

feriori. È questo infatti il significato della statuizione nella parte in cui recita « i prezzi attualmente praticati per gli abbonamen

ti... non possono, temporaneamente, subire aumenti»; c) im

pone la riduzione a lire quarantamila dei prezzi di importo su

periore. In ogni caso sottopone al regime dei prezzi autoritativamente

fissati gli abbonamenti dei quotidiani, che prima ne erano esenti.

Non è contestato che la società ricorrente è editrice di un quo tidiano. L'intervento autoritativo è pertanto già di per sé com

prensivo della posizione della società, che prima poteva libera

mente determinarsi sul prezzo di abbonamento annuale del gior nale edito.

Quanto alle argomentazioni sulle quali si appunta l'attenzione

della difesa erariale, esse sono svolte al fine di mostrare (secondo motivo del ricorso) che in sostanza si tratta di un blocco dei

prezzi degli abbonamenti illegittimamente imposto. In qualunque delle tre indicate situazioni si trovasse la società (le situazioni

esauriscono ogni ipotesi), il provvedimento si configura sempre come idoneo a comprimere la sua libertà di contrattazione: co

desto pregiudizio, se illegittimamente recato, non può che por tare all'annullamento della statuizione, che è unitaria, in quanto mossa dall'intento di non far variare i prezzi già in vigore, man

tenendoli entro il limite massimo di lire quarantamila. 3. - Con il primo motivo si sostiene che il Comitato intermini

steriale dei prezzi non può, di sua iniziativa, sottoporre a vincoli

i « prezzi fino a quel momento liberamente pattuibili, se non vi

è la preventiva decisione del C.i.p.e. ».

L'art. 2 d. pres. 30 marzo 1968 n. 626 sottopone effettivamente

il C.i.p. alle direttive del Comitato interministeriale per la pro

grammazione economica, per quel che riguarda però « la deter

minazione dei settori economici e delle categorie di beni o ser

vizi relativamente ai quali » lo stesso C.i.p. interviene a fissare

prezzi o tariffe in via autoritativa.

La legge non dà pertanto al C.i.p.e. la competenza di stabilire

analiticamente, nell'ambito di ciascuna merce o servizio, il tipo ed i limiti di intervento del C.i.p. nella manovra dei prezzi. Essa invece prevede, in relazione ai compiti di programmazione

generale attribuiti al C.i.p.e. (art. 16 legge 27 febbraio 1967 n. 48), il potere di pronunziare direttive, con carattere vincolante per il C.i.p., ma che sono di ordine generale. Stabiliti il settore eco

nomico o la categoria di beni o servìzi nei quali si renda ne

cessario l'intervento in conformità degli indirizzi della politica economica nazionale (art. 16 citato, 2° comma), è rimesso all'ap

prezzamento discrezionale del C.i.p. — in relazione al tipo spe cifico di mercato sul quale viene ad incidere, ai più frequenti

tipi di contratto che per il bene o il servizio si stipulano, ecc. —

dettare una disciplina dei prezzi più o meno dettagliata, « in

ogni fase di scambio» o meno (art. 4 d. 1. 19 ottobre 1944 n. 347). Ora, come si rileva dai documenti esibiti dalla parte resistente,

il prezzo dei giornali quotidiani era da tempo sottoposto al re

gime dei prezzi autoritativi, ma soltanto per quanto riguardava le

pubblicazioni distribuite per il tramite delle edicole.

Neppure è controverso tra le parti (l'avvocatura erariale non ha depositato la relativa deliberazione del C.i.p.e.) che, dopo l'istituzione del Comitato per la programmazione economica e l'entrata in vigore del menzionato d. pres. n. 626 del 1968, il

C.i.p. abbia regolamentato il prezzo dei quotidiani in forza di

un'esplicita direttiva del C.i.p.e. Ma stabilire il prezzo di abbonamento annuale dei quotidiani

rispetto all'area di intervento identificabile con la fissazione del

prezzo dei giornali in edicola, non è ampliamento del potere di determinazione autoritativa dei prezzi ad un nuovo settore eco

nomico, né ad una nuova categoria di beni. Si è avuto null'altro che l'intervento, a fini di coordinamento e di disciplina dei

prezzi (art. 1 d. 1. 347 del 1944), cioè a fini demandati al C.i.p. nell'ambito delle direttive C.i.p.e., in una fase di scambio prima non considerata, ma ora discrezionalmente valutata come su scettibile di disciplina in vista dell'interesse pubblico da perse guire.

La censura pertanto non può essere accolta. 4. - Fondati sono invece il secondo e terzo motivo del ricorso. Oltre che dalla relazione predisposta dagli uffici e dal verbale

della riunione della Commissione centrale dei prezzi, si rileva, dal verbale dell'adunanza del C.i.p.: a) che erano venute meno le ragioni che si opponevano ad un aumento del prezzo dei quo tidiani, a seguito di un recente accordo tra associazioni di datori di lavoro e di lavoratori dipendenti sul diverso peso da attri

buire alla detta voce ai fini della determinazione dell'indice del costo della vita; b) che la sottoposizione a controllo del prezzo massimo per gli abbonamenti era opportuna per l'incidenza che esso aveva acquisito nel c. d. «paniere della contingenza»; c) che, comparativamente ai costi sostenuti dalle aziende editrici

per i giornali venduti in edicola, quelli sopportati per i quotidiani in abbonamento presentavano positivi elementi di riduzione.

Di tutte queste considerazioni ha tenuto conto il C.i.p. nel l'adottare la determinazione impugnata.

I fattori di riduzione dei costi erano indicati; in una minore incidenza del costo del denaro, derivante dall'anticipato introito delle quote di abbonamento; nella possibilità di predisporre, con la diffusione degli abbonamenti, una più realistica programma zione della produzione e quindi degli investimenti; nella elimi nazione del rischio della resa, che per la sola carta dava una riduzione di costo del 25 %.

È pur vero che « la quantificazione a priori di tale minor aumento » (rispetto a quelli accertati per la vendita in edicola) non era agevole, come si riconosceva negli stessi documenti di cui s'è fatto cenno. Sta di fatto che si trattava di un minor aumento dei costi, e non già di una loro stabilità rispetto alle precedenti rilevazioni fatte, ed inoltre che è mancata comunque una quan tificazione, sia pure approssimata, dei minori costi cui si faceva riferimento.

Non è stato affatto rilevato infatti in qual misura poteva pre sumersi che sarebbe aumentata la diffusione degli abbonamenti. Né, mediante i necessari raffronti tra entità esattamente quantifi cata (che mancavano), è stata calcolata la misura di minore inci denza del costo del denaro o in quali termini di costo inferiore si potesse risolvere la più agevole programmazione della produ zione cui si dava risalto.

La stessa quantificazione della ridotta spesa per la carta — pa ri al 25 %, non già del costo complessivo del giornale, ma ov viamente soltanto della materia prima in parola, indicato nel 10, 11 % — non era posta in connessione con la quota di pro duzione che avrebbe potuto essere destinata ad abbonamenti, la cui misura non era stata, s'è detto, calcolata in alcun modo. La detta percentuale poi da sola non giustificava, in termini di costo, il mantenimento del livello dei prezzi di abbonamento già in vigore.

Tutti gli elementi posti in rilievo possono indurre a conclu dere che sul prezzo degli abbonamenti annuali l'istruttoria si è risolta in un'indagine insufficiente sui costi, con conseguente vi zio di eccesso di potere del provvedimento adottato.

La preventiva istruttoria, ai fini dell'adozione dei provvedi menti-prezzi, si pone come imprescindibile esigenza logica, non potendosi ammettere che l'autorità amministrativa non abbia co noscenza della situazione produttiva sulla quale si accinge ad incidere con misure che, volte al perseguimento dell'interesse pubblico, possano per questo difetto di conoscenza mettere in pericolo gli stessi fini cui essa tende. Si pone altresì come re quisito di legittimità specifico, venendo altrimenti a mancare la garanzia — ripetutamente messa in luce dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa — della remunerazione di tutti i fattori della produzione.

Va rilevato inoltre che il sostanziale fermo decretato per i

prezzi degli abbonamenti non risulta ispirato a fini di unificazione o perequazione dei prezzi (art. 1 d. 1.1. 15 settembre 1947 n. 896) o comunque di coordinamento e disciplina dei prezzi (art. 1 d. 1. 19 ottobre 1944 n. 347) per la tutela del potere d'acquisto dei salari e nel rispetto del principio della copertura di tutti i costi effettivamente sopportati dai produttori con un margine di pro fitto per essi, ma risulta invece, per gli elementi sopra posti in luce, inteso al diverso fine di non incidere in misura più o meno consistente sul meccanismo di determinazione dell'indice del co sto della vita. Da qui un preciso sintomo di sviamento di potere.

5. - Il ricorso pertanto va accolto. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MO LISE; sentenza 21 novembre 1978, n. 89; Pres. Jannelli, Est.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MO LISE; sentenza 21 novembre 1978, n. 89; Pres. Jannelli, Est. Manfredi Selvaggi; Soc. beni stabili centro meridionale (Avv. De Oto, Villa, della Ragione) c. Regione Molise, Comune ài S. Polo Matese.

Giustizia amministrativa — Giudizio — Ordinanza istruttoria

presidenziale — Mancato compimento di atti di procedura nel biennio — Perenzione (R. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. sul

Consiglio di Stato, art. 44; legge 6 dicembre 1971 n. 1034, isti tuzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 19, 23, 25, 29; r. d. 17 agosto 1907 n. 642, regolamento per la procedura

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

davanti al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, art. 26, 27,

28, 32, 35, 53).

È perento il giudizio, se le parti non abbiano compiuto nessun

atto di procedura nel biennio successivo alla comunicazione del

l'ordinanza presidenziale istruttoria, anche se questa non sia

stata eseguita (in motivazione è precisato che tale ordinanza

deve essere comunicata a tutte le parti, e che questa comunica

zione travolge la domanda di fissazione d'udienza anteriormente

proposta). (1)

Il Tribunale, ecc. — 1. - Il collegio, nell'esaminare quanto de

dotto dalle ricorrenti circa il fatto che non sarebbe intervenuta

perenzione non essendo mai stata effettuata la notificazione di cui

all'art. 35 del regolamento di procedura approvato con r. d. 17

agosto 1907 n. 642, osserva preliminarmente che, per il richiamo

di cui all'art. 19, 1° comma, legge 6 dicembre 1971 n. 1034, le

norme di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consi

glio di Stato si osservano, nei giudizi davanti ai tribunali ammi

nistrativi regionali, solo in quanto non contrastanti con la legge stessa.

Consegue che solo entro tali limiti è accoglibile il riferimento

a giurisprudenza del Consiglio di Stato, mentre tale giurispruden za continua ad essere pienamente richiamabile nei giudizi di ap

pello, per effetto dell'art. 29, 1° comma, legge 1034/1971.

2. - D'altronde, la tesi delle ricorrenti non è neppure suffra

gata dalla giurisprudenza invocata.

In effetti — e lo si espone per pura completezza, non essendo

questo il caso in esame — è pacifico che la domanda di fissa

zione dell'udienza esaurisce il suo effetto allorché, in accoglimen to di essa, il ricorso viene portato in udienza, anche se viene adot

tata decisione interlocutoria (Sez. VI 21 aprile 1970, n. 381, Foro

it., Rep. 1970, voce Giustizia amministrativa, n. 386). Consegue che, poiché il collegio giudicante si è ormai spogliato dell'affare, anche se l'istruttoria ordinata non viene eseguita e non è possi bile perciò la notificazione, a cura della segreteria, dell'avviso di

cui all'art. 35 del regolamento, ove non sia compiuto alcun atto

(1) Nel senso che il termine biennale di perenzione non inizia a decorrere dopo l'adempimento da parte dell'amministrazione del l'ordinanza istruttoria, se la segreteria non abbia comunicato alle

parti che tale adempimento è avvenuto, Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 1972, n. 158, Foro it., Rep. 1972, voce Giustizia amministra

tiva, n. 363 (cfr. anche Sez. V 27 agosto 1966, n. 1101, id., Rep. 1966, voce Giunta prov. amm., n. 14). Sostanzialmente nello stesso senso Sez. IV 30 luglio 1974, n. 552, id., Rep. 1974, voce Giustizia

amministrativa, n. 749, che però ha deciso una fattispecie nella

quale la parte adempiente all'ordinanza istruttoria aveva comunicato

l'adempimento alle altre parti, e che perciò ha affermato che il ter mine di perenzione ha cominciato a decorrere da tale comunica zione di parte, indipendentemente dall'intervento della segreteria.

Nel senso che, nel caso di decisione istruttoria, il termine di pe renzione decorre dalla pubblicazione di essa, Sez. IV 3 maggio 1977, n. 448 (nella specie, tale decisione era stata adempiuta solo parzial mente), id., Rep. 1977, voce cit., n. 941; 25 novembre 1975, n.

1128, id., Rep. 1975, voce cit., n. 1899, che perciò ha negato rile vanza alla successiva comunicazione della segreteria, precisando che il termine di perenzione inizia a decorrere da questa comunicazione, se invece di decisione si tratti di ordinanza presidenziale istruttoria. Conseguentemente, Sez. IV 6 aprile 1971, n. 426, id.. Rep. 1971, voce cit., n. 337, ha negato che la perenzione abbia iniziato a de

correre, se l'ordinanza istruttoria sia stata comunicata solo all'am ministrazione resistente, e non anche alle altre parti. Però Sez. IV 6 giugno 1972, n. 493, id., Rep. 1972, voce cit., n. 362, ha affer mato che la perenzione decorre indipendentemente dalla comunica zione dell'ordinanza istruttoria, se questa sia stata pronunciata in

udienza; e Sez. V 4 novembre 1977, n. 953, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1029, ha negato la decorrenza del termine di perenzione, nel caso nel quale il presidente, pronunciando in udienza l'ordinanza

istruttoria, non abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo.

Più generalmente, sul decorso del termine di perenzione, nel sen so che la sospensione feriale dei termini si applica ad esso solo rela tivamente al compimento di atti che cade entro il termine stesso, mentre di per sé non allunga il biennio previsto dalla legge, Sez. V 19 ottobre 1973, n. 683, id., Rep. 1973, voce cit., n. 240; Sez. VI 26 aprile 1972, n. 174, id., Rep. 1972, voce cit., n. 364; per l'affer mazione che il termine biennale di perenzione va calcolato non te nendo conto dei periodi di sospensione feriale dei termini, Sez. V 28

gennaio 1977, n. 683, id., Rep. 1977, voce cit., n. 937; per l'afferma zione della inapplicabilità al termine di prescrizione della sospensio ne feriale dei termini, Sez. VI 27 gennaio 1978, n. 110, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1030.

Sul rapporto tra perenzione del giudizio, ed estinzione di esso per difetto di tempestiva riassunzione, nel senso che il termine più breve di sei mesi previsto per tale estinzione prevale sul termine biennale di perenzione, T.A.R. Lazio, Sez. I, 29 giugno 1977, n. 673, id., Rep. 1977, voce cit., n. 943.

di procedura in un periodo superiore al biennio il ricorso va di

chiarato perento. Altrettanto deve dirsi ove all'udienza di inerito il ricorso non

venga introitato per la decisione o non venga espressamente rin

viato ad altra udienza, ma venga adottata da parte del presiden te, in sede di esame delle istanze preliminari, una ordinanza istrut

toria, con la necessaria cancellazione, esplicita o implicita, della

causa dal ruolo, e conseguente travolgimento della precedente istanza di fissazione di udienza (Sez. VI 30 luglio 1974, n. 552, id., Rep. 1974, voce cit., n. 749).

3. - Resta il caso in cui l'ordinanza istruttoria venga adottata,

dopo il deposito dell'istanza di fissazione di udienza, prima e sen za che questa venga fissata. Anche in questa ipotesi deve giungersi alla declaratoria di perenzione ove le parti siano state, a cura

dell'amministrazione o del magistrato delegato, avvisate del

l'istruttoria in corso ai sensi dell'art. 26, 3° comma, o dell'art.

32 del richiamato regolamento n. 642 del 1907 e successivamente

non sia stato compiuto alcun atto di procedura in un periodo

superiore al biennio, anche se l'istruttoria non è stata poi di fatto

eseguita e non sia stato quindi notificato l'avviso di cui all'art.

35 del regolamento stesso (Sez. IV 6 aprile 1971, n. 426, id., Rep, 1971, voce cit., n. 337).

4. - Alle medesime conclusioni deve giungersi, anche al di fuori

dell'adozione degli indicati mezzi istruttori, esplicitamente richia mati dal regolamento, e per i quali è espressamente contemplata, come si è visto, la comunicazione del provvedimento a tutte le

parti del processo, in ogni caso, come in quello di specie, in cui il provvedimento stesso sia stato di fatto, a cura della segreteria, doverosamente comunicato alle parti.

Non è dubbio infatti che l'ordinanza presidenziale istruttoria

debba essere comunicata a tutte le parti e non alla sola ammi

nistrazione tenuta all'adempimento. Ciò si desume sia da ovvie

esigenze di tutela del contraddittorio, sia dal rinvio, per quanto concerne i mezzi istruttori, alle disposizioni del cod. proc. civ.

(Sez. IV 6 aprile 1971, n. 426, richiamata), del quale viene in ri

lievo, in particolare, l'art. 176, 2° comma, in fine.

Solo se la comunicazione dell'ordinanza istruttoria a tutte le

parti non abbia di fatto avuto luogo, se cioè dopo l'emanazione

dell'ordinanza presidenziale questa sia stata partecipata alla sola

amministrazione, il processo non torna nella piena ed esclusiva

iniziativa delle parti incombendo ancora all'ufficio di procedere alla comunicazione del detto provvedimento anche all'altra parte

quella (ricorrente), e in conseguenza non decorrono i termini per la perenzione (ivi).

5. - L'indagine che precede appare esaustiva. Ma non è inoppor tuno aggiungere che le relative conclusioni — specificamente quel le attinenti alla necessità della comunicazione anche alla parte ri

corrente — appaiono ancor maggiormente fondate nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali.

È da rilevare infatti che, per l'art. 28, 1° comma, del regola mento di procedura del 1907, al quale fa riferimento l'art. 44, 2°

comma, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con

r. d. 26 giugno 1924 n. 1054, l'esercizio dei poteri istruttori presi denziali era — ed è tuttora, per il richiamato art. 29, 1" comma,

legge n. 1034 del 1971, nei giudizi di appello — subordinato alla

domanda di una delle parti e all'adesione delle altre.

Per l'art. 23, 5° comma, della legge n. 1034 del 1971, invece, il presidente dispone, ove occorra, incombenti istruttori. L'eserci

zio di tale potere è pertanto svincolato da ogni e qualunque do

manda o adesione di parti.

I poteri istruttori del presidente del tribunale amministrativo

sono quindi ben più penetranti di quelli del presidente della se

zione del Consiglio di Stato e maggiormente assimilabili a quelli attribuiti al giudice istruttore dal libro II, titolo I, capo II del

cod. proc. civile.

Per quanto riguarda le parti, queste, nei giudizi davanti al

Consiglio di Stato, sanno di aver domandato l'assunzione di mezzi

istruttori, o di avervi aderito, e quindi, non ricevendo comunica

zioni dell'emanazione della relativa ordinanza, possono farsi parti

diligenti per conoscere se questa sia stata pronunciata e quale sia il termine posto all'amministrazione per l'adempimento, allo

spirar del quale, in caso di inadeguamento, ben possono adottare

le opportune iniziative per il prosieguo nella trattazione della

causa e far valere, quanto al merito, le presunzioni di cui agli art. 2727 e 2729, 1° comma, cod. civ., e richiederne al giudice la valutazione a mente dell'art. 116, 2° comma, cod. proc. civile.

Nei giudizi, invece, davanti al tribunale amministrativo le par

ti, salvo diligenza superiore alla media, ove non venissero a co

noscenza dell'esercizio d'ufficio dei poteri istruttori presidenziali, una volta depositata l'istanza di fissazione di udienza rimarreb

bero in attesa della determinazione del giorno dell'udienza stessa

a mente dell'art. 53, 1° comma, del regolamento di procedura e

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PARTE TERZA

della notificazione del decreto di fissazione di cui all'art. 23, 3° comma, legge n. 1034 del 1971.

Consegue che in caso di mancata ottemperanza, da parte del

l'amministrazione, all'ordinanza istruttoria, lo svolgimento del pro cesso richiederebbe di rimanere fermo a tempo indeterminato.

6. - Il che è contro tutto lo spirito e la sistematica delle modi fiche apportate alle norme di procedura, e di cui alla legge n. 1034 del 1971, le quali chiaramente tendono ad accelerare l'iter

processuale. Infatti, per l'art. 21, 4° comma, l'amministrazione

già all'atto di costituirsi in giudizio deve produrre non solo il

provvedimento impugnato ma anche gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato: norma che non trova riscon tro né nel t. u. n. 1054 del 1924 né nel regolamento di procedura. Inoltre, con norma pure innovativa, l'art. 23, 1° comma, dispone che la discussione del ricorso deve essere richiesta entro il ter mine massimo di due anni dal deposito del ricorso stesso. Dei

maggiori poteri presidenziali di cui al quinto comma dello stesso ar

ticolo si è detto: l'attribuzione di tali poteri consente al presi dente di disporre gli incombenti istruttori senza attendere richie sta o adesione delle parti, e quindi attendere il giorno dell'udien za e l'esame delle relative istanze preliminari, sede nella quale, di fatto, solitamente interviene l'adesione; gli consente inoltre di

disporre tali incombenti nonostante l'eventuale opposizione di

qualche parte, evitando cosi' l'allungamento dei tempi dovuto alla sentenza interlocutoria necessaria, per tali ipotesi, nel sistema di cui all'art. 44, 1° e 2° comma, t. u. n. 1054 del 1924 e agli art. 27 e 28, 1® comma, del regolamento di procedura.

Se ne conclude che la comunicazione di cui all'art. 176, 2°

comma, cod. proc. civ., già da ritenersi necessaria, come si è vi

sto, nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, lo è ancora più nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi, ad evitare, se

condo la volontà del legislatore e per quanto possibile in un

processo ad impulso di parte, pendenze a tempo indeterminato.

7. - Il che trova puntuale conferma nella norma di cui all'art. 25 legge n. 1034 del 1971 per la quale i ricorsi si considerano ab bandonati se nel corso di due anni non si sia compiuto alcun atto

di procedura. Non è privo di significato che tale norma sia collo cata successivamente a quella, di cui all'art. 23, 5° comma, relativa

ai poteri presidenziali istruttori, e non, come nel t. u. n. 1054 del

1924, nel quale la norma relativa alle perenzioni — art. 40, 2°

comma — precede quella relativa alle istruttorie preliminari, di cui all'art. 44, 2° comma. Il legislatore del 1971 ha chiaramente

cosi inteso ribadire che l'abbandono, nelle condizioni indicate, si

verifica anche dopo ordinanze istruttorie non eseguite, e per le

quali quindi non sia stata effettuata la notificazione di cui al

l'art. 35 del regolamento di procedura, ben s'intende se abbia

avuto luogo la richiamata comunicazione di cui all'art. 176, 2°

comma, cod. proc. civ., applicabile in ogni caso, è da aggiun

gere, per il disposto di cui all'art. 12, 2° comma, disp. sulla legge in generale.

8. - Concludendo, dall'indagine che precede appare comprovato che, nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, l'ordinanza presidenziale istruttoria, di cui all'art. 23, 5° comma,

legge n. 1034 del 1971, deve essere comunicata a tutte le parti e

che, intervenuta tale ordinanza e la relativa comunicazione a tut te le parti, la precedente istanza di fissazione di udienza deve essere considerata travolta; pertanto, in mancanza di esecuzione dell'istruttoria, e quindi della notificazione di cui al l'art. 35 del regolamento di procedura, se, sucessivamente alla comunicazione dell'ordinanza, per un periodo ultra biennale non si sia compiuto alcun atto di procedura, i ricorsi si considerano abbandonati.

9. - Pertanto nel caso di specie essendo stata, come esposto in

fatto, data comunicazione alle parti (ed in particolare ai difen sori delle ricorrenti con racc. con a. r. n. 1386, loro pervenuta il 17 ottobre 1975) della pronunziata ordinanza presidenziale 7

ottobre 1975, n. 239, ed essendo trascorso, dopo l'ultimo at to di procedura successivo a tale ordinanza, intervenuto il 12

dicembre 1975, un periodo di tempo ultrabiennale, il ricorso

si ha da ritenere perento. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZ

ZO; Sezione de L'Aquila; sentenza 11 ottobre 1978, n. 403;

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZ

ZO; Sezione de L'Aquila; sentenza 11 ottobre 1978, n. 403; Pres. Piroso, Est. Minafra; Tempesta (Avv. Funari) c. Re

gione Abruzzo (Avv. Scoca).

Giustizia amministrativa — Regione — Elezione dell'ufficio di

presidenza del consiglio — Ricorso — Inammissibilità (Cost., 49, 51, 122; Statuto della Regione Abruzzo, art. 19; legge 6 di

cembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi re

gionali, art. 2, 6).

È inammissibile il ricorso proposto contro i risultati della elezione

dell'ufficio di presidenza del consiglio di una regione a statuto ordinario (nella specie, Regione Abruzzo), secondo i quali alla minoranza non era stata attribuita la rappresentanza garantitale da una norma del relativo statuto (nella motivazione è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di costituzio nalità di tale norma, in quanto non prevede il mezzo per assi curare il rispetto del principio della rappresentanza della mino

ranza, e inammissibile, perché riguardante atto regolamentare, la questione di incostituzionalità del relativo regolamento con

siliare). (1)

Il Tribunale, ecc. — Il collegio deve in primo luogo darsi carico

di esaminare l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata

dalla difesa della regione. Osserva al riguardo che le votazioni per la nomina dei compo

nenti dell'ufficio di presidenza del consiglio regionale non rien

trano nella competenza attribuita ai tribunali amministrativi re

gionali dall'art. 6 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 né il ricorso può farsi rientrare fra quelli devoluti alla competenza dei predetti tribunali a norma dell'art. 2, lett. b, n. 3, della stessa legge.

A ben considerare, infatti, l'esito delle votazioni, che si impu

gnano come illegittime, non ha dato luogo alla formazione di un

atto amministrativo. Ma, anche se si volesse considerare tale l'an

nunzio di composizione dell'ufficio di presidenza, devesi rilevare

che esso non proviene da un'autorità amministrativa, tenuto con

to che il consiglio regionale, nel procedere alle votazioni in que stione, non esercita una funzione amministrativa, ma adempie ad

un compito di natura politico-organizzativa.

Sotto il profilo oggettivo, poi, va tenuto presente che l'ufficio

di presidenza non è un organo a rilevanza esterna, ma un organo che svolge la propria attività unicamente in seno al consiglio re

gionale, talché devesi concludere che la nomina dei suoi compo nenti riguarda l'autorizzazione dell'organo elettivo (consiglio re

gionale) e che la materia attiene agli interna corporis, insindaca

bile in sede giurisdizionale. ti noto, e gli stessi ricorrenti lo hanno ricordato, che, a norma

dell'art. 122, 4° comma, Cost., « i consiglieri regionali non posso

(1) Sulla costituzione dell'ufficio di presidenza del consiglio regio nale, nel senso che la relativa deliberazione deve essere sottoposta al controllo statale sugli atti amministrativi regionali, v. Cons. Stato, Sez. I, 29 luglio 1970, n. 1888, Foro it., Rep. 1974, voce Regione, n. 150, che ha anche affermato la sottoposizione al medesimo con trollo della deliberazione consiliare di adozione del regolamento.

Per riferimenti, nel senso della impugnabilità della deliberazione con la quale il consiglio regionale designa gli esperti di discipline amministrative come componenti del comitato regionale di controllo

sugli atti dei comuni, delle province e degli altri enti locali, T.A.R.

Lazio, Sez. II, 25 maggio 1977, n. 335, id., Rep. 1977, voce Giusti zia amministrativa, n. 290 (cfr. anche, in relazione alla designazione da parte del consiglio regionale, delle terne di esperti tra i quali no minare i componenti della commissione statale di controllo sugli at ti amministrativi della regione, Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 1973, n. 295, id., Rep. 1973, voce cit., in. 327); per un caso di annulla mento giurisdizionale di deliberazione del consiglio di presidenza del l'Assemblea regionale siciliana, Cons, giust. amm. sic. 3 settembre

1971, n. 396, id., Rep. 1971, voce Sicilia, n. 17. Per altri riferimenti, sotto il profilo della sottoponibilità al control

lo statale di deliberazioni del consiglio regionale, per quel che ri

guarda la istituzione di commissioni consiliari incaricate di espri mere pareri in un procedimento amministrativo, T.A.R. Emilia-Ro

magna, Sez. Bologna, 12 ottobre 1978, n. 376, Trib. amm. reg., 1978, I, 4573. Inoltre, sulla nota vicenda relativa alle deliberazioni con siliari sugli indirizzi politici amministrativi previsti dalla legislazione dell'Emilia-Romagna, v. T.A.R. Emila-Romagna 7 ottobre 1976, n.

530, Foro it., 1977, III, 278, con nota di richiami, e da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 13 febbraio 1979, n. 86, id., 1979, III, 505, con nota di richiami.

Sulla autonomia dei consigli regionali, v., sotto vari profili, Corte cost. 18 febbraio 1970, n. 18, e 26 giugno 1970, n. 110, id., 1970, I, 694 e 2064, ambedue con nota di richiami, e, soprattutto, 30 di cembre 1978, n. 143, id., 1969, I, 251, con nota di richiami, che ha negato la sottoponibilità al controllo di legittimità da parte della Corte dei conti degli atti di spesa del presidente del consiglio della

Regione Friuli-Venezia Giulia, per il funzionamento del consiglio stesso.

Sul problema della sussistenza o meno della giurisdizione del giu dice amministrativo su atti di assemblee politiche, v. da ultimo T.A.R. Lazio, Sez. I, 11 aprile 1979, n. 377, id., 1979, III, 524, con nota di Garrone, che ha negato tale giurisdizione nei confronti della deliberazione con la quale la commissione parlamentare di vi

gilanza sui servizi radiotelevisivi ha stabilito il calendario di « Tri buna politica ».

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