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sentenza 9 maggio 1988, n. 593; Pres. Berruti, Est. Mele; Morbidelli, Bruni (Avv. Righi) c.Comune di Firenze (Avv. Naccarato)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 101/102-103/104Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182980 .
Accessed: 25/06/2014 05:24
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
tiche devono essere effettuate su un campione medio, prelevato in un intervallo minimo di tre ore». Peraltro, le parti si richiama
no alla nota in calce alla tabella A la quale, originariamente uguale a quella in calce alla tabella C, è stata dall'art. 22, ultimo com
ma, 1. 24 dicembre 1979 n. 650 sostituita con la seguente: «Le
determinazioni analitiche sono effettuate o su campione istanta
neo o su campione medio prelevato in intervalli di tempo variabi
li in rapporto al ciclo produttivo, ai tempi e modi di versamento, alla portata e alla durata degli scarichi. L'autorità che effettua
il prelievo deve indicare i motivi per cui ricorre alle varie modali
tà di prelievo»; conformemente all'interpretazione prevalsa secondo
cui la modifica apportata dall'art. 22 1. 24 dicembre 1979 n. 650
solo alla nota in calce alla tabella A va riferita anche alla tabella
C allegata alla 1. 10 maggio 1976 n. 319 (Cass., sez. Ili, 20 aprile
1982, Fratalocchi, Foro it., Rep. 1983, voce Acque pubbliche, n. 168; 20 dicembre 1982, Orsenigo, id., Rep. 1984, voce cit., n. 139 e 2 aprile 1984, Spellucci, id., Rep. 1985, voce cit., n.
191). Entrambe le note proseguono poi con l'ulteriore prescrizio ne «Le metodiche analitiche e di campionamento da impiegare nella determinazione dei parametri sono quelle descritte nei volu
mi 'Metodi analitici per le acque' pubblicati dall'Istituto di ricer
ca sulle acque (Cnr) Roma, successivi aggiornamenti». Il significato della prescrizione legislativa ora riferita, ed intro
dotta con la citata 1. n. 650 del 1979, si coglie considerando che
obiettivo della legge è di contenere entro determinati limiti di ac
cettabilità, tali da rendere l'acqua depurabile e riutilizzabile, gli scarichi degli insediamenti produttivi; e che il grado di accettabi
lità o di inquinamento di uno scarico di insediamento produttivo è un concetto riferibile soltanto al residuo liquido totale di un
ciclo produttivo, ossia alla concentrazione delle sostanze inqui nanti. La nota va intesa pertanto, nel senso che il campionamen to — definito dall'Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) come «ope razione fondamentale dell'intero procedimento analitico» — deve
essere effettuato con modalità tali che il campione prelevato sia
rappresentativo della qualità dello scarico complessivo del ciclo
produttivo. Le citate pubblicazioni dell'Irsa offrono un ampio
panorama dei tipi di scarico (continuo, discontinuo periodico, non
periodico prevedibile, non periodico imprevedibile, a composizio ne quali-quantitativa e portata costanti o non costanti nel tempo,
e via dicendo), specificando per quali tipi discarico il campiona
mento istantaneo è rappresentativo e per quali altri è da ricorrere
al campionamento medio e come.
Queste esigenze sono chiaramente riassunte nella prescrizione
legislativa di cui si tratta, la quale appunto vuole che si ricorra
all'uno o all'altro tipo di prelievo «in rapporto al ciclo produtti
vo, ai tempi e ai modi di versamento, alla portata e alla durata
degli scarichi» e non consente affatto, come pretendono le ammi
nistrazioni appellate, che si ricorra indifferentemente al prelievo
istantaneo o a quello medio: sarebbe certamente un'incongrua
disposizione quella che prescrivesse di effettuare il campionamen
to medio in rapporto alle varie caratteristiche dello scarico e che
nel contempo consentisse di ricorrere indifferentemente anche al
campionamento istantaneo. In relazione alla suddetta importanza della scelta del metodo la legge prescrive che l'autorità che effet
tua il prelievo debba indicare i motivi (con riferimento, ovvia
mente, al tipo di scarico), per cui ricorre alle varie modalità di
prelievo; perché ricorrendo ad un metodo di campionamento in
congruo, specie se istantaneo anziché medio, può facilmente ac
cadere di perseguire i titolari di scarichi contenuti entro i prescrit
ti limiti di accettabilità e viceversa di non rilevare scarichi inqui
nanti, solo che si effettui un prelievo in un momento di punta
inquinante o di scarico innocuo del tutto insignificante rispetto
alla qualità dello scarico complessivo del ciclo produttivo. La mancata indicazione dei motivi del tipo di campionamento
prescelto concreta una violazione di legge che si riflette sulla le
gittimità dei provvedimenti amministrativi adottati sulla base del
risultato delle analisi; nel caso in esame, dell'atto impugnato di
revoca di autorizzazione allo scarico. Al riguardo non può condi
vidersi l'asserzione del tribunale secondo cui le prescrizioni di legge
citate sarebbero «ordinatorie», quasi che con questa parola, in
debitamente trasposta dalla terminologia processuale, si potesse
ro rendere irrilevanti le violazioni di legge. D'altra parte neppure
è vero, come sostengono le intimate amministrazioni, che la scel
ta del tipo di campionamento sia stata motivata, perché la frase
«tenuto conto della portata e della durata dello scarico nonché
dei tempi e modi di versamento», contenuta nel rapporto 11 no
vembre 1986 n. 4682, non dà contezza del tipo di scarico e non
li Foro Italiano — 1990.
è una motivazione, non essendo legata da nesso logico con la
scelta effettuata e potendo essere premessa a qualunque tipo di
campionamento. Infine va osservato che nessun elemento di giudizio può essere
tratto dalle analisi che il tribunale, ai fini cautelari, ha fatto ese
guire dalla Usi n. 12 di Ancona (dalle quali è emerso che i cam
pioni istantanei talvolta superano i valori tabellari, mentre i valo
ri di concentrazione dei campioni medi sono risultati nei limiti),
perché il giudizio amministrativo ha per oggetto la legittimità del
provvedimento amministrativo impugnato e delle operazioni sulle
quali esso si è fondato; e non è invece la sede per ripetere le
operazioni e valutazioni di competenza dell'autorità amministra
tiva le quali, se furono compiute in modo illegittimo in sede di
emanazione del procedimento, inutilmente verrebbero reiterate in
sede processuale.
L'appello va, pertanto, accolto, rimanendo assorbito l'esame
delle altre censure.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO SCANA; sentenza 9 maggio 1988, n. 593; Pres. Berruti, Est.
Mele; Morbidelli, Bruni (Avv. Righi) c. Comune di Firenze
(Avv. Naccarato).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO SCANA; sentenza 9 maggio 1988, n. 593; Pres. Berruti, Est.
Circolazione stradale — Divieto di transito — Difetto di motiva
zione — Illegittimità — Fattispecie (R.d. 8 dicembre 1933 n.
1740, t.u. delle norme per la tutela delle strade e per la circola
zione, art. 23; d.p.r. 15 giugno 1959, n. 393, t.u. delle norme
sulla circolazione stradale, art. 3, 4, 103).
È illegittimo il provvedimento con cui il comune impone il divie
to di transito permanente e generalizzato su di una strada, per
limitare il volume del traffico a tutela della viabilità e della
salute ambientale, nella parte in cui non esonera da tale divieto
chi risiede, o ha la sede della propria attività professionale nel
la zona, e dispone di un parcheggio privato all'interno del trat
to interdetto, senza indicare le ragioni per le quali gli interessi
pubblici perseguiti debbano anche in tali casi prevalere sugli
interessi privati cosi sacrificati. (1)
(1) La sentenza costituisce un ulteriore esempio del crescente interesse
che il giudice amministrativo dimostra nei confronti dei problemi della
tutela dell'ambiente. Per altro verso la fattispecie è del tutto simile a
molte altre, in quanto la tendenza a chiudere, parzialmente o totalmente, i centri storici dei più grossi centri urbani al traffico veicolare privato
può essere ormai ritenuta un dato costante, forse irreversibile, una scelta
di campo delle amministrazioni cittadine più sensibili alle tematiche del
l'inquinamento atmosferico ed acustico. E di ciò fanno piena prova, fra
l'altro, i referendum promossi in questo senso da numerose amministra
zioni locali (Milano, Torino, Bologna, ecc.), i cui esiti sono sempre stati
nel senso di procedere alla chiusura, seppure graduale e parziale, dei cen
tri storici al traffico privato. Le norme fin qui utilizzate sono sempre quelle contenute nel d.p.r.
15 giugno 1959 n. 393, art. 1, 3, 4 e 103, in quanto è proprio sulla
base del cit. art. 4 che il sindaco può emanare specifiche ordinanze in
subiecta materia, ordinanze che una parte della giurisprudenza considera
contingibili ed urgenti e quindi emesse dal sindaco stesso nella sua qualità di ufficiale di governo (cfr. infatti Tar Lazio, sez. II, 30 aprile 1975, n. 130, Foro it., 1976, III, 189, con nota di richiami).
In questo quadro, è fuor di dubbio che gli interessi pubblici in materia
ambientale si configurano come interessi publici primari e che essi debbo
no essere confrontati, bilanciati e ponderati al cospetto degli interessi pri vati eventualmente configgenti e, anche, in relazione agli interessi pub blici c.d. secondari. 11 che sta ovviamente a significare che il provvedi mento limitativo oppure abolitivo del traffico veicolare privato deve essere
assunto a conclusione di un'adeguata istruttoria, nell'ambito della quale
gli interessi privati che si intendono sacrificare debbono essere attenta
mente valutati, alla stregua dei principi del giusto procedimento, e che
l'atto conclusivo dell'iter procedimentale deve essere congruamente moti
vato, allo scopo di evidenziare le ragioni, di fatto e di diritto, che giustifi cano il sacrificio delle posizioni giuridiche soggettive dei privati.
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PARTE TERZA
Diritto. — Col ricorso in esame i ricorrenti chiedono l'annulla
mento, per quanto di ragione, dell'ordinanza 8 giugno 1987 n.
1484 a firma dell'assessore alla polizia ed al traffico del comune
di Firenze (all'uopo delegato dal sindaco), vantando la legittima
aspettativa alla libera circolazione per strade comunali assogget tate a particolari e, per i ricorrenti stessi, onerose limitazioni al
traffico automobilistico. Essi deducono circostanze (quali l'ubi
cazione del proprio studio professionale e la disponibilità di spa zio privato per il parcheggio di autovetture), non contestate dalla
difesa dell'amministrazione, dalle quali desumono speciale titolo
di qualificazione del proprio diretto e personale interesse all'u
tenza stradale a fronte dell'esercizio del potere regolamentare at
tribuito all'autorità comunale dagli art. 3, 4 e 103 del testo unico
delle norme sulla circolazione stradale (approv. con d.p.r. 15 giu
gno 1959 n. 393). I ricorrenti stessi non contestano peraltro, nei
confronti dell'amministrazione resistente, in generale l'apposizio ne di limiti alla circolazione automobilistica nella rete viaria ur
bana, intesa a disciplinare il volume di traffico, onde ridurre gli effetti pregiudizievoli alla viabilità e salubrità ambientale (in par ticolare con riferimento agli elevati indici di inquinamento da gas di combustione); essi censurano piuttosto il cattivo uso del potere stesso, nel suo contenuto discrezionale, sotto articolato profilo di eccesso di potere, in relazione all'asserita irrazionale inibizione
di transito indiscriminatamente anche nei confronti di soggetti a vario titolo «residenziati», nelle stesse vie ed aventi la privata
disponibilità di aree di parcheggio fuori dal perimetro stradale.
Deducono in ispecie che, in conseguenza del divieto di transito, nelle strade indicate, essi sono obbligati a compiere lunghi per corsi alternativi al normale tragitto di poche decine di metri, per
giunta in condizioni di gravosa congestione di traffico, con allun
gamento notevolissimo dei tempi di percorrenza a causa di soste
e rallentamenti cui sono ben imputabili, oltre che i disagi degli utenti, i ben noti inconvenienti analoghi a quelli cui il provvedi mento impugnato ha inteso dare rimedio.
Con riferimento alla somma anzidetta degli interessi pubblici, la cui gestione è istituzionalmente affidata alle amministrazioni
comunali dalle norme sopracitate, l'illegittimità del provvedimen to impugnato deve essere affermata, nella misura in cui l'autorità
emanante ha nella specie pretermesso la considerazione dei con
trapposti interessi, dei quali sono in concreto portatori i ricorren
ti, al riguardo omettendo una congrua loro rilevazione, nonché
una adeguata motivazione delle disposizioni limitative, sia pure nelle forme per relationem agli stessi atti procedimentali compiuti.
Non è dubbio, invero, ad avviso del collegio che il potere attri
buito dall'art. 3, 3° comma, all'«ente proprietario della strada»
(nella persona del sindaco, art. 4, 1° comma) di stabilire «obbli
ghi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o pemanente»
(a prescindere dalla rilevanza nel vigente ordinamento del princi
pio della libertà di circolazione, già affermato dall'abrogato art. 23 t.u. 8 dicembre 1933 n. 1740), consenta la predeterminazione
Si veda, infatti, in questa direzione, recentemente, Tar Lazio sez. II, 9 giugno 1988, n. 802, id., 1989, III, 297, con nota di richiami, ove si ritiene legittima la chiusura parziale (per fasce orarie) del centro storico di Roma, a tutela della salute pubblica, sulla base di puntuali accerta menti di tipo tecnico relativi alla qualità dell'aria, anche se i suddetti
provvedimenti limitativi furono assunti in conseguenza delle pressioni eser citate dalla stampa nonché da gruppi organizzati di cittadini (e, sullo sfondo, si noti bene, vi è tutta la problematica della c.d. discrezionalità tecnica, la quale consente margini molto ampi di manovra alla pubblica amministrazione, fatto salvo ovviamente il limite invalicabile dell'illogici tà manifesta). Cfr. anche Tar Lazio, sez. II 16 giugno 1988, n. 865, ibid., con nota di richiami, le quali dichiarano, rispettivamente, l'illegittimità del provvedimento sindacale relativo alla pedonalizzazione parziale di piazza del Popolo di Roma, in quanto non sono stati adeguatamente valutati e coordinati gli interessi pubblici urbanistici e quelli privati localizzati nell'area nonché i riflessi del provvedimento stesso sulle aree circostanti, e la legittimità degli atti amministrativi con cui si dispone la parziale chiusura, per fasce orarie, del centro storico di Roma, in quanto assunti sulla base degli accertamenti tecnici della competente Usi in ordine all'in quinamento atmosferico delle aree interessate.
In dottrina, cfr., per tutti, G. Saia, Il principio del giusto procedimen to nell'ordinamento regionale, Milano, 1985, passim, e il volume Pianifi cazione del territorio e tutela del cittadino, Atti del convegno di studi di Brescia, 4-5 giugno 1987, Roma, 1989.
Il Foro Italiano — 1990.
di «categorie di utenti» nei cui confronti siano variamente confi
gurate le misure predette, richiedendosi in ogni caso la discrezio
nale valutazione, non in astratto, ma sulla base di un rigoroso
giudizio di relazione, delle «esigenze della circolazione e delle ca
ratteristiche strutturali delle strade».
Il dato esegetico postula sicuramente che sono da comprendere fra le caratteristiche strutturali il disegno viario, i collegamenti e le intersezioni, attraverso i quali può essere assicurata l'utenza
della rete in guisa tale da ovviare a sacrifici di particolari catego rie di soggetti, in particolare dei residenti.
Invero, se è ormai pacifico il principio per cui l'amministrazio
ne pubblica deve tendere alla ottimizzazione dell'interesse attri
buitole, nel senso di tentare di realizzare lo stesso nella massima
possibile misura, è pur vero e pacifico che tale ottimizzazione
incontra dei limiti tutte le volte che — a fronte di tale esigenza
all'integrale soddisfazione dell'interesse pubblico — si pongono vari e contrastanti interessi privati.
In tal caso, infatti, l'amministrazione deve essere in grado di
dimostrare, innanzitutto, la prevalenza dell'interesse pubblico sul
l'interesse o sugli interessi privati (altrimenti non potrebbe nep
pure emanare il provvedimento) e, poi, il grado di questa preva lenza, indicando fino a qual punto (se totale o parziale) gli inte
ressi privati sono recessivi rispetto all'interesse pubblico, o se non
vi sia invece spazio per dare ingresso — pur nell'ambito di una
prevalenza dell'interesse pubblico — anche all'interesse dei privati. Si tratta di un'operazione delicatissima che involge compara
zioni attente e puntuali e delle quali occorre dare adeguata dimo
strazione, al fine di rendere trasparente in quale modo e per qua le via la prevalenza dell'uno si è manifestata e in quale misura
essa è stata apprezzata. Se ciò è vero, allora risulta evidente che l'amministrazione co
munale non ha fornito, nell'ambito della motivazione che accom
pagna e sorregge il provvedimento impugnato, adeguata dimo
strazione del perché — in presenza di particolari interessi privati, come quelli dei ricorrenti, che disponendo di una privata area
di parcheggio con accesso dal tratto di strada immediatamente
dopo l'inizio del divieto di transito hanno una giusta esigenza ad evitare un lunghissimo e dispendioso tragitto — questi stessi
interessi non dovessero essere presi preventivamente in considera
zione, valutati nella loro giusta inerenza e su di essi non dovesse
darsi un ponderato giudizio di recessione rispetto all'interesse pub blico perseguito.
Una tale operazione logica, da scolgersi in via preventiva e sul
la base di elementi obiettivi, non risulta invece essere stata effet
tuata: l'amministrazione ha infatti motivato il suo provvedimen to unicamente sulla base della necessità di perseguire l'interesse
pubblico al miglioramento della viabilità e alla necessità del di
sinquinamento, oltre che ad una sorta di ossequio a direttive mi
nisteriali tese a privilegiare il mezzo pubblico. Delle esigenze dell'anzidetta categoria di soggetti residenti nella
zona interessata (intendendo per tali non solo i residenti anagra fici o i dimoranti ma anche, come è il caso dei ricorrenti, i sog getti aventi la sede della propria attività professionale nella zona
stessa) non vi è parola, mentre sarebbe stato necessario valutare
tali esigenze (cosa peraltro, già effettuata in passato) e ponderare
gli stessi con l'interesse pubblico dandone quindi una logica com
parazione. Il non averlo fatto, viceversa, palesa i vizi dedotti, in presenza dei quali il provvedimento impugnato si appalesa co
me illegittimo e perciò da annullare con pronuncia giurisdizionale, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione co
munale, nell'esercizio del potere demandatole dallo ordinamento nei sensi e limiti enunciati.
È assorbita dalla presente decisione ogni altra censura.
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