sezione controllo enti; determinazione 20 aprile 1992, n. 12; Pres. Coltelli, Est. Cevoli; Cortedei conti c. Istituto centrale per il credito a medio termineSource: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 137/138-145/146Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188311 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
ve limitarsi a dichiarare il suo generico diritto al riguardo,
che però, al momento, ha la consistenza di una semplice aspet
tativa, in quanto potrà essere esercitato in concreto solo dopo
che il legislatore avrà determinato le misure, i modi e i tempi
di tale computo, oppure, in caso di sua inerzia, dopo le ulte
riori pronunce che la corte stessa avrà adottato. (1)
Diritto. — Deduce l'appellante che la liquidazione della sua
indennità di buonuscita da parte dell'Enpas avrebbe dovuto av
venire computando nella base retributiva utile anche l'indennità
integrativa speciale. La pretesa è fondata, nei limiti che seguono.
La Corte costituzionale, con sent. 19 maggio 1993, n. 243
(Foro it., 1993, I, 1729) ha affermato:
1) che l'esclusione in toto dell'indennità integrativa speciale
dal calcolo del trattamento di fine rapporto produce sostanziali
e ingiustificabili sperequazioni ed impedisce il pieno rispetto dei
principi costituzionali della proporzionalità e sufficienza della
retribuzione, anche differita, del lavoro dipendente;
2) che pertanto le norme legislative dalle quali consegue tale
esclusione — e cioè i combinati disposti dell'art. 1, 3° comma,
lett. b), e c), 1. 27 maggio 1959 n. 324 con gli art. 3 e 38 d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032, con gli art. 13 e 26 1. 20 marzo
1975 n. 70 e con gli art. 14 1. 14 dicembre 1973 n. 829 e 21
1. 17 maggio 1985 n. 210 — sono costituzionalmente illegittime
per contrasto con gli art. 3 e 36 Cost., con conseguente diritto
— in capo ai soggetti interessati — ad un adeguato computo
dell'indennità integrativa speciale nei rispettivi trattamenti di fi
ne rapporto;
3) che spetta peraltro al legislatore determinare la misura, i
modi e i tempi di detto computo, rendendo cosi in concreto
realizzabile il diritto suddetto;
4) che nel caso in cui il legislatore resti inerte o disattenda
i principi enunciati dalla corte stessa, questa si riserva di adot
tare, se nuovamente investita dal problema, «le decisioni più
appropriate», e cioè — parrebbe — una pronunzia additiva.
(1) La questione della computabilità della indennità integrativa spe
ciale nella determinazione dell'indennità di buonuscita spettante a vaste
categorie di pubblici dipendenti, ha dato luogo ad una serie infinita
di pronunce: talvolta, sotto il profilo interpretativo, ossia di una appli
cazione anche ad essi delle norme che prevedevano tale computabilità a favore di altre e più ristrette categorie di impiegati pubblici; e molto
più spesso, sotto il profilo della costituzionalità di questa disparità di
trattamento. La Corte costituzionale, in numerose sentenze e ordinan
ze, aveva sempre respinto tale questione, pur moltiplicando le sollecita
zioni al legislatore per un suo intervento perequativo. Fino alla senten
za 19 maggio 1993, n. 243, Foro it., 1993, I, 1729, con nota di R.
Perna, che, di fronte alla perdurante inerzia legislativa, la ha accolta,
sia pure con qualche limitazione, e in modo assai articolato.
Il dispositivo della sentenza presenta notevoli particolarità tecniche,
puntualmente colte, anche con riferimenti comparatistici, dalla nota di
R. Romboli, ibid. La corte, infatti, pur avendo dichiarato l'incostitu
zionalità della normativa che escludeva per determinate categorie di pub
blici dipendenti il computo della indennità integrativa speciale dall'in
dennità di buonuscita, non è arrivata ad affermarne sic et simpliciter
la sua immediata e totale computabilità: lo impedivano sia le troppo
pesanti conseguenze che ne sarebbero derivate di colpo a carico della
già ampiamente dissestata finanza pubblica, che le nuove sperequazioni
che ne sarebbero sorte, sotto profili che è inutile qui riprendere, e con
siderate eliminabili solo da un intervento ricostruttivo del legislatore.
Al quale la corte non si è sentita sostituirsi; ma per il quale ha dettato
rigidi criteri cui esso deve attenersi; e con disposizioni la cui emanazio
ne ha reso ora non più dilazionabili, adottando stavolta, come si è det
to, un dispositivo di accoglimento e non di rigetto. La decisione ora riportata fotografa la situazione giuridica nella qua
le si sono trovati gli interessati, dopo la non satisfattiva sentenza di
accoglimento della corte, e prima che ad essa dia riscontro il legislatore.
Il Cons, giust. amm. sic. ha poi confermato tale pronuncia con le suc
cessive decisioni 29 ottobre e 30 novembre 1993, nn. 399 e 453, Cons.
Stato, 1993, I, 1335 e 1537, secondo un orientamento sostanzialmente
condiviso pure dal Consiglio di Stato: sez. VI 23 novembre 1993, n.
937, ibid., 1525.
Adesso il quadro normativo si è completato: il legislatore è interve
nuto con la 1. 29 gennaio 1994 n. 87 (Le leggi, 1994, I, 489), norme
relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determina
zione della buonuscita dei pubblici dipendenti; prevedendo, tra l'altro,
che tale indennità sia calcolata per il 30% per i dipendenti degli enti
di cui alla 1. 70/75, e per il 60% per gli altri, nonché disponendo il
prelievo di un contributo previdenziale obbligatorio.
Il Foro Italiano — 1994.
In base a tale quadro normativo, definito nei principi ma
non anche nella sua puntuale disciplina, il collegio deve limitar
si a dichiarare il generico diritto dell'appellante a conseguire
dall'ente mutualistico — attualmente l'Inpdap, ai sensi dell'art.
1 d.l. 19 aprile 1993 n. 110 — la chiesta riliquidazione dell'in
dennità di buonuscita; deve altresì dichiarare che tale diritto
ha allo stato la consistenza di una semplice aspettativa, in quanto
potrà essere in concreto esercitato solo dopo che si avvererà
la condizione sospensiva del previsto intervento del legislatore
ovvero delle ulteriori più appropriate decisioni della Corte co
stituzionale.
CORTE DEI CONTI; sezione controllo enti; determinazione 20
aprile 1992, n. 12; Pres. Coltelli, Est. Cevoli; Corte dei
conti c. Istituto centrale per il credito a medio termine.
CORTE DEI CONTI; s
Banca, credito e risparmio — Mediocredito centrale — Trasfor
mazione in s.p.a. — Non conformità a legge (L. 25 luglio
1952 n. 949, provvedimenti per lo sviluppo dell'economia e
l'incremento dell'occupazione, art. 17; 1. 30 luglio 1990 n.
218, disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione
patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico, art.
1; d. leg. 20 novembre 1990 n. 356, disposizioni per la ristrut
turazione e per la disciplina del gruppo creditizio, art. 4).
Non è conforme a legge la delibera di trasformazione in società
per azioni adottata dal consiglio di amministrazione dell'Isti
tuto centrale per il credito a medio termine (Mediocredito cen
trale) poiché il fondo di dotazione non ha composizione asso
ciativa. (1) Non è conforme a legge la delibera di trasformazione in società
per azioni adottata dal consiglio di amministrazione dell'Isti
tuto centrale per il credito a medio termine (Mediocredito cen
trale) poiché ne risultano alterate le funzioni in materia di
attività agevolativa disciplinate dalla legge, che devono conti
nuare ad essere regolate nei modi previsti dalla legge. (2)
(1-2) La questione della trasformazione in s.p.a. del Mediocredito
centrale, sollevata dalla Corte dei conti con la determinazione in epigra
fe, inviata al parlamento (atti parlamentari, XI legislatura, doc. XV bis,
n. 31) cui si rinvia per il testo completo del provvedimento, è stata
definitivamente risolta (unitamente alla questione della trasformazione
dell'Artigiancassa) dalla 1. 26 novembre 1993 n. 489, proroga del termi
ne di cui all'art. 7 1. 30 luglio 1990 n. 218, recante disposizioni per
la ristrutturazione e la integrazione del patrimonio degli istituti di credi
to di diritto pubblico, nonché altre norme sugli istituti medesimi (Le
leggi, 1993, I, 3028). Mentre, infatti, il comma 1 dell'art. 2 1. 489/93,
fissa in via generale al 30 giugno 1994 il termine per la trasformazione
in s.p.a. degli enti creditizi pubblici, del cui fondo di dotazione o capi
tale lo Stato detiene la titolarità o anche la maggioranza relativa, il
comma 2 dell'art. 2 rinvia ad un decreto del ministro del tesoro la
determinazione delle modalità per il versamento alle nuove s.p.a. delle
disponibilità di pertinenza del patrimonio degli enti creditizi pubblici
originari, esistenti presso la tesoreria dello Stato. Tale norma si è resa
necessaria in quanto i fondi di dotazione del Mediocredito centrale e
dell'Artigiancassa sono giacenti presso la tesoreria dello Stato.
Quanto al nuovo assetto delle future s.p.a., il comma 3 dell'art. 2
1. 489/93 dispone che le società per azioni derivanti dalla trasformazio
ne del Mediocredito centrale e dell'Artigiancassa debbano mantenere
nell'oggetto sociale le finalità degli enti originari. Il mantenimento di
tali finalità viene perseguito altresì mediante l'obbligo, imposto per leg
ge al Mediocredito, di operare nell'interesse esclusivo delle piccole e
medie imprese, con l'eccezione delle operazioni riguardanti le esporta
zioni e la cooperazione economica internazionale (e all'Artigiancassa
nell'interesse esclusivo delle imprese artigiane). L'art. 3 della legge contiene la disciplina della successione nei rappor
ti giuridici tra i due istituti e le società per azioni derivanti dalla trasfor
mazione. Scopo principale della disciplina è quello di consentire un as
setto dei rapporti tra le amministrazioni pubbliche e le società derivanti
dalla trasformazione degli istituti che mantenga almeno transitoriamen
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PARTE TERZA
Fatto. — 1. - Il 25 novembre 1992 il consiglio d'amministra zione dell'Istituto centrale per il credito a medio termine, o Me
diocredito centrale, ha deliberato di dar avvio alla procedura di trasformazione dell'ente in società per azioni bancaria, in
applicazione della disciplina sulla ristrutturazione degli istituti di credito di diritto pubblico, dettata dalla 1. 30 luglio 1990 n. 218 e dal conseguenziale decreto di esecuzione 20 novembre 1990 n. 356.
Il magistrato delegato dalla corte al controllo sulla gestione dell'istituto ha formulato al riguardo motivate riserve, rimet tendone poi la valutazione, per la definitiva pronuncia, alla com
petente sezione del controllo sugli enti a cui lo Stato contribui sce in via ordinaria. Della situazione è stato tempestivamente investito apposito gruppo d'istruzione.
Il 21 dicembre 1992 il consiglio generale dell'istituto ha as sunto la conclusiva delibera di trasformazione dell'ente in socie tà per azioni e, contestualmente, in applicazione della disposi zione transitoria, di cui all'art. 34 del nuovo testo statutario, ha provveduto alla costituzione degli organi societari. Nel com
porre il consiglio d'amministrazione della società ha, a tal fine,
aggiunto agli undici componenti del consiglio d'amministrazio ne dell'istituto, tenuti in carica, il suo direttore generale ed altre tre persone e nel collegio sindacale ha sostituito parte dei sinda
ci, dimessisi in precedenza. Secondo comunicazione datane nel la stessa seduta dal presidente dell'istituto i nuovi componenti sono stati tutti designati dal solo ministero del tesoro.
Il magistrato delegato al controllo ha ribadito ed integrato le originarie riserve e, a chiusura, ne ha ancora rimesso la valu tazione alla sezione del controllo. Il gruppo d'istruzione ha di
conseguenza preso in esame la situazione in ripetute, successive sedute e, nel condividere le indicazioni prospettate dal delegato al controllo, ne ha deferito la valutazione alla competente sede
collegiale. (Omissis)
te in capo a tali società l'esercizio in via esclusiva del credito agevolato sino ad oggi esercitato dagli istituti in forza di previsioni di legge.
L'art. 3, comma 1, nello stabilire che le s.p.a. derivanti dalla trasfor mazione del Mediocredito e dall'Artigiancassa succedono nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche assunti, in forza di leggi, di provvedimenti amministrativi e di contratti, dagli enti originari, preve de anche che esse stipulino apposite convenzioni per concessioni decen nali con le amministrazioni competenti, dotandosi altresì' di distinti or gani deliberativi e separate contabilità concernenti tali concessioni (que st'ultima previsione richiama quanto disposto dal comma 2 dell'art. 47 d. leg. 1° settembre 1993 n. 385, testo unico delle leggi in materia ban caria, ibid., 2557, a proposito delle modalità idonee a superare il con flitto di interessi tra la gestione dei fondi e l'attività svolta in conto proprio dalle banche). Alla scadenza della concessione, tuttavia, l'am ministrazione statale competente non sarà più obbligata ad affidare la gestione dei provvedimenti agevolativi esclusivamente ai due istituti, ma dovrà affidarla, oltre che ad essi, anche ad una o più società che pre sentino adeguati requisiti di affidabilità imprenditoriale. Tale ultima pre visione sembra comunque presupporre che alla scadenza della conces sione decennale l'amministrazione debba almeno parzialmente disporre una concessione in favore delle s.p.a. derivanti dalla trasformazione del Mediocredito e dell'Artigiancassa. Le società assegnatarie, in linea con quanto previsto in via generale dal comma 3 dell'art. 47 t.u. banca rio, potranno essere tenute, in base ad una esplicita previsione contenu ta nella convenzione, a stipulare a loro volta convenzioni, che la pub blica amministrazione dovrà approvare, con altre banche per disciplina re la concessione di contributi relativi a finanziamenti da queste erogate 0- 489/93, art. 2, comma 2).
Nel testo approvato in via definitiva, sebbene siano state introdotte, rispetto al testo del d.d.l. approvato in prima lettura dalla camera dei deputati, alcune limitazioni alla perpetuazione della situazione di mo nopolio delle due forme di credito agevolato (termine decennale, dopo il quale l'amministrazione può stipulare concessioni anche con altre ban che), permane il ruolo preminente delle società che succedono ai due istituti e l'assetto complessivo si configura comunque come ampiamente derogatorio rispetto alla disciplina dell'art. 47 t.u. bancario (anche in considerazione del fatto che alle società concessionarie non sembrereb bero applicarsi i richiamati criteri di efficienza e imprenditorialità).
Infatti l'art. 47 d. leg. 385/93 stabilice (comma 1) che l'erogazione di finanziamenti agevolati può essere effettuata da tutte le banche, pur ché le stesse stipulino convenzioni con l'amministrazione pubblica com petente, la quale sceglie le banche con cui stipulare la suddetta conven zione sulla base di criteri che tengano conto delle condizioni offerte e dell'adeguatezza della struttura tecnico-organizzativa ai fini della pre stazione del servizio, quindi criteri di efficienza o comunque di affida bilità imprenditoriale. Il comma 2 dello stesso articolo rinvia alla stipu la di apposite convenzioni tra pubblica amministrazione e banche (pre scelte sulla base dei medesimi requisiti) anche l'assegnazione e la gestione
Il Foro Italiano — 1994.
Diritto. — (Omissis). 1.5. - La disciplina istituzionale dell'I stituto centrale per il credito a medio termine va rinvenuta in
un'articolata serie di oltre quaranta disposizioni normative, dal
l'iniziale 1. 25 luglio 1952 n. 949 sino al recente d.l. 11 marzo
1993 n. 58. Per quel che in particolare concerne l'attività bancaria assu
mono essenziale rilievo, in questo quadro, le norme che consen
tono al Mediocredito centrale l'acquisizione del risparmio e l'e
sercizio del credito, di cui agli art. 18, 21, 26 e 31 1. 25 luglio 1952 n. 949, all'art. 37 1. 23 dicembre 1966 n. 142, agli art.
21 e 27 1. 24 maggio 1977 n. 227, all'art. 22 d.l. 28 maggio 1981 n. 251, convertito, con modificazioni, nella 1. 29 luglio 1981 n. 394, infine all'art. 11 1. 7 agosto 1982 n. 526.
Secondo le disposizioni suindicate, dal divieto inizialmente po sto dall'art. 18, ultimo comma, 1. n. 949 del 1952 di raccogliere
risparmio sotto qualsiasi forma e di effettuare direttamente ope razioni a favore delle imprese, con l'obbligo di valersi soltanto,
per la provvista, dell'assunzione di prestiti all'estero, coperti dalla
garanzia dello Stato, l'istituto è giunto, cosi, ad acquisire la
facoltà di emettere obbligazioni quotate in borsa e sorrette da
agevolazioni fiscali, mentre, nell'esercizio del credito, dalla ori
ginaria, ristretta attività di rifinanziamento ad istituti di credito
primari è stato autorizzato a concedere, dal 1981, crediti finan
ziari diretti a Stati, banche ed imprese estere, legati all'espor tazione.
2.1. - La 1. 25 luglio 1952 n. 949, all'art. 17, ha creato l'Isti
tuto centrale per il credito a medio termine a favore delle medie e piccole industrie, nel quadro di norme intese, nella stessa di
sposizione legislativa, a favorire «lo sviluppo dell'economia e
l'incremento dell'occupazione», in tutti o quasi i settori di atti vità fondamentali della vita del paese.
La finalità originaria dell'istituto sta nella integrazione delle
di fondi pubblici di agevolazione creditizia previsti da leggi vigenti. Alle società derivanti dalla trasformazione in s.p.a. del Mediocredito
e dell'Artigiancassa verranno altresì trasferiti, senza alcuna formalità o annotazione e con lo stesso grado e la stessa validità, i privilegi e le garanzie costituiti o prestati a favore degli enti originari (comma 3).
Il comma 4, fissa in tre mesi il termine per il completamento da parte degli organi degli istituti degli adempimenti previsti dal d.d.l., senza però prevedere, al contrario del testo licenziato dalla camera, la proroga degli organi in carica fino al completamento della trasforma zione in s.p.a. dei due enti.
In giurisprudenza, per un precedente, anteriore alla legge Amato, re lativo alla trasformazione di un'azienda di credito costituita in forma di società per azioni in una cooperativa di credito (nella specie: banca popolare), cfr. Trib. Verona 11 giugno 1985, Foro it., 1986, I, 2316, con nota di Cappuccilli.
Sull'Istituto centrale per il credito a medio termine, e sugli istituti regionali di mediocredito, cfr. Bollino, Gli istituti regionali di medio credito, Milano, 1988; Imperatori, Il ruolo del mediocredito centrale e del sistema bancario per l'internazionalizzazione dell'industria italia na, in Riv. bancaria, 1992, fase. 1, 27.
Sul credito speciale, cfr. Trupiano, Il finanziamento delle opere pub bliche da parte degli istituti di credito speciale, ibid., fase. 3, 49; Nar di, Presupposti e limiti della despecializzazione creditizia: alcune consi derazioni sulla ristrutturazione degli istituti di credito speciale, in Ban caria, 1993, 6; Capriglione, Despecializzazione istituzionale e nuova operatività degli enti creditizi: la trasformazione del credito speciale, Milano, 1992; Baldinelli e Conti, Gli istituti di credito a medio-lungo termine: verso un mutamento radicale, in Bancaria, 1993, 6.
Sulla trasformazione in s.p.a. degli enti creditizi in generale, cfr., fra gli altri, La trasformazione delle banche pubbliche in società per azioni. Saggi di Belli e Dì Omo; intervento critico di Porzio; rassegna di Ciardiello e Lacaita, in Dir. economia, 1989, 9; Carcelli, Società di diritto comune o società d'interesse nazionale nella riforma della leg ge Amato, id., 1990, 221; Costi, Iprofili societari della «legge Ama to», in Società, 1990, 1305; Merusi, Dalla banca pubblica alla società per azioni, in Banca, borsa, ecc., 1990, I, 1; Id., Tre obiettivi per un cannone: la c.d. privatizzazione delle banche pubbliche in Italia, id., 1991, I, 444; Amorosino, Il procedimento amministrativo di approva zione della ristrutturazione degli enti creditizi pubblici, in Dir. banc., 1991, I, 483; Capriglione, Ad un anno dalla legge «Amato», in Banca impr. società, 1991, 431; Id., Convenzioni parasociali e «permanenza del controllo pubblico» nelle società bancarie disciplinate dalla legge «Amato», in Riv. società, 1991, 1398; Porzio, Appunti sulla «legge Amato», ibid., 804; La ristrutturazione delle banche pubbliche - L'at tuazione della legge 218/90 a cura di Amorosino, scritti di Amato, Gian nini, Capriglione, Serra, D'Acunti, Pontolillo, Loddo, Lombar do, Amorosino, Merusi e Predieri, Milano, 1992. [R. Perna]
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
disponibilità di istituti autorizzati all'esercizio del credito a me
dio termine a favore della media e piccola industria, per finan
ziare il rinnovo, l'ampliamento o la ricostruzione di impianti
industriali, a tasso più contenuto rispetto a quello di mercato.
Alle stesse funzioni di sostegno dell'economia sono state indi
rizzate le successive disposizioni, che mutatane nel 1962 la de
nominazione in Istituto centrale per il credito a medio termine, ne hanno esteso il campo d'operatività dapprima alle industrie
attive nel campo dell'esportazione, poi alla media e piccola im
presa commerciale, infine alle medie e piccole imprese operanti in singoli, particolari settori in dissesto ovvero in aree territo
riali in difficoltà. Modificazioni ed integrazioni, venute ad aggiungersi e talvol
ta a sovrapporsi, nel corso del tempo, alle originarie forme di
intervento, hanno man mano introdotto nelle attività poste in
essere dal Mediocredito centrale strumenti operativi diversifica
ti. Per quel che riguarda l'attività di credito i pesanti condizio
namenti posti dalla disciplina istituzionale nella acquisizione del
risparmio e nell'esercizio del credito sono venuti, comunque, a cadere soltanto nel dicembre 1992, all'entrata in vigore del
più volte richiamato d. leg. n. 481.
Se dall'originaria configurazione di ente di mera erogazione l'istituto è giunto ad acquisire funzioni anche di finanziamento
diretto, nel quadro d'insieme l'attività creditizia resta tuttavia
marginale rispetto a quella, in assai larga misura prevalente,
dell'agevolazione, come denunciano i dati esposti nella descri
zione del fatto relativamente alla situazione patrimoniale dell'i
stituto.
Nelle attività poste in essere, a tal riguardo, dal Mediocredito
centrale sono indubbiamente presenti, comunque, connotazioni
proprie dell'attività di credito. È in ordine a tali attività, ed
a tali attività soltanto, che possono correttamente ritenersi ap
plicabili all'istituto, nelle norme relative, le disposizioni dettate
dalla 1. 20 luglio 1990 n. 218 e dal decreto del 30 novembre
dello stesso 1990 n. 356, in tema di ristrutturazione degli istituti
di credito di diritto pubblico. 2.2. - Nell'affermare la sua natura di istituto di credito il
Mediocredito centrale rileva come nella stessa attività agevolati va sussista una sostanziale interconnessione con l'attività di cre
dito, cosi da giustificarne l'aggregazione in una struttura unita
ria in forma di s.p.a. Nel caso di specie tuttavia, dal momento iniziale sino agli
ultimi versamenti, il fondo di dotazione è rimasto nella titolari
tà esclusiva dello Stato. Manca, di conseguenza, il presupposto, tassativamente indicato all'art. 4 del decreto n. 356 del 1990
nella composizione associativa del fondo di dotazione, per la
trasformazione in società per azioni bancaria.
Tra le amministrazioni statali interessate, in larga parte rima
ste estranee al procedimento, a mezzo dei propri rappresentanti all'adunanza il ministero del commercio estero si è limitato a
prender atto della trasformazione in s.p.a. dell'istituto, il mini
stero del tesoro, invece, ha implicitamente manifestato al ri
guardo il proprio avviso favorevole, col ritenere l'ammissibilità
dell'affidamento in concessione alla Mediocredito centrale s.p.a. della gestione di fondi di pertinenza statale. Né l'una, né l'altra
amministrazione hanno tuttavia fornito, in concreto, elementi
utili a superare, in sede interpretativa, la rigidità della discussa
formula normativa.
Discutibile, d'altra parte, è l'assunto, avanzato in via pregiu
diziale nella memoria prodotta dal Mediocredito centrale, che
l'istituto vada inquadrato tra gli enti a base corporativa, in quan
to, pur in mancanza di altri partecipanti, il titolare del capitale sociale è chiaramente individuato dallo statuto societario nello
Stato, cui perciò potrebbero essere attribuite le emittende azioni
sociali. Ad avviso della corte, tuttavia, l'ipotesi che le emittende azioni
sociali possano essere pacificamente attribuite alla costituenda
società è inidonea, di per sé, a validamente motivare sia la pre
vista preliminare ripartizione in quote di un fondo di dotazio
ne, com'è al momento il fondo di dotazione del Mediocredito
centrale, istituzionalmente indiviso ed indivisibile, sia, tanto me
no, a procedere alla contestuale attribuzione della società, che
si vuol costituire, di quote di un capitale sociale in atto inesi
stente. L'idoneità del fondo di dotazione del Mediocredito cen
trale a fungere da fondo a composizione associativa dovrebbe
essere in contrario verificata in riferimento non già ad una me
ra ipotesi, ma, come prevede l'art. 4 d. leg. 356/90, ad una
situazione di diritto e di fatto pregressa.
Il Foro Italiano — 1994.
Non può aver rilievo, in tal senso, il richiamo, che l'istituto
fa alle norme che, all'art. 2362 c.c. o, in alternativa, all'art.
6, 2° comma, d. leg. n. 356 del 1990, riconoscono la sussistenza
in vita, nell'ordinamento italiano, di società per azioni con uni
co socio.
Il diritto comune, all'art. 2362 c.c., riconosce in effetti l'ipo tesi che la s.p.a. possa essere costituita da un solo partecipante,
ma, per tempo transitorio e limitatamente al caso d'insolvenza
della gestione societaria, al solo scopo di porre a carico dell'u
nico socio rimasto la responsabilità per intero delle obbligazioni sorte nel periodo. E del resto, secondo le norme che disciplina no le società nell'ordinamento italiano, all'art. 2247 per le so
cietà in genere ed all'art. 2325, 2° comma, dello stesso codice
civile per le società per azioni in particolare, l'ipotesi della so
cietà con unico socio è del tutto anomala, al momento della
costituzione della società come a quello dell'avvio delle attività
sociali essendo categoricamente prevista la presenza di più par
tecipanti. Tanto meno può convenirsi, poi, sull'applicabilità, nella spe
cie, della norma, di cui all'art. 6, 2° comma, del decreto n.
356, di per sé intesa a consentire la costituzione della s.p.a., da parte dell'ente interessato, esclusivamente nell'ipotesi del con
ferimento delle attività bancarie alla società da costituire, con
la contestuale conservazione in vita dell'ente pubblico origina rio per l'esercizio delle attività di diversa natura.
Né, come l'istituto sostiene da ultimo, si potrebbe far ricorso
alla disciplina dettata nei riguardi degli enti pubblici economici
in genere.
Specifica norma, all'art. 1 del decreto n. 386 del 5 dicembre
1991, espressamente ne esclude l'applicabilità agli enti creditizi
pubblici. Nello stesso senso la successiva disposizione, che, al
l'art. 18 1. n. 359 dell'8 agosto 1992, attribuisce al Comitato
interministeriale per il credito ed il risparmio la facoltà di deli
berare la trasformazione in s.p.a. di enti pubblici economici,
fa salva ancora, per gli enti creditizi, la disciplina dettata dalla
1. n. 218 del 1990.
2.3. - Secondo la corte una corretta utilizzazione della distin
zione tra corporazione e fondazione, nella sua memoria richia
mata dall'istituto, presuppone, in sede interpretativa, un ulte
riore puntuale approfondimento della figura giuridica, denomi
nata «fondo di dotazione», come dei suoi elementi costitutivi.
Vanno presi in esame, nell'analisi, il momento costitutivo del
fondo e la sottostante manifestazione della o delle volontà, che
vi concorrono, volontà nella corporazione in astratto mutevole
nel tempo a seconda dell'intendimento di volta in volta espresso
dagli associati, nella fondazione ancorata invece, come dagli art.
14 e 15 c.c., non soltanto all'intento, vincolante, manifestato
in origine da chi ne ha voluto la costituzione, ma, altresì, alla
forma sottostante.
Di conseguenza, anche se si voglia assumere, come ritiene
parte della dottrina, che il fondo di dotazione dell'ente pubbli co sia teoricamente rapportabile al capitale di una società, van
no poi accertati, elemento per elemento, quali fossero all'atto
della sua costituzione i soggetti che vi hanno partecipato, quale fosse la volontà dagli stessi all'epoca manifestata, quali le fina
lità, cui i partecipanti hanno destinato il fondo, quale, infine, ne sia stata la forma sottostante. Ed è di tutta evidenza che,
sotto tale profilo, il fondo di dotazione dell'ente pubblico va
in concreto differentemente classificato, a seconda che sia «aper
to» ad ulteriori conferimenti ad opera anche di soggetti diversi,
da chi ne ha voluto la costituzione, ammettendosi o meno, in
tal caso, che possano esserne mutate finalità e destinazione, ov
vero sia «chiuso» ad altri interventi, perché di titolarità esclusi
va del costituente. Nella prima ipotesi si ha un fondo di dota
zione a composizione associativa, nella seconda il fondo, a com
posizione non associativa, è assimilabile ad una fondazione.
Dall'analisi della disciplina istituzionale può correttamente trar
si che, in relazione agli indicati elementi costitutivi, il fondo
di dotazione dell'Istruto centrale per il credito a medio termine
sia da rapportare alla figura giuridica della fondazione. Di fat
to, dalla disposizione di legge istitutiva sino alla delibera di tra
sformazione in s.p.a. assunta dal consiglio generale, via via at
traverso le oltre quaranta disposizioni normative che condizio
nano l'assetto dell'istituto, non soltanto è sempre mancata, nella
composizione del fondo di dotazione, quella partecipazione di
più soggetti, che è presupposto essenziale della corporazione,
ma finalità e destinazione, altresì', ne sono stati rigidamente vin
colati alla disciplina preordinata dalle norme sottostanti.
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PARTE TERZA
2.4. - Sotto altro profilo può dirsi che, nella specie, la distin
zione tra corporazione e fondazione assolva, nell'intento legis
lativo, ad una duplice funzione.
È utile, nella trasformazione diretta di un ente in s.p.a., ad
identificare i titolari del fondo di dotazione, e di conseguenza,
negli enti a fondo di dotazione a composizione associativa, ad attribuire loro, in correlazione alle quote di partecipazione al
fondo, la corrispondente quota azionaria della costituenda so
cietà. In pari tempo consente di accertare quale parte del patri monio societario sia destinabile all'attività di credito ed a sepa rare di conseguenza con lo scorporo, negli enti con fondo di
dotazione a composizione non associativa, la quota patrimonia le disponibile ad impieghi creditizi da quella indisponibile, per ché a priori destinata al perseguimento di finalità diverse o di
verse da quella creditizia.
Negli enti con fondo di dotazione a composizione associati
va, nei quali, come si è accennato, la volontà dei partecipanti
può mutare nel tempo, premessa alla trasformazione è l'incon tro delle singole volontà, ciascuna legata ad un distinto e sepa rato interesse patrimoniale, nella volontà comune di esporre il
patrimonio societario al rischio d'impresa, proprio dell'attività
creditizia. Nell'ente con fondo dotazione a composizione non
associativa, in cui la volontà originaria del costituente vincola i successivi, altrui comportamenti, viene dalla disciplina norma tiva previsto esclusivamente il ricorso alla procedura dello scor
poro al chiaro fine di separare e sottrarre, dalla pregressa, indi
stinta massa patrimoniale, la quota indisponibile nel rischio
d'impresa. Non si potrebbe a priori escludere, tuttavia, che in un ente
a struttura unitaria, con titolare unico ed organi d'amministra zione mutevoli nel tempo, si possa nell'esercizio del credito pro cedere ad impieghi a rischio anche dell'eventuale quota indispo nibile ovvero, in senso inverso, che, qualora la massa patrimo niale resti indistinta, in caso di contestazione terzi chiamino a
rispondere l'ente anche al di là della quota disponibile. Ed è
appena da rilevare, a tal riguardo, che, a norma dell'art. 2362
c.c., cui, tra l'altro, l'istituto fa espresso riferimento, la s.p.a. con unico socio risponde delle obbligazioni «illimitatamente».
È presumibilmente in questa stessa ottica che il collegio di
esperti, designato dal presidente del tribunale cmpetente alla va
lutazione del patrimonio netto della costituenda s.p.a., ha rile vato nelle premesse la discutibilità della trasformazione in s.p.a. di enti che abbiano fondo di dotazione a composizione non as
sociativa e, all'atto della stima, ha poi tenuto separata dal pa trimonio da riconoscere alla s.p.a. la ben più ingente massa
patrimoniale, a suo avviso da ritenersi indisponibile, perché «non di proprietà dell'ente».
Nel procedere alla trasformazione diretta in s.p.a. al consi
glio generale dell'Istituto centrale per il credito a medio termine è sfuggito che, nell'occasione, il collegio degli esperti ha di fat to seguito la procedura preordinata, dal decreto n. 356 nel 1990, allo scorporo delle attività creditizie da quelle di diversa natura.
2.5. - La corte trova discutibile il riferimento, che il Medio credito centrale ha posto a premessa della propria trasformazio ne in una struttura «unitaria» a forma di s.p.a., ad una «inter connessione dei fini» tra attività poste in essere nell'esercizio della funzione creditizia e nel perseguimento della funzione age volativa. Ancor più discutibile è il richiamo, introdotto nell'o dierna adunanza dal ministero del tesoro, ad una «identità di fini».
Il presupposto della trasformazione, secondo la discipina in trodotta nell'ordinamento del credito dall'art. 1 1. n. 218 e dal l'art. 16 del decreto n. 356 del 1990, come dagli art. 2, 6, 3°
comma, e 9 del decreto n. 481 del 1992, sta nell'omogeneità di fini, funzioni, ruolo tra ente di diritto pubblico e costituenda
s.p.a., si che, a seguito della traslazione, la s.p.a. continui nel l'esercizio dell'attività tutta, precedentemente posta in essere dal l'ente nel campo del credito, in più assumendo, nell'ingresso sul mercato nella forma societaria, il rischio d'impresa.
Nel caso del Mediocredito centrale lo statuto societario, al 3° comma dell'art. 4, riconosce come proprie quella parte sol tanto delle pregresse finalità istituzionali, che attengono all'e sercizio del credito alle imprese, per implicito anche di grandi dimensioni, attive nel settore delle esportazioni e, relativamente alle iniziative all'interno del paese, a «progetti infrastrutturali e di protezione dell'ambiente» ed alle «opere pubbliche», omet
te, invece, un qualsiasi accenno alla originaria finalità del soste
gno alla media e piccola impresa.
Il Foro Italiano — 1994.
La ragione di questa esclusione viene chiaramente indicata, nel sottostante progetto di ristrutturazione, nell'intento del Me
diocredito centrale di «calmierare» il tasso dei finanziamenti al
la media e piccola impresa, portandolo a livello inferiore, pre sumibilmente non lontano dal tasso di mercato, e cosi' contene
re, di conseguenza, l'onere a proprio carico nell'intervento nel
settore, per poi destinare l'eventuale quota residua ad altre fi
nalità societarie. Per tal via, anche se la disciplina statutaria
lascia comunque spazio ad iniziative a favore di medie e piccole
imprese, la finalità originaria viene a perdere di rilievo e la sua
attuazione resta, in concreto, affidata ad eventuali interventi,
che, in avvenire, lo Stato vada a disporre in materia. Di conseguenza, l'identità o l'interconnessione, cui nella spe
cie si fa riferimento, di fatto si concretano, non già in una reale
identità o interconnessione dei fini, bensì nella mera comunan
za dell'area o del settore operativo, genericamente definiti del
credito, in cui le attività del Mediocredito centrale, sia creditizia
sia agevolativa, vengono in essere. Nello spostamento delle attività societarie verso l'esercizio
esclusivo del credito, la componente agevolativa, sino ad oggi
presente nella stessa attività creditizia, tende anzi ad indebolirsi
via via, sino a venir meno, come, in correlazione, viene meno la pretesa interconnessione o identità dei fini. Al fine del «mas simo» lucro a compenso dell'alea imprenditoriale, proprio del l'attività creditizia, potrebbe al più corrispondere, nell'attività
agevolativa, sinora esercitata dall'ente a titolo gratuito, un inte
resse alla giusta remunerazione delle prestazioni, del tutto di
stinto dal lucro.
È di tutta evidenza, a questo punto, che fini perseguiti nell'e
sercizio della funzione creditizia e fini legati, invece, all'eserci zio dell'attività agevolativa sono, tra loro, essenzialmente diver
si. La loro pretesa identità o interconnessione, di conseguenza, non sussiste.
Sulla base delle norme che, all'art. 12, 1° comma, lett. a, del decreto n. 356 del 1990, indicano le finalità proprie degli enti a fondo di dotazione a composizione non-associativa come fini di interesse pubblico e di utilità sociale, da perseguire «pre minentemente» nella ricerca, istruzione, arte e sanità, come nel
l'assistenza e tutela delle categorie sociali più deboli, si può, indubbiamente escludere che l'attività di agevolazione finanzia
ria possa essere in astratto inquadrata nell'ambito delle attività
di credito. L'attività agevolativa, se mai, dovrebbe essere cor rettamente classificata, come nell'intervento in adunanza ha ri levato il ministero del commercio con l'estero, per attività di
«assistenza» agevolativa. 2.6. - Possono d'altra parte formularsi riserve, ad avviso del
la corte, anche riguardo alla previsione, contenuta al 3° comma dello stesso art. 4 dello statuto societario, che la società possa svolgere, sulla base di apposite convenzioni, quelle attività e servizi per conto o nell'interesse dello Stato, per l'innanzi affi dati all'istituto da disposizioni di legge, che ne dettano la disci
plina della gestione. Pare innanzi tutto da escludersi, in riferimento all'art. 6, 3°
comma, del decreto n. 481 del dicembre 1992, che alla costi tuenda s.p.a. sia consentito di conservare, in via generale, la
posizione di primazia per l'innanzi esercitata dall'istituto nei ri
guardi delle comuni aziende di credito. Coerentemente con la
disciplina sulla tutela, in regime di concorrenza, della parità di situazioni dovrebbe anche negarsi a priori che la s.p.a. possa acquisire l'affidamento in gestione dell'insieme dei fondi di per tinenza statale, in precedenza affidati all'istituto. E, d'altra parte, l'eventuale affidamento alla società, caso per caso, di singole gestioni, previo l'esperimento ogni volta di gara aperta alla to talità delle aziende di credito, farebbe venir meno quell'unifor mità di linee di condotta, dal Mediocredito centrale sinora assi curata nella sua veste di organo fiduciario e dallo stesso riven dicata nel progetto di sua trasformazione in s.p.a.
Assai discutibile è comunque l'assunto che dette gestioni pos sano essere disciplinate mediante convenzioni, in mancanza di una disposizione legislativa di base, che ciò preveda e di ciò insieme detti criteri e modalità di attuazione, come nel recepire le indicazioni comunitarie, prescrive l'art. 6, 3° comma, del de creto n. 481 del 1992. Riguardo, poi, alla disciplina che, all'art. 35 dello schema di statuto, prevede la continuazione in via tran sitoria delle gestioni da parte della società, «... secondo le pro cedure vigenti . . .», non si può ignorare la ben diversa situa zione di diritto che, con la trasformazione in s.p.a., verrebbe dallo stesso momento a crearsi nei confronti di eventuali con
trointeressati, o trascurare le implicazioni che, nelle more della
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
stipula, dell'approvazione e della registrazione delle convenzio
ni, potrebbero seguirne nella stessa condotta societaria.
Non vanno in tal senso ignorati i riflessi, di segno chiaramen
te negativo, che nella fase intermedia andrebbe a produrre una
pesumibile sospensione anche soltanto di fatto delle attività, fuor
d'ogni dubbio dannosa nell'attuale momento di ristagno dell'e
conomia, cui le provvidenze statali in atto dovrebbero invece,
in qualche modo, ovviare. D'altra parte, con l'integrale trasfor
mazione del Mediocredito centrale in s.p.a. bancaria e la cessa
zione, o il contenimento, dell'attività agevolativa, che ne po
trebbero seguire verrebbe meno uno strumento di essenziale ri
lievo nella politica economica del governo, senza che, a quel
che alla corte risulta, siano stati sinora predisposti, o anche sol
tanto posti allo studio, adeguati strumenti sostitutivi.
Alla corte sta, infine, di rilevare che la stessa vigilanza della
Banca d'Italia sulla s.p.a., per sua natura limitata ai contenuti
creditizi della gestione, mal potrebbe a questo riguardo surroga
re i controlli, di diversa portata, in precedenza esercitati sull'i
stituto dalle singole autorità ministeriali o, soprattutto, realiz
zare sulla gestione della s.p.a. quell'azione politica di orienta
mento o di indirizzo, proprio soltanto alla vigilanza governativa.
Non si può ignorare, da ultimo, che le gestioni di fondi di
pertinenza statale vanno correttamente qualificate, come gestio
ni di fondi statali condotte al di fuori del bilancio dello Stato,
nei cui riguardi potrebbe, perciò, essere posta questione dell'ap
plicazione delle disposizioni, di cui alla 1. 25 novembre 1971 n. 1041, e successive modificazioni, e del loro eventuale riassor
bimento e conseguenziale diretto esercizio da parte delle ammi
nistrazioni interessate.
2.7. - Con la trasformazione dell'Istituto centrale per il credi
to a medio termine in società per azioni bancaria e l'alterazio
ne, che ne segue, dell'originaria, primaria funzione dell'agevo
lazione finanziaria, all'istituto affidata, sin dall'istituzione, da
disposizioni di legge, ne sono state sostanzialmente travisate la
natura atipica, la posizione differenziata, il ruolo specifico nel
l'ordinamento del credito.
Non si può d'altra parte ignorare che, sulla linea assunta dal
Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio nella
già richiamata delibera del 25 marzo 1992, la legge dell'8 agosto
successivo, n. 359, di conversione del d.l. dell'I 1 luglio, n. 333,
agli art. 15 e 16 individua singolarmente gli enti da assoggettare
alla trasformazione in s.p.a., indicando, tra altri, determinati
istituti di credito pubblici, e, al successivo art. 18, attribuisce
allo stesso Cipe la facoltà di deliberare la trasformazione in
s.p.a. di altri enti economici. Agli istituti di credito assoggettati
a trasformazione viene, poi, fatto esplicito riferimento nel pro
gramma di riordinamento delle partecipazioni statali.
Sta di fatto, comunque, che, a tutt'oggi, i più importanti tra
gli istituti di credito di diritto pubblico assoggettati a trasfor
mazione, hanno conservato configurazione giuridica pubblica
alle strutture che esercitano attività in settori di interesse pub
blico. Altri istituti, con fondo di dotazione a composizione as
sociativa, hanno provveduto al solo scorporo delle attività ban
carie ed al loro conferimento a separate società. Altri ancora,
tra cui taluni mediocrediti regionali, anche a partecipazione mag gioritaria del tesoro, avrebbero addirittura conservato, a quel
che alla corte risulta, l'originaria configurazione di enti di dirit
to pubblico. Alla corte, di conseguenza, par dubbio che ad una revisione
di fondo dell'assetto istituzionale, come è quella attuata dal Me
diocredito centrale, possa procedersi con mero atto statutario
di iniziativa del consiglio generale dell'istituto, mediante il ri
corso alla disciplina delle comuni aziende di credito, quando
manchino puntuali, inequivocabili disposizioni di legge che, mo
dificando l'attuale quadro di riferimento, dell'ente esplicitamente
mutino natura, posizione e ruolo e ne adeguino, di conseguen
za, finalità, funzioni, configurazione giuridica, struttura, siste
mi di provvista, modalità d'azione a quelle di un qualsiasi ente
creditizio. 2.8. - Nei profili ora indicati va ravvisata la non conformità
a legge della trasformazione in società per azioni bancaria del
l'istituto. Nella relativa pronuncia resta assorbito ogni ulteriore vizio,
da cui, in relazione alle indicazioni formulate dalla corte nel
l'atto introduttivo del procedimento, il sottostante progetto co
me gli atti conseguenziali posssano essere affetti.
Il Foro Italiano — 1994.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 2 novembre 1993, n. 1549; Pres.
Schinaia, Est. Borioni; Associazione naz. imprese assicura
trici (Aw. D'Ercole, Medugno) c. Autorità garante della
concorrenza e del mercato (Avv. dello Stato Braguglia), Co
dacons (Avv. Reenzi) ed altri.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 2 novembre 1993, n. 1549; Pres.
Concorrenza (disciplina della) — Autorità garante — Istrutto
ria per l'accertamento di infrazioni — Azione di accertamen
to negativo — Giurisdizione amministrativa — Interesse pro cessuale — Fattispecie (L. 10 ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela della concorrenza e del mercato, art. 14, 33).
Concorrenza (disciplina della) — Associazione tra imprese —
Soggezione ai poteri dell'Autorità garante — Difetto di atti
vità economica — Irrilevanza (L. 10 ottobre 1990 n. 287, art.
2, 14). Concorrenza (disciplina della) — Autorità garante — Infrazioni
di rilevanza comunitaria — Difetto di iniziativa comunitaria — Istruttoria per l'accertamento — Legittimità (L. 10 otto
bre 1990 n. 287, art. 1).
L'azione con la quale l'Associazione nazionale delle imprese as
sicuratrici chiede l'accertamento della non soggezione ai pote ri di vigilanza e di controllo attribuiti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è proposta a tutela di un
suo diritto soggettivo, ma ciò nonostante non sfugge al giudi ce amministrativo che, in materia, ha una giurisdizione esclusiva. (1)
Non è priva di interesse processuale l'azione con la quale l'As
sociazione nazionale delle imprese assicuratrici chiede l'accer
tamento della non soggezione ai poteri di vigilanza e di con
trollo attribuiti all'Autorità garante della concorrenza e del
mercato, se questa abbia notificato all'associazione l'inizio
dell'istruttoria tendente a verificare l'infrazione delle norme
in materia. (2) Non è sottratta ai poteri di vigilanza e di controllo attribuiti
all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, un'as
sociazione tra imprese (nella specie, assicuratrici), che svolga
interventi rispondenti a interessi comuni, anche se non eserci
ti in proprio attività economica. (3) Sono legittimi gli atti con i quali l'Autorità garante della con
correnza e del mercato intraprende l'istruttoria per l'accerta
mento di infrazioni che potrebbero rilevare anche per il com
mercio internazionale intracomunitario, se al riguardo non ri
sulti iniziata alcuna procedura da parte della commissione della
Comunità europea. (4)
(1-11) Prime decisioni del giudice amministrativo, a quanto risulta, su provvedimenti emanati a tutela della concorrenza e del mercato, in
base alla 1. 10 ottobre 1990 n. 287 (per la cui analisi, v. Diritto antitrust
italiano a cura di Frignani, Pardolesi, Patroni Griffi e Ubertazzi, vol. I e II, Bologna, 1993). Le due più recenti sentenze riguardano atti
della relativa Autorità garante, istituita dagli art. 10 ss. 1. cit.; sulla
sua attività, v. ora Concorrenza e mercato [Rassegna degli orientamenti
dell'Autorità garante, raccolti da Ghidini, Libonati e Marchetti], 1/93, 55 ss. La terza sentenza riguarda un provvedimento [in data 7 maggio 1992: v.lo in AIDA (Annali italiani del diritto d'autore), 1992, I, 1054, con nota di D. Sarti], emesso dal Garante per la radiodiffusione e
l'editoria, istituito dalla 1. 6 agosto 1990 n. 223, art. 6, cui l'art. 20
1. 287/90 attribuisce l'applicazione dei precedenti art. 2, 3, 4 e 6, nella
materia di sua competenza; al riguardo, all'Autorità garante della con
correnza e del mercato spetta solo l'emissione di un parere obbligato
rio, da darsi, peraltro, entro trenta giorni (nella specie, Autorità 11
aprile 1992, n. 469, ibid., 1038, e 22 gennaio 1992, in Bollettino, 1992/1-2,
130). Per qualche riferimento, comunque, in relazione alla terza massima,
tratta dalla sentenza 1549/93, v. la decisione dell'Autorità garante della
concorrenza e del mercato 26 agosto 1991, n. 140, Foro it., 1992, III,
562, con nota di Cornetta, nel senso della nullità della disposizione del regolamento di un'associazione di società di revisione che stabilisca
corrispettivi minimi e massimi da praticare ai clienti per i servizi di
certificazione e consulenza. La quinta massima, tratta dalla sentenza 1157/93, risolve due distinte
questioni. Anzitutto, se l'Autorità poteva esercitare i suoi poteri inibi
tori e sanzionatori indipendentemente dalla emanazione del regolamen to previsto dal 5° comma dell'art. 10 1. 287/90, il quale deve stabilire
«... procedure istruttorie che garantiscono agli interessati la piena co
noscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione».
In proposito il Tar Lazio ha dato risposta affermativa. Il regolamento
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