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sezione di Brescia; sentenza 31 luglio 1991, n. 532; Pres. Ingrassia, Est. Depiero; Soc. Sagidep(Avv. Arria, Codignola) c. Coreco di Mantova (Avv. dello Stato De Bellis) ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 61/62-65/66Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187416 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Ad avviso dell'amministrazione, dal criterio indicato dall'uf
ficio di controllo conseguiva una non piena valutazione dell'ef
fettivo servizio, dal momento che veniva in tal modo computa ta la sola anzianità maturata nelle qualifiche funzionali, trascu
rando quella di servizio effettivo prestato nelle corrispondenti
qualifiche del precedente ordinamento.
A sostegno di questa tesi il ministero del tesoro ha puntato essenzialmente sulla considerazione che l'assetto recato dalla 1.
11 luglio 1980 n. 312 non avrebbe inciso sulle situazioni giuridi che preesistenti, risultando i nuovi inquadramenti del tutto au
tomatici e derivanti dalle qualifiche rivestite nel precedente or
dinamento. Da ciò conseguirebbe — sempre ad avviso dell'am
ministrazione — che in sede di quantificazione di un beneficio
economico, volto al recupero di anzianità pregresse, non risul
terebbe in armonia con la ratio della norma la mancata valuta
zione di una parte di servizio effettivo prestato con svolgimento di funzioni del tutto identiche.
In aggiunta a questo argomento è stato fatto presente che
la 1. n. 869 del 1982, nel fare riferimento alla qualifica di prove
nienza, ha certamente tenuto presente che per la nomina a pri mo dirigente era richiesto dall'ordinamento allora vigente (art. 22 d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748) il possesso di una qualifica non inferiore a quella di direttore di sezione.
L'assunto dell'amministrazione, articolato nei suesposti ter
mini, non può essere condiviso.
Questa sezione in altre occasioni (deliberazioni n. 1825 del
15 ottobre 1987, Foro it., Rep. 1988, voce Impiegato dello Sta
to, n. 692, e n. 2016 del 10 novembre 1988, id., Rep. 1989, voce Pensione, n. 73) ha osservato che la disposizione di cui
all'art. 4, 1° comma, 1. n. 869 del 1982 — puntuale nella sua
formulazione letterale — per la sua stessa natura di norma che
prevede un incremento stipendiale «esclude ogni possibilità di
estensiva esegesi, il cui risultato stravolgerebbe il significato del
la norma».
Si tratta in sostanza di una disposizione nella quale risultano
chiaramente individuati i suoi destinatari (dirigenti generali, di rigenti superiori e primi dirigenti, questi ultimi espressamente menzionati nel 2° comma dell'art. 4 1. n. 869 del 1982), nonché
la componente essenziale dell'incremento economico accordato
rispetto allo stipendio iniziale della nuova qualifica conferita,
rappresentata dall'anzianità di servizio effettivo prestato nella
qualifica di provenienza. Preliminarmente c'è da dire che la tesi dell'amministrazione
di far rivivere le qualifiche dell'ordinamento precedente a quel lo introdotto con la 1. n. 312 del 1980 non trova alcun aggancio normativo ed urta contro una realtà difficilmente superabile co
stituita dal fatto che la qualifica rivestita dagli interessati all'at
to della nomina nella dirigenza è quella e solo quella (ottava
qualifica funzionale) del nuovo ordinamento.
Quanto alle motivazioni addotte a giustificazione di una più
ampia valutazione dell'anzianità pregressa, mentre non si han
no difficoltà a riconoscere che nel passaggio dal precedente al
nuovo ordinamento si è verificata, in attesa della determinazio
ne dei nuovi profili professionali e per le esclusive esigenze di
superare difficoltà correlate all'espletamento delle funzioni, una
sovrapposizione fra precedenti a nuove qualifiche; però risulta
decisiva la considerazione che il nuovo assetto, pur muovendo
ovviamente, come ne danno ampiamente atto le disposizioni rac
chiuse nell'art. 4 1. n. 312 del 1980, dalle situazioni giuridiche
preesistenti, ha fortemente rinnovato il rapporto di pubblico im
piego, che da un assetto per carriere, articolate in una plurità di qualifiche distinte non per la diversità delle attribuzioni ma
per il nomen, è passato — come ha avuto occasione di osserva
re questa sezione con la deliberazione n. 2100 del 16 marzo
1989 — ad un ordinamento fondato su qualifiche funzionali, nelle quali sono stati inseriti i profili professionali identificati sulla base di specializzazioni.
In questa prospettiva l'inquadramento nelle nuove qualifiche funzionali non ha costituito un momento del tutto formale, un
fatto, cioè, puramente terminologico, ma un sostanziale muta
mento, avvenuto per gradi ma sempre con effetti dall'inquadra mento iniziale nelle nuove qualifiche; cosi che qualsiasi riferi
mento alle qualifiche del precedente ordinamento risulta ormai
del tutto superato. Una conferma, sul piano interpretativo, che la «qualifica di
provenienza» sia soltanto e sempre quella del nuovo ordina
mento è stata offerta dallo stesso legislatore che con interpreta
li. Foro Italiano — 1992.
zione autentica (art. 4, 1° comma, d.l. 28 gennaio 1986 n. 9
convertito con modificazione nella 1. 24 marzo 1986 n. 78) ha
riportato l'espressione qualifica superiore» contenuta nell'art.
4, 4° comma, della più volte citata 1. n. 312 del 1980, nell'am
bito delle qualifiche funzionali del nuovo ordinamento.
Osserva, inoltre, la sezione che, ove si volesse dare rilevanza, ai fini che qui interessano, alle equiparazioni fra precedenti e
nuove qualifiche, non potrebbe ignorarsi che, per effetto del
l'applicazione dell'art. 4, 8° comma, 1. n. 312 del 1980, tutti
i dipendenti della ex carriera direttiva sono stati inquadrati nel
la ottava qualifica funzionale con decorrenza dalla data di pri mo inquadramento; situazione questa che condurrebbe a dover
valutare — andando al di là di quanto operato dall'amministra
zione del tesoro — tutta l'anzianità di effettivo servizio prestato nella carriera direttiva del precedente ordinamento.
Quanto al secondo argomento secondo il quale il sistema di
accesso alla dirigenza, vigente all'atto di entrata in vigore della
1. n. 869 del 1982, offrirebbe un aggancio normativo a fonda
mento delle maggiori valutazioni effettuate, è sufficiente notare
che qui non rileva il requisito occorrente per accesso alla diri
genza, ma la qualifica di provenienza (che può essere anche
superiore a quella minima a tal fine richiesta) prescindendo da
complessive anzianità di carriera. In altri termini, anche nell'e
venienza che non fossero intervenute nuove norme (1. 10 luglio 1984 n. 301) a regolare l'accesso alla dirigenza, il recupero di
anzianità consentito ai fini della determinazione dello stipendio di primo dirigente non potrebbe effettuarsi se non con riferi
mento alla qualifica funzionale nella quale il dipendente risulta
inquadrato. Per le considerazioni che precedono i provvedimenti risultano
non conformi a legge.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione di Brescia; sentenza 31 luglio 1991,
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione di Brescia; sentenza 31 luglio 1991, n. 532; Pres. Ingrassia, Est. Depiero; Soc. Sagidep (Aw.
Arria, Codignola) c. Coreco di Mantova (Aw. dello Stato
De Bellis) ed altri.
Comune e provincia — Deliberazione comunale — Affidamen
to di servizio — Assessore — Interesse indiretto — Nullità — Fattispecie (R.d. 4 febbraio 1915 n. 148, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 290).
Legittimamente il comitato regionale di controllo annulla la de
liberazione con la quale l'amministrazione comunale affida, all'esito di pubblica gara, il servizio di manutenzione e con
duzione degli impianti comunali di depurazione a società in
nome collettivo fra i cui soci figuri la moglie, ancorché in
regime di separazione dei beni, di un assessore della medesi
ma amministrazione, che pur si era astenuto dal prendere parte alla deliberazione, sussistendo l'interesse personale indiretto
che vieta ai consiglieri, ai sensi dell'art. 290, 2° comma, r.d.
4 febbraio 1915 n. 148, di «prendere parte in servizi, esazioni
di diritti, somministranze o appalti di opere nell'interesse dei
corpi cui appartengono». (1)
(1) Importante applicazione dei principi di cui all'art. 290 r.d. 148/15 in fattispecie nella quale la semplice astensione del consigliere comunale
interessato alla deliberazione non è stata ritenuta sufficiente per rispet tare l'interesse all'imparzialità e trasparenza dell'azione della pubblica amministrazione che costituisce la ratio della norma applicata («Con la prescrizione di cui all'art. 290 r.d. 4 febbraio 1915 n. 148, si è inteso
precludere la partecipazione degli amministratori alle delibere in tutti i casi in cui la loro particolare posizione in relazione all'oggetto della deliberazione in discussione possa far ragionevolmente supporre un eser
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PARTE TERZA
Fatto. — La ricorrente società rappresenta di aver partecipa to ad una gara — indetta dal comune di Roncoferraro — per l'affidamento del servizio di manutenzione e conduzione degli
impianti comunali di depurazione, e di essere risultata vincitrice.
Il Coreco, tuttavia, annullava il provvedimento comunale di
aggiudicazione, sul presupposto dell'esistenza di un interesse per sonale (indiretto) dell'assessore Melotto (che, pure, non aveva
partecipato alla formazione del suddetto atto) nella questione di cui trattasi, posto che lo stesso è marito di tale Marina Mut
ti, socia della Sagidep. Contro la determinazione del Coreco agisce la società, dedu
cendone l'illegittimità per: 1) violazione dell'art. 290 r.d. 4 feb
braio 1915 n. 148 e art. 3 1. 23 aprile 1981 n. 154; 2) eccesso
di potere per contraddittorietà ed illogicità; 3) ingiustizia ma
nifesta.
Afferma l'istante che nessun interesse — neppure indiretto — vanta il Melotto nell'affare in oggetto, poiché — sotto il
profilo strettamente patrimoniale — lo stesso si trova, rispetto
alla moglie, in separazione di beni.
Secondariamente, l'art. 290 t.u. risulta superato dalla 1. 154/81,
che stabilisce il divieto a ricoprire la carica di consigliere (nella
specie) comunale a colui che sia titolare, amministratore o di
pendente con specifici poteri, di aziende che operano in servizi
di esazione diritti, o attuano somministrazioni o appalti in fa
vore dell'ente ove il soggetto opera. L'assessore Melotto, tuttavia, non si trova in alcuna delle sud
dette situazioni, e la di lui moglie si limita ad essere socia della
Sagidep. Il Coreco, quindi, ha errato nell'applicare le norme, in quan
to il problema risulta perfettamente inquadrabile nella fatispe
cie prevista dall'art. 290 t.u., in base al quale, al soggetto che
si trovi nelle situazioni ivi descritte non può essere chiesto che
di astenersi dal prendere parte alle relative deliberazioni, cosa
che il Melotto ha fatto. (Omissis)
cizio non imparziale e disinteressato delle funzioni»: Tar Puglia 13 maggio 1982, n. 237, Foro it., Rep. 1984, voce Comune, n. 142; «si è inteso
tutelare il prestigio della pubblica amministrazione e presidiare la pre sunzione di imparzialità degli atti amministrativi, che potrebbero risul
tare compromessi dall'inframettenza di interessi privati nella gestione
degli interessi pubblici»: Tar Lazio, sez. II, 23 febbraio 1983, n. 147,
id., 1984, III, 83, con nota di richiami di R. Ferrara); in altre occasio
ni la giurisprudenza amministrativa, nell'applicare le prescrizioni del
l'art. 290 (e di quelle simili contenute nell'art. 279 t.u. 383/34) ha fer
mato la sua attenzione al momento "dell'astensione dalla partecipazione alla votazione (arrivando fino ad aggiungervi l'obbligo di allontamento
dalla seduta) da parte del consigliere interessato, senza ulteriormente
verificare il profilo messo in risalto dal tribunale bresciano: in giuri
sprudenza è pacifico che l'obbligo di astensione e di «non partecipazio ne» ex art. 290 «comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto
di situazioni personali che comporti una tensione della volontà verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una deliberazione, estendendosi anche alle utilità solamente psicolo
giche» (Tar Emilia-Romagna, sez. II, 24 gennaio 1989, n. 36, id., Rep. 1989, voce cit., n. 185) e «ricorre ogni qualvolta vi sia una correlazione immediata e diretta fra situazioni del consigliere e oggetto della delibe razione» (Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 1988, n. 290, id., Rep. 1988, voce cit., n. 147) e «prescinde da ogni apprezzamento circa l'idoneità
della misura dell'interesse a determinare o escludere la situazione di
incompatibilità» (Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 1983, n. 713, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 113), mentre è stato ritenuto che l'art. 290
non opera allorché si tratti di realizzare opere di natura infrastrutturale e obbligatoria (quale la rete fognante: Tar Piemonte, sez. II, 22 maggio 1989, n. 389, id., Rep. 1990, voce Opere pubbliche, n. 148) o di adotta re provvedimenti normativi o di carattere generale (quale il piano rego latore generale: Tar Campania, sez. II, 11 aprile 1988, n. 145, id., Rep. 1988, voce Comune, n. 148; e il programma di fabbricazione: Cons.
Stato, sez. IV, 28 ottobre 1986, n. 682, id., Rep. 1986, voce cit., n.
166; ma non per le varianti del p.r.g. o del p.d.f.: Cons. Stato, ad.
plen., 9 marzo 1983, n. 1, id., 1983, III, 161, con nota di richiami). Sulle cause di incompatibilità ai fini della eleggibilità secondo la 1.
154/81 (la cui applicabilità nella specie è stata esclusa dal tribunale bre
sciano), v., da ultimo, Corte cost. 17 ottobre 1991, n. 388, id., 1991,
I, 2957; App. Napoli 2 febbraio 1991 e Trib. Belluno 15 novembre
1990, ibid., 3218, con note di richiami; sulla nuova disciplina del con trollo degli atti dei comuni e delle province ai sensi della 1. 142/90, v. Cons. Stato, sez. I, parte 17 ottobre 1990, n. 1423, id., 1991, III, 118.
Il Foro Italiano — 1992.
Diritto. — Il ricorso non appare fondato, e va, pertanto, re
spinto. Ciò consente al collegio di superare l'eccezione di inam
missibilità sollevata dal resistente Coreco.
In sede di sommaria delibazione, il tribunale aveva ritenuto
sussistere elementi di fumus boni iuris nella censura di falsa
applicazione dell'art. 290 t.u. 148/15, posto che l'assessore Me
lotto, che indubitabilmente ha un interesse, ancorché indiretto, all'affare di cui trattasi, si era astenuto di prendere parte alla
deliberazione annullata dal Coreco.
Ad un successivo approfondimento, tuttavia, l'argomento si
è rivelato inconsistente.
Innanzitutto, va precisato che gli ambiti di applicazione del
l'art. 290 t.u. e dell'art. 3 1. 23 aprile 1981 n. 154, sono diversi.
Il secondo, infatti, enuncia i casi di incompatibilità con la
carica di consigliere degli enti locali di colui che si trovi in de
terminate situazioni tassativamente indicate.
Consegue all'esistenza di tali incompatibilità che il soggetto che si trova nelle situazioni ivi descritte sarà ineleggibile (ove il fatto preesista) ovvero dovrà essere dichiarato decaduto (se si verifichi successivamente alla nomina).
L'art. 29 t.u. ha, invece, finalità diverse, concernendo l'ob
bligo degli amministratori pubblici di astenersi dal prendere parte a determinati atti, e il loro dovere di essere in posizione di ter
zietà (e, quindi, di non avere interessi diretti o indiretti) rispetto ad atti dell'ente di contenuto economico, pena l'illegittimità del
provvedimento adottato in violazione del precetto normativo.
È volto, cioè, ad assicurare comunque la trasparenza ed impar
zialità dell'azione amministrativa.
Si è, dunque, nella specie, al di fuori dell'ambito di operativi tà della 1. 154/81, che è volto ad impedire che sorgano situazio
ni soggettive incompatibili. L'art. 3, n. 2, infatti, si occupa di colui che come titolare,
amministratore o dipendente con poteri di rappresentanza ha
parte (direttamente e non) in servizi, esazione di diritti, sommi
nistrazioni o appalti in favore dell'ente ove è consigliere. Non è questo, pacificamente, il caso di cui trattasi. Il Melot
to non si trova in alcuna delle indicate situazioni, per cui —
nei suoi confronti — non scatta l'incompatibilità ex art. 3 1.
154/81.
La fattispecie in oggetto è, invece, totalmente regolata dal
l'art. 290 t.u.
Questa disposizione si compone di due parti distinte: il 1°
comma, che sancisce l'obbligo di astensione da certi tipi di deli
berazioni, e il 2°, che fa espresso divieto di partecipare a deter
minate attività.
Quanto al primo aspetto, si può osservare che, a salvaguar dia della legittimità degli atti degli organi collegiali, è prescritto che i consiglieri debbano astenersi dal prendere parte alle deli
berazioni che riguardano «liti o contabilità proprie o dei propri
congiunti verso i corpi cui appartengono» o «interessi propri, o interessi, liti e contabilità dei propri congiunti e affini, ...o
conferimenti di impieghi ai medesimi».
Nel nostro caso, va precisato — il dato non è controverso — che l'assessore Melotto si è astenuto dalla votazione.
Ad avviso del collegio, tuttavia, ciò, ancorché necessario, non
appare sufficiente, ai fini della legittimità del provvedimento de quo.
Infatti, il 2° comma dell'art. 290 dà una diversa e ulteriore
prescrizione, con cui si fa divieto ai consiglieri di prendere parte — direttamente o indirettamente — in «servizi, esazioni di di
ritti, somministranze o appalti di opere nell'interesse dei corpi cui appartengono».
In queste particolari situazioni, non basta astenersi dal pren dere parte alla deliberazione, bensì bisogna essere in posizione di terzietà rispetto ad attività (aventi risvolti patrimoniali) rese
da altri soggetti in favore dell'ente.
Il 2° comma dell'art. 290 t.u., è una chiara specificazione del primo: il generico interesse di cui ivi si parla (e che determi
na l'obbligo di astenersi), diviene specifico perché riferito a si
tuazioni e particolari attività di rilevanza economica, normati
vamente determinate.
In questi casi (e per la tutela, come notato, della trasparenza dell'azione amministrativa) la mera astensione dal voto appare strumento insufficiente a garantire le finalità che la norma vuo
le perseguire.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Per salvaguardare la struttura pubblica da possibili abusi e
collusioni, si è stabilito essere illegittimo (questo è — ovviamen
te — il senso della norma) l'affidamento di un «servizio, esa
zione, somministranza o appalto» ogni volta che si possa rite
nere che il consigliere (pur astenutosi dalla deliberazione) vi
«prenda parte direttamente o indirettamente».
Orbene, la moglie dell'assessore Melotto è socia della s.n.c.
Sagidep. Il problema è, quindi, vedere se sussista l'interesse indiretto
rilevato dal Coreco, in presenza di una forma societaria, essen
do pacifica la sua esistenza ove, ad esempio, si trattasse di ditta
individuale di cui fosse titolare la Mutti Marina, moglie del
Melotto.
Ritiene il collegio che, anche se il servizio di manutenzione
e conduzione degli impianti comunali di depurazione è stato
affidato ad una società (che è ovviamente entità diversa dai sin
goli soci), tuttavia l'interesse indiretto dell'assessore sussiste, a
nulla rilevando il fatto i coniugi Melotto si trovano in regime di separazione dei beni.
Ciò che conta, invece, è il tipo di società di cui trattasi, es
sendo del tutto intuitivo che l'unica forma societaria ove la «per sonalità» dei soci può essere del tutto priva di rilevanza (a me
no che gli stessi non siano anche amministratori o sindaci, ov
vero soci di maggioranza) è la s.p.a. Nel caso in oggetto trattasi, invece, di società in nome collet
tivo, ove tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente
delle obbligazioni, ed è formata di soli tre soggetti, di cui uno, la Mutti Marina, è, per l'appunto, coniuge del Melotto.
Pertanto, appare palese la non terzietà del ricorrente rispetto
all'assegnazione del servizio, anche alla luce del criterio esposto al 1° comma dell'art. 290 t.u. (che può ritenersi di portata ge
nerale), che individua l'interesse che obbliga all'astensione co
me quello che appartiene al soggetto medesimo (e che il 2° com
ma definisce «diretto»), ovvero ai suoi congiunti o affini fino
al quarto grado civile» (interesse indiretto).
Conclusivamente, il collegio ritiene che, nel caso di specie, sussista l'interesse indiretto cui la norma ricollega il divieto di
«prender parte in servizi, esazioni, somministranze e appalti», sia per l'esistenza del vincolo di coniugio tra le parti interessate, sia per l'irrilevanza della forma societaria con cui l'attività vie
ne svolta.
Il ricorso va, quindi, respinto.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sede di Bologna; sezione II; senten
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sede di Bologna; sezione II; senten
za 19 luglio 1991, n. 403; Pres. ed est. Sinagra; Ferretti (Avv.
Stefani) c. Commissione esaminatrice degli esami di Stato
per l'abilitazione all'esercizio della professione di dottore com
mercialista.
Professioni intellettuali — Dottore commercialista — Esame di
Stato — Provvedimento di non ammissione alle prove orali — Correzione degli elaborati non collegiale e non verbalizza
ta — Illegittimità — Sostituzione della commissione esamina
trice — Necessità (D.m. 9 settembre 1957, approvazione del
regolamento sugli esami di Stato di abilitazione all'esercizio
delle professioni, art. 10).
Deve essere annullato il provvedimento di non ammissione alle
prove orali dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio
della professione di dottore commercialista emesso dopo una
correzione degli elaborati scritti eseguita non collegialmente ma dai singoli commissari, in sedi diverse da quella legale
e senza verbalizzazione alcuna; deve, altresì, essere disposto che la nuova valutazione delle prove scritte e le successive
operazioni concorsuali siano effettuate da altra commissione
di esami che l'amministrazione dovrà all'uopo nominare. (1)
(1) Nella sua prima parte la massima riflette posizioni consolidate
nella giurisprudenza amministrativa circa la necessità del rispetto della
collegialità della commissione nella valutazione delle prove dei candida
li Foro Italiano — 1992.
Fatto. — Il dottor Aldo Ferretti ha partecipato alla sessione
autunnale 1990 degli esami di Stato per l'abilitazione all'eserci
zio della professione di dottore commercialista.
Nella prima prova scritta, quella di ragioneria e tecnica, ri
portava la votazione di 30/60, nella seconda prova scritta, quel la di diritto commerciale, riportava la votazione di 24/60.
Poiché per l'ammissione alle prove orali la legge richiede un
minimo di 36/60 in ciascuna delle prove scritte il candidato,
oggi ricorrente, non veniva ammesso a sostenere la prova orale.
Avverso il provvedimento-giudizio di non ammissione alla pro va orale e perciò di non abilitazione, il candidato propone ri
corso giurisdizionale a questo Tar, deducendo nell'atto impu
gnato i seguenti aspetti di illegittimità: (omissis) Diritto. — La decisione della causa sta tutta nella lettura del
verbale della commissione esaminatrice del 2 febbraio 1991, in
dicato come verbale VI.
Esso fornisce la dimostrazione evidente dell'illegittimità del
procedimento seguito dalla commissione nella valutazione delle
prove scritte: questa operazione del procedimento è stata com
piuta «nel periodo dal 10 dicembre 1990 al 31 gennaio 1991», «con riunioni alle quali hanno partecipato più commissari e con
la facoltà per i singoli di prendere visione e formarsi un primo orientamento sui compiti».
Non viene detto precisamente in quali sedute, e in quali date, sia avvenuto questo esame; quanti e quali commissari abbiano
partecipato ad ogni singola riunione e quanti e quali commissa
ri siano stati invece assenti. E va aggiunto che della concessa
«facoltà» qualche commissario — o alcuni commissari — po trebbero anche non essersi avvalsi.
Quanto si legge in questo verbale ha una sola possibile, uni
voca spiegazione: non v'è stata alcuna riunione collegiale con
la presenza di tutti i commissari — come è tassativamente e
inderogabilmente prescritto dalla legge — ma i singoli commis
sari — in ordine sparso, verosimilmente in sedi diverse da quel la legale (quella universitaria), anche in sedi private, hanno, cia
scuno per proprio conto, esaminato gruppi di temi o hanno
proceduto — ma per gli effetti giuridici è la stessa cosa — con
modalità e in maniere diverse (ad esempio, fotocopie dei temi), tutte ovviamente irregolari e illegittime.
È quei commissari che non esaminarono i temi ovvero quel determinato gruppo di temi, hanno poi avuto «facoltà» di «pren derne visione» (!)•
In aperta violazione dunque della norma che prevede e impo ne che tutte le operazioni della commissione, dalla riunione pre liminare a quella conclusiva, abbiano svolgimento collegiale, il
che significa presenza e partecipazione di tutti i commissari, e si tengano unicamente nella sede legale della commissione, la commissione di esami di Stato ha invece proceduto attraver
so valutazioni individuali, in sedi non identificabili, presumibil mente diverse da quella ufficiale della commissione. Ma la con
seguenza giuridica negativa sarebbe la stessa, anche se queste cosiffatte correzioni e valutazioni fossero avvenute nella sede
ufficiale.
ti, nonostante la legittimità di una suddivisione in sottocommisioni del la commissione per le operazioni di correzione e primo esame degli ela borati (Cons. Stato, sez. VI, 5 luglio 1985, n. 392, Foro it., Rep. 1985, voce Istruzione pubblica, n. 287; 14 gennaio 1989, n. 5, id., 1990, III, 16; 11 ottobre 1989, n. 1336, id., Rep. 1989, voce Concorso a pubblico
impiego, n. 87; 18 novembre 1980, n. 1098, id., Rep. 1981, voce cit., n. 65; sez. V 7 novembre 1990, n. 762, id., 1991, III, 403, con nota di richiami), e circa la necessità di verbalizzazione tempestiva delle ope razioni della commissione d'esame (Corte conti, sez. contr., 22 luglio
1980, n. 1091, id., Rep. 1981, voce cit., n. 66; Tar Sicilia, sede Catania, sez. II, 3 luglio 1990, n. 512, id., Rep. 1990, voce cit., n. Ili); nella
seconda parte della massima si rinvengono, invece, statuizioni inusuali
per provvedimenti di annullamento parziale delle operazioni di commis
sioni esaminatrici, laddove la necessità di sostituire la commissione nel
la successiva attività da svolgere in esecuzione di una pronunzia giuri sdizionale di annullamento delle operazioni concorsuali è stata espressa mente esclusa in altre occasioni (cfr. Tar Lazio, sez. I, 18 novembre
1981, n. 961, id., Rep. 1982, voce cit., n. 48): evidentemente, nel caso
di specie, le irregolarità delle operazioni concorsuali si sono presentate al giudizio del tribunale con tale gravità da consigliare l'adozione della
pronunzia in epigrafe. Per ogni riferimento sulle procedure dei concorsi a pubblico impiego,
v. la nota a Cons. Stato 762/90, cit.
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