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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione I; decisione 28 luglio 1987, n. 123; Pres....

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sezione I; decisione 28 luglio 1987, n. 123; Pres. Pietranera, Est. Minerva; Proc. gen. Corte conti c. Di Zitti e altri (Avv. Lopardi, Correale, Scoca) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988), pp. 341/342-345/346 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179329 . Accessed: 28/06/2014 07:56 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.32 on Sat, 28 Jun 2014 07:56:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione I; decisione 28 luglio 1987, n. 123; Pres. Pietranera, Est. Minerva; Proc. gen. Corte conti c. Di Zitti e altri (Avv. Lopardi,

sezione I; decisione 28 luglio 1987, n. 123; Pres. Pietranera, Est. Minerva; Proc. gen. Corte contic. Di Zitti e altri (Avv. Lopardi, Correale, Scoca)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 341/342-345/346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179329 .

Accessed: 28/06/2014 07:56

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

n. 1049; e Corte conti, sez. controllo, 13 maggio 1983, n. 1346,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 961). La seconda questione posta nell'appello, e cioè la liquidità o

meno, sulle somme spettanti per assegno alimentare, di interessi

e svalutazione monetaria, merita ad avviso del collegio una rispo sta più articolata.

Sembra, infatti, che, conformemente alla costante giurispru denza sul punto di tutte e tre le sezioni giurisdizionali, e per ulti

mo alla decisione 442 del 17 ottobre 1985 della IV sezione (id.,

Rep. 1985, voce cit., nn. 654, 685), non possa non aderirsi alla

tesi seguita nella sentenza appellata, che ha ritenuto dovuti sulla

somma non tempestivamente pagata gli interessi corrispettivi. Non pacifica risulta, invece, la giurisprudenza di questo consi

glio in ordine alla rivalutabilità della somma dovuta a titolo di

assegno alimentare.

Infatti, con decisioni sez. VI 2 novembre 1983, n. 791 (id.,

Rep. 1984, voce cit., 240) e sez. IV 17 ottobre 1985, n. 442, cit., è stata negata la rivalutazione monetaria sull'assegno alimentare, in quanto non è dovuto a titolo di retribuzione, sebbene sia im

mediatamente collegato alla prestazione lavorativa.

Diverso avviso, favorevole alla rivalutazione dell'assegno ali

mentare, ha espresso invece la dec. sez. IV 23 ottobre 1984, n.

782, cit., che, richiamandosi alla giurisprudenza ormai consolida

ta in tema di rivalutazione degli elementi retributivi, ha afferma

to che l'assegno alimentare, avendo funzione di sostentamento

dell'impiegato sospeso dal servizio, non può non essere rivaluta

to, perché altrimenti si sarebbe indebitamente ridotto il valore

reale delle somme erogate. In tale senso è anche la recentissima decisione di questa sezione

n. 864/86 sulla base della considerazione che «la particolare na

tura dell'assegno in questione non consente di escludere la spet tanza dell'uno (interesse) e dell'altra (rivalutazione)».

La sezione ritiene, in conseguenza, che su quest'ultima questio ne si renda opportuno un ulteriore approfondimento e pertanto ravvisa gli estremi per un rinvio all'adunanza plenaria delle sezio

ni giurisdizionali.

CORTE DEI CONTI; sezione I; decisione 28 luglio 1987, n. 123;

Pres. Pietranera, Est. Minerva; Proc. gen. Corte conti c.

Di Zitti e altri (Aw. Lopardi, Correale, Scoca).

CORTE DEI CONTI;

Responsabilità contabile e amministrativa — Danno ambientale — Giudizio — Intervento di associazioni ambientalistiche —

Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 105, 167, 267; r.d. 13 ago

sto 1933 n. 1038, regolamento di procedura per il giudizio in

nanzi alla Corte dei conti, art. 26, 46, 47).

Responsabilità contabile e amministrativa — Costruzioni abusive

sanabili — Sanzioni pecuniarie — Omessa riscossione — Re

sponsabilità di amministratori comunali (R.d. 3 marzo 1934

n. 383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 254; 1. 28

febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività

urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere

edilizie, art. 7, 43).

È ammissibile l'intervento di «Italia nostra» e di altre associazio

ni ambientalistiche nel giudizio con cui il procuratore generale

faccia valere davanti alla Corte dei conti la responsabilità di

amministratori comunali per i danni da essi provocati all'am

biente. (1)

(1) La decisione è conforme al più largo orientamento giurisprudenzia le che ammette l'intervento del terzo innanzi alla Corte dei conti; cfr.,

infatti, per riferimenti, orientativamente: Corte conti, sez. I, 15 giugno

1985, n. 112, Foro it., Rep. 1986, voce Responsabilità contabile, nn. 568,

569; sez. II 16 gennaio 1984, n. 1, id., Rep. 1985, voce cit., nn. 324,

325; sez. I 11 maggio 1983, n. 77, id., Rep. 1984, voce cit., n. 216, ove si precisa che il c.d. intervento iussu iudicis presuppone la comunaza

della causa; sez. riun. 20 maggio 1983, n. 336/A, id., 1984, III, 75, con

annotazione di L. Verrienti, ove si evidenzia la tendenza di fondo della

magistratura contabile volta ad adattare i moduli processualcivilistici del

II Foro Italiano — 1988.

Gli amministratori comunali rispondono del danno causato al

l'ente per non aver provveduto alla riscossione di sanzioni pe cuniarie per costruzioni abusive, anche dopo che queste siano

diventate sanabili per effetto dell'entrata in vigore della legge sul c.d. condono edilizio. (2)

Diritto. — Preliminarmente va chiarita, anche in relazione alle

perplessità sollevate dalla difesa dei sindaci Argentieri, Del Fante

e Ronconi convenuti in giudizio dal procuratore generale, la na

tura dell'interesse che la parte attrice intende sia tutelato, se cioè

sia puramente finanziario attinendo alla mancata acquisizione di

entrate, in relazione alla omessa applicazione delle sanzioni pecu niarie previste dall'art. 41 1. 17 agosto 1942 n. 1150, cosi come

sostituito dall'art. 13 1. 6 agosto 1967 n. 765, oppure anche di

altra natura, pur restando nell'ambito di un interesse economica

mente valutabile quale è quello che attiene alla tutela del territorio.

a) Al riguardo, va ricordato che nella specie il procuratore ge nerale agisce in giudizio non solo per il risarcimento dei danni

derivanti dalla omessa applicazione delle sanzioni sopraindicate

(nei casi sub 2, sub 3 e parzialmente sub 5), ma anche (nei casi

sub 1, sub 4 e parzialmente sub 5) per i danni inferti al territorio

in relazione alla mancata demolizione di opere in contrasto con

gli strumenti urbanistici, dalla quale sarebbe derivato un danno

all'ambiente, danno che si presenta come «nocumento inferto ad

un bene pubblico che è pure utilità economicamente apprezzabile» Secondo la difesa, invece, in realtà tutte le ipotesi dedotte in

giudizio potrebbero ricondursi ad un'unica tipologia di illecito, e cioè alla omessa applicazione delle sanzioni pecuniarie, nel qual caso non verrebbe in applicazione la 1. n. 349 del 8 luglio 1986

l'istituto dell'intervento del terzo alle peculiarità del processo contabile

e di responsabilità amministrativa.

Per il resto, vi è, ovviamente, sullo sfondo, tutta la problematica relati

va al (contestato) riparto di giurisdizione operato dall'art. 18 1. 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del ministero dell'ambiente e recante norme in ma

teria di danno ambientale; cfr., infatti, in argomento, Corte cost. 30 di

cembre 1987, n. 641, id., 1988, I, 694, con nota di F. Giampietro, Il

danno all'ambiente innanzi alla Corte costituzionale, ove si dichiara in

fondata la questione di legittimità costituzionale relativa alla pretesa sot

trazione effettuata dal cit. art. 18 1. 349/86 alla giurisdizione del giudice contabile dei giudizi di responsabilità a carico dei dipendenti pubblici per i danni arrecati all'ambiente nell'esercizio delle proprie funzioni (Corte

cost., ord. 23 giugno 1988, n. 719, Gazzetta ufficiale, la s.s., 29 giugno

1988, n. 26, ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione sollevata da Corte conti, sez. I, ord. 30 giugno 1987, id., 25 novembre

1987, n. 49), e, comunque, Corte conti, sez. I, ord. 28 luglio 1987, n.

80, Foro it., 1988, III, 152, con nota di A. Romano, ove la medesima

questione è riproposta forse in modo più argomentato e sottile.

(2) La decisione riaffronta il problema della responsabilità degli ammi

nistratori degli enti territoriali nel caso di comportamenti omissivi i quali abbiamo arrecato un pregiudizio economico all'erario. È noto, a questo

proposito, che si registra un marcato conflitto di orientamenti fra la Cor

te di cassazione e il giudice contabile in ordine all'individuazione della

magistratura avente giurisdizione su tali fatti illeciti. Cfr., infatti, in ar

gomento, sotto vari profili, Cass., sez. un., 9 dicembre 1986, n. 7291, e 21 novembre 1986, n. 6833, Foro it., 1987, I, 1807, con nota di A.

Romano, ove si afferma, rispettivamente, la giurisdizione del giudice or

dinario sulla responsabilità degli amministratori comunali per il fatto di

non aver depositato tempestivamente presso la cassa depositi e prestiti una somma prestabilita, determinando un'obbligazione risarcitoria in ca

po al comune, e sulla responsabilità del sindaco per avere questo stesso

tenuto un comportamento illegittimamente omissivo in ordine alla richie

sta del pagamento di indennità formulata da alcuni dipendenti; cfr. an

che, in relazione a differenti fattispecie, Cass., sez. un., 16 gennaio 1986,

n. 217, e 18 dicembre 1985, n. 6437, ibid., 1563, con nota di richiami,

ove analogamente si dichiara il difetto di giurisdizione della Corte dei conti.

Per l'affermazione, invece, della giurisdizione della magistratura conta

bile, cfr. Corte conti, sez. I, 13 gennaio 1987, n. 3 ibid., Ili, 337, con

nota di richiami, relativa alla responsabilità degli amministratori comu

nali per la negligente applicazione e riscossione dell'imposta sulla pubblicità. A ciò si aggiunga che periodicamente il giudice contabile investe la

Corte costituzionale delle questioni di costituzionalità relative agli art.

216 e 264 t.u. della legge com. e prov. 3 marzo 1934 n. 383, i quali

«sottraggono» alla giurisdizione contabile i giudizi relativi alle fattispecie

di responsabilità amministrative perpetrate dagli impiegati dei comuni,

delle province e dei consorzi: cfr., orientativamente, Corte conti, sez.

I, ord. 7 ottobre 1986, n. 226, ibid., 278, con nota di A. Romano.

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PARTE TERZA

e quindi diventerebbero irrilevanti le eccezioni di incostituzionali

tà sollevate dal procuratore generale, mentre risulterebbe ammis

sibile l'intervento in giudizio delle associazioni ambientalistiche. Il collegio non condivide l'assunto della difesa, se non in riferi

mento alle ipotesi sub 4 e sub 5.

Per quest'ultima risultando, dagli atti acquisiti in sede di istrut

toria esperita da questa sezione, che il titolare della licenza ha

adempiuto all'ordine del sindaco di ripristino della destinazione

a servizi del pianoterra in conformità delle prescrizioni di cui alla

licenza e che, con obbligazione assunta in atto notarile da trascri

vere nei registri immobiliari, si è impegnato per sé e per i suoi

danti causa a non alterare anche successivamente lo stato dei luo

ghi, risulta essere venuto meno in fatto il fondamento della con

testazione del danno ambientale, in disparte la considerazione che

certamente difformità dalla licenza del tipo considerato, per la

scarsa rilevanza delle infrazioni, non possono giammai sostanzia

re una ipotesi di tal genere.

Quanto alla contestazione sub 4 (licenza edilizia n. 577 del 5

giugno 1972), anche in questa non appare configurabile un dan

no ambientale, avendo l'amministrazione, con provvedimento a

firma del sindaco Argentieri Elio in data 4 agosto 1978, optato

per l'applicazione delle sanzioni pecuniarie di cui all'art. 41 (an che se poi il procedimento non risulta essere stato definito) e sia

perché nel caso si è in presenza di difformità di modesta entità

rispetto al progetto approvato (ampliamento della parte abitabile

del sottotetto e mutamento di destinazione al piano soffitta), con

licenza edilizia. Pertanto, sia l'ipotesi sub 5 che quella sub 4 sono assimilabili,

a giudizio della corte, a quelle classificate ai nn. 2 e 3, e quindi rientrano tutte nella previsione di cui all'art. 254 t.u. legge com.

e prov. approvato con r.d. 3 marzo 1934 n. 383, per cui è pacifi ca la competenza della Corte dei conti a giudicare in merito alle

eventuali responsabilità. Resta il caso (sub 1) relativo alla licenza n. 547 (variante n.

597) dell'8 maggio 1972 rilasciata alla ditta Sarovesi, rispetto alla

quale è, in effetti, configurabile in astratto una ipotesi di danno

ambientale per la gravità dell'abuso.

In questo caso, infatti, la stessa licenza risulta rilasciata in vio

lazione grave degli strumenti urbanistici e quindi era illegittima, in quanto alla data del rilascio l'area era destinata dal program ma di fabbricazione a zona E 1, verde agricolo inedificabile, tan

t'è che la giunta regionale dell'Abruzzo, contestati i fatti allo stesso

comune, con deliberazione n. 3562 in data 9 giugno 1975 annul

lava la licenza rilasciata in favore della Sarovesi.

Risultando cosi l'edificio realizzato in contrasto con il predetto strumento urbanistico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 1. 6

agosto 1967 n. 765 ed essendo stato per di più rigettato il ricorso

presentato dalla società avverso il provvedimento regionale di an

nullamento (decisione del Consiglio di Stato n. 1548 del 15 di cembre 1978, Foro it., Rep. 1979, voce Edilizia e urbanistica, n. 425, confermativa della decisione del T.A.R. per l'Abruzzo

n. 172 del 26 maggio 1976) ad avviso del collegio la mancata

demolizione del manufatto realizzato in area inedificabile può so

stanziare, come assume la parte attrice, una ipotesi di danno am

bientale.

Nel caso de quo, pertanto, si verte in ipotesi di danno diversa

dalle altre evocate nell'atto di citazione e quindi si è fuori del

l'ambito di applicazione dell'art. 254 t.u.l.c.p. del 1934, dato che

oggetto della contestazione di parte attrice non è più l'omessa

riscossione di entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pe

cuniarie, ma altra tipologia di danno, che l'indirizzo giurispru denziale venutosi a formare negli ultimi anni ha inquadrato come

una lesione economicamente valutabile (in relazione all'alterazio

ne del territorio, all'inquinamento prodottosi, al costo finanzia

rio derivante per la rimessa in pristino dei luoghi, per la depura zione delle acque, alla distruzione del verde, ecc.) procurato ad

un bene pubblico.

b) La configurabilità in astratto di una ipotesi di danno am

bientale in riferimento alla ipotesi sub 1 (concessione della licen

za n. 577 del 8 maggio 1972 alla Sarovesi) rende ammissibile l'in

tervento in giudizio dell'associazione Italia nostra, avendo la stessa interesse ad intervenire allo scopo di sostenere, come essa inten

de, le ragioni addotte dalla procura generale di questa corte, in

relazione ai fini perseguiti statutariamente.

Trattasi, infatti, di una associazione largamente rappresentati

li. Foro Italiano — 1988.

va, diffusa su tutto il territorio nazionale, che ha per scopo la

tutela del patrimonio artistico, culturale, archeologico e ambien

tale della nazione.

Ciò trova fondamento non solo nella norma di cui all'art. 105, 2° comma, c.p.c. che facoltativizza ad intervenire per sostenere

le ragioni di alcuna delle parti, chi è portatore di un proprio

interesse, ma anche nello stesso regolamento di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti approvato con r.d. 13 agosto 1933 n. 1038 all'art. 47.

La difesa degi sindaci convenuti ha, peraltro, richiesto che la

corte voglia dichiarare inammissibile l'intervento in questione nel

caso individuato come danno ambientale in quanto il difetto di

giurisdizione di questo giudice conseguente alla entrata in vigore della 1. n. 349 precluderebbe l'esame stesso della richiesta di in

tervento.

L'assunto è infondato. La deliberazione sull'ammissibilità del

l'intervento, inerendo alla fase costitutiva del rapporto proces

suale, non può che precedere l'esame delle eccezioni di costituzio

nalità proposte avverso l'art. 18, 2° comma, 1. 8 luglio 1986 n. 349.

L'accertamento, poi, della tipologia di danno contestata nel

l'atto di citazione è funzionale alla individuazione dell'interesse

dell'associazione interveniente, il quale certo sussiste nell'ipotesi di danno ambientale in relazione ai fini perseguiti statutariamen

te, pacifico essendo ormai che (cfr. dee. n. 177 del 22 settembre

1977, id., Rep. 1978, voce Responsabilità contabile, n. 171, della

sezione II corte dei conti) la posizione processuale del p.g. non

esclude la configurabilità di interessi facenti capo ad altri sogget

ti, purché risultino convergenti con quelli che sono a fondamento

della domanda introduttiva del giudizio. Nella specie tanto più che, come sostenuto in udienza dall'av

vocato Di Battista, l'associazione intende far valere anche dinan

zi alla Corte costituzionale le proprie ragioni a non vedersi sot

trarre uno strumento di difesa dei propri interessi, che appaiono

più efficacemente tutelati, con lo strumento dell'intervento adesi

vo, quando titolare dell'azione di risarcimento è il pubblico mini

stero presso la corte e quindi un organo pubblico che agisce in

difesa dell'ordinamento e super partes. L'interesse del terzo alla salvaguardia di una posizione giuridi

ca che potrebbe essere lesa a seguito dei riflessi diretti o indiretti

della decisione non sembra al contrario sussistere nel caso di omes

sa applicazione delle sanzioni pecuniarie, inerendo la relativa con

troversia ad aspetti di rilevanza finanziaria non riconducibili ai

fini perseguiti dalle dette associazioni: devesi, pertanto, dichia

rarne la inammissibilità dell'intervento con riferimento ai casi de

dotti sub 2, 3, 4 e 5 dell'atto di citazione. La corte ritiene ammissibile, altresì, sempre limitatamente alla

fattispecie sub 1 dell'atto di citazione concretante ipotesi di dan

no ambientale, l'intervento delle altre associazioni costituitesi in udienza attraverso l'avv. Giovanni Di Battista e cioè del World

Wild Life Fund e della lega ambiente, ancorché l'atto di interven

to non sia stato, come previsto dall'art. 46 del citato regola mento di procedura, notificato alle parti, ma depositato in

udienza.

Ciò perché si ritiene equipollente il deposito dell'atto di inter

vento avvenuto in udienza, essendo tutte le parti costituite in giu dizio e rappresentate con la presenza in udienza dei rispettivi

patroni.

Quanto detto, trova conferma nell'art. 267 c.p.c. (che si appli ca nel procedimento dinanzi alla corte per effetto del rinvio dina

mico di cui all'art. 26 del regolamento di procedura), che prevede che per intervenire nel processo il terzo deve costituirsi presentan do in udienza una comparsa avente i requisiti di cui all'art. 167

c.p.c., il che nella specie è avvenuto.

Ciò premesso, poiché il danno che viene contestato dalla parte attrice a norma degli art. 260 t.u.l.c.p. 3 marzo 1934 n. 383 e

52 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214 è stato portato alla cognizione di questo giudice — considerato (in riferimento alla fattispecie sub 1) che nelle more è intervenuta la 1. 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del ministero dell'ambiente, che ha introdotto alcune

norme che potrebbero avere inciso sulla giurisdizione di questa corte — anche in relazione alle eccezioni di incostituzionalità pro

poste dal pubblico ministero nella memoria depositata I'll aprile 1987, ritenuta la rilevanza della questione e la non manifesta in

fondatezza delle censure, occorre sospendere, per questa parte,

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

il giudizio, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale, per il che

si provvede con separata ordinanza.

c) Nel presente giudizio è ravvisabile l'ipotesi di connessione

soggettiva fra più cause prevista dall'art. 104 c.p.c.

Infatti, in realtà, con un'unica domanda sono state proposte

più azioni intese ad ottenere il risarcimento dei danni in riferi

mento a ipotesi diverse.

Poiché per i fatti contestati sub 1, in cui sembra concretizzarsi,

come detto, una ipotesi di danno ambientale, gli atti devono esse

re rimessi alla Corte costituzionale per la soluzione della questio ne di giurisdizione, mentre per i fatti allegati sub 2, 3, 4 e 5

la cognizione di questo giudice non è da porsi in dubbio rientran

do gli stessi nell'ambito di previsione dell'art. 254 t.u.l.c.p. del

1934, il collegio ritiene necessario disporre la separazione delle

cause, a norma dell'art. 103 c.p.c., sia in relazione alla diversità

oggettiva delle contestazioni sia in quanto la continuazione della

trattazione nell'ambito di un simultaneus processus renderebbe

più gravoso il processo per uno dei convenuti, il Di Zitti, per

quanto si dirà il seguito. La separazione delle cause consente di scendere all'esame delle

domande presentate in riferimento ai nn. 2, 3, 4 e 5 dell'atto

di citazione. d) Scendendo al merito della causa, per le contestazioni sub

2, 3, 4 e 5, la sezione ritiene di dover esaminare sin d'ora la

posizione del sindaco Di Zitti, di cui la difesa ha chiesto l'assolu zione, convenuto dal procuratore generale in riferimento alle ipo tesi sub 2 e sub 4, che, come si è osservato, sono entrambe ricon

ducibili ad un unica fattispecie di danno, quello derivante da omes

sa applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dall'art. 13 1.

6 agosto 1967 n. 765, che ha sostituito l'art. 41 della legge urba

nistica 17 agosto 1942 n. 1150.

A tale riguardo, va preliminarmente ossevato che, come l'i

struttoria ha chiarito, in tutti i casi di abuso contestati nell'atto

di citazione risultano presentate domande di sanatoria ai sensi

della 1. 28 febbraio 1985 n. 47. La parte attrice, pur contestando in radice che tale legge (sul

condono edilizio) possa avere influenza sul presente giudizio, nel

caso la domanda possa essere respinta per difetto di danno o

di colpa per effetto dell'applicazione della legge sul condono, in

via subordinata ha sollevato eccezione di incostituzionalità del

l'art. 43, 1° comma, della n. 47 per la parte in cui stabilisce

che «l'esistenza di provvedimenti sazionatori non ancora esegui

ti. . . non impedisce il conseguimento della sanatoria», dell'art.

44 della stessa legge e dell'art. 84 del d.l. 23 aprile 1985 n. 146,

comprese tutte le norme derivate, in relazione al dettato dell'art.

97, 1° comma, Cost.

Appare, quindi, pregiudiziale al merito l'esame della questione

concernente la rilevanza che eventualmente possa assumere la ri

cordata legge di sanatoria sul presente giudizio.

e) Ha sostenuto, al riguardo, la difesa dei convenuti che la

sopravvenuta legge sul condono avrebbe tolto il carattere di anti

giuridicità agli abusi commessi e per ciò stesso reso non più san zionabile il comportamento omissivo dei sindaci che non hanno

proceduto a suo tempo all'applicazione delle sanzioni pecuniarie

previste dalla legge urbanistica.

L'assunto della difesa è infondato. La legge sul condono edili

zio — determinata dalla situazione venutasi a creare a seguito

del dilagare di ampi fenomeni di abusivismo agevolati dal com

portamento omissivo degli strumenti urbanistici o non hanno re

presso sul nascere i fenomeni di abusivismo — preso atto della

impossibilità di una riduzione in pristino dei luoghi per la vastità

del fenomeno, ha inteso da una parte introdurre una disciplina

più rigorosa, anche prevedendo interventi sostitutivi da parte del

giudice ordinario (art. 7, ultimo comma), dall'altra dare la possi

bilità di ottenere, dietro pagamento di una oblazione, la conces

sione o autorizzazione in sanatòria; la legge, cioè, non ha tolto

il carattere di illiceità originario del comportamento del privato

e comunque ha agito nell'ambito del rapporto ente pubblico ter

ritoriale - proprietario dell'immobile. Non ha, cioè, interessato

i rapporti tra amministratori ed enti e soprattutto non ha fatto

venir meno la responsabilità degli amministratori che, pur aven

do optato per la scelta della non demolizione, poi hanno omesso

nei limiti di tempo coerenti a criteri di sana gestione di procedere

all'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dall'art. 41,

Il Foro Italiano — 1988.

trascurando di acquisire una entrata dovuta per legge ed il cui

ammontare era demandato ad un mero accertamento di natura

tecnica rimesso all'Ute.

Trattasi, insomma, di una ipotesi del tutto diversa da quelle

prese in esame dalla legge sul condono, in quanto la responsabili tà degli amministratori deriva, nella specie, dal non avere portato a termine procedure (anche di natura esecutiva) tendenti a fare

acquisire alle casse erariali proventi da sanzioni pecuniarie; in

tutti i casi (nn. 2, 3, 4 e 5 dell'atto di citazione) risulta iniziata la procedura prevista dalle norme, ma essa non è stata portata a termine, in disparte ogni valutazione sotto il profilo della sussi

stenza della colpa che viene risevata alla pronuncia definitiva.

Basti considerare in proposito che nei casi considerati, il sinda

co aveva optato per l'applicazione della sanzione, aveva richiesto

al competente Ute la indicazione del valore venale dell'opera abu

siva, cosi come previsto dall'art. 43, 2° comma, in taluni casi

non portando a compimento la procedura esecutiva (nn. 2, 3) ed in altri non emettendo il provvedimento applicativo della san

zione (nn. 4 e 5 dell'atto di citazione); da tale omissione è deriva

to un danno patrimoniale all'erario.

Ciò, peraltro, è reso ancor più ostensivo dalla stessa legge sul

condono, che, all'art. 43, 3° comma, ha posto il principio della

non ripetibilità delle somme già riscosse, rendendo così chiare

e definitive le conseguenze negative derivanti alla finanza pubbli ca dagli amministratori che non hanno usato la richiesta diligen za nell'assolvimento delle loro funzioni.

In mancanza di una espressa previsione normativa che esoneri

gli amministratori da responsabilità per avere trascurato di ri

scuotere i provvedimenti in questione, la legge sul condono non

ha rilevanza agli effetti del decidere e pertanto il collegio non

scende all'esame delle eccezioni di costituzionalità della legge, for

mulate dal procuratore generale solo in via subordinata alla sua

eventuale applicazione alla fattispecie (Omissis). Alla luce delle anzidette considerazioni il convenuto Di Zitti

va assolto dagli addebiti contestati.

La corte dovrebbe scendere all'esame delle singole responsabi lità in relazione alle ipotesi sub 2, 3, 4 e 5, che, come si è detto, sono tutte riconducibili alla omissione di riscossione delle sanzio

ni pecuniarie previste dalla legge urbanistica, contestata ai sinda

ci Argentieri, Del Fante e Ronconi.

Tuttavia, poiché la difesa dei predetti ha esibito in giudizio un atto di delega — provvisto di firma per accettazione dal quale risulta che a decorrere dal 13 ottobre 1983 — le funzioni in mate

ria di urbanistica e salvaguardia dell'ambiente sono state attribui

te dal sindaco Ronconi all'assessore Paolo Ermini e ha chiesto

a questo titolo la integrazione del contradittorio, ritenuta, altresì, la necessità di disporre per ulteriori acceramenti istruttori, con

separata ordinanza si dispone in merito.

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 4 marzo 1988, n. 242; Pres. Berruti, Est.

Lazzeri; Cappellini (Avv. Passalacqua) c. Min. tesoro e altro.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 4 marzo 1988, n. 242; Pres. Berruti, Est.

Impiegato dello Stato e pubblico — Magistrato ordinano — Trat

tamento economico — Indennità — Erogazione frazionata —

Percezione per l'intero — Diritto — Interessi e rivalutazione

(Disp. att. cod. proc. civ., art. 150; 1. 6 agosto 1984 n. 425,

disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati,

art. 3, 4, 11).

I benefici stipendiali attribuiti ai magistrati ed equiparati dagli art. 3 e 4 l. 6 agosto 1984 n. 425 spettano per intero con le

decorrenze precisate nelle stesse norme, mentre il meccanismo

introdotto con il susseguente art. 11 assolve alla diversa funzio

ne di articolare nel tempo i soli termini adempitivi; pertanto,

l'amministrazione deve essere condannata al pagamento delle

differenze retributive spettanti al ricorrente, con rivalutazione

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