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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione I; decisione 3 febbraio 1981, n. 13; Pres....

Date post: 29-Jan-2017
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Sezione I; decisione 3 febbraio 1981, n. 13; Pres. Giordano, Est. Gatti; Proc. gen. c. Carrascon Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982), pp. 203/204-207/208 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174338 . Accessed: 28/06/2014 09:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:35:46 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I; decisione 3 febbraio 1981, n. 13; Pres. Giordano, Est. Gatti; Proc. gen. c. CarrasconSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982),pp. 203/204-207/208Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174338 .

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PARTE TERZA

n. 27, e ciò per effetto dell'art. 11 1. 24 maggio 1951 n. 392, nella

considerazione che detta disposizione assume il rango e l'effi

cacia di precetto di adeguamento permanente del trattamento

economico dei magistrati a riposo alle retribuzioni di attività di

servizio dei colleghi di pari anzianità e qualifica, secondo un

rapporto immanente, costante e proporzionale di grandezze;

3) dichiara non doversi applicare ai magistrati predetti, a de

correre dal 1° gennaio 1979, la disciplina dettata dagli art. 1,

2, 3 e 4 1. 29 aprile 1976 n. 177;

4) dichiara, altresì, che ai fini della determinazione del trat

tamento di quiescenza degli interessati, dev'essere applicato l'art.

15 1. n. 177/1976, in coordinazione con quanto disposto dall'art.

9 1. n. 97/1979 e dall'art. 2 <1. n. 27/1981;

5) respinge la pretesa relativa alla corresponsione degli inte

ressi corrispettivi per quanto esposto in parte motiva;

6) compensa le spese. Ordina che entro il termine di giorni 30, decorrente dalla

data di deposito della presente statuizione, gli atti siano rimessi

all'autorità amministrativa affinché provveda, per quanto di sua

competenza, all'esecuzione della decisione stessa entro il succes

sivo termine di giorni 120, verso contestuale cessazione ed im

putazione delle minori somme corrisposte dal 1° gennaio 1979

in poi.

CORTE DEI CONTI; Sezione I; decisione 3 febbraio 1981, n.

13; Pres. Giordano, Est. Gatti; Proc. gen. c. Garrascon.

Responsabilità contabile e amministrativa — Sequestro conserva

tivo — Norme del codice di procedura civile — Applicabilità

(R. d. 13 agosto 1933 n. 1038, approvazione del regolamento

di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, art. 26,

48; cod. proc. civ., art. 670).

Responsabilità contabile e amministrativa — Sequestro conserva

tivo — Provvedimento autorizzativo — Mancata notificazione

nel termine — Inefficacia (R. d. 13 agosto 1933 n. 1038, art. 48;

cod. proc. civ., art. 680).

Responsabilità contabile e amministrativa — Sequestro conserva

tivo — Provvedimento autorizzativo — Inizio dell'esecuzione

entro il termine di trenta giorni dalla emanazione — Suffi

cienza (R.d. 13 agosto 1933 n. 1038. art. 48; cod. proc. civ.,

art. 675).

Responsabilità contabile e amministrativa — Sequestro conserva

tivo — Sequestro anteriore alla causa e sequestro in corso di

causa — Autorizzazione del presidente della sezione — De

creto (R.d. 13 agosto 1933 n. 1038, art. 48).

Il sequestro previsto dal regolamento di procedura per i giudizi

innanzi alla Corte dei conti non costituisce un autonomo isti

tuto ma un normale sequestro regolato dal codice di procedura

civile, ad eccezione della competenza ad emettere il provvedi

mento che è riservata al presidente della sezione. (1)

La mancata notificazione entro il termine di quindici giorni da

quello in cui è stato compiuto il primo atto di esecuzione del

provvedimento col quale il presidente della sezione autorizza

un sequestro conservativo presso terzi determina la ineffica

cia del provvedimento medesimo. (2)

Per eseguire in tempo ' utile un provvedimento autorizzativo di

sequestro conservativo è sufficiente dare inizio all'esecuzione

entro il termine di trenta giorni dalla emanazione del provve dimento autorizzativo, non essendo richiesto che il sequestro sia completamente eseguito entro il termine predetto. (3)

Nel giudizio di responsabilità contabile innanzi alla Corte dei

conti, tanto il sequestro anteriore alla causa quanto quello in corso di causa devono essere autorizzati dal presidente del

la sezione con proprio decreto. (4)

(1-4) L'applicabilità delle norme sul sequestro previste dal codice di procedura civile al sequestro cosiddetto contabile regolato dall'art. 48 r.d. 1038/1935 è affermata da C. conti, Sez. I, 10 marzo 1979, n. 20, Foro it., Rep. 1980, voce Responsabilità contabile, n. 88, e 18 giugno 1977, n. 57, id., 1979, III, 34, con ampia nota di richiami.

Contra, nel senso della incompatibilità fra art. 48 r.d. 1038/1933 e normativa del codice di procedura civile, Sez. giur. reg. sic. 28

aprile 1978, n. 1181, id., Rep. 1979, voce cit., n. 67. Il principio sopra detto consente di ritenere applicabile il termine

di decadenza previsto dall'art. 680 c. p. c. In questo senso Sez. I 10 marzo 1979, n. 20, cit.; Sez. II 28 febbraio 1980, n. 24, id., Rep. 1980, voce cit., n. 90; Sez. I 20 luglio 1978, n. 83, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 69; 12 giugno 1978, n. 70, ibid., n. 70; 18 giugno 1977, n. 57, cit.; contra, proprio sul presupposto della incompatibilità fra art. 48

Diritto. — Osserva, preliminarmente, il collegio che, secondo

quanto risulta dagli atti di causa, il convenuto Carrascon Renato è tuttora sottoposto a giudizio penale per gli stessi fatti in or dine ai quali si procede in questa sede.

Ricorre, quindi, come ha rilevato il pubblico ministero nell'at to introduttivo del giudizio e ribadito nell'odierna udienza di

discussione, l'ipotesi di sospensione del giudizio di merito fino alla definizione del giudizio penale, ai sensi dell'art. 3 c. p. p. e dell'art. 295 c.p.c.

Conformemente alla richiesta di quest'ultimo, con separata or dinanza la sezione provvede, quindi, alla sospensione del giu dizio di merito.

Circa, poi, l'esame delle questioni attinenti alla misura caute lare a suo tempo autorizzata, da quanto riferito in narrativa ri

guardo alle conclusioni del p. m. ed alle motivazioni che ne co stituiscono il fondamento, è agevole dedurre che, nella fattispe cie, quest'ultimo ha abbandonato l'orientamento precedentemen te seguito, secondo cui, nel riflesso di una riconosciuta pecu liarità del giudizio cautelare contabile rispetto a quello ordina

rio, si sosteneva l'inapplicabilità di talune norme — in ispe cie dell'art. 680 c. p. c. — al sequestro in materia contabile. Per giungere a tale conclusione venivano individuati decisivi ele menti di differenziazione del procedimento cautelare contabile nei confronti di quello civile sia nella natura spesso incerta e fu tura dei cespiti sequestrabili (quali gli stipendi o ratei di pen sione ancora da maturare) sia, soprattutto, nella diversità di struttura e disciplina del procedimento contabile, con riferimen to anche alla norma di cui lall'art. 48 reg. proc. per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti, che demanda al presidente della se zione la fissazione del termine per il giudizio di convalida del

sequestro contemporaneamente all'autorizzazione a procedere al

sequestro. Senonché la giurisprudenza, con tendenza ormai univoca, ha

corretto il suindicato orientamento, affermando, in via generale, che « il sequestro conservativo contabile è disciplinato dal co dice di procedura civile, non esistendo incompatibilità tra le norme di tale sistema, volte a tutelare le posizioni delle parti in causa, e la diversità di fondamento e parzialmente di strut tura della misura cautelare contabile rispetto al sequestro con servativo civile » (cfr. Sez. giur. reg. sic. 5 dicembre 1973, n. 1021, Foro it., Rep. 1974, voce Responsabilità contabile e ammi nistrativa, n. 93) e, in particolare, con specifico riferimento al citato art. 48 reg. proc., che detta disposizione « riconosce sol tanto al presidente della sezione, nell'assentire per decreto al sequestro, il potere-dovere di determinare l'udienza fissa per la trattazione collegiale, ma nulla innova rispetto alla disciplina del iequestro prevista dal rito civile ed applicabile nei giudizi con tabili in forza del rinvio disposto dall'art. 26 del regolamento suindicato » (cfr. Sez. I 18 giugno 1977, n. 57, id., 1979, III, 34).

In questo sede, pertanto, ci si può limitare a ribadire, ove se ne ravvisasse ancora la necessità: che non esiste un sequestro contabile, inteso come istituto avente forma e contenuto del tut to autonomi rispetto a quello ordinario; che il sequestro cui ri corre il giudice contabile è quindi il normale sequestro, di

r. d. 1038/1933 e codice di procedura civile, v. Sez. giur. reg. sic. 28 aprile 1978, n. 1181, cit.

Specificatamente in tema di sequestro presso terzi ha affermato l'applicabilità del termine di 15 giorni ai sensi dell'art. 680 c.p.c., Sez. II 28 ottobre 1974, n. 86, id., Rep. 1975, voce cit., n. 114. In dottrina cfr. Virga, La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, 1981, e autori cit. in nota a Sez. I n. 57/1977, Foro it., 1979, III, 34.

La decisione in epigrafe ha poi risolto il problema interpretativo posto dall'art. 675 c. p. c. richiamandosi alla giurisprudenza della Corte di cassazione, per la quale il termine perentorio di cui all'art. 675 si ha per rispettato quando entro 30 giorni dalla emanazione del provvedimento autorizzativo del sequestro, è compiuto il primo atto di esecuzione: sent. 3 giugno 1976, n. 1998, id., Rep. 1976, voce Sequestro, n. 10; 20 ottobre 1962, n. 3054, id., 1963, I, 979; 12 marzo 1960, n. 491, id., 1960, I, 1743, con note di richiami.

In dottrina v. Andrioli, Commento, IV3, sub art. 675, e Satta, Com mentario, IV, sub art. 675, i quali ritengono analogamente alla Corte di cassazione che ad evitare la inefficacia per decorso del termine di 30 giorni (ritenuto termine di perenzione e non di decadenza) sia sufficiente dare inizio all'esecuzione entro detto termine, potendo gli altri atti seguire anche dopo il decorso del medesimo. Conf. Consiglio, Il sequestro giudiziario e conservativo, 1949, 122. Nello stesso senso, pure con qualche dubbio, Calvosa, Il processo cautelare, 1970, 732 ss.

Infine circa la forma che il sequestro c. d. contabile deve assumere, la soluzione proposta nella decisione riportata si inserisce nel solco di una giurisprudenza più volte confermata: Sez. I 14 maggio 1979, n. 41, Foro it., Rep. 1980, voce Responsabilità contabile, n. 87; Sez. II 8 giugno 1978, n. 81, id., Rep. 1979, voce cit., n. 72; 14 marzo 1977, n. 50, id., Rep. 1977, voce cit., n. 87; 12 giugno 1972, n. 129, id., Rep. 1973, voce cit., n. 49.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

sciplinato dalle norme del codice di rito, integrate con l'unica di

sposizione specifica concernente l'utilizzazione della misura cau

telare nell'ambito della contabilità pubblica, ossia con il richia

mato art. 48 reg. proc.; che tali affermazioni .trovano, del resto, il proprio fondamento di diritto positivo nell'art. 26 dello stesso

reg. proc. in base al quale « nei procedimenti contenziosi di com

petenza della Corte dei conti si osservano le norme e i termini

della procedura civile in quanto siano applicabili e non siano

modificati dalle disposizioni del presente regolamento ».

Tanto premesso, la tesi in questa sede sostenuta dal procura tore generale, men che richiamarsi pedissequamente alle confutate

argomentazioni di cui sopra è cenno, si articola invece nelle se

guenti proposizioni:

A) La disposizione di cui all'art. 680, 1° comma, c. p. c. avrebbe validità limitata al sequestro di beni presso il debitore, mentre sarebbe inapplicabile al sequestro di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi. Il p. m. fonda tale suo assunto sulla ritenuta superfluità della notifica

prevista da detta norma in quanto, nell'espropriazione presso ter

zi, l'art. 543 c.p.c. già prevede la notificazione di un atto al debitore e al terzo per l'esecuzione del pignoramento.

B) Stante l'asserita inapplicabilità dell'art. 680, 1° comma, c.

p. c., l'inefficacia del sequestro dovrebbe essere dichiarata non

per inosservanza di detta disposizione, ma per mancato rispetto dell'art. 675 c.p.c., in quanto nella fattispecie il provvedimento autorizzativo del sequestro non è stato notificato all'interessato entro il prescritto termine di trenta giorni dalla pronuncia.

C) Infine, a termini dell'art. 673 c. p. c., che disciplina la com

petenza ad autorizzare il sequestro conservativo quando v'è cau sa pendente per il merito, sulla istanza rinnovata oralmente dal

p. m. nel dibattimento avrebbe dovuto provvedere il collegio con

ordinanza e con contestuale fissazione dell'udienza per la con

valida. Tali essendo, in sintesi, i termini delle questioni prospettate,

ritiene il collegio di doverle esaminare paratamente.

A) In ordine alla prima, che rappresenta poi il punto focale di tutta la costruzione giurìdica elaborata dal p. m., devesi, in

nanzitutto, osservare ch'essa travalica i limiti di una mera que stione di adattabilità di norme ordinarie al sequestro utilizzato nell'ambito della materia contabile, per coinvolgere la disciplina stessa della misura cautelare quale prevista in via generale dal

codice di rito.

11 p. m. ha, invero, preso le mosse dalla distinzione tra pigno ramento presso il debitore e pignoramento presso terzi, rilevan do come, nel primo caso, si manifesti un'attività esecutiva con

effetti reali sulle cose, mentre nel secondo l'oggetto della pro cedura sia rappresentato non da una cosa, ma da un rapporto

giuridico (credito o rapporto di fatto del terzo su cosa del de

bitore) che, come tale, per essere sottoposto ad esecuzione ri

chiede un accertamento.

Da tale premessa ha dedotto che, nel pignoramento presso il

debitore, le cose pignorate sono individuate, colpite dall'esecu zione e sottratte, quindi, alla disponibilità del debitore mede

simo (anche se quest'ultimo è assente), donde l'opportunità di

darne notizia all'interessato nelle forme, appunto, di cui all'art.

680 c. p. c.; non altrettanto si verifica nell'ipotesi di pignora mento presso terzi, in cui non esiste attività di ricerca del bene ed esecutiva sino a tal punto incidente sulla disponibilità del bene medesimo, ma la realizzabilità della pretesa creditoria di

pende dall'accertamento dell'obbligo del terzo, nonché dalla sol vibilità di quest'ultimo. Ne deriva, sempre ad avviso del p. m., che la notificazione da tale norma prevista riguarderebbe, sem

mai, le cose o i crediti che il creditore intende pignorare, ma

allora sarebbe ripetitiva di quella di cui all'art. 543 c. p. c. e,

quindi, del tutto inutile.

Ritiene il collegio che l'assunto del procuratore generale sia

privo di fondamento giuridico.

Preliminarmente, si devono opporre talune considerazioni in or

dine alla distinzione tra oggetto del pignoramento presso il de

bitore e oggetto del pignoramento presso terzi — cose nell'un

caso e rapporti giuridici nell'altro — che il p. m. ha assunto

quale criterio distintivo tra l'una e l'altra forma di espropria zione.

Invero, in disparte l'osservazione che, in ogni caso, fine ultimo

di ogni procedura espropriativa o cautelare non può che essere

l'aggressione di un bene produttivo di utilità per il creditore o

la costituzione su di esso di un vincolo di indisponibilità, onde la sostenuta contrapposizione non appare giuridicamente giusti ficata, altro è, piuttosto, l'elemento su cui deve essere fondata

la diversificazione fra le due forme espropriative. Esso va, in effetti, individuato nella relazione — di immedia

tezza o meno — in cui si trova il debitore con il bene: occor

II Foro Italiano — 1982 — Parte III-16.

re, cioè, perché si abbia espropriazione presso il debitore, che

questi abbia l'immediata disponibilità del bene, requisito che

invece non ricorre ove tra il debitore ed il bene medesimo s'in

terponga la disponibilità di un terzo, sia pure a titolo preca rio, o temporaneo, e sia pure in dipendenza di un rapporto per cui questi sia tenuto a restituire o consegnare la cosa al de

bitore.

Fatta questa precisazione, occorre ora passare all'esame del

l'altra più decisiva questione concernente l'asserita superfluità del

la notifica ex art. 680 c. p. c.

Al riguardo, premesso che l'esecuzione del sequestro costitui

sce la fase intermedia tra la concessione del provvedimento au

torizzativo e la sua convalida, sembra, prima d'ogni altra cosa, necessario richiamare le snorme del codioe di rito — d'interesse

nella fattispecie — che riguardano detta fase, con particolare riferimento al sequestro presso terzi.

L'art. 678 c. p. c. stabilisce che « il sequestro conservativo sui

mobili e sui crediti si esegue secondo le norme stabilite per il

pignoramento presso il debitore o presso terzi » e l'art. 543 del

lo stesso codice che « il pignoramento di crediti del debitore

verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di ter

zi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e

al debitore...».

Com'è chiaro, la disposizione di cui all'art. 543 c. p. c, attiene

alla fase iniziale dell'espropriazione forzata, che viene promossa,

appunto, con il pignoramento (art. 491 c.p.c.): atto, questo, che, ove sia rivolto anche al terzo — come nel caso che ne occu

pa — consta di due parti, ossia dell'ingiunzione al debitore a

norma dell'art. 492 c.p.c. e dell'intimazione al terzo di non di

sporre, senza ordine del giorno, delle cose o delle somme da es

so terzo dovute al debitore.

Da tale considerazione consegue che l'asserita ultroneità del

la notificazione prevista dall'art. 680 c. p. c. non trova in effetti

alcun valido supporto giuridico in quanto tale norma, a diffe

renza dell'art. 543 cit., opera a sequestro eseguito, come si evin

ce anche dalla dizione letterale della norma stessa che impo ne l'indicazione delle « cose sulle quali il sequestro è stato ese

guito », e costituisce l'atto terminale del momento esecutivo.

Ma, del resto, tale affermazione trova sostegno e conforto an

che nella giurisprudenza, ove è stato ripetutamente riconosciuto

che finalità dell'avviso di cui all'art. 680 c. p. c. cit., è quella di

portare a conoscenza del debitore quali sono le cose che sono

state colpite dalla misura cautelare.

Conclusivamente, osservano i giudicanti che non è, dunque,

prevista nel sistema normativo alcuna duplicazione inutile di no

tifiche — ex art. 543 ed ex art. 680 c. p. c. — e che quest'ul timo adempimento deve essere rispettato anche nel sequestro di

beni e crediti del debitore presso terzi, rappresentando l'atto con

cui, mediante l'indicazione delle cose in realtà sequestrate, il de

bitore è informato della concreta estensione del vincolo caute

lare e posto cosi in condizione di far valere le proprie ragioni (cfr. Cass. 4 gennaio 1966, n. 75, id., Rep. 1966, voce Sequestro, n. 15).

B) Neppure la successiva questione prospettata dal p. m. può essere condivisa.

È, invero, indubbio che l'art. 675 c. p. c., col prescrivere che « il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia se

non è eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronun cia », sta a significare inequivocabilmente che, non potendosi la sciare colui in danno del quale è stata autorizzata la misura cau telare indefinitamente condizionato nella disponibilità dei beni

colpiti, è necessario che il provvedimento venga attuato nel ter

mine perentorio di trenta giorni dalla pronuncia. Ma il problema che qui si presenta è di determinare se il

compimento del solo primo atto di esecuzione del sequestro nel

termine di cui al citato art. 675 sia sufficiente ad evitare la com

minata inefficacia del provvedimento.

Sotto questo profilo rilevano i giudicanti che la giurispruden za civilistica è unanime nel ritenere che l'inizio dell'esecuzione

entro il termine previsto dall'art. 675 c.p.c. è idoneo a salvare

anche gli atti esecutivi compiuti oltre il trentesimo giorno (Cass. 12 marzo 1960, n. 491, id., 1960, I, 1743; 30 ottobre 1962, n.

3054, id., 1963, I, 979). Tale orientamento, che questi giudici condividono pienamente,

riposa fra l'altro sulla considerazione che, se il legislatore avesse

inteso subordinare l'efficacia del provvedimento alla, completa esecuzione del sequestro, si sarebbe certamente espresso in modo

diverso, prevedendo che il provvedimento avrebbe perduto la

sua efficacia se nei trenta giorni non fosse stato eseguito « il se

questro ».

Dalla dizione letterale dell'art. 675 c. p. c. si evince, invece,

chiaramente che l'inefficacia del provvedimento è stata subordi

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PARTE TERZA

nata alla omessa esecuzione dello stesso e non già alla mancata

esecuzione del sequestro. Orbene tale chiarificazione di concetti (esecuzione del provve

dimento autorizzativo ed esecuzione del sequestro) non è priva di effetti sul piano pratico, ove può non realizzarsi coincidenza

fra i due momenti esecutivi, come si verifica in tutti i casi in

cui non sia possibile esaurire con unico atto le operazioni di se

questro. La conseguenza di questo rilievo è, quindi, che il provvedi

mento deve considerarsi già eseguito col compimento del primo

atto, ancorché il sequestro non lo sia del tutto, per la necessità

di ulteriore attività esecutiva che lo completi.

Si può, in definitiva, senz'altro affermare che l'art. 675 cit. ha

voluto disciplinare soltanto un'ipotesi di inefficacia dell'atto pro cessuale che autorizza il sequestro; e non se ne possono desu

mere casi di inefficacia « del sequestro ».

Dall'applicazione dei surriferiti concetti al caso in esame con

segue che non può quivi darsi ingresso ad una dichiarazione di

inefficacia ex art. 675 c. p. c., in quanto il provvedimento auto

rizzativo porta la data del 6 febbraio 1980 e il primo atto d'ese

cuzione è del 21 febbraio successivo: pertanto, avendo l'attore

« eseguito » il provvedimento di sequestro nel prescritto termi

ne di trenta giorni, la suddetta norma non risulta violata.

C) Resta ora da esaminare l'istanza del p. m. — avanzata oral

mente in udienza — di autorizzazione al sequestro, da disporre, ex art. 673 c. p. c., mediante ordinanza: istanza che il collegio non ritiene meritevole di accoglimento per i seguenti motivi.

La giurisprudenza di questa corte, con indirizzo costante (cfr.

Sez. II 14 marzo 1977, n. 50, id., Rep. 1977, voce Responsabi lità contabile, n. 87; Sez. I 14 maggio 1979, n. 41, id., Rep.

1980, voce cit., n. 87) — dal quale la sezione non ritiene di do

versi discostare — ha, infatti, affermato il principio che il se

questro conservativo nel corso del giudizio di responsabilità am

ministrativa deve essere disposto nella forma del decreto presi denziale, prevista dall'art. 48 reg. proc. cit., e non in quella del

l'ordinanza, ai sensi dell'art. 674 c. p. c., in quanto le norme del

processo comune sono, in detta materia, non compatibili con le

caratteristiche del giudizio cantabile, che non conosce una fase

di istruzione della causa anteriore alla fase dibattimentale.

Tale enunciazione viene, dunque, giustificata con la diversità

di struttura del processo civile, caratterizzato da una costante

partecipazione processuale delle parti e dall'acquisizione in con

traddittorio delle prove, rispetto a quello che si svolge dinanzi

al giudice contabile, che, in coerenza con il suo carattere pre valentemente documentale, non prevede una fase di istruzione

anteriore a quella dibattimentale.

Orbene, considerato che il legislatore, nel disciplinare il pro cedimento cautelare, pur garantendo ogni possibilità di difesa al

presunto debitore, ha inteso principalmente salvaguardare la tem

pestività ed il buon esito della procedura stessa, le rilevate diffe renze strutturali hanno offerto lo spunto per le seguenti dedu zioni. Si è, cioè, osservato che, mentre nel processo civile la

preesistenza di un rapporto processuale — con possibilità, quin di, del sequestrato di far valere subito le proprie ragioni —

non contrasta, né pone, comunque, in pericolo le suddette fina lità perseguite dal legislatore, non si verifica altrettanto nel pro cesso contabile, ove non è ipotizzabile una preventiva audizione della controparte ottenuta con la tempestività imposta dalla na tura della procedura cautelare (cfr. Sez. II 12 giugno 1972, n.

129, id., Rep. 1973, voce cit., n. 49).

Si è, pertanto, riconosciuto che, non essendo la situazione che si verifica nell'ipotesi di sequestro richiesto in corso di causa dis simile da quella del sequestro anteriore alla causa, unico stru mento formalmente idoneo ad autorizzare la misura cautelare in discorso nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti è il decreto presidenziale e non, quindi, l'ordinanza.

A sostegno di queste conclusioni si può ancora soggiungere, ad avviso di questi giudici, che le rilevate differenze strutturali tra

processo civile e contabile sono state indubbiamente tenute pre senti dal legislatore quando, nel cit. art. 48 reg. proc., ha, lapi dariamente, disposto che il sequestro conservativo « è, su do manda del procuratore generale, concesso dal presidente della sezione mediante decreto, nel quale viene fissato anche il ter rain per il giudizio di convalida ».

In effetti, a ben vedere, l'assenza di ulteriori precisazioni o

specificazioni non è, per le ragioni suddette, dovuta ad involon taria lacuna legislativa che l'interprete debba provvedere a col* mare mediante l'applicazione analogica della normativa del co dice di rito, ma corrisponde ad una precisa volontà del legisla tore che ha evidentemente inteso attribuire alla forma del de creto presidenziale carattere di generalità, nel senso che, dinan zi al giudice contabile, tale forma debba essere usata sia nel caso

di sequestro anteriore alla causa che nell'ipotesi di sequestro in corso di causa.

Resta cosi' confermato, in perfetta sincronia con quanto pre cedentemente asserito in ordine all'individuazione della norma tiva che disciplina il sequestro, che l'unica differenza che carat terizza la misura cautelare, quando questa sia utilizzata nell'am bito della materia contabile, discende dalla corretta applicazione della disposizione contenuta nel citato art. 48.

Sulla base di tutte le suesposte argomentazioni, nella fattispe cie non resta, pertanto, che dichiarare l'ineffioacia del sequestro conservativo autorizzato con decreto del 6 febbraio 1980 per inosservanza del termine perentorio di notifica previsto dall'art.

680, 1° comma, c. p. c.

CORTE DEI CONTI; Sezione I; ordinanza 21 gennaio 1981, n. 3; Pres. Giordano, Rei. Garrì; Proc. gen. c. De Micheli e

altri (Aw. Casili, Sorrentino).

Sanitario — Dipendenti ospedalieri — Compensi indebitamente

percepiti — Sanatoria della indebita erogazione — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.

5, 25, 28, 97, 101, 102, 103, 104; d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria, art. 7; 1. 17 ago sto 1974 n. 386, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, art. unico; 1. 8 agosto 1980 n. 441, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 1° luglio 1980, art. 10 bis).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità

dell'art. 10 bis l. 8 agosto 1980 n. 441, nella parte in cui sta bilisce l'esclusione della responsabilità per coloro che abbiano

disposto trattamenti economici al personale dipendente degli en ti ospedalieri in difformità da quanto predisposto dall'art. 7 d. I. 8 luglio 1974 n. 264, convertito, con modificazioni, in l. 17

agosto 1974 n. 386, sempre che le amministrazioni interessate

provvedano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della l. n. 441 a rideterminare, con decorrenza da tale data, i

ripetuti trattamenti come previsto dall'accordo nazionale di la

voro 30 giugno 1979-31 dicembre 1982, in riferimento agli art.

3, 25, 1' comma, 28, 97, 101, 102, 103 e 104 Costai)

(1) L'ordinanza è stata già massimata in « rivista » in Foro it., 1982, III, 142, con la data del 14 novembre 1980 (desunta dalla Gazzetta ufficiale), che è la data della prima camera di consiglio, alla quale ne ha fatto seguito altra del 18 dicembre 1980; la data di pubblicazione è quella sopra trascritta.

Riteniamo utile riportare la motivazione, che denuncia senza mezzi termini le invasioni che il legislatore opera non di rado nella sfera riservata al giudice della responsabilità amministrativa, sottraendo alla sua cognizione la valutazione del comportamento di « ben determina bili o determinati soggetti, già convenuti o convenibili in giudizio»: il che si verifica « sia che per i processi in corso venga data dal le gislatore la pronuncia relativa, sia che si attribuisca ad un atto di organi amministrativi ... un effetto escludente la valutazione del giudice circa la sussistenza delle responsabilità ».

Il caso si inserisce dunque perfettamente nel quadro di norme le gislative dettate per interferire su giudizi in corso delineato nella nota di A. Lener a Trib. Roma 7 ottobre 1981 (L'eccesso di potere del legislatore e i giudici), in Foro it., 1981, I, 3002, aggiungendovi ulte riore materiale. Anche le due precedenti ordinanze di rimessione della Corte dei conti alla Corte costituzionale, citate in motivazione e già ricordate nella precedente nota di richiami (Sez. I 9 aprile 1976, n. 12, id., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 378 a, e Sez. II 27 no vembre 1975, n. 24, id., 1977, III, 120), arricchiscono il quadro con riferimento ad un'altra vicenda nella quale una norma legislativa so pravvenuta ha modificato la regola di valutazione sostanziale di com portamenti già avvenuti, e quindi di responsabilità già sorte, con lo scopo di incidere sui giudizi di competenza della Corte dei conti.

Sempre in relazione alla giurisdizione della Corte dei conti, sulla sanatoria ex lege dei conti consuntivi dei bilanci comunali, v. C. conti, Sez. riun., 20 luglio 1979, n. 219/A, id., 1980, III, 521, con nota di richiami, in particolare delle conformi precedenti decisioni delle sez. I e II. Inoltre, nel senso della applicabilità quale ius superveniens nei giudizi già in corso di svolgimento della 1. 4 marzo 1981 n. 67, che ha limitato ai soli casi di dolo o colpa grave la responsabilità del personale delle ferrovie dello Stato che abbia cagionato un danno all'azienda nell'esercizio delle funzioni inerenti alla circolazione dei treni e delle attività direttamente connesse, con riferimento ai fatti avvenuti a partire dal 21 luglio 1976, v., da ultimo, C. conti, Sez. I, 19 novembre 1981, n. 113, Settimana giur., 1982, IV, 3; osserva in proposito M. D'Antino, La domanda di sicurezza degli agenti ferro viari. in Foro amm., 1981, 1827, che «la portata retroattiva dell'effetto

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