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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione I; ordinanza 21 gennaio 1981, n. 3; Pres....

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Sezione I; ordinanza 21 gennaio 1981, n. 3; Pres. Giordano, Rel. Garri; Proc. gen. c. De Micheli e altri (Avv. Casili, Sorrentino) Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982), pp. 207/208-213/214 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174339 . Accessed: 28/06/2014 08:07 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 08:07:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I; ordinanza 21 gennaio 1981, n. 3; Pres. Giordano, Rel. Garri; Proc. gen. c. De Micheli ealtri (Avv. Casili, Sorrentino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982),pp. 207/208-213/214Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174339 .

Accessed: 28/06/2014 08:07

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PARTE TERZA

nata alla omessa esecuzione dello stesso e non già alla mancata

esecuzione del sequestro. Orbene tale chiarificazione di concetti (esecuzione del provve

dimento autorizzativo ed esecuzione del sequestro) non è priva di effetti sul piano pratico, ove può non realizzarsi coincidenza

fra i due momenti esecutivi, come si verifica in tutti i casi in

cui non sia possibile esaurire con unico atto le operazioni di se

questro. La conseguenza di questo rilievo è, quindi, che il provvedi

mento deve considerarsi già eseguito col compimento del primo

atto, ancorché il sequestro non lo sia del tutto, per la necessità

di ulteriore attività esecutiva che lo completi.

Si può, in definitiva, senz'altro affermare che l'art. 675 cit. ha

voluto disciplinare soltanto un'ipotesi di inefficacia dell'atto pro cessuale che autorizza il sequestro; e non se ne possono desu

mere casi di inefficacia « del sequestro ».

Dall'applicazione dei surriferiti concetti al caso in esame con

segue che non può quivi darsi ingresso ad una dichiarazione di

inefficacia ex art. 675 c. p. c., in quanto il provvedimento auto

rizzativo porta la data del 6 febbraio 1980 e il primo atto d'ese

cuzione è del 21 febbraio successivo: pertanto, avendo l'attore

« eseguito » il provvedimento di sequestro nel prescritto termi

ne di trenta giorni, la suddetta norma non risulta violata.

C) Resta ora da esaminare l'istanza del p. m. — avanzata oral

mente in udienza — di autorizzazione al sequestro, da disporre, ex art. 673 c. p. c., mediante ordinanza: istanza che il collegio non ritiene meritevole di accoglimento per i seguenti motivi.

La giurisprudenza di questa corte, con indirizzo costante (cfr.

Sez. II 14 marzo 1977, n. 50, id., Rep. 1977, voce Responsabi lità contabile, n. 87; Sez. I 14 maggio 1979, n. 41, id., Rep.

1980, voce cit., n. 87) — dal quale la sezione non ritiene di do

versi discostare — ha, infatti, affermato il principio che il se

questro conservativo nel corso del giudizio di responsabilità am

ministrativa deve essere disposto nella forma del decreto presi denziale, prevista dall'art. 48 reg. proc. cit., e non in quella del

l'ordinanza, ai sensi dell'art. 674 c. p. c., in quanto le norme del

processo comune sono, in detta materia, non compatibili con le

caratteristiche del giudizio cantabile, che non conosce una fase

di istruzione della causa anteriore alla fase dibattimentale.

Tale enunciazione viene, dunque, giustificata con la diversità

di struttura del processo civile, caratterizzato da una costante

partecipazione processuale delle parti e dall'acquisizione in con

traddittorio delle prove, rispetto a quello che si svolge dinanzi

al giudice contabile, che, in coerenza con il suo carattere pre valentemente documentale, non prevede una fase di istruzione

anteriore a quella dibattimentale.

Orbene, considerato che il legislatore, nel disciplinare il pro cedimento cautelare, pur garantendo ogni possibilità di difesa al

presunto debitore, ha inteso principalmente salvaguardare la tem

pestività ed il buon esito della procedura stessa, le rilevate diffe renze strutturali hanno offerto lo spunto per le seguenti dedu zioni. Si è, cioè, osservato che, mentre nel processo civile la

preesistenza di un rapporto processuale — con possibilità, quin di, del sequestrato di far valere subito le proprie ragioni —

non contrasta, né pone, comunque, in pericolo le suddette fina lità perseguite dal legislatore, non si verifica altrettanto nel pro cesso contabile, ove non è ipotizzabile una preventiva audizione della controparte ottenuta con la tempestività imposta dalla na tura della procedura cautelare (cfr. Sez. II 12 giugno 1972, n.

129, id., Rep. 1973, voce cit., n. 49).

Si è, pertanto, riconosciuto che, non essendo la situazione che si verifica nell'ipotesi di sequestro richiesto in corso di causa dis simile da quella del sequestro anteriore alla causa, unico stru mento formalmente idoneo ad autorizzare la misura cautelare in discorso nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti è il decreto presidenziale e non, quindi, l'ordinanza.

A sostegno di queste conclusioni si può ancora soggiungere, ad avviso di questi giudici, che le rilevate differenze strutturali tra

processo civile e contabile sono state indubbiamente tenute pre senti dal legislatore quando, nel cit. art. 48 reg. proc., ha, lapi dariamente, disposto che il sequestro conservativo « è, su do manda del procuratore generale, concesso dal presidente della sezione mediante decreto, nel quale viene fissato anche il ter rain per il giudizio di convalida ».

In effetti, a ben vedere, l'assenza di ulteriori precisazioni o

specificazioni non è, per le ragioni suddette, dovuta ad involon taria lacuna legislativa che l'interprete debba provvedere a col* mare mediante l'applicazione analogica della normativa del co dice di rito, ma corrisponde ad una precisa volontà del legisla tore che ha evidentemente inteso attribuire alla forma del de creto presidenziale carattere di generalità, nel senso che, dinan zi al giudice contabile, tale forma debba essere usata sia nel caso

di sequestro anteriore alla causa che nell'ipotesi di sequestro in corso di causa.

Resta cosi' confermato, in perfetta sincronia con quanto pre cedentemente asserito in ordine all'individuazione della norma tiva che disciplina il sequestro, che l'unica differenza che carat terizza la misura cautelare, quando questa sia utilizzata nell'am bito della materia contabile, discende dalla corretta applicazione della disposizione contenuta nel citato art. 48.

Sulla base di tutte le suesposte argomentazioni, nella fattispe cie non resta, pertanto, che dichiarare l'ineffioacia del sequestro conservativo autorizzato con decreto del 6 febbraio 1980 per inosservanza del termine perentorio di notifica previsto dall'art.

680, 1° comma, c. p. c.

CORTE DEI CONTI; Sezione I; ordinanza 21 gennaio 1981, n. 3; Pres. Giordano, Rei. Garrì; Proc. gen. c. De Micheli e

altri (Aw. Casili, Sorrentino).

Sanitario — Dipendenti ospedalieri — Compensi indebitamente

percepiti — Sanatoria della indebita erogazione — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.

5, 25, 28, 97, 101, 102, 103, 104; d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria, art. 7; 1. 17 ago sto 1974 n. 386, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, art. unico; 1. 8 agosto 1980 n. 441, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 1° luglio 1980, art. 10 bis).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità

dell'art. 10 bis l. 8 agosto 1980 n. 441, nella parte in cui sta bilisce l'esclusione della responsabilità per coloro che abbiano

disposto trattamenti economici al personale dipendente degli en ti ospedalieri in difformità da quanto predisposto dall'art. 7 d. I. 8 luglio 1974 n. 264, convertito, con modificazioni, in l. 17

agosto 1974 n. 386, sempre che le amministrazioni interessate

provvedano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della l. n. 441 a rideterminare, con decorrenza da tale data, i

ripetuti trattamenti come previsto dall'accordo nazionale di la

voro 30 giugno 1979-31 dicembre 1982, in riferimento agli art.

3, 25, 1' comma, 28, 97, 101, 102, 103 e 104 Costai)

(1) L'ordinanza è stata già massimata in « rivista » in Foro it., 1982, III, 142, con la data del 14 novembre 1980 (desunta dalla Gazzetta ufficiale), che è la data della prima camera di consiglio, alla quale ne ha fatto seguito altra del 18 dicembre 1980; la data di pubblicazione è quella sopra trascritta.

Riteniamo utile riportare la motivazione, che denuncia senza mezzi termini le invasioni che il legislatore opera non di rado nella sfera riservata al giudice della responsabilità amministrativa, sottraendo alla sua cognizione la valutazione del comportamento di « ben determina bili o determinati soggetti, già convenuti o convenibili in giudizio»: il che si verifica « sia che per i processi in corso venga data dal le gislatore la pronuncia relativa, sia che si attribuisca ad un atto di organi amministrativi ... un effetto escludente la valutazione del giudice circa la sussistenza delle responsabilità ».

Il caso si inserisce dunque perfettamente nel quadro di norme le gislative dettate per interferire su giudizi in corso delineato nella nota di A. Lener a Trib. Roma 7 ottobre 1981 (L'eccesso di potere del legislatore e i giudici), in Foro it., 1981, I, 3002, aggiungendovi ulte riore materiale. Anche le due precedenti ordinanze di rimessione della Corte dei conti alla Corte costituzionale, citate in motivazione e già ricordate nella precedente nota di richiami (Sez. I 9 aprile 1976, n. 12, id., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 378 a, e Sez. II 27 no vembre 1975, n. 24, id., 1977, III, 120), arricchiscono il quadro con riferimento ad un'altra vicenda nella quale una norma legislativa so pravvenuta ha modificato la regola di valutazione sostanziale di com portamenti già avvenuti, e quindi di responsabilità già sorte, con lo scopo di incidere sui giudizi di competenza della Corte dei conti.

Sempre in relazione alla giurisdizione della Corte dei conti, sulla sanatoria ex lege dei conti consuntivi dei bilanci comunali, v. C. conti, Sez. riun., 20 luglio 1979, n. 219/A, id., 1980, III, 521, con nota di richiami, in particolare delle conformi precedenti decisioni delle sez. I e II. Inoltre, nel senso della applicabilità quale ius superveniens nei giudizi già in corso di svolgimento della 1. 4 marzo 1981 n. 67, che ha limitato ai soli casi di dolo o colpa grave la responsabilità del personale delle ferrovie dello Stato che abbia cagionato un danno all'azienda nell'esercizio delle funzioni inerenti alla circolazione dei treni e delle attività direttamente connesse, con riferimento ai fatti avvenuti a partire dal 21 luglio 1976, v., da ultimo, C. conti, Sez. I, 19 novembre 1981, n. 113, Settimana giur., 1982, IV, 3; osserva in proposito M. D'Antino, La domanda di sicurezza degli agenti ferro viari. in Foro amm., 1981, 1827, che «la portata retroattiva dell'effetto

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — 1. - Con d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, convertito con

modificazioni in 1. 17 agosto 1974 n. 586, nel dettare norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'av

vio della riforma sanitaria •— per quanto interessa nel presente

giudizio — è stato, con l'art. 7, fatto divieto agli enti ospeda lieri di corrispondere al personale dipendente compensi, proven ti, indennità addizionali, a qualsiasi titolo, in eccedenza a quelli

previsti da disposizioni di legge o dagli accordi nazionali di cui

all'art. 40 1. 12 febbrao 1968 n. 132. L'ultimo comma dello stes

so art. 7 stabilisce: « gli amministratori e il direttore ammini

strativo degli enti ospedalieri sono direttamente e solidalmente

responsabili per le erogazioni... in contrasto con le disposizio ni del presente articolo». Questo precetto col sancire responsa bilità per il compimento di atti, vietati in quanto comportano

erogazione di somme non dovute, ha indubbio carattere con

fermativo: non è cioè creativo di una fattispecie di responsabi lità prima non prevista dall'ordinamento; ciò in quanto dei dan

ni arrecati allo Stato ovvero ad altri enti pubblici sono chiamati

a rispondere gli amministratori e, in genere, i dipendenti ed

evento lesivo per la finanza è l'erogazione di fondi da parte di enti pubblici a favore di dipendenti quando non trovi titolo

in una norma di legge o dn accordi sindacali. Semmai con il di

vieto posto si esclude la stessa ammissibilità di un richiamo — in ogni caso almeno dubbia, pur nell'ipotesi di silenzio del

legislatore — all'« autonomia » o ai poteri di organizzazione pro pri degli enti pubblici. Al carattere confermativo della norma

può aggiungersi la sua funzione di « prevenzione » che emerge anche dalle motivazioni addotte in sede parlamentare nella va

lutazione di norme con analogo contenuto.

Senonché questa funzione di prevenzione è risultata vana nei

fatti, perché da parte dei consigli di amministrazione degli enti

ospedalieri erogazioni non dovute sono state corrisposte ai dipen denti ed il pubblico ministero presso questa corte, in adempi mento del suo dovere di ufficio, ha — come nel giudizio che in

teressa — convenuto i responsabili chiedendone la condanna al

risarcimento del danno arrecato (atto di citazione del 20 mar

zo 1980).

Nell'agosto 1980 è entrata in vigore la 1. 8 agosto n. 441 la

quale, nel convertire in legge il d.l. 1° luglio 1980 n. 245, con

cernente la disciplina transitoria delle funzioni di assistenza sa

nitaria delle unità sanitarie locali, ha aggiunto un articolo, il

lO&is, non contenuto nel provvedimento di urgenza, nel quale sono dettati tre precetti tra loro collegati. Si statuisce, in pri mo luogo, riconoscendo cosi frustrata la funzione di prevenzio ne che la nonna del 1974 intendeva svolgere, la revoca, con de

correnza dalla data di entrata in vigore della legge di conver

sione, dei trattamenti economici del personale dipendente da

gli enti ospedalieri e dagli istituti di ricovero e cura a carattere

scientifico con personalità giuridica di diritto pubblico delibe

rati in difformità da quanto disposto dall'art. 7 1. 17 agosto 1974

n. 386 sopra riportato; si dispone che i trattamenti stessi già

corrisposti alla data del 1° luglio 1980 non siano soggetti a re

della legge non deve stupire... perché si è inteso opportunamente agevolare quanti da quella data ad oggi siano incorsi in una decla ratoria di responsabilità da parte della Corte dei conti ».

Per la giurisprudenza amministrativa, sul tentativo operato dalla 1. reg. siciliana 18 giugno 1977 n. 42, di interferire su una contro versia di pubblico impiego già dopo che la decisione era stata no tificata all'amministrazione, Cons, giust. amm. sic. 11 ottobre 1978, n. 202, Foro it., 1979, 111, 334, con osservazione di A. Romano.

Per la giurisprudenza della Corte costituzionale, v., di recente, la sentenza 10 dicembre 1981, n. 185 [rei. Andrioli], id., 1982, I, 346, con annotazione di C. M. Barone, la quale, tra l'altro, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, 1° e 2°

comma, I. 20 marzo 1980 n. 75, che attribuisce alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali la cognizione delle con troversie in materia di indennità di buonuscita relative al personale dello Stato e delle aziende autonome e che prevede la dichiarazione di estinzione dei giudizi pendenti con compensazione delle spese, nonché la caducazione dei provvedimenti giudiziali non definitivi, in riferi mento agli art. 1, 3, 24, 25. 38, 42, 70, 101, 102, 104 e 113 Cost.;

e, con diversa ispirazione, la sentenza n. 197 di pari data [rei. Fer

rari], ibid., 650, che ha bollato come « caso esemplare di sviamento della funzione legislativa », perpetrato al fine di evitare, attraverso lo

strumento dell'* interpretazione autentica », il controllo della Corte dei conti già manifestatosi negativo su atti amministrativi del medesimo contenuto (indennità mensile e rimborso spese per missioni al pre sidente della regione ed agli assessori), la legge approvata dall'assem blea regionale siciliana in data 21 dicembre 1977.

Sulla illegittimità della corresponsione ai dipendenti ospedalieri di trattamenti economici superiori a quelli stabiliti nei vigenti accordi

nazionali. Cons. Stato, Sez. 1, 31 luglio 1981, n. 1258, id., 1982, III, 95. con nota di richiami.

cupero; si stabilisce la esclusione della responsabilità per chi i

trattamenti medesimi abbia disposto, sempre che le amministra

zoni interessate provvedano, entro trenta giorni dalla data di

entrata in vigore della legge di conversione, a rideterminare, con

decorrenza da questa data, i ripetuti trattamenti come previsto dall'accordo nazionale di lavoro 30 giugno 1979-31 dicembre

1982.

2. - Come indicato in narrativa, il pubblico ministero all'udien

za del 14 novembre 1980 ha sollevato questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 10 bis citato per i seguenti motivi:

1) Eccesso di potere legislativo - Violazione degli art. 101,

102, 103, 104 Cost, per invasione del campo riservato alla giuris

dizione, mediante sottrazione al giudice dell'esame di compor tamenti già costituenti illecito, e delle pronunce su giudizi già incardinati.

2) Violazione art. 3 Cost. - Violazione del principio di egua

glianza tra categorie di persone esercitanti funzioni analoghe (am ministratori pubblici, sia statali che di enti pubblici) con trat

tamento personale ad alcuni di essi per comportamenti che con

tinuano ad essere perseguiti verso gli altri.

3) Violazione art. 24 Cost. - Impedimento per l'erario (nella

specie, le regioni succedute agli enti ospedalieri) a tutelare in

giudizio il proprio diritto al risarcimento del danno per il com

portamento illecito degli amministratori ospedalieri.

4) Violazione art. 28 Cost. - La norma impugnata solleva i fun

zionari degli enti ospedalieri (tali sono gli amministratori) dalle

responsabilità loro derivanti dalla violazione dei diritti degli enti

cui essi sono preposti (diritti patrimoniali). 5) Violazione art. 25 Cost. - La norma sottrae i convenuti o

convenibili al giudice naturale.

6) Violazione art. 97 Cost. - La norma di sanatoria di una re

sponsabilità viene a turbare il buon andamento e l'imparzialità nell'amministrazione, ingenerando anche aspettative in coloro che, investiti di pubbliche funzioni, abbiano commesso analoghe vio

lazioni.

Il pubblico ministero si è anche richiamato alle analoghe que

stioni, relative alla 1. 25 novembre 1971 n. 1042 sul personale delle università, già rimesse alla Corte costituzionale con ordi

nanza n. 24/75 del 27 novembre 1975 Sez. II (Foro it., Rep.

1977, voce Istruzione pubblica, n. 378 a) e n. 12 del 9 aprile 1976 Sez. I (id., 1977, III, 120).

3. - Le questioni di costituzionalità sollevate, il cui esame deve

precedere quello di ogni altra questione, sono di indubbia rile

vanza ai fini della decisione del merito della causa, stante il

rapporto di stretta dipendenza tra la decisione di esse e la defi

nizione della controversia.

4. - Le questioni di costituzionalità stesse, sollevate dal pub blico ministero, non sono manifestamente infondate nei limiti

appresso indicati.

Va preliminarmente precisato che, a fronte dei problemi di

interpretazione posti dalla 1. 25 novembre 1971 n. 1042 rimessa

al giudizio della Corte costituzionale con le ordinanze prima

citate, i precetti in esame non lasciano spazio interpretativo, in

quanto chiaramente contengono la sanatoria di specifici fatti

illeciti già compiuti e perseguiti nella sede giurisdizionale com

petente; piuttosto essi introducono, come sarà precisato, una nuo

va e differente questione, in quanto subordinano l'applicazione dell'esonero di responsabilità a una delibera di altro organo se non addirittura alla conformità di questa delibera a criteri in

dicati.

Non manifestamente infondato appare al collegio, in primo

luogo, l'eccepito contrasto della norma che dispone la sanatoria

di specifiche responsabilità con gli art. 101, 102, 103 e 104 Cost.

La Corte costituzionale ha negato l'esistenza di un limite

alla funzione legislativa rispetto all'attività amministrativa (sent, n. 60/1957, id., 1957, I, 1857), nel senso che, sotto un profilo

contenutistico, la funzione suddetta non consiste esclusivamen

te nella produzione di norme generali e astratte; ha riconosciu

to, per contro, una sfera di attività riservata al cosiddetto po tere giudiziario, con riaffermazione, in un limitato profilo, del

principio della divisione dei poteri.

Ritiene il collegio che non manifestamente infondato appare il dubbio che la norma di sanatoria anzidetta incida sul princi

pio della divisione dei poteri, interferendo necessariamente nel

la sfera di competenza del giudice. Difatti, le disposizioni costi

tuzionali richiamate (art. 101, 102, 103, 104) contenute nel ti

tolo IV della parte II della Costituzione sono intese — come

già affermato da questa corte (ord. n. 24/1975, Sez. II, cit.) —

a garantire l'indipendenza della funzione giudiziaria da ogni po tere e, quindi, a vietare che il potere legislativo possa modifi

care con legge il contenuto di una sentenza, possa sindacare

l'operato del giudice o possa sottrarre al giudizio una qualsiasi

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PARTE TERZA

controversia concernente diritti pienamente riconosciuti e tu telati.

Che il legislatore ordinario abbia ampi poteri, pur se non

legibus solutus (Corte cost. n. 72/1964, id., 1964, I, 1712), nel dettare la disciplina sostanziale della responsabilità dei dipen denti pubblici (salva la ragionevolezza della disciplina stessa, in osservanza del principio di eguaglianza: art. 3 Cost, e con il limite derivante dalla impossibilità di determinare una pra tica elusione del principio della responsabilità dei dipendenti stessi costituzionalmente fissato: art. 28 Cost.) è dato acquisito in sede giurisprudenziale in base anche all'insegnamento della Corte costituzionale. Altrettanto è da ritenersi circa la possibi lità che questa disciplina sia ragionevolmente non uniforme

(Corte cost. n. 54/1975, id., 1975, I, 1063), contenga cioè regole derogatorie per quanto concerne, ad esempio, il criterio di im

putazione (dolo o colpa grave) in ordine a certe categorie di

dipendenti ovvero a certi organi quando il trattamento differen ziato risulti giustificato da una posizione diversificante che ren da razionale la diversità della disciplina, e ciò anche in una situazione legislativa caratterizzata dal difetto di omogeneità nel settore.

Non è, però, di tale natura la normativa in esame che non detta una « nuova » disciplina delle responsabilità per gli ammi nistratori — intesa l'espressione in senso lato — degli enti ospe dalieri, anzi conferma oltre che l'illiceità di determinati fatti, tant'è che revoca le delibere emesse in violazione della legge del 1974, la imputazione a titolo di responsabilità per coloro

che le abbiano assunte e la perseguibilità per l'avvenire delle

responsabilità stesse.

Che si abbia conferma della illiceità dei fatti discende dalla

considerazione che i precetti in esame, come formulati, lungi dal

legittimare le maggiori erogazioni indebitamente deliberate dagli enti ospedalieri, con precetto avente efficacia retroattiva (come sarebbe stato possibile, disponendo l'attribuzione di maggiori trattamenti economici con effetti retroattivi) hanno, come detto, revocato gli atti relativi in quanto emanati in violazione della

legge del 1974. Anche la disposta irripetibilità delle maggiori somme erogate è stabilita per escludere l'effetto (ripetizione d'in

debito) della illegittimità della erogazione, illegittimità valuta

bile sul piano dell'illecito. Che una responsabilità da ciò di

scenda e che le medesime responsabilità siano, per l'avvenire,

perseguibili risulta, poi, evidente appena si consideri che eroga zioni non dovute costituiscono, come detto, illecita destinazione di fondi pubblici e, quindi, fonte di responsabilità in base alle

regole generali del nostro ordinamento. In effetti, con i precetti esaminati si sono stabilite specifiche impunità.

Stabilire specifiche impunità non è dettare una nuova disci

plina della responsabilità, ma « derogare » per casi specifici e

concreti e quindi sottrarre — con interferenza nei poteri del

giudice — controversie in atto alla cognizione del magistrato

competente, onde è configuratole, ad avviso del collegio, la vio lazione delle indicate norme costituzionali.

Né è a dirsi che, ammessa l'amnistia di reati, non vi è un

limite razionale al potere legislativo di operare con uguale fina lità nei confronti di responsabilità patrimoniali, in quanto l'am nistia non solo è espressamente contemplata dalla Costituzione e non può considerarsi in contrasto con questa (Corte cost. n.

171/1963, id., 1964, I, 1), ma nessun raffronto è operabile tra norme di amnistia e precetti di sanatoria, come quello in esame, che concernono determinati fatti illeciti individuabili non per

tipi (crimini), ma per soggetti autori degli illeciti. Nemmeno sembra conferente la possibile osservazione che, in effetti, con i precetti di « sanatoria » si hanno, rispetto alla attività del giu dice che ha la funzione di adottare decisioni vincolate all'ordi

namento normativo, risultati analoghi a quelli discendenti da leggi interpretative. Difatti l'emanazione di leggi interpretative che inno

vano all'ordine legislativo attribuendo a certe leggi anteriori un si

gnificato obbligatorio per tutti, è stato ritenuto (Corte cost. n. 118/ 1957, cit.) non vulneri la sfera del potere giudiziario, ma sol quando

rispetti i giudicati (la legge faccia salvi i rapporti definiti) e non

appaia mossa dall'intento di interferire nei giudizi in corso.

Appare allora confermato che non manifestamente infondato risulta il contrasto con le norme costituzionali citate di precetti come quelli in esame che, al pari di quelli interpretativi, intro ducono un quid novi nell'ordine legislativo, ma senza far salvi i rapporti definiti ed escludendo la responsabilità per fattispe cie di illecito specifiche, determinate o determinabili, appaiono mossi dall'intento evidente di interferire nei giudizi in corso.

5. - Tutte le considerazioni prima svolte con riferimento alla

inosservanza dei limiti alla capacità espansiva del potere legisla tivo si riprospettano, come è inevitabile accada, in relazione al

supremo principio costituzionale di eguaglianza (art. 3).

La ragionevolezza e la non arbitrarietà della disciplina legisla tiva va, come noto, intesa nel senso che deve essere assicurato

ad ognuno eguaglianza di trattamento quando siano ragionevol mente ritenute eguali le condizioni soggettive alle quali le nor

me giuridiche si riferiscono. Che non vi sia eguaglianza di trat

tamento tra amministratori dello Stato o di altri enti pubblici e quelli degli enti ospedalieri che abbiano nello stesso periodo di tempo disposto erogazioni di trattamenti economici maggiori di quelli previsti dalle fonti normative, per essi vincolanti nei

sensi prima detti, risulta evidente per logica affermazione; che

non vi sia egualmente tra gli stessi amministratori degli enti

ospedalieri, a seconda che la indebita erogazione sia stata deli

berata in periodo antecedente l'entrata in vigore della legge del

1980 o in quello successivo, è del pari evidente.

Né sembra sussistano condizioni soggettive o situazioni ragio nevolmente non eguali che possono giustificare la disciplina par ticolare derogatoria che appare quindi in contrasto con il prin

cipio di eguaglianza (Corte cost. n. 80/1972, id., 1972, I, 1533). Deliberare erogazioni in contrasto con le norme vigenti è ope

razione che non consente di ipotizzare condizioni soggettive dif

ferenziate, che giustifichino una discrezionale valutazione legisla

tiva, salvo quelle le quali, in quanto possano valere come esi

menti, sono già previste nell'ordinamento.

L'operazione stessa non è suscettibile di giustificazione in ba

se a diversità di situazioni, in quanto quelle che, secondo la

normale esperienza, costituiscono il presupposto per i comporta menti illeciti (e sono, in disparte l'errore interpretativo, le ri

chieste o agitazioni del personale dipendente e delle organizza zioni sindacali), costituiscono dato di fatto comune nella gestione

pubblica e privata. Di qui il contrasto con il principio di ragionevolezza, quale

limite posto alla discrezionalità del legislatore (Corte cost. nn.

72 e 87/1962, id., 1962, I, 1219; n. 7/1965, id., 1965, I, 325; n. 94/1966, id., 1966, I, 1473; n. 103/1969, id., 1969, I, 2090; n. 190/ 1971, id., 1972, I, 10; n. 9/1975, id., 1975, I, 544) per mancanza di coerenza, in quanto il presupposto (erogazione il

lecita) è comune sia alla normativa generale (che riafferma la

responsabilità) che a quella derogatoria (che esclude il persegui mento della responsabilità).

D'altronde, dagli atti parlamentari (la norma, si ripete, non

era contenuta nel decreto legge) risulta che la 12" commissione

permanente del Senato (n. 983/A, Senato, Vili legislatura, 2

luglio 1980) propose una diversa disposizione e precisamente: « il trattamento economico del personale dipendente degli enti

ospedalieri e degli istituti di ricovero e cura a carattere scien

tifico, come previsto dall'accordo nazionale di lavoro per il pe riodo 1° luglio 1979-31 dicembre 1982 assorbe, con effetto dalla

data di entrata in vigore della legge di conversione del pre sente decreto, trattamenti economici eventualmente deliberati ed

esaminati favorevolmente dai rispettivi organi di controllo an

teriormente al 15 giugno 1980 in difformità da quanto stabilito

dall'art. 7 d. 1. 8 luglio 1974 n. 264 come modificato dalla legge di conversione 17 agosto 1974 in. 386 ».

In assemblea (157" seduta - 30 luglio 1980) fu presentato da

parte del governo l'emendamento, nel testo poi approvato, sulla

base della considerazione che la norma, formulata nei sensi ora

detti, si potesse prestare ad interpretazioni estensive che sicu

ramente non erano nelle intenzioni della commissione stessa.

« Il fatto di prevedere per tutte le amministrazioni la possibilità di sanare trattamenti indebitamente deliberati costituisce — si

legge nell'atto citato — elemento di chiarificazione e di reim

missione nell'alveo del più rigoroso rispetto della legge di situa

zioni a volte complesse ».

Ma è proprio questo procedimento previsto per l'esonero da

responsabilità che induce a prospettare altro dubbio non mani

festamente infondato di contrasto della disciplina in esame con

l'art. 3 Cost., ovviamente in via subordinata, in quanto l'even

tuale fondatezza della questione già prospettata ne renderebbe

superfluo l'esame.

Subordinare l'applicazione dell'esonero da responsabilità a de

libera di altro organo (nella specie il comitato della unità sani

taria locale) non appare sorretto da ragionevole giustificazione: cause varie e molteplici non imputabili agli amministratori re

sponsabili degli enti ospedalieri possono impedire il verificarsi

della condizione stabilita per l'esenzione di responsabilità. Ciò

con maggiori motivi ove si ritenga che detta esenzione sia su

bordinata non alla mera adozione della delibera prevista ma

alla sua conformità all'accordo nazionale di lavoro 30 giugno 1979-31 dicembre 1982, potendo derivare la condanna o meno dei convenuti da fatto ad essi totalmente estraneo.

Sempre con riferimento all'art. 3 Cost., da ultimo, va prospet tato come, con lo stabilire la irripetibilità delle erogazioni dispo

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ste, si legittimino possibili indebiti e differenziati trattamenti, a seconda della buona volontà degli amministratori che li hanno

deliberati, tra dipendenti dei vari enti ospedalieri che svolgono le stesse funzioni o attività.

6. - Anche nei riguardi dell'art. 25 Cost., secondo cui nessuno

può essere distolto dal giudice naturale, si profila un contrasto della norma in esame, in quanto fatto conseguenziale alla de nunciata invasione della sfera riservata al giudice è la sottra zione a questi di ben determinabili o determinati soggetti, già convenuti o convenibili in giudizio, ai fini della valutazione delle

responsabilità imputate. Ciò sia che per i processi in corso venga data dal legislatore la pronuncia relativa, sia che si attribuisca ad un atto di organi amministrativi, e cioè alla delibera cui si è fatto cenno al punto precedente, un effetto escludente la va lutazione del giudice circa la sussistenza delle responsabilità.

7. - Men che abusato, come sostenuto dalla difesa dei conve

nuti, il riferimento all'art. 97 Cost, acquista, nel caso in esame,

puntuale significazione. Le leggi della Repubblica che dettano la organizzazione dei

pubblici uffici debbono assicurare il buon andamento e la im

parzialità dell'amministrazione.

Il principio della imparzialità appare violato, in quanto legit timare i fatti (sanatoria) è, nella specie, sancire la difformità di

trattamenti economici in deroga e dare giustificazione — in una

logica paradossale ma reale — ad azioni rivendicative di chi si

viene a trovare in posizione deteriore per la correttezza degli amministratori. Soluzione normativa che non appare ispirata ai

criteri costituzionali relativi all'ordinamento dei pubblici uffici e

che già è stata valutata come contrastante con l'art. 3 Cost.

Già la « parzialità » dell'azione dei pubblici poteri che conse

gue all'applicazione di una tal norma di sanatoria appare con

giuntamente contraria al principio costituzionale del buon an

damento dell'amministrazione, per il motivo prima accennato.

Non appare inoltre conforme al principio del buon andamento

nella p.a. la scelta legislativa la quale riconosca che i pre cetti legislativi statuenti obblighi che comportano responsabi lità e sono da osservare e da far osservare, una volta violati

(ed il riferimento nella norma in esame a provvedimenti dif

formi dalla legge « approvati » dagli organi di controllo è si

gnificativo) siano da vanificare nella loro portata.

Ciò in quanto la vanificazione delle responsabilità espressa mente sancite, la legittimazione dei « fatti » che hanno vulnera

to l'ordinamento vigente non suggerisce, con evidenza, una re

gola cui possa riferirsi il buon amministratore della res pub blica e perché siano conformi al principio del buon andamento

le norme sulla organizzazione dei pubblici uffici non dovrebbe

ro contenere regole devienti da pacifici principi di buona ammi

nistrazione.

Nell'ipotesi si possa ritenere che la norma di deroga, in quan to norma singolare, non incide sul principio del buon anda

mento, fermi rimanendo i profili di contrasto con le norme co

stituzionali già illustrati, non manifestamente infondata appari rebbe la questione di costituzionalità anche in riferimento all'art.

28 Cost, perché la legge singolare viene a vanificare le prece denti norme che in conformità a questo precetto costituzionale

la responsabilità avevano stabilito e la cui possibile applicazio ne risulta dalla nuova legge preclusa.

Sotto quest'ultimo profilo, rileva il collegio che norme di sa

natoria di responsabilità già concretatesi, in vario modo formu

late, iniziano a costituire fatto che si reitera (basterà indicarne

ancora la 1. 25 novembre 1971 n. 1042 e richiamare a titolo

esemplificativo il più recente caso di cui all'art. 2 d. 1. 7 maggio 1980 n. 153, come convertito nella 1. 7 luglio 1980 n. 299), fatto

indice di situazioni sociali che esulano dalla sua valutazione, ma

che può essere prospettato al giudice della costituzionalità delle

leggi. 8. - Manifestamente infondata appare, invece, al collegio la

questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento

all'art. 24 Cost., in quanto l'ambito del diritto alla tutela giu

risdizionale è in funzione della tutela sostanziale concessa dal

legislatore all'interesse per il quale si agisce. Se la norma non

accorda una posizione di vantaggio non può invocarsi l'art. 24

che appresta una garanzia strumentale. È quindi la disciplina

dell'interesse che deve essere conforme ai precetti costituzionali

ed ove ciò non sia è certo violato, ma in via soltanto derivata,

il diritto alla tutela giurisdizionale.

9. - Ciò posto, poiché la sollevata eccezione di legittimità co

stituzionale non appare, per tutti i motivi addotti, manifesta

mente infondata ai sensi dell'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1,

e poiché essa è pregiudiziale all'ulteriore corso del giudizio,

questo va sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; Sezione di Brescia; sentenza 23 giugno 1981, n. 285;

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; Sezione di Brescia; sentenza 23 giugno 1981, n. 285; Pres. Napolitano, Est. Ingrassia; Boschi (Avv. Ceruti) c.

Comune di Piazzatone (Avv. Suardi, Fustinoni, Bellini).

Giustizia amministrativa — Licenza edilizia — Domanda — Si

lenzio-rifiuto — Ricorso — Termine di decadenza — Inappli cabilità (L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 31; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche e integrazioni alla legge ur

banistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 10).

Non è soggetto al termine di decadenza il ricorso col quale il ri

chiedente una licenza edilizia, in caso di inerzia del sindaco, chiede l'accertamento del suo obbligo a provvedere (nella spe cie, il ricorso cosi dichiarato ammissibile seguiva di circa due

anni e un anno e mezzo le domande di licenza edilizia in

ordine alle quali il sindaco era rimasto inerte). (1)

Diritto. — Come emerge dalle premesse in fatto, l'odierno ri

corrente, con due istanze del 4 ottobre 1974 — rivolte al sindaco del comune intimato — chiedeva il rilascio delle licenze edilizie,

per la realizzazione di due edifici, sui lotti di proprietà nn. 56

e 61, siti nella frazione « Rossanella » dello stesso comune.

L'autorità comunale predetta ometteva di provvedere, nel pre visto termine — dall'art. 31 1. urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150

e successive modificazioni — di sessanta giorni, sicché l'istante — dopo alcun tempo — il 16 aprile 1975, con lettera raccoman

data, sollecitava l'amministrazione a provvedere sulle avanzate

domande di licenza.

Anche questa volta, però, l'amministrazione manteneva un com

portamento silenzioso, rendendo, cosi, necessario il ricorso che

si esamina — notificato il 17 novembre 1976 — contro il silen

zio-rifiuto formatosi in proposito.

Resiste, in questa sede, l'intimato comune, eccependo preli minarmente la irricevibilità del ricorso, per tardività, essendj

stato lo stesso proposto oltre il termine di decadenza, sia con

riguardo al maturare del primo periodo di sessanta giorni —

entro cui il sindaco avrebbe dovuto provvedere — scadente il

5 dicembre 1974; sia con riguardo al successivo periodo (sempre di sessanta giorni), maturato il 16 giugno 1975, ove si possa

ricollegare un effetto interruttivo alla raccomandata sollecitato

ria, inviata dal ricorrente il 16 aprile 1975.

La suddetta eccezione è infondata, e va, pertanto, disattesa.

Pur considerando il collegio che la eccezione in argomento tro

va conforto nella pressoché costante giurisprudenza dei giudici amministrativi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 16 novem

bre 1979, n. 691, Foro it., Rep. 1980, voce Giustizia ammini

strativa, n. 373), ritiene, tuttavia, che, concretando l'inerzia del

l'autorità comunale, anche nel caso — al di là della speciale pro cedura apprestata dal legislatore —, un vero e proprio inadempi

mento, contro lo stesso il privato può reagire, non già nel termine

di decadenza, ma sino a quando dura l'inadempimento stesso (per le altre ipotesi di inerzia, cfr. T.A.R. Liguria sent. n. 114/1975,

id., Rep. 1975, voce cit., nn. 895, 963, 1906; T.A.R. Piemonte

n. 312/1976). E, invero, proprio perché il termine di sessanta

giorni assegnato dall'art. 31 cit. 1. n. 1150/1942 al sindaco

per provvedere sulle domande di licenza edilizia (oggi, conces

(1) Nello stesso senso, T.A.R. Liguria 12 giugno 1975, n. 114, Foro it., Rep. 1975, voce Giustizia amministrativa, n. 895.

Ma, come ammesso dalla sentenza che si riporta, la giurisprudenza di gran lunga prevalente è nel senso che il ricorso contro l'inerzia che il sindaco abbia mantenuto sulla domanda di licenza o di conces sione edilizia, sia sottoposto all'ordinario termine di decadenza, de corrente dalla formazione del silenzio-rifiuto: Cons. Stato, Sez. V, 16 novembre 1979, n. 691, id., Rep. 1980, voce cit., n. 373; T.A.R. La

zio, Sez. II, 23 maggio 1979, n. 365, id., Rep. 1979, voce cit., n.

432; T.A.R. Campania 10 ottobre 1978, n. 935, ibid., n. 431; Cons.

Stato, Sez. V, 15 marzo 1974, n. 253, id., Rep. 1974, voce cit., n. 380; 6 novembre 1973, nn. 789 e 800, id., Rep. 1973, voce cit., nn. 261, 260; 6 luglio 1971, n. 663, id., Rep. 1971, voce Edilizia e urbanistica, n. 433; cfr. anche l'ordinanza di rimessione all'adunanza plenaria della

questione definita in termini non del tutto coincidenti, emessa dalla Sez. V 15 novembre 1974, n. 520, id., Rep. 1974, voce Giustizia am

ministrativa, n. 382. Per riferimenti, in relazione al silenzio mantenuto sull'istanza di

voltura di licenza edilizia, T.A.R. Abruzzo, Sez. Pescara, 20 dicem bre 1977, n. 50, id., Rep. 1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 564, che si è orientata nel senso più favorevole al ricorrente.

Per ulteriori riferimenti, sull'istituto del silenzio assenso in materia edilizia, introdotto con il d.l. n. 633/1981 (c. d. d. 1. Nicolazzi), deca duto per mancata conversione, e ripreso nel successivo d. 1. 23 gen naio 1982 n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1982 n. 94, cons. Pret. Bassano del Grappa 18 dicembre 1981, Pret. Foggia 1° dicembre 1981, Pret. Roma 18 dicembre 1981, id., 1982, II, 49, 56, con note di richiami.

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