Sezione I; ordinanza 21 gennaio 1981, n. 3; Pres. Giordano, Rel. Garri; Proc. gen. c. De Micheli ealtri (Avv. Casili, Sorrentino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982),pp. 207/208-213/214Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174339 .
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PARTE TERZA
nata alla omessa esecuzione dello stesso e non già alla mancata
esecuzione del sequestro. Orbene tale chiarificazione di concetti (esecuzione del provve
dimento autorizzativo ed esecuzione del sequestro) non è priva di effetti sul piano pratico, ove può non realizzarsi coincidenza
fra i due momenti esecutivi, come si verifica in tutti i casi in
cui non sia possibile esaurire con unico atto le operazioni di se
questro. La conseguenza di questo rilievo è, quindi, che il provvedi
mento deve considerarsi già eseguito col compimento del primo
atto, ancorché il sequestro non lo sia del tutto, per la necessità
di ulteriore attività esecutiva che lo completi.
Si può, in definitiva, senz'altro affermare che l'art. 675 cit. ha
voluto disciplinare soltanto un'ipotesi di inefficacia dell'atto pro cessuale che autorizza il sequestro; e non se ne possono desu
mere casi di inefficacia « del sequestro ».
Dall'applicazione dei surriferiti concetti al caso in esame con
segue che non può quivi darsi ingresso ad una dichiarazione di
inefficacia ex art. 675 c. p. c., in quanto il provvedimento auto
rizzativo porta la data del 6 febbraio 1980 e il primo atto d'ese
cuzione è del 21 febbraio successivo: pertanto, avendo l'attore
« eseguito » il provvedimento di sequestro nel prescritto termi
ne di trenta giorni, la suddetta norma non risulta violata.
C) Resta ora da esaminare l'istanza del p. m. — avanzata oral
mente in udienza — di autorizzazione al sequestro, da disporre, ex art. 673 c. p. c., mediante ordinanza: istanza che il collegio non ritiene meritevole di accoglimento per i seguenti motivi.
La giurisprudenza di questa corte, con indirizzo costante (cfr.
Sez. II 14 marzo 1977, n. 50, id., Rep. 1977, voce Responsabi lità contabile, n. 87; Sez. I 14 maggio 1979, n. 41, id., Rep.
1980, voce cit., n. 87) — dal quale la sezione non ritiene di do
versi discostare — ha, infatti, affermato il principio che il se
questro conservativo nel corso del giudizio di responsabilità am
ministrativa deve essere disposto nella forma del decreto presi denziale, prevista dall'art. 48 reg. proc. cit., e non in quella del
l'ordinanza, ai sensi dell'art. 674 c. p. c., in quanto le norme del
processo comune sono, in detta materia, non compatibili con le
caratteristiche del giudizio cantabile, che non conosce una fase
di istruzione della causa anteriore alla fase dibattimentale.
Tale enunciazione viene, dunque, giustificata con la diversità
di struttura del processo civile, caratterizzato da una costante
partecipazione processuale delle parti e dall'acquisizione in con
traddittorio delle prove, rispetto a quello che si svolge dinanzi
al giudice contabile, che, in coerenza con il suo carattere pre valentemente documentale, non prevede una fase di istruzione
anteriore a quella dibattimentale.
Orbene, considerato che il legislatore, nel disciplinare il pro cedimento cautelare, pur garantendo ogni possibilità di difesa al
presunto debitore, ha inteso principalmente salvaguardare la tem
pestività ed il buon esito della procedura stessa, le rilevate diffe renze strutturali hanno offerto lo spunto per le seguenti dedu zioni. Si è, cioè, osservato che, mentre nel processo civile la
preesistenza di un rapporto processuale — con possibilità, quin di, del sequestrato di far valere subito le proprie ragioni —
non contrasta, né pone, comunque, in pericolo le suddette fina lità perseguite dal legislatore, non si verifica altrettanto nel pro cesso contabile, ove non è ipotizzabile una preventiva audizione della controparte ottenuta con la tempestività imposta dalla na tura della procedura cautelare (cfr. Sez. II 12 giugno 1972, n.
129, id., Rep. 1973, voce cit., n. 49).
Si è, pertanto, riconosciuto che, non essendo la situazione che si verifica nell'ipotesi di sequestro richiesto in corso di causa dis simile da quella del sequestro anteriore alla causa, unico stru mento formalmente idoneo ad autorizzare la misura cautelare in discorso nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti è il decreto presidenziale e non, quindi, l'ordinanza.
A sostegno di queste conclusioni si può ancora soggiungere, ad avviso di questi giudici, che le rilevate differenze strutturali tra
processo civile e contabile sono state indubbiamente tenute pre senti dal legislatore quando, nel cit. art. 48 reg. proc., ha, lapi dariamente, disposto che il sequestro conservativo « è, su do manda del procuratore generale, concesso dal presidente della sezione mediante decreto, nel quale viene fissato anche il ter rain per il giudizio di convalida ».
In effetti, a ben vedere, l'assenza di ulteriori precisazioni o
specificazioni non è, per le ragioni suddette, dovuta ad involon taria lacuna legislativa che l'interprete debba provvedere a col* mare mediante l'applicazione analogica della normativa del co dice di rito, ma corrisponde ad una precisa volontà del legisla tore che ha evidentemente inteso attribuire alla forma del de creto presidenziale carattere di generalità, nel senso che, dinan zi al giudice contabile, tale forma debba essere usata sia nel caso
di sequestro anteriore alla causa che nell'ipotesi di sequestro in corso di causa.
Resta cosi' confermato, in perfetta sincronia con quanto pre cedentemente asserito in ordine all'individuazione della norma tiva che disciplina il sequestro, che l'unica differenza che carat terizza la misura cautelare, quando questa sia utilizzata nell'am bito della materia contabile, discende dalla corretta applicazione della disposizione contenuta nel citato art. 48.
Sulla base di tutte le suesposte argomentazioni, nella fattispe cie non resta, pertanto, che dichiarare l'ineffioacia del sequestro conservativo autorizzato con decreto del 6 febbraio 1980 per inosservanza del termine perentorio di notifica previsto dall'art.
680, 1° comma, c. p. c.
CORTE DEI CONTI; Sezione I; ordinanza 21 gennaio 1981, n. 3; Pres. Giordano, Rei. Garrì; Proc. gen. c. De Micheli e
altri (Aw. Casili, Sorrentino).
Sanitario — Dipendenti ospedalieri — Compensi indebitamente
percepiti — Sanatoria della indebita erogazione — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.
5, 25, 28, 97, 101, 102, 103, 104; d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria, art. 7; 1. 17 ago sto 1974 n. 386, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, art. unico; 1. 8 agosto 1980 n. 441, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 1° luglio 1980, art. 10 bis).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità
dell'art. 10 bis l. 8 agosto 1980 n. 441, nella parte in cui sta bilisce l'esclusione della responsabilità per coloro che abbiano
disposto trattamenti economici al personale dipendente degli en ti ospedalieri in difformità da quanto predisposto dall'art. 7 d. I. 8 luglio 1974 n. 264, convertito, con modificazioni, in l. 17
agosto 1974 n. 386, sempre che le amministrazioni interessate
provvedano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della l. n. 441 a rideterminare, con decorrenza da tale data, i
ripetuti trattamenti come previsto dall'accordo nazionale di la
voro 30 giugno 1979-31 dicembre 1982, in riferimento agli art.
3, 25, 1' comma, 28, 97, 101, 102, 103 e 104 Costai)
(1) L'ordinanza è stata già massimata in « rivista » in Foro it., 1982, III, 142, con la data del 14 novembre 1980 (desunta dalla Gazzetta ufficiale), che è la data della prima camera di consiglio, alla quale ne ha fatto seguito altra del 18 dicembre 1980; la data di pubblicazione è quella sopra trascritta.
Riteniamo utile riportare la motivazione, che denuncia senza mezzi termini le invasioni che il legislatore opera non di rado nella sfera riservata al giudice della responsabilità amministrativa, sottraendo alla sua cognizione la valutazione del comportamento di « ben determina bili o determinati soggetti, già convenuti o convenibili in giudizio»: il che si verifica « sia che per i processi in corso venga data dal le gislatore la pronuncia relativa, sia che si attribuisca ad un atto di organi amministrativi ... un effetto escludente la valutazione del giudice circa la sussistenza delle responsabilità ».
Il caso si inserisce dunque perfettamente nel quadro di norme le gislative dettate per interferire su giudizi in corso delineato nella nota di A. Lener a Trib. Roma 7 ottobre 1981 (L'eccesso di potere del legislatore e i giudici), in Foro it., 1981, I, 3002, aggiungendovi ulte riore materiale. Anche le due precedenti ordinanze di rimessione della Corte dei conti alla Corte costituzionale, citate in motivazione e già ricordate nella precedente nota di richiami (Sez. I 9 aprile 1976, n. 12, id., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 378 a, e Sez. II 27 no vembre 1975, n. 24, id., 1977, III, 120), arricchiscono il quadro con riferimento ad un'altra vicenda nella quale una norma legislativa so pravvenuta ha modificato la regola di valutazione sostanziale di com portamenti già avvenuti, e quindi di responsabilità già sorte, con lo scopo di incidere sui giudizi di competenza della Corte dei conti.
Sempre in relazione alla giurisdizione della Corte dei conti, sulla sanatoria ex lege dei conti consuntivi dei bilanci comunali, v. C. conti, Sez. riun., 20 luglio 1979, n. 219/A, id., 1980, III, 521, con nota di richiami, in particolare delle conformi precedenti decisioni delle sez. I e II. Inoltre, nel senso della applicabilità quale ius superveniens nei giudizi già in corso di svolgimento della 1. 4 marzo 1981 n. 67, che ha limitato ai soli casi di dolo o colpa grave la responsabilità del personale delle ferrovie dello Stato che abbia cagionato un danno all'azienda nell'esercizio delle funzioni inerenti alla circolazione dei treni e delle attività direttamente connesse, con riferimento ai fatti avvenuti a partire dal 21 luglio 1976, v., da ultimo, C. conti, Sez. I, 19 novembre 1981, n. 113, Settimana giur., 1982, IV, 3; osserva in proposito M. D'Antino, La domanda di sicurezza degli agenti ferro viari. in Foro amm., 1981, 1827, che «la portata retroattiva dell'effetto
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — 1. - Con d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, convertito con
modificazioni in 1. 17 agosto 1974 n. 586, nel dettare norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'av
vio della riforma sanitaria •— per quanto interessa nel presente
giudizio — è stato, con l'art. 7, fatto divieto agli enti ospeda lieri di corrispondere al personale dipendente compensi, proven ti, indennità addizionali, a qualsiasi titolo, in eccedenza a quelli
previsti da disposizioni di legge o dagli accordi nazionali di cui
all'art. 40 1. 12 febbrao 1968 n. 132. L'ultimo comma dello stes
so art. 7 stabilisce: « gli amministratori e il direttore ammini
strativo degli enti ospedalieri sono direttamente e solidalmente
responsabili per le erogazioni... in contrasto con le disposizio ni del presente articolo». Questo precetto col sancire responsa bilità per il compimento di atti, vietati in quanto comportano
erogazione di somme non dovute, ha indubbio carattere con
fermativo: non è cioè creativo di una fattispecie di responsabi lità prima non prevista dall'ordinamento; ciò in quanto dei dan
ni arrecati allo Stato ovvero ad altri enti pubblici sono chiamati
a rispondere gli amministratori e, in genere, i dipendenti ed
evento lesivo per la finanza è l'erogazione di fondi da parte di enti pubblici a favore di dipendenti quando non trovi titolo
in una norma di legge o dn accordi sindacali. Semmai con il di
vieto posto si esclude la stessa ammissibilità di un richiamo — in ogni caso almeno dubbia, pur nell'ipotesi di silenzio del
legislatore — all'« autonomia » o ai poteri di organizzazione pro pri degli enti pubblici. Al carattere confermativo della norma
può aggiungersi la sua funzione di « prevenzione » che emerge anche dalle motivazioni addotte in sede parlamentare nella va
lutazione di norme con analogo contenuto.
Senonché questa funzione di prevenzione è risultata vana nei
fatti, perché da parte dei consigli di amministrazione degli enti
ospedalieri erogazioni non dovute sono state corrisposte ai dipen denti ed il pubblico ministero presso questa corte, in adempi mento del suo dovere di ufficio, ha — come nel giudizio che in
teressa — convenuto i responsabili chiedendone la condanna al
risarcimento del danno arrecato (atto di citazione del 20 mar
zo 1980).
Nell'agosto 1980 è entrata in vigore la 1. 8 agosto n. 441 la
quale, nel convertire in legge il d.l. 1° luglio 1980 n. 245, con
cernente la disciplina transitoria delle funzioni di assistenza sa
nitaria delle unità sanitarie locali, ha aggiunto un articolo, il
lO&is, non contenuto nel provvedimento di urgenza, nel quale sono dettati tre precetti tra loro collegati. Si statuisce, in pri mo luogo, riconoscendo cosi frustrata la funzione di prevenzio ne che la nonna del 1974 intendeva svolgere, la revoca, con de
correnza dalla data di entrata in vigore della legge di conver
sione, dei trattamenti economici del personale dipendente da
gli enti ospedalieri e dagli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico con personalità giuridica di diritto pubblico delibe
rati in difformità da quanto disposto dall'art. 7 1. 17 agosto 1974
n. 386 sopra riportato; si dispone che i trattamenti stessi già
corrisposti alla data del 1° luglio 1980 non siano soggetti a re
della legge non deve stupire... perché si è inteso opportunamente agevolare quanti da quella data ad oggi siano incorsi in una decla ratoria di responsabilità da parte della Corte dei conti ».
Per la giurisprudenza amministrativa, sul tentativo operato dalla 1. reg. siciliana 18 giugno 1977 n. 42, di interferire su una contro versia di pubblico impiego già dopo che la decisione era stata no tificata all'amministrazione, Cons, giust. amm. sic. 11 ottobre 1978, n. 202, Foro it., 1979, 111, 334, con osservazione di A. Romano.
Per la giurisprudenza della Corte costituzionale, v., di recente, la sentenza 10 dicembre 1981, n. 185 [rei. Andrioli], id., 1982, I, 346, con annotazione di C. M. Barone, la quale, tra l'altro, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, 1° e 2°
comma, I. 20 marzo 1980 n. 75, che attribuisce alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali la cognizione delle con troversie in materia di indennità di buonuscita relative al personale dello Stato e delle aziende autonome e che prevede la dichiarazione di estinzione dei giudizi pendenti con compensazione delle spese, nonché la caducazione dei provvedimenti giudiziali non definitivi, in riferi mento agli art. 1, 3, 24, 25. 38, 42, 70, 101, 102, 104 e 113 Cost.;
e, con diversa ispirazione, la sentenza n. 197 di pari data [rei. Fer
rari], ibid., 650, che ha bollato come « caso esemplare di sviamento della funzione legislativa », perpetrato al fine di evitare, attraverso lo
strumento dell'* interpretazione autentica », il controllo della Corte dei conti già manifestatosi negativo su atti amministrativi del medesimo contenuto (indennità mensile e rimborso spese per missioni al pre sidente della regione ed agli assessori), la legge approvata dall'assem blea regionale siciliana in data 21 dicembre 1977.
Sulla illegittimità della corresponsione ai dipendenti ospedalieri di trattamenti economici superiori a quelli stabiliti nei vigenti accordi
nazionali. Cons. Stato, Sez. 1, 31 luglio 1981, n. 1258, id., 1982, III, 95. con nota di richiami.
cupero; si stabilisce la esclusione della responsabilità per chi i
trattamenti medesimi abbia disposto, sempre che le amministra
zoni interessate provvedano, entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione, a rideterminare, con
decorrenza da questa data, i ripetuti trattamenti come previsto dall'accordo nazionale di lavoro 30 giugno 1979-31 dicembre
1982.
2. - Come indicato in narrativa, il pubblico ministero all'udien
za del 14 novembre 1980 ha sollevato questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 10 bis citato per i seguenti motivi:
1) Eccesso di potere legislativo - Violazione degli art. 101,
102, 103, 104 Cost, per invasione del campo riservato alla giuris
dizione, mediante sottrazione al giudice dell'esame di compor tamenti già costituenti illecito, e delle pronunce su giudizi già incardinati.
2) Violazione art. 3 Cost. - Violazione del principio di egua
glianza tra categorie di persone esercitanti funzioni analoghe (am ministratori pubblici, sia statali che di enti pubblici) con trat
tamento personale ad alcuni di essi per comportamenti che con
tinuano ad essere perseguiti verso gli altri.
3) Violazione art. 24 Cost. - Impedimento per l'erario (nella
specie, le regioni succedute agli enti ospedalieri) a tutelare in
giudizio il proprio diritto al risarcimento del danno per il com
portamento illecito degli amministratori ospedalieri.
4) Violazione art. 28 Cost. - La norma impugnata solleva i fun
zionari degli enti ospedalieri (tali sono gli amministratori) dalle
responsabilità loro derivanti dalla violazione dei diritti degli enti
cui essi sono preposti (diritti patrimoniali). 5) Violazione art. 25 Cost. - La norma sottrae i convenuti o
convenibili al giudice naturale.
6) Violazione art. 97 Cost. - La norma di sanatoria di una re
sponsabilità viene a turbare il buon andamento e l'imparzialità nell'amministrazione, ingenerando anche aspettative in coloro che, investiti di pubbliche funzioni, abbiano commesso analoghe vio
lazioni.
Il pubblico ministero si è anche richiamato alle analoghe que
stioni, relative alla 1. 25 novembre 1971 n. 1042 sul personale delle università, già rimesse alla Corte costituzionale con ordi
nanza n. 24/75 del 27 novembre 1975 Sez. II (Foro it., Rep.
1977, voce Istruzione pubblica, n. 378 a) e n. 12 del 9 aprile 1976 Sez. I (id., 1977, III, 120).
3. - Le questioni di costituzionalità sollevate, il cui esame deve
precedere quello di ogni altra questione, sono di indubbia rile
vanza ai fini della decisione del merito della causa, stante il
rapporto di stretta dipendenza tra la decisione di esse e la defi
nizione della controversia.
4. - Le questioni di costituzionalità stesse, sollevate dal pub blico ministero, non sono manifestamente infondate nei limiti
appresso indicati.
Va preliminarmente precisato che, a fronte dei problemi di
interpretazione posti dalla 1. 25 novembre 1971 n. 1042 rimessa
al giudizio della Corte costituzionale con le ordinanze prima
citate, i precetti in esame non lasciano spazio interpretativo, in
quanto chiaramente contengono la sanatoria di specifici fatti
illeciti già compiuti e perseguiti nella sede giurisdizionale com
petente; piuttosto essi introducono, come sarà precisato, una nuo
va e differente questione, in quanto subordinano l'applicazione dell'esonero di responsabilità a una delibera di altro organo se non addirittura alla conformità di questa delibera a criteri in
dicati.
Non manifestamente infondato appare al collegio, in primo
luogo, l'eccepito contrasto della norma che dispone la sanatoria
di specifiche responsabilità con gli art. 101, 102, 103 e 104 Cost.
La Corte costituzionale ha negato l'esistenza di un limite
alla funzione legislativa rispetto all'attività amministrativa (sent, n. 60/1957, id., 1957, I, 1857), nel senso che, sotto un profilo
contenutistico, la funzione suddetta non consiste esclusivamen
te nella produzione di norme generali e astratte; ha riconosciu
to, per contro, una sfera di attività riservata al cosiddetto po tere giudiziario, con riaffermazione, in un limitato profilo, del
principio della divisione dei poteri.
Ritiene il collegio che non manifestamente infondato appare il dubbio che la norma di sanatoria anzidetta incida sul princi
pio della divisione dei poteri, interferendo necessariamente nel
la sfera di competenza del giudice. Difatti, le disposizioni costi
tuzionali richiamate (art. 101, 102, 103, 104) contenute nel ti
tolo IV della parte II della Costituzione sono intese — come
già affermato da questa corte (ord. n. 24/1975, Sez. II, cit.) —
a garantire l'indipendenza della funzione giudiziaria da ogni po tere e, quindi, a vietare che il potere legislativo possa modifi
care con legge il contenuto di una sentenza, possa sindacare
l'operato del giudice o possa sottrarre al giudizio una qualsiasi
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PARTE TERZA
controversia concernente diritti pienamente riconosciuti e tu telati.
Che il legislatore ordinario abbia ampi poteri, pur se non
legibus solutus (Corte cost. n. 72/1964, id., 1964, I, 1712), nel dettare la disciplina sostanziale della responsabilità dei dipen denti pubblici (salva la ragionevolezza della disciplina stessa, in osservanza del principio di eguaglianza: art. 3 Cost, e con il limite derivante dalla impossibilità di determinare una pra tica elusione del principio della responsabilità dei dipendenti stessi costituzionalmente fissato: art. 28 Cost.) è dato acquisito in sede giurisprudenziale in base anche all'insegnamento della Corte costituzionale. Altrettanto è da ritenersi circa la possibi lità che questa disciplina sia ragionevolmente non uniforme
(Corte cost. n. 54/1975, id., 1975, I, 1063), contenga cioè regole derogatorie per quanto concerne, ad esempio, il criterio di im
putazione (dolo o colpa grave) in ordine a certe categorie di
dipendenti ovvero a certi organi quando il trattamento differen ziato risulti giustificato da una posizione diversificante che ren da razionale la diversità della disciplina, e ciò anche in una situazione legislativa caratterizzata dal difetto di omogeneità nel settore.
Non è, però, di tale natura la normativa in esame che non detta una « nuova » disciplina delle responsabilità per gli ammi nistratori — intesa l'espressione in senso lato — degli enti ospe dalieri, anzi conferma oltre che l'illiceità di determinati fatti, tant'è che revoca le delibere emesse in violazione della legge del 1974, la imputazione a titolo di responsabilità per coloro
che le abbiano assunte e la perseguibilità per l'avvenire delle
responsabilità stesse.
Che si abbia conferma della illiceità dei fatti discende dalla
considerazione che i precetti in esame, come formulati, lungi dal
legittimare le maggiori erogazioni indebitamente deliberate dagli enti ospedalieri, con precetto avente efficacia retroattiva (come sarebbe stato possibile, disponendo l'attribuzione di maggiori trattamenti economici con effetti retroattivi) hanno, come detto, revocato gli atti relativi in quanto emanati in violazione della
legge del 1974. Anche la disposta irripetibilità delle maggiori somme erogate è stabilita per escludere l'effetto (ripetizione d'in
debito) della illegittimità della erogazione, illegittimità valuta
bile sul piano dell'illecito. Che una responsabilità da ciò di
scenda e che le medesime responsabilità siano, per l'avvenire,
perseguibili risulta, poi, evidente appena si consideri che eroga zioni non dovute costituiscono, come detto, illecita destinazione di fondi pubblici e, quindi, fonte di responsabilità in base alle
regole generali del nostro ordinamento. In effetti, con i precetti esaminati si sono stabilite specifiche impunità.
Stabilire specifiche impunità non è dettare una nuova disci
plina della responsabilità, ma « derogare » per casi specifici e
concreti e quindi sottrarre — con interferenza nei poteri del
giudice — controversie in atto alla cognizione del magistrato
competente, onde è configuratole, ad avviso del collegio, la vio lazione delle indicate norme costituzionali.
Né è a dirsi che, ammessa l'amnistia di reati, non vi è un
limite razionale al potere legislativo di operare con uguale fina lità nei confronti di responsabilità patrimoniali, in quanto l'am nistia non solo è espressamente contemplata dalla Costituzione e non può considerarsi in contrasto con questa (Corte cost. n.
171/1963, id., 1964, I, 1), ma nessun raffronto è operabile tra norme di amnistia e precetti di sanatoria, come quello in esame, che concernono determinati fatti illeciti individuabili non per
tipi (crimini), ma per soggetti autori degli illeciti. Nemmeno sembra conferente la possibile osservazione che, in effetti, con i precetti di « sanatoria » si hanno, rispetto alla attività del giu dice che ha la funzione di adottare decisioni vincolate all'ordi
namento normativo, risultati analoghi a quelli discendenti da leggi interpretative. Difatti l'emanazione di leggi interpretative che inno
vano all'ordine legislativo attribuendo a certe leggi anteriori un si
gnificato obbligatorio per tutti, è stato ritenuto (Corte cost. n. 118/ 1957, cit.) non vulneri la sfera del potere giudiziario, ma sol quando
rispetti i giudicati (la legge faccia salvi i rapporti definiti) e non
appaia mossa dall'intento di interferire nei giudizi in corso.
Appare allora confermato che non manifestamente infondato risulta il contrasto con le norme costituzionali citate di precetti come quelli in esame che, al pari di quelli interpretativi, intro ducono un quid novi nell'ordine legislativo, ma senza far salvi i rapporti definiti ed escludendo la responsabilità per fattispe cie di illecito specifiche, determinate o determinabili, appaiono mossi dall'intento evidente di interferire nei giudizi in corso.
5. - Tutte le considerazioni prima svolte con riferimento alla
inosservanza dei limiti alla capacità espansiva del potere legisla tivo si riprospettano, come è inevitabile accada, in relazione al
supremo principio costituzionale di eguaglianza (art. 3).
La ragionevolezza e la non arbitrarietà della disciplina legisla tiva va, come noto, intesa nel senso che deve essere assicurato
ad ognuno eguaglianza di trattamento quando siano ragionevol mente ritenute eguali le condizioni soggettive alle quali le nor
me giuridiche si riferiscono. Che non vi sia eguaglianza di trat
tamento tra amministratori dello Stato o di altri enti pubblici e quelli degli enti ospedalieri che abbiano nello stesso periodo di tempo disposto erogazioni di trattamenti economici maggiori di quelli previsti dalle fonti normative, per essi vincolanti nei
sensi prima detti, risulta evidente per logica affermazione; che
non vi sia egualmente tra gli stessi amministratori degli enti
ospedalieri, a seconda che la indebita erogazione sia stata deli
berata in periodo antecedente l'entrata in vigore della legge del
1980 o in quello successivo, è del pari evidente.
Né sembra sussistano condizioni soggettive o situazioni ragio nevolmente non eguali che possono giustificare la disciplina par ticolare derogatoria che appare quindi in contrasto con il prin
cipio di eguaglianza (Corte cost. n. 80/1972, id., 1972, I, 1533). Deliberare erogazioni in contrasto con le norme vigenti è ope
razione che non consente di ipotizzare condizioni soggettive dif
ferenziate, che giustifichino una discrezionale valutazione legisla
tiva, salvo quelle le quali, in quanto possano valere come esi
menti, sono già previste nell'ordinamento.
L'operazione stessa non è suscettibile di giustificazione in ba
se a diversità di situazioni, in quanto quelle che, secondo la
normale esperienza, costituiscono il presupposto per i comporta menti illeciti (e sono, in disparte l'errore interpretativo, le ri
chieste o agitazioni del personale dipendente e delle organizza zioni sindacali), costituiscono dato di fatto comune nella gestione
pubblica e privata. Di qui il contrasto con il principio di ragionevolezza, quale
limite posto alla discrezionalità del legislatore (Corte cost. nn.
72 e 87/1962, id., 1962, I, 1219; n. 7/1965, id., 1965, I, 325; n. 94/1966, id., 1966, I, 1473; n. 103/1969, id., 1969, I, 2090; n. 190/ 1971, id., 1972, I, 10; n. 9/1975, id., 1975, I, 544) per mancanza di coerenza, in quanto il presupposto (erogazione il
lecita) è comune sia alla normativa generale (che riafferma la
responsabilità) che a quella derogatoria (che esclude il persegui mento della responsabilità).
D'altronde, dagli atti parlamentari (la norma, si ripete, non
era contenuta nel decreto legge) risulta che la 12" commissione
permanente del Senato (n. 983/A, Senato, Vili legislatura, 2
luglio 1980) propose una diversa disposizione e precisamente: « il trattamento economico del personale dipendente degli enti
ospedalieri e degli istituti di ricovero e cura a carattere scien
tifico, come previsto dall'accordo nazionale di lavoro per il pe riodo 1° luglio 1979-31 dicembre 1982 assorbe, con effetto dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del pre sente decreto, trattamenti economici eventualmente deliberati ed
esaminati favorevolmente dai rispettivi organi di controllo an
teriormente al 15 giugno 1980 in difformità da quanto stabilito
dall'art. 7 d. 1. 8 luglio 1974 n. 264 come modificato dalla legge di conversione 17 agosto 1974 in. 386 ».
In assemblea (157" seduta - 30 luglio 1980) fu presentato da
parte del governo l'emendamento, nel testo poi approvato, sulla
base della considerazione che la norma, formulata nei sensi ora
detti, si potesse prestare ad interpretazioni estensive che sicu
ramente non erano nelle intenzioni della commissione stessa.
« Il fatto di prevedere per tutte le amministrazioni la possibilità di sanare trattamenti indebitamente deliberati costituisce — si
legge nell'atto citato — elemento di chiarificazione e di reim
missione nell'alveo del più rigoroso rispetto della legge di situa
zioni a volte complesse ».
Ma è proprio questo procedimento previsto per l'esonero da
responsabilità che induce a prospettare altro dubbio non mani
festamente infondato di contrasto della disciplina in esame con
l'art. 3 Cost., ovviamente in via subordinata, in quanto l'even
tuale fondatezza della questione già prospettata ne renderebbe
superfluo l'esame.
Subordinare l'applicazione dell'esonero da responsabilità a de
libera di altro organo (nella specie il comitato della unità sani
taria locale) non appare sorretto da ragionevole giustificazione: cause varie e molteplici non imputabili agli amministratori re
sponsabili degli enti ospedalieri possono impedire il verificarsi
della condizione stabilita per l'esenzione di responsabilità. Ciò
con maggiori motivi ove si ritenga che detta esenzione sia su
bordinata non alla mera adozione della delibera prevista ma
alla sua conformità all'accordo nazionale di lavoro 30 giugno 1979-31 dicembre 1982, potendo derivare la condanna o meno dei convenuti da fatto ad essi totalmente estraneo.
Sempre con riferimento all'art. 3 Cost., da ultimo, va prospet tato come, con lo stabilire la irripetibilità delle erogazioni dispo
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
ste, si legittimino possibili indebiti e differenziati trattamenti, a seconda della buona volontà degli amministratori che li hanno
deliberati, tra dipendenti dei vari enti ospedalieri che svolgono le stesse funzioni o attività.
6. - Anche nei riguardi dell'art. 25 Cost., secondo cui nessuno
può essere distolto dal giudice naturale, si profila un contrasto della norma in esame, in quanto fatto conseguenziale alla de nunciata invasione della sfera riservata al giudice è la sottra zione a questi di ben determinabili o determinati soggetti, già convenuti o convenibili in giudizio, ai fini della valutazione delle
responsabilità imputate. Ciò sia che per i processi in corso venga data dal legislatore la pronuncia relativa, sia che si attribuisca ad un atto di organi amministrativi, e cioè alla delibera cui si è fatto cenno al punto precedente, un effetto escludente la va lutazione del giudice circa la sussistenza delle responsabilità.
7. - Men che abusato, come sostenuto dalla difesa dei conve
nuti, il riferimento all'art. 97 Cost, acquista, nel caso in esame,
puntuale significazione. Le leggi della Repubblica che dettano la organizzazione dei
pubblici uffici debbono assicurare il buon andamento e la im
parzialità dell'amministrazione.
Il principio della imparzialità appare violato, in quanto legit timare i fatti (sanatoria) è, nella specie, sancire la difformità di
trattamenti economici in deroga e dare giustificazione — in una
logica paradossale ma reale — ad azioni rivendicative di chi si
viene a trovare in posizione deteriore per la correttezza degli amministratori. Soluzione normativa che non appare ispirata ai
criteri costituzionali relativi all'ordinamento dei pubblici uffici e
che già è stata valutata come contrastante con l'art. 3 Cost.
Già la « parzialità » dell'azione dei pubblici poteri che conse
gue all'applicazione di una tal norma di sanatoria appare con
giuntamente contraria al principio costituzionale del buon an
damento dell'amministrazione, per il motivo prima accennato.
Non appare inoltre conforme al principio del buon andamento
nella p.a. la scelta legislativa la quale riconosca che i pre cetti legislativi statuenti obblighi che comportano responsabi lità e sono da osservare e da far osservare, una volta violati
(ed il riferimento nella norma in esame a provvedimenti dif
formi dalla legge « approvati » dagli organi di controllo è si
gnificativo) siano da vanificare nella loro portata.
Ciò in quanto la vanificazione delle responsabilità espressa mente sancite, la legittimazione dei « fatti » che hanno vulnera
to l'ordinamento vigente non suggerisce, con evidenza, una re
gola cui possa riferirsi il buon amministratore della res pub blica e perché siano conformi al principio del buon andamento
le norme sulla organizzazione dei pubblici uffici non dovrebbe
ro contenere regole devienti da pacifici principi di buona ammi
nistrazione.
Nell'ipotesi si possa ritenere che la norma di deroga, in quan to norma singolare, non incide sul principio del buon anda
mento, fermi rimanendo i profili di contrasto con le norme co
stituzionali già illustrati, non manifestamente infondata appari rebbe la questione di costituzionalità anche in riferimento all'art.
28 Cost, perché la legge singolare viene a vanificare le prece denti norme che in conformità a questo precetto costituzionale
la responsabilità avevano stabilito e la cui possibile applicazio ne risulta dalla nuova legge preclusa.
Sotto quest'ultimo profilo, rileva il collegio che norme di sa
natoria di responsabilità già concretatesi, in vario modo formu
late, iniziano a costituire fatto che si reitera (basterà indicarne
ancora la 1. 25 novembre 1971 n. 1042 e richiamare a titolo
esemplificativo il più recente caso di cui all'art. 2 d. 1. 7 maggio 1980 n. 153, come convertito nella 1. 7 luglio 1980 n. 299), fatto
indice di situazioni sociali che esulano dalla sua valutazione, ma
che può essere prospettato al giudice della costituzionalità delle
leggi. 8. - Manifestamente infondata appare, invece, al collegio la
questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento
all'art. 24 Cost., in quanto l'ambito del diritto alla tutela giu
risdizionale è in funzione della tutela sostanziale concessa dal
legislatore all'interesse per il quale si agisce. Se la norma non
accorda una posizione di vantaggio non può invocarsi l'art. 24
che appresta una garanzia strumentale. È quindi la disciplina
dell'interesse che deve essere conforme ai precetti costituzionali
ed ove ciò non sia è certo violato, ma in via soltanto derivata,
il diritto alla tutela giurisdizionale.
9. - Ciò posto, poiché la sollevata eccezione di legittimità co
stituzionale non appare, per tutti i motivi addotti, manifesta
mente infondata ai sensi dell'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1,
e poiché essa è pregiudiziale all'ulteriore corso del giudizio,
questo va sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM
BARDIA; Sezione di Brescia; sentenza 23 giugno 1981, n. 285;
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM
BARDIA; Sezione di Brescia; sentenza 23 giugno 1981, n. 285; Pres. Napolitano, Est. Ingrassia; Boschi (Avv. Ceruti) c.
Comune di Piazzatone (Avv. Suardi, Fustinoni, Bellini).
Giustizia amministrativa — Licenza edilizia — Domanda — Si
lenzio-rifiuto — Ricorso — Termine di decadenza — Inappli cabilità (L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 31; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche e integrazioni alla legge ur
banistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 10).
Non è soggetto al termine di decadenza il ricorso col quale il ri
chiedente una licenza edilizia, in caso di inerzia del sindaco, chiede l'accertamento del suo obbligo a provvedere (nella spe cie, il ricorso cosi dichiarato ammissibile seguiva di circa due
anni e un anno e mezzo le domande di licenza edilizia in
ordine alle quali il sindaco era rimasto inerte). (1)
Diritto. — Come emerge dalle premesse in fatto, l'odierno ri
corrente, con due istanze del 4 ottobre 1974 — rivolte al sindaco del comune intimato — chiedeva il rilascio delle licenze edilizie,
per la realizzazione di due edifici, sui lotti di proprietà nn. 56
e 61, siti nella frazione « Rossanella » dello stesso comune.
L'autorità comunale predetta ometteva di provvedere, nel pre visto termine — dall'art. 31 1. urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150
e successive modificazioni — di sessanta giorni, sicché l'istante — dopo alcun tempo — il 16 aprile 1975, con lettera raccoman
data, sollecitava l'amministrazione a provvedere sulle avanzate
domande di licenza.
Anche questa volta, però, l'amministrazione manteneva un com
portamento silenzioso, rendendo, cosi, necessario il ricorso che
si esamina — notificato il 17 novembre 1976 — contro il silen
zio-rifiuto formatosi in proposito.
Resiste, in questa sede, l'intimato comune, eccependo preli minarmente la irricevibilità del ricorso, per tardività, essendj
stato lo stesso proposto oltre il termine di decadenza, sia con
riguardo al maturare del primo periodo di sessanta giorni —
entro cui il sindaco avrebbe dovuto provvedere — scadente il
5 dicembre 1974; sia con riguardo al successivo periodo (sempre di sessanta giorni), maturato il 16 giugno 1975, ove si possa
ricollegare un effetto interruttivo alla raccomandata sollecitato
ria, inviata dal ricorrente il 16 aprile 1975.
La suddetta eccezione è infondata, e va, pertanto, disattesa.
Pur considerando il collegio che la eccezione in argomento tro
va conforto nella pressoché costante giurisprudenza dei giudici amministrativi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 16 novem
bre 1979, n. 691, Foro it., Rep. 1980, voce Giustizia ammini
strativa, n. 373), ritiene, tuttavia, che, concretando l'inerzia del
l'autorità comunale, anche nel caso — al di là della speciale pro cedura apprestata dal legislatore —, un vero e proprio inadempi
mento, contro lo stesso il privato può reagire, non già nel termine
di decadenza, ma sino a quando dura l'inadempimento stesso (per le altre ipotesi di inerzia, cfr. T.A.R. Liguria sent. n. 114/1975,
id., Rep. 1975, voce cit., nn. 895, 963, 1906; T.A.R. Piemonte
n. 312/1976). E, invero, proprio perché il termine di sessanta
giorni assegnato dall'art. 31 cit. 1. n. 1150/1942 al sindaco
per provvedere sulle domande di licenza edilizia (oggi, conces
(1) Nello stesso senso, T.A.R. Liguria 12 giugno 1975, n. 114, Foro it., Rep. 1975, voce Giustizia amministrativa, n. 895.
Ma, come ammesso dalla sentenza che si riporta, la giurisprudenza di gran lunga prevalente è nel senso che il ricorso contro l'inerzia che il sindaco abbia mantenuto sulla domanda di licenza o di conces sione edilizia, sia sottoposto all'ordinario termine di decadenza, de corrente dalla formazione del silenzio-rifiuto: Cons. Stato, Sez. V, 16 novembre 1979, n. 691, id., Rep. 1980, voce cit., n. 373; T.A.R. La
zio, Sez. II, 23 maggio 1979, n. 365, id., Rep. 1979, voce cit., n.
432; T.A.R. Campania 10 ottobre 1978, n. 935, ibid., n. 431; Cons.
Stato, Sez. V, 15 marzo 1974, n. 253, id., Rep. 1974, voce cit., n. 380; 6 novembre 1973, nn. 789 e 800, id., Rep. 1973, voce cit., nn. 261, 260; 6 luglio 1971, n. 663, id., Rep. 1971, voce Edilizia e urbanistica, n. 433; cfr. anche l'ordinanza di rimessione all'adunanza plenaria della
questione definita in termini non del tutto coincidenti, emessa dalla Sez. V 15 novembre 1974, n. 520, id., Rep. 1974, voce Giustizia am
ministrativa, n. 382. Per riferimenti, in relazione al silenzio mantenuto sull'istanza di
voltura di licenza edilizia, T.A.R. Abruzzo, Sez. Pescara, 20 dicem bre 1977, n. 50, id., Rep. 1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 564, che si è orientata nel senso più favorevole al ricorrente.
Per ulteriori riferimenti, sull'istituto del silenzio assenso in materia edilizia, introdotto con il d.l. n. 633/1981 (c. d. d. 1. Nicolazzi), deca duto per mancata conversione, e ripreso nel successivo d. 1. 23 gen naio 1982 n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1982 n. 94, cons. Pret. Bassano del Grappa 18 dicembre 1981, Pret. Foggia 1° dicembre 1981, Pret. Roma 18 dicembre 1981, id., 1982, II, 49, 56, con note di richiami.
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