sezione I; parere 17 ottobre 1990, n. 1423; Regione Emilia-RomagnaSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 117/118-119/120Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183164 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
rore scusabile (arg. ex art. 34, cpv., 1. 1034/71), potrà ripropor re il ricorso dinanzi al giudice dichiarato competente.
II
Diritto. — 1. - Il ricorso è stato proposto per ottenere l'ot
temperanza dell'amministrazione alla decisione della Commis
sione tributaria centrale che, confermando le pronunce di pri mo e secondo grado, ha accolto la domanda di rimborso dello
Scau di somme indebitamente pagate a titolo di imposta. Va innanzitutto affermata l'esperibilità del ricorso ex art. 27,
n. 4, t.u. 1054/24 per l'ottemperanza alle decisioni del giudice tributario.
È ben noto che il ricorso ex art. 27, n. 4, cit. — originaria mente previsto, in forma esplicita per assicurare l'adempimento
dell'obbligo dell'amministrazione di conformarsi al giudicato del
giudice ordinario in relazione ad atti o provvedimenti ammini
strativi ritenuti illegittimi e, pertanto, disapplicati ma non potu ti annullare dal giudice ordinario per il divieto posto dall'art.
4, 2° comma, legge nel contenzioso amministrativo — è stato
esteso dall'ormai consolidata giurisprudenza di questo consiglio alle decisioni del giudice amministrativo (indirizzo poi positiva mente recepito dagli art. 7 e 37 1. n. 1034 del 1971), della Corte
dei conti (ad. plen. 4 novembre 1980, n. 43, Foro it., 1981,
III, 65; ma già sez. IV, 11 dicembre 1962, n. 776, id., 1963,
III, 253 e 30 aprile 1957, n. 193, id., Rep. 1957, voce Giustizia
amministrativa, n. 354; dei giudici amministrativi speciali (sez. VI 25 ottobre 1955, n. 700, id., 1955, III, 225; concernente
la commissione ricorsi in materia di brevetti), nonché alle sen
tenze del giudice ordinario di condanna al pagamento di somme
di denaro (ad. plen. 9 marzo 1973, id., 1973, III, 265; sez. VI
5 ottobre 1988, n. 1114, id., 1989, III, 127, in tema di decreto
ingiuntivo). Posto che la pubblica amministrazione ha, come ogni altro
soggetto giuridico, un preciso obbligo di dare esecuzione alle
pronunce giurisdizionali emerse nei suoi confronti e di unifor
mare al giudicato l'azione amministrativa, l'estensione dell'am
bito di applicabilità del ricorso per ottemperanza risponde ad
imprescindibili esigenze, costituzionalmente garantite, di effetti
vità della tutela giurisdizionale e di completamento della stessa
nella delicata fase dell'adempimento del giudicato. In conseguenza della cennata evoluzione giurisprudenziale, il
ricorso per ottemperanza ha assunto nell'attuale sistema della
giustizia amministrativa la funzione di rimedio a carattere gene
rale, idoneo ad assicurare l'adempimento da parte della pubbli ca amministrazione degli obblighi nascenti da qualsiasi giudica to. E poiché non è dato dubitare della natura giurisdizionale delle commissioni tributarie e delle loro pronunce, il ricorso per
ottemperanza deve ritenersi esperibile anche per le decisioni di
tale giudice. Ciò tanto più dal momento che le decisioni del
giudice tributario non possono contenere pronunce di condan
na, ma sono essenzialmente sentenze di accertamento circa l'esi
stenza e la misura dell'obbligazione tributaria e talora di annul
lamento e l'ordinamento non prevede uno specifico strumento
di esecuzione di tale tipo di decisione. 2. - Infondata è poi l'eccezione di inammissibilità del ricorso
sollevata dall'amministrazione finanziaria sotto il profilo che, trattandosi nella specie di eseguire un pagamento e quindi di
un atto dovuto senza alcun margine di discrezionalità, non sa
rebbe esperibile il ricorso per ottemperanza secondo i principi reiteratamente ribaditi dalle sezioni unite della Cassazione (sent. 3 febbraio 1988, n. 1074, id., 1989, I, 853).
In primo luogo, va osservato che il richiamato orientamento
della Cassazione si riferisce ali'esperibilità del ricorso per ot
temperanza in relazione a sentenze del giudice ordinario di con
danna al pagamento di somme di danaro: nella specie, si è inve
ce in presenza di una decisioine di commissione tributaria di
accertamento del diritto al rimborso di somme indebitamente
pagate a titolo di imposta, inidonea a costituire titolo esecutivo
e a dare ingresso ad un'azione esecutiva secondo il codice di
rito. È solo ipotizzabile che, sulla base di detto giudicato l'inte
ressato proponga innanzi il giudice ordinario un'ordinaria azio
ne di condanna (eventualmente a cognizione sommaria con pre valente funzione esecutiva quale il procedimento monitorio). In
adempimento del giudicato de quo, invece, l'amministrazione
è tenuta ad emanare un provvedimento di sgravio e a disporre
Il Foro Italiano — 1991.
il conseguente pagamento, atti che possono formare oggetto so
lo di una pronuncia di ottemperanza. In secondo luogo, proprio con l'invocata sent. n. 1074 del
1988 le sezioni unite della Cassazione, ribadendo il proprio pre cedente orientamento (sent. 9 marzo 1981, n. 1299, id., 1981,
I, 636), hanno affermato la promuovibilità, in via alternativa o cumulativa con l'ordinaria esecuzione forzata, del giudicato di ottemperanza anche per le sentenze di condanna al pagamen to di somme di danaro.
Peraltro, presupposti necessari e sufficienti per l'esperibilità del ricorso per ottemperanza sono la presenza di una pronuncia
giurisdizionale passata in cosa giudicata e l'inadempimento, an
che parziale, dell'amministrazione agli obblighi nascenti dal giu dicato. La possibilità che all'amministrazione residui un margi ne di discrezionalità (attinente certamente non al se adempiere o non al giudicato, ma alle concrete modalità e ai tempi dell'a
dempimento) dipende dalle norme sostanziali che disciplinano l'attività amministrativa nello specifico settore in considerazio
ne, nonché dal maggiore o minore contenuto precettivo del giu
dicato; e giustifica solo l'attribuzione al giudice amministrativo
di una giurisdizione estesa al merito, e dunque di una giurisdi zione insieme esclusiva e di merito. Ma non è certo circostanza
condizionante la proponibilità del ricorso ex art. 27, n. 4, t.u.
n. 1054 del 1924.
3. - Nel merito il ricorso è fondato.
Come emerge dalle stesse deduzioni difensive dell'amministra
zione, questa non ha provveduto ad eseguire il giudicato. Va,
pertanto, assegnato un termine all'uopo e nominato, per il caso
di ulteriore inadempimento, un commissario ad acta perché prov veda in via sostitutiva.
Gli interessi spettanti sulle somme da restituire vanno calcola
ti come per legge e quindi nella misura del 6% semestrale sino
al 31 dicembre 1987 e del 4,5% semestrale dal 1° gennaio 1988
(art. 7, 3° comma, legge fin. 11 marzo 1988 n. 67).
CONSIGLIO DI STATO; sezione I; parere 17 ottobre 1990, n. 1423; Regione Emilia-Romagna.
Comune e provincia — Controlio sugli atti — Nuova normati
va — Termini di applicabilità (Cost., art. 117, 130; 1. 8 giu gno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 61).
Le nuove norme sul controllo degli atti dei comuni e delle pro vince già definite dalla legislazione statale, e in particolare quelle che limitano il numero degli atti soggetti a controllo, e che escludono in ogni caso quello di merito, sono immedia
tamente applicabili, anche prima dell'entrata in vigore delle
norme regionali cui l'art. 61 ì. 142/90 demanda la disciplina di altri aspetti strutturali e funzionali della materia. (1)
Considerato: la 1. 8 giugno 1990 n. 142, recante il nuovo or
dinamento delle autonomie locali, contiene, fra l'altro, nuove
disposizioni relative alla materia del controllo sugli atti degli enti locali, previsto dall'art. 130 Cost.
Le principali innovazioni sono le seguenti: a) diversa compo sizione dei comitati di controllo; b) limitazione degli atti sogget ti al controllo preventivo di legittimità; c) eliminazione del con
trollo di merito.
Alcuni aspetti della nuova disciplina sono demandati alla le
gislazione, integrativa ed attuatìva delle singole regioni. In par ticolare spetta alle regioni disciplinare, con proprie leggi: a) l'e
ventuale articolazione del comitato di controllo in sezioni; b) il funzionamento degli organi di controllo, le indennità dovute
ai componenti, le funzioni del presidente e del vicepresidente, il procedimento per l'elezione dei componenti da parte del con
siglio regionale (le qualifiche che danno titolo all'elezione sono
indicate dalla legge statale), la sostituzione dei membri dimis
sionari, defunti, o comunque impediti, la decadenza per
(1) Questione nuova.
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PARTE TERZA
reiterate assenze ingiustificate, ecc.; c) le modalità e i termini
per l'invio delle delibere al Coreco, e la disciplina della decor
renza dei termini assegnati ai comitati regionali per l'esercizio
del controllo.
L'art. 61 della legge, infine, dispone, al 3° comma: «entro
un anno dalla durata di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono alla ricostituzione degli organi di control
lo in conformità alle disposizioni contenute nella presente legge, nonché alla relativa regolamentazione legislativa regionale»; ed
al 4° comma: «il capo III del titolo V della 1. 10 febbraio 1953
n. 62, e successive modificazioni, conserva efficacia fino a quando la regioni non avranno provveduto agli adempimenti previsti dal 3° comma».
Sorge, ora, il problema dell'intepretazione del 4° comma, te
sté riportato. In particolare, ci si chiede se la conservazione, a titolo transitorio, delle disposizioni della 1. n. 62 del 1953
implichi anche la temporanea inapplicabilità delle nuove norme
in materia di eliminazione del controllo di merito e di limitazio ne del controllo di legittimità ad alcuni tipi di atto.
Secondo la regione che pone il quesito (la cui richiesta si ritie
ne di dover evadere, attesa l'urgenza, ancorché sia sottoscritta
da un assessore e non dal presidente della giunta regionale, co
me previsto nel parere 24 aprile 1980 dell'adunanza generale del Consiglio di Stato), il differimento dell'entrata in vigore ri
guarderebbe l'intera materia del controllo sugli atti, e dunque anche le norme in questione. Di contrario avviso è il ministero
dell'interno.
Questa sezione condivide l'opinione del ministero.
Innanzitutto, si deve dire che la ratio del differimento di en
trata in vigore del nuovo regime, in questo caso, è manifesta
mente quella di evitare un periodo di «vuoto» normativo, corri
spondente al lasso di tempo occorrente alle regioni per emanare
la legislazione attuativa ed integrativa di loro competenza; lasso
di tempo indicato dalla legge statale in un anno, ma che potreb be anche prolungarsi oltre, non essendo previste sanzioni o com
petenze sostitutive o integrazioni automatiche della disciplina, nel caso d'inosservanza del termine.
In questa luce, appare ragionevole, almeno prima facie, rite
nere che il legislatore statale abbia voluto stabilire un regime di prorogatio solo per quella parte della vecchia disciplina, che
non può essere sostituita dalla nuova sino a che le regioni non
abbiano provveduto all'integrazione di questa; mentre quelle di
sposizioni del nuovo regime, che non richiedono alcuna integra
zione, e come tali sono direttamente applicabili, dovrebbero,
conseguentemente, essere subito applicate.
Questa linea interpretativa appare rafforzata, palesandosi co
me la più attendibile, dalla considerazione che non vi è un nes
so inscindibile fra le disposizioni di ordine sostanziale (cioè quelle che riguardano il regime degli atti soggetti a controllo), quelle di ordine procedurale (cioè quelle che concernono lo svolgimen to della procedura di controllo) e quelle, infine, di ordine orga nizzativo (ossia quelle che disciplinano la struttura e la compo sizione degli organi di controllo). Ciascuno di questi tre gruppi di disposizioni può essere modificato, almeno in una certa mi
sura, separatamente dagli altri due. Cosi è avvenuto, ad esem
pio, nella materia penale, dove l'introduzione di un nuovo co
dice di procedura non ha impedito il mantenimento del codice
penale, mentre il nuovo assetto organizzativo e territoriale delle
preture (1. n. 30 del 1989) è stato a sua volta oggetto di un
distinto intervento del legislatore. Nella materia dei controlli sugli atti degli enti locali, la reci
proca autonomia dei tre ordini di disposizioni è messa in singo lare evidenza dalle passate vicende legislative. Com'è noto, an
teriormente alla legge del 1990 una radicale innovazione nella
materia è stata apportata dalla 1. 10 febbraio 1953 n. 62, la
quale, peraltro, ha toccato, essenzialmente, l'aspetto strutturale
ed organizzativo degli organi di controllo (sostituendo al prefet to ed alla G.p.a. i neo-istituiti comitati regionali di controllo, e disciplinando la composizione di questi ultimi) e inoltre, ma
solo marginalmente, l'aspetto procedurale (stabilendo, innova
tivamente, un termine perentorio per l'esercizio del controllo
di merito nella forma della richiesta motivata di riesame, laddo
ve non vi sono state rilevanti modifiche quanto alla forma ed
al termine per l'esercizio del controllo di legittimità); mentre
nessuna innovazione è stata apportata per quanto riguarda la
parte sostanziale, ossia l'individuazione degli atti soggetti al con
trollo, e la distinzione, fra essi, di quelli soggetti al solo con
II Foro Italiano — 1991.
trollo di legittimità e quelli soggetti anche al controllo di merito.
In altre parole, un evento cosi importante e significativo, per
molteplici aspetti, quale il trasferimento del potere di controllo
dalla struttura statale (è più precisamente da organi di estrazio
ne burocratico-istituzionale) a quella regionale (e per di più ad
organi di estrazione prevalentemente politico-rappresentativa), ha potuto essere attuato, per scelta del legislatore, senza alcuna
contestuale variazione delle regole concernenti l'individuazione
degli atti soggetti al controllo. Allo stesso modo, non si vedono
ora speciali ostacoli concettuali o pratici perché le nuove regole sul regime degli atti siano applicate, sia pure a titolo transito
rio, dalle vecchie strutture.
La regione, con riferimento a questo specifico aspetto del pro
blema, osserva che «è opportuno evitare che i nuovi organi si
trovino a gestire prassi e precedenti già impostate dai vecchi
organi»; ma questa argomentazione non sembra risolutiva. In
realtà, non si può dire che i «vecchi» comitati di controllo si
trovino a «gestire» una disciplina fortemente innovata nei con
tenuti e nei criteri di giudizio, per la quale non sono attrezzati, e che in tale modo vi sia il rischio della instaurazione di prassi
interpretative suscettibili di condizionare i «nuovi» organi. Al
contrario, il modus operandi e i criteri da impiegare nell'eserci
zio del controllo di legittimità non sono sostanzialmente modi
ficati dalla nuova legge. L'innovazione più rilevante è la drasti
ca riduzione del numero degli atti soggetti al controllo; i comi
tati regionali in regime di prorogatio non si trovano, dunque, nella condizione di dover affrontare nuovi compiti per i quali non siano preparati, ma, al più, potrà accadere che l'articola
zione di taluni comitati in un elevato numero di sezioni risulti, nella nuova situazione, superflua. Non pare che sia questo un
inconveniente tanto grave da giustificare l'interpretazione secondo
cui la prorogatio riguarderebbe anche l'estensione dei controlli
a tutti gli atti che vi erano sottoposti nella vecchia disciplina. Si può dunque concludere nel senso che le disposizioni che
limitano il numero degli atti soggetti a controllo, ed escludono, in ogni caso, quello di merito, sono di immediata applicazione.
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 26 set
tembre 1990, n. 7; Pres. Quartulli, Est. Lignani; Pres. cons,
ministri ed altro (Avv. dello Stato D'Amico) c. Gemelli (Avv.
Grillo) e Marini (Aw. Pirani). Annulla Tar Calabria, sez.
Catanzaro, 23 ottobre 1987, n. 463 e Tar Marche 28 maggio 1987, n. 264.
Impiegato dello Stato e pubblico — Personale degli enti locali
comandato presso i Tar — Inquadramento — Indennità di
prima sistemazione e trasferimento — Spettanza — Esclusio
ne (L. 18 dicembre 1973 n. 836, trattamento economico di
missione e di trasferimento dei dipendenti statali, art. 21, 25; 1. 27 aprile 1982 n. 186, ordinamento della giurisdizione am
ministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Con
siglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, art.
40, 46).
Il dipendente di ente locale in servizio presso il tribunale ammi
nistrativo regionale in posizione di «comando» non ha dirit
to, al momento del definitivo inquadramento nei ruoli statali
ai sensi della l. 27 aprile 1982 n. 186, all'indennità di trasferi mento e prima sistemazione, sia perché non trattasi di pas
saggio di ruolo nell'ambito di amministrazioni statali, sia per
ché, comunque, nella specie risulta confermata la sede di ser-.
vizio assegnata durante il «comando». (1)
(1) La questione se al personale di varia provenienza comandato presso i Tar spetti, in sede di inquadramento ex 1. 186/82, l'indennità di cui all'art. 21 1. 836/73, è stata rimessa dall'adunanza plenaria da sez. IV, ord. 28 febbraio 1990, n. 141, Cons. Stato, 1990, I, 197, e 20 giugno 1989, n. 416, Foro it., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 1007; delle due sentenze riformate, Tar Calabria 23 ottobre 1987, n. 463, è massimata ibid., n. 603.
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