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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione I; sentenza 1° marzo 1994, n. 297; Pres....

Date post: 27-Jan-2017
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sezione I; sentenza 1° marzo 1994, n. 297; Pres. Mastrocola, Est. Mele; Federazione farmacisti del Lazio e altri (Avv. Ramadori) c. Prefetto di Roma e Min. interno; interv. Codacons (Avv. Rienzi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994), pp. 407/408-409/410 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188376 . Accessed: 24/06/2014 20:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.146 on Tue, 24 Jun 2014 20:14:04 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I; sentenza 1° marzo 1994, n. 297; Pres. Mastrocola, Est. Mele; Federazione farmacistidel Lazio e altri (Avv. Ramadori) c. Prefetto di Roma e Min. interno; interv. Codacons (Avv.Rienzi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 407/408-409/410Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188376 .

Accessed: 24/06/2014 20:14

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Am PARTF TFR7A 408

vuto — anziché rivedere nell'affitto delle cucine un titolo di

preferenza inderogabile ed esclusiva, a favore dell'affittuaria,

in vista dell'assegnazione del servizio di refezione — modificare

lo stesso bando, eliminando la peculiare clausola dianzi detta

in quanto, in linea di fatto, impeditiva dell'espletamento della

gara stessa.

Quanto, poi, agli asseriti benefici occupazionali ed economi

ci, si tratta di circostanze di fatto assolutamente irrilevanti, fon

date, tra l'altro, su di un presupposto — quello della «unicità»

dell'impresa aggiudicataria, quale la sola residente nel comune

di Sabaudia ed occupante manodopera locale — non solo tutto

da dimostrare ma, comunque, tendente, al di fuori di qualsiasi

principio logico-giuridico e, anzi, in manifesto contrasto con

i principi generali in tema di concorrenzialità e trasparenza del

l'azione amministrativa, ad assicurare una rendita di posizione sostanzialmente monopolistica ad un unico e predeterminato ope ratore economico del settore.

Né, certamente, il preannunciato eventuale ricorso, da parte di quest'ultimo, alle vie legali per veder assicurata la propria

permanenza nelle cucine scolastiche in base all'anzidetto con

tratto di affitto, può essere rivisto come elemento in qualche misura giustificativo del ricorso alla trattativa privata ai fini

dell'assegnazione del distinto appalto di refezione scolastica, at

teso che in nessun modo il puro e semplice metus connesso al

ventilato avvio di un'azione giudiziale — per giunta, connessa

ad una distinta procedura — può costituire valida ragione giu

stificativa dell'adozione di procedure consentite dalla legge solo

in presenza di speciali ed eccezionali presupposti fattuali.

Del tutto inconferente e priva di ogni valida consistenza ap

pare, infine, anche l'ultima delle ragioni giustificative addotte

a sostegno del ricorso alla procedura di che trattasi, atteso che

ritardi operativi imputabili alla stessa amministrazione non pos sono poi essere legittimamente addotti, da parte della medesi

ma, a sostegno dell'adozione di procedure eccezionali che pro

prio nell'estrema urgenza del provvedere hanno la propria es

senziale ragione giustificativa (e, nella specie, quasi cinque mesi

sono inutilmente intercorsi tra la delibera n. 366, poi revocata,

indittiva di pubblica gara, e la prima delle delibere qui gravate, recante assegnazione a trattativa privata).

4. - Per i suesposti, assorbenti motivi (non avendo l'ammini

strazione intimata fornito, nelle due connesse delibere qui gra

vate, elementi atti a giustificare la legittima utilizzazione del

modulo operativo della trattativa privata) il ricorso in epigrafe

appare fondato e va accolto e, per l'effetto, devono essere an

nullate le deliberazioni consiliari meglio in epigrafe indicate.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione I; sentenza 1° marzo 1994, n. 297; Pres. Ma

strocola, Est. Mele; Federazione farmacisti del Lazio e altri

(Avv. Ramadori) c. Prefetto di Roma e Min. interno; interv.

Codacons (Avv. Rienzi).

Sciopero, serrata e boicottaggio — Sciopero — Servizi pubblici essenziali — Ordinanza di precettazione — Mancata apposi zione del termine finale di durata — Illegittimità (Cost., art.

40; 1. 12 giugno 1990 n. 146, norme sull'esercizio del diritto

di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzio

ne della commissione di garanzia dell'attuazione della legge, art. 8).

È illegittima, per violazione dell'art. 8 l. n. 146 del 1990 nonché

dell'art. 40 Cost., l'ordinanza della pubblica autorità che im

pone la sospensione dell'agitazione collettiva attuata nell'am

b'to dì un servizio pubblico essenziale, qualora non specifichi

Il Foro Italiano — 1994.

il periodo di tempo durante il quale il provvedimento dovrà

essere osservato dai destinatari. (1)

Diritto. — Le censure prospettate dai ricorrenti, per quanto

distribuite in più distinti motivi, si sostanziano in una unitaria

rappresentazione di doglianza: quella per cui il prefetto non

avrebbe potuto emanare l'atto impugnato per essere i farmacisti

una categoria che non rientra fra quelle prese in considerazione

dalla 1. n. 146 del 1990, non avendo alcun carattere di subordi

nazione, ma essendo lavoratori autonomi operanti l'esercizio di

un'impresa.

L'impugnazione del provvedimento prefettizio è peraltro in

tegrale, nel senso che se ne assume comunque la illegittimità

per violazione dell'art. 8 1. 146/90 e quindi anche (sia pur non

espressamente) la mancata apposizione di un termine al provve dimento che dispone la sospensione dell'agitazione.

(1) Non risultano precedenti in termini.

L'apposizione del termine finale di durata, unitamente alla motiva

zione, costituisce — secondo il tribunale — parte integrante dell'atto

che conclude il procedimento disciplinato nell'art. 8 1. n. 146 del 1990, sia che miri ad assicurare adeguati livelli di funzionamento del servizio

pubblico essenziale in costanza di sciopero, sia che si limiti ad imporre un differimento dell'azione sindacale, come nel caso di specie.

Con riguardo alla prima eventualità, Pret. Bologna 18 aprile 1991, Foro it., Rep. 1991, voce Sciopero, n. 49 (e Dir. e pratica lav., 1991,

2258, con commento di E. D'Avossa); Tar Emilia Romagna, sez. II, 18 aprile 1991, n. 256, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 44 (e Giur.

merito, 1993, 405, con nota di C. Belfiore, Sciopero nei servizi essen

ziali e ordinanza di precettazione. Competenza e contenuto)-, Tar Emi

lia Romagna, sez. II, 18 aprile 1991, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 73 (e Riv. it. dir. lav., 1992, II, 52, con nota di P. Pascucci, La

nuova precettazione al primo esame dei giudici amministrativi), hanno affermato che l'ordinanza di precettazione, perché possa considerarsi

legittima ai fini del principio del contemperamento posto alla base della

1. n. 146 del 1990, non può avere un contenuto generico, ma deve inevi

tabilmente indicare le prestazioni indispensabili, i livelli di funziona

mento del servizio da garantire in corso di sciopero, nonché le qualifi che funzionali ed i profili professionali ritenuti strettamente necessari

per la formazione dei contingenti del personale addetto all'erogazione delle prestazioni indispensabili precisandone le consistenze numeriche

e le eventuali turnazioni. In dottrina, circa la possibilità di configurare l'ordinanza di precetta

zione come centro di produzione dei limiti all'esercizio del diritto di

sciopero e il conseguente rapporto di coordinamento che si deve stabili

re con le altre fonti regolati ve del conflitto collettivo nei servizi essen

ziali, si veda U. Romagnoli, Le fonti regolative dello sciopero nei servi

zi essenziali, in Lavoro e dir., 1991, 568; V. Ferrante, I presupposti

per l'esercizio del potere di precettazione e il contenuto dell'ordinanza:

gli effetti della pronuncia dei garanti e quelli della contrattazione collet

tiva, in Quaderni dir. lav. e relazioni ind., 1992, fase. 12, 81; F. Sesti

to, Brevi note sul potere di precettazione nella legge 1990 n. 146 sullo

sciopero, in Riv. amm., 1992, 883; per ulteriori riferimenti, cfr. la nota

di richiami a Tar Lazio, sez. I, 29 aprile 1992, n. 588, Foro it., 1993, III, 183.

Poca attenzione è stata finora dedicata alle c.d. «ordinanze di differi

mento» previste dal 3° comma dell'art. 8, 1. 146/90; per alcuni brevi

cenni si veda, comunque, A. Zoppoli, sub art. 8, in M. Rusciano, G. Santoro Passarelli, Lo sciopero nei servizi essenziali. Commenta rio alla legge 12 giugno 1990 n. 146, Giuffrè, Milano, 1991, 125; M.

Roccella, La precettazione rivisitata (art. 8. 10), in II diritto di sciope ro nei servizi pubblici essenziali. Commentario sistematico alla l. 12

giugno 1990 n. 146 a cura di T. Treu, Cedam, Padova, 1991, 53.

In termini critici sull'applicazione dell'istituto della precettazione re

golato dalla 1. 146/90, correlativamente ai poteri e alle attribuzioni che la stessa legge riconosce alla commissione di garanzia, si sono espressi: F. Carinci, La commissione di garanzia: un primo bilancio e prospetti ve di riforma, in Lavoro informazione, 1992, fase. 9, 10; S. Cassese,

(intervista al prof.) Sulla commissione di garanzia (l. 12 giugno 1990), in Giornale dir. lav. relazioni ind., 1992, 105-106; e, soprattutto, M.

D'Antona, Crisi e prospettive della regolamentazione extralegislativa del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav.,

1991, I, 417; Id., La commissione di garanzia come arbitro (sciopero e contrattazione collettiva nei servizi pubblici essenziali), in Quaderni dir. lav. e relazioni ind., 1993, fase. 13, 61.

Una prima ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali in mate

ria è offerta da P. Pascucci, Lo sciopero nei servizi essenziali nella

giurisprudenza (a due anni dalla emanazione della l. 146/90), in Lavoro

informazione, 1992, fase. 17, 14-15; M.N. Bettini, Minimi di servizio e precettazione: la legge n. 146/90 rivisitata dai giudici, in Dir. lav.,

1993, II, 911; A. Zoppoli, La giurisprudenza sulla nuova precettazione (art. 8 della l. n. 146 del 12 giugno del 1990), in Quaderni dir. lav.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Relativamente ai profili di censura che si dirigono contro il

provvedimento prefettizio per aberratio soggettiva, vale a dire

per non essere i farmacisti ricompresi fra i soggetti potenzial mente operanti uno sciopero, gli stessi sono infondati.

Sul punto, la sezione si è già espressa con la sentenza n. 545 del 1992 (Foro it., 1993, III, 135), considerando l'agitazione dei farmacisti alla stregua di uno sciopero, e non è quindi ne cessario indugiare ulteriormente, salvo il richiamo integrale di

quella motivazione.

Peraltro, per completezza di argomentazione giova aggiunge re sul punto solo una ulteriore considerazione.

I ricorrenti si affannano a dichiarare che la loro agitazione non è uno sciopero, ma non qualificano esattamente cosa essa sia da un punto di vista del diritto pubblico. Si rifugiano, inve

ce, nel diritto privato, dichiarando che si tratta di una forma di autotutela (inadimplenti non est adimplendum), dimentican do peraltro che anche (e soprattutto) lo sciopero è una forma di autotutela, che viene eccezionalmente consentita da norme di diritto pubblico di livello costituzionale ed ordinario.

In ogni caso, la singolarità della posizione assunta dai ricor renti si coglie appieno allorquando si generalizzano le conse

guenze dell'affermazione per cui l'astensione delle prestazioni dei lavoratori autonomi non sarebbero mai riconducibili al con cetto di sciopero.

Se fosse esatta questa affermazione, non si potrebbe sospen dere l'agitazione dei gestori di pompe di benzina, delle società

concessionarie di trasporti, degli appaltatori incaricati della rac

colta dei rifiuti, ecc., con conseguenze facilmente immaginabili. II fatto è che la 1. n. 146 del 1990 si è preoccupata di garanti

re dei servizi minimi essenziali alla collettività, per cui, a pre scindere dal titolo giuridico per mezzo del quale un servizio è

prestato, coloro che operano nei settori ricompresi nella 1. n.

146 del 1990 sono soggetti alla disciplina stessa. Per sottrarvisi

essi non hanno altra strada che quella di uscire da quella parti colare attività, la cui continuità rappresenta un bisogno prima rio della collettività.

Il ricorso è, però, fondato relativamente a quella parte di

esso in cui si censura la mancata apposizione di un termine fi

nale al provvedimento di sospensione dell'agitazione (censura

e relazioni ind., 1992, fase. 12, 205: secondo quest'ultimo la giurispru denza ha dimostrato di intendere il mutamento «genetico» dell'istituto della precettazione che, per la prima volta, ha ricevuto una completa e dettagliata disciplina legislativa, sia pure nel limitato ambito dei servi zi pubblici essenziali.

Daltronde, la stessa Corte costituzionale (cfr. sent. 28 gennaio 1991, n. 32, Foro it., 1991, I, 1992, e Mass. giur. lav., 1991, 165, con nota di F. Santoni, Una prima verifica di costituzionalità della legge sullo

sciopero nei servizi essenziali) ha affermato che le norme della 1. 146/90 «non si prefiggono di disciplinare il potere di ordinanza contingibile ed urgente... La disciplina posta dalle norme in esame è, invece, attri butiva di poteri tipici e non straordinari, non inquadrabili quindi in

quella nozione». Il superamento della disciplina previgente, pensata per scopi e situa

zioni sicuramente differenti dalla neutralizzazione degli effetti lesivi del lo sciopero «terziarizzato», è suffragato anche dal fatto che, per espres sa previsione dell'art. 8 1. 146/90, l'ordinanza della pubblica autorità

può essere emanata, ove necessario, anche nei confronti dei lavoratori autonomi o parasubordinati.

In questo ordine di idee, il giudice amministrativo con la sentenza in epigrafe ha sostenuto che lo scopo della 1. 146/90 è di garantire il funzionamento minimale dei servizi ritenuti essenziali per la vita col

lettiva; di conseguenza, coloro che li erogano, ivi compresi i farmacisti, sono soggetti alla disciplina medesima indipendentemente dal titolo giu ridico per mezzo del quale il servizio è esercitato.

Per quel che riguarda la questione della natura giuridica delle agita zioni collettive dei farmacisti, affrontata e risolta nel senso della loro

qualificazione come esercizio del diritto di sciopero, cfr. Tar Lazio, sez. I, 17 aprile 1992, n. 545, Foro it., 1993, III, 135, con nota di

richiami; cfr., altresì, A. Tritto, La precettazione del farmacista, in Nuova rass., 1993, 1640.

Per un approfondimento delle problematiche evocate dalle astensioni collettive dal lavoro attuate da soggetti non inquadrabili nella nozione di prestatore di lavoro subordinato in senso tecnico ex art. 2094 c.c., si veda D. Di Gravio, Giornalai: sciopero o serrata?, in Giur. merito, 1992, 356; M. Chiarolla, Edicolanti e distributori di giornali (sciopero e parasubordinazione), in Giur. it., 1993, I, 181; nonché, la nota di richiami a Pret. Genova 15 giugno 1994, Foro it., 1994, I, 2267, in tema di «astensione dalle udienze» poste in essere da appartenenti alla

categoria degli avvocati.

Il Foro Italiano — 1994.

che si ricava da tutto il contesto del ricorso, come prima evi

denziato), non essendo ammissibile un provvedimento a tempo indeterminato, per violazione e dell'art. 8 1. n. 146 del 1990 che dello stesso art. 40 Cost.

Vero è che la stessa agitazione non aveva l'indicazione di un termine (dal che si poteva dedurre che essa fosse stata indetta a tempo indeterminato), ma è pur vero che la pubblica autorità,

potendo sospendere l'agitazione soltanto per motivi di pubblica necessità, non può non conoscere (e, in ogni caso, motivare) circa il tempo durante il corso del quale questa necessità sarà

presente, per cui la mancanza dell'apposizione di un termine

e, comunque, la mancanza di motivazione sul punto vizia il

provvedimento impugnato. Il ricorso va, pertanto, accolto limitatamente alla mancata

apposizione di un termine finale; per il resto va rigettato.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 24 marzo 1993, n. 483; Pres. Schi

naia, Est. Tavarnelli; Visintini (Aw. Galgano, Annesi) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Cingolo).

Stato civile — Cognome — Aggiunta — Diniego — Discrezio

nalità — Sindacato giurisdizionale — Limiti (R.d.I. 9 luglio 1939 n. 1238, ordinamento dello stato civile, art. 153).

Sebbene l'atto del ministro di grazia e giustizia in ordine alla

richiesta di aggiungere altro cognome al proprio sia emanato su base discrezionale, è possibile il sindacato giurisdizionale relativamente allo sviamento di potere. (1)

(1) In senso conforme, v. Tar Lazio, sez. I, 20 marzo 1990, n. 303, Foro it., Rep. 1991, voce Stato civile, n. 13, secondo cui gli atti ammi nistrativi relativi alla richiesta di un cognome aggiuntivo adottati, ai sensi dell'art. 153 r.d. sull'ordinamento dello stato civile 9 luglio 1939 n. 1238, dal ministro di grazia e giustizia, pur essendo eminentemente

discrezionali, non sono insindacabili quanto ai criteri prescelti per l'e

splicazione dell'attività. Inoltre, è da considerarsi illegittimo il diniego opposto dal ministro di grazia e giustizia alla domanda dell'affilia'; di mutare il proprio cognome, sopprimendo l'aggiunta di quello dell'af filiarne con cui era entrato in grave contrasto, tenuto conto che aveva

già dismesso di fatto tale aggiunta nella vita professionale e privata e che la domanda non era diretta a pregiudicare il prestigio della fami

glia dell'affiliarne, il quale non aveva potuto dimostrare un interesse

qualificato che giustificasse la sua opposizione (Tar Lazio, sez. I, 16 dicembre 1988, n. 1801, id., 1990, III, 39, con nota di richiami).

È invece legittimo il diniego opposto dal ministro alla domanda del l'affiliato di sopprimere l'aggiunta al proprio nome di quello dell'affi liarne, a causa del grave contrasto insorto con quest'ultimo, se tale prov vedimento si basi su una comparazione adeguata, e non irragionevole o carente di motivazione, dell'interesse dell'istante con quello pubblico alla tendenziale stabilità del nome delle persone, e con quello privato, ugualmente contrario, dell'affiliarne stesso (Cons. Stato, sez. IV, 9 di cembre 1989, n. 906, ibid., 463, con nota di Cerri).

Peraltro, non può respingersi la domanda di mutamento di cognome per il solo fatto che non vi sia un rapporto di parentela o similare tra l'interessato all'aggiunta del cognome e il titolare del cognome da

aggiungere (Tar Liguria 11 aprile 1988, n. 287, id., Rep. 1989, voce

Nome, n. 7 e Nuova giur. civ., 1989, I, 275, con nota di Boccaccio). Sul punto non è mancato l'intervento della Consulta, secondo cui, po sto che oggetto del diritto dell'individuo all'identità personale non è la scelta del nome bensì il nome acquisito per estensione legale (che meglio tutela l'interesse alla conservazione dell'unità familiare), è mani festamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli art. 71, 72, 73 r.d. 9 luglio 1939 n. 1238, nella parte in cui non preve dono la facoltà dei genitori di determinare anche il cognome da attri buire al proprio figlio legittimo mediante l'imposizione di entrambi i loro cognomi, né il diritto di quest'ultimo di assumere anche il cogno me materno, in riferimento agli art. 2, 3, 29 e 30 Cost. (Corte cost. 11 febbraio 1988, n. 176, Foro it., 1988, I, 1811, con nota di Caruso, cui si rinvia per una disamina, anche comparatistica, della problematica in esame).

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