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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione I; sentenza 15 dicembre 1979, n. 1060; Pres....

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione I; sentenza 15 dicembre 1979, n. 1060; Pres. Tozzi, Est. Talice; Appino (Avv. Angeloni) c. ISTAT, Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Caramazza), e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980), pp. 73/74-77/78 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171120 . Accessed: 28/06/2014 14:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.90 on Sat, 28 Jun 2014 14:11:52 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I; sentenza 15 dicembre 1979, n. 1060; Pres. Tozzi, Est. Talice; Appino (Avv. Angeloni)c. ISTAT, Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Caramazza), e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 73/74-77/78Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171120 .

Accessed: 28/06/2014 14:11

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ziale del cons. gen. Carega, ritiene che da una parte la capacità a delinquere del Campo e dall'altra la situazione oggettiva del

personale in servizio al consolato di Boston all'epoca costitui

scono elementi di prova a discarico del cons. gen. Trinchieri. È acclarato, infatti, che la carenza di personale — segnalata

al ministero che ebbe a rispondere di non potervi ovviare —

comportava l'affidamento al Campo — di cui non erano stati

segnalati i precedenti di carriera sfavorevoli in ordine alla in

dispensabile fedeltà — di mansioni e compiti non suoi e non

controllabili. Di conseguenza l'addebito di difetto di vigilanza formulato dalla parte attrice non è sostenibile, non potendo ne

garsi che le concrete circostanze di fatto, poste in essere (o tol

lerate) dagli organi ministeriali venissero a costituire le condi

zioni obiettive favorevoli predisponenti l'attività criminosa del

l'infedele cancelliere.

Anche per quest'addebito non si ravvisano quindi responsabi lità perseguibili in questa sede.

Per questi motivi, ecc.

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 15 dicembre 1979, n. 1060; Pres. TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 15 dicembre 1979, n. 1060; Pres.

Tozzi, Est. Talice; Appino (Avv. Angeloni) c. ISTAT, Pres.

Cons, ministri (Avv. dello Stato Caramazza), e altri.

Giurisdizione civile — Locazione di immobili urbani — Legge 392/ 1978 — Equo canone — Variazioni dell'indice dei prezzi al con

sumo — Determinazione dell'lSTAT — Ricorso da parte di un

proprietario di immobile — Giurisdizione amministrativa —

Sussitenza (Legge 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle loca

zioni di immobili urbani, art. 24, 71, 81). Giustizia amministrativa — Locazione di immobili urbani — Leg

ge 392/1978 — Equo canone — Variazione dell'indice dei prezzi al consumo — Determinazione dell'lSTAT — Ricorso da parte del proprietario di un immobile — Intervento « ad adiuvandum »

dell'Unione piccoli proprietari immobiliari — Ammissibilità.

Locazione — Legge 392/1978 — Immobili urbani — Equo ca none — Variazione dell'indice dei prezzi al consumo — Deter minazione dell'lSTAT — Riferimento ai dodici mesi antece denti — Illegittimità (Legge 27 luglio 1978 n. 392, art. 71).

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso

proposto dal proprietario di un immobile urbano dato in lo cazione contro la determinazione da parte dell'lSTAT della variazione dell'indice dei prezzi al consumo, ai fini del calcolo

dell'equo canone. (1) È ammissibile l'intervento dell'Unione piccoli proprietari immo

biliari ad adiuvandum il ricorso proposto al giudice ammini strativo dal proprietario di un immobile urbano dato in loca

zione, contro la determinazione da parte dell'lSTAT delle va riazioni dell'indice dei prezzi al consumo, ai fini del calcolo

dell'equo canone. (2) È illegittima la determinazione da parte dell'lSTAT della varia

zione dell'indice dei prezzi al consumo, ai fini del calcolo del

l'equo canone di locazione degli immobili urbani, la quale si

riferisca ai dodici mesi antecedenti alla sua applicazione, e non all'anno solare anteriore a quello di tale applicazione. (3)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VE

NETO; sentenza 9 novembre 1979, n. 537; Pres. Rizzoli, Est.

Balucani; Jarach e altri (Avv. Schiller, Pognici, Barret) c. Comune di Venezia (Avv. Predieri, Bianchini, Mascarin).

Locazione — Legge 392/1978 — Immobili urbani adibiti ad

abitazione — Equo canone — Determinazione — Ripartizio ne in zone del territorio comunale — Ricorso — Difetto di

giurisdizione amministrativa (Legge 27 luglio 1978 n. 392, art. 18).

Esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, e rientra in

quella del giudice ordinario, il ricorso contro la deliberazione

con la quale un comune ripartisce in zone il territorio comuna

le, al fine della determinazione dell'equo canone di locazione

di immobili urbani adibiti ad abitazione (nella specie, la de

liberazione con la quale il comune di Venezia ha compreso la

quasi totalità del centro storico in una « zona di particolare

degrado »). (4)

(1-4) I. - Prime pronunce, a quanto consta, di giudici amministra tivi, relativamente alla legittimità di provvedimenti amministrativi che

Il Foro Italiano — 1980 — Parte III-6.

I

Il Tribunale, ecc. — 1. - Deve in via pregiudiziale essere esa minata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall'am

ministrazione.

Osserva la parte resistente che l'interesse fatto valere con il

ricorso deve essere considerato un diritto soggettivo in quanto coincide con quello, proprio del locatore, di ottenere un canone

più alto; d'altra parte l'ISTAT avrebbe compiuto una semplice attività di accertamento senza alcuna discrezionalità.

L'erroneità dell'osservazione emerge con immediatezza dalla

distinzione tra l'attività materiale, consistente nella rilevazione e

nel calcolo dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di

operai ed impiegati, e quella di scelta e di valutazione dell'in

dice fra tutti quelli che la tecnica e la scienza statistica consen

tono di ottenere.

Questa scelta e questa valutazione, di natura certamente di

screzionale, sono affidate dall'art. 71, ultimo comma, legge 27 lu

glio 1978 n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani) all'Istituto centrale di statistica.

Di fronte ad una siffatta attività, che, ovviamente, deve essere

svolta in aderenza alla legge ma non è da essa strettamente vin

colata se non nella periodicità (annuale) in assenza di qualsiasi indicazione sulla formazione e di conseguenza sulla valutazione

degli elementi complessivi e dell'indice sintetico, il privato è cer

tamente titolare di interessi legittimi ma non di diritti soggettivi poiché la condotta dell'amministrazione è regolata non da norme dettate nel prevalente interesse dell'altra parte ma si svolge at

traverso manifestazioni precettive dotate delle caratteristiche di

autoritatività proprie dei provvedimenti amministrativi (Cons,

giust. amm. sic. 12 dicembre 1970, n. 557, Foro it., 1971, III,

33; Cons. Stato, Sez. VI, 7 dicembre 1971, n. 1100, id., Rep. 1971, voce Giurisdizione civile, n. 59).

E quindi da riconoscere nel provvedimento di determinazione

concreta dell'indice un processo formativo di una volontà della

pubblica amministrazione e nella indicazione del valore la mani

festazione della volontà cosi formata. Gli effetti di questa voli

zione, che porta alla formazione di un atto oggettivamente, oltre

che soggettivamente, amministrativo, incidono, è vero, su rappor ti privatistici (tra locatore e conduttore) ma questo effetto teleo

logico non ha il potere di alterare l'intrinseca ed immediata na

tura dell'atto formato nell'interesse pubblico (costituito dalla cer

tezza e dall'equità dei rapporti nonché dalle necessità dell'edilizia). Sotto ogni profilo deve pertanto essere affermata la giurisdi

zione del giudice adito.

2. - Sempre in via pregiudiziale deve essere esaminata l'ulte

riore eccezione di inammissibilità dell'intervento dell'Unione pic coli proprietari immobiliari.

Sostiene l'amministrazione che l'U.p.p.i. non è legittimata ad

intervenire in giudizio in quanto i singoli associati proprietari

in vario modo intervengono nella determinazione dell'equo canone di

locazione degli immobili urbani. II. - Sulla questione sostanziale decisa dalla terza massima, v. il

commento alla legge 27 luglio 1978 n. 392, a cura di Bianca e altri, in Nuove leggi civ., 1978, 920: tale questione è adombrata (pag. 1026) nél commento all'art. 24 di Marchio.

Per riferimenti, relativamente alla seconda massima, sulla legittima zione a stare in giudizio da parte di un'associazione rappresentativa di interessi, v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 1979, n. 378 in questo fascicolo, III, 54, con nota di Ferrara.

III. - La motivazione del T.A.R. Veneto richiama l'orientamento giu risprudenziale secondo il quale vi sarebbe parimenti difetto di giurisdi zione del giudice amministrativo sulla deliberazione con la quale il co mune perimetra il centro abitato, ai fini della determinazione dell'am moAtare della indennità di espropriazione in base alla legge 22 ottobre

1971'n, 865 (c. d. legge sulla casa): T.A.R. Piemonte 20 marzo 1979, n. 176, Trib. amm. reg., 1979, I, 1586; Cons. Stato, Sez. IV, 13 giugno 1978, n. 565, Foro it., Rep. 1978, voce Espropriazione per p. n. 127; T.A.R. Emilia-Romagna 11 novembre 1976, n. 561, id., 1977, III,

153, con nota di C. E. Gallo. Nel senso della sussistenza della giu risdizione amministrativa, v. T.A.R. Piemonte 8 novembre 1978, n.

"521, Trib. amm. reg., 1979, I, 66; cfr. anche T.A.R. Lazio, Sez.

I, 27 settembre 1978, n. 843, id., 1978, I, 3877, che ha affrontato il problema in termini di sussistenza o meno dell'interesse del pro prietario, negandola fino a quando il procedimento espropriativo non

perviene alla fase di determinazione dell'ammontare dell'indennità. In dottrina, v., tra gli altri, il commento alla legge 27 luglio

1978 n. 392, a cura di Bianca e altri (op. loc. cit.; il commento all'art. 18, ad opera di Graziani, è a pag. 987 ss.); nonché F. Ma

riuzzo, Il comune di fronte alla legge sull'equo canone-, aspetti am

ministrativi, in Foro amm., 1978, I, 1401. Da fonti giornalistiche (« Gazzetta del popolo » del 30 gennaio

1980) si apprende che il T.A.R. della Lombardia (sent. 23 gennaio 1980, n. 40) ha annullato una delibera comunale di - classificazione di una zona della città di Milano.

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PARTE TERZA

di immobili si trovano nella fattispecie in conflitto di interessi

tra loro poiché l'indice di variazione, a seconda della diversa sca

denza dei contratti di locazione, dispiega effetti diversi nei con

fronti dei locatori.

Osserva il collegio che l'esistenza di un siffatto conflitto di in

teressi, peraltro di difficile dimostrazione, non è stata in alcun

modo provata. Rimane pertanto integra la potestà dell'associazione di rappre

sentare gli interessi collettivi della categoria (secondo quanto è

previsto dall'art. 2 dello statuto dell'U.p.p.i.) e cioè interessi re

lativi ad un gruppo organizzato ed aventi il loro specifico por tatore nell'ente esponenziale del gruppo stesso (in questo senso, Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 1978, n. 1187).

L'eccezione è pertanto infondata e deve essere riconosciuta la

legittimazione dell'Unione piccoli proprietari immobiliari ad in

tervenire nel giudizio ad adiuvandum.

3. - Nel merito il ricorso è fondato.

Assume il ricorrente che la variazione dell'indice dei prezzi deve riferirsi al periodo relativo all'anno precedente a quello del

l'applicazione. Sostiene invece l'amministrazione che la variazio

ne debba riferirsi, in ogni momento, ai dodici mesi immediata

mente precedenti. La norma (art. 71, ultimo comma, legge 392/78) che attribui

sce all'ISTAT la competenza di definire la variazione dell'indice

dei prezzi al consumo non offre però alcuna possibilità di com

piere esercitazioni ermeneutiche. La norma deve essere semplice mente letta e rivela immediatamente il suo contenuto. Il legisla tore si è infatti espresso nei termini seguenti: « la variazione ...

verificatasi nell'anno precedente », indicando cosi la sua precisa volontà di prendere in considerazione le variazioni verificatesi

nell'anno solare precedente quello di applicazione dell'indice. In

caso contrario avrebbe dovuto esprimersi in termini del tutto

diversi specificando che la variazione di cui si doveva tener conto

era quella relativa al periodo intercorrente fra il mese di appli cazione (cioè di scadenza del contratto di locazione) e il corri

spondente mese dell'anno precedente. Questa conclusione, la cui

certezza è determinata dalla chiarezza del testo legislativo, è con

fermata dalla ratio della norma, agevolmente individuabile nella

finalità di ottenere un indice costante per l'intero arco dell'anno, tale da assicurare l'obiettività nei rapporti economici relativi alle

locazioni e da eliminare i vantaggi e gli svantaggi che inevitabil

mente deriverebbero dall'applicazione di un metodo diverso. Ove si dovesse, infatti, applicare un indice diverso per ogni mese

dell'anno, si verificherebbe un'inammissibile disparità di tratta

mento tra i diversi locatori nonché tra i diversi conduttori poi ché le variazioni dei prezzi non avvengono in misura uniforme

ma risentono fortemente dell'andamento stagionale.

È pertanto illegittima la definizione della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati con

riferimento al periodo di dodici mesi immediatamente precedente al momento di applicazione, mentre in base alla norma regola trice deve essere definita la variazione verificatasi nell'anno so lare immediatamente precedente.

II ricorso è pertanto fondato e deve essere accolto. Sussistono tuttavia giusti motivi per la compensazione delle

spese. Il T.A.R. per il Lazio, sezione prima, accoglie il ricorso pro

posto dal sig. Appino Mario come in epigrafe e per l'effetto an nulla il provvedimento impugnato salvi gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione.

Per questi motivi, ecc.

II

Il Tribunale, ecc. — Nell'esame delle eccezioni sollevate dalla resistente amministrazione, il collegio ritiene che precede in or dine logico quella di difetto di giurisdizione, in quanto investe l'esercizio del potere giurisdizionale del giudice adito sul ricorso.

Tale eccezione è prospettata dalla resistente sotto il profilo che l'art. 18 legge 392/1978 investe diritti soggettivi.

È d'uopo premettere che la esistenza di un provvedimento am

ministrativo, oggetto della presente impugnativa, non è di per sé determinante ai fini della giurisdizione di questo tribunale.

Il legislatore, disponendo che le controversie su diritti sono

devolute alla giurisdizione ordinaria « ancorché siano stati ema

nati atti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa »

(art. 2 legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E), esplicitamente am

mette che, pur in presenza di un provvedimento amministrati

vo, possa realizzarsi la lesione di un diritto soggettivo, e di tale

lesione devolve la tutela all'a.g.o. Ugualmente, l'art. 4 legge 6

dicembre 1971 n. 1034, attribuendo al T.A.R. «la competenza...

per i ricorsi [contro atti e provvedimenti, ex art. 2 e 3] aventi

ad oggetto diritti e interessi », fa salvi i casi in cui « la tutela

di questi sia attribuita all'autorità giudiziaria ordinaria...».

Pertanto, in sede di impugnativa giurisdizionale di un prov vedimento amministrativo, la mera deduzione, da parte del ri

corrente, dei vizi tipici di legittimità dell'atto amministrativo non

è di per sé sufficiente per riconoscere la giurisdizione di questo tribunale.

La giurisprudenza amministrativa, ormai costante, ha invero chia

rito che la prospettazione di parte non può assurgere a criterio

discriminatore della giurisdizione ordinaria da quella ammini

strativa, dovendosi avere riguardo, invece, alla effettiva consi

stenza della posizione giuridica fatta valere in giudizio nei con

fronti del provvedimento amministrativo impugnato.

Un'indagine siffatta è di stretto diritto positivo, trattandosi di

accertare la effettiva natura e la precisa finalità del potere della

pubblica amministrazione di cui il provvedimento amministrativo

impugnato è espressione, e, correlativamente, la reale consisten

za della protezione accordata dalle norme giuridiche alle situa

zioni soggettive sulle quali il provvedimento amministrativo vie

ne ad incidere.

Alla stregua di queste necessarie premesse, il collegio ritiene

di dover accogliere l'eccezione di difetto di giurisdizione, in con

siderazione della funzione e della ratio del sopracitato art. 18

legge 392/1978. Invero, con le disposizioni quivi contenute, il legislatore non

ha attribuito all'amministrazione comunale una funzione tipica mente amministrativa, volta cioè alla cura di interessi pubblici

specifici incentrati nei comuni. Ha invece conferito a questi la

sola funzione di procedere alla ricognizione di una determinata situazione di fatto, costituita dalla conformazione e caratteristi che del tessuto abitativo; e ciò ad integrazione della disciplina dei rapporti intersoggettivi dettata dalla legge sull'equo canone, e, al contempo, per consentirne la pratica attuazione.

Per tal guisa il suddetto art. 18 legge 392/1978 esclude, in capo all'amministrazione comunale, il potere di comprimere, in via autoritativa e per supposte finalità di interesse pubblico, le si tuazioni soggettive riconosciute e tutelate dalla legge nell'am bito del rapporto di locazione.

A fronte dunque dell'esercizio delle funzioni comunali eser citate sulla base dell'art. 18, vi sono soltanto diritti soggettivi, devoluti alla cognizione dell'a.g.o.

Un medesimo ordine di concetti è stato espresso in una re cente pronuncia del Consiglio di Stato additata dalla difesa del

comune, in tema di delimitazione dei centri edificati ai sensi

degli art. 16 e 18 legge 22 ottobre 1971 n. 865 (Sez. V 13 giugno 1978, n. 565, Foro it., Rep. 1978, voce Espropriazione per p. i., n. 127).

Il Consiglio di Stato ha infatti affermato che la delibera co munale con la quale viene delimitato il centro edificato ha l'esclu sivo fine di consentire la determinazione dell'indennità di espro

prio ed ingenera effetti « incidenti unicamente sull'interesse degli espropriandi all'ottenimento di una ex lege esatta indennità, in teresse al quale l'ordinamento notoriamente riconosce veste di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, onde ogni doglian za al riguardo non può che farsi valere dinanzi alla autorità giu diziaria ordinaria ».

Ora non v'è dubbio che la funzione attribuita ai comuni dalla

legge sull'equo canone presenta identità di struttura e di effetti, incidendo anche essa su un diritto soggettivo: quello del loca tore al conseguimento dell'« equo canone ».

A riprova del parallelismo tra le due fattispecie, e segnatamen te della medesima finalità assegnata alle due specie di perime

trazione, di identificare con criteri di obiettività lo stato reale

dell'abitato, giova richiamare l'attenzione sul penultimo comma

dell'art. 18 legge 392/1978: in esso è sancito che per i comuni

con popolazione non superiore a 20.000 abitanti si applicano le

perimetrazioni previste all'art. 16 legge 865/1971; mentre è no

torio che per i comuni con popolazione superiore il mancato ri

ferimento alle perimetrazioni ex lege n. 865 è dovuto al fatto

che il legislatore, stante la maggiore complessità del patrimonio

abitativo, ha dovuto prevedere una più ampia articolazione delle

zone, per realizzare una migliore corrispondenza dei coefficienti di valore alle situazioni obiettive.

L'ultimo comma dell'art. 18, che prevede la individuazione, ad opera del comune, degli edifici o comparti di edifici partico larmente degradati, all'interno delle diverse zone, è perfettamen te coerente con le disposizioni che lo precedono.

Esso non conferisce, invero, al comune un potere discrezionale

per la cura di propri interessi, in quanto la funzione assegnata

agli organi dell'amministrazione di scorporare gli edifici o com

parti di edifici con particolare stato di degrado non è finalizzata

alla esigenza di tutelare interessi pubblici di tipo urbanistico e

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

non è quindi correlata a tipiche situazioni di interesse legittimo; essa ha invece l'esclusivo fine di consentire la determinazione

dell'equo canone in ragione della ubicazione dell'immobile, e più

precisamente in ragione della « situazione » urbanistica di esso.

Si tratta dunque di una funzione che è ugualmente integrativa

rispetto alla disciplina dei rapporti privatistici tra locatore e lo

catario prestabilita dalla legge, e che è affidata al comune in quan to soggetto che possiede gli strumenti conoscitivi per acclarare

«il particolare stato di degrado». Per cui, ove pure sussistano

margini di indeterminatezza nella indicazione della suddetta fun

zione, come rilevano i ricorrenti, essi condurrebbero tutt'al più a dover riconoscere la presenza di una mera discrezionalità

tecnica.

Stante il difetto di giurisdizione il ricorso va rigettato. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 3 settembre 1979, n. 571; Pres. Tozzi, TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 3 settembre 1979, n. 571; Pres. Tozzi,

Est. Bozzi; Parenti e altri (Avv. Flamini) c. Università catto

lica del Sacro Cuore (Avv. Bussi).

Istruzione pubblica — Università cattolica del Sacro Cuore —

Dipendenti — Ricorso — Inammissibilità — Fattispecie (R. d.

31 agosto 1933 n. 1592, t. u. sull'istruzione superiore, art. 211).

È inammissibile il ricorso proposto dai dipendenti dell'Università

cattolica del Sacro Cuore, rivolto ad ottenere l'annullamento

parziale non già delle deliberazioni e della disciplina regola mentare del rapporto di lavoro, bensì direttamente ed esclu

sivamente dei contratti collettivi recepiti in tali deliberazioni. (1)

11 Tribunale, ecc. — È fondata l'eccezione di inammissibilità

del ricorso, sollevata dalla resistente università sul rilievo che, con

il ricorso medesimo, si chiede l'annullamento di norme contenute

in alcuni contratti collettivi, e non già degli atti che li hanno

approvati e, quindi, recepiti e che, a norma di legge, costituisco

no la disciplina regolamentare dello stato giuridico e del tratta

mento economico del personale delle università libere, qual'è

l'Università cattolica del Sacro Cuore.

In proposito il collegio osserva come sia ben vero che i di

pendenti dell'Università cattolica e, in particolare, per quanto

qui riguarda, i dipendenti del policlinico « A. Gemelli » an

nesso alla facoltà di medicina e chirurgia di detta università, sono legati ad un rapporto di pubblico impiego. Ma tale status, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, non deriva loro

dal fatto che il policlinico « Gemelli », ai sensi dell'art. 5 d. pres. 27 marzo 1969 n. 129, costituisce, nel suo insieme, un ospedale

policlinico universitario equiparato ad ospedale regionale, bensì

dalla circostanza che, data la personalità giuridica di diritto pub blico dell'Università cattolica del Sacro Cuore, che è una libera

università, lo stato giuridico ed il trattamento economico del

personale dipendente sono disciplinati dall'art. 211 t. u. delle

leggi sull'istruzione superiore, di cui al r. d. 31 agosto 1933 n. 1592.

Invero, come questa sezione ha già avuto modo di affermare, l'assoggettabilità degli istituti e delle cliniche universitarie alla

legge 12 febbraio 1968 n. 132 (i cui art. 19 e 23 sono richia mati nell'art. 5 d. pres. 27 marzo 1969 n. 129, che i ricorrenti invocano per farne discendere la natura pubblica del loro rap porto d'impiego), è limitata all'esercizio dell'attività assistenzia

le, nel senso che le dette cliniche non possono concorrere a formare il substrato di un ente ospedaliero, e tanto meno sono suscettibili di classificazione alla stregua della tipologia ospeda liera (T.A.R. Lazio, Sez. I, 21 maggio 1975, n. 362, Foro it.,

Rep. 1975, voce Sanità pubblica, n. 135). Come si è dianzi detto, pertanto, il rapporto d'impiego dei

ricorrenti trova la propria disciplina, quanto allo stato giuridico ed al trattamento economico, non già nella normativa contenuta

(1) Non constano precedenti in termini. Per riferimenti v. Cass. 16 febbraio 1977, n. 691, Foro it., 1977,

I, 817, secondo cui l'Università cattolica del Sacro Cuore di Roma, in quanto riconducibile tra le università libere disciplinate dall'or dinamento sull'istruzione superiore, è un ente pubblico non econo mico; di conseguenza rientra nella giurisdizione del giudice ammi nistrativo l'impugnazione del licenziamento, che si assume illegitti mo, del dipendente di detta università; Cons. Stato, Sez. I, 23 gen naio 1976, n. 644/72, id., Rep. 1978, voce Istruzione pubblica, n. 293, secondo cui l'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano è persona giuridica pubblica e, pertanto, contro i provvedimenti da essa emanati sono esperibili i mezzi di tutela giuridica previsti dal l'ordinamento statuale.

nel d. pres. 27 marzo 1969 n. 129, ma nell'art. 211 t. u. delle

leggi sull'istruzione superiore 31 agosto 1933 n. 1592. In base a questa disposizione, « tutti i provvedimenti concer

nenti lo stato giuridico ed il trattamento economico e di quiescen za del personale di ogni categoria sono deliberati dal consiglio di amministrazione e resi esecutivi dal presidente di detto con

siglio ».

Da ciò consegue che, nel particolare sistema normativo rego lato dalla disposizione ora richiamata, gli eventuali accordi che

intervengano fra le organizzazioni sindacali e le singole ammi nistrazioni universitarie da essa contemplate non potrebbero, di

per sé, costituire fonte normativa vincolante e di immediata ap plicazione, ma semplice presupposto delle deliberazioni delle amministrazioni stesse, con le quali viene determinato propria mente il trattamento economico e lo stato giuridico del perso nale dipendente.

Questo sistema, del resto, si inquadra in quello, più ampio e

generale, secondo il quale, nel rapporto di pubblico impiego, i contratti collettivi di lavoro in tanto possono assurgere a fonte normativa, in quanto l'ente abbia recepito le relative disposi zioni con propri atti formali, i quali hanno natura autoritativa e regolamentare.

Nella specie, come risulta dalla documentazione esibita dal l'università resistente, gli accordi collettivi di cui si tratta sono stati formalmente recepiti con apposite deliberazioni, dapprima adottate in via d'urgenza dalla giunta direttiva dell'Università cattolica del Sacro Cuore e, successivamente, ratificate dal con

siglio di amministrazione della stessa università. Da quanto precede consegue dunque che il ricorso, in quanto

rivolto all'annullamento parziale, non già delle anzidette delibe razioni e della disciplina regolamentare che con esse è stata adot

tata, bensì direttamente ed esclusivamente dei contratti colletti

vi, si palesa inammissibile dato che, come si è dianzi detto, tali contratti non costituiscono la fonte normativa del rapporto di

impiego che lega i ricorrenti all'Università cattolica del Sacro

Cuore, in considerazione del fatto che, in base al citato art. 211 t. u. di cui al r. d. n. 1592 del 1933, essi non sono immediata mente vincolanti per l'università, ma solo e nei limiti entro i

quali vengono da questa recepiti con appositi atti deliberativi, come nella specie è avvenuto

Né varrebbe ritenere (e con ciò il collegio si volge ad esami nare anche l'eccezione di improcedibilità, rectius: irricevibilità, del ricorso sollevata dall'università resistente) che, con il proprio gra vame, i ricorrenti abbiano inteso impugnare anche gli anzidetti atti deliberativi giacché, quando pure tale ipotesi fosse sosteni

bile, anche in tal caso il gravame stesso sarebbe irricevibile per tardività, non avendo i ricorrenti rispettato, a tal fine, il termi ne di decadenza stabilito dall'art. 21 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 per l'impugnativa degli atti autoritativi e regolamentari.

Invero, nella specie non si tratta di pretese patrimoniali che, in quanto tali, sono regolate ed azionabili nel termine di prescri zione, ma si verte in materia di pretese patrimoniali che contra stano con atti autoritativi e regolamentari della pubblica ammi nistrazione: in un caso cioè, relativamente al quale la giurispru denza è pacifica nel ritenere che la esercitabilità delle pretese pa trimoniali soggiace al normale termine di decadenza.

Per le su esposte considerazioni il ricorso deve essere dichia rato inammissibile.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LI

GURIA; sentenza 3 maggio 1979, n. 187; Pres. Vivenzio, Est.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LI

GURIA; sentenza 3 maggio 1979, n. 187; Pres. Vivenzio, Est.

Bongioanni; Cantieri navali Solimano (Avv. Acquarone) c.

Regione Liguria (Avv. Pericu), Comune di Savona (Avv. Rat

ti, Aglietto, Folco).

Giustizia amministrativa — Piano regolatore intercomunale — Ri

corso — Notificazione soltanto alla regione e al comune in

caricato della redazione — Inammissibilità (Legge 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 7, 12; legge 6 dicembre

1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21).

È inammissibile il ricorso proposto contro un piano regolatore intercomunale, che sia stato notificato solo alla regione e al

comune incaricato della redazione, e non anche agli altri co

muni il cui territorio sia compreso nel piano stesso. (1)

(1) Non si rilevano precedenti editi in termini. Nel senso della inammissibilità del ricorso giurisdizionale ammi

nistrativo proposto contro un atto c. d. complesso e notificato ad una

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