sezione I; sentenza 18 dicembre 1993, n. 1787; Pres. Schinaia, Est. Tosti; Bucci Casari ed altri(Avv. Barenghi) c. Anas ed altri (Avv. dello Stato Lettera), Soc. Fina italiana (Avv. Casavola) eSoc. Monte Shell (Avv. Sorrentino, Pericu, Quaglia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 523/524-529/530Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188405 .
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PARTE TERZA
b) sul difetto di legittimazione della associazione sindacale ricorrente in quanto non costituisce un organismo sindacale lo cale ma nazionale.
Quanto al primo punto osserva il collegio che non è richiesto, nello speciale procedimento delineato dall'art. 28 1. 20 maggio 1970 n. 300 come modificato dall'art. 6 1. 12 giugno 1990 n.
146, l'adempimento delle modalità previste nel rito ordinario
per l'incardinazione della causa. Con riguardo al secondo profi lo di inammissibilità è sufficiente prendere atto, per contestarne il fondamento, che ricorrente è il sindacato, aderente all'Unsa
Confsal, della presidenza del consiglio dei ministri quale orga nismo sindacale locale della suddetta confederazione.
— Il rappresentante della presidenza del consiglio dei ministri
ha, in definitiva, sostenuto che:
a) il trasferimento del Cusano si inserisce in un più ampio quadro di movimenti in atto presso la presidenza del consiglio dei ministri;
b) la giurisprudenza che si è formata sulla specifica materia muove dal presupposto che il sindacalista non debba essere al lontanato dalla sede o ufficio presso il quale svolge la sua atti
vità, nel caso di specie il Cusano è in servizio presso la presi denza del consiglio, quindi, è ininfluente nell'ambito degli uffi
ci della presidenza, la sede o ufficio dove è impiegato;
c) il Cusano non era componente di un organo statutario ma solo designato e, quindi, a lui non è applicabile l'art. 40 d.p.r. 266/87;
d) non c'è stato, in ogni caso, svolgimento di attività sindaca le da parte del Cusano, quindi, di condotta antisindacale non si può parlare nel caso di specie.
— Il rappresentante e la difesa dell'associazione sindacale ri corrente hanno confutato detta tesi chiedendo l'accoglimento del ricorso;
— Ritiene il collegio che nel caso di specie attraverso l'accre ditamento del Cusano quale rappresentante sindacale compo nente di un organo statutario — avvenuto il 4 ottobre 1994 — si sia verificata la condizione richiesta dall'art. 40 d.p.r. 266/87
per l'attivazione dello speciale procedimento di garanzia ivi con
templato. Non può essere assecondata la tesi, condotta per veri tà abilmente dal rappresentante della presidenza del consiglio secondo cui alla «designazione» del sindacato dovrebbe seguire, per la piena operatività della stessa, la effettiva nomina del sin dacalista in un organo statutario. Ciò accade di regola nei pro cedimenti amministrativi che non vengono in rilievo, nel caso di specie, essendo il momento della nomina riservato all'auto nomia sindacale. Una volta che il sindacato abbia manifestato con chiarezza l'intenzione inequivoca di avvalersi di un determi nato esponente quale suo dirigente è, in ogni caso, necessario
prima di procedere al trasferimento di detto dirigente acquisire il nulla osta dell'associazione sindacale di appartenenza. Il tra sferimento è stato notificato al sig. Cusano solo il 6 ottobre 1994.
È significativo sul punto che la stessa presidenza del consiglio con nota AGP/2/4350 del 7 ottobre 1994 riconosce l'acquisizio ne da parte del Cusano a decorrere dal 4 ottobre 1994 della
qualità di dirigente sindacale ed afferma l'applicabilità dell'art. 40 d.p.r. 266/87 soggiungendo, poi, per giustificare la mancata
III. - Circa l'individuazione dell'autorità giudiziaria competente a pro nunciarsi nel caso di comportamenti antisindacali posti in essere dalla pubblica amministrazione, v. Trib. Firenze 11 giugno 1993, Pret. Ro ma, decr. 28 ottobre 1993 e 7 luglio 1993, id., 1994, I, 908, con nota di richiami di dottrina e giurisprudenza di P. Matteini.
IV. - Per una delimitazione della nozione di «unità produttiva» e circa l'individuazione del trasferimento protetto dall'art. 22 1. 20 mag gio 1970 n. 300, v. Cass. 4 luglio 1991, n. 7386, id., 1992, I, 2189, con nota di P. Bellocchi che riassume, in proposito, le diverse posizio ni della giurisprudenza di legittimità e di merito e della dottrina.
Con riguardo al problema se costituisce o meno trasferimento di diri gente sindacale soggetto al nulla osta dell'organizzazione di appartenen za il mutamento della sede di lavoro connesso alla promozione del di pendente (ovvero attuato sulla base di differenti presupposti), v. Trib. Sassari 18 settembre 1991 e Pret. Cosenza, ord. 13 maggio 1992, id., 1992, I, 2192; Pret. Roma 21 marzo 1988, id., Rep. 1989, voce Lavoro (rapporto), n. 1015; Pret. Livorno 29 ottobre 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1096; Pret. Catania 12 luglio 1985, id., Rep. 1986, voce Sindacati, n. 164; Pret. Genova 24 maggio 1985, id., 1985, I, 2441, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1994.
audizione dell'associazione sindacale ricorrente che il trasferi mento nell'ambito del comune non implica modifica della «se de» di servizio.
Non è, altresì', assecondatole neanche il diverso ordine di con
siderazioni secondo cui lo spostamento di sede è ininfluente nel caso di specie trattandosi di un movimento nell'ambito del co mune: il profilo che interessa in questa sede — ed al cui accer tamento è preordinata l'acquisizione del nulla osta del sindaca to — è se dal trasferimento conseguono effetti negativi sull'atti vità sindacale svolta dal dirigente e ciò può avvenire secondo indirizzi giurisprudenziali ormai prevalenti anche per trasferi menti di sede o di ufficio che presentino la caratteristica di esse re intercomunali; il trasferimento non poteva pertanto essere effettuato senza seguire la procedura del ripetuto art. 40 d.p.r. 266/87.
Alla stregua delle considerazioni che precedono in base alla mancata osservanza della norma richiamata il ricorso va accolto.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER IL LAZIO; sezione I; sentenza 18 dicembre 1993, n. 1787; Pres. Schinaia, Est.
Tosti; Bucci Casari ed altri (Avv. Barenghi) c. Anas ed altri
(Avv. dello Stato Lettera), Soc. Fina italiana (Avv. Casavo
la) e Soc. Monte Shell (Avv. Sorrentino, Pericu, Quaglia).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER IL LAZIO; s
Opere pubbliche — Autostrade — Aree di servizio — Opere accessorie e complementari — Approvazione del progetto —
Dichiarazione di pubblica utilità — Equivalenza (L. 7 feb braio 1961 n. 59, riordinamento strutturale e revisione ruoli
organici dell'Anas, art. 34; 1. 3 gennaio 1978 n. 1, accelera zione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali, art. 1).
Strade — Grande raccordo anulare di Roma — Aree di servizio — Opere pubbliche — Disciplina (L. 29 maggio 1989 n. 205, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° aprile 1989 n. 121).
Opere pubbliche — Campionati mondiali di calcio — Opera comportante variazione urbanistica — Conferenza di servizi — Mancata partecipazione del rappresentante della regione —
Illegittimità (L. 29 maggio 1989 n. 205, art. 2). Ambiente (tutela dell') — Autostrade — Aree di servizio —
Valutazione di impatto ambientale — Esclusione (L. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione del ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale, art. 6; d.p.c.m. 10 agosto 1988 n. 377, regolamentazione delle pronunce di compatibili tà ambientale di cui all'art. 6 1. 8 luglio 1986 n. 349).
Le aree di servizio delle autostrade costituiscono opere accesso rie e complementari all'opera pubblica e pertanto è loro ap plicabile, oltre alla I. 3 gennaio 1978 n. 1, anche l'art. 34 l. 7 febbraio 1961 n. 59, in base al quale l'approvazione del
progetto equivale a dichiarazione di pubblica utilità. (1) Il miglioramento delle infrastrutture del Grande raccordo anu
lare di Roma, attuato mediante la costruzione di aree di ser
vizio, rientra tra le opere pubbliche ammesse alle speciali pro cedure stabilite dalla I. 29 maggio 1989 n. 205, sui mondiali di calcio. (2)
(1-2) Non risultano precedenti editi specifici. Sul concetto di pertinenza a servizio dell'opera pubblica autostradale,
anche se appartenente a privati, cfr. Tar Emilia-Romagna, sez. Parma, 4 febbraio 1992, n. 17, Foro it., Rep. 1993, voce Strade, n. 17; Cons. Stato, sez. IV, 18 settembre 1991, n. 721, id., 1992, III, 230, con nota di richiami. Sulla qualificazione come opere pubbliche dei parcheggi stradali, cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 ottobre 1992, n. 939, id., Rep. 1992, voce Opere pubbliche, n. 110; più in generale; sul tema, v. anche Tar Lombardia, sez. Ili, 9 maggio 1991, n. 192, id., Rep. 1991, voce cit., n. 81.
Sulla necessità del procedimento di variante urbanistica previsto dal
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
È illegittima la delibera di approvazione di un progetto di opera
pubblica, che comporti una variante urbanistica, adottata dalla
conferenza di servizi ai sensi della I. 29 maggio 1989 n. 205,
senza la partecipazione del rappresentante della regione. (3)
Il progetto di costruzione di aree di servizio sul preesistente tronco
autostradale non richiede l'applicazione della procedura di im
patto ambientale, se non comporta modificazioni delle carat
teristiche del tracciato. (4)
Diritto. — (Omissis). I. - Nel merito, con il primo motivo i ricorrenti contestano sia che l'impianto approvato dal mini
stro dei lavori pubblici, per la cui realizzazione si è decretata
l'occupazione dei loro terreni, possa essere qualificato come opera
pubblica, sia che l'opera stessa possa ritenersi direttamente con
nessa allo svolgimento dei campionati mondiali di calcio del
1990. Ne deducono la violazione delle leggi 29 maggio 1989 n.
205 e 3 gennaio 1978 n. 1, nonché l'eccesso di potere.
Il motivo è infondato sotto entrambe i profili.
Quanto al primo, va precisato che l'opera da realizzare non
consiste soltanto in un impianto di apparecchi per la distribu
l'art. 1, 5° comma, 1. n. 1 del 1978, anche per le modifiche di un
tracciato stradale, che comporti lo spostamento della carreggiata su ter
reni già inclusi nella fascia di rispetto, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15
luglio 1992, n. 688, id., Rep. 1993, voce Edilizia e urbanistica, n. 271.
Sul collegamento funzionale dell'opera pubblica all'atto di approva zione previsto dalla 1. n. 205 del 1989, cfr. Tar Lazio, sez. I, 23 novem
bre 1990, n. 1124, id., Rep. 1991, voce Opere pubbliche, n. 113; Corte
cost. 14 dicembre 1989, n. 546, id., 1990, I, 1421, con nota di richiami,
cui adde, Tar Lombardia, sez. III, 3 novembre 1993, n. 599, Trib. amm.
reg., 1994, I, 123.
Sui profili di costituzionalità della 1. n. 205 del 1989, cfr. Corte cost.
16 febbraio 1993, n. 62, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 124, e, in
dottrina, Pastori, Conferenza di servizi e pluralismo autonomistico,
in Regioni, 1993, 1564; Piacentini, La conferenza di servizi al vaglio
della Corte costituzionale, in Riv. trim, appalti, 1991, 895.
Sulla materia, in generale, si consultino: Ragozzino, Strade e auto
strade, voce dell'Enciclopedia giuridica Treccani, 1993; Pollice, Sull'e
voluzione del concetto di opera pubblica, in Ammin. it., 1993, 582;
Cianflone, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1993; Lirosi-Lepore,
Autostrade, legislazione e giurisprudenza, Quaderni della Riv. giur. circ.
e trasporti, 1992, suppl. 4-5; Talice, Strade, voce dell'Enciclopedia del
diritto, 1990, XLIII, 1111.
(3) In senso conforme, sulla necessità che alla conferenza partecipino tutte le amministrazioni ed enti interessati con rappresentanti dotati,
per competenza propria o per delega ricevuta dall'organo competente,
dei poteri corrispondenti all'atto del procedimento spettante alla sfera
dell'amministrazione rappresentata, cfr. Corte cost. 28 luglio 1993, n.
348, Foro it., 1994, I, 2065, con nota di richiami.
(4) Sulla non assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale
della tangenziale di Catania, non trattandosi di autostrada, cfr. Tar
Sicilia, sede Catania, sez. I, 7 giugno 1993, n. 385, id., Rep. 1993,
voce cit., n. 117; nello stesso senso, per la modifica di un tronco di
strada statale in Molise, non rientrante tra le vie di rapida comunicazio
ne, cfr. Tar Molise 25 settembre 1991, n. 162, id., Rep. 1992, voce
Strade, n. 11.
Sulla necessità della valutazione di impatto ambientale anche per un'o
pera accessoria, che abbia un suo peculiare e specifico oggetto, cfr.
Tar Lazio, sez. II, 14 novembre 1990, n. 2030, id., Rep. 1992, voce
Ambiente (tutela dell'), n. 79. Sulla legittimità degli atti relativi ad un
tronco autostradale, adottati senza la previa valutazione di impatto am
bientale, prima del 3 luglio 1988, data di applicazione in Italia della
direttiva comunitaria in materia, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio
1990, n. 728, id., 1991, III, 485, con nota di richiami.
Sui rapporti tra valutazione di impatto ambientale e conferenza di
servizi, in materia di smaltimento dei rifiuti, cfr. Cons. Stato, sez. V,
6 dicembre 1993, n. 1262, id., 1994, III, 320, con nota di richiami.
In materia, v. circ. min. ambiente 1° dicembre 1992, n.
8840/V.I.A./A.0.13, Assoggettabilità alla procedura di impatto ambien
tale dei progetti riguardanti le vie di rapida comunicazione, in Le leggi,
1993, II, 199.
In dottrina, si consultino: Gustapane-Sartor-Verardi, Valutazione
di impatto ambientale, Milano, 1992; Della Rocca-Prosperetti, Va
lutazione di impatto ambientale sui progetti pubblici e privati, Milano,
1992, Cattaneo, Valutazione dì impatto ambientale e pianificazione
(seminario di studi, Napoli), Milano, 1992; Balboni, Sviluppo, impatto
ambientale e governo del territorio: una difficile concertazione, in Re
gioni, 1991, 351; Conti, La valutazione di impatto ambientale, Pado
va, 1990; M.A. Sandulli, Brevi riflessioni sulla valutazione di impatto
ambientale, in Riv. giur. edilizia, 1989, II, 133.
Il Foro Italiano — 1994.
zione di carburanti, finalizzato alla soddisfazione di un pubbli
co interesse e soggetto ad autorizzazione ministeriale nel caso
di autostrade ex art. 17 1. n. 1034 del 1970, ma si identifica
con un'area di servizio lungo il Grande raccordo autostradale
di Roma.
Ora, le aree di servizio delle autostrade non sono solo «predi
sposte al migliore raggiungimento dell'interesse privato delle so
cietà petrolifere» come affermano i ricorrenti, ma per le loro
caratteristiche costruttive e funzionali rappresentano opere ac
cessorie e complementari all'opera pubblica. Esse sono infatti strutture complesse, unitarie ed inscindibili,
interne alle autostrade, accessibili soltanto dai veicoli che le per
corrono e dotate di una vasta gamma di servizi per gli utenti,
ulteriori rispetto alla rivendita di carburanti per autotrazione
ed indispensabili per rendere agevole la percorrenza delle mede
sime (aree di sosta e di riposo, servizi igienici, posti di ristoro,
servizi telefonici, officine di riparazione ed altro). Tali peculiari caratteristiche si rinvengono anche nel progetto
dell'opera approvato con il provvedimento impugnato, nel qua
le tra l'altro è prevista anche la costruzione della terza corsia
autostradale, nel tratto antistante l'area di servizio, quale anti
cipazione del lavoro di allargamento dell'autostrada Gra di Ro
ma, già prospettato dall'Anas.
Il Grande raccordo anulare, inoltre, è stato riconosciuto co
me «autostrada» in forza del decreto del ministro dei 11.pp. 14
maggio 1979, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 216 dell'8
agosto 1979.
Ne consegue che l'area di servizio «Selva Candida», quale
opera accessoria e complementare di un'autostrada, è anch'essa
opera pubblica. Al procedimento di approvazione del relativo progetto è per
tanto applicabile, oltre alla 1. 3 gennaio 1978 n. 1, anche la
specifica norma dell'art. 34 1. 7 febbraio 1961 n. 59, in base
alla quale «equivale a dichiarazione di pubblica utilità» l'appro
vazione dei progetti di lavori accessori e complementari ad ope
re pubbliche, da eseguirsi dall'Anas, sia direttamente, sia in con
cessione.
Quanto al secondo profilo, i ricorrenti deducono la violazio
ne del d.l. n. 121 del 1989, in quanto l'opera non sarebbe diret
tamente connessa con lo svolgimento dei campionati mondiali
del 1990. Dispone al riguardo l'art. 1, 2° comma, lett. a), della citata
legge che le opere pubbliche alle quali sono applicabili le specia
li disposizioni da essa introdotte debbono rispondere, tra gli
altri, al requisito della immediata incidenza sull'effettuazione
delle manifestazioni, con particolare riferimento «all'afflusso e
mobilità del pubblico negli stadi e nei centri urbani interessati».
Al 4° comma, si prevede poi l'applicazione delle medesime pro
cedure «alle opere necessarie per garantire la fornitura di servizi
pubbici essenziali aventi i requisiti di cui al 2° comma».
Sul punto la Corte costituzionale, nella nota sentenza n. 546
del 14 dicembre 1989 (Foro it., 1990, I, 1421), ha sancito che
l'opera pubblica da realizzare deve essere caratterizzata da un
legame di diretta incidenza rispetto allo svolgimento stesso delle
manifestazioni sportive «compreso il miglioramento delle infra
strutture necessarie ad assicurare l'afflusso e la mobilità degli
spettatori negli stadi designati e nelle città interessate».
Alla luce di tale autorevole interpretazione, il miglioramento
delle infrastrutture del Grande raccordo anulare di Roma, me
diante la costruzione di aree di servizio di cui tale autostrada
era fino ad allora sfornita, rientra tra le opere pubbliche am
messe alle speciali procedure stabilite dalla 1. n. 205 del 1989,
poiché risponde al requisito di assicurare l'agevole afflusso nei
centri urbani designati per consentire la manifestazione.
L'anello autostradale costituito dal grande raccordo anulare
rappresenta il punto di massima percorrenza veicolare della città.
Tale arteria collega, inoltre, la città di Roma, ove erano pre
viste e si sono svolte il maggior numero di partite dei mondiali,
compresa la finale e nella quale erano situate le strutture colla
terali alle manifestazioni, con l'aeroporto di Fiumicino e con
le autostrade provenienti da altre città, come Milano, Bologna
Firenze, Napoli, Genova e L'Aquila, anche esse sedi di manife
stazioni sportive. Ciò stante, fatte salve le ulteriori osservazioni in punto di
diritto, non assume alcuna rilevanza, ai fini della qualificazione
dell'intervento e dell'applicabilità della legge, ma appare anzi
rispettoso dell'interesse pubblico, il fatto del tutto occasionale
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PARTE TERZA
che l'amministrazione si sia avvalsa dei dati tecnici in preceden za già raccolti e degli studi progettuali disponibili fin dal 1985,
quale presupposto del nuovo e distinto procedimento disciplina to dal d.l. n. 121 del 1989.
Tale circostanza sta anzi ad indicare che l'opera autostradale
era carente di infrastrutture già nei periodi di normale traffico.
Se ne trae dunque una ulteriore conferma della necessità di mi
glioramento delle infrastrutture in previsione dell'afflusso di uten
ti collegato con lo svolgimento dei campionati.
L'opera pertanto per le caratteristiche strutturali e funzionali
che la contraddistinguono può farsi rientrare tra le ipotesi disci
plinate dalla 1. n. 205 del 1989.
II. - Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, sia che
con l'approvazione dell'opera si sarebbe realizzata in modo ille
gittimo, stante la procedura seguita, una variante allo strumen
to pianificatore vigente nel comune, sia che, in particolare, sa
rebbe illegittima ed anomala l'espressione dela volontà da parte della conferenza dei servizi.
Ad avviso dei resistenti invece la procedura sarebbe immune
da vizi, perché sia l'art. 81 d.p.r. n. 616 del 1977 in tema di
raggiungimento dell'intesa per le opere pubbliche di interesse
statale, sia l'art. 2 d.l. n. 121 del 1989, come modificato dalla
legge di conversione n. 205 del 1989, relativo alla conferenza
dei servizi, non richiederebbero particolari requisiti di forma.
Dei due profili di censura deve essere esaminato per primo
quello relativo ai modi di espressione dell'approvazione dei pro
getti da parte della conferenza.
Se infatti tale atto fosse immune da vizi di legittimità, esso, ai sensi dell'art. 2, 3° comma, 1. cit., comporterebbe «per quanto
occorra, variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici
ed ai piani territoriali, ivi compresi i piani regolatori aeropor
tuali, senza necessità di ulteriori adempimenti». La tesi difensiva prospettata dalle società pecca di genericità
ed appare la conseguenza di una lettura superficiale della legge. Il vizio di cui è inficiato l'atto attribuito alla conferenza non
può essere infatti riduttivamente ricondotto alla sola inosser
vanza di «formalità» non richieste espressamente dalla legge. Esso investe invece il problema delle modalità di formazione
del provvedimento (approvazione all'unanimità, art. 2, 3° com
ma), nonché quelli, connessi, della sua esistenza giuridica, con
conseguente diretta incidenza ex lege su situazioni soggettive (art.
2, 2° comma, «senza che ciò comporti la necessità di ulteriori
deliberazioni per quanto concerne gli interventi degli enti loca
li») e della sua sindacabilità come pronuncia finale, in cui sono
destinati ad essere assorbiti gli atti strumentali del procedimento. Sul punto controverso, nelle more del giudizio, è intervenuta
la sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale
n. 62 del 16 febbraio 1993 (id., Rep. 1993, voce Opere pubbli che, n. 124), la quale, nel dichiarare non fondata, «nei sensi
di cui in motivazione», la questione di legittimità costituzionale
sollevata nei confronti dell'art. 2, 1° comma, e prima parte del
3° comma della 1. n. 205 del 1989, ha delineato una serie di
principi e criteri applicativi delle relative norme.
Tali principi inderogabili sono enucleati, in primo luogo, in
relazione alle «forme» di partecipazione dei rappresentanti delle
amministrazioni interessate al procedimento, avuto riguardo al
la dedotta questione di illegittimità costituzionale per la manca
ta previsione legislativa della partecipazione alla conferenza de
gli stessi soggetti investiti, nei singoli ordinamenti di settore, del potere di emettere gli atti d'intesa, od i pareri.
In secondo luogo, altri principi sono enucleabili in relazione
ai criteri di assunzione delle deliberazioni da parte della confe
renza tenuto conto del possibile effetto sostitutivo e della man
cata espressa previsione dell'obbligo di partecipazione di tutti
i rappresentanti delle amministrazioni.
La corte ha dunque affermato che, secondo la lettera e lo
spirito della disciplina posta dall'art. 2 1. n. 205 del 1989, alla
conferenza dei servizi» devono partecipare, quali rappresentanti delle amministrazioni interessate, o soggetti abilitati ad adottare
gli atti del procedimento o, comunque, soggetti provvisti della
competenza ad esprimere validamente, nella sede collegiale, la
volontà dell'ente di appartenenza. In sintesi «ai fini di una valida formazione dell'organo, i rap
presentanti delle amministrazioni chiamate a partecipare allo stes
so non potranno non disporre — o per competenza propria o
per delega ricevuta dall'organo istituzionalmente competente —
Il Foro Italiano — 1994.
dei poteri corrispondenti all'atto del procedimento spettante al
la sfera dell'amministrazione rappresentata». In ordine al secondo profilo la corte ha escluso che possano
ritenersi legittime le delibere approvate all'unanimità, ma senza
la partecipazione di rappresentanti di amministrazioni investite, nel procedimento, della tutela di interessi primari.
È stato perciò stabilito il principio che funzione della confe
renza non è tanto quella di eliminare uno o più atti del procedi
mento, quanto quella di rendere contestuale» l'esame di tutti
gli aspetti problematici connessi al contemperamento ed alla tu
tela degli interessi pubblici coinvolti nel procedimento, conden
sando varie fasi di esso di norma destinate a svolgersi secondo
una sequenza temporale più lunga. Il deliberato della conferenza deve rappresentare perciò la sin
tesi di un processo mirante a semplificare e snellire gli aspetti burocratici dei singoli .sub-procedimenti, e non ad eludere od
a tralasciare alcuna delle fasi istruttorie connesse, secondo i ri
spettivi ordinamenti, all'approvazione del progetto di opera pub
blica, fasi la cui conclusione resta comunque riservata ai rap
presentanti delle amministrazioni investite.
L'indagine sulla fondatezza della censura, in ordine alle mo
dalità di convocazione, alla completezza dell'elenco dei convo
cati rispetto alla gamma di interessi coinvolti, all'espressione delle rispettive determinazioni va dunque condotta alla luce di
tali principi. In base ai documenti esibiti in giudizio, si rileva allora che
nelle premesse del verbale non si indica quali rappresentanti delle
amministrazioni dello Stato o di altri enti si sia ritenuto di do
ver convocare e siano stati convocati, quanti dei convocati fos
sero presenti ed in base a quali documenti fosse stata accertata
la loro legittimazione a partecipare in qualità di rappresentanti. Alla conferenza tenutasi in unica seduta il 13 novembre 1989,
avente ad oggetto le aree di servizio sul Grande raccordo anula
re, non risulta comunque che abbia partecipato, nonostante fosse
stato convocato, il rappresentante della regione Lazio. Tale fat
to è autonomamente idoneo ad inficiare il deliberato e rende
allo stato irrilevante procedere ad una istruttoria sugli ulteriori
profili dedotti.
A pag. 4 del deliberato si legge infatti che, aperta la seduta,
l'esposizione inizia «in attesa del rappresentante della regione». In seguito (pag. 15) l'are. Canali del comune di Roma esprime il proprio parere favorevole «anche a nome dell'arch. Migliac cio della regione Lazio che al momento non è ancora presente».
Contestualmente, però, non viene dato atto della sussistenza di
validi provvedimenti che in ipotesi legittimassero tale soggetto ad esprimersi in nome della regione. Alle ore 11,45, infine, esau
riti i punti all'ordine del giorno, la seduta viene tolta, senza
che si dia atto o no della sopravvenuta partecipazione del rap
presentante regionale e senza indicare se si sia raggiunta l'una
nimità. A parte ogni rilievo sul fatto che, in ogni caso, il rappresen
tante della regione era stato convocato e che pertanto era tenu to a partecipare, se non altro per dichiarare motivatamente le
eventuali ragioni della propria estraneità al procedimento, in
diritto, nella specie la sua partecipazione e l'espressione di un
motivato assenso erano essenziali per la legittimità del proce dimento.
È pacifico infatti che il progetto introduce una variante alla
destinazione di zona dei terreni su cui l'area di servizio è desti
nata ad essere realizzata.
Tali terreni, secondo quanto affermato dai ricorrenti, erano
infatti divenuti limitatamente utilizzabili ex art. 4, ultimo com
ma, 1. n. 10 del 1977, per effetto della decadenza del vincolo a zona N.
La scelta localizzativa del progetto di opera pubblica statale
era perciò difforme dalle prescrizioni dei piani urbanistici e, a regime, avrebbe richiesto l'intesa con la regione, ai sensi del
l'art. 81 d.p.r. n. 616 del 1977.
In applicazione dei principi dettati dalla corte in tema di in
terpretazione della I. n. 205 del 1989 era perciò necessaria la
partecipazione alla conferenza di un rappresentante della regio ne dotato, o per competenza propria o per delega ricevuta dal
l'organo istituzionalmente competente, dei poteri idonei a ga rantire il raggiungimento dell'intesa.
Anche sotto tale profilo l'atto della conferenza è dunque ille
gittimo. Rilevano inoltre i ricorrenti che in sede di conferenza i parte
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
cipanti si sarebbero limitati a far verbalizzare le risposte ai que
siti, senza chiedere l'espressione di una votazione su di essi.
In conclusione non si sarebbe poi concretata la espressione di
una globale approvazione dei progetti esecutivi e non si sarebbe
dato atto della unanimità eventualmente raggiunta, quanto me
no tra i presenti. L'assunto trova piena conferma nella copia dell'atto deposi
tato, il quale va dunque dichiarato illegittimo anche per l'ulte
riore violazione dei criteri sia pur minimi di assunzione della
deliberazione, già deducibili dalla norma prima ancora della pro nuncia chiarificatrice della corte.
Né a diverse conclusioni può condurre il rilievo che la regione Lazio nel 1985 aveva già comunicato il suo assenso di massima
sul precedente progetto di realizzazione di dieci stazioni di ser
vizio sul Grande raccordo anulare, o che avesse comunicato il
suo assenso prima della conferenza.
Se è infatti rispondente a criteri di economicità e buona am
ministrazione che l'Anas abbia in parte utilizzato progetti in
precedenza predisposti allo stesso fine, l'accesso alle nuove e
semplificate forme procedimentali previste dalla 1. n. 205 del
1989 impone una nuova valutazione dei progretti esecutivi, con
l'obbligo di rinnovare l'intero procedimento, alla presenza e con
la fattiva partecipazione dei rappresentanti delle varie ammini
strazioni, in modo da assicurare una sorta di contraddittorio
teso ad acquisire con celerità e cognizione di causa le necessarie
intese, pareri, autorizzazioni, approvazioni e nulla osta.
Tali considerazioni conducono alla dichiarazione di illegitti mità dell'atto, con assorbimento delle restanti censure.
Deve essere comunque esaminato, per chiarezza e completez
za, anche il profilo del terzo motivo con cui si deduce la viola
zione della 1. 8 luglio 1986, per omessa valutazione dell'impatto ambientale.
Il motivo è infondato.
L'art. 1 d.p.c.m. 10 agosto 1988 n. 377, nell'individuare, ai
sensi dell'art. 6 1. n. 349 del 1986, i progetti delle opere da
sottoporre alla procedura di valutazione di impatto ambientale,
contempla alla lett. g) le autostrade e vie di grande comuni
cazione.
Tuttavia, il successivo 2° comma impone l'applicazione della
medesima procedura agli interventi su opere autostradali già esi
stenti — quale può definirsi quello in esame — solo se da tali
interventi derivi «un'opera con caratteristiche sostanzialmente
diverse dalla precedente». Nel caso di specie, per le ragioni espresse anche in preceden
za, il miglioramento delle infrastrutture su un'autostrada pree
sistente, mediante interventi di consistenza e natura tali da non
comportare modificazioni delle caratteristiche di percorribilità o di tracciato complessivo, non va compreso nelle ipotesi con
template dalla norma.
Non era pertanto necessario che il progetto fosse sottoposto alla procedura di impatto ambientale, ferme restando peraltro le residue e distinte competenze del ministero per altri aspetti del progetto interferenti con la difesa dell'ambiente.
Ciò posto, poiché la deliberazione della conferenza rappre
senta, in base alla speciale disposizione legislativa, l'atto con
clusivo del procedimento di approvazione del progetto, va di
chiarata l'illegittimità del decreto del ministro dei lavori pubbli ci n. 34 del 19 gennaio 1990, che lo assume a proprio implicito, ma sostanziale presupposto (cfr. premesse del voto n. 1325 del
30 novembre 1989 del consiglio d'amministrazione dell'Anas, citato nel decreto, nelle cui premesse si dà atto dell'approvazio
ne della conferenza dei servizi in data 13 novembre 1989).
L'annullamento del provvedimento con il quale è stato ap
provato il progetto determina il venir meno dei presupposti del
la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità del
l'opera pubblica e la conseguente illegittimità del decreto di oc
cupazione d'urgenza e del successivo provvedimento di proroga
dei relativi termini. La travolgente incidenza del vizio riscontrato nell'atto pre
supposto consente di ritenere inoltre assorbite le ulteriori censu
re dedotte nei confronti degli atti di occupazione. Ciò posto, è irrilevante anche la decisione sulla inammissibili
tà dei motivi aggiunti notificati dai ricorrenti nei confronti del
decreto di occupazione.
Il Foro Italiano — 1994.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione Latina; sentenza 9 novembre 1993, n. 1220; Pres.
Camozzi, Est. Russo; Adiutori (Avv. Adessi) c. Comune di
Fondi (Aw. Luberti).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione Latina; sentenza 9 novembre 1993, n. 1220; Pres.
Edilizia e urbanistica — Costruzioni abusive — Demolizione — Ordine del giudice penale — Potere del sindaco — Auto
nomia (L. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di con
trollo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sa
natoria delle opere edilizie, art. 7).
Pur se il giudice penale abbia ordinato la demolizione di opere edilizie abusive, è legittima l'ordinanza di demolizione emessa
dal sindaco, che, in qualità di autorità competente alla vigi lanza e alla repressione degli abusi, è titolare di autonoma
potestà sanzionatoria. (1)
(1) L'intervento di Cass., sez. un., 27 marzo 1992, Di Benedetto, Foro it., 1993, II, 9, ha chiuso la disputa giurisprudenziale e dottrinale relativa alla natura giuridica dell'ordine di demolizione della costruzio ne abusiva emanato dal giudice penale ex art. 7, ultimo comma, 1. 28 febbraio 1985 n. 47: è prevalsa la tesi secondo cui tale ordine ha natura di sanzione amministrativa.
In tal senso si era già espressa Cass. 22 aprile 1988, Medda, id., 1990, II, 506, con nota di G. Giorgio.
Successivamente ha ribadito tale orientamento Cass. 11 gennaio 1993, Grignano, id., 1993, II, 362, che peraltro assegna tale atto alla catego ria della volontaria giurisdizione penale (conforme Pret. Taranto 21 giu gno 1994, Riv. pen., 1994, 923); la decisione è annotata criticamente sul punto, sempre da G. Giorgio.
In dottrina, di recente, v. P. Storiale, Natura giuridica dell'ordine di demolizione e sua compatibilità con la sentenza di patteggiamento, in Riv. giur. edilizia, 1993, II, 249; A. Albamonte, La demolizione delle opere edilizie abusive tra sindaco e giudice penale, in Riv. pen., 1993, 5; in precedenza (oltre alle indicazioni di cui alla citata nota di
Giorgio, in Foro it., 1990, II, 506), v. R. Mendosa, P. Quarto, L'or dine di demolizione di opere abusive emesso dal giudice penale, in Cass.
pen., 1990, 2010; F. Novarese, Sulla natura giuridica della demolizio ne della costruzione abusiva ordinata dal giudice se non altrimenti ese
guita, in Riv. giur. edilizia, 1990, II, 197. L'attenzione degli operatori si sposta ora su questioni concernenti
la fase esecutiva di tale ordine di demolizione emanato dal giudice penale. La sentenza in epigrafe è espressione dell'orientamento interpretativo
formatosi nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui al sindaco non residuano compiti meramente esecutivi della sentenza penale, bensì continua a spettare un'autonomo potere amministrativo.
Invero, la motivazione, con il mero richiamo ai poteri sanzionatori coordinati — ma ontologicamente e funzionalmente distinti — ricono sciuti alla autorità giudiziaria ed al sindaco dalla 1. 47/85, risulta ecces sivamente sintetica.
In precedenza, con più adeguate argomentazioni, si sono espressi ana
logamente, Tar Lazio, sez. Latina, 22 gennaio 1993, n. 57, Foro it.,
Rep. 1993, voce Edilizia e urbanistica, n. 725; 7 ottobre 1989, n. 675, id., Rep. 1990, voce cit., n. 637 e Riv. giur. edilizia, 1990, I, 132, con note di A. Berrà; 17 febbraio 1990, Foro it., 1991, III, 95, che confuta la contrapposta tesi espressa dalla prima sezione del Consiglio di Stato nel parere 16 ottobre 1987, n. 1599, id., Rep. 1989, voce Giu
stizia amministrativa, n. 167, secondo cui gli atti adottati dal sindaco in esecuzione di una sentenza del giudice penale non hanno carattere amministrativo ma soltanto esecutivo. Queste ultime due decisioni, mo tivate in modo del tutto identico (stesso presidente ed estensore), conte stano la natura amministrativa di tale ordine, che viene indicato come
espressione del potere monitorio, nei confronti della amministrazione, conferito al giudice penale al fine di assicurare l'effettivo collegamento tra i due diversi e paralleli poteri sanzionatori già previsti dalla legge.
Nell'ambito della giurisprudenza di legittimità permane invece il con trasto circa l'individuazione del soggetto cui spetta l'esecuzione dell'or dine di demolizione.
L'orientamento assolutamente prevalente, vedi per tutte Cass. 19 marzo
1992, Conti, id., 1993, II, 240, con nota di G. Giorgio, affida la com
petenza all'autorità amministrativa (vedi anche Corte cost., ord. 26 gen naio 1990, n. 33, id., Rep. 1990, voce cit., n. 622. Non mancano peral tro decisioni che si esprimono in favore del giudice dell'esecuzione: cosi
Cass. 11 gennaio 1993, Grignano, id., 1993, II, 362. Tale decisione, dal chiaro iter argomentativo, è annotata favorevolmente da F. Nova
rese, La competenza ad eseguire l'ordine di demolizione della costru
zione abusiva ex art. 7 l. 47/85, in Riv. giur. edilizia, 1993, I, 1224, e da R. Mendoza, L'esecuzione dell'ordine di demolizione emesso dal
giudice penale, in Cass. pen., 1993 , 2086.
Un diverso e particolare profilo è esaminato da Cass. 15 dicembre
1992, Vanello, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 739, e Riv. pen., 1993,
921, che, riconoscendo un carattere di supplenza al potere del giudice penale, rispetto all'inerzia della pubblica amministrazione, ritiene
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