sezione I; sentenza 25 marzo 1991, n. 398; Pres. De Roberto, Est. Borioni; Sindacato it. mediciterritorio (Avv. Mannocchi, Tinarelli) c. Min. funzione pubblica e Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato O. Russo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 413/414-415/416Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183214 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione I; sentenza 25 marzo 1991, n. 398; Pres. De
Roberto, Est. Borioni; Sindacato it. medici territorio (Avv. Mannocchi, Tinarelli) c. Min. funzione pubblica e Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato O. Russo).
Impiegato dello Stato e pubblico — Sindacati — Maggiore rap presentatività — Indici — Predeterminazione da parte del mi
nistero — Legittimità (L. 29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro
sul pubblico impiego, art. 27). Impiegato dello Stato e pubblico — Sindacati — Maggiore rap
presentatività — Indici — Predeterminazione — Illegittimità — Fattispecie (D.p.r. 23 agosto 1988 n. 395, norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo intercompartimentale, di
cui all'art. 12 della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo
1983 n. 93, per il triennio 1988-90, art. 8).
Legittimamente il ministero della funzione pubblica, nell'eserci
zio del potere di indirizzo e di coordinamento in materia di
pubblico impiego e di istruttoria e preparazione in vista delle
trattative con le organizzazioni sindacali di cui all'art. 27, nn.
2 e 5, l. 93/83, stabilisce indici minimi di rappresentatività
riferiti alla consistenza associativa dei sindacati. (1) Sono illegittimi l'art. 8 d.p.r. 23 agosto 1988 n. 395 e la circola
re 28 ottobre 1988, n. 24518, riguardanti il personale del ser
vizio sanitario nazionale (area medica), nella parte in cui de
terminano la consistenza associativa dei sindacati, al fine di
individuarne la «maggiore rappresentatività»: a) in relazione al numero di iscritti non inferiore ad una percentuale deter
minata con riferimento al numero di adesioni raccolte com
plessivamente dai sindacati nell'intera area negoziale medica;
b) in base alle deleghe conferite alle singole amministrazioni dai rispettivi dipendenti per la ritenuta del contributo sin
dacale. (2)
Diritto. — Il ricorso ha per oggetto il decreto del ministro
per la funzione pubblica in data 7 ottobre 1989, in quanto non
include il ricorrente Simet nella delegazione sindacale per la for
mazione dell'accondo relativo al triennio 1988/1990, riguardan te il personale del servizio sanitario nazionale (area medica).
Con il primo motivo viene dedotta l'illegittimità dell'art. 8
d.p.r. 23 agosto 1988 n. 395 e della circolare del ministro per la funzione pubblica 28 ottobre 1988, n. 24518, entrambi atti
presupposti del decreto predetto, per l'indebito superamento della
riserva di legge posta dall'art. 39 Cost. («Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione... se
condo le norme di legge»). La censura è infondata per due ordini di considerazione: an
zitutto, perché il procedimento normativo previsto dalla 1. 29
marzo 1983 n. 93 e regolamentato dagli atti impugnati, conferi
sce, attraverso un atto di normazione secondaria in base ad ac
cordi sindacali, e, pertanto, si pone al di fuori dell'art. 39 Cost., che attribuisce direttamente forza normativa ai contratti collet
tivi stipulati dai sindacati registrati; inoltre, perché il cita
(1) In termini con quanto deciso in altre recenti pronunzie (v. Tar
Lazio, sez. I, 10 luglio 1989, n. 997, Foro it., Rep. 1989, voce Ammini strazione dello Stato, n. 163; Tar Veneto, sez. I, 5 febbraio 1990, n.
96, Trìb. amm. reg., 1990, I, 1530 (m); Cons. Stato, sez. VI, 11 gen naio 1990, n. 73, Cons. Stato, 1990, I, 75; 7 marzo 1990, n. 346, ibid., 434; 3 ottobre 1990, n. 868, ibid., 1249 (m); 30 gennaio 1991, n. 43, id., 1991, I, 110 (m)), la sentenza in epigrafe ribadisce l'orientamento dominante di dottrina e giurisprudenza in ordine alla potestà ministe riale di predeterminazione degli indici di rappresentatività dei sindacati ed alla necessità di individuazione di criteri oggettivi e razionali, sulla linea degli indici stabiliti dalla 1. 936/86 sul Cnel; per ogni riferimento:
— sui criteri selettivi della «maggiore rappresentatività» delle orga nizzazioni sindacali, v. Corte cost. 19 ottobre 1988, n. 975, Foro it.,
1989, I, 2715, con ampia nota di richiami ed il testo dello schema del
disegno di legge sulla valutazione della rappresentatività dei sindacati ai fini della partecipazione ad organi collegiali della pubblica ammini
strazione, elaborate dalla commissione di studio sui problemi della rap
presentatività dei sindacati, presieduta da Franceschelli;. — sull'identificazione del sindacato maggiormente rappresentativo ai
fini della partecipazione alle trattative nell'ambito di quanto disposto dalla legge-quadro sul pubblico impiego, v. Pret. Cosenza 30 ottobre
1989 e Pret. Torino 28 novembre 1988, id., 1990, I, 681, con nota di P. Bellocchi, Sindacati e diritto alla trattativa;.
sull'influenza del requisito della maggiore rappresentatività del sinda
cato stipulante l'accordo collettivo aziendale, ai fini della sua efficacia
generalizzata, v. Cass. 24 febbraio 1990, n. 1403, id., 1991, I, 877, con nota di R. Romei.
Per altri riferimenti di carattere generale, v. la nota di A. Falcone, In tema di diritti soggettivi delle organizzazioni sindacali nel pubblico impiego, ibid., 2201.
Il Foro Italiano — 1991.
to art. 8 d.p.r. 395/88 e la circolare applicativa 24518/88 non
impongono obblighi ai sindacati, ma sono diretti esclusivamen
te a stabilire criteri per misurare la loro rappresentatività, ai
fini previsti dalla 1. 93/83. Egualmente infondata è la censura intesa a negare che la ma
teria disciplinata dall'art. 8 d.p.r. 395/88 rientri nell'ambito di
competenza della contrattazione intercompartimentale, come vie
ne definita dall'art. 12 1. 93/83.
Non è dubbio che la questione relativa alla determinazione
della capacità rappresentativa dei sindacati presenti, almeno in
via di principio, profili uniformi in tutti i comparti e che sia connessa, pur se di riflesso, con le posizioni dei singoli dipen denti, giacché investe l'interesse, giuridicamente tutelato, di cia
scuno di essi, ad essere correttamente ed efficacemente rappre sentato nella sede negoziale.
Sussistono, dunque, concordi riferimenti di ordine logico e
letterale per ritenere che la materia rientri nella previsione del
l'art. 12, 1° comma, 1. 93/83, per il quale «... al fine di perve nire alla omogeneizzazione delle posizioni giuridiche dei dipen denti delle pubbliche amministrazioni, sono disciplinate mediante
accordo unico fra tutti i comparti specifiche materie concordate
fra le parti». Con il secondo motivo vengono contestati i criteri integrativi
stabiliti dalla circolare impugnata per misurare la rappresentati vità dei sindacati.
Per quanto concerne l'asserita violazione dell'art. 39 Cost,
è sufficiente richiamare quanto osservato in precedenza circa
l'inconferenza del riferimento normativo.
Infondata è anche la censura con la quale si denunzia l'ille
gittimità dell'introduzione di soglie numeriche per il possesso del requisito della maggiore rappresentatività.
Come la sezione ha ripetutamente affermato, la fissazione di
parametri quantitativi, non solo non trova preclusioni di ordine
normativo, ma risponde ad esigenze di intrinseca razionalità,
poiché, altrimenti, il procedimento negoziale sarebbe impedito o gravemente compromesso dalla moltiplicazione indiscriminata
dei soggetti annessi alle trattative. Sicché ben poteva l'ammini
strazione, nell'esercizio del potere di indirizzo e di coordina
mento in materia di pubblico impiego e di istruttoria e prepara zione in vista delle trattative con le organizzazioni sindacali (art.
27, nn. 2 e 5, 1. 93/83), stabilire indici minimi di rappresentati vità riferiti alla consistenza associativa dei sindacati.
Viene allora in evidenza la censura con la quale si contesta
la legittimità della circolare ministeriale n. 24518/88 in quanto stabilisce che il requisito della maggiore rappresentatività è rag
giunto dalle associazioni che vantino un numero di iscritti non
inferiore ad una percentuale determinata con riferimento al nu
mero di adesioni raccolte complessivamente dai sindacati nel
l'intera area negoziale medica.
La censura è fondata. Anche su questo punto la sezione si
è di recente pronunziata, rilevando come nel sistema delineato
dalla 1. 93/83 la «maggiore rappresentatività» non è intesa in
senso meramente quantitativo, ma include anche la capacità espo nenziale di interessi professionali aventi autonoma e differen
ziata rilevanza nell'ambito del comparto (Tar Lazio, sez. I, 21
settembre 1989, n. 1271). Ciò emerge dal disposto letterale dell'art. 6 1. 93/83, che chia
ma a comporre la delegazione sindacale «le organizzazioni na
zionali di categoria maggiormente rappresentative per ogni sin
golo comparto», dove il dato categoriale si ricollega con chiara
evidenza ad interessi professionali uniformi all'interno del com
parto; cosi richiedono considerazioni di ordine logico, poiché il comparto comprende posizioni lavorative che, al di là della
comune appartenenza a settori omogenei o affini (art. 5, 3°
comma, 1. 93/83), sono profondamente differenziate sotto i pro fili della professionalità e della responsabilità, onde la presenza alle trattative delle organizzazioni di categoria risponde allo scopo di pervenire, in via preventiva o consensuale, al superamento della dialettica interna al comparto e al raggiungimento di un
equilibrato assetto degli interessi in esso compresenti. Non è,
d'altronde, senza significato che la delegazione sindacale sia stata
concepita secondo lo schema della struttura aperta, che è la
più consona ad una partecipazione pluralistica nel senso dianzi
indicato. Le stesse ragioni valgono all'interno della particolare area ne
goziale riservata, a norma dell'art. 6 d.p.r. 5 marzo 1986 n.
68, al personale medico, al cui interno sono, almeno in linea
astratta, riconoscibili ambiti categoriali nel senso dianzi specifi cato: da qui l'illegittimità del collegamento della rappresentati vità all'area medica intesa nella sua globalità, con la totale pre termissione del dato categoriale.
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PARTE TERZA
Deduce ancora il sindacato ricorrente l'illegittimità del crite
rio, stabilito dal d.p.r. 345/88 e dalla circolare impugnata, se
condo il quale la consistenza associativa dei sindacati viene rile
vata esclusivamente in base alle deleghe conferite alle singole amministrazioni dai rispettivi dipendenti per la ritenuta del con
tributo sindacale.
Anche questa censura è fondata. Anzitutto va osservato che, secondo l'art. 26, 2° comma, 1. 20 maggio 1970 n. 300, le asso
ciazioni sindacali hanno «diritto» di percepire, tramite ritenuta
sul salario, i contributi sindacali, onde non sussiste nessun ob
bligo in questo senso.
Inoltre, costituisce un dato di fatto non contestato che alcuni
sindacati riscuotano i propri contributi anche con altre modali
tà, come accade per il sindacato ricorrente.
In tale situazione è evidente che il riferimento alle deleghe non offre in tutti i casi la dovuta attendibilità per verificare
il numero degli iscritti, tanto più che la ravvicinatezza della da
ta di rivelazione (30 novembre 1988) neppure ha consentito ai
sindacati di rendere omogenee, e quindi raffrontabili, le moda
lità di contribuzione.
Aggiungasi che, se, come si legge nella circolare 24518/88, le deleghe costituiscono un riferimento di indubbia oggettività e trasparenza per la rilevazione del numero degli iscritti, esisto
no tuttavia anche altre forme di certificazione capaci di fornire
analoghe certezze.
Ne dà riprova l'art. 4 1. 30 dicembre 1986 n. 936, che, nel
disciplinare la procedura di nomina dei rappresentanti delle or
ganizzazioni sindacali in seno al Cnel, consente alle stesse orga nizzazioni «di fornire tutti gli elementi necessari dai quali si
possa desumere il grado di rappresentatività, con particolare ri
guardo... alla consistenza numerica...».
Da qui l'illogicità e la manifesta iniquità della determinazione
censurata, che considera il riferimento alle deleghe come l'unico
idoneo a dimostrare il numero degli aderenti al sindacato.
La fondatezza delle censure da ultimo esaminate, che hanno
carattere assorbente rispetto ad ogni altra questione determina
l'illegittimità, per quanto di ragione, dell'art. 8 d.p.r. 23 agosto 1988 n. 395 e della circolare 24518/88, con la conseguente illegit timità in via derivata, come dedotto nel secondo motivo di ricor
so, del d.m. 7 ottobre 1989, nella parte in cui determina la com
posizione della delegazione sindacale per l'area medica (art. 3). Il ricorso va, pertanto, accolto con l'annullamento degli atti
impugnati.
COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; sezione XXIV; decisione 28 settembre 1990, n. 6154; Pres. Benvenuto, Est.
D'Amati.
Registro (imposta di) — Fallimento — Piano di riparto — De
creto del giudice delegato — Imposta proporzionale — Ap plicabilità (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli
mento, art. 110; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, disciplina del
l'imposta di registro, tariffa ali. A, art. 8).
Il decreto del giudice delegato al fallimento recante approvazio ne del piano di riparto dell'attivo è assoggettabile all'imposta proporzionale di registro di cui all'art. 8, tariffa ali. A, al
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634. (1)
(1) Con la decisione in epigrafe — che ritiene Passoggettabilità all'im
posta proporzionale di registro del decreto del giudice delegato, recante
approvazione del piano di riparto dell'attivo del fallimento, sul mero ri lievo dell'efficacia costitutiva del decreto stesso — la Commissione tribu taria centrale — più che contrapporsi consapevolmente all'orientamento dominante in giurisprudenza (su cui v. infra) — sembra ignorare la vasta
problematica della tassazione di questo genere di provvedimento. Per Cass. 22 giugno 1983, n. 4277, Foro it., 1984, I, 193, la soluzio
ne al problema della tassabilità ai fini del registro del decreto de quo dipende dagli effetti che lo stesso è idoneo a produrre sui diritti delle
parti e può essere affermata solo quando tali effetti siano riconducibili nell'àmbito delle specifiche ipotesi previste dalla tariffa ali. A al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 (ora art. 8 tariffa, parte prima, ali. al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131). È stato pertanto affermato che:
a) non ricorre l'obbligo di registrazione in termine fisso del decreto che approvi e dichiari esecutivo il piano di riparto senza modifiche ov vero con modifiche che corrispondono ad osservazioni o richieste di alcuni creditori, non contestate dagli altri o dal curatore;
b) quando con detto provvedimento si risolvano contestazioni tra i creditori o tra questi e il curatore, che non pongano in discussione i risultati dello stato passivo, il decreto è invece soggetto all'imposta in misura fissa se respinge le istanze avanzate, ovvero in misura propor zionale se le accoglie;
Il Foro Italiano — 1991.
Fatto. — La cancelleria del tribunale iscriveva il progetto di
ripartizione finale del fallimento della C. s.n.c. per l'ammonta
re di lire 315.007.397, predisposto dal curatore fallimentare. Sot
toposto successivamente all'ufficio del registro, veniva percepi ta l'imposta proporzionale nella misura di lire 9.466.000, di cui
lire 9.450.300, per imposta di registro. Successivamente, il curatore, aw. A., presentava istanza di rim
borso del tributo pagato, ritenendo inapplicabile l'imposta riscossa
dall'ufficio. Decorso il termine di legge senza che l'ufficio si sia
pronunciato sull'ordinanza, il curatore adiva la commissione tri
butaria di primo grado, che accoglieva il ricorso, ordinando al
l'ufficio di rimborsare la somma di lire 9.450.300, corrisponden te all'imposta pagata in relazione alla registrazione dell'atto.
A seguito di appello dell'ufficio, la commissione di secondo
grado confermava l'impugnata decisione.
Diritto. — L'ufficio sostiene che il provvedimento di riparto dell'autorità giudiziaria non può essere ridotto ad un mero rico
noscimento di diritti precedentemente spettanti. Secondo la tesi dell'ufficio, quindi, gli aventi diritto alla ri
scossione dei crediti sono abilitati all'esercizio di tale diritto, esclusivamente in forza del provvedimento del giudice: questo
rappresenta, infatti, una statuizione, con efficacia costitutiva, che determina l'assegnazione ai creditori di quanto da essi van
tato con l'ammissione allo stato passivo. Resiste la curatela fallimentare con una memoria che si ripor
ta al ricorso introduttivo del presente contenzioso. Fermo re
stando l'inammissibilità di siffatti rinvìi, c'è da aggiungere che il richiamo alle disposizioni contenute nel d.p.r. n. 634 del 1972
appare del tutto inconsistente.
Il ricorso dell'ufficio è fondato. A questo riguardo, occorre, infatti, sottolineare, preliminarmente, che il progetto di riparti zione, predisposto dal curatore, non costituisce un vero e pro prio assetto giuridico d'interessi, ma contiene soltanto le linee in base alle quali è possibile darne una definizione. A questo fine, opera il provvedimento dell'autorità giudiziaria che dichiara
esecutivo il piano di riparto predisposto dall'amministratore. Il
provvedimento dell'autorità giudiziaria ha, quindi, efficacia co
stitutiva ed è, perciò, imponibile ai fini dell'imposta di registro. Per questi motivi, accoglie il ricorso dell'ufficio, riformando,
per l'effetto, l'impugnata decisione.
c) quando il decreto interviene su pretese azionabili e non fatte valere nella precedente fase di ammissione al passivo, il provvedimento è sog getto all'imposta in misura fissa se dichiara inammissibili le relative istanze, ovvero in misura proporzionale se provvede nel merito di queste.
Conf. Cass. 5 ottobre 1990, n. 9828, id., Rep. 1990, voce Registro, n. 215; 13giugno 1990, n. 5766, ibid., n. 217;27luglio 1989,n. 3525, id., Rep. 1989, vocecit., n. 373; 15 luglio 1989, n. 3336, ibid., n. 374; 25 giugno 1988, n. 4284, id., Rep. 1988, voce cit., n. 181. V. anche Comm. trib. centrale 1° febbraio 1991, n. 790, Fisco, 1991, 4698, con nota di A. Amati; Trib.
Torino, decr. 8 marzo 1989, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 376 (con rife rimento alla normativa di cui al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131); Comm. trib. I grado Bassano del Grappa 25 agosto 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 222 (e, per esteso, Fisco, 1990, 267, con commento di E.V.); Comm. trib. centrale 17 giugno 1988, n. 5045, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 186; 26 marzo 1988, n. 3019, ibid., n. 188 (commentata da G. Lambert, in Fisco, 1988, 3716); 26 marzo 1987, n. 2670, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 220.
V., inoltre, con riferimento alla tassazione dell'ordinanza di distribu zione della somma ricavata dalla vendita di beni in un'esecuzione immo biliare individuale, Cass. 13 maggio 1987, n. 4391, id., 1987, I, 3064, e, di recente, Cass. 6 ottobre 1990, n. 9836, id., 1991, I, 1513, con nota di richiami (cui adde, Comm. trib. centrale 15 gennaio 1990, n. 192, id., Rep. 1990, voce cit., n. 221).
L'indirizzo espresso dalla Cassazione è stato accolto dall'amministra zione finanziaria che, con circ. 30 luglio 1990, n. 58, Dir. e pratica trib., 1990,1, 1596 (v. anche ris. 22 marzo 1990, n. 260153, Fisco, 1990, 5526), ha ravvisato l'opportunità di uniformare l'attività degli uffici ai criteri dalla stessa indicati, estendendone l'applicazione, oltre che alle procedure falli
mentari, anche a quelle relative alle esecuzioni immobiliari (per il prece dente orientamento, v. ris. min. fin. 9 marzo 1985, n. 251173, Bollettino trib., 1985, 675).
In dottrina, oltre gli autori citati supra, v. G. Falcone, La registrazio ne dei provvedimenti di distribuzione e di assegnazione di somme, in Fi sco, 1991, 526 (il quale ritiene che l'obbligo della registrazione debba es sere collegato non alla attività svolta dal giudice, ma alla natura del titolo esecutivo soddisfatto); fa riferimento alla natura giuridica del decreto che rende esecutivo il piano di riparto, A. Uricchio, Gli atti giudiziari nel te sto unico dell'imposta di registro, in Dir. e pratica trib., 1989,1, 329. In argomento, v. anche, U. Apice, Imposta di registro sul piano di riparto fallimentare, in Fallimento, 1990, 997; G. Paolini, Osservazioni a Comm. trib. centrale 28 settembre 1990, n. 6154, in Fisco, 1991, 256; B. Quatra ro, La registrazione dei piani di riparto, in Bollettino trib., 1989, 358; L. Barcellona, Gli atti giudiziari nel tributo di registro, in Comm. trib. centrale, 1988, II, 301 ; F. Donati, Assoggettabilità ad imposta di registro delle or dinanze di distribuzione della somma ricavata nell'espropriazione singo lare (nota a Cass. 13 maggio 1987, n. 4391, cit.), in Foro it., 1987,1, 3065, contenente esaustivi richiami di dottrina e giurisprudenza.
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