sezione I; sentenza 30 novembre 1989, n. 1729; Pres. Piacentini, Est. Ravalli; Soc. Bonifichegestioni agricole Agro romano (Avv. Lavitola) c. Regione Lazio (Avv. Tedeschini, Colica),Comune di Roma (Avv. Lorusso, Martiis)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 203/204-217/218Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183179 .
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PARTE TERZA
b) dalla considerazione che, nel periodo di vigenza del prece dente provvedimento di chiusura del centro storico al traffico
durante tutta la mattinata, la situazione della circolazione auto
veicolare in tale zona era divenuta «pesante nel pomeriggio» e ciò veniva a costituire «un grave impedimento alla libera frui
zione del centro da parte di tutti i cittadini»;
c) dall'indicazione dell'esigenza di pervenire ad una completa «eliminazione di situazioni di congestioni» del traffico nel cen
tro storico attraverso, anche, l'estensione dell'orario di limita
zione del traffico sino alle ore 18,00».
Ciò stante, e tenuto altresì conto che l'indicazione degli effet
ti positivi accertati — con indagini tecniche — come derivati
dall'attuazione di precedenti atti in subiecta materia può ben
rientrare tra le considerazioni che inducono ad adottare un atto
dello stesso genere di contenuto più incisivo, non può non con
cludersi per l'infondatezza dell'esaminata censura, la quale va,
pertanto, rigettata. VII. - Con il sesto ed ultimo motivo di ricorso si lamenta
la violazione dell'art. 56 1. 10 febbraio 1953 n. 62, e l'eccesso
di potere sotto il profilo del travalicamento di potere per non
essere stato sottoposto al controllo del Coreco il gravato prov vedimento sindacale.
La doglianza è priva di pregio in quanto, come è osservato
da questo Tar nella sentenza n. 519 del 1987 sopra menzionata, «l'attuale sistema dei controlli sugli atti dei comuni e delle pro
vince, collegato dalla legge al persistente controllo prefettizio della G.p.a. sulle deliberazioni degli organi collegiali, non inve
ste anche gli atti degli organi monocratici».
La doglianza va, quindi, respinta. Vili. - Per le superiori considerazioni, il ricorso è da ritenere
infondato e va, perciò, rigettato.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 30 novembre 1989, n. 1729; Pres.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 30 novembre 1989, n. 1729; Pres.
Piacentini, Est. Ravalli; Soc. Bonifiche gestioni agricole Agro romano (Avv. Lavitola) c. Regione Lazio (Avv. Tedeschini,
Colica), Comune di Roma (Avv. Lorusso, Martils).
Bellezze naturali (protezione delle) — Piano paesistico — Ado
zione successiva al 31 dicembre 1986 — Legittimità (D.m. 21 settembre 1984, dichiarazione di notevole interesse pubbli co dei territori costieri, dei territori contermini ai laghi, dei
fiumi, dei torrenti, dei corsi d'acqua, delle montagne, dei ghiac
ciai, dei cerchi glaciali, dei parchi, delle riserve, dei boschi, delle foreste, delle aree assegnate alle università agrarie e del
le zone gravate da usi civici; d.l. 27 giugno 1985 n. 312, di
sposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare inte
resse ambientale, art. 1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, conversione
in legge, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985 n. 312, art. 1).
È legittimo il piano territoriale paesistico adottato dalla regione
dopo il 31 dicembre 1986, in relazione a zone comprese in
uno dei decreti ministeriali attuativi del d.m. 21 settembre
1984. (1)
(1) I. - Un problema lasciato insoluto dalla 1. 431 è quello relativo alla scadenza del termine del 31 dicembre 1986. La legge, infatti, non si preoccupa di chiarirne il carattere, perentorio o ordinatorio, tanto ai fini della sorte dei vincoli assoluti di immodificabilità, quanto ai fini dell'esercizio delle relative competenze da parte delle regioni.
Quanto al potere regionale di adozione dei piani paesistici, la giuris prudenza prevalente concorda con la sentenza che si riporta nel ritenere che esso continui a permanere in capo alle regioni anche successivamen te alla scadenza del 31 dicembre 1986, sostenendo il carattere ordinata rio del termine de quo, il quale, lungi dall'implicare l'estinzione del
potere — effetto questo che dovrebbe, quanto meno, essere opportuna mente esplicitato dalla norma — avrebbe la sola funzione di stabilire
Il Foro Italiano — 1991.
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione II; sentenza 20 settembre 1989, n. 1270; Pres.
Piacentini, Est. Zaccardi; Triboulet e altri (Avv. Lavitola,
Saitta), c. Commissione statale di controllo atti regione La
zio, Regione Lazio (Aw. Chiappetti), Comune di Roma (Aw.
Lorusso).
Bellezze naturali (protezione delle) — Piano paesistico — Piano
regolatore generale — Rapporti (D.l. 27 giugno 1985 n. 312,
disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare in
teresse ambientale, art. 1, 1 bis; 1. 8 agosto 1985 n. 431, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 21 giugno 1985
n. 312, art. 1). Bellezze naturali (protezione delle) — Vincolo «ope legis» —
Individuazione delle aree — Decreto ministeriale — Illegitti mità — Irrilevanza (D.m. 21 settembre 1984, art. 2; d.l. 21
giugno 1985 n. 312, art. 1 quinquies; 1. 8 agosto 1985 n. 431,
art. 1).
il momento a partire dal quale diverrebbe legittimo il ricorso a misure
sostitutive (Tar Lombardia, sez. Brescia, 21 novembre 1988, n. 927, Trib. amm. reg., 1989, I, 194; Tar Molise 15 ottobre 1987, n. 174, Foro it., Rep. 1989 voce Bellezze naturali, n. 55; Cass. sez. un., 15
marzo 1989, Graziani, id., 1990, II, 13; Cons. Statò, sez. VI, 31 dicem
bre 1988, n. 1351, id., Rep. 1989, voce cit., n. 50; 6 aprile 1987, n.
242, id., Rep. 1987, voce cit., n. 44; 17 ottobre 1988, n. 1126, id.,
Rep. 1988, voce cit., n. 23).
Deve, dunque, ritenersi che: fino al 31 dicembre 1986 l'emanazione
dei piani paesistici spetti, in via esclusiva, alle regioni, come logico, del resto, avendo formato la materia relativa alla formazione di detti
piani, oggetto di trasferimento, e non di delega, con il d.p.r. 15 gen naio 1972 n. 8; successivamente a tale data, venga ad instaurarsi un
regime di concorrenza di poteri statali e regionali, strutturato in modo
che quelli statali siano esercitati solo in caso di mancato esercizio delle
relative competenze regionali, e solamente in quanto ciò si renda neces
sario per il raggiungimento delle finalità primarie, essenziali della tute
la. In tal senso, si è pronunciata la Corte costituzionale, la quale ha
riconosciuto nella disposizione dell'art. 1 bis, 2° comma, una «autono
ma previsione normativa di intervento surrogatorio dello Stato per un
caso di inerzia regionale in ordine a funzioni proprie della regione»
(l'espressione è di M. Immordino, Dal decreto Galasso alla l. 431/85:
la tutela del paesaggio tra Stato e regioni, in Riv. giur. urbanistica,
1986, lì, 696), mettendo in evidenza come «il necessario riferimento
al principio di leale cooperazione, che informa la normativa relativa
mente al raccordo tra competenze regionali e competenze statali, [esiga] che, ai fini della legittimità del proprio intervento, lo Stato si faccia
preventivamente carico nei confronti della regione delle informazioni
(passive e attive) e delle sollecitazioni, che, per i momenti, i livelli, le
modalità, siano idonee, nel concreto, a qualificare l'intervento stesso
per un verso come necessitato dall'inerzia regionale, per altro verso pur
sempre come improntato alla detta leale cooperazione e non ad emula
tività o a prevaricazione» (sent. 153 del 1986, cit.). La scelta operata in tal senso dalla corte, pur potendo apparire come
una rigida compressione dell'autonomia regionale, trova, in realtà, la
sua ratio giustificatrice nella rispondenza delle suddette previsioni legis lative all'esigenza primaria che siano garantiti e soddisfatti, pur nel ri
spetto dei principi costituzionali dell'autonomia e del decentramento,
gli interessi superiori dell'intera collettività nazionale, alla cui realizza
zione è sicuramente tesa la normativa introduttiva dei meccanismi di
sostituzione.
Nel disegno cosi tracciato «va, dunque, inquadrata anche la posizio ne assunta dalla corte nella decisione 153/86, la quale, pertanto, trova
la sua ragione d'essere nella necessità che di quel valore primario tutela to dall'art. 9 Cost., e che informa di sé tutta la disciplina paesaggistica, sia garantita comunque l'attuazione, onerando, a tal uopo, lo Stato della resposabilità ultima della effettiva realizzazione del programma normativo contenuto nell'art. 1 bis e, per il tramite di questo, della
politica nazionale ecologica perseguita dalla 1. 431» (Cozzuto Quadri, Stato, regioni e tutela ambientale: la l. 431/85 supera il vaglio della Corte costituzionale, in Foro it., 1986, I, 2694, spec. 2700, la quale, in Piano paesistico e assetto del territorio, id., 1987, IH, 428, osserva esserci alla base della nuova normativa «la consapevolezza, riacquistata dal legislatore dopo l'avvento del regionalismo e le suggestioni da que sto indotte per un governo in sede locale delle scelte programmatiche, che la tutela dei valori primari, quali il paesaggio e l'ambiente (. . .), non
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
In virtù della primarietà dell'interesse alla tutela del paesaggio, la pianificazione paesaggistica ambientale ha lo scopo di det
tare norme minime inderogabili rispetto alle quali la pianifi
cazione urbanistica svolge una funzione meramente attuativa, trovando un limite non superabile nella disciplina di livello
sovraordinato (nella specie, si sono ritenute legittime le pre
può essere affidata esclusivamente alle autonomie locali, ma richiede
una unitarietà di disciplina su tutto il territorio nazionale, di guisa che
la normativa diretta alla sua attuazione deve essere articolata in modo
tale da garantirne l'accennata prospettiva unitaria»). Vi è stato, tuttavia, chi (Tar Lazio sez. II, 14 luglio 1986, n. 1123,
Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 46; in dottrina F. Bassanini, Questio ni interpretative della l. 431/85 (cosiddetta legge Galasso) dopo la sca
denza del 31 dicembre 1986, in Politica del diritto, 1987, 245), ha rite
nuto non potersi riconoscere in capo allo Stato un potere sostitutivo
nei confronti della regione, resasi inadempiente nella formazione dei
piani paesistici, in quanto, trattandosi di materia trasferita e non dele
gata, il rinvio dell'art. 1 bis, 2° comma, agli art. 4 e 82 d.p.r. 616/77, non potrebbe essere riferito che limitatamente alle funzioni statali di
indirizzo e coordinamento (art. 4, 1° comma, e al potere statale di ini
bire specifici lavori o disporne la sospensione anche indipendentemente dalla inclusione delle aree in elenchi delle zone protette, e non già ai
poteri sostitutivi di cui al 3° comma dell'art. 4, i quali, oltre ad essere
affidati al governo, sono previsti nelle sole ipotesi di inosservanza di
puntuali adempimenti da eseguirsi entro termini perentori nell'esercizio
di competenze regionali delegate; ammetterli significherebbe «sostenere
che la 1. n. 431 abbia implicitamente modificato la ripartizione delle
competenze, ritrasferendo allo Stato la competenza al riguardo, per poi
delegarla alle regioni: di ciò tuttavia non vi è traccia nell'art. 1 bis 1.
n. 431, né è questione che possa essere disciplinata in forma implicita»
(F. Bassanini, cit., 250). Ma, contro tale impostazione è, come abbia
mo visto, l'autorevole opinione della Corte costituzionale.
Un problema ulteriore che si pone con riferimento al potere statale
de quo, è se esso possa essere esercitato anche nell'ipotesi in cui le
regioni abbiano provveduto all'adozione dei piani paesistici, ma questi non risultino rispondenti alle finalità della 1. n. 431.
In senso positivo sembrerebbe orientarsi la Corte costituzionale la
quale, nella sentenza 153/86, riconosce in capo allo Stato poteri surro
gatoti comprensivi non solo dell'adozione, in luogo delle regioni, dei
piani paesistici, ma anche di «altri interventi, anche questi limitati alla
specifica considerazione e tutela dei valori paesistici ed ambientali», in
dividuandone la ratio nell'esigenza, espressa chiaramente dalla legge, che la tutela da essa congegnata, in relazione alla primarietà ed essen
zialità del valore che ne è oggetto, trovi piena e pronta realizzazione.
Se tale è il fondamento giustificatorio del meccanismo surrogatorio, un controllo preventivo sull'adeguatezza delle scelte programmatiche ope rate dagli amministratori regionali, si rende quanto mai opportuno da
parte dello Stato, destinatario ultimo degli oneri relativi alla pianifica zione paesistica.
Tale conclusione sembrerebbe, del resto, essere avallata dal riconosci
mento (nuovo testo dell'art. 82 d.p.r. 616) in capo allo Stato di un
potere di annullamento d'ufficio, quindi per soli vizi di legittimità, del
le autorizzazioni regionali di cui all'art. 7 1. n. 1497 del 1939, nell'ipote si in cui si pongano in contrasto col piano territoriale o altro strumento
equivalente. Infatti, ove non si ammettesse un controllo preventivo sul
la convenienza e d'adeguatezza della pianificazione alle esigenze di tute
la, non si potrebbe scongiurare il pericolo che «una serie di autorizza
zioni conformi ad inappropriate previsioni pianificatone e, come tali, non annullabili, possa condurre ad irreversibili alterazioni del territorio
protetto e, quindi, ad una sostanziale abrogazione del vincolo medesi
mo» (Cozzuto Quadri, Piano paesistico, cit., 427). In senso contrario
Fuzio, I nuovi beni paesistici, Rimini, 1990, 214 ss., secondo cui una
simile prospettazione finirebbe con l'attribuire al potere statale natura
concorrente senza alcun espresso fondamento legislativo. II. - Quanto ai vincoli di assoluta inedificabilità ed intrasformabilità,
disposti dagli art. 1 ter e 1 quinquies, la non univoca formulazione del
testo normativo ha consentito di dare contrastanti soluzioni al proble ma relativo alla loro sorte allo spirare del termine del 31 dicembre 1986,
provocando lo schieramento di due opposti orientamenti.
Secondo il primo di questi (Tar Lazio, sez. II 27 ottobre 1986, n.
2158, Foro it., Rep. 1987, voce Bellezze naturali, n. 50; Tar Campania, sez. Ili, ord. 28 aprile 1987, n. 289, id., 1987, III, 458; 8 marzo 1988,
n. 181 riportata in Famiglietti e Giotfrè, Il regime delle zone di parti colare interesse ambientale, Napoli, 1989, 265, sub nota 10; 18 novem
bre 1988, n. 363, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 52; 17 gennaio 1989, n. 1, ibid., n. 51; 20 giugno 1989, n. 208, ibid., n. 20; M. Immordino, in Nuove leggi civ., 1986, 964; U. Iaccarino, Legge 8 agosto 1985
n. 431, vincoli di immodificabilità assoluta e termine del 31 dicembre
Il Foro Italiano — 1991.
scrizioni contenute nel piano territoriale paesistico adottato
dalla giunta regionale del Lazio che impongono una discipli na vincolistica, più incisiva e gravosa, in zone per le quali
già il previgente piano regolatore generale prevedeva norme
di tutela paesaggistica ed ambientale). (2)
1986, in Riv. gìur. edilizia, 1987, II, 183; tale opinione è stata sostenuta
anche dal ministero dei beni culturali ed ambientali nella circolare n. 8 del 31 agosto 1985, id., 1985, II, 534, con nota di M.A. Sandulli), la mancata approvazione del piano paesistico da parte delle regioni en
tro il 31 dicembre 1986 determinerebbe la decadenza dei vincoli di im
modificabilità.
Secondo questa tesi, la perentorietà del suddetto termine si ricavereb
be da due argomentazioni fondamentali: la prima basantesi sul tenore
letterale degli art. 1 ter e 1 quinquies i quali porrebbero come limite
alla durata dei vincoli l'«adozione da parte delle regioni dei piani di
cui all'art. 1 bis» e non anche «l'adozione dei piani paesistici» o «l'a
dozione dei piani da parte delle regioni o del ministero». Proprio la
formulazione di quegli articoli — si sostiene — lungi dall'essere inter
pretata come un'omissione o lacuna normativa, esprimerebbe una pre cisa scelta del legislatore, il quale non ha previsto, come termine di
scadenza dei vincoli, l'ipotesi (patologica) dei piani adottati dal ministe
ro poiché tale ipotesi si sarebbe potuta verificare solo dopo il 31 dicem
bre 1986, quando i vincoli erano ormai scaduti. L'esclusivo riferimento
ai piani adottati dalla regione si giustificherebbe, dunque, in quanto fino al 31 dicembre 1986, fino a quando, cioè, i vincoli sono stati in
vigore, solo la regione, e non anche il ministero, disponeva della relati
va competenza. Ammettere il contrario — secondo i sostenitori di que sta tesi — significherebbe legittimare un'ingiustificata ed irragionevole
disparità di trattamento, in quanto dovrebbe ritenersi che nelle zone
in cui, successivamente a quella data, le regioni adottino i piani, i vin
coli in questione decaderebbero, mentre in quelle in cui gli stessi poteri sono esercitati dal ministro, i suddetti rimarrebbero efficaci senza limiti
di tempo (cosi il Tar Campania, sez. Ili, n. 363 del 1988, cit.). L'altra argomentazione a sostegno della perentorietà del termine de
quo si basa sulla convizione che tale soluzione sia la più rispettosa dei
principi costituzionali (e la più aderente agli orientamenti della Corte
costituzionale in materia) di tutela della proprietà privata (art. 3, 42, 97 Cost.) che non potrebbero consentirne una compressione senza le
garla ad un termine certo di durata e senza prevederne un adeguato ristoro.
Secondo l'altro orientamento (sostenuto in giurisprudenza da: Tar
Emilia Romagna, sez. Parma, 7 luglio 1986, n. 221, Foro it., 1987,
III, 545, con nota di Mancino; Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 1987, n. 242, cit.; 1° ottobre 1987, n. 788, id., Rep. 1987, voce cit., n. 47; sez. V 20 novembre 1987, n. 710, id., Rep. 1988, voce Edilizia e urbani
stica, n. 227; sez. VI 17 ottobre 1988, n. 1126, cit.; Tar Molise 15
ottobre 1987, n. 174, cit.; Cons. Stato, sez. VI, 31 dicembre 1988, n.
1351, cit.; Cass. sez. un., 15 marzo 1989 cit.; Tar Lazio, sez. II, 20
settembre 1989, n. 1270, in rassegna; Tar Lombardia, sez. Brescia, 27
novembre 1989, n. 1134, cit.; Cons. Stato, sez. VI, 1° febbraio 1990, n. 180, Cons. Stato, 1990, I, 259. In dottrina da Alibrandi-Ferri, I
beni culturali e ambientali, cit., 15; Famiglietti e Giuffrè, Il regime, cit.; Torregrossa, La tutela del paesaggio, cit.; Novarese, Dal decreto
Galasso alla l. 8 agosto 1985 n. 431. Breve storia di un'importante svol
ta in materia ambientale, in Riv. giur. edilizia, 1986, II, 209; Cutrera, Piani paesistici, territorio e legge Galasso, in Riv. giur. ambiente, 1986,
40; Bassanini, Questioni interpretative, cit., 246 ss.; P. Venturini, Al
cune osservazioni in merito alla sorte dei vincoli di cui all'art. 2 del
«decreto Galasso» dopo il 31 dicembre 1986, in Trib. amm. reg., 1987,
II, 137; Cozzuto Quadri, Piano paesistico, cit., 433; Fuzio, I nuovi
beni paesistici, cit., 217 ss.), l'operatività delle misure di salvaguardia sarebbe legata, nella sua vicenda temporale, esclusivamente all'attua
zione, anche in via sostitutiva da parte dello Stato, della pianificazione
paesistica. Infatti, l'identificazione del termine ad quem dei divieti di
assoluta intrasformabilità con la data di adozione dei piani regionali,
potrebbe riferirsi al termine massimo del 31 dicembre 1986 se questo avesse carattere perentorio, ma cosi non è in quanto, come è stato an
che riconosciuto dalla Corte costituzionale, esso, di indubbia natura
sollecitatoria, ha come unica funzione quella di fissare il dies a quo
per l'intervento sostitutivo dello Stato in veste compensativa dell'inerzia
regionale. Tale soluzione, del resto, risulta la più conforme alla duplice ratio
dell'imposizione vincolistica: da un lato, quella di assicurare una salva
guardia temporanea alle aree e ai beni di maggior interesse paesistico
ambientale, al fine di evitare che nelle more della pianificazione paesi
stica, quell'interesse primario sia, in fatto, sacrificato ad interessi su
bordinati, pur se costituzionalmente rilevanti (economici, produttivi, pro
prietari), esigenza di tutela, questa, che sarebbe sicuramente frustrata
ove si ammettesse la scadenza anticipata dei vincoli lasciando, cosi, esposte
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207 PARTE TERZA 208
Le aree ed i beni individuati ai sensi dell'art. 2 d.m. 21 settem
bre 1984 sono considerati sottoposti a vincolo ope legis, ai
sensi dell'art. 1 quinquies d.l. 21 giugno 1985 n. 312; tali aree
rimangono vincolate qualunque sia la sorte dei relativi atti
impositivi, che hanno assunto solo la funzione di criterio di
riferimento per l'ulteriore individuazione di altre aree cui esten
si rischio di pregiudizi le scelte di pianificazione; dall'altro, quella di
sollecitare il varo della pianificazione paesistica ad opera delle regioni dal momento che i vincoli verranno a cadere solo a partire da quel momento.
Né, d'altro canto, una simile impostazione potrebbe correre il rischio di essere tacciata di incostituzionalità per il fatto di configurare — co
me sostiene la tesi contrapposta — una limitazione di carattere espro
priativo, senza prevederne un termine di durata e un adeguato ristoro; in primo luogo, perché resta comunque confermata la natura tempora nea dei vincoli di intrasformabilità del territorio, ancorati ad un termi ne finale certus an anche se incertus quando-, in secondo luogo, perché il valore primario, a tutela del quale è posto il divieto di immodificabi
lità, non è acquistato con l'atto che tale divieto ha imposto, ma preesi ste ab origine configurando i beni paesistico-ambientali come «una ca
tegoria originariamente di interesse pubblico, rispetto alla quale la giu
risprudenza costituzionale ha escluso le equiparazioni dei vincoli imposti con provvedimento amministrativo ad espropriazioni soggette all'obbli
go, costituzionalmente garantito, di corrispondere un indennizzo» (Cons. Stato n. 242 del 1987, cit., per la giurisprudenza costituzionale, cfr. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 56, Foro it., 1968, I, 1361; con nota di richiami; 6 maggio 1976, n. 106, id., 1976, I, 2560, con nota di
richiami). D'altra parte, la prescritta obbligatorietà e della formazione dei piani
paesistici da parte delle regioni (in tal senso Corte cost. n. 153 del 1986,
cit., cui aderisce anche Immordino, cit., 956; Morbidelli, Legge Galas
so, durata e forma di imposizione dei vincoli di inedificabilità nei piani
urbanistico-paesistici, in Riv. giur. urbanistica, 1986, 335) e dell'eserci
zio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato, consente di soddisfare le esigenze di salvaguardia che permangono pur dopo il 31 dicembre
1986, fino all'adozione dei piani, assicurando ai soggetti legittimati gli
opportuni strumenti giursdizionali per ottenere l'adempimento di quegli obblighi.
Purtroppo, a quattro anni dalla scadenza di quel termine, i piani di cui all'art. 1 bis non sono stati adottati dalla maggior parte delle
regioni italiane. Un'altra grande occasione malamente sciupata (in ar
gomento, cfr. Rizzo, La legge Galasso nel cassetto, su II Sole-24 Ore, del 14 giugno 1989, 12; Cerofolini, I sogni nel cassetto della legge Galasso, in G.e.a., 1989, 44 ss.). [B. Mancini]
(2) I. - La sentenza si segnala perché affronta, per la prima volta
direttamente, il problema dei rapporti tra la pianificazione paesistica e quella urbanistica dopo l'entrata in vigore della 1. 8 agosto 1985 n. 431. Sul punto specifico non sussistono precedenti, attesa la mancata
approvazione dei piani paesistici che, ad oggi, risultano adottati solo da alcune regioni, tra le quali la regione Lazio, cui si riferisce la deci sione in rassegna.
II. - Prima della 1. 431 del 1985, la giurisprudenza prevalente era orientata nel senso di riconoscere un rapporto di piena autonomia tra
gli interessi pubblici tutelati rispettivamente dalla legislazione sulle bel lezze naturali e da quella urbanistica: Cass. 10 marzo 1981, n. 1334, Foro it., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 173; Cons. Stato, sez. VI, 6 luglio 1971, n. 573, id., Rep. 1971, voce Bellezze naturali, n. 5, che, in verità, riconosce all'interesse paesistico una posizione di autonomia preminente e 26 novembre 1984, n. 665, id., Rep. 1985, voce Edilizia e urbanistica, n. 565.
In senso contrario, Cons. Stato, sez. V, 16 ottobre 1964, n. 1158, id., Rep. 1964, voce Piano regolatore, n. 433, secondo cui gli organi competenti alla formulazione del piano regolatore generale dovranno tener conto dell'eventuale esistenza di un piano paesistico ma potranno anche modificare le previsioni di quest'ultimo.
Fino all'approvazione della 1. 8 agosto 1985 n. 431, la tutela dei beni
paesistici veniva attuata dalle regioni, oltre che attraverso la gestione del vincolo, anche con strumenti di pianificazione territoriale di tipo urbanistico che contenevano prescrizioni a tutela dell'ambiente in gene rale e dello specifico interesse paesistico, utilizzando, a volte, anche il piano territoriale di coordinamento di cui all'art. 5 della legge urbani stica n. 1150 del 1942.
Si è cosi riconosciuta più volte, in base alla previsione della 1. 19 novembre 1968 n. 1187 (art. 1), la possibilità per il piano urbanistico di valutare e disciplinare direttamente anche gli interessi paesistici pur se, generalmente, in senso rafforzativo rispetto alla tutela apprestata per tali interessi da parte dell'autorità per essi competente. In questa prospettiva, anzi, alcune decisioni (Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 674, id., 1975, III, 67; sez. VI 22 dicembre 1983, n. 923, id., Rep.
Il Foro Italiano — 1991.
dere il vincolo ope legis (nella specie è stato ritenuto legittimo il piano territoriale paesistico adottato dalla giunta regionale del Lazio nella parte in cui ha esteso la propria operatività anche ad ambiti territoriali vincolati dal d.m. 22 maggio 1985,
nonostante questo decreto fosse stato dichiarato illegittimo). (3)
1984, voce Edilizia e urbanistica, n. 169 e Tar Friuli-Venezia Giulia
22 giugno 1987, n. 188, id., Rep. 1988, voce cit., n. 119), hanno affer
mato che il piano regolatore generale può potenziare la tutela del pae
saggio anche in presenza di un piano paesistico. In dottrina, v. Predieri, Paesaggio, voce dell'Enciclopedia del dirit
to, Milano, 1981, XXXI, 503 ss., Morbddelli, Piano territoriale, voce
dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1983, XXXIII, 719; Alibrandi
Ferri, I beni culturali ed ambientali, Milano, 1985, 556 e Libertini, La tutela del paesaggio dopo la l. 431 del 1985: profili generali, in
Studi in memoria di M. Condorelli, Milano, 1988, 443 ss. III. - Dopo l'entrata in vigore della 1. 431/85, i rapporti tra la piani
ficazione urbanistica e gli interessi paesistici sono stati ridisegnati da
numerose pronunce della Corte costituzionale (sent. 1° aprile 1985, n.
94, Foro it., 1988, I, 332, con nota di richiami; 21 dicembre 1985, n. 359, id., 1986, I, 1196, con nota di Cozzuto-Quadri, Paesaggio e urbanistica: la Corte costituzionale alla ricerca di un difficile equili brio nei rapporti tra Stato e regioni-, 27 giugno 1986, n. 151, ibid., 2690, con nota redazionale di B. Caravita).
In particolare Corte cost. 27 giugno 1986, n. 151, cit., ha ribadito la configurabilità della pianificazione paesistica come autonoma disci
plina dell'intero territorio dall'angolo visuale e per l'attuazione del va
lore estetico-culturale, trattandosi di «esercizio teleologicamente orien tato ... di competenze regionali in tema di urbanistica» che rappresen ta il «momento di proiezione della tutela del paesaggio sul piano dell'urbanistica, di grande rilevanza, perché, pur non obliterando la di
stinzione tra le due materie e le relative discipline» comporta che «l'ur
banistica viene solo limitata dal rispetto del valore estetico-culturale e
piegata a realizzarlo».
Alla medesima sentenza della Corte costituzionale si deve anche la
affermazione del valore primario della tutela del paesaggio insuscettivo di essere subordinato a qualsiasi altro.
In dottrina, per la primarietà dell'interesse paesistico, con ampi rife
rimenti giurisprudenziali e dottrinari cui si rinvia, Cozzuto Quadri, Stato, regioni e tutela ambientale: la l. n. 431/85 supera il vaglio della
Corte costituzionale, id., 1986, I, 2694 ss.; Libertini, in Nuove leggi civ., 1986, 901.
L'autonomia degli interessi connessi alla tutela del paesaggio ed alla
urbanistica è stata affermata da Tar Lazio, sez. II, 5 marzo 1987, n.
318, Foro it., Rep. 1987, voce Bellezze naturali, n. 90, che sostiene
che gli interessi paesistici, pur avendo ovviamente riflessi sull'uso del
territorio, sono autonomi e diversificati rispetto a quelli meramente ur
banistici; pertanto, le esigenze edilizie, cosi' come espresse negli stru
menti urbanistici, non possono prevalere o comunque condizionare la
cura degli interessi specifici cui sono preordinate le misure di salvaguar dia ed il piano territoriale paesistico previsti dalla 1. 8 agosto 1985 n. 431. In senso conforme, Cons. Stato, sez. V 26 ottobre 1987, n. 670, id., 1988, III, 378, con nota di richiami, che ritiene che il potere del sindaco di rilasciare le concessioni edilizie è e deve essere contraddistin to dalla finalità assegnatagli di regolare l'esecuzione di attività urbani stiche od edilizie con riferimento ad un ordinato sviluppo della residen zialità e della distribuzione sul territorio dei benefici e dei carichi urba
nistici, ma non anche la tutela di interessi diversi da quelli strettamente urbanistici pur se ad essi intimamente connessi (nella fattispecie, il di
niego di concessione edilizia era stato motivato da valutazione dell'inte resse pubblico all'igiene ambientale). In questa ottica si è, pure, affer mato che la previsione di prescrizioni urbanistiche dirette «anche» alla tutela dell'interesse paesistico può legittimare il diniego di concessione
edilizia, pur in presenza del nulla osta rilasciato dall'autorità competen te alla tutela dell'interesse paesistico, purché il diniego si fondi esclusi vamente sulla prescrizione di natura pianificatoria di tipo urbanistico: Tar Liguria 29 marzo 1990, n. 297, est. Botto, inedita.
IV. - Sui rapporti tra il provvedimento di autorizzazione paesistica e quello di concessione edilizia, Cons. Stato, ad. plen., 3 ottobre 1988, n. 8, id., 1989, III, 65, con nota di richiami, ribadisce il consolidato orientamento dell'autonomia tra i due atti, costitutivi di altrettanti pro cedimenti, di cui quello paesistico è, di regola, connotato normativa mente come presupposto di quello urbanistico.
In termini, Tar Lazio 16 aprile 1986, n. 898, Trib. amm. reg., 1986, I, 1632, secondo cui i due provvedimenti, pur avendo un oggetto comu
ne, non si fondano su presupposti necessariamente comuni; Cons. Sta
to, sez. VI, 13 febbraio 1987, n. 51, Foro it., Rep. 1987, voce cit., nn. 98, 99 che ritiene che tra i due atti sussiste un collegamento nella
sequenza procedimentale, svolgendo il nulla osta della soprintendenza
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
I
Diritto. — (Omissis). Il momento di definizione complessiva delle possibilità di uso dei beni sottoposti a vincolo, è nella 1.
n. 431 del 1985 nella pianificazione paesaggistica che diviene
obbligatoria, per le aree qui considerate, da parte delle regioni. L'art. 1 bis prevede il termine del 31 dicembre 1986 per l'a
dozione di questi piani e collega all'adozione degli stessi la ca
ducazione degli effetti delle misure di immodiflcabilità delle aree
vincolate. Non si vede come possa ritenersi perentorio il termi
ne di cui trattasi posto che si versa in un caso di esercizio di
poteri e funzioni che il legislatore ritiene essenziali e per i quali
una funzione condizionante nei confronti della concessione comunale
ad edificare.
Peraltro, Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 1981, n. 376, id., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, n. 567, ritiene che il rapporto tra il nulla
osta e la licenza edilizia è diverso a seconda che si tratti di opera da
eseguire nella zona dei piani paesistici o nell'ambito delle bellezze d'in
sieme, per le quali l'art. 25 r.d. 3 giugno 1940 n. 1357 prevede che il nulla osta svolge una funzione condizionante nei confronti della li
cenza edilizia, ovvero di opere da eseguire su immobili costituenti bel
lezze individue, per le quali solo l'inizio dei lavori è subordinato all'a
dozione di entrambi i provvedimenti autorizzatori.
Cons. Stato, ad. plen., 3 ottobre 1988, n. 8, cit., ritiene che le previ sioni urbanistiche siano in rapporto di continenza con le valutazioni
di natura paesistica e, risolvendo la questione di legittimità dell'ingeren za dell'autorità competente per la tutela paesistica nel campo della vigi lanza urbanistico-edilizia, ha riconosicuto all'autorità preposta alla tu
tela del paesaggio un potere di accertamento incidentale, non discrezio
nale, della modificabilità assoluta dell'area derivante da atti normativi
0 da atti amministrativi generali. Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 1986, n. 236, id., 1987, III, 422, ritiene
che i vizi del nulla osta della sopraintendenza per una costruzione la
quale si poneva in contrasto sia con il piano paesistico territoriale sia
con la normativa urbanistica si comunicano, per derivazione, anche al
l'atto di rilascio della concessione edilizia.
V. - L'affermata prevalenza dell'interesse paesistico è posta a base
della sovraordinazione della pianificazione paesistica rispetto a quella urbanistica dalla decisione in rassegna; di essa rileva, particolarmente, la parte in cui si afferma il capovolgimento dei rapporti tra le indicate
forme di pianificazione, riconoscendo agli strumenti paesistici la fun
zione di dettare le norme minime inderogabili per la gestione del territo
rio, con valore di limite ed indirizzo per la pianificazione urbanistica.
In dottrina, sono favorevoli a questa impostazione, Cozzuto Qua dri, Piano paesistico e assetto del territorio, id., 1987, III, 427; Immor
dino, La tutela del paesaggio tra riparto di competenza e principio di
collaborazione, id., 1986, I, 1790; Id., in Nuove leggi civ., 1986, 961;
Fuzio, I nuovi beni paesistici, Rimini, 1990, 208-212.
La prevalenza della pianificazione paesistica, a seguito dell'entrata
in vigore della 1. 431/85, è ampiamente acquisita anche a livello di legis lazione regionale: vedi, ad esempio, la 1. reg. Lombardia 12 settembre
1986 n. 54, di modifica della 1. reg. Lombardia 27 maggio 1985 n.
57, che prevede espressamente che le prescrizioni dei piani paesistici sono, di diritto, recepite negli strumenti urbanistici generali.
Peraltro, altre regioni stanno privilegiando l'uso dello strumento al
ternativo del piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione
dei valori paesistici ed ambientali, ma con connotazione prevalentemen te urbanistica; in dottrina, P allottino, La pianificazione dell'ambiente
nella l. 8 agosto 1985 n. 431, in Riv. giur. ambiente, 1988, 643; Zeviani
Pallotta, Natura giuridica dei vincoli di inedificabilità della I. 8 ago sto 1985, n. 431, in Riv. giur. edilizia, 1986, II, 195; Alibrandi-Ferri, 1 beni culturali ed ambientali. Appendice di commento alla l. 431 del
1985, Milano, 1985, 12; Zaccardi, Le competenze statali e regionali in materia di tutela del paesaggio, in Riv. giur. edilizia, 1986, II, 187,
sostengono la natura urbanistica dei piani paesistici pur sottolineando
che in essi l'interesse paesistico mantiene una valenza primaria. Invece,
Cutrera, Piani paesistici, territorio e «legge Galasso», in Riv. giur.
ambiente, 1986, 47 ss.; Onida, Tutela del paesaggio e pianificazione
territoriale, id., 1989, 755 parlano di una tendenza al superamento della
separatezza fra disciplina di tutela del paesaggio e disciplina di uso del
territorio.
VI. - La sentenza contiene anche alcune importanti affermazioni in
ordine al contenuto dei piani paesistici che, in relazione alla nuova vi
sione dinamica della tutela del paesaggio, viene esteso anche alla previ sione di interventi attivi di recupero ambientale; in dottrina, Fuzio,
op. cit., 204 ss., con riferimenti anche in ordine alla problematica circa
l'obbligatorietà dei piani paesistici e la loro alternatività con i piani
Il Foro Italiano — 1991 — Parte III-9.
prevede si un potere di sostituzione, ma non secondo un mecca
nismo (che sarebbe proprio dell'estinzione dei diritti e non delle
potestà) di eliminazione della competenza primaria regionale.
Dopo il 31 dicembre 1986 vige un regime di concorso dei due
soggetti distinti (Stato e regioni) nel raggiungere l'obiettivo di
un'adeguata pianificazione paesaggistica. Del resto, è abbastan
za comune, quando si tratta di esercizio di poteri pubblici, il
collegamento di poteri sostitutivi alla scadenza di termini dettati
per l'adozione di determinati atti, mentre è eccezionale l'ipotesi dell'estinzione della potestà pubblica in capo ad un soggetto cui sia stata attribuita.
urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali. Su quest'ultimo punto, si segnala che il provvedimento con il quale è stato adottato il piano paesistico regionale dell'Emilia
Romagna è stato annullato dalla commissione regionale di controllo,
competente territorialmente, sul presupposto che lo stesso, estendendo la sua precettività anche a territori non vincolati, si pone in contrasto
con la previsione dell'art. 1 bis 1. 431/85 che limita il piano paesistico alle sole aree vincolate. La regione Emilia-Romagna ha sollevato con flitto di attribuzione con ricorso pubblicato in G.U., la s.s., del 7 mar
zo 1990, n. 10. Corte cost. 26 giugno 1990, n. 327, che sarà riportata in un prossimo fascicolo, ha annullato il provvedimento della commis
sione di controllo riconoscendo che il piano adottato dalla regione Emilia
Romagna ha natura urbanistica essendo diretto a porre per l'intero
territorio regionale criteri di orientamento per la successiva attività di pianificazione. La corte, peraltro, ha affermato in motivazione la
differente natura del piano paesistico rispetto al piano urbanistico
territoriale con specifica considerazione dei valori paesistico ed am
bientale, categoria cui ha ricondotto quello adottato dalla regione Emilia
Romagna.
(3) I. - La massima si pone in contrasto con Tar Lazio, sez. Ili, 15 gennaio 1987, n. 87, Foro it., Rep. 1988, voce Bellezze naturali, nn. 44-47, richiamata in motivazione, la quale aveva dichiarato l'illegit timità del d.m. 22 magio 1985 (c.d. Galassino) nella parte in cui aveva
assoggettato a vincolo paesistico, con l'ulteriore limite della immodifi
cabilità, aree in precedenza non vincolate né ai sensi della 1. 1497/39
né a seguito dell'entrata in vigore della 1. 431/85. Le suddette aree, in pratica, erano costituite da quegli ambiti territoriali, genericamente definiti di interesse paesistico, relativamente ai quali l'art. 2 d.m. 21
settembre 1984 consentiva di estendere il vincolo di inedificabilità tem
poranea in vista dell'approvazione dei piani paesistici. Com'è noto, detti
decreti ministeriali sono stati recuperati dall'art. 1 quinquies 1. 431/85
che ha stabilito che le aree ed i beni individuati dai suddetti decreti
«sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle
regioni dei piani di cui all'art. 1 bis, ogni modificazione dell'assetto
del territorio nonché ogni opera edilizia».
Tar Lazio, con la sopracitata sentenza del 1987, aveva affermato che
la suddetta disposizione dell'art. 1 quinquies deve essere interpretata in stretta correlazione logico-giuridica con quella dell'art. 1 ter, con la
conseguenza che le aree per le quali il ministro poteva prevedere il vin
colo temporaneo di inedificabilità assoluta, fossero solo quelle già vin
colate in base alla previgente 1. 1497/39 o rientranti nelle zone elencate
dall'art. 1 1. 431/85. Opinando diversamente, secondo il Tar Lazio, si sarebbe attribuito ingiustificatamente al ministro un potere cautelare, sui beni non compresi negli elenchi, negato dall'art. 1 ter alla regione e non previsto tra i poteri ministeriali dell'art. 82, 4° comma, d.p.r. 616/77.
Tar Lazio, sez. II, 27 ottobre 1986, n. 2158, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 49, ritiene, inoltre, che il potere ministeriale previsto dall'art.
2 d.m. 21 settembre 1984 non sia ricollegabile né al generico potere di assoggettamento a vincolo paesaggistico di cui alla 1. 1497/39, né al potere di integrazione degli elenchi di cui all'art. 82 d.p.r.
616/77, ma trovi unicamente la sua fonte e disciplina nell'art.
1 quinquies. Le medesime aree, oggetto della citata sentenza n. 87 del 1987, sono
state nuovamente oggetto di contestazione giacché, pur dopo l'annulla
mento del d.m. 22 maggio 1985, il piano territoriale paesistico della
regione Lazio ha esteso la sua operatività su dette aree individuate e
vincolate, per la prima volta, dall'indicato decreto ministeriale ma ai
soli fini della sottoposizione al vincolo specifico di immodificabilità as
soluta in attesa del piano paesistico. La soluzione adottata dalla decisione in epigrafe offre un'interpreta
zione dell'art. 1 quinquies inedita giacché fa operare il recupero legisla tivo delle aree, genericamente indicate come di interesse paesistico ed
individuate dal decreto ministeriale, non solo ed unicamente con riferi
mento alla misura di salvaguardia dell'immodificabilità ma anche alla
sottoposizione a regime di vincolo. Suscita, del resto, perplessità anche
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211 PARTE TERZA 212
Tale effetto deve essere reso esplicito nella norma che preve de i poteri sostitutivi, ma cosi non è nell'art. 1 bis 1. n. 431
e da ciò consegue sia la possibilità della regione di intervenire
ancora per adottare i piani paesaggistici anche dopo il 31 di
cembre 1986 e la correlata facoltà dello Stato di intervenire in
funzione sollecitatoria o di sostituzione in relazione allo stato
dei procedimenti di pianificazione paesaggistica nelle varie regioni. Da quanto si è detto con riguardo alla previsione del cosid
detto vincolo specifico, la cui perdurante efficacia è collegata all'«adozione» dei piani paesaggistici, consegue da un lato che
il momento in cui detto piano acquista efficacia è quello dell'a
dozione e non dell'approvazione perché la legge commina l'ef
fetto speciale (la caducazione del vincolo specifico) proprio a
tale momento. Consegue, altresì, da tale impostazione che le
aree vincolate con i provvedimenti adottati a tenore dell'art.
2 d.m. del 21 settembre 1984 in forza della 1. n. 431 del 1985
rimangono vincolate qualunque sia stata la sorte dei relativi atti
impositivi, ciò anche se questi decreti estendevano la propria efficacia ad aree escluse dal vincolo imposto per legge, in quan to il meccanismo di individuazione richiamato dall'art.
1 quinquies attiene non solo l'imposizione del vincolo specifico che nel sistema della I. n. 431 può riguardare le aree già sotto
poste a vincolo, ma anche l'individuazione delle aree da sotto
porre a tutela per lo speciale interesse paesaggistico ambientale
l'affermazione secondo la quale il recupero legislativo sarebbe indiffe rente anche alla caducazione, in sede giurisdizionale, del provvedimento di ricognizione dei beni, in quanto gli effetti prodotti dall'atto caduca
to, formale individuazione di beni, sono considerati non per la forza
provvedimentale ma solo come criterio di riferimento per l'individua
zione delle aree sottoposte a vincolo ope legis. In termini Tar Lazio, sez. I 30 novembre 1989, n. 1729, in epigrafe, con nota di richiami di B. Mancini.
Parrebbe, invece, che il recupero legislativo dovrebbe comunque pre supporre la legittimità del provvedimento ricognitivo. In senso confor
me, Tar Lazio, sez. II, 31 gennaio 1987, n. 163, Foro it., 1987, III, 543, con nota di richiami.
La soluzione prospettata dalla sentenza in rassegna appare finalizzata
solo a legittimare l'estensione del piano paesistico anche ad aree non
precedentemente vincolate; peraltro, va considerato in proposito che, ove si prescinda dai piani paesistici obbligatori di cui all'art. 1 bis 1.
431/85, la regione ha facoltà di estendere il piano paesistico anche a
zone non precedentemente vincolate; in dottrina, Onida, Tutela del pae
saggio, cit., 757, che rileva come le regioni abbiano oramai formalmen te spezzato il nesso tra pianificazione paesistica ed aree soggette a vin
colo paesistico; Fuzio, I nuovi beni paesistici, cit., 204, nota 8.
II. - Il dubbio di costituzionalità dei vincoli di immodificabilità asso
luta delle aree individuate ai sensi degli art. 1 ter e 1 quinquies è stato
superato, in base alla temporaneità degli stessi ed alla ribadita preesi stenza della qualità paesistica dei beni vincolati, da una lunga serie di decisioni del Consiglio di Stato (sez. VI 6 aprile 1987, n. 242, Foro
it.. Rep. 1987, voce cit., n. 42; sez. V 20 novembre 1987, n. 710, id.,
Rep. 1988, voce Edilizia ed urbanistica, n. 227; sez. VI 31 dicembre
1988, n. 1351, id., Rep. 1989, voce Bellezze naturali, nn. 47, 57) non
ché, di recente, dalla Corte di cassazione, sez. un., 15 marzo 1989, Graziani, id., 1990, II, 13, con nota di richiami di Giorgio, le quali, tra l'altro, hanno anche affermato che il termine del 31 dicembre 1986, fissato per l'approvazione dei piani paesistici da parte delle regioni, stabilisce solo il momento dopo il quale è legittimo il ricorso a misure sostitutive e non anche il limite temporale perentorio all'esercizio del
potere regionale. Sulla natura del termine del 31 dicembre 1986 e sull'efficacia dei vin
coli dopo tale data, si rinvia alla nota di Mancini, cit. Cons. Stato, sez. VI, 27 ottobre 1988, n. 1179, id., Rep. 1988, voce
Regione, n. 320, ritiene che anche il termine di centoventi giorni asse
gnato dall'art. 1 ter alle regioni per l'individuazione delle aree sulle
quali imporre il vincolo di immodificabilità, in attesa dei piani paesisti ci, ha solo funzione sollecitatoria e non carattere perentorio.
Cons. Stato, sez. VI, 31 dicembre 1988, n. 1351, cit., id., Rep. 1989, voce Bellezze naturali, n. 39; 6 aprile 1987, n. 242, cit. e Cass., sez.
un., 15 marzo 1989, Graziani, cit., ritengono che l'eccezione prevista dall'art. 82, 6° comma, d.p.r. 616/77 (introdotto dall'art. 1 1. 431/85), relativa alla non sottoposizione a vincolo delle aree comprese in piani pluriennali di attuazione o nelle zone perimetrate dagli strumenti urba
nistici, si riferisce solo al vincolo imposto direttamente ex lege e non
anche al vincolo imposto dall'amministrazione statale a seguito dell'e sercizio del potere di integrazione degli elenchi, giacché in questi casi non vi è necessità di introdurre temperamenti alla presunzione generale del valore paesaggistico delle aree che, invece, è strutturalmente connes sa alla previsione di un vincolo ex lege. [R. Fuzio]
Il Foro Italiano — 1991.
che presentano; si tratta cioè di uno strumento integrativo dei
beni da sottoporre a tutela. Consegue altresì dall'impostazione su riportata che ben può il piano paesaggistico individuare di
rettamente quei beni sottoposti dalla legge a vincolo per catego ria (vulcani, zone di interesse archeologico, boschi, foreste, ecc.) e che, con un intervento di mera ricognizione, siano in concreto
ritenute meritevoli di tutela. Né si può ritenere che nel dettare
la disciplina di tutela «primaria» il piano paesaggistico, posto
che si muove su un livello sovraordinato alla pianificazione ur
banistica, debba rendere conto delle modifiche che quest'ultima deve necessariamente subire per assicurare al paesaggio una tu
tela di tipo dinamico, cioè tale da non essere incisa nel tempo da singole specifiche scelte di gestione del territorio che comun
que trovano nella pianificazione di rango superiore un limite
e un indirizzo. Coerentemente, la pianificazione paesaggistico ambientale attraverso l'imposizione di obblighi specifici (pian tumazione, ecc.) sia proprio per la funzione di tutela allargata
ed unitaria di categorie di beni, ben può arrivare a coordinare
interventi immediati e futuri di miglioramento della situazione
paesaggistica ed ambientale per come essa si presenta. Se infatti
la 1. n. 431 del 1985 non ha richiesto un accertamento prelimi nare e diffuso del pregio estetico delle singole aree, ma ha rite
nuto che le stesse nel complesso dovevano essere tutelate, è im
plicito in tale dettato legislativo il potere di provvedere al recu
pero di aree ricomprese nelle zone vincolate e che pur tuttavia
non abbiano una piena corrispondenza alle esigenze di tutela
cui la legge è preordinata. È quindi spiegabile sia la disciplina di tutela per aree appa
rentemente, allo stato, non meritevoli di conservazione, ma per le quali necessitano interventi attivi di recupero ambientale ed
anche il rinvio a ulteriori strumenti attuativi di tali interventi
di recupero. Emerge cosi la funzione più genuina della legge in esame che tende ad una conservazione non meramente stati
ca dei valori paesaggistici ambientali del paese, ma anche allo
stimolo di quegli interventi di miglioramento e di recupero che
costituiscono il nucleo essenziale di una corretta funzione di
«conservazione».
III. - In quanto precede risiedono già le ragioni della fonda
tezza dei motivi del ricorso. In sintesi, può soggiungersi: a) è
esatta, quanto all'ammissibilità del ricorso, l'impostazione della
difesa della ricorrente che pone in risalto l'immediata lesività
del p.t.p. adottato; b) è infondato il primo motivo di ricorso
in quanto come si è detto la regione poteva legittimamente adot
tare il p.t.p. dopo il 31 dicembre 1986. Inoltre non vi è com
pressione del diritto di proprietà non tanto in funzione della
temporaneità dei vincoli sia pure estesa oltre la data suindicata,
ma in considerazione della natura degli stessi afferente ad inte
ressi paesaggistici e, quindi, strettamente inerenti a qualità ori
ginarie proprie dei beni qui considerati; c) posto che la zona
di Decima Trigaria di cui trattasi è stata ricompresa in uno dei
decreti ministeriali attuativi dell'art. 2 d.m. 21 settembre 1984
i cui effetti sono stati «recuperati» dall'art. 1 quinquies 1. n.
431 del 1985, va ritenuto, nell'ambito territoriale ricompreso dal ricordato decreto ministeriale, che sussistesse il vincolo pae
saggistico nelle aree di cui trattasi: cadono, cosi il secondo e
quinto motivo di ricorso. (Omissis)
II
Diritto. — 1. - Ritiene il collegio di dover disporre prelimi narmente la riunione dei due ricorsi indicati in epigrafe per ra
gioni di connessione soggettiva ed oggettiva tenendo conto, da
questo angolo visuale, che le censure proposte dal Triboulet ri
producono alcuni dei motivi proposti nel ricorso della s.p.a. Fianco come precisato in narrativa.
2. - Appare indispensabile per un esame completo delle cen
sure, articolate e complesse, poste con i due ricorsi di cui al
presente giudizio svolgere alcune considerazioni di carattere ge nerale da cui è possibile desumere elementi di valutazione sia
con riguardo alle questioni di inammissibilità del ricorso avan
zate dalla difesa regionale sia con riguardo alle questioni atti
nenti al merito dei ricorsi stessi:
A) Nel nostro ordinamento la nozione di urbanistica si è svi
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
luppata con una tendenza naturalmente espansiva si da metter
ne in rilievo la caratteristica propria di una funzione diretta
a disciplinare nella loro globalità tutti i possibili insediamenti
e le altre utilizzazioni del territorio.
Tale tendenza, che trova il punto di riferimento normativo
fondamentale nelle disposizoni che definiscono i contenuti dei
piani regolatori generali di cui all'art. 7 1. 17 agosto 1942 n.
1150, si è sviluppata con riguardo a tutti gli interessi coinvolti
nella gestione in senso lato degli interventi sul territorio. È si
gnificativa in particolare la norma del 2° comma della disposi zione richiamata che al punto 2) prevede che nei piani regolato ri debba essere segnata la «divisione in zone del territorio co
munale con la precisazione delle zone destinate all'espansione
dell'agglomerato urbano e la determinazione dei vincoli e dei
criteri da osservare in ciascuna zona». Innovando, rispetto al
l'ordinamento precedente, tale disposizione definisce l'ambito
di estensione del potere di pianificazione fino al limite massimo
di tutta l'area ricompresa nel territorio comunale.
In tale contesto veniva inserita anche la disciplina necessaria
per la tutela di interessi di carattere «storico, ambientale, paesi stico» (2° comma punto 5). Si ribadiva cosi che tali fondamen
tali interessi delle comunità locali oltre ad essere tutela con prov vedimenti specifici di competenza statale attinenti ai beni arti
stici e storici (con riguardo alle previsioni della 1.1° giugno 1939 n. 1089) ed agli aspetti di tutela delle «bellezze di insieme»
cioè a dire dei valori paesaggistici (con riguardo alla 1.1° giu gno 1939 n. 1497) poteva essere assicurata in modo integrativo attraverso lo strumento di disciplina globale del territorio. Si
affiancava cosi ad una regolamentazione di tipo speciale della
tutela di questi beni, che presuppone un procedimento ad hoc
di accertamento del pregio storico, artistico, ambientale degli
stessi, la configurabilità di interventi integrativi ed autonomi,
cioè riferiti a beni sprovvisti della tutela speciale suindicata, di
competenza delle amministrazioni esponenziali delle comunità
locali. Il dato che appare essenziale in tale sistema è che il valore
storico ambientale veniva contemplato unitamente e in unione
con gli altri interessi pubblici coinvolti nel procedimento di pia nificazione territoriale in guisa che, ferma restando la tutela
speciale eventualmente accordata dallo Stato (e dalla regione
dopo che con il decreto 24 luglio 1977 n. 616 all'art. 82 vi era
stata delegata alle regioni delle funzioni amministratrive in ma
teria di tutela del paesaggio), tali interessi potevano essere, in
sede di valutazione complessiva, sacrificati e o coordinati, in
tutto o in parte, agli altri interessi alla cui tutela lo strumento
di pianificazione generale era essenzialmente preordinato. Tale
concezione di fondo si è sviluppata nel nostro ordinamento se
condo una duplice direttrice attinente da un lato alla previsione di sempre più complessi ed efficaci strumenti di pianificazione
urbanistica, anche attuativi, e dall'altra attraverso una costante
attenzione agli strumenti di semplificazione delle procedure per la realizzazione di insediamenti abitativi e industriali oppure di
singoli interventi edilizi. Prevale quindi nell'ordinamento, per
la presa di coscienza della necessità di soddisfare rilevanti esi
genze di sviluppo di un paese industriale uscito anche da una
vicenda bellica che aveva lacerato fortemente i tessuti edilizi
urbani e il complesso di opere e infrastrutture esistenti, il rico
noscimento della necessaria funzione di garantire gli interessi
connessi a tale esigenza di «sviluppo». Tale linea di tendenza
muove sia attraverso la previsione originaria dei piani di rico
struzione che, in seguito, nella legislazione diretta a disciplinare
gli interventi di edilizia residenziale pubblica o in modo ordina
rio (1. 167/62,1. 865/71 e 1. 457/78) ovvero in modo straordina
rio (1. 25/80 e 1. 94/82). Il complesso di questi strumenti attuativi, ai quali si accom
pagnano i piani speciali per gli insediamenti produttivi i singoli
piani approvati talvolta con legge per singole aree del territorio
nazionale, si inquadrano sempre nella disciplina fondamentale
dei piani regolatori generali e quindi vivono e sono stati attivati
in coordinamento con gli interessi storici ambientali e paesaggi
stici attraverso un procedimento che ha consentito, ove non fos
sero operanti specifici singoli vincoli di tutela su beni determi
nanti, e talvolta con superamento di tali vincoli, la prevalenza
Il Foro Italiano — 1991.
degli interessi collegati alle esigenze di sviluppo edilizio e indu
striale.
Rispetto a questa impostazione assume una funzione mera
mente strumentale il novero di disposizioni dirette a semplifica re sia le procedure di realizzazione di opere pubbliche (infra strutture e servizi) che il conseguimento dei titoli necessari ai
privati per la realizzazione di manufatti edilizi.
Nel primo gruppo di disposizioni possono essere segnalate le
consistenti semplificazioni previste per la localizzazione e la rea
lizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p. - degli art. 9 ss. della 1. 865/71 e dall'art. 51 della stessa legge nonché l'eccezionale semplificazione prevista dala 1. 3 gennaio 1978 n. 1). Nel secondo gruppo possono ricordarsi le norme
sul silenzio-rifiuto in materia di licenza edilizia nonché le norme
sul silenzio-assenso (art. 48 1. 457/78 sulla certificazione di uso
e sul silenzio-assenso per le concessioni edilizie, art. 8, 1° e 2°
comma, 1. n. 94 del 25 marzo 1982), nonché sulla semplificazio ne per il conseguimento di autorizzazioni, del nulla osta e pare ri previsti nel procedimento di concessione edilizia (art. 8 cita
to, 3° comma). In questo generale contesto di strumenti preordinati alla rea
lizzazione efficace e puntuale di interventi sul territorio si è ag
giunto uno strumento di razionalizzazione degli interventi dal
punto di vista temporale attraverso la pianificazione «tempora lizzata» con i programmi pluriennali di attuazione (ex art. 13
1. 28 gennaio 1977 n. 10 e le numerose leggi regionali di attua
zione ed integrazione). L'ordinamento si è quindi ordinato fino ai primi anni 1980
nel senso di privilegiare, anche con idonee provviste finanziarie
oltre che con gli strumenti giuridici di cui si è detto, gli inter
venti da realizzare sul territorio secondo una logica ispirata alla
filosofia dello sviluppo ritenendo, con il limite della tutela spe ciale cui si è fatto cenno apprestata dagli organi statali e/o alle
regioni, di dover valutare tale esigenza in comparazione con
quella di tutela storica, paesaggistica ambientale su un piano sostanziale di equiordinazione dei valori in discussione.
La situazione è oggi profondamente mutata a giudizio del
collegio, tenendo conto dell'evoluzione legislativa degli ultimi
anni. Un primo punto di rottura dell'equivalenza dei valori cui
si è fatto cenno si ha — e la cosa può sembrare straordinaria
tenendo conto del substrato culturale che ha mosso il provvedi mento legislativo che ha segnato questa inversione di tendenza — con la 1. n. 47 del 28 febbraio 1985 recante il nuovo regime di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e, come è noto,
un ampio condono edilizo. Tale provvedimento legislativo sot
toposto a critica da più parti, che è ispirato, oltre che da esigen ze di carattere finanziario dello Stato, anche ad un pragmati smo diretto ad evitare la distrazione di beni realizzati sia pure
irregolarmente, contiene negli art. 32 e 33 una previsione di
generale esclusione dal condono edilizio per tutte quelle opere
realizzate in contrasto con vincoli preordinati alla tutela storico
artistica paesaggistica ambientale ed incisive di tali valori a giu dizio dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Questo sistema tende, sia pure indirettamente, a preservare attraverso una serie innumerevole di atti, il complesso dei beni
sottoposti ai vincoli suindicati e quindi costituisce un primo punto di riferimento concettuale di una tutela unitaria del patrimonio
storico, artistico, paesaggistico ambientale.
Tenendo conto di questa specifica funzione è ben comprensi bile la diversa ed eccezionale novità introdotta, nel sistema del
la sanatoria degli abusi edilizi, con l'art. 12 d.l. 12 gennaio 1988
n. 2 nel testo risultante dalle modifiche introdotte con la legge
di conversione 12 marzo 1988 n. 68 secondo cui per le aree
sottoposte a vincoli paesaggistici in forza della 1. 8 agosto 1985
n. 431 e quindi a quasi due anni di distanza dal momento, ante
riore, al quale dovevano essere realizzate le opere sottoposte
a condono edilizio (1° ottobre 1983) è comunque esclusa la fa
coltà di sanatoria ove l'autorità preposta alla tutela del vincolo
paesaggistico — si badi bene imposto due anni dopo la realizza
zione dell'opera — ritenga che sussistono ragioni connesse con
il quadro delle esigenze di tutela paesaggistico-ambientale che
non consentono di condonare gli immobili realizzati abusiva
mente in quelle aree. Si realizza, per tale via, un'altra impor
tante funzione di garanzia di tipo unitario riferita ad opere rea
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PARTE TERZA
lizzate prima del 1° ottobre 1983 per le quali il condono è con
dizionato non soltanto al pagamento dell'oblazione e alla pre sentazione dell'istanza, ma invece alla compatibilità con le esi
genze di tutela paesaggistico-ambientale.
B) La linea evolutiva cosi iniziata segna con la 1. 6 agosto 1985 n. 431 di conversione del d.l. n. 312 del 27 giugno 1985
il suo secondo momento essenziale. Prima di passare all'esame
della legge, per i profili di specifico interesse del giudizio, si intende qui puntualizzare la caratteristica precipua di tale prov vedimento legislativo: la sottoposizione di beni di interesse pae
saggistico e ambientale per categorie individuali con criteri geo
morfologici o fisici ad una tutela unitaria attraverso una previ sione operante direttamente per legge e senza la necessaria
mediazione di un procedimento amministrativo di accertamen
to, con riguardo alle singole aree da tutelare, del pregio storico,
artistico, paesaggistico e ambientale. Tale intervento legislativo, che non viola il principio del «giusto procedimento» secondo
indirizzi consolidati del giudice costituzionale che ritiene che nel
nostro ordinamento non trovi tutela diretta di livello costituzio
nale, modifica radicalmente i presupposti per la tutela degli in
teressi di cui trattasi; da un lato, infatti, vi è una garanzia uni
taria e di grande estensione sul territorio nazionale, dall'altro,
questa tutela, come si è già accennato in precedenza, si proietta nel passato, perché esclude la possibilità di sanatoria di quelle manomissioni del territorio realizzate senza titolo anteriormente
al 1° ottobre 1983 che siano offensive di tali valori.
Il terzo momento fondamentale dell'evoluzione legislativa di
questo decennio è costituito dalla legge istitutiva del ministero
dell'ambiente e dalla previsione di idonei strumenti di conserva
zione degli aspetti fisici dell'ambiente (tutela delle acque, dell'a
ria e del suolo) che completano il quadro degli strumenti preor dinati dalla 1. n. 431 del 1985 per quanto riguarda gli aspetti di garanzia della tutela del paesaggio e quindi della percezione visiva dell'ambiente per come si presenta in forza dell'opera della natura e dell'uomo.
Significative in tale legge, ovviamente ai fini che interessano
il presente giudizio, sono le disposizioni che prevedono il neces
sario coordinamento tra il ministero dei beni culturali e am
bientali e il ministero dell'ambiente nell'esercizio delle funzioni
di rispettiva competenza ed inoltre la complessa tematica del
regime temporaneo di valutazione di impatto ambientale in cui
è ben presente la necessità di valutazioni congiunte del ministro
dei beni culturali e delle regioni per quanto concerne gli aspetti di tutela paesaggistica e del ministro dell'ambiente per quanto
riguarda gli aspetti fisici di tutela ambientale.
C) La premessa tende a chiarire la funzione di «conservazio
ne» dei beni sottoposti a vincolo e l'interesse «primario» che
essi presentano, anche rispetto ad altri interessi costituzional
mente protetti e presi in considerazione, in forza del compito di tutela del paesaggio proprio della «repubblica» e previsto tra i principi fondamentali della nostra Costituzione (cfr. le sen
tenze della Corte costituzionale nn. 151, 152 e 153 del 1986, Foro it., 1986, I, 2689).
Da ciò la sostanziale sovraordinazione degli strumenti di pia nificazione e di controllo preordinati alla tutela di tali interessi
di «conservazione» rispetto alla tutela riservata agli altri inte
ressi collegati alle esigenze di sviluppo. Ne consegue il capovol
gimento dei rapporti tra strumenti di pianificazione urbanistica
e strumenti di pianificazione paesaggistica ambientale, nel senso
che i secondi assumono la funzione di dettare norme minime,
inderogabili dai primi, di tutela dei beni vincolati e rispetto alla
definizione di queste regole la disciplina urbanistica, anche di
carattere generale, assume una funzione meramente attuativa
trovando un limite non superabile nella disciplina di livello so
vraordinato. In un regime che anziché essere di confusione nel
l'esercizio dei due poteri, come pur si è detto, è invece di netta
separazione sia negli strumenti di pianificazione che negli atti
abilitativi all'esercizio di determinate attività o alla realizzazio
ne di opere e ancora con riguardo al tipo di attività considerata,
perché essendo la tutela paesaggistica ambientale riferita appunto alla tutela del paesaggio può essere incisa anche da attività ma
teriali che non realizzano interventi edilizi (cosi è per le cave,
per le attività di forestazione, di piantagione, per alcune attività
agricole, per la realizzazione di scavi con o senza ripristino,
per le attività di geotermia, per le attività di coltivazione di idro
carburi e simili).
Il Foro Italiano — 1991.
D) Prendendo in esame la 1. n. 431 si deve tener conto che
la tutela apprestata al paesaggio si muove su due distinte artico
lazioni (art. 1 che, come è noto, ha aggiunto alcuni commi al
l'art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616). In primo luogo, viene imposto un vincolo che per comodità
di esposizione può essere definito «generico» che coinvolge am
pie aree del territorio nazionale indicate o per caratteristiche
fisiche o per individuazione con atti amministrativi o con ope
razioni meramente aritmetiche di misurazione (territori costieri
per 300 m. dalla linea di battigia, territori contermini ai laghi
per fascia di 300 m., fiumi, torrenti e corsi d'acqua pubblici
e relative sponde e argini per 150 m., montagne al di sopra
dei 1200 m. per la catena appenninica, ghiacciai e circhi glacia
li, parchi, le riserve nazionali e i relativi territori esterni, territo
ri ricoperti da foreste o da boschi e quelli sottoposti a vincoli
di rimboschimento, le aree inserite nelle università agrarie o gra
vate da usi civici, le zone umide individuate con atto formale,
i vulcani le zone di interesse archeologico). Sono escluse, nel
l'ambito di tali aree, quelle ricomprese nelle zone a) e b) degli
strumenti urbanistici e quelle comprese nei programmi plurien nali di attuazione (p.p.a.) e quelle delle altre zone degli stru
menti urbanistici limitatamente alle parti ricomprese nei p.p.a.
Il secondo prevede invece, evidentemente nell'ambito delle aree
sottoposte a «vincolo generico», una misura di immodificabilità
dello stato dei luoghi sino all'«adozione» da parte delle regioni dei piani paesaggistici previsti dall'art. 1 bis della stessa 1. 431
(art. 1 ter e 1 quinquies). Sia per l'una che per l'altra forma di intervento il sistema
prescelto dal legislatore per conseguire i suoi obiettivi di tutela
è stato quello di fotografare sul territorio, secondo i criteri suin
dicati, le aree da tutelare con un meccanismo di previsione pun tuale e specifico che per quanto concerne il vincolo specifico è rimesso ad atti specifici delle regioni con l'art. 1 ter, con l'ec
cezione del «recupero» degli effetti dei decreti ministeriali di
individuazione di aree sottoposte a vincolo paesaggistico con
il meccanismo di cui all'art. 2 d.m. 21 settembre 1984 (art. 1 quinquies). Ciò comporta che sia le aree sottoposte a vincolo
generico che le altre, in cui oltre al vincolo generico vige anche
la misura di immodificabilità delle stesse, sono state individuate
in un certo momento storico e non possono con uno strumento
diverso dalla legge statale che ha impresso il vincolo, essere mo
dificate né con l'adozione dei piani paesaggistici di cui all'art.
1 bis che deve provvedere alle norme di utilizzazione delle aree
vincolate, né, è ovvio, attraverso la vicenda degli atti ammini
strativi attraverso i quali tali aree sono state individuate a suo
tempo dal legislatore. Ciò vale, in particolare, per quei beni
sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 2 d.m. 21
settembre 1984 che sono stati «inclusi tra quelli in cui era vieta
ta, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui al
l'art. 1 bis» ogni modificazione dell'assetto del territorio, non
ché ogni opera edilizia per forza di legge e con un meccanismo
formale di individuazione che tende per esigenze di tutela a cri
stallizzare sul territorio gli effetti prodotti da atti amministrativi
considerati non per la loro forza prowedimentale, ma solo co
me criterio di riferimento per l'individuazione delle aree sotto
poste a vincolo ope legis. Si spiega cosi l'indifferenza rispetto alla sorte dei singoli provvedimenti adottati ai sensi del riporta to art. 2. Alla stregua di tali considerazioni il collegio ritiene
di doversi discostare dai precedenti della seconda sezione di que sto tribunale richiamati negli atti introduttivi del giudizio (Tar
Lazio, sez. II, sent. nn. 87, 88, 91 del 15 gennaio 1987, id.,
Rep. 1988, voce Bellezze naturali, nn. 44-47). Il momento di definizione delle possibilità di uso dei beni
sottoposti a vincolo, è nella 1. n. 431 del 1985 sulla pianificazio ne paesaggistica che diviene obbligatoria, per le aree qui consi
derate, da parte delle regioni. L'art. 1 bis prevede il termine del 31 dicembre 1986 per l'a
dozione di questi piani e collega all'adozione degli stessi la ca
ducazione degli effetti delle misure di immodificabilità delle aree
vincolate. Non si vede come possa ritenersi perentorio il termi
ne di cui trattasi posto che si versa in un caso di esercizio di
poteri e funzioni che il legislatore ritiene essenziali e per i quali
prevede si, è certo, un potere di sostituzione, ma non secondo
un meccanismo (che sarebbe proprio dell'estinzione dei diritti
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
e non delle potestà) di eliminazione della competenza primaria
regionale. Dopo il 31 dicembre 1986 vige un regime di concorso
dei due soggetti distinti (Stato e regioni) nel raggiungere l'obiet
tivo di un'adeguata pianificazione paesaggistica. Del resto è ab
bastanza comune, quando si tratta di esercizio di poteri pubbli ci, il collegamento di poteri sostitutivi alla scadenza di termini
dettati per l'adozione di determinati atti, è invece eccezionale
l'ipotesi dell'estinzione della potestà pubblica in capo ad un sog
getto cui sia stata attribuita.
Tale effetto deve essere reso esplicito nella norma che preve de i poteri sostitutivi, cosi non è nell'art. 1 bis 1. n. 431 e da
ciò consegue sia la possibilità della regione di intervenire ancora
per adottare i piani paesaggistici anche dopo il 31 dicembre 1986
e la correlata facoltà dello Stato di intervenire in funzione solle
citatoria o in chiave di sostituzione in relazione alle singole si
tuazioni di avanzamento dei procedimenti di pianificazione pae
saggistica nelle varie regioni. Da quanto si è detto con riguardo alla previsione del cosid
detto vincolo specifico la cui perdurante efficacia è collegata all'«adozione» dei piani paesaggistici consegue da un lato che
il momento in cui detto piano consegue efficacia è quello dell'a
dozione e non dell'approvazione perché la legge commina l'ef
fetto speciale (la caducazione del vincolo specifico) proprio a
tale momento. Consegue, altresì, da tale impostazione che le
aree vincolate con i provvedimenti adottati a tenore dell'art.
2 d.m. del 21 settembre 1984 in forza della 1. n. 341 del 1985
rimangono vincolate qualunque sia stata la sorte dei relativi atti
impositivi; ciò anche se questi decreti estendevano la propria efficacia ad aree escluse dal vincolo imposto per legge, in quan to il meccanismo di individuazione richiamato dall'art.
1 quinquies riguarda non solo l'impostazione del vincolo speci fico che nel sistema della 1. n. 431 può riguardare le aree già
sottoposte a vincolo, ma anche l'individuazione delle aree da
sottoporre a tutela per lo speciale interesse paesaggistico am
bientale che presentano; si tratta cioè di uno strumento integra tivo dei beni da sottoporre a tutela. Consegue altresì dall'impo stazione su riportata che ben può il piano paesaggistico indivi
duare direttamente quei beni sottoposti dalla legge a vincolo
per categoria (vulcani, zone di interesse archeologico, boschi,
foreste, ecc.) e che, con un intervento di mera ricognizione, siano in concreto ritenute meritevoli di tutela. Né si può ritene
re che nel dettare la disciplina di tutela «primaria» il piano pae
saggistico, posto che si muove su un livello sovraordinato alla
pianificazione urbanistica, debba rendere conto delle modifiche
che questa ultima deve necessariamente subire per assicurare al
paesaggio una tutela di tipo dinamico cioè tale da non essere
incisa nel tempo da singole specifiche scelte di gestione del terri
torio che comunque trovano nella pianificazione di rango supe riore limite e un indirizzo. Coerentemente la pianificazione
paesaggistico-ambientale attraverso l'imposizione di obblighi spe cifici (piantumazione, ecc.) sia proprio per la funzione di tutela
allargata ed unitaria di categorie di beni, ben può arrivare a
coordinare interventi immediati e futuri di miglioramento della
situazione paesaggistica ed ambientale per come essa si presen ta. Se infatti la 1. n. 431 del 1985 non ha richiesto un accerta
mento preliminare e diffuso dal pregio estetico delle singole aree, ma ha ritenuto che le stesse nel complesso dovevano essere tute
late, è implicito in tale dettato legislativo il potere di provvedere al recupero di aree ricomprese nelle zone vincolate e che pur tuttavia non abbiano una piena corrispondenza alle esigenze di
tutela cui la legge è preordinata. È quindi spiegabile sia la disci
plina di tutela per aree apparentemente, allo stato, non merite
voli di conservazione, ma per le quali necessitano interventi at
tivi di recupero ambientale ed anche il rinvio a ulteriori stru
menti attuativi di tali interventi di recupero. Emerge cosi la
funzione più genuina della legge in esame che tende ad una
conservazione non meramente statica dei valori paesaggistici am
bientali del paese, ma anche allo stimolo di quegli interventi
di miglioramento e di recupero che costituiscono il nucleo es
senziale di un corretta funzione di «conservazione». (Omissis)
Il Foro Italiano — 1991.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione II; sentenza 5 agosto 1989, n. 1153; Pres. ed
est. Numerico; Pellegrino (Avv. Aguglia) c. Min. beni cul
turali e ambientali.
Impiegato dello Stato e pubblico — Sanzione disciplinare —
Legittimità — Fattispecie (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statu
to degli impiegati civili dello Stato, art. 16, 80; d.p.r. 29 di cembre 1984 n. 1219, individuazione dei profili professionali del personale dei ministeri in attuazione dell'art. 3 1. 11 luglio 1980 n. 312).
È legittima la sanzione disciplinare della riduzione dello stipen dio nella misura di un decimo per un mese, inflitta ad un
architetto appartenente ad una sovrintendenza ai beni ambien
tali, che si era replicatamente rifiutato di formulare un parere richiesto dall'Anas, in merito all'abbattimento di alcuni pini necessario per la ristrutturazione di una strada, nel senso fa vorevole disposto ripetutamente dal sovrintendente, anche se
in contrasto con le proprie personali opinioni. (1)
(1) I. - Sui rapporti tra le opinioni personali, di tipo professionale, del dipendente pubblico ed il vincolo di subordinazione gerarchica: Cons.
Stato, sez. VI, 8 luglio 1982, n. 360, Foro it., Rep. 1982, voce Istruzio ne pubblica, n. 183, secondo cui la lettura da parte dell'insegnante agli allievi di una circolare del preside concernente l'irrogazione di sanzioni
disciplinari ad altri discenti, costituendo un'attività di mera comunica
zione, rientra tra le funzioni amministrative che l'insegnante è tenuto
a svolgere per la sua subordinazione gerarchica nei confronti del capo d'istituto, senza che ne risulti menomata la sua libertà d'insegnamento; Corte conti, sez. riun., 30 maggio 1986, n. 492/A, id., Rep. 1987, voce
Responsabilità contabile, n. 255, che ritiene che l'esercizio delle funzio
ni dirigenziali non conferisce la facoltà di opporsi ad ordini superiori né fa venir meno il vincolo gerarchico cui il dirigente rimane astretto a termini dell'art. 16 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 e che trova il suo
limite nel successivo art. 17.
Tar Lazio, sez. II, 29 gennaio 1987, n. 147, id., 1988, III, 367, riba
disce che la regola della subordinazione gerarchica degli uffici inferiori
rispetto a quelli superiori è regola generale fondamentale del nostro
ordinamento giuridico. In senso contrario, Corte conti, sez. II, 16 marzo 1988, n. 42, id.,
1989, III, 88, che, in una fattispecie relativa ad una azione di responsa bilità contabile promossa verso la direttrice di una biblioteca nazionale
che aveva manifestato, in atti di ufficio, il proprio dissenso rispetto alla scelta operata dal ministero dei beni culturali, ha affermato che «il principio del rispetto delle decisioni degli organi superiori non può
presentare il valore di un obbligo di supina ed acritica acquiescenza»
giacché a volte, quando la responsabilità dell'azione amministrativa ri
mane esclusiva dell'organo di livello inferiore, può ritenersi conforme
ai criteri di cocreta amministrazione più che il rigoroso rispetto del prin
cipio di subordinazione gerarchica il diretto coinvolgimento e la dove
rosa utilizzazione della competenza professionale dell'organo di livello
inferiore. In ordine ai rimedi contro il provvedimento del superiore gerarchico,
Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 1981, n. 752, id., Rep. 1982, voce
Impiegato dello Stato, n. 1051, secondo cui il pubblico dipendente che
ritiene che gli obblighi derivantigli dall'organizzazione dei servizi a cui
è addetto siano lesivi del proprio status non può farsi giustizia da sé
sottraendosi ai detti obblighi, ma deve impugnare tempestivamente l'at
to autoritativo dell'amministrazione.
Sui limiti al dovere verso il superiore, Tar Emilia-Romagna 29 aprile 1985, n. 140 e Tar Liguria 3 giugno 1985, n. 304, id., Rep. 1986, voce
cit., nn. 931, 932, riconoscono un vero e proprio diritto del dipendente
pubblico, relativo al suo status e alla sua personalità, a far rimostranza
avverso l'ordine impartito dal superiore ogniqualvolta lo si ritenga ille
gittimo. Corte conti, sez. riun., 1° giugno 1987, n. 542, id., Rep. 1988, voce
Responsabilità contabile, n. 86, ai fini della configurazione dell'esimen
te da responsabilità verso l'amministrazione (l'aver agito per ordine di
un superiore), ha affermato che le norme del testo unico degli impiegati civili dello Stato, nello spirito di un rapporto di collaborazione tra di
pendente e superiore gerarchico, impongono, in presenza di un ordine
illegittimo, una dialettica che culmina nella reiterazione dell'ordine scritto
al subordinato.
Sempre in relazione all'ordine scritto: Cons. Stato, sez. V, 21 novem
bre 1985, n. 420, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 504, con riferimento a fattispecie relativa a dipendenti ospedalieri per
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