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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione II; parere 29 ottobre 1986, n. 2085; Min....

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sezione II; parere 29 ottobre 1986, n. 2085; Min. pubblica istruzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988), pp. 111/112-117/118 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179281 . Accessed: 28/06/2014 09:05 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:05:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II; parere 29 ottobre 1986, n. 2085; Min. pubblica istruzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 111/112-117/118Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179281 .

Accessed: 28/06/2014 09:05

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PARTE TERZA

tecniche, dall'altro, come è stato chiarito con il parere della Ia

sezione di questo consiglio, tali espressioni non identificano alcu

na entità giuridica specifica, ed il sistema consente che soltanto

organismi di ausilio all'attività sanitaria possano assumere la for

ma della società, ma esclude la riconducibilità dell'attività sanita

ria di tipo professionale a modo di essere dell'attività

imprenditoriale (singola e associata). Si deve quindi concludere che le norme del d.p.r. 16 maggio

1980 — le quali, peraltro avevano validità triennale (art. 11 del

decreto ) — di cui agli art. 1 e 2 , sono illegittime e le relative

convenzioni sono nulle per incapacità giuridica del soggetto (so cietà di medici); del resto è da escludere che nel nostro ordina

mento un atto amministrativo possa incidere sulla legislazione che

regola l'autonomia privata, in modo tale da rendere valido un

negozio giuridico nullo. Le norme del d.p.r. 16 maggio 1980 in

fatti presuppongono o statuiscono la legittimità dell'esercizio in

forma societaria dell'attività professionale e consentono il con

venzionamento fra gli enti erogatori e società di professionisti medici per l'erogazione di prestazioni mediche (in particolare l'art.

2 del decreto, riferendosi al professionista convenzionato che tra

sformi, durante la validità dell'accordo, la propria attività da ge stione individuale a gestione societaria, non pare consentire

interpretazioni diverse). Va infine sottolineato che l'art. 48 1. 23 dicembre 1978 n. 833,

nel segnare i limiti della devoluzione normativa alla fonte sub

primaria, con il riferimento alle «incompatibilità» ed ai «medi

ci», quali soggetti del rapporto convenzionale, dà per presuppo sto che il professionista convenzionato possa essere soltanto la

persona fisica del medico.

Si deve comunque ritenere che debba escludersi il coinvolgi mento di alcun soggetto nella contravvenzione di cui all'art. 7

1. 23 novembre 1939 n. 1815 in relazione a comportamenti, attra

verso i quali si sono realizzate, ai sensi dell'art. 2 d.p.r. 16 mag

gio 1980, convenzioni per l'erogazione di attività professionale medica con società.

L'errore determinato da un comportamento positivo dell'auto

rità, che nel caso si è tradotto in norma giuridica, infatti, non

sembra consentire l'ipotizzabilità della sussistenza dell'elemento

psicologico del reato (Cass., sez. un., 7 dicembre 1963); tale prin

cipio, del resto, risponde ad esigenze fondamentali dell'ordina

mento giuridico quali quelle della correttezza del rapporto fra

cittadino ed autorità e della stessa certezza del diritto.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione II; parere 29 ottobre 1986, n.

2085; Min. pubblica istruzione.

Avvocatura dello Stato — Avvocato dello Stato — Attività di

consulenza legale in via breve a favore di università — Com

penso — Legittimità — Limiti (R.d. 31 agosto 1933 n. 1592, t.u. delle leggi sull'istruzione superiore, art. 50; r.d. 30 ottobre

1933 n. 1611, t.u. delle leggi sulla rappresentanza e difesa in

giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'avvocatura dello Sta

to, art. 43, 47; d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli impie

gati civili dello Stato, art. 380; d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077, riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato, art. 152; 1. 3 aprile 1979 n. 103, modifiche dell'ordinamento

dell'avvocatura dello Stato, art. 11, 20).

L'attività di consulenza legale in via breve prestata con continui

tà da avvocato dello Stato in favore di amministrazione statale

(nella specie, università degli studi), ai sensi dell'art. 20 I. 3

aprile 1979 n. 103, è distinta da quella consultiva il cui svolgi mento è attribuito in via istituzionale all'avvocatura dello Sta

to; pertanto, l'incarico può essere retribuito e deve essere

conferito secondo i termini e le modalità disposte dall'art. 152

d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077. (1)

(1-2) I. - Il Consiglio di Stato applica criteri più volte ribaditi e unifor memente seguiti dalla giurisprudenza amministrativa, mentre la Corte dei conti si discosta dai principi applicati in altre occasioni, sia pure non univocamente.

li Foro Italiano — 1988.

II

CORTE DEI CONTI; sezione controllo enti; determinazione 15

luglio 1986, n. 1879; Pres. Di Stefano, Rei. Serrao; Azienda

autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale.

Avvocatura dello Stato — Avvocato dello Stato — Attività di

consulenza legale in via breve a favore di ente pubblico — Com

penso — Illegittimità (D.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077, art.

2; 1. 2 aprile 1979 n. 97, norme sullo stato giuridico dei magi strati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e am

ministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati

dello Stato, art. 17).

L'attività di consulenza legale in via breve e continuativa prestata da avvocato dello Stato in favore di ente pubblico non rientra

fra gli incarichi per i quali la partecipazione è prevista dalla

legge come obbligatoria al di fuori delle funzioni istituzionali

dell'avvocatura e, pertanto, non può essere retribuita separata

mente, stante il principio di onnicomprensività dettato dall'art.

17 I. 2 aprile 1979 n. 97. (2)

Sull'argomento specifico della legittimità della corresponsione dei com

pensi agli avvocati dello Stato che prestino attività esulanti da quelle isti

tuzionali, in termini con Cons. Stato 2085/86, v. i pareri dello stesso

consiglio, commissione speciale, 26 marzo 1980 n. 1/80 inedito (citato nel parere 2085/86), emesso in riferimento ad attività consultiva in via breve in favore di una p.a.; 6 novembre 1978, n. 53/54, Foro it., Rep. 1981, voce Avvocatura dello Stato, n. 11, emesso in riferimento ad attivi tà amministrativa, quale predisposizione di regolamenti e risposte ad in

terpellanze o collaborazione alla formazione di atti amministrativi, in favore dell'azienda delle ferrovie dello Stato; 12 giugno 1974, n. 29/74, inedito, emesso in riferimento alla partecipazione al consiglio di amministrazione dei monopoli di Stato e alla prestazione di consulenza in via breve presso la stessa amministrazione e della sez. 1 29 marzo 1974, n. 570, id., Rep. 1974, voce Impiegato dello Stato, nn. 524, 601 (riferito a tutti i dirigenti ed impiegati statali), nonché la determinazione della Corte conti, sez. contr., 20 dicembre 1979, n. 1026, id., Rep. 1980, voce Avvocatura dello Stato, n. 6, emessa in fattispecie identica a quella esaminata da Cons. Stato, comm. spec., 6 novembre 1978, n. 53/54, cit.; contra e in termini con Corte conti 1879/86 in epigrafe, le determinazioni della stessa corte, sez. contr. enti, 29 ottobre 1985, n. 1835, id., Rep. 1986, voce cit., n. 3, sulla illegittimità della corresponsione di compenso all'avvocato dello Stato nominato membro del consiglio di amministrazione di ente pubblico in caso non prescritto dalla legge; sez. contr. Stato 15 ottobre 1981, n. 1192, id., Rep. 1982, voce Impiegato dello Stato, n. 987, sulla illegittimità della

corresponsione all'avvocato dello Stato, consulente in via breve dell'a zienda dei monopoli di Stato, dei premi speciali previsti per il personale dipendente dall'art. 7 1. 3 luglio 1970 n. 483, modificato dall'art. 2 1. 27 dicembre 1973 n. 851; sez. contr. Stato 21 aprile 1977, n. 767, id., Rep. 1978, voce Avvocatura dello Stato, n. 10, sulla illegittimità della

corresponsione all'avvocato dello Stato distaccato presso l'azienda ferro vie dello Stato della corresponsione dei premi eccezionali di cui all'art. 70 1. 11 febbraio 1970 n. 34.

Con riferimento alle altre categorie di funzionari pubblici (magistrati, dirigenti, ecc.) il principio della onnicomprensività delle retribuzioni dei

dipendenti pubblici è stato sempre ritenuto inapplicabile in riferimento ad attività che «consista in mansioni cui il dipendente possa sottrarsi per ché non rientranti fra i normali e dovuti compiti d'ufficio» (Cons. Stato, sez. V, 4 luglio 1986, n. 341, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 798); non sia riconducibile all'esplicazione di funzioni tipiche e poteri inscindibilmente connessi con la qualifica e l'ufficio ricoperti, ma consi sta in mansioni non rientranti fra i doveri d'ufficio (Cons. Stato, sez.

VI, 5 marzo 1986, n. 213, ibid., n. 800; v. anche sez. VI 28 ottobre

1986, n. 826, ibid., n. 799; T.A.R. Piemonte, sez. II, 28 luglio 1984, n. 210, id., Rep. 1985, voce cit., n. 690); sia «resa ... su designazione intuitu personae e non ratione officii» (Corte conti, sez. contr., 18 aprile 1985, n. 1547, ibid., n. 805); esuli «dalle ordinarie mansioni di ufficio, vengono espletate fuori dell'orario di ufficio e rappresentano l'adempi mento di un diverso incarico conferito dall'amministrazione» (Cons. Sta to, sez. Ili, 1° giugno 1982, n. 595/81, id., Rep. 1984, voce cit., n. 736); e ciò al fine di non penalizzare «il dipendente sotto il profilo economico, ma soltanto in termini di compatibilità o meno di dette attività col pecu liare status del soggetto» (Cons. Stato, sez. VI, 5 agosto 1985, n. 428, id., Rep. 1985, voce cit., n. 329) ed «in base al generale principio della remunerabilità di ogni prestazione» (Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 1981, n. 225, id., Rep. 1981, voce cit., n. 671).

Per ogni altro riferimento sul principio della «onnicomprensività» della retribuzione, nel pubblico impiego, v. Corte conti, sez. II, 15 luglio 1985, n. 142, id., 1986, III, 271, con nota di L. Verrienti; sez. contr. Stato 9 aprile 1981, n. 1143, id., 1982, III, 423; 15 dicembre 1977, n. 838, id., 1979, III, 176, con note di richiami; nel lavoro privato, in prima approssimazione, Cass. 13 febbraio 1984, n. 1081 ed altre, id., 1984, I, 677, con nota di M. De Luca.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

I

Premesso: L'amministrazione riferente evidenzia — anzitutto — che all'origine dell'odierna consultazione stanno le perplessità

ingenerate dai quesiti posti da varie università degli studi — in

relazione anche ai rilievi mossi dai rispettivi collegi di revisione — circa la legittimità dell'erogazione, a carico dei propri bilanci, di compensi fissi annui nei confronti di avvocati dello Stato che

svolgono in via continuativa attività di consulenza giuridico-legale a favore delle stesse università.

Per altri utili riferimenti, si vedano, sulla legittimità della corresponsio ne dei compensi per lo svolgimento delle funzioni arbitrali da parte dei

magistrati e degli avvocati dello Stato: Corte cost. 22 aprile 1985, n. 116, id., 1985, I, 2149, con nota redazionale; sulla disciplina della attività

libero-professionale espletata da dipendenti pubblici: R. Cavallo Perin,

Dipendenti pubblici, libera professione e commissario straordinario, nota a Corte conti, sez. contr., 5 dicembre 1985, n. 1607, e T.A.R. Campania 23 gennaio 1986, n. 53, id., 1987, III, 28, cui adde\ sulla influenza sul

giudizio di responsabilità della Corte dei conti, per l'illegittima corre

sponsione di compensi a pubblico dipendente, della dichiarazione di legit timità della relativa delibera da parte del guidice amministrativo, Corte

conti, sez. I, 10 luglio 1985, n. 163, ibid., 293, con nota di richiami; sulla determinazione della disciplina regolante i contratti di collaborazio ne con gli enti lirici dei docenti dei conservatori musicali, Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 1986, n. 808, id., Rep. 1986, voce Istruzione pubblica, n. 184; sez. II 12 novembre 1986, n. 2122 e 18 dicembre 1985, n. 2279, entrambi inediti, nonché le circolari del ministero della pubblica istruzio ne n. 20167 del 9 agosto 1986 e n. 2000 del 26 gennaio 1982; sulla distin zione fra attività commerciale e attività professionale, T.A.R. Sicilia, sez.

Catania, sez. I, 16 agosto 1986, n. 759, id., 1987, III, 558, con nota di richiami; sulla instaurazione di rapporti di lavoro di tipo professiona le, senza concorso, nella p.a., v. A. De Felice, L'assunzione senza con corso nel settore pubblico, in Riv. it. dir. lav., 1986, I, 600.

II. - La determinazione della Corte dei conti in epigrafe, a differenza

delle altre (citate nella nota di richiami che precede) che avevano ritenuto la illegittimità della corresponsione all'avvocato dello Stato di indennità

speciali riservate a particolari categorie di funzionari pubblici, per la pri ma volta si pronunzia negativamente sulla legittimità della corresponsio ne di un compenso ad hoc per l'attività di consulenza in via breve prestata al di fuori delle funzioni istituzionali ed obbligatorie, con ciò contraddi

cendo al surriferito costante orientamento della stessa corte (oltre che

del giudice amministrativo) in tema di limiti all'applicabilità del principio di «onnicomprensività» della retribuzione del pubblico dipendente (cfr. le citate decisioni 1547/85, 1143/81, 1026/79, 838/77) ed introducendo

l'inedito principio della non retribuibilità delle prestazioni fornite in as

senza di un preciso obbligo di legge (queste ultime, peraltro, essendo sod

disfatte nell'ambito della retribuzione «onnicomprensiva»), anche se

nell'interesse della p.a. (che verrebbe, cosi, a risparmiare la retribuzione

del consulente avvocato dello Stato o magistrato — mentre il consulente

esterno dovrebbe certamente essere compensato — e venendosi inevitabil

mente a trovare in una situazione di arricchimento indebito a danno dei

primi). III. - Sul punto, il parere del Consiglio di Stato 1/80, cui si è unifor

mato lo stesso consiglio nel parere in epigrafe e che la Corte dei conti

espressamente ritiene di non poter condividere, aveva adottato principi

più rispettosi dei dettati costituzionali nell'interpretare l'art. 17 1. 2 aprile 1979 n. 97; si legge nella citata consultazione rimasta inedita: «. . . il

principio di onnicomprensività da essa (norma) sancito non ha carattere

generale ed assoluto ma è subordinato, nella sua operatività, alla sussi

stenza di taluni presupposti che sono espressamente previsti dalla disposi zione stessa e di cui l'interprete deve tenere debitamente conto . . .».

«. . . va richiamato l'orientamento, già più volte espresso da questo

consiglio, secondo cui esorbitano dai compiti istituzionali le attività che

non rivestono i caratteri propri di quelli e che non sono soggette al relati

vo regime giuridico ...»

«. . . della nuova disposizione che regola la materia . . . deve darsi una

interpretazione tale da . . . escludere qualsiasi contrasto con disposizioni

costituzionali, quali quelle degli art. 3 e 36, e che valga altresì' a soddisfa

re rilevanti esigenze di carattere pratico . . . non può, infatti, discono

scersi che, allorché si è in presenza di prestazioni di lavoro aggiuntivo, che non costituiscono una mera estensione (o dilatazione fisiologica) dei

compiti di istituto, ma sono svolte al di fuori di tali compiti, con l'assun

zione di autonome responsabilità personali del soggetto, in tali casi una

interpretazione della disposizione concernente l'onnicomprensività che im

portasse l'esclusione del compenso varrebbe a rendere configurabile un

contrasto con l'art. 36 Cost. . . . infatti, può dirsi certo e costituzional

mente garantito il diritto dell'impiegato ad essere retribuito per le presta

zioni, cioè, che eccedono l'oggetto proprio del rapporto d'impiego e non

trovano corrispettivo né nello stipendio ... né nelle indennità accesso

rie .. . Inoltre l'interpretazione della disposizione in esame deve essere

Il Foro Italiano — 1988.

L'amministrazione riferente osserva, in proposito, che del com

plesso delle disposizioni intervenute in ordine di tempo a precisa re le attribuzioni dell'avvocatura dello Stato — e particolarmente dal confronto degli art. 13, 41 e 47 t.u. 30 ottobre 1933 n. 1611

con l'art. 11 1. 3 aprile 1979 n. 103 — emergerebbe che l'attività

di consulenza richiesta in via continuativa dagli atenei agli avvo

cati dello Stato, dovendosi ritenere compresa nel novero dei com

piti istituzionali degli stessi avvocati, non dovrebbe dar luogo ad

alcuna forma di compenso a carico dei bilanci universitari.

tale da escludere qualsiasi contrasto con l'art. 3 Cost.; infatti . . . non

sarebbe ammissibile alcuna diversità di trattamento tale da diversificare

ingiustificatamente il trattamento tra il personale di magistratura e gli altri dipendenti dello Stato (e, in particolare, i dirigenti) per i quali si è ormai consolidata . . . una applicazione non indiscriminata ed assoluta del principio di onnicomprensività. Quanto all'altro aspetto, non va tras curato l'interesse dello Stato ad un efficiente espletamento di attività che,

pur non rientrando fra i compiti istituzionali dei magistrati, presentano aspetti di complessità e delicatezza che ne rendono indispensabile l'eserci zio da parte di soggetto di riconosciuta probità, capacità ed esperienza. Ed è agevole prevedere che, qualora si affermasse la gratuità di tali attivi

tà, diverrebbe quanto mai difficile reperire soggetti disposti a sobbarcarsi

gratuitamente al maggior lavoro ed alle rilevanti responsabilità derivanti dal loro espletamento».

11 Consiglio di Stato, nello stesso parere 1/80, conclude affermando che questi principi non sono venuti meno con la emanazione della 1. 97/79 ma che hanno trovato una ancor più lata applicazione, con estensione anche ai casi espressamente menzionati dall'art. 17 della stessa legge, lad dove si prevede che il principio di onnicomprensività non debba operare per le diverse ipotesi espressamente ivi elencate e per «ogni altro incarico

per il quale la partecipazione è prevista dalla legge come obbligatoria» (art. 17, 2° comma). Anche in riferimento a quest'ultima ipotesi, il Con

siglio di Stato ribadisce che «l'esposta interpretazione delle disposizioni concernenti l'onnicomprensività è la sola che, in armonia con i rilievi di ordine generale già esposti, da un lato attui il soddisfacimento di esi

genze concrete e, dall'altro, possa considerarsi coerente con le norme ed i principi costituzionali che vengono in rilievo nella presente materia»; e che «diversamente opinando, alla soppressione di un diritto connesso ad una prestazione lecitamente (in quanto lavoro) e legittimamente (in quanto autorizzata) resa corrisponderebbe un indebito arricchimento non solo dei soggetti pubblici (Stato ed enti pubblici) ma persino dei soggetti privati (società a partecipazione pubblica) beneficiari della prestazione e si attuerebbe, perciò, un trasferimento di ricchezza che non ha prece denti nella nostra legislazione e che difficilmente sarebbe compatibile con

l'ordinamento, che può ammettere — ove ne ricorrano idonei motivi giu stificativi — divieti di prestazioni di lavoro da parte di determinati sog getti, ma in nessun caso può porre divieti di compenso per attività

lecitamente prestate». IV. - Con riferimento alla decisione della Corte dei conti è da segnalare

la particolare normativa regolante la prestazione di incarichi e consulenze

da parte degli avvocati dello Stato, secondo l'art. 3 r.d. 13 gennaio 1941

n. 120, cosi come modificato ed integrato dall'art. 1 d.lgt. 8 marzo 1945

n. 102 e dall'art. 20 I. 3 aprile 1979 n. 103.

Da questa normativa si evincerebbe che agli avvocati dello Stato possa no essere affidati «uffici, incarichi speciali o missioni» (1° comma del

l'art. 3 r.d. 120/41, cosi come sostituito dall'art. 1 d. lgt. 102/45) e compiti di «collaborazione ... di natura giuridica in via continuativa» (6° com

ma dell'art. 3 cit., come integrato dall'art. 20 1. 103/79), sia presso le amministrazioni centrali e i gabinetti e uffici legislativi dei ministeri sia

presso gli altri enti pubblici dei quali l'avvocatura dello Stato possa assu

mere il patrocinio ai sensi dell'art. 43 t.u. 1611/33, al di fuori delle loro

funzioni istituzionali ed obbligatorie (infatti, è necessario il «loro consen

so» e la non interferenza con «il regolare e continuo esercizio delle fun

zioni di avvocato dello Stato»: cfr. 1° comma dell'art. 3 cit.). L'unico limite posto alla assunzione di tali incarichi è la compatibilità

con le funzioni istituzionali (accertata all'atto della concessione della ne

cessaria autorizzazione da parte dell'avvocato generale dello Stato), do

vendo altrimenti l'avvocato essere collocato fuori ruolo.

Questa particolare disciplina comporterebbe,.non solo, la piena legitti mità del conferimento di quegli incarichi, ma, anche, la loro retribuibili

tà, sia in costanza di servizio sia — ed a maggior ragione — in caso

di collocamento fuori ruolo, nessun divieto di remunerazione essendo im

posto dalle norme e nessuna distinzione essendo operata fra gli incarichi

infra annuali e quelli ultra annuali e fra quelli compatibili e quelli incom

patibili con i doveri d'ufficio (questi ultimi, ripetesi, da retribuire secon

do i parametri dettati dall'art. 36 Cost., in quanto comportano il

collocamento fuori ruolo del dipendente). V. - La disciplina speciale in esame è stata confermata dall'art. 20

1. 3 aprile 1979 n. 103, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, n. 99 del 9

aprile 1979, cioè dopo la I. 2 aprile 1979 n. 97, pubblicata nella Gazzetta

ufficiale n. 97 del 6 aprile 1979. Pertanto, anche sotto il profilo della

successione delle leggi, oltre che dalla loro specialità, si dovrebbe ritenere

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PARTE TERZA

Peraltro, da parte dell'avvocatura generale dello Stato, cui il

ministero ha sottoposto la questione, è stato rilevato che il parti colare rapporto di consulenza che può instaurarsi tra università

ed avvocato dello Stato, ai sensi dell'art. 20 1. 103/79, va distinto

dal rapporto di consulenza giuridico-legale intercorrente tra la stes

sa avvocatura e le amministrazioni dello Stato o gli enti di cui

assume il patrocinio. Trattandosi, quindi, di incarico personale discrezionalmente conferito ad avvocato dello Stato, a ciò auto

rizzato, le relative modalità e condizioni non possono che essere

regolate direttamente dalle due parti interessate.

L'amministrazione ricorda, peraltro, che sull'ammissibilità di

un autonomo compenso, nel caso dell'attività di consulenza pre stata individualmente dagli avvocati dello Stato, ai sensi dell'art.

20, 2° comma, 1. 3 aprile 1979 n. 103 si è positivamente pronun ciata con parere n. 1/80 in data 26 marzo 1980 la commissione

speciale del Consiglio di Stato, ritenuto il carattere non istituzio

nale dell'incarico, quale risulta dalla possibilità del collocamento

fuori ruolo per il relativo espletamento, prevista dal 3° comma

del citato articolo.

Considerato: L'art. 56 t.u. delle leggi sull'istruzione superiore,

approvato con r.d. 31 agosto 1933 n. 1592, prevede che le univer

che la regolamentazione della assunzione di incarichi extra istituzionali da parte degli avvocati dello Stato sia svincolata dal principio di onni

comprensività dettato dall'art. 17 1. 97/79, anche qualora interpretato restrittivamente secondo la determinazione della Corte conti 1879/86 in

epigrafe. L'autonomia della disciplina degli incarichi de quibus comporterebbe

l'ulteriore corollario della inapplicabilità delle disposizioni contrastanti con quelle dettate dalla richiamata normativa e che siano contenute in

leggi speciali anteriori o in testi di legge di carattere generale, cioè —

ad esempio — delle limitazioni imposte dall'art. 152 d.p.r. 1077/78 (ri chiamato nel parere del Consiglio di Stato in epigrafe) e dall'art. 380

d.p.r. 3/57 (dal primo modificato): le citate norme prevedono, infatti, che gli incarichi speciali conferiti «a professori universitari ed a membri

degli organi consultivi istituiti presso le amministrazioni centrali», non ché ad «estranei alle amministrazioni dello Stato», devono essere «a tem

po determinato», «non possono superare l'anno finanziario e possono essere rinnovati per non più di due volte» e non possono essere cumulati nello stesso esercizio finanziario; la normativa speciale ex art. 20 1. 103/79, lungi dal richiamare quelle limitazioni, esplicitamente le esclude, laddove — ripetesi — impone l'unica condizione della compatibilità degli «uffici, incarichi speciali o missioni» con il «regolare e continuo esercizio delle funzioni di avvocato dello Stato» (al fine di dedurre, peraltro, non la

illegittimità degli incarichi incompatibili ma la necessità del collocamento fuori ruolo dell'avvocato) e prevede testualmente la collaborazione degli avvocati dello Stato «per compiti di natura giuridica in via continuativa e per una durata superiore ad un anno» (cioè per compiti diversi da quelli contemplati dall'art. 380 t.u. 3/57 e dall'art. 17 1. 97/79).

VI. - Nella «legge finanziaria», attualmente in discussione in parlamen to, è stato inserito l'art. 27 d.d.l. senato n. 470-B, che cosi recita:

Art. 27. — 1. Le somme extrastipendio dovute ai dipendenti delle am ministrazioni statali, regionali e locali, ivi comprese le università, le aziende autonome e municipalizzate, gli enti pubblici statali e regionali, gli organi giudiziari e costituzionali, a titolo di compenso per arbitrati, partecipa zione a commissioni di collaudo di opere pubbliche, partecipazione a com missioni di concorso e, nei casi in cui la legge preveda l'incompatibilità del rapporto di lavoro con prestazioni professionali, per ogni altro incari co, debbono essere versate da coloro che sono tenuti ad erogarle diretta mente in conto entrate del tesoro, ovvero dell'ente, amministrazione o azienda di appartenenza che provvede a riversarne il 20% agli interessati.

Degli avvenuti versamenti è data di volta in volta comunicazione all'uffi cio di appartenenza del pubblico dipendente interessato.

2. Dalle somme di cui al precedente comma sono esclusi i rimborsi

spese documentati ai sensi della normativa vigente e i compensi ricevuti a titolo di diritti di autore.

3. Restano ferme tutte le disposizioni relative a divieti, limiti e autoriz zazioni prescritti dalla legge per l'assunzione di incarichi da parte di sog getti appartenenti a particolari categorie di dipendenti pubblici.

4. Sono vietate tutte le autorizzazioni ai magistrati ordinari, della Cor te dei conti, del Consiglio di Stato, e dell'avvocatura generale dello Stato, a prestare la loro collaborazione, a qualsiasi titolo, presso amministrazio ni pubbliche al di fuori dei casi previsti dalle leggi vigenti che disciplinano il fuori ruolo.

5. Ferme restando le responsabilità civili, penali e amministrative se condo la disciplina vigente, il pubblico dipendente che percepisce com

pensi di qualsiasi natura in violazione del disposto di cui al comma 1 decade dall'impiego.

6. Chi eroga compensi a prestanomi o società al fine di eludere il divie to di cui al comma 1 è punito, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con le medesime pene previste dall'art. 640, 2° comma, c.p. Le stesse pene si applicano a chi comunque ne trae profitto. [G. Albenzio)

Il Foro Italiano — 1988.

sità e gli istituti superiori possono essere rappresentati e difesi

in giudizio dall'avvocatura dello Stato nei gudizi attivi e passivi avanti l'autorità giudiziaria i collegi arbitrari e le giurisdizioni amministrative.

Da tale disposizione, correlata con quella contenuta nell'art.

43 t.u. 30 ottobre 1933 n. 1611, sulla rappresentanza in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'avvocatura dello Stato, inte

grato dall'art. 11 1. 3 aprile 1979 n. 103, deriva che la rappresen tanza e la difesa in giudizio delle università vengono assunte

dall'avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, salva l'i

potesi di conflitto di interessi con lo Stato o con le regioni. A parte quest'ultima ipotesi, ove le amministrazioni degli ate

nei ritengano, in casi speciali, di non avvalersi dell'avvocatura,

debbono adottare apposita, motivata delibera da sottoporre agli

organi di vigilanza. Le citate disposizioni, che hanno tratto alla rappresentanza,

al patrocinio e all'assistenza in giudizio comportano — com'è

ben rilevato dall'amministrazione riferente — che le università

hanno il potere-dovere di avvalersi dell'avvocatura dello Stato,

cui spetta istituzionalmente di prestare la propria opera nei loro

confronti, tant'è che solo eccezionalmente è prevista la possibilità del ricorso ad avvocati del libero foro.

Per quanto concerne le prestazioni di consulenza legale, l'art.

47 t.u. n. 1611 del 1933 attribuisce all'avvocatura dello Stato l'ul

teriore compito di dare pareri, ove ne venga richiesta, agli enti

dei quali assume la rappresentanza e difesa in giudizio.

Ora, è in relazione all'inquadramento dell'attività consultiva

nel novero delle attribuzioni istituzionali dell'avvocatura che l'am

ministrazione riferente dubita che l'attività di collaborazione ri

chiesta in via continuativa dagli atenei agli avvocati dello Stato, ai sensi dell'art. 20 1. 103/79, possa dar luogo a qualsivoglia for

ma di compenso a carico dei bilanci universitari.

E proprio in ciò risiede l'essenza del quesito. Il problema, cosi posto, induce a considerare la soluzione cui

è giunta nel parere n. 1/80 reso in data 26 marzo 1980 la com

missione speciale del Consiglio di Stato, nel punto in cui ha espres samente ammesso la legittimità della corresponsione di compensi

agli avvocati dello Stato chiamati a prestare attività di diretta

collaborazione, in base al citato art. 20, non ritenendo nella fatti

specie configurabile l'esercizio di mansioni istituzionalmente pro

prie dell'avvocatura, come del resto confermato dal 3° comma

dello stesso articolo in cui è prevista, per l'assolvimento dell'inca

rico in questione (se superiore ad un anno), la possibilità del col

locamento fuori ruolo.

La sezione non ritiene di ravvisare, allo stato, motivi di diver

genza dal richiamato parere, pur dovendo aggiungere, in relazio

ne allo specifico oggetto del quesito, qualche precisazione.

Va, anzitutto, rilevato che l'attività di diretta collaborazione

prevista dalla già citata disposizione della legge del 1979 non può essere in alcun modo assimilata a quella consultiva istituzional

mente attribuita all'avvocatura dello Stato: essa, infatti, riguarda

l'espletamento di «compiti di natura giuridica in via continuati

va»; ciò che la caratterizza e distingue sia per il contenuto che

per le modalità della prestazione. Sotto il profilo del contenuto, si atteggia diversamente dalle

«consultazioni legali» di cui all'art. 13 t.u. n. 1611 del 1933 che, secondo l'esemplificazione espressa dalla stessa norma, sono in

confondibilmente finalizzate a definire, dirimere o prevenire con

troversie. I compiti di natura giuridica, di cui all'art. 20 1. n.

103 del 1979, riguardano potenzialmente, invece, tutto il com

plesso e tutte le fasi dell'attività dell'amministrazione statale presso la quale l'avvocato dello Stato è chiamato a collaborare.

La richiesta della loro attivazione non è formulata di volta in

volta all'organo consultivo nella sua complessività, in relazione

all'insorgere di determinate evenienze, ma viene espressa dall'am

ministrazione interessata, sulla base delle esigenze funzionali che

ne costituiscono il fondamento, ai fini dell'acquisizione non oc

casionale del supporto di un'esperienza specificamente individua ta in quella dell'avvocato dello Stato cui si ritiene di conferire

l'apposito incarico.

Tale attività collaborativa a compiti di natura giuridica, espres samente riconosciuta dalla ripetuta disposizione legislativa, con sente quindi di ravvisare un'ampiezza e un ambito di incidenza che la distingue da quella consultiva il cui svolgimento è attribui to in via istituzionale all'avvocatura dello Stato.

Ulteriore connotazione del rapporto collaborativo direttamente

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

instaurato per il disimpegno di compiti di natura giuridica è data

dal fatto che laddove il rappresentante dell'avvocatura chiamato

a rendere tale attività presso l'amministrazione interessata — nel

la specie, quella universitaria — non sia stato collocato fuori ruo

lo, egli può svolgerla soltanto in tempi che escludano interferenze

con i propri doveri istituzionali, ossia la svolga al di fuori ed

in aggiunta ai propri doveri.

I profili ora indicati (ampiezza del contenuto dell'attività, con

dizioni del suo svolgimento) giustificano, da una parte, per l'am

ministrazione che si avvantaggia di una prestazione collaborativa — ammessa ma non imposta dalla legge — e dall'altra, per l'in

carico dell'attività, che svolge compiti diversi ed aggiuntivi rispet to a quelli d'istituto, la rispettiva erogazione e percezione di un

compenso. In tali sensi, è da tener presente, oltre il parere della commis

sione speciale n. 1/80, citato dall'amministrazione riferente, la

decisione n. 54 del 6 novembre 1978 emessa dalla sezione IV (ree

tius, comm. spec., Foro it., Rep. 1981, voce Avvocatura dello

Stato, n. 11).

Tuttavia, stanti le perplessità manifestate dall'amministrazio

ne, va ulteriormente chiarito quanto segue. Nel far luogo al conferimento dell'incarico di collaborazione

di cui trattasi, l'amministrazione universitaria non può ritenersi

svincolata dalle regole dettate in materia di conferimento di inca

richi speciali da parte delle amministrazioni statali a personale ad esse estraneo.

Occorre, quindi, tener presente quanto stabilito dall'art. 380

t.u. 20 gennaio 1957 n. 3, nel testo sostituito dall'art. 152 d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077, circa la determinazione della durata

e i limiti di rinnovo dell'incarico, il divieto di cumulo dello stesso

con altri incarichi analoghi da parte dell'investito, la quantifica zione del compenso che va operata al termine dell'incarico in re

lazione al lavoro eseguito (entro il limite di importo prefissato all'inizio del rapporto).

È ovvio che, in ogni caso, l'amministrazione interessata è preli minarmente tenuta a verificare se non possa sopperire con il per sonale a disposizione al disimpegno di compiti diversi da quelli ordinariamente rientranti nel servizio d'istituto o se, nell'ipotesi di ricorso a personale estraneo, non possa avvalersi della collabo

razione di altre categorie di esperti in materie giuridico amministrative.

II

Diritto. — 1. - La sezione è chiamata ad esaminare se la perce

zione dello speciale compenso di lire trenta milioni annue, deter

minato quale corrispettivo dell'incarico di consulenza legale in

via breve, conferito ad un vice avvocato generale dello Stato,

con le deliberazioni sopra indicate, contrasti con il principio di

onnicomprensività sancito dall'art. 17 1. 2 aprile 1979 n. 97.

Dal combinato disposto del 1° e 2° comma del citato art. 17

(che fa divieto al personale di magistratura e dell'avvocatura del

lo Stato di percepire indennità, proventi o compensi per presta zioni in favore della p.a., di enti pubblici o di società a

partecipazione statale, salvo che si tratti di incarichi per i quali

la partecipazione è prevista dalla legge come obbligatoria) si rica

va il principio che tutte le prestazioni di qualsiasi natura effettua

te dal predetto personale nell'ambito del settore pubblico, salvo

che attengano ad incarichi obbligatori per legge, trovano il loro

corrispettivo nel trattamento economico principale, in tale senso

qualificato come «onnicomprensivo». Cosi intesa, la disposizione contempla la configurazione di pre

stazioni effettuate da magistrati o avvocati dello Stato nell'ambi

to del settore pubblico, senza esservi obbligati per legge, non

remunerabili autonomamente, in quanto già trovano remunera

zione nel trattamento economico principale onnicomprensivo.

Con riferimento a siffatte prestazioni, pertanto, è opportuno

sgombrare subito il campo dell'indagine da ogni preoccupazione

di contrasto della disposizione con gli art. 3 e 36 Cost., conside

rato che la fissazione da parte del legislatore di un trattamento

economico determinato per definizione («onnicomprensivo») in

misura tale da coprire non solo le prestazioni strettamente istitu

zionali, ma anche tutte quelle comunque effettuate nell'ambito

del settore pubblico (salvo le esclusioni di legge) deve ritenersi

rispettosa del rapporto, costituzionalmente garantito, tra lavoro

e retribuzione.

Dovrebbe, semmai, ritenersi in contrasto col principio costitu

Il Foro Italiano — 1988.

zionale di uguaglianza, la percezione, da parte del predetto per

sonale, degli stessi compensi speciali corrisposti, per prestazioni

analoghe, a personale non fruente di trattamento economico on

nicompresivo. Sotto tale profilo non può essere condiviso il criterio interpre

tativo al riguardo seguito dal Consiglio di Stato, commissione

speciale del 26 marzo 1980, sez. I, 1663/79 e 1/80 (v. punto 5

del parere). 2. - Siffatta configurazione del principio di onnicomprensività

sancito dal citato art. 17 1. n. 97 del 1979 pone fuori dell'econo

mia della presente indagine l'accertamento della natura istituzio

nale o meno delle funzioni connesse all'incarico di cui trattasi, considerato che il divieto di retribuzione, salvo le esclusioni di

legge, colpisce indifferentemente tanto le funzioni istituzionali che

quelle non istituzionali, ponendo la sola condizione che si tratti

di prestazioni effettuate nell'ambito del settore pubblico come de

limitato dalla norma.

Può affermarsi, anzi, che il valore autonomo del principio nor

mativo espresso dal citato art. 17 consiste proprio nell'estensione

del divieto di retribuzione alle prestazioni non istituzionali, consi

derato che la non retribuibilità, fuori del trattamento economico

principale, delle attività istituzionali discende direttamente dalle

norme comuni di trattamento economico, e non necessita di una

apposita enunciazione normativa.

Non possono, pertanto, considerarsi rilevanti, a favore della

tesi della remunerabilità dell'incarico, le argomentazioni sul ca

rattere non istituzionale dell'attività connessa all'incarico, espo ste nella nota del ministero dei trasporti.

3. - Il thema decidendum si restringe, pertanto, allo stabilire

se l'incarico di cui trattasi possa farsi rientrare fra quelli per i

quali «la partecipazione è prevista dalla legge come obbligatoria». Il presidente dell'azienda, nella memoria illustrativa citata, ha

ritenuto di individuare nella disposizione di cui all'art. 47 t.u.

approvato con r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 il fondamento nor

mativo per l'applicabilità al caso di specie dell'esclusione dal prin

cipio di onnicomprensività dell'incarico di cui trattasi.

L'argomentazione è viziata da intrinseca contraddittorietà.

Da un lato si sostiene che l'obbligatorietà dell'attività di consu

lenza dovuta ai sensi della citata disposizione deriva dal suo ca

rattere istituzionale siccome connessa all'obbligo di patrocinio in

via organica ed esclusiva, dall'altro si afferma che, nella specie, si tratta di prestazioni che «trascendono, anche per le modalità

in cui vengono rese, l'obbligo fatto dalla legge all'avvocatura del

lo Stato di fornire i pareri di cui sopra è cenno», negando, in

tal modo, che l'attività svolta in esecuzione dell'incarico rientri

tra quelle previste dalla legge come obbligatorie. Né vale a confortare la tesi dell'azienda il richiamo fatto al

parere del Consiglio di Stato, n. 1289/72, sez. II, commissione

speciale n. 29 del 12 giugno 1974, il quale, reso sotto il vigore dell'art. 2 d.p.r. n. 1080 del 1970, correttamente riteneva, sulla

base di tale disposizione, retribuibili le prestazioni consentite dal

le norme vigenti, le quali non costituiscano esplicazione delle fun

zioni proprie dell'ordine o istituto di appartenenza. 4. - Conclusivamente deve affermarsi che non si rinviene nel

l'ordinamento una norma che renda obbligatoria, per il gli avvo

cati dello Stato, fuori delle funzioni istituzionali dell'avvocatura,

la prestazione, in via breve e continuativa, di attività di consulen

za legale. Il carattere eccezionale e tassativo delle esclusioni dal principio

di onnicomprensività previste dal 2° comma dell'art. 17 1. n. 97

del 1979, non consente una interpretazione estensiva della nor

ma, cosicché, dovendosi, nella specie, ritenere facoltativa, per l'av

vocato dello Stato, l'accettazione dell'incarico, è da escludere la

sua retribuibilità.

Al divieto di percepire il compenso da parte del soggetto inca

ricato, corrisponde il divieto, a carico dell'azienda, di erogare

il compenso stesso, con la conseguenza della non conformità a

legge, per contrasto con il citato art. 17 1. n. 97 del 1979, delle

deliberazioni consiliari prese in esame.

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