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sezione II; sentenza 15 aprile 1988, n. 105; Pres. Di Giulio, Est. Romeo; «Italia nostra», sezionedi Varese, e altri (Avv. Benzoni, Crugnola) c. Regione Lombardia (Avv. dello Stato Provenzali),e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1989),pp. 33/34-37/38Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182831 .
Accessed: 28/06/2014 09:21
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione II; sentenza 15 aprile 1988, n. 105; Pres.
Di Giulio, Est. Romeo; «Italia nostra», sezione di Varese, e
altri (Avv. Benzoni, Crugnola) c. Regione Lombardia (Avv. dello Stato Provenzali), e altri.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione II; sentenza 15 aprile 1988, n. 105; Pres.
Giustizia amministrativa — Ricorso — Difetto di legittimazione — Ratifica da parte di soggetto legittimato — Inammissibilità
(Cod. proc. civ., art. 125; r.d. 17 agosto 1907 n. 642, regola mento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, art. 6). Ambiente (tutela dell') — Provvedimenti in materia di smalti
mento di rifiuti urbani — Ricorsi — Legittimazione (L. 8 lu
glio 1986 n. 349, istituzione del ministero dell'ambiente e norme
in materia di danno ambientale, art. 18).
È inammissibile il ricorso proposto da soggetto non legittimato, anche se successivamente il suo operato sia stato ratificato dal
soggetto legittimato. (1) È inammissibile il ricorso contro il provvedimento in materia di
smaltimento di rifiuti urbani, che sia stato promosso dalle arti
colazioni locali di «Italia nostra» e della Lega per l'ambiente, in quanto non risulta che le tavole statutarie abbiano attribuito
loro il potere di agire in giudizio in nome e per conto delle
associazioni nazionali di appartenenza pure in difetto di appo sito mandato. (2)
È ammissibile il ricorso contro il provvedimento in materia di
smaltimento di rifiuti urbani, che sia stato proposto da residen
ti nel territorio interessato dal provvedimento stesso. (3)
(1-2) La sentenza fa il punto sulla giustiziabilità degli interessi superin dividuali relativi alla protezione dell'ambiente, alla luce dell'art. 18 1. 8
luglio 1986 n. 349. A questo riguardo, la sentenza affronta la duplice problematica della legitimatio ad processum e della legitimatio ad causam
(c.d. legittimazione a ricorrere), affermando a chiare lettere la posizione
monopolistica occupata nel sistema della legge istitutiva del ministero del l'ambiente dalle c.d. associazioni nazionali riconosciute, nel solco, del
resto, di Corte cost. 28 maggio 1987, n. 210, Foro it., 1988, I, 329, con annotazione di F. Giampietro, la quale aveva ritenuto infondata la que stione di legittimità costituzionale degli art. 12, 1° comma, lett. e), 13
e 18 1. 8 luglio 1986 n. 349, nella parte in cui conferiscono solo alle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e/o quelle pre senti in almeno cinque regioni, da individuarsi con decreto del ministro
dell'ambiente, determinati poteri in materia di danno ambientale. In or
dine poi al problema specifico della c.d. legittimazione processuale —
o legitimatio ad processum — delle associazioni protezionistiche ricono
sciute, non si rinvengono precedenti editi sul caso di specie, anche se il problema sembra da risolvere sulla base dei principi generali, e facendo
soprattutto riferimento alle tavole statutarie dell'associazione ricorrente. Può essere utile, a questo proposito, consultare Tar Emilia-Romagna
19 dicembre 1986, n. 640, id., 1988, III, 52, con nota di richiami, ove,
pur non in riferimento alla legge istitutiva del ministero dell'ambiente, si ritiene ammissibile il ricorso giurisdizionale proposto da «Italia nostra»
per mezzo soltanto del suo presidente, anche in mancanza di deliberazio
ni autorizzative dell'assemblea dei soci o del consiglio nazionale.
(3) La sentenza in rassegna si iscrive, sotto questo profilo, nel consoli
dato filone giurisprudenziale per il quale vi è sempre la legittimazione a ricorrere vuoi dei singoli, vuoi dei soggetti esponenziali di interessi dif fusi la cui posizione soggettiva sia in qualche modo qualificata dal crite
rio fisico-spaziale della vicinitas, ossia dal radicamento territoriale del
ricorrente in relazione al bene della vita inciso dal provvedimento impu
gnato. In questo modo si aprono non solo spazi per una più estesa giusti ziabilità degli interessi superindividuali, almeno là dove ciò sia possibile, ma soprattutto si consente anche al singolo, spesso altrimenti escluso dal
processo, di far valere nel giudizio amministrativo un interesse legittimo
tipico e personale, ma intrecciato e connesso con un interesse superindivi duale (cfr. M. Nigro, Le due facce dell'interesse diffuso: ambiguità di
una formula e mediazioni della giurisprudenza, in Foro it., 1987, V, 7). In questo quadro, appare quasi superflua ogni citazione giurispruden
ziale, in quanto ogni riferimento non può avere che un valore meramente
orientativo ed indicativo. Cfr., tuttavia, per una prima ricognizione di
campo, fra le pronunzie più recenti: Cons. Stato, sez. IV, 16 giugno 1987, n. 361, id., 1988, III, 198, con ampia annotazione; 12 maggio 1987, n.
280, ibid., 202, con nota di richiami, in riferimento all'immediata impu
gnabilità dei piani regolatori generali aventi prescrizioni di natura inscin
dibile da parte di proprietari di aree site nel territorio comunale anche
indipendentemente dalla loro collocazione; Tar Lazio, sez. Ili, 7 febbraio
1987, n. 196, id., 1987, III, 247, in tema di provvedimenti autorizzatori
incidenti sulla circolazione stradale; Cons. Stato, sez. I, 1° febbraio 1985, n. 130/85, ibid., 435, con nota di richiami, in relazione all'impugnabilità dei provvedimenti aventi ad oggetto le modalità organizzative del servizio
di acqua potabile da parte di qualsiasi cittadino-utente.
Il Foro Italiano — 1989.
Diritto. — 1. - Con la presente impugnativa i ricorrenti — Ita
lia nostra, sezione di Varese, la Lega per l'ambiente per la pro vincia di Varese, i sig. Luciano Garbelli e Lino Borghi — chiedono
l'annullamento dell'ordinanza del presidente della regione Lom
bardia n. 11.15143 del 23 luglio 1987 avente ad oggetto: «Provve
dimento contingibile ed urgente per lo smaltimento dei rifiuti
urbani di Milano e del bacino di utenza n. 3a presso discariche
alternative. Integrazioni e modifiche alle ordinanze del presidente della giunta regionale n. 8717/10 del 26 maggio 1987 e n. 8847/11
del 29 maggio 1987».
2. - Le amministrazioni resistenti eccepiscono la carenza di le
gittimazione attiva dei ricorrenti e l'improcedibilità del gravame
per sopravvenuta carenza di interesse.
A sostegno della prima eccezione invocano l'art. 18, 5° com
ma, 1. 8 luglio 1986 n. 349, che ha riservato la legittimazione a ricorrere per l'annullamento di atti illegittimi alle associazioni
individuate ai sensi dell'art. 13 stessa legge, fra le quali figurano Italia nostra e la Lega ambiente (d.m. 20 febbraio 1987), con
esclusione quindi delle sezioni locali ovvero di organismi periferi ci privi di autonomia di tali associazioni. In ogni caso non è stata
fornita alcuna prova circa la qualità di soggetti legittimati a ri
correre, non essendo sufficiente il mero richiamo alla normativa
di cui alla 1. 349/86. Circa la legittimazione dei sig. Luciano Garbelli e Lino Borghi
si sostiene invece che, secondo l'indirizzo prevalente in giurispru
denza, «non esiste nell'attuale ordinamento giuridico la possibili tà di fare valere in giudizio situazioni soggettive di carattere diffuso
ossia insuscettibili di inerire ad un soggetto singolarmente consi
derato».
Con memoria depositata il 12 marzo 1988, i ricorrenti precisa no che, contestualmente al ricorso introduttivo, è stata deposita ta una procura notarile speciale con la quale il presidente a livello
nazionale della Lega per l'ambiente, «organo che rappresenta sta
tutariamente tale ente nei rapporti con i terzi ed in giudizio», ha non solo conferito un mandato ad agire, ma ha anche «ratifi
cato e fatto proprio l'operato del presidente dell'organismo di
coordinamento territoriale per la provincia di Varese che già ave
va sottoscritto la delega stesa a margine del ricorso introduttivo», sicché può fondatamente invocarsi nella specie l'applicazione ana
logica dell'art. 125 c.p.c., il quale consente il rilascio della procu ra al difensore successivamente alla notifica dell'atto introduttivo
e fino al momento della costituzione in giudizio che deve inten
dersi avvenuta con il deposito del ricorso.
Quanto ai sig. Borghi e Garbelli si sostiene la loro legittimazio ne in quanto gli stessi sono residenti nel comune di Gerenzano
e quindi ben possono agire uti singuli per la tutela del «bene
salute», leso o esposto ad un immediato pericolo di lesione dalla
discarica di Gerenzano, «organizzata e funzionante in evidente
violazione di specifiche norme di legge». D'altronde una inter
pretazione dell'art. 18 1. 349/86 che limitasse la legittimazione a ricorrere contro atti suscettibili di produrre un pregiudizio am
bientale alle sole associazioni di cui all'art. 13 della stessa legge, con esclusione dei singoli cittadini lesi o esposti al pericolo della
lesione del bene della salute, finirebbe per svilire la portata del
menzionato art. 18, con l'ulteriore conseguenza che questo po trebbe essere denunciato di incostituzionalità.
L'eccezione di carenza di legittimazione è fondata nei confron
ti di Italia nostra, sezione di Varese, e della Lega ambiente per la provincia di Varese.
Anzitutto va chiarito che il richiamo all'art. 125 c.p.c. è incon
ferente nella specie. A prescindere, infatti, dalla considerazione
che comunque la giurisprudenza ha costantemente ribadito l'esi
genza che, ai sensi dell'art. 6 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, la pro cura speciale sia anteriore alla notifica dell'atto introduttivo, i
ricorrenti pretendono che addirittura un soggetto diverso da quello che inizialmente ha conferito la procura e sottoscritto il ricorso,
possa «ratificare» l'operato di questi, facendo proprio a poste riori l'atto introduttivo del giudizio. L'ambito di operatività del
l'art. 125 c.p.c. è circoscritto alla situazione in cui il soggetto nel cui nome viene redatto l'atto introduttivo sia lo stesso che,
successivamente alla notifica di questo e prima del suo deposito, rilasci la procura al difensore.
L'eccezione dunque sollevata dalle amministrazioni resistenti
deve essere definita alla stregua della normativa di cui alla 1. 8
luglio 1986, da questa invocata.
Quest'ultima, nonostante la sua intitolazione — istituzione del
ministero dell'ambiente —, non rileva sotto il profilo organizza
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PARTE TERZA
torio, in quanto la struttura dello Stato-persona non si è arricchi
ta di un nuovo apparato cui sia stata affidata la cura di un nuovo
«interesse pubblico» da attuarsi attraverso l'esplicazione di un'at
tività amministrativa, quanto invece si caratterizza per la profon da innovazione nell'ordinamento e nella stessa forma-Stato, dovuta
alla istituzione di una nuova relazione giuridica che si esplicita ed esaurisce nelle finalità di cui al 2° comma dell'art. 1. Il legisla
tore, attraverso l'indicazione di valori per la prima volta «cosi
normativizzati», ha operato il riconoscimento formale dell'«am
biente», come «bene immateriale unitario sebbene a varie com
ponenti», realizzando in tal modo precetti costituzionali che
vogliono quest'ultimo in posizione primaria ed assoluta (cfr. Corte
cost. n. 641 del 30 dicembre 1987, Foro it., 1988, I, 694). Il bene
ambiente, di per sé non divisibile e la cui fruizione può essere
esclusiva del singolo senza che questi arrechi pregiudizio ad altri, non è ovviamente suscettivo di appartenenza propria. Esso è un
bene di tutti, appartiene alla collettività e ai singoli ed è quindi
oggetto di un diritto sociale per il quale l'ordinamento, con la
1. 349/86, riconosce l'efficacia diretta verso tutti i componenti la società e nei confronti delle amministrazioni pubbliche (statali e non) ed offre conseguentemente la garanzia giurisdizionale per le violazioni che questi possono arrecare. Proprio in relazione
alla natura sociale del diritto all'ambiente, che trascende la sfera
privata senza tuttavia afferire ad organi pubblici, il legislatore,
ripudiando il vecchio modello secondo il quale la cura dell'«inte
resse generale» appartiene alla persona-Stato, ha affidato la tute
la non ad un organo pubblico quale il procuratore generale della
Corte dei conti, ma a nuovi agenti sociali (Stato ed enti minori
omologati), secondo una logica che può specularmente essere vi
sta come dissoluzione del «pubblico» come categoria autonoma
statuale che confluisce nel dominio dei privati ovvero come «sta
tizzazione del sociale». È cosi che, ai sensi dell'art. 18, 5° com
ma, 1. 349/86, specifiche associazioni, originariamente autoinvestitesi del fine di tutelare l'ambiente, sono divenute tito
lari, assieme allo Stato, della nuova relazione giuridica, in quan to individuate in base all'art. 13 della stessa legge, con possibilità di azionare meccanismi processuali (ricorso avanti al giudice am
ministrativo e intervento nei giudizi per danno ambientale) per la difesa di un interesse che trascende la dimensione personale dei singoli ed è della collettività.
L'interesse diffuso in materia ambientale si è dunque inverato
nel diritto sociale all'ambiente e la sua «giustiziabilità» non in
contra più il limite invalicabile della «estraneità», dal momento
che è stato definitivamente sciolto il nodo centrale della legitti mazione. Esso viene in tal modo a costituire un nuovo limite
all'esercizio dell'azione amministrativa per la cura di interessi pub blici settoriali, configurandosi, secondo il classico schema dell'«in
teresse legittimo», come situazione legittimante per attivare il
controllo giudiziale della legittimità di atti che incidono sul bene
ambiente.
Una volta indivuate le associazioni monopolisticamente legitti mate ad agire, tra le quali figurano Italia nostra e la Lega am
biente (d.m. 20 febbraio 1987), la eccezione di carenza di
legittimazione delle «sezioni locali» ovvero di «organismi perife rici» deve essere perciò risolta alla stregua della struttura organiz zativa di queste come definita dalle tavole statutarie. Queste infatti
possono prevedere una articolazione territoriale con modalità tali
che il soggetto, posto al vertice della entità locale, possa agire in nome e per conto dell'associazione senza munirsi di apposito mandato.
Dagli atti del giudizio non risulta però che i soggetti che hanno
sottoscritto il ricorso abbiano agito in nome e per conto delle
rispettive associazioni nazionali (Italia nostra e Lega per l'am
biente), avendo conferito la procura al difensore nella loro speci fica qualità di rappresentanti delle associazioni locali. Una ulteriore
conferma che i sig. Armani e Albinati non abbiano agito per le associazioni nazionali, uniche legittimate ex lege, è data dal
successivo rilascio della procura speciale da parte del presidente della Lega per l'ambiente — «organo che statuariamente rappre senta tale ente nei rapporti con i terzi ed in giudizio» — con
la quale si è voluto «ratificare e fare proprio l'operato dell'orga nismo di coordinamento territoriale per la provincia di Varese
che già aveva sottoscritto il ricorso introduttivo».
La precisa formulazione, dunque, dell'art. 18 1. 349/86, che
conferisce la legittimazione attiva alle sole associazioni individua
te in base all'art. 13 della stessa, legge, esclude che le associazioni
locali, siccome tali, possano intraprendere — come avvenuto nel
1l Foro Italiano — 1989.
la specie — il procedimento giurisdizionale avanti al giudice am
ministrativo.
Quanto all'eccezione di carenza di legittimazione dei sig. Lu
ciano Garbelli e Lino Borghi, il collegio osserva che la stessa non
può essere definita con il richiamo del menzionato art. 18 1. 349/86,
il quale — sostiene la difesa dei ricorrenti — non può essere in
terpretato nel senso che il legislatore ha voluto limitare la legitti mazione ad impugnare atti della pubblica amministrazione
suscettibili di produrre un pregiudizio ambientale alle sole asso
ciazioni individuate in base all'art. 13. Si è già detto, invero, che la normativa di cui alla citata 1.
349/86 — di cui, sotto questo profilo, l'art. 18 appare la norma
cardine, la natura della quale, sostanziale o meramente proces
suale, non è necessario definire per la stretta connessione tra di
ritto e possibilità di agire in giudizio a tutela dello stesso — ha
introdotto una profonda innovazione sostanziale nell'ordinamen
to con il riconoscimento formale del bene ambiente, attribuendo
ne la titolarità assieme alla garanzia di esercizio in via diretta
ed esclusiva nei confronti di tutti, privati e non, allo Stato e a
soggetti ritenuti particolarmente qualificati. Il legislatore ha dun
que trasfigurato il «diffuso» (e a volte confuso) interesse ambien
tale nel diritto sociale all'ambiente, individuandolo nei soggetti che esso stesso ha indicato in coerenza con il contenuto sociale
di tale diritto, sicché risulta giustificata la scelta di limitare la
legittimazione per la tutela di un interesse che, in quanto superin
dividuale, appartiene alla collettività.
Se la configurazione autonoma ed indipendente dell'interesse
sociale all'ambiente porta quindi ad escludere la legittimazione dei singoli in base all'art. 18, non per questo la tutela del privato cittadino «che ha subito nocumento dal danno ambientale», si
esaurisce nella mera facoltà di denuncia di cui al più volte citato
art. 18, punto 4, con preclusione dell'accesso all'azione giurisdi zionale.
L'art. 18 non può essere interpretato, infatti, nel senso che
l'attribuzione monopolistica del potere di azione allo Stato e agli enti minori omologati per la tutela del diritto sociale all'ambien
te, abbia comportato l'espropriazione di forme concorrenti di tu
tela proprie del singolo, i cui diritti inviolabili sono a lui solo
costituzionalmente riconosciuti, sia «come singolo sia nelle for
mazioni sociali ove si svolge la sua personalità» (art. 2 Cost.). La legittimazione dei sig. Borghi e Garbelli va dunque accerta
ta «secondo la logica dell'ordinamento», alla cui stregua va veri
ficata la idoneità del loro interesse a sorreggere la legittimazione al presente gravame.
Ciò premesso, è agevole precisare la posizione dei ricorrenti.
Come si rileva dal ricorso, i ricorrenti sono residenti nel comu
ne di Gerenzano sicché, alla stregua del costante orientamento
della giurisprudenza amministrativa che ha ancorato la legittima zione all'esistenza di un collegamento stabile con il territorio (c.d. criterio della localizzazione territoriale), essi hanno un interesse
qualificato al controllo giurisdizionale del procedimento per l'at tivazione della discarica di Gerenzano che, a loro dire, sarebbe
stato perfezionato in violazione di «specifiche norme di legge», con grave pregiudizio per la salubrità dell'ambiente, per loro rile
vante appunto in quanto residenti a Gerenzano.
3. - Il presente gravame, pur ammissibile nei confronti dei sig.
Borghi e Garbelli, deve essere dichiarato improcedibile per so
pravvenuta carenza di interesse.
Ed invero, nelle more del presente giudizio, tra altri, sono stati
emanati due provvedimenti (delibera della giunta regionale n. 29095
in data 9 febbraio 1988 ed ordinanza del presidente della giunta
regionale n. 2151 in data 10 febbraio 1988) con i quali è stato
deciso di «sospendere, a far tempo dall'11 febbraio 1988, l'attivi
tà di smaltimento dei rifiuti presso il settore di scarico posto in
rilevato a costituire intervento di raccordo con la zona C della
pubblica discarica di Gerenzano» e conseguentemente è stato or
dinato all'Amsa di smaltire le 1.800 t/g di rifiuti in altre discari
che della Lombardia.
Allo stato è dunque venuta meno l'attualità del pregiudizio che
sorreggeva il ricorso dei sig. Borghi e Garbelli per la verifica giu risdizionale del procedimento per l'attivazione della discarica di
Gerenzano.
Né è possibile accedere alla tesi adombrata in udienza dalla
difesa dei ricorrenti, secondo la quale, non essendo preclusa la
riapertura della discarica all'esito degli accertamenti in corso, sus
sisterebbe ancora l'interesse ad una pronuncia che impedisca alla
amministrazione regionale una nuova determinazione in tal senso.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
La problematica, infatti, che i ricorrenti in tal modo pongono è intrinsecamente connessa con la possibilità in questa sede di una pronuncia meramente dichiarativa, cioè di una pronunzia che non verifichi la legittimità degli atti impugnati, bensì accerti il
superamento dei limiti di compatibilità della discarica, il cui fun zionamento dovrebbe essere inibito a prescindere dalle risultanze dei disposti accertamenti di ordine tecnico-scientifico, a motivo del pregiudizio assoluto che la presenza dell'impianto arreca al l'incolumità fisica dei ricorrenti medesimi.
Cosi facendo, però, oltre che chiedere una pronuncia — come noto preclusa al giudice amministrativo nel giudizio di legittimi tà, si postula una diversa causa petendi (lesione del diritto alla
salute, tutelabile avanti al giudice ordinario secondo la tecnica
garantistica del diritto soggettivo) e si finisce col mutare il peti tum che non viene più a coincidere con quello del presente giudi zio che è volto — si ripete — all'annullamento di atti considerati
illegittimi. Il ricorso n. 3403/87 va, pertanto, dichiarato improcedibile per
sopravvenuta carenza di interesse.
4. — Analoga sorte tocca ai gravami n. 3404/87, n. 89/87, n. 91/88 e n. 205/88, i quali riproducono impugnative di analogo tenore a quella avanti definita (salvo i profili della legittimazione, comuni al solo ric. n. 3403/87) avverso provvedimenti che risul tano superati dalle citate determinazioni dell'autorità regionale, la quale ha disposto la chiusura della discarica di Gerenzano «a far tempo dall'I 1 febbraio 1988».
5. - Quanto invece ad altro ricorso (n. 3516/87) proposto dal l'Amsa avverso l'ordinanza in data 22 ottobre 1987 del sindaco di Gerenzano con la quale è stata disposta la chiusura della disca rica in attesa del «parere positivo da parte degli organi competen ti» — ricorso del quale deve essere disposta la riunione con i
precedenti per la evidente connessione oggettiva ed in parte sog gettiva — , devesi ugualmente pervenire alla declaratoria di so
pravvenuta carenza di interesse, proprio per l'avanti menzionata
chiusura della discarica.
Una pronuncia, infatti, che esaminasse il merito della contro versia — se il sindaco abbia il potere o meno di intervenire in
relazione ad una discarica destinata a servire diversi comuni —, si risolverebbe in una inammissibile pronuncia meramentne di
chiarativa.
Né può valere a dimostrare l'attualità dell'interesse la circo
stanza, richiamata dalla difesa della ricorrente che nella vicenda
è intervenuta una ordinanza — definita «abnorme» — del Preto
re di Saronno, la quale ha affermato che l'Amsa «non è tenuta
al rispetto del successivo provvedimento regionale 24 ottobre 1987
(di riapertura della discarica) per cui rimane in vigore l'ordinanza
con la quale il sindaco di Gerenzano disponeva la chiusura della
discarica».
A questo proposito, anche a voler sottacere quanto concorde
mente dichiarato in udienza, cioè che l'ordinanza sindacale è ri
masta priva di effetti, tant'è che l'Amsa ha continuato a smaltire
rifiuti nella discarica di Gerenzano sino al 10 febbraio 1988, è
sufficiente ribadire la pertinente osservazione della stessa difesa
dell'Amsa contenuta nella memoria 12 marzo 1988 (ric. n. 205/88), secondo la quale l'attivazione della discarica di Gerenzano neces
sita di una nuova determinazione della competente autorità re
gionale, che sarà assunta a conclusione dei disposti accertamenti, sicché allo stato tutti i provvedimenti relativi al funzionamento
dell'impianto sono inoperanti.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione di Brescia; ordinanza 19 febbraio 1988, n. 126; Pres. Mariuzzo, Rei. De Piero; Pini (Aw. Bonomi,
Sinistri) c. Comune di Pieve d'Olmi.
Corte costituzionale — Giudizio di costituzionalità — Incostitu
zionalità della norma — Riesame — Assegnazione di un termi
ne al legislatore — Esclusione — Questione non manifestamente
infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 35, 97, 113; 1.
11 marzo 1953, n. 87, norme sulla costituzione e sul funziona
mento della Corte costituzionale, art. 27).
Impiegato degli enti locali — Condanna penale — Destituzione
automatica — Questione non manifestamente infondata di co
li Foro Italiano — 1989.
stituzionalità (Cost., art. 3, 24, 35, 97, 113 Cost.; r.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 247; d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello
Stato, art. 85).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in cui non prevede che la Corte costituzionale, ove ritenga fonda ta l'istanza, non possa, prima di dichiarare quali siano le di
sposizioni legislative illegittime, assegnare un termine per il loro riesame da parte del legislatore facendo conseguire all'eventua le inerzia da parte di quest'ultimo per il periodo considerato la successiva declaratoria di illegittimità, in riferimento agli art.
3, 24, 35, 97 e 113 Cost. (1) Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 247, 3° comma, r.d. 3 marzo 1934 n. 383, nella parte in cui prevede che il dipendente dell'ente locale che sia stato condannato per i reati e alle pene ivi elencate, incorra nella destituzione senza procedimento disciplinare, togliendo al
l'amministrazione di appartenenza la possibilità di valutare se i fatti commessi siano realmente incompatibili con la prosecu zione del rapporto di impiego, in riferimento agli art. 3, 24, 35, 97 e 113 Cost. (2)
Diritto. — Il ricorrente con la memoria conclusiva, ribadisce la persistente rilevanza ed ammissibilità della questione di legitti mità costituzionale, pur se sulla stessa già sia intervenuta la sen tenza 16 dicembre 1986, n. 270 della Corte costituzionale (Foro it., 1987, I, 1957) con cui, peraltro, il giudice delle leggi ha rico nosciuto che l'ordinamento appare sempre più caratterizzato dal rifiuto di sanzioni rigide, automatiche, non graduate rispetto al
caso che le ha occasionate.
Ciò principalmente in ossequio al principio di uguaglianza, ap plicabile anche al campo dei procedimenti amministrativi, che vuole dissimili situazioni abbiano dissimile trattamento; mentre la nor
ma che, nel caso, dovrebbesi applicare, unifica e appiattisce in un'unica prescrizione situazioni oggettivamente assai diverse.
Afferma la corte che, di fronte a fattispecie di notevole gravità
(1-2) L'ordinanza, e la precedente analoga della medesima sezione di Brescia del Tar Lombardia 14 dicembre 1987, n. 1094, Trib. amm. reg., 1988, I, 443, prendono le mosse dalla sentenza 19 dicembre 1986, n. 270, Foro it., 1987, I, 1957, con nota di richiami, con la quale la Corte costi tuzionale aveva già rilevato l'incongruenza con i principi costituzionali di una normativa che troppo ampiamente e indiscriminatamente prevede va la destituzione automatica, ossia senza procedimento disciplinare, dei
pubblici dipendenti che fossero stati condannati per i reati ivi indicati; però aveva anche ritenuto che una nuova disciplina della materia dovesse essere riservata alla discrezionalità del legislatore; di qui, il dispositivo di inammissibilità della questione: v., in proposito, la nota di richiami a Corte cost. 14 ottobre 1988, n. 971, in questo fascicolo, I, 22, con nota di G. Virga.
Poi, appunto, questa nuova sentenza in materia, con la quale la Corte costituzionale ha mutato l'opinione che aveva espresso, dichiarando fon data la questione di costituzionalità in parte qua dell'art. 85 d.p.r. 3/57, relativo agli impiegati civili dello Stato; e, in base all'art. 27 1. 87/53, delle norme analoghe per gli altri settori del pubblico impiego, a comin ciare dall'art. 247 sempre in parte qua del r.d. 383/34 relativo ai dipen denti degli enti locali.
La questione di sostanza — riflessa nella seconda massima — della
quale le due ordinanze si sono occupate, è stata così risolta radicalmente nel senso che esse avevano auspicato. Comunque resta da segnalare una notevole conseguenza negativa dell'adozione da parte della Corte costitu zionale di motivazioni e di dispositivi del genere di quelli della sentenza 270/86: il disagio del giudice che deve applicare norme la cui incongruen za costituzionale è già stata rilevata dalla corte, tanto più ampio, quanto più spesso questa si rifiuta di pronunciare conseguenti dispositivi di fon datezza della questione propostale, a salvaguardia della esigenza di non incidere su scelte che devono essere riservate al legislatore. Da questo punto di vista, le due ordinanze del Tar Lombardia devono essere riacco state a Cons, giust. amm. sic., ord. 26 aprile 1988, n. 70, Foro it., 1988, III, 453, con nota di G. Virga, alla quale si rinvia per i profili di costitu zionalità: la materia delle misure c.d. antimafia è del tutto diversa, ma il problema è lo stesso, perché conseguente a simile sentenza emessa in
proposito dalla Corte costituzionale; l'ordinanza 70/88, peraltro, ha pre ferito non adottare le differenti innovative soluzioni che ha prospettato, ma rimettere la relativa questione all'adunanza plenaria del Consiglio di
Stato, anche per la sua portata generale. (Cfr., da ultimo, Cons. Stato, ad. plen., 19 luglio 1988, n. 7, che sarà riportata nel prossimo fascicolo). [A. Romano]
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