sezione II; sentenza 29 gennaio 1987, n. 147; Pres. ed est. Maffezzoni; Soc. Airtour Italia e altri(Avv. Fantozzi, Tinelli, Tieghi) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Favara)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 367/368-369/370Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179333 .
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PARTE TERZA
all'anno nel corso del quale è avvenuta l'ammonizione, per cui
è irrilevante l'eventuale giudizio inferiore a buono ottenuto nel
l'anno successivo, trattandosi di un procedimento i cui presuppo sti sono specificamente circoscritti nel tempo, in considerazione
della gravità della conseguenza che grava sul dipendente.
B) Merita accoglimento anche il primo motivo aggiunto alle
censure proposte con il ricorso 1288/84 e del quinto motivo del
ricorso 181/85, nella parte in cui si deduce eccesso di potere per
illogicità ed inesigibilità. Risulta agli atti che l'istante è stato assente dal servizio da data
antecedente alla comunicazione dell'ammonizione fin dopo il ter
mine dell'anno 1982 e precisamente, in via continuativa, dal 4
settembre 1982 all'11 gennaio 1983 (cfr. rapporto dell'ammini
strazione inviato alla procura della repubblica di Parma in data
17 dicembre 1983). Per cui l'ammonizione non solo gli è stata
fatta nell'ultimo trimestre del 1982, ma è venuta anche a coinci
dere con un trimestre nel quale l'interessato è stato assente dal
servizio per giustificato motivo (dal 4 settembre al 2 dicembre
1982 per aspettativa per motivi di salute, dal 3 al 10 dicembre
1982 per congedo ordinario, dal 13 dicembre 1982 all'I 1 gennaio 1983 in aspettativa per gravi motivi di famiglia).
Pertanto non si poteva obiettivamente esigere un miglioramen to di rendimento in un periodo nel quale il dipendente era stato
legittimamente assente dal servizio.
5. - Per quanto consiserato, assorbite le ulteriori censure, i ri
corsi debbono essere accolti.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione II; sentenza 29 gennaio 1987, n. 147; Pres. ed
est. Maffezzoni; Soc. Airtour Italia e altri (Avv. Fantozzi,
Tinelli, Tieghi) c. Min. finanze (Avv. dello Stato F avara).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione II; sentenza 29 gennaio 1987, n. 147; Pres. ed
Giustizia amministrativa — Iva — Risoluzione ministeriale sulla
determinazione del margine di agenzia turistica — Ricorso —
Ammissibilità (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli im
piegati civili dello Stato, art. 16, 17). Tributi in genere — Risoluzione ministeriale sulla determinazione
del margine di agenzia turistica — Ricorso — Giurisdizione
amministrava (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della
disciplina del contenzioso tributario, art. 16; d.p.r. 3 novembre
1981 n. 739, norme integrative e correttive del d.p.r. 26 ottobre
1972 n. 636, art. 7).
Sussiste l'interesse processuale e sostanziale di una agenzia turi
stica a ricorrere contro la risoluzione ministeriale che detta agli
uffici dipendenti modalità di calcolo dell'Iva assolta per rival
sa, al fine di determinare il c.d. margine di agenzia. (1) Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, e non in
quella delle commissioni tributarie, il ricorso col quale una agen zia turistica chiede l'annullamento della risoluzione ministeriale
che detta agli uffici dipendenti modalità di calcolo dell'Iva as
solta per rivalsa, al fine di determinare il c.d. margine di
agenzia. (2)
(1) In termini non risultano precedenti specifici: sulla sussistenza del l'interesse sostanziale e processuale ad impugnare provvedimenti applica tivi della normativa vigente, v. Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 1986, n. 703, Foro it., Rep. 1986, voce Giustizia amministrativa, n. 468.
In tema di rivalsa dell'Iva, v. Mercurio, Alcune riflessioni in tema di rivalsa, in Fisco, 1986, 3007; Tani, Il principio della rivalsa, ibid., 6806; Garbarino, Il credito Iva di rivalsa e i privilegi, in Dir. e pratica trib., 1984, II, 1332.
(2) Cfr. Cass. 24 febbraio 1987, n. 1948, Foro it., 1987, I, 1426, con nota di richiami, che, adita, nella vicenda di cui alla sentenza in epigrafe, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, ha dichiarato che nella
fattispecie dedotta la giurisdizione spetta alle commissioni tributarie e non al giudice amministrativo: in senso contrario al principio affermato in
massima, cfr. Cons, giust. amm. sic. 2 giugno 1983, n. 69, id., Rep. 1983,
li Foro Italiano — 1988.
Diritto. — 1Ai fini della decisione devono essere preliminar
mente esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso, solle
vate dall'avvocatura dello Stato, sotto il duplice profilo dell'ine
sistenza di un interesse sia processuale, sia sostanziale al ricorso
e del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ordinario
sulla controversia dedotta col ricorso.
Ad avviso del collegio, entrambe le eccezioni sono infondate.
Invero, posto che il provvedimento impugnato è costituito da una
«determinazione» concernente le modalità e i criteri di attuazione
della deduzione dell'Iva corrisposta dalle aziende organizzatrici
dei viaggi alle agenzie intermediarie incaricate della collocazione
dei biglietti, comportante il diniego di deduzioni d'imposta, ri chieste e richiedibili da parte delle ricorrenti e fino ad allora rico
nosciute ammissibili da parte dell'amministrazione, non vi è dub
bio che tale determinazione era ed è vincolante per tutti gli uffici
destinatari, costituendo un ordine impartito, ai sensi degli art.
16 e 17 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, al quale gli uffici stessi dove
vano e devono conformarsi, quanto meno fino all'adozione di
un contrario provvedimento giurisdizionale. D'altra parte, risulta
voce Giustizia amministrativa, n. 472; v. pure T.A.R. Piemonte 10 set
tembre 1983, n. 538, id., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 588, e
T.A.R. Sardegna 28 aprile 1983, n. 201, ibid., n. 639, nel senso che esu
lano dalla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie vertenti
in tema di fondatezza della pretesa tributaria.
La questione della ripartizione della giurisdizione tra giudice ammini
strativo e giudice tributario appare, allo stato, disorganica ed eterogenea: la motivazione della riportata decisione insiste sulla diversità del petitum, cioè del tipo di provvedimento richiesto, nella specie annullamento e non
disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo da cui deriva l'atto
applicativo di imposizione fiscale, al fine di elaborare un criterio di di
scriminazione della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice tri
butario. Ma la ristrettezza dell'angolazione concettuale, condizionata dal
l'esame analitico della concreta fattispecie, non consente di definire un
quadro ampio e completo dei rapporti tra giurisdizione del giudice ammi
nistrativo e giurisdizione delle commissioni tributarie: anzi la stessa rico
struzione del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e commissioni
tributarie sottrae spazio ai rapporti tra giudice amministrativo e commis
sioni tributarie: la giurisprudenza della Corte di cassazione è costante
nell'affermare il carattere esclusivo della giurisdizione delle commissioni
tributarie, avente ad oggetto la cognizione di ricorsi contro atti o provve dimenti inerenti oggettivamente e soggettivamente al rapporto d'imposta: v. Cass. 24 febbraio 1987, n. 1948, cit., e Corte cost., ord. 31 marzo
1987, n. 91 id., 1987, I, 1657, con nota di richiami, e 6 dicembre 1985, n. 313, id., 1986, I, 876, con nota di richiami; dal carattere esclusivo
della giurisdizione tributaria deriva la carenza di potere giurisdizionale del giudice ordinario su ogni questione avente ad oggetto l'applicazione di tributi devoluta per legge alle commissioni tributarie: v. Cass. 3 feb
braio 1986, n. 661, ibid., 1898, con nota di richiami; fino all'affermazio ne che la giurisdizione delle commissioni tributarie diretta all'accertamen
to della fondatezza della pretesa tributaria è di merito, non di annulla
mento, estesa alla valutazione complessiva della pretesa tributaria e non
limitata al controllo di legittimità dell'esercizio del potere di imposizione tributaria: v. Cass. 17 maggio 1984, n. 3047, id., Rep. 1984, voce cit., n. 626, e, sul versante della giurisprudenza tributaria, v. Comm. trib.
centrale 2 aprile 1982, n. 1723, id., Rep. 1983, voce cit., n. 647; dall'es
senziale e generale quadro dei rapporti tra giurisdizione ordinaria e giuri sdizione tributaria deriva una casistica, che invece pare mancare quasi del tutto circa i rapporti tra giurisdizione amministrativa e quella delle
commissioni tributarie: secondo Cass. 16 dicembre 1986, n. 7533, id.,
1987, I, 3323, con nota di richiami, rientra nella cognizione del giudice ordinario e non in quella delle commissioni tributarie la controversia tra
sostituto d'imposta e sostituito, avente ad oggetto la legittimità delle trat
tenute effettuate dal primo sui compensi corrisposti al secondo; secondo
App. Torino 29 aprile 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 587, la contro
versia tra amministrazione finanziaria e istituto bancario delegato avente
ad oggetto la penale per ritardato versamento ai sensi dell'art. 12 1. 751/76
non rientra nella cognizione delle commissioni tributarie, per essere la controversia di competenza del giudice ordinario.
Sui rapporti tra giurisdizione tributaria e giurisdizione amministrativa, cfr. Maffezzoni, li processo tributario nel sistema della giurisdizione am
ministrativa, in Dir. e pratica trib., 1985, I, 283; Schinaia, Il processo tributario tra processo civile e processo amministrativo, ibid., 1468; Maf
fezzoni, Del coordinamento della giurisdizione amministrativa e tributa
ria, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, 1981, III, 1371; Martini, Relazione tra processo amministrativo e processo tributa
rio, in Foro amm., 1981, I, 1546.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
dagli atti di causa, che l'ufficio Iva destinatario di Roma, compe
tente a provvedere sulle richieste di deduzione di imposta propo
ste e proponibili dalle ricorrenti, aveva manifestato, sia pure in
un autonomo provvedimento destinato ad altro soggetto, la vo
lontà di conformarvisi (cfr. nota 24 aprile 1986 n. 1281 ufficio
Iva di Roma).
In tale situazione le ricorrenti avevano acquisito l'effettiva cer
tezza che la direttiva sarebbe stata applicata anche ad esse con
la conseguenza che le domande di rimborso o di deduzione, da
esse già proposte, o proponibili, dell'Iva assolta per rivalsa sulle
provvigioni corrisposte alle proprie agenzie intermediarie ai sensi
dell'art. 19 d.p.r. 633/72, erano necessariamente destinate ad es
sere rigettate con provvedimento espresso o tacito.
Né può assolutamente ammettersi, come sembra ritenere l'av
vocatura dello Stato, che tale direttiva fosse una libera e casuale
manifestazione di un'opinione della direzione generale, priva di
efficacia vincolante per l'ufficio destinatario, in quanto l'ammet
tere ciò significherebbe cancellare la regola della subordinazione
gerarchica degli uffici inferiori a quelli superiori, che è invece
regola generale fondamentale del nostro ordinamento giuridico.
Né può dubitarsi dell'esistenza di un interesse sostanziale tute
lato delle ricorrenti all'accoglimento delle domande di deduzione
o rimborso da esse proposte o proponibili, essendo tali domande,
a prescindere dalla loro fondatezza o meno, di cui sarà detto
più oltre, connessa coll'applicazione di una regola fondamentale
dell'ordinamento dell'Iva, quella cioè che concerne la deduzione
dell'imposta a monte dell'imposta a valle, i cui limiti e modalità
sono inderogabilmente fissati dalla legge con norme inderogabili.
2. - Ravvisata cosi la presenza dell'interesse, sia processuale,
sia sostanziale, delle ricorrenti al ricorso, il collegio deve darsi
carico di accertare se ad esso spetti o meno la giurisdizione sulla
lite cosi come proposta.
Ora, la soluzione positiva di tale quesito, appare al collegio
imposta dalle seguenti considerazioni. In primo luogo, ai sensi
dell'art. 16 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, nel testo modificato
dall'art. 7 d.p.r. 3 novembre 1981 n. 739, le controversie tributa
rie in materia di tributi sono deferite alle commissioni tributarie
istituite con tale decreto, alla inderogabile condizione che esse
nascano dall'impugnazione di uno dei provvedimenti espressamente
e tassativamente previsti dall'articolo citato, vale a dire, l'avviso
d'accertamento e/o di liquidazione, il provvedimento di irroga
zione di sanzione, l'ingiunzione, il ruolo, l'avviso di mora e il
provvedimento, espresso o tacito, di rigetto delle domande di rim
borso, con la espressa avvertenza che gli atti diversi da quelli
precitati non sono impugnabili autonomamente avanti alla com
missione tributaria. Ed è ovvio che le risoluzioni ministeriali, co
me quella impugnata nella specie, per quanto debbano ritenersi,
come si è visto, immediatamente pregiudizievoli al soggetto passi
vo del tributo, in virtù del vincolo che esse fanno nascere, a cari
co degli uffici destinatari di grado inferiore, di provvedere in sen
so predeterminato, non rientrano tuttavia nell'elenco sopra for
mulato dei provvedimenti impugnabili, né sono ad essi assimilabili,
per il fatto di non essere a differenza di questi ultimi diretti a
soggetti passivi singoli individualmente considerati, ma ad una
categoria generale di essi caratterizzata dal suo collegamento con
la situazione di fatto da esso descritta.
In secondo luogo, la risoluzione ministeriale impugnata pro
prio per il suo carattere appena rilevato, rientra a pieno titolo
nella categoria degli atti generali di imposizione, i quali, ai sensi
del 4° comma dell'art. 16 d.p.r. 636/72, nel testo modificato del
l'art. 7 d.p.r. 3 novembre 1981 n. 739, possono essere censurati
avanti alle commissioni tributarie ai soli fini della loro disappli cazione, ma non ai fini del loro annullamento, che viene espres
samente riservato al diverso giudice competente, che a sua volta
non può essere altro che il giudice amministrativo ordinario, nel
le fattispecie adito dalle ricorrenti.
Con tale norma, il legislatore ha, con ogni evidenza, inteso
frazionare in due parti la tutela giurisdizionale accordata al sog
getto passivo del tributo, nei confronti degli atti generali di impo
sizione, attribuendo alla commissione tributaria il potere di di
sapplicarli, ovviamente nell'ipotesi che essi siano ritenuti illegitti
mi, e al giudice amministrativo ordinario, nell'identica ipotesi,
il potere di annullarli con effetto erga omnes. Tale frazionamen
II Foro Italiano — 1988.
to di tutela potrà anche ritenersi controvertibile, sul piano delle
scelte legislative, ma non può non ritenersi vincolante per l'inter
prete del diritto vigente. Né può confondersi, come sostiene l'av
vocatura dello Stato, con l'attribuzione, ai soggetti passivi dei
tributi, di una doppia tutela giurisdizionale nei confronti degli atti di imposizione. Infatti gli atti di imposizione sono sempre
degli atti autoritativi diretti a costituire o, quanto meno, a quan
tificare, secondo un procedimento variamente articolato e com
plesso, dei crediti tributari a vantaggio dell'ente impositore e pro
prio per ciò contro quelli di essi che appaiono illegittimi deve
essere accordato, ai soggetti che ne sono pregiudicati, la facoltà
di impugnazione, al fine di ottenere sia il loro annullamento, sia,
quando i motivi dell'impugnazione lo richiedano, l'accertamento
dell'inesistenza totale o parziale del credito tributario vantato dal
l'ente impositore. Senonché, mentre il fine di accertamento può anche mancare nell'impugnazione (ad esempio quando l'annulla
mento dell'atto impugnato comporta l'eliminazione in radice del
la pretesa tributaria oppure quando, come nella specie, l'atto im
pugnato fissa dei criteri d'imposizione ritenuti illegittimi, senza
però costituire o quantificare in via immediata alcun credito tri
butario), il fine di annullamento non può mai mancare, essendo
esso la condizione necessaria, anche se non sempre sufficiente,
per impedire il pregiudizio determinato dall'atto all'autore del
l'impugnazione. Del resto, il fatto che l'annullamento costituisca
lo strumento minimo necessario per l'erogazione della tutela giu risdizionale nei confronti degli atti della p.a., risulta, con ogni
evidenza, dall'art. 113, ultimo comma, Cost., secondo il quale «la legge determina (rectius deve determinare) quali organi di giu risdizione possono annullare gli atti della p.a., nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa».
Nei confronti degli atti generali d'imposizione, il potere giuris dizionale di annullamento non può essere poi degradato a sempli ce potere di disapplicazione del tipo di quello attribuito alle com
missioni tributarie dall'art. 16, 4° comma d.p.r. 636/72, nel testo
risultante dall'art. 7 d.p.r. 739/81, sia perché l'esercizio di questo
potere consente la sopravvivenza di un atto amministrativo rico
nosciuto illegittimo e quindi la sua idoneità a produrre altri ana
loghi pregiudizi, il che appare già contraddittorio, sul piano logi
co, sia perchè l'esercizio del potere stesso non realizza il livello
minimo di tutela giurisdizionale previsto dall'art. 113 Cost, nei
confronti degli atti della p.a. e che si concreta, come si è visto,
nella sanzione di annullamento degli atti illegittimi, sia infine perché la riduzione della tutela giurisdizionale al potere di disapplicazio ne è in palese contrasto con l'art. 16, 4° comma, precitato, che
invece, come si è visto, riserva al giudice amministrativo ordina
rio il potere giurisdizionale del loro annullamento.
Né appare sussistente il pericolo, prospettato dall'avvocatura
dello Stato che l'esercizio del potere giurisdizionale di annulla
mento degli atti generali di imposizione, possa determinare la pa
ralisi del potere amministrativo di imposizione, poiché al contra
rio l'annullamento degli atti illegittimi assicura e potenzia l'effi
cacia di quelli legittimi, anche se di contenuto generale.
Per queste considerazioni il ricorso deve essere ritenuto ammis
sibile ed esaminato nel merito. (Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione I; sentenza 13 dicembre 1986,
n. 1077; Pres. Trovato, Est. Salomone; Soc. Sotas (Avv. Cor
paci) c. Comune di Acicastello (Aw. Paterniti), Mirone (Aw.
Tafuri).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione I; sentenza 13 dicembre 1986,
Giustizia amministrativa — Concessione di costruzione — Ricor
so — Inammissibilità per contrasto con giudicato — Fattispecie.
Impugnata una concessione di costruzione, se successivamente
l'amministrazione l'abbia annullata d'ufficio con provvedimento
a sua volta annullato su ricorso del concessionario, da parte
del giudice amministrativo che ha affermato l'insussistenza del
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