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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione II; sentenza 5 agosto 1989, n. 1153; Pres. ed...

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sezione II; sentenza 5 agosto 1989, n. 1153; Pres. ed est. Numerico; Pellegrino (Avv. Aguglia) c. Min. beni culturali e ambientali Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991), pp. 217/218-221/222 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183180 . Accessed: 28/06/2014 13:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.133 on Sat, 28 Jun 2014 13:06:29 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II; sentenza 5 agosto 1989, n. 1153; Pres. ed est. Numerico; Pellegrino (Avv. Aguglia) c.Min. beni culturali e ambientaliSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 217/218-221/222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183180 .

Accessed: 28/06/2014 13:06

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

e non delle potestà) di eliminazione della competenza primaria

regionale. Dopo il 31 dicembre 1986 vige un regime di concorso

dei due soggetti distinti (Stato e regioni) nel raggiungere l'obiet

tivo di un'adeguata pianificazione paesaggistica. Del resto è ab

bastanza comune, quando si tratta di esercizio di poteri pubbli ci, il collegamento di poteri sostitutivi alla scadenza di termini

dettati per l'adozione di determinati atti, è invece eccezionale

l'ipotesi dell'estinzione della potestà pubblica in capo ad un sog

getto cui sia stata attribuita.

Tale effetto deve essere reso esplicito nella norma che preve de i poteri sostitutivi, cosi non è nell'art. 1 bis 1. n. 431 e da

ciò consegue sia la possibilità della regione di intervenire ancora

per adottare i piani paesaggistici anche dopo il 31 dicembre 1986

e la correlata facoltà dello Stato di intervenire in funzione solle

citatoria o in chiave di sostituzione in relazione alle singole si

tuazioni di avanzamento dei procedimenti di pianificazione pae

saggistica nelle varie regioni. Da quanto si è detto con riguardo alla previsione del cosid

detto vincolo specifico la cui perdurante efficacia è collegata all'«adozione» dei piani paesaggistici consegue da un lato che

il momento in cui detto piano consegue efficacia è quello dell'a

dozione e non dell'approvazione perché la legge commina l'ef

fetto speciale (la caducazione del vincolo specifico) proprio a

tale momento. Consegue, altresì, da tale impostazione che le

aree vincolate con i provvedimenti adottati a tenore dell'art.

2 d.m. del 21 settembre 1984 in forza della 1. n. 341 del 1985

rimangono vincolate qualunque sia stata la sorte dei relativi atti

impositivi; ciò anche se questi decreti estendevano la propria efficacia ad aree escluse dal vincolo imposto per legge, in quan to il meccanismo di individuazione richiamato dall'art.

1 quinquies riguarda non solo l'impostazione del vincolo speci fico che nel sistema della 1. n. 431 può riguardare le aree già

sottoposte a vincolo, ma anche l'individuazione delle aree da

sottoporre a tutela per lo speciale interesse paesaggistico am

bientale che presentano; si tratta cioè di uno strumento integra tivo dei beni da sottoporre a tutela. Consegue altresì dall'impo stazione su riportata che ben può il piano paesaggistico indivi

duare direttamente quei beni sottoposti dalla legge a vincolo

per categoria (vulcani, zone di interesse archeologico, boschi,

foreste, ecc.) e che, con un intervento di mera ricognizione, siano in concreto ritenute meritevoli di tutela. Né si può ritene

re che nel dettare la disciplina di tutela «primaria» il piano pae

saggistico, posto che si muove su un livello sovraordinato alla

pianificazione urbanistica, debba rendere conto delle modifiche

che questa ultima deve necessariamente subire per assicurare al

paesaggio una tutela di tipo dinamico cioè tale da non essere

incisa nel tempo da singole specifiche scelte di gestione del terri

torio che comunque trovano nella pianificazione di rango supe riore limite e un indirizzo. Coerentemente la pianificazione

paesaggistico-ambientale attraverso l'imposizione di obblighi spe cifici (piantumazione, ecc.) sia proprio per la funzione di tutela

allargata ed unitaria di categorie di beni, ben può arrivare a

coordinare interventi immediati e futuri di miglioramento della

situazione paesaggistica ed ambientale per come essa si presen ta. Se infatti la 1. n. 431 del 1985 non ha richiesto un accerta

mento preliminare e diffuso dal pregio estetico delle singole aree, ma ha ritenuto che le stesse nel complesso dovevano essere tute

late, è implicito in tale dettato legislativo il potere di provvedere al recupero di aree ricomprese nelle zone vincolate e che pur tuttavia non abbiano una piena corrispondenza alle esigenze di

tutela cui la legge è preordinata. È quindi spiegabile sia la disci

plina di tutela per aree apparentemente, allo stato, non merite

voli di conservazione, ma per le quali necessitano interventi at

tivi di recupero ambientale ed anche il rinvio a ulteriori stru

menti attuativi di tali interventi di recupero. Emerge cosi la

funzione più genuina della legge in esame che tende ad una

conservazione non meramente statica dei valori paesaggistici am

bientali del paese, ma anche allo stimolo di quegli interventi

di miglioramento e di recupero che costituiscono il nucleo es

senziale di un corretta funzione di «conservazione». (Omissis)

Il Foro Italiano — 1991.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione II; sentenza 5 agosto 1989, n. 1153; Pres. ed

est. Numerico; Pellegrino (Avv. Aguglia) c. Min. beni cul

turali e ambientali.

Impiegato dello Stato e pubblico — Sanzione disciplinare —

Legittimità — Fattispecie (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statu

to degli impiegati civili dello Stato, art. 16, 80; d.p.r. 29 di cembre 1984 n. 1219, individuazione dei profili professionali del personale dei ministeri in attuazione dell'art. 3 1. 11 luglio 1980 n. 312).

È legittima la sanzione disciplinare della riduzione dello stipen dio nella misura di un decimo per un mese, inflitta ad un

architetto appartenente ad una sovrintendenza ai beni ambien

tali, che si era replicatamente rifiutato di formulare un parere richiesto dall'Anas, in merito all'abbattimento di alcuni pini necessario per la ristrutturazione di una strada, nel senso fa vorevole disposto ripetutamente dal sovrintendente, anche se

in contrasto con le proprie personali opinioni. (1)

(1) I. - Sui rapporti tra le opinioni personali, di tipo professionale, del dipendente pubblico ed il vincolo di subordinazione gerarchica: Cons.

Stato, sez. VI, 8 luglio 1982, n. 360, Foro it., Rep. 1982, voce Istruzio ne pubblica, n. 183, secondo cui la lettura da parte dell'insegnante agli allievi di una circolare del preside concernente l'irrogazione di sanzioni

disciplinari ad altri discenti, costituendo un'attività di mera comunica

zione, rientra tra le funzioni amministrative che l'insegnante è tenuto

a svolgere per la sua subordinazione gerarchica nei confronti del capo d'istituto, senza che ne risulti menomata la sua libertà d'insegnamento; Corte conti, sez. riun., 30 maggio 1986, n. 492/A, id., Rep. 1987, voce

Responsabilità contabile, n. 255, che ritiene che l'esercizio delle funzio

ni dirigenziali non conferisce la facoltà di opporsi ad ordini superiori né fa venir meno il vincolo gerarchico cui il dirigente rimane astretto a termini dell'art. 16 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 e che trova il suo

limite nel successivo art. 17.

Tar Lazio, sez. II, 29 gennaio 1987, n. 147, id., 1988, III, 367, riba

disce che la regola della subordinazione gerarchica degli uffici inferiori

rispetto a quelli superiori è regola generale fondamentale del nostro

ordinamento giuridico. In senso contrario, Corte conti, sez. II, 16 marzo 1988, n. 42, id.,

1989, III, 88, che, in una fattispecie relativa ad una azione di responsa bilità contabile promossa verso la direttrice di una biblioteca nazionale

che aveva manifestato, in atti di ufficio, il proprio dissenso rispetto alla scelta operata dal ministero dei beni culturali, ha affermato che «il principio del rispetto delle decisioni degli organi superiori non può

presentare il valore di un obbligo di supina ed acritica acquiescenza»

giacché a volte, quando la responsabilità dell'azione amministrativa ri

mane esclusiva dell'organo di livello inferiore, può ritenersi conforme

ai criteri di cocreta amministrazione più che il rigoroso rispetto del prin

cipio di subordinazione gerarchica il diretto coinvolgimento e la dove

rosa utilizzazione della competenza professionale dell'organo di livello

inferiore. In ordine ai rimedi contro il provvedimento del superiore gerarchico,

Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 1981, n. 752, id., Rep. 1982, voce

Impiegato dello Stato, n. 1051, secondo cui il pubblico dipendente che

ritiene che gli obblighi derivantigli dall'organizzazione dei servizi a cui

è addetto siano lesivi del proprio status non può farsi giustizia da sé

sottraendosi ai detti obblighi, ma deve impugnare tempestivamente l'at

to autoritativo dell'amministrazione.

Sui limiti al dovere verso il superiore, Tar Emilia-Romagna 29 aprile 1985, n. 140 e Tar Liguria 3 giugno 1985, n. 304, id., Rep. 1986, voce

cit., nn. 931, 932, riconoscono un vero e proprio diritto del dipendente

pubblico, relativo al suo status e alla sua personalità, a far rimostranza

avverso l'ordine impartito dal superiore ogniqualvolta lo si ritenga ille

gittimo. Corte conti, sez. riun., 1° giugno 1987, n. 542, id., Rep. 1988, voce

Responsabilità contabile, n. 86, ai fini della configurazione dell'esimen

te da responsabilità verso l'amministrazione (l'aver agito per ordine di

un superiore), ha affermato che le norme del testo unico degli impiegati civili dello Stato, nello spirito di un rapporto di collaborazione tra di

pendente e superiore gerarchico, impongono, in presenza di un ordine

illegittimo, una dialettica che culmina nella reiterazione dell'ordine scritto

al subordinato.

Sempre in relazione all'ordine scritto: Cons. Stato, sez. V, 21 novem

bre 1985, n. 420, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 504, con riferimento a fattispecie relativa a dipendenti ospedalieri per

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PARTE TERZA

Diritto. — II problema posto dalla controversia in esame ri

guarda l'inserimento di una procedura disciplinare, conclusa con

la sanzione della riduzione dello stipendio, in una vicenda lavo

rativa nell'ambito del rapporto di impiego intrattenuto dal mi

nistero dei beni culturali con un dipendente professionale aven

te qualifica funzionale di architetto.

Giova premettere che la causa è principalmente impostata dalla

ricorrente, arch. Emilia Pellegrino, sulla prevalenza del proprio

profilo professionale rispetto al principio di gerarchia; donde

l'illegittimità degli ordini del superiore arch. Mola, sovrinten

dente ai beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Ba

ri, in merito al parere da rivolgere all'Anas sull'abbattimento

di taluni pini in sede di ristrutturazione di una strada statale; e di qui l'ulteriore conseguenza, nell'ottica della parte attrice, della legittimità del proprio comportamento e della sua non san

zionabili (primo mezzo).

i quali l'art. 20 d.p.r. 27 marzo 1969 n. 130 prevede una disciplina

analoga a quella di cui all'art. 17 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, rileva

che la reiterazione per iscritto dell'ordine impartito verbalmente ha il

solo scopo di salvaguardare il dipendente da eventuali responsabilità

conseguenti all'esecuzione di ordini illegittimi; da ciò derivando l'inap

plicabilità della norma nel caso di ordine la cui esecuzione non può

neppure in astratto configurare responsabilità a carico del dipendente; Tar Umbria 18 aprile 1988, n. 141, Trìb. amm. reg., 1988, I, 1721 — solo massima — secondo cui, in forza del vincolo di subordinazione, il pubblico dipendente è obbligato a dare esecuzione ad un ordine ille

gittimo, ma non vietato da una norma penale, se confermata per iscrit

to; Tar Lazio, sez. II, 30 aprile 1988, n. 643, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 1041, ritiene non necessari due successivi ordini scritti del

superiore gerarchico per poter concretizzare il dovere di esecuzione e,

conseguentemente, per sanzionarlo.

Tar Liguria 4 marzo 1982, n. 127, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1053; Tar Calabria 17 dicembre 1985, n. 841, id., Rep. 1987, voce cit., n.

1032; Tar Lazio, sez. Ili, 21 dicembre 1987, n. 2254, id., 1989, III,

88, con nota di richiami, ritengono l'illegittimità delle sanzioni discipli nari allorché il comportamento del pubblico dipendente sia da intender si come espressione del diritto di critica e manifestazione del pensiero nei confronti dell'operato della pubblica amministrazione di apparte nenza (nelle fattispecie considerate sono state ritenute tali le afferma

zioni critiche, riportate in una lettera inviata ad un giornale, rispettiva mente: da un funzionario dell'Inps in ordine ai metodi di svolgimento delle operazioni concorsuali, da un insegnante di scuola media in rela zione al proprio rifiuto a percepire il compenso per la sua partecipazio ne agli esami e da un dirigente superiore del Consiglio nazionale delle

ricerche per le inefficienze della pubblica amministrazione in occasione della spedizione italiana in Antartide).

Sulla legittimità di un motivato dissenso del pubblico dipendente ri

spetto alle scelte dell'amministrazione: Tar Lombardia 13 maggio 1981, n. 453, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1037, ha ritenuto che non può formare motivo di addebito disciplinare a carico di un funzionario la

circostanza che costui nell'adoperarsi per migliorare l'efficienza del ser

vizio, in cui egli stesso operi in posizione di particolare prestigio e re

sponsabilità, esprima il proprio motivato dissenso sulle modalità di svol

gimento dell'azione amministrativa; Corte conti, sez. II, 16 marzo 1988, n. 42, cit., ha escluso possa configurarsi come violazione di obblighi di servizio il dissenso verso le decisioni degli organi sovraordinati, ove

risulti fondato su elementi di obiettiva fondatezza. La giurisprudenza amministrativa è consolidata ne! ritenere che nel

procedimento disciplinare a carico dei pubblici dipendenti l'apprezza mento dei fatti, la valutazione delle prove e la gravità della sanzione si sottraggono al sindacato di legittimità coinvolgendo valutazioni di

merito, purché non ricorrano nell'atto amministrativo sanzionatorio le

figure dell'eccesso di potere: cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 ottobre 1989, n. 680 e 22 giugno 1989, n. 381, id., 1990, III, 414, con nota di richia

mi; Tar Lombardia 12 giugno 1987, n. 392, id., Rep. 1988, voce Impie gato degli enti locali, n. 149, che, in particolare, ha affermato che non si sottrae al controllo del giudice amministrativo l'accertamento dell'e

sistenza, pertinenza e congruenza tra il presupposto comportamento in frattivo e la sanzione irrogata.

Per alcune fattispecie particolari, v. Cons. Stato, sez. II, 19 dicembre

1979, n. 622/78, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1052, secondo cui è legitti mamente irrogata una sanzione disciplinare all'impiegato che abbia ri tardato l'espletamento di una pratica, malgrado la sollecitazione del

superiore; Cons. Stato, sez. Ili, 26 aprile 1989, n. 1562, id., Rep. 1989, voce cit., n. 1076, ha ritenuto non giustificata l'irrogazione di una san zione disciplinare a carico di un funzionario per la mancata evasione di una pratica da parte del funzionario direttivo subordinato, quando

Il Foro Italiano — 1991.

La tesi è in primo luogo non conferente, per cosi dire, sul

piano formale.

Se anche fosse esatto l'assunto, esso sarebbe, però, irrilevan

te ai fini di una soluzione favorevole per l'istante, atteso che

fra i compiti generali di ogni dipendente pubblico, e dunque fra i doveri di ufficio, vi è quello di adempiere gli ordini del superiore anche se illegittimi, nel quale ultimo caso il dovere

di adempimento è soggetto alla previa rimostranza da parte del

dipendente ed alla riproduzione dell'imposizione del superiore

per iscritto.

L'ordine diviene in tale evenienza — salvo il caso del rilievo

penale, che qui non viene in evidenza — un dovere non rifiutabi

le per qualunque dipendente, a qualsiasi ruolo, anche profes

sionale, egli appartenga; e l'atto nel quale il medesimo ordine

è contenuto si atteggia come un provvedimento amministrativo

di carattere organizzativo imperativo ed esecutivo, soggetto sol

tanto a ricorso (e ad eventuale sospensione ad opera del giudi

ce su apposita istanza dell'interessato) (cfr. Tar Umbria 14

aprile 1988 n. 1410; cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 novembre

1985, n. 420, Foro it., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato,

n. 504). Nella fattispecie tale ricorso non intervenne a tempo; e il prov

vedimento, configurato da ben tre ordini scritti di fronte ai ri

petuti rifiuti della funzionaria, si è per lei consolidato, venendo

perciò in ogni modo a rappresentare un elemento della fattispe cie di inosservanza dei doveri di ufficio sanzionabile con la mi

sura della riduzione stipendiale a mente dell'applicato art. 80,

lett. c, t.u. 10 gennaio 1957 n. 10.

Ma la tesi di parte agente non appare corretta neppure da

un punto di vista sostanziale.

In primo luogo, nei confronti dei problemi di tutela ambien

tale e paesaggistica possono certamente presentarsi diversità di

veduta professionale fra i vari dipendenti e possono succedersi

e accavallarsi valutazioni di segno differente su uno stesso

problema.

Ma, come esattamente nota la relazione dell'amministrazione

per la commissione di disciplina, è il dirigente dell'ufficio che «raccoglie i pareri dei collaboratori» e che «sulla base delle pro

prie elaborazioni, quale organo preposto all'ufficio e unico re

sponsabile delle decisioni adottate, ordina la stesura del provve dimento».

Ciò è confermato dallo stesso profilo di architetto (v. la pub blicazione dei profili di cui al d.p.r. 1219/84 sul suppl. ord.

alla G.U. 30 ottobre 1985 n. 256) invocato dalla Pellegrino sia

nelle difese durante il procedimento sia nel ricorso.

In tale profilo si parla di collaborazione (il termine non ha

bisogno di spiegazioni) alla redazione degli atti di competenza delle professionalità superiori; e sebbene il profilo si riferisca

anche al rispetto dei limiti e delle prerogative della professione, tale rispetto viene inquadrato «nell'ambito delle norme generali e speciali che regolano il settore» di amministrazione, fra le

quali prime quelle organizzative sul principio gerarchico che tro

vano ancora supporto nel t.u. del 1957.

Né può dirsi che con i ripetuti ordini del superiore, sia stata

coartata la libertà di pensiero e di professione della dipendente. Vale osservare al riguardo, con la relazione del sovrintendente,

ricorrano eccezionali motivi (nella specie ingente mole di lavoro pro trattasi per molti anni).

II. - In ordine alla responsabilità dei capi di ufficio, la 1. 6 aprile 1983 n. 93 — legge quadro sul pubblico impiego — ha ribadito (art. 22) che gli stessi sono perseguibili, oltre che sul piano disciplinare, an che su quello amministrativo-contabile per il mancato esercizio del po tere di controllo in ordine all'osservanza, da parte del personale addet

to, dei doveri di ufficio e degli adempimenti di lavoro a ciascuno as

segnato. Da ultimo, si segnala che la nuova legge sul procedimento ammini

strativo, 1. 7 agosto 1990 n. 241 (Le leggi, 1990, I, 1564), le cui disposi zioni impongono di individuare un responsabile del procedimento (art. 4 e 5), sia per la fase istruttoria che per l'adozione del provvedimento finale, nonché la nuova configurazione del reato di rifiuto ed omissione di atti di ufficio determineranno indubbie modifiche nell'ambito del

l'organizzazione degli uffici.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

che gli ordini non tendevano certamente a far mutare avviso

all'architetto Pellegrino, avviso di cui rimaneva e rimane am

plissima traccia agli atti della pratica, con conseguente esclusio

ne, per la dipendente stessa, di qualsivoglia responsabilità, esterna

e verso l'amministrazione. La richiesta che il sovrintendente,

tuttavia, poteva pretendere fosse esaudita era invece quella di

portare a completamento l'istruttoria con un parere corrispon dente alla sua valutazione, essendo normale in qualsiasi struttu

ra che i compiti del funzionario si esplichino secondo le diretti

ve e in conformità con l'orientamento e le valutazioni del re

sponsabile dell'ufficio.

Né si trattava di ordini con oggetto esulante dalle competenze della dipendente, posto appunto che, lungi dal mal interpretare nella specie il principio di gerarchia, l'amministrazione (nella fase dell'amministrazione attiva e in quella della procedura di

sciplinare) ha potuto esattamente ritenere che le incombenze del

l'architetto, come si ripete, stanno nella raccolta ed elaborazio

ne dei dati secondo le proprie conoscenze tecnico-scientifiche

e nell'attuazione delle istruzioni del dirigente quand'anche di

vergenti dalle proprie opinioni. Nemmeno potrebbe obiettarsi che l'esecuzione dell'ordine fosse

impossibile. Nei fatti è avvenuto che dopo una fase in cui la sovrintenden

za, seguendo evidentemente le opinioni della Pellegrino, si era,

in varie riprese, dichiarata contraria all'abbattimento dei pini

per far luogo all'allargamento della strada nazionale, lo stesso

sovrintendente ha effettuato un sopralluogo. All'esito dello stesso, dopo aver ottenuto una impostazione

parzialmente diversa del progetto, il sovrintendente perveniva alla conclusione che si potesse autorizzare la richiesta di abbat

timento delle essenze arboree, del resto ubicate in zona non vin

colata, entro il numero concordato e con la modalità del re

impianto di alberi a sostituzione di quelli perduti, il tutto sulla

base di uno stralcio planimetrico offerto dall'Anas (cfr. nota

3 febbraio 1987 sulla quale vi è il primo invito alla Pellegrino

ad aggiornare il parere accettando la proposta).

L'ordine, sulla base dell'accordo preventivo e della strumen

tazione topografica, era perfettamente comprensibile ed attua

bile dalla funzionarla.

Costei annotava una prima ripulsa, adducendo non l'impos sibilità o l'incomprensibilità dell'ordine, ma l'espressione del pro

prio avviso contrario. In calce a detta annotazione, il 20 feb

braio 1987, il sovrintendente ribadiva una prima volta la richie

sta, da considerare come ordine, di predisporre la lettera di

risposta all'Anas alla stregua delle proprie valutazioni e delle

nuove proposte dell'Anas.

Ad una nuova risposta negativa dell'architetto (21 febbraio

1987) seguivano l'ultimo e ribadito ordine del sovrintendente

(annotato ancora in calce il 24 febbraio 1987) e la restituzione

del fascicolo al superiore (il 28 febbraio di quell'anno ad opera della dipendente).

Orbene, dire che l'ordine era ineseguibile, ovvero ipotizzare, come pure è stato fatto nella replica alle contestazioni e nel

ricorso, che il sovrintendente architetto Mola avesse voluto avo

care a sé la pratica equivale, per un verso, a dare alle parole in italiano un significato della lingua sanscrita (ordine = avo

cazione) e, per altro verso, ad ipotizzare che si intendesse chie

dere alla Pellegrino un coinvolgimento personale nella presa di

posizione dell'ufficio, laddove, viceversa, si trattava unicamen

te di riportare nel parere il contenuto, per altro assai semplice

e piano, delle valutazioni del capo della struttura, al quale sola

mente quelle valutazioni avrebbero potuto fare carico.

È questo il sistema ancora vigente nel pubblico impiego (cfr.

Cons. Stato, sez. VI, 8 luglio 1982, n. 360, id., Rep. 1982,

voce Istruzione pubblica, n. 183), anche quello di tipo profes

sionale, che esattamente viene evidenziato nel parere della com

missione di disciplina sotteso alla sanzione irrogata.

D'altro canto, la stessa struttura, ancora sostanzialmente pi

ramidale, del sistema dell'impiego pubblico, per il suo carattere

generalizzato, copre ogni appunto di presunta dequalificazione — cui si accenna in ricorso — dell'opera dell'architetto: il tito

lare di tale qualifica, per il fatto di dover rispettare — oltre

alle regole professionali — anche l'ordine del superiore, quando

pure non condiviso, non si può ritenere assimilato ad un impie

gato di concetto, proprio per la circostanza di trovarsi inserito

Il Foro Italiano — 1991.

in un complesso impostato sulla responsabilità dei dirigenti (che recenti iniziative governative vogliono d'altro canto accentuare).

Pertanto, il provvedimento non si presta alla censura di aver

mal invocato il principio di gerarchia, non potendosi assecon

dare né la tesi dell'avocazione (della quale si è ripetutamente

detto), né quella secondo cui il principio poteva essere rispetta to semplicemente con la restituzione del fascicolo al superiore; basti pensare, a quest'ultimo proposito, ai gravissimi inconve

nienti cui la già disastrata amministrazione pubblica andrebbe

incontro qualora una prassi di tal genere si dovesse diffondere, anche a volerla limitare ai soli settori delle professioni.

E corretta appare pure, in definitiva, la scelta, non certo con

traddittoria, di far prevalere siffatto principio di gerarchia sulle

argomentazioni rese dalla Pellegrino, pur se giudicate intrinse

camente pregevoli. Il loro valore, in effetti, non poteva e non

può operare da esimente di fronte ad una condotta di ripetuta

(per quattro volte) reiezione nell'accettazione dell'ordine, per

giunta non illegittimo e comunque non impugnato, del superiore.

Queste stesse considerazioni consentono di respingere anche

il secondo e subordinato motivo di gravame, con cui l'interessa

ta adduce un eccesso di sanzione rispetto al comportamento as

sunto, sorretto da questioni di principio, rappresentate, inoltre,

in modo «pregevole». La pregevolezza dello scritto difensivo, invero, e la posizione

a tutela di un principio in cui si era collocata la Pellegrino si

scontrano con un principio ancor più saldo, allo stato del dirit

to organizzativo vigente nella compagine del pubblico impiego

statale, ossia quello in forza del quale nel flusso operativo del

l'azione amministrativa si inseriscono non soltanto le regole ge nerali delle fonti normative, ma anche e, si potrebbe dire, in

prima linea le regole dettate puntualmente dai propri dirigenti.

Queste ultime vengono a costituire, dunque, uno dei contenuti

dei doveri di ufficio. Ed è innegabile che la violazione di tali doveri quando di

accentuata gravità (come è obiettivamente avvenuta nella spe

cie) rappresenta, a sua volta, una delle ragioni per l'applicazio ne proprio di quella sanzione che è stata inflitta, cioè della ridu

zione dello stipendio, comunque irrogata nella minima misura

possibile (1/10 dello stipendio per un solo mese). Per tutte le considerazioni svolte il ricorso deve essere re

spinto.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA; sezione di Catanzaro; sentenza 17 aprile 1989,

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA; sezione di Catanzaro; sentenza 17 aprile 1989,

n. 578; Pres. Gentile, Est. Salvatore; Comune di S. Sosti

(Avv. Guaglianone) c. Regione Calabria, Cundari (Aw.

Lopera).

Elezioni — Comune con meno di 5.000 abitanti — Consigliere

dimissionario — Diniego di surrogazione — Legittimità (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la composizione

e la elezione delle amministrazioni comunali, art. 2, 8, 36,

55, 75, 76).

È legittima la deliberazione con cui il consiglio di un comune

di meno di cinquemila abitanti nega la surrogazione di un

consigliere dimissionario. (1)

(1) Sul problema della surrogabilità o meno del consigliere di un co

mune con meno di cinquemila abitanti, nel quale le elezioni si svolgono secondo il metodo maggioritario, la giurisprudenza è divisa: nello stes

so senso della non surrogabilità, v., oltre a Tar Calabria 16 ottobre

1989, n. 1352, Trìb. amm. reg., 1989, I, 4545, Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 1989, n. 406, Foro it., Rep. 1989, voce Elezioni, n. 106 e

25 maggio 1987, n. 331, id., Rep. 1987, voce cit., n. 140; nonché Tar

Campania, sez. II, 7 luglio 1987, n. 282, ibid., n. 142 e Tar Sardegna 17 marzo 1986, n. 172, id., Rep. 1986, voce Comune, n. 162.

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