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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione III; sentenza 19 marzo 1979, n. 250; Pres....

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Sezione III; sentenza 19 marzo 1979, n. 250; Pres. Battara, Est. Farina; Soc. coop. S. Pietro Apostolo e altri (Avv. Sorrentino, Greco, Anania) c. Min. sanità (Avv. dello Stato Ferri) Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980), pp. 327/328-333/334 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171191 . Accessed: 28/06/2014 12:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.158 on Sat, 28 Jun 2014 12:27:04 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III; sentenza 19 marzo 1979, n. 250; Pres. Battara, Est. Farina; Soc. coop. S. PietroApostolo e altri (Avv. Sorrentino, Greco, Anania) c. Min. sanità (Avv. dello Stato Ferri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 327/328-333/334Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171191 .

Accessed: 28/06/2014 12:27

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PARTE TERZA

qualità di componente del Consiglio superiore (cfr. art. 33 legge 24 marzo 1958 n. 195).

Ora, sembra al collegio che alla omogeneità delle posizioni dei

magistrati e dei professori universitari, che consegue all'apprez zamento, da parte del legislatore, del fatto che per entrambe le

categorie di impiegati dello Stato ricorrono situazioni partico lari che rendono opportuno stabilire per esse un trattamento

speciale in relazione alla effettiva possibilità di continuare ad

esercitare le rispettive funzioni pur nel corso dell'espletamento del

mandato al Consiglio superiore della magistratura, non corrispon da invece una omogeneità nella attribuzione degli assegni e delle

indennità connesse all'esercizio di detto mandato, dal momento

che, mentre ai componenti del consiglio stesso eletti dai magistrati viene corrisposto^ in base alla disposizione dell'art. 40 legge n.

195 del 1958, il trattamento previsto per le rispettive categorie di appartenenza, ai componenti eletti dal Parlamento (e, fra que sti, i professori universitari ordinari) viene corrisposto, in base

alla stessa disposizione, un assegno mensile lordo « pari al trat

tamento complessivo spettante, per stipendio e indennità di rap

presentanza, ai magistrati indicati nell'art. 6, n. 3, legge 24 mag

gio 1951 n. 392» e, comunque, il trattamento più favorevole.

Ciò vuol dire che, nel caso degli impiegati dello Stato profes sori universitari, componenti del Consiglio superiore, gli assegni e le indennità corrisposti per tale prestazione volontaria di ser

vizio rimangono istituzionalmente distinti dai corrispettivi dovuti

per le prestazioni inerente al loro rapporto di impiego, a diffe

renza degli assegni corrisposti per l'identica prestazione di servi

zio agli impiegati dello Stato magistrati, al pari dei primi compo nenti del Consiglio superiore.

Sotto questo profilo, pertanto, il collegio è dell'avviso che le

disposizioni, del citato art. 40 non vadano esenti da seri dubbi di incostituzionalità, in relazione al principio di eguaglianza fis sato dall'art. 3 Cost., laddove esse sottopongono a discipline re tributive diverse situazioni uguali, perché ugualmente conside rate dalla legge rispetto al mantenimento delle relative funzioni

impiegatizie, contemporaneamente all'esercizio del mandato pres so il Consiglio superiore.

Peraltro, le disposizioni stesse, in quanto causa diretta della denunciata diseguaglianza delle posizioni retributive, potrebbero anche apparire in contrasto con il principio della proporzionalità delle retribuzioni in rapporto alla qualità e alla quantità del

l'opera prestata, fissata dall'art. 36 Cost., in relazione al carattere

particolare della attività che tutti indistintamente i componenti del Consiglio superiore della magistratura sono ugualmente, col

legialmente e paritariamente chiamati a svolgere: attività che pre

scinde, come già si è detto, dalla estrazione professionale o im

piegatizia dei singoli membri dello stesso organo, per comporsi invece in una stessa e identica funzione che, in base al più volte citato art. 40 legge n. 195 del 1958, si presenta invece compensata in misura diversificata e in maniera non uniforme in proporzione alle identiche funzioni e posizioni che i componenti del Consi'

glio superiore assolvono ed assumono, senza distinzione alcuna, in seno al consiglio stesso.

Infine, anche in relazione alla dedotta violazione del principio del buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.) la que stione di legittimità costituzionale non appare manifestamente

infondata, con riguardo alla sospetta arbitrarietà della disciplina contenuta nel citato art. 40, rispetto ai fini che l'art. 97 Cost,

prescrive, non potendosi escludere il dubbio che una possibile irrazionale e diversificata corresponsione di assegni e indennità ad appartenenti al medesimo organo ed investiti delle medesime

funzioni, quale sembra posta in essere dall'anzidetta disciplina,

possa compromettere il buon andamento dell'organo stesso e ri

sultare pertanto incompatibile con la finalità che l'art. 97 citato

assegna al potere di organizzazione dei pubblici uffici.

Per questi motivi, dispone la immediata trasmissione degli atti

alla Corte costituzionale per il giudizio sulla legittimità costitu

zionale dell'art. 40 legge 24 marzo 1958 n. 195, per contrasto

con gli art. 3, 36 e 97 Cost., ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione III; sentenza 19 marzo 1979, n. 250; Pres. Bat

tara, Est. Farina; Soc. coop. S. Pietro Apostolo e altri (Avv. Sorrentino, Greco, Anania) e. Min. sanità (Avv. dello Stato

Ferri).

Alimenti e bevande (igiene e commercio) — Prodotti ittici —

Contaminazione da mercurio — Divieto di impiego per uso

alimentare — Legittimità (Legge 13 marzo 1958 n. 296, costi

tuzione del ministero della sanità, art. 1, 2; legge 30 aprile 1962 n. 283, modifica degli art. 242, 243, 247, 250 e 262 t.u.

delle leggi sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265. Disciplina igie nica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari

e delle bevande, art. 4, 5, 7, 18).

È legittimo il provvedimento con il quale il ministro della sanità

vieta l'impiego per uso alimentare di prodotti della pesca con

taminata da mercurio oltre un determinato limite, prescriven do anche i relativi metodi di analisi (nella specie, la legittima zione ad impugnare tale provvedimento è stata riconosciuta

ad esercenti le attività di pesca e di lavorazione industriale dei

prodotti ittici da esso contemplati). (1)

Il Tribunale, ecc. — 1. - È necessario innanzitutto chiarire, al

fine di valutare correttamente la censura proposta, il contenuto

dispositivo del decreto 13 maggio 1976 del ministro per la sanità,

che è stato impugnato e la cui lettura si mostra in parte disage vole per quel che riguarda gli art. 1 e 3.

1.1. - Con l'art. 1 si dispone l'estensione al tonno congelato di origine nazionale o dei paesi CEE ed « ai prodotti di utilizza

zione industriale (inscatolati, surgelati o comunque conservati)

appartenenti alla specie degli squali, pesce spada e tonni », delle

« disposizioni di cui agli art. 1 e 2 » d. m. 29 marzo 1974 « concer

nenti il limite di contaminazione da mercurio dei prodotti alimen

tari della pesca ».

Il richiamo all'art. 1 del decreto del 1974 è di piana interpre tazione per quel che concerne i prodotti di provenienza estera, cioè né nazionali né di origine CEE (ai quali ultimi va riservata

la stessa disciplina emanata per i prodotti nazionali): il limite

di contaminazione da mercurio opera ai fini della loro ammis

sione all'importazione.

Nulla è chiarito invece a proposito dei prodotti nazionali e

comunitari. Sembra quindi di dover concludere che il limite in

questione operi come dichiarazione di nocività che si risolve in

un divieto di impiego per usi alimentari. A questa conclusione — che, ai fini dell'efficienza e dell'opportunità dell'azione ammi

nistrativa, sarebbe stato forse utile avesse fatto esplicito riferi

mento il provvedimento impugnato — si può pervenire tenuto

conto del fine generale cui deve ispirarsi l'attività del ministero

intimato in attuazione dell'art. 32 Cost.: la tutela della salute

pubblica (art. 1 legge 13 marzo 1958 n. 296: costituzione del mi

nistero della sanità), nonché delle manifestate ragioni che aveva

no ispirato l'adozione del precedente decreto del 1974 (indicate

nell'opportunità di ridurre la quantità di mercurio che l'organi

(1) Sentenza di un certo rilievo, principalmente sotto due profili: in ordine alla riconosciuta legittimazione processuale in capo ad una società cooperativa di esercenti le attività di pesca e di lavo razione industriale dei prodotti ittici e sul punto del riconoscimento al ministro della sanità di un potere generale di intervento nel cam

po dell'alimentazione, alla luce dell'art. 32 Cost, che individua qua le compito primario dello Stato la tutela della salute pubblica.

In ordine al primo aspetto, cfr. Ad. plen. 19 ottobre 1979, n. 24, Foro it., 1980, III, 1, con osservazioni di A. Romano, sull'annoso

problema della legittimazione processuale di « Italia Nostra » e Cons.

Stato, Sez. V, 18 maggio 1979, n. 378, id., 1980, III, 54, con osser vazioni di R. Ferrara e Cons. Stato, Sez. IV, 29 aprile 1980, n. 473, in questo fascicolo, III, 281.

Circa il secondo aspetto, che rappresenta il thema decidendum della sentenza che si riporta, non si rinvengono precedenti editi nei termini precisi della massima (e, infatti, il decreto ministeriale im

pugnato è recente, risalendo al 13 maggio 1976). Per qualche riferimento in ordine al potere del ministro della sanità

di fissare con decreto il limite di contenuto di mercurio per il pesce d'importazione, cfr. Trib. Livorno 6 novembre 1976, Foro it., Rep. 1978, voce Sanità pubblica, n. 124. Per riferimenti sul generale potere di intervento e di decretazione del ministro della sanità in materia di alimenti e bevande, cfr. Cass. 15 dicembre 1976, Broccardo, id., Rep. 1977, voce Alimenti e bevande, nn. 18-20, cui adde, sotto un diverso

profilo, Cass. 25 ottobre 1977, Casoky, id., Rep. 1978, voce cit., n. 15. Per riferimenti di portata più generale sul potere di decreta zione che compete al ministro della sanità, alla luce dell'art. 32

Cost., pur in assenza di una specifica disposizione di legge, cfr. T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 9 gennaio 1978, n. 7, id., 1979, III, 289, con esauriente nota di richiami (sull'impiego di coloranti nocivi nelle tinture per capelli). In dottrina, cfr. G. Veneziano, Spunti critici in tema di tutela della salute nella legislazione alimentare, in Giusi,

pen., 1978, III, 248.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

smo umano può assorbire attraverso l'alimentazione entro un li

mite di salvaguardia prudenzialmente calcolato).

In definitiva il divieto di impiego per l'alimentazione, e perciò di immissione al consumo, può cosi riassumersi: a) prodotti con

gelati: squali e pesce spada (art. 2 d. m. del 1974); tonno (art. 1 decreto impugnato); b) prodotti conservati: tutte e tre le spe

cie (art. 1 decreto impugnato); c) prodotto fresco: nessun limite.

Ovviamente, si ripete, ciò riguarda i prodotti ittici di origine nazionale o comunitaria, che qui interessano.

1.2. - Con l'art. 3 del provvedimento si stabilisce che nei con

fronti dei prodotti di cui all'art. 1 si devono applicare le dispo

sizioni di cui agli art. 2, 3 e 4 d. m. 14 dicembre 1971. Ciò signi fica che, per i prodotti ittici nazionali e comunitari colpiti da

divieto, si deve far applicazione, per determinare la quantità di

mercurio in essi presente, del metodo di analisi indicato nell'art.

4 d. m. del 1971.

2. Le precisazioni ora fatte consentono, in primo luogo, di

riconoscere l'interesse ad agire dei ricorrenti, i quali, come eser

centi attività di pesca o di lavorazione industriale dei prodotti

contemplati dal provvedimento, ne subiscono un pregiudizio di

retto e attuale, consistente nella necessità di cautelarsi dall'even

tualità di porre in commercio pesce contenente mercurio in quan titativo superiore al limite stabilito siccome pericoloso alla salute

pubblica (art. 444 cod. penale).

3. - Con il primo motivo del ricorso si sostiene che né la legge 13 marzo 1958 n. 296, né la legge 30 aprile 1962 n. 283, né in

fine il r. d. 1. 7 luglio 1927 n. 1548- attribuiscono al ministero

della sanità un potere di emanare atti generali volti a fissare « le

caratteristiche organiche naturali degli alimenti e a porre limita

zioni e divieti per l'introduzione nel territorio nazionale di tali

alimenti ».

Ritiene la sezione che la tesi non sia da condividere, sicché

non si rende necessario impegnarsi nella verifica dell'ammissibi

lità della doglianza, cosi com'è stata sviluppata nella memoria

prodotta per l'udienza, che può far sorgere dubbi sull'apparte nenza alla giurisdizione generale di legittimità della questione

(esposta in termini di carenza di potere del ministero della sa

nità e di interferenza in materia riservata alla legge).

A non consentire su quanto si sostiene col ricorso inducono, come ora si esporrà, una diversa definizione del provvedimento

rispetto a quella proposta e l'individuazione di una ratio nelle

leggi che governano le attribuzioni del ministero della sanità

che esclude ci si possa arrestare, quanto alla tipicità del conte

nuto degli atti che quella amministrazione può emanare e, per ciò, quanto al potere che in concreto può esercitare, alla sola

formulazione letterale della norma.

3.1. - Si è già ricordato che, a norma dell'art. 32 Cost., è com

pito primario dello Stato la tutela della salute pubblica. Fra i

numerosi soggetti ed organi pubblici che, con strumenti e modi

diversi, sono preposti alla cura di codesto interesse, la posizione

preminente spetta al ministero della sanità, come già si evince

dalle specifiche attribuzioni a questo scopo conferitegli con gli art. 1 e 2 della legge istitutiva (n. 296 del 1958).

È certo, in particolare, che la facoltà di emanare « per la tu

tela della salute pubblica istruzioni obbligatorie per tutte le am

ministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari » (art.

1, n. 3, legge citata), se può far pensare unicamente ad atti che

risolvono i propri effetti all'interno dell'organizzazione sanitaria

pubblica, tuttavia è indicativa di una competenza ad esprimere valutazioni di ordine generale, alle quali devono attenersi « tutte

le amministrazioni » e gli organi collegati e dipendenti.

È questo perciò un primo elemento da tener presente. 3.2. - In materia di sostanze alimentari la disciplina di base è

contenuta nella legge 30 aprile 1962 n. 283 (modificata con legge 26 febbraio 1963 n. 441).

Va premesso che le norme di cui ora si discute sono impron tate ad una tecnica espositiva per qualche verso molto analitica

e, a volte, imperfetta (art. 4: « chiunque produce, prepara, de

tiene, vende o pone in vendita...»; art. 5: «è vietato impie

gare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere

per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o

comunque distribuire per il consumo...»; art. 18: «le dispo

sizioni di cui agli art. 5 ... si applicano quando i fatti ivi con

templati non costituiscono reato più grave ai sensi di altre dispo sizioni » e nell'art. 5 sono imposti soltanto divieti, mentre solo

con l'art. 6 sono poste le relative sanzioni penali). Ciò implica che

Il Foro Italiano — 1980 — Parte ///- 23.

se è sempre opera dell'interprete ridurre ad unità, a sistema, la

varietà delle disposizioni di cui deVe fare applicazione, l'opera zione appare ancor più giustificata di fronte alla minuziosità delle

leggi che qui si considerano.

Ora l'obiettivo di fondo della intervenuta normativa è quello di porre una disciplina, della produzione e del commercio degli alimenti, volta all'eliminazione di qualsiasi pericolo per i cit

tadini.

Sono perciò conferiti al ministro per la sanità poteri di consi

stente ampiezza volti a determinare limiti di tollerabilità d'ali

menti per l'organismo umano, e conseguenti divieti di immissione

al consumo, poteri che se commessi in relazione a prevedibile, e

certo più frequente, alterazione di cibi e bevande per manipola zioni deliberatamente eseguite, non prescindono però da pericoli di nocività obiettivamente sussistenti e non derivanti da specifica volontarietà dell'azione umana.

Così in tema di cariche microbiche (art. 5, lett. c), ove si affida

al regolamento di esecuzione o ad ordinanze ministeriali il fissare

i limiti entro i quali gli alimenti non presentano pericolo (si ve

dano le ordinanze ministeriali in data 11 ottobre 1978 - G. U.,

suppl. ord. n. 346 del 1978 - ed in data 13 dicembre 1978 - G. U.

n. 351 del 1978). Cosi in tema di alimenti contenenti residui di

prodotti usati a protezione delle piante o a scopo di conserva

zione, se trattasi di alimenti immagazzinati (art. 5, lett. h), ove

è demandato al ministro di stabilire con ordinanza quali siano

i limiti quantitativi e temporali, cioè di distanza dal trattamento

subito, che non espongono a possibilità di danno. Cosi in tema

di alimenti « che abbiano subito aggiunte o sottrazioni o speciali trattamenti » (art. 7), ove è conferito al ministro di consentirne

la produzione e la vendita « con proprio decreto, sentito il con

siglio superiore di sanità ». Cosi' infine negli art. 10 (sostanze co

loranti), 11 (utensili o recipienti per alimenti), 22 (additivi chi

mici). Le norme esaminate sono indicative dell'attribuzione al mini

stro per la sanità di un generale potere, a fini di tutela della

salute pubblica, di fissare limiti quantitativi alla presenza di ele

menti, in cibi e bevande, la cui assunzione può determinare peri coli per l'organismo umano. E già questa conclusione impedisce di accogliere la censura dedotta.

Nella specie poi va rilevato che il citato art. 7 legge n. 283

del 1962 non può che riferirsi all'opera diretta dell'uomo, quan do ha riguardo agli « speciali trattamenti » subiti dagli alimenti,

per i quali il ministro può permettere la produzione. Quando però ha riguardo alle aggiunte o sottrazioni subite dalla sostanza ali

mentare, pur se esse sono menzionate nello stesso contesto in cui

sono previsti i trattamenti, non sembra che necessariamente ci

si debba riferire a manipolazioni comunque operate dall'uomo, ma

che si può aver riguardo anche a fattori naturali, dai quali, come

nel caso di specie, possa esser derivato un aumento di compo nenti nocivi, che in minor quantità sono normalmente reperibili nei prodotti ittici di cui si tratta. Da qui la riconducibilità allo

specifico potere di consentire produzione e vendita degli alimenti

indicati nell'art. 7 del decreto impugnato.

4. - L'ulteriore argomentazione svolta con il primo motivo, se

condo la quale il provvedimento è venuto a rendere impossibile la prosecuzione dell'attività di lavorazione dei prodotti ittici in

parola, attiene:

4.1. - in sé considerata, a valutazioni di opportunità che non

è dato, in questa sede, sindacare;

4.2. - in relazione alla pretermissione dei risultati di un'inda

gine effettuata su un campione significativo di popolazione ita

liana, a censura di illegittimità per eccesso di potere sotto il pro filo del difetto di istruttoria o di motivazione, la cui consistenza

viene esaminata con il quarto, quinto e settimo motivo.

5. - Conviene darsi carico di affrontare subito le censure ora

indicate, poiché hanno tutte attinenza con la principale statui

zione del decreto impugnato, quella diretta a stabilire il limite

di contaminazione da mercurio di tonni, squali e pesci spada

congelati o comunque conservati.

5.1. - Si denunzia, col quarto motivo, il difetto di motivazione

di una tal misura, che è negativa per l'attività della pesca e di

lavorazione dei relativi prodotti, anche in relazione alla diversa

determinazione, contenuta nel d. m. 29 marzo 1974 (che non sot

toponeva a limiti né il tonno congelato, né i prodotti conservati).

L'assunto non pare da condividere.

Il provvedimento fa riferimento alle ulteriori indagini eseguite, cioè dopo il marzo 1974, ed al parere espresso dal consiglio su

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PARTE TERZA

periore di sanità. Il consiglio si è pronunciato, come è esplicita mente affermato nel parere che ha reso, sulla scorta di apposita

relazione della direzione generale per l'igiene degli alimenti e la

nutrizione.

È a questi due atti cui occorre riferirsi per rilevare le ragioni

che sorreggono il provvedimento. Sicché, sotto il profilo formale, non v'è carenza di motivazione.

Neppure sotto il profilo sostanziale però sussiste un tale vizio

di legittimità. Si rileva infatti dalla relazione: che erano stati con

dotti ulteriori accertamenti sul contenuto di mercurio dei pro

dotti alimentari della pesca di origine nazionale, i cui risultati

erano significativi nel senso che le percentuali di campioni di

prodotti nazionali che superavano il limite di 0,7 parti per mi

lione erano dello stesso ordine di grandezza di quelle rilevate

per i prodotti importati, come risultava da apposita tabella di

comparazione; che era stato tenuto debito conto, oltre che delle

ricerche eseguite a Carloforte, cui accennano i ricorrenti, anche

di altre indagini effettuate successivamente in zone diverse, ed

inoltre a Bagnara Calabra ed a Piacenza; che erano state com

piute indagini anche sul tonno in scatola, esaminate dal labora

torio di igiene e profilassi di Roma, che aveva rilevato un lieve

aumento della percentuale di contenuto in mercurio, dovuta però a poche ditte che orientavano i loro acquisti verso prodotti più contaminati, « mentre quasi tutta l'industria lavora tonno a basso

contenuto di mercurio ». Considerazione quest'ultima che vale

a dimostrare che il procedimento non può aver determinato il

fermo dell'industria di lavorazione del tonno, ma può solo aver

opportunamente interferito negativamente sull'attività di una mi

noranza di imprese, obbligandole ad essere più attente negli ac

quisti del prodotto in questione.

5.2. - Con il quinto motivo si lamenta eccesso di potere per carenza di presupposto e contraddittorietà col precedente d. m.

29 marzo 1974.

La censura trae sostegno dal difetto di motivazione di cui s'è

trattato al par. 5.1.

Rilevatosi che il provvedimento è immune dal vizio denunziato, non può accogliersi neanche la doglianza che se ne fa discendere

relativamente a mancanza di parere del consiglio superiore di

sanità sulla modifica del regime, rispetto al provvedimento del

1974, per il tonno congelato ed i prodotti industriali.

Il parere è stato infatti esplicitamente pronunziato dal consi

glio che ha manifestato l'avviso che « la disciplina di cui al

d. m. 29 marzo 1974 venga estesa, in via cautelativa e per mag

gior prudenza, al tonno congelato di origine nazionale e comuni

taria e ad alcune specie ittiche inscatolate (quella a maggior contenuto in mercurio) ».

Se a queste conclusioni si riferisce l'ulteriore argomentazione illustrativa dei ricorrenti, ove si sollevano dubbi sull'affermata

necessità di cautela per il tonno pescato nel Mediterraneo (affer

mazione contenuta nella relazione della menzionata direzione ge nerale e, evidentemente, condivisa dal consiglio) — basterà ricor

dare che le risultanze analitiche, sulle quali si fondava la ricono sciuta esigenza, erano riportate a pag. 6 della stessa relazione.

5.3. - Con il settimo motivo si lamenta eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, perché è stato assoggettato alla li

mitazione anche il pesce fresco trasformato in conserva ittica e

la giustificazione del diverso regime rispetto al pesce consumato fresco è stata reperita nel fatto che di questo sarebbero limitati i consumi individuali. Ma anche il consumo dei prodotti comun

que conservati sarebbe tutt'altro che individualmente elevato ed inoltre il limite di contaminazione assunto (di 0,7 parti per mi

lione) sarebbe ingiustificato, tenuto conto della quantità di mer

curio che lo stesso ministero riconosce assorbibile senza danno, se assunta continuativamente.

V'è da chiarire che il provvedimento impugnato non riguarda qualsiasi specie di pesce, ma solo il tonno, gli squali, il pesce spada.

La censura va pertanto correttamente riportata, nella sua pri ma parte, al solo raffronto tra consumo di pesce fresco conservato delle tre specie considerate.

Ora (si veda il punto n. 1 del parere del consiglio superiore di sanità) è stato esplicitamente affermato che il limitato consu

mo individuale della suddetta specie allo stato fresco escludeva la necessità di adottare una misura in via cautelativa consistente

nell'imporre « limiti massimi di tolleranza di mercurio ».

Ciò posto, non giova, come si fa col ricorso, spostare l'accento sul fatto che anche il consumo di tonno in scatola (basta, in par ticolare, far riferimento a questo pesce) sia tutt'altro che indivi

dualmente elevato. Il provvedimento invero, come si è già rile

vato, ha un evidente carattere prudenziale ed è quindi logico che

miri a regolare i consumi che presentano maggior incidenza di

altri, anziché a regolare tutti i consumi, anche se di scarsa rile

vanza, o solo quelli diffusi in misura preponderante per individuo.

Inoltre il limite massimo di assorbimento, senza danno, di

mercurio da parte dell'organismo umano è un dato che ha ovvia

mente riguardo a tutta l'alimentazione ed è il risultato dello stato

attuale delle conoscenze scientifiche (si vedano le premesse al d. m. 29 marzo 1974). Non si può quindi ravvisare illogicità in

una statuizione che, relativamente a tre specie di pesci, fissi un

limite di contaminazione da mercurio considerevolmente più bas

so di quello massimo: a dimostrare tale illogicità occorrerebbe la certezza che, attraverso altri alimenti, ivi compreso qualsiasi altra specie di pesce, non si assumano quantità significative del

medesimo elemento.

6. - Il secondo ed il sesto motivo del ricorso sono volti a con testare la legittimità dell'art. 2 del decreto 13 maggio 1976.

Con questo è stabilito che, per il tonno, il fattore di conven

zione secco-umido è unificato nel valore 0,7.

Si denunzia la mancata audizione della commissione prevista dall'art. 21 legge 30 aprile 1962 n. 283 (secondo motivo) ed il

difetto di motivazione in ordine alla disposta unificazione (sesto

motivo).

La censura è fondata. Con il d. m. 14 dicembre 1971 è stato sta

bilito (art. 4) che la determinazione del quantitativo di mercurio,

nel pesce e negli altri prodotti alimentari della pesca, doveva ef

fettuarsi col metodo ufficiale di analisi descritto nell'ali. B al

decreto stesso.

È l'art. 21 della legge 283 che conferisce al ministro per la

sanità il potere di determinare i metodi ufficiali di analisi delle

sostanze alimentari. Nell'esercizio di tale potere è prescritto il

parere obbligatorio di una commissione permanente, la cui com

posizione è indicata nella stessa norma. Che il parere sia obbli

gatorio si desume dal fatto che la disposizione prevede che la

commissione è istituita appositamente allo scopo della determi

nazione dei metodi ufficiali di analisi e dal fatto che i compo nenti di essa sono e rappresentanti di amministrazioni statali e

persone in possesso di competenze tecniche specifiche — lett. da

e) ad i) dell'art. 21 — sicché è ad essa affidata, in sostanza, la

ponderazione dei vari interessi che vengono ad essere toccati dalla

soluzione dei problemi e di indole tecnica e di natura ammini

strativa sui quali deve esprimersi.

Nel metodo innanzi indicato è previsto al n. 4, lett. e), che per

particolari prodotti il contenuto in mercurio espresso in micro

grammi per grammo va ... « moltiplicato per il fattore di conver

sione ». Questo, per il tonno in scatola, è riportato in apposita tabella nel valore 0,6 (per gli altri tonnidi in scatola il valore è 0,7; per altri prodotti, sempre in scatola, è 0,65).

Anche se contenuto in una tabella separata, il coefficiente in

parola vale, come è affermato dallo stesso provvedimento, ad

esprimere il contenuto in mercurio del prodotto analizzato. Vale

cioè a dare il risultato dell'analisi, ed è il risultato di valutazioni

tecniche compiute dalla commissione alla quale si è fatto cenno.

Per la variazione di detto valore, cosi come per la variazione di qualsiasi altra parte del metodo di analisi, era perciò neces

sario il parere della commissione permanente prevista dalla legge. La commissione non è stata sentita; invece la modifica recata

al metodo è stata determinata dall'audizione di altro organo cui

la legge non si riferisce.

Per questa parte pertanto il decreto ministeriale 13 maggio 1976 deve essere annullato, tanto più che manca, anche dagli atti

del procedimento, qualsiasi motivazione sulla scelta operata tra

i contrastanti pareri di cui si dava conto nella predetta relazione.

7. - Il terzo motivo del ricorso è inteso a denunziare l'illegitti mità dell'art. 3 del decreto.

Si deduce che con il rinvio ad un metodo di analisi approvato nel dicembre 1971, non si è tenuto conto di quanto dispone il

2° comma dell'art. 21 (che prescrive la revisione almeno ogni due anni degli « elenchi dei metodi ufficiali di analisi ») e conse

guente eccesso di potere per vizio del procedimento.

Senza dubbio la revisione degli elenchi dei metodi di analisi

va intesa come revisione dei singoli metodi da effettuarsi almeno

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ogni due anni. Pare altrettanto certo che il mancato rispetto del

termine posto dalla legge non si configura, di per sé solo, come

motivo di illegittimità dell'eventuale protrarsi dell'applicazione del metodo non sottoposto a revisione.

Tuttavia va considerato che la relazione degli uffici aveva po sto in rilievo che, quanto meno sulla parte del metodo inerente

alla valutazione di risultati, si erano avuti, come si è detto al

par. 6, pareri contrastanti (tra il laboratorio provinciale d'igiene e profilassi di Roma, da una parte, e l'istituto superiore di sanità

e la stazione sperimentale delle conserve alimentari di Parma,

dall'altra). Ciò costituiva precisa esigenza di sentire la predetta commissione, quanto meno al fine di veder confermare il metodo

precedente, come sostengono i ricorrenti, nel provvedimento, in

vece, è stato fatto rinvio al metodo, senza l'audizione della com

missione, difetto questo che lo inficia sotto il profilo dell'eccesso

di potere per difetto di istruttoria da compiersi da parte della

citata commissione.

8. - Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione. Per questi motivi, ecc.

Rivista di giurisprudenza amministrativa Sicilia — Provvedimento di medico provinciale — Dipendenza

funzionale dalla regione — Impugnazione — Decisione del

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana —

Appello al Consiglio di Stato — Inammissibilità (D. 1. 6 mag

gio 1948 n. 654, norme per l'esercizio nella Regione siciliana

delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato, art. 5; d. pres. 9 agosto 1956 n. 1111, norme di attuazione dello Statuto della

Regione siciliana in materia di igiene, sanità pubblica e assi

stenza sanitaria, art. 1, 2).

È inammissibile l'appello all'adunanza plenaria del Consiglio di

Stato, nei confronti della decisione del Consiglio di giustizia am

ministrativa per la Regione siciliana, sull'impugnazione di provve dimenti in materia di farmacie che un medico provinciale aveva

emanato in qualità di organo dipendente funzionalmente dalla

Regione siciliana (1).

Consiglio di Stato; Adunanza plenaria; decisione 25 febbraio

1980, n. 6; Pres. Levi Sandri, Est. Pranzetti; Mangiafico (Avv.

Corpaci) c. Baglieri, Medico provinciale di Siracusa. Conferma Cons, giust. amm. sic. 24 febbraio 1977, n. 39.

(1) In termini non constano precedenti editi; v., peraltro, Cons,

giust. amm. sic. 24 febbraio 1977, n. 39, ora confermata, Foro it., Rep. 1977, voci Alto amministrativo, n. 178, e Farmacia, n. 17.

La particolarità della fattispecie esaminata dalla decisione è data dal fatto che il provvedimento impugnato promana da organo strut

turalmente incardinato nell'amministrazione dello Stato, il quale, tut

tavia, agendo nell'esercizio di competenze riservate alla regione, vie ne funzionalmente a qualificarsi come alla dipendenza di quest'ul tima.

Sui requisiti per la determinazione delle decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana appellabili, ex art. 5, 3° comma, d. 1. 6 maggio 1948 n. 654, dinanzi al Consiglio di Stato in adunanza plenaria cfr. Cons, giust. amm. sic. 22 febbraio

1978, n. 6, id., Rep. 1978, voce Sicilia, n. 67; Cons. Stato, Sez. IV, 28 agosto 1975, n. 756, id., Rep. 1975, voce cit., n. 93; Cons, giust. amm. sic. 18 novembre 1971, n. 425, id., 1972, III, 90, con nota di richiami, che, analogamente alla decisione che si riporta, sem

brano a tale scopo privilegiare un criterio di ripartizione di com

petenza per materia è/o funzionale, ponendo l'accento, più che sul l'elemento strutturale dell'appartenenza dell'organo da cui promana l'atto impugnato all'organizzazione amministrativa statale, all'effetti

va funzione che l'organo in questione viene a svolgere con l'emana zione dell'atto.

In questo senso v. anche Cons. Stato, Ad. plen., 4 dicembre

1975, n. 10 e 6 marzo 1975, n. 3, id., 1976, III, 137 e 1975, III,

245, con note di richiami, che hanno, ad esempio, ritenuto ammissi bile l'appello nel caso di impugnative di atti e provvedimenti di

autorità regionali (nella specie: il presidente della regione) sul pre supposto che, nella fattispecie, tali organi agivano non già nell'eserci zio di competenze amministrative proprie della regione, bensì', a

guisa di organi decentrati dell'amministrazione statale, nell'esercizio di competenze loro delegate.

Più in generale, per una panoramica delle ipotesi di inammissi

bilità dell'appello al Consiglio di Stato in adunanza plenaria avverso

decisioni rese in primo grado dal Consiglio di giustizia amministra tiva per la Regione siciliana: Cons. Stato, Ad. plen., 23 marzo 1979, n. 18, id., 1979, III, 364, con nota di richiami; 14 luglio 1978, nn.

26, 27 e 29, id., 1978, III, 641, con nota di richiami.

Va precisato che la questione di competenza all'esame della deci

sione che si riporta è venuta a perdere gran parte della sua rile

vanza in seguito al nuovo assetto della giustizia amministrativa in

Sicilia originato dalla sentenza Corte cost. 12 marzo 1975, n. 61, id., 1975, I, 785, con nota di richiami, che, attribuendo al T.A.R. Sicilia

una competenza di primo grado generalizzata sia nei riguardi delle

impugnative di atti di autorità regionali ed endoregionali, sia nei ri

guardi delle impugnative di atti promananti da organi periferici sta tali nell'esercizio di competenze inerenti a materie di interesse regio nale oppure da enti diversi dalla regione ed espropriando, di conse

guenza, il Consiglio di giustizia amministrativa delle competenze che

originariamente aveva in unico grado, ha di fatto costituito quest'ul timo come giudice di appello avverso le decisioni rese in prima istanza dal T.A.R.

La giurisprudenza amministrativa ha poi affermato la competenza in appello del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana anche nei confronti delle decisioni su impugnative di quelle categorie di atti che originariamente esulavano dalla cognizione dello

stesso Consiglio di giustizia, sia come giudice di primo che di unico

grado (ad esempio, atti di organi dello Stato in materie di interesse

statale oppure di enti pubblici non regionali aventi sede in Sicilia): Cons. Stato, Ad. plen., 4 luglio 1978, n. 21, 7 novembre 1977, nn. 22 e 20, id., 1978, III, 462, 406 e 408, con note di richiami.

In base a tale indirizzo si dovrebbe perciò concludere che, nel nuovo assetto della giustizia amministrativa in Sicilia, una compe tenza del Consiglio di Stato in adunanza plenaria, quale giudice di

appello, non trova più posto. -

Sul punto v., però, anche T.A.R. Lazio, Sez. I, 23 marzo 1977, n. 227, id., Rep. 1977, voce Sicilia, n. 83 e 16 marzo 1977, n. 168, id., 1978, III, 133, con nota di richiami, che, in precedenza, avevano invece affermato sussistere una discriminazione di compe tenza tra Consiglio di Stato e Consiglio di giustizia amministrativa,

quali giudici di appello, basandola sul carattere statale o regionale dell'interesse curato dall'atto impugnato.

In dottrina vedi Barettoni-Arleri, La giurisdizione amministra

tiva in Sicilia nel momento attuale, in Riv. dir. proc., 1976, 186 e

L. Montel, Gli effetti della sentenza n. 61/75 della Corte costituzio nale sull'assetto della giustizia amministrativa in Sicilia, in Riv. amm., 1976, 322.

G. B. Garrone

♦ ♦ ♦

La decisione è cosi motivata: Ad avviso di questa adunanza ple naria l'appello in esame deve essere dichiarato inammissibile.

Invero l'art. 5, 3° comma, d.l. 6 maggio 1948 n. 654 prevede l'appellabilità all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato soltanto

delle decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa della Re

gione siciliana sui ricorsi contro atti e provvedimenti emanati da autorità statali.

Nel caso di specie, invece, non v'ha dubbio che l'atto impugnato in primo grado dal dott. Mangiafico fu emanato dal medico provin ciale nella veste di organo dipendente funzionalmente dalla regione, in quanto il d. pres. n. 1111 del 1956 aveva sottratto allo Stato la

competenza nella materia della sanità, attribuendola alla Regione si

ciliana la quale avrebbe dovuto avvalersi, per l'esercizio delle rela

tive funzioni, degli organi e uffici periferici dell'alto commissariato

per l'igiene e la sanità pubblica esistenti in Sicilia.

Registro (imposta di) — Base imponibile — Alienazione di azien

da — Passività — Tassabilità — Questione non manifesta

mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 53; r. d. 30 di

cembre 1923 n. 3269, legge del registro, art. 43).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa

me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità

dell'art. 43 r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269, nella parte in cui

prevede, nell'ipotesi di trasferimento a titolo oneroso di un'azien

da, che l'imponibile per l'imposta di registro sia costituito, non

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