Sezione III. —Udienza 8 marzo 1879, Pres. Finali ff. P., Est. Pasini —Alessandro e LuigiVenturiniSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1879), pp.143/144-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23086521 .
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143 PARTE TERZA 144
CORTE DEI CONTI. Sezioni unite — Udienza 29 novembre 1878, Pres. Ma
gliani, Est. Finali — Catti (Avv. Agnetta).
l'elisione — Sospensione ilall' impiego— Occorrenza
delia pensione — Impiegati borbonici di Sicilia»
Il tempo durante il quale un impiegato rimase so
speso dal servizio e dalla percezione dello stipendio
non vale nel computo del servizio utile alla pensione,
e quando V impiegato sospeso sia collocalo a riposo
la pensione che viene liquidata non si retrotrae al
giorno della sospensione, sibbene comincia a decor
rere dal giorno del collocamento a riposo.
Gli impiegati della polizia borbonica di Sicilia, che
furono privati del loro impiego e dello stipendio dal
decreto prodittatoriale del 27 luglio 1860, non pos
sono far decorrere la loro pensione dalla data di
quel decreto, ma dal giorno del loro regolare col
locamento a riposo.
La Corte, ecc. — Considerando che la condizione in
cui rimasero per effetto del decreto prodittatoriale del
27 luglio 1860 gl'impiegati della polizia borbonica in
Sicilia è una di quelle che le leggi nè previdero, nè
avrebbero potuto prevedere; imperocché fu la conse
guenza dell'abolizione d'una sovranità e d'un intero
ordinamento politico: il Consiglio di Stato avvisò che
il decreto prodittatoriale non facesse perdere agli im
piegati che colpiva colla privazione d'ogni avere anche
il diritto alla pensione; ma questa benevola ed equa
interpetrazione non porta a riguardare quegli impie
gati come messi Un d'allora in ritiro: rimasero in una
condizione non definita dalla legge borbonica, più sfa
vorevole però di quel che fosse la semplice sospensione,
la quale era decretata per coloro che non si erano di
messi e non erano stati destituiti, mentre gl'impiegati
della polizia furono privati definitivamente d'ogni avere,
al pari dei dimessi e dei destituiti; Che per le leggi del regno delle Due Sicilie non potea
aver luogo la liquidazione della pensione di un impie
gato senza il suo collocamento in ritiro, e questo do
veva essere decretato dalla autorità sovrana, quando
dal sovrano fosse stata fatta la nomina, com'era il caso
del Catti; Che il tempo passato in attenzione di destino, situa
zione alla quale per alcuni rispetti può essere assimi
lata la condizione di coloro che il prodittatore privò
di ogni avere, non produceva diritto a pensione, sia
che l'impiegato in aspettativa godesse d'una parte
qualunque di stipendio, sia che non ne godesse alcuna;
e quando l'impiegato da quell'attesa di destino veniva
poi collocato in ritiro, la pensione decorreva dal giorno
in cui il decreto reale lo avea messo nella condizione
giuridica necessaria ad ottenerla; Che la ragione per la quale il Consiglio di Stato non
riconobbe l'effetto della privazione del diritto a pen
sione in un provvedimento generale determinato da
politiche straordinarie contingenze, fu questa, che la
destituzione debba avere un carattere individuale, e
debba essere inflitta per giusti motivi riferibili perso
nalmente a ciascun destituito; la conseguenza logica
pertanto di quell'avviso del Consiglio di Stato fu che
il potere esecutivo esaminasse gli stati di servizio ed
i titoli degli impiegati compresi nelle categorie dei pri
vati d'ogni avere, per ammetterli poi alla liquidazione
della pensione oppur no, secondo il merito individuale;
altrimenti potrebbe avvenire clie il decreto proditta
toriale, per certo non benevolo agli impiegati che esso
colpiva, facesse ottenere una pensione anche a coloro
che avessero meritato la destituzione per demeriti per
sonali; Che anche colle leggi nostre il tempo durante il quale
un impiegato rimase sospeso dal servizio e dalla per
cezione dello stipendio non vale nel computo del ser
vizio utile alla pensione; e quando l'impiegato sospeso
sia collocato a riposo, la pensione che viene liquidata
non si retrotrae al giorno della sospensione, sibbene
comincia a decorrere dal giorno del collocamento a
riposo ; Che dal 27 luglio 1860 al 29 giugno 1873 il Catti non
avrebbe potuto Tar valere alcun diritto a pensione,
giacché questo poteva divenir perfetto soltanto col
regio decreto di collocamento in ritiro od a riposo, con
dizione verificatasi alla seconda delle date predette;
quindi non ha applicazione al presente caso l'art. 31
della legge 14 aprile 1864, che riguarda colui il quale
fece trascorrere, senza far domanda, più d'un anno,
dal giorno in cui dovea incominciare per lui il godi mento della pensione; in fatti la seconda Sezione fissò
la decorrenza il 29 giugno 1873, non già per la ragione
che il Catti fosse incorso nella prescrizione dell'art. 31,
bensì per quella che non prima di quel giorno comin
ciasse per lui il diritto di farla liquidare e di goderla; Per questi motivi, rigetta il reclamo di Andrea Catti.
CORTE DEI CONTI. Sezione III. — Udienza 8 marzo 1879, Pres. Finali ff. P.,
Est. Pasini — Alessandro e Luigi Venturini.
Esazione — Ag'jfio — Ricevitori demaniali — Fa
coltà neil' aiuiniiiistrazione <li affidare ad altri la
esazione dei suoi crediti — Prestazioni del con
tabile non seguite «la riscossione (Dee. 13 maggio
1862, ri. 612, art. 5, 6, 7, 8).
L'effettiva percezione contemplata dall'art. 8 del de
creto 13 maggio 1862, come base dell'aggio spet tante ai ricevitori del Demanio, non può esser che
quella eseguita dallo stesso contabile, a cui favore
faggio deve essere liquidato.
I ricevitori quindi del Demanio non hanno diritto al
l'aggio sui prezzi della vendita dei beni demaniali
alienati a mezzo di una Società anonima, quando non li abbiano essi effettivamente riscossi, per es
sere stati versati in altra cassa dello Stato o della
suddetta Società. (1)
(1) Y. a col. 148 la sentenza della Corte dei conti, 4 marzo 1879, Intima c. Comune di Bitti.
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145 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 146
L'amministrazione è sempre in facoltà di far riscuo
tere i suoi crediti da un contabile o da un ufficio diverso da quello nei cui registri il credito mede
simo trovasi iscritto, senza che il ricevitore del
registro abbia ragione di dolersene, nè possa van
tare diritti che siano d'impedimento all'esercizio
di una tale facoltà. (2)
Affidata ad altri l'esazione del credito, Vamministra
zione resta esonerata dall' obbligo di corrispondere al contabile ordinario il relativo aggio.
L'aggio complessivo sulle effettive riscossioni costi
tuisce il compenso di tutte indistintamente le pre
stazioni del contabile per Vadempimento dei suoi
doveri d'ufficio, per modo che egli non può ripetere alcun aggio o compenso per quelle prestazioni che
non furono seguite da una riscossione fatta da lui
stesso.
La Corte, ecc. — Questionasi se i ricevitori del De
manio abbiano diritto all'aggio sui prezzi delle vendite
dei beni demaniali, alienati a mezzo della Società ano
nima, quando anche non gli abbiano essi effettivamente
riscossi, per essere stati versati in altra cassa dello
Stato o della suddetta Società. Tale quistione non può essere quindi risolta se non che sulla base delle dispo
sizioni che regolano la gestione contabile dei ricevitori
del Demanio, e la liquidazione degli aggi loro spettanti, le quali disposizioni sono contenute nei reali decreti
13 maggio 1862, n. 612, e 18 agosto 1868, n. 4542. Il
decreto del 1862 all'art. 5 dispone che i ricevitori sa
ranno retribuiti con un aggio, ossia con una parteci
pazione proporzionale all'entrata la cui riscossione è
loro affidata; agli art. 6, 7 determina la misura del
l'aggio sui vari introiti, ed all' art. 8 dichiara che gli
aggi spettanti agli agenti contabili saranno liquidati scaduto l'anno volgare, sulle somme effettivamente
percette durante l'anno medesimo. La effettiva perce zione contemplata come base dell'aggio non può essere
che quella eseguita dallo stesso contabile a cui favore
deve essere liquidato, perchè altrimenti non trovereb
besi nel suddetto decreto alcun altro diverso criterio
per determinare su quali riscossioni l'aggio fosse do
vuto o spettasse all'uno piuttosto che all'altro conta
bile, e se l'aggio di regola è il premio dell'esazione,
non è sostenibile che, senza un'espressa, apposita di
sposizione, possa esso competere a chi l'esazione non
fece, possa esso spettare all'esattore anche sulle esa
zioni fatte direttamente dal creditore al ricevitore, sulle
esazioni che per legittima disposizione amministrativa
furono da altra cassa eseguite. Vero è che un diverso
concetto venne poscia adottato col regio decreto 8 set
tembre 1867, n. 3907, ma, a parte che questo decreto
venne ben presto totalmente abrogato col successivo
18 agosto 1868, n. 4542, è pure da notare che le di
sposizioni eccezionali con esso date relativamente al
l'aggio dei ricevitori riguardavano unicamente i pa
gamenti del prezzo dei beni provenienti dalla legge 15
agosto If67, n. 3848; e le disposizioni eccezionali sono
spiegate e giustificate nelle premesse di quel decreto :
« Ritenuto che vuol essere puramente transitoria e
« precaria l'amministrazione affidata allo Stato, dei beni
« che sono pervenuti al Demanio con la citata legge « e con quella del 7 luglio 1866, rt. 3036, perciocché « questi beni sono destinati ad essere tutti prontamente « venduti ; che torna perciò -superfluo di provvedere « separatamente al compenso dell'opera, che i ricevitori
« prestano per l'amministrazione di tali beni e vuoisi
« quindi intendere più specialmente, o meglio unica
« mente a retribuire l'azione che essi ricevitori hanno
« a prestare per sollecitare ed assicurare la vendita
« dei beni stessi ». Poste le quali premesse, il decreto
del 1867 accordò ai ricevitori un aggio di riscossione
separato sopra ciascun pagamento in acconto o saldo
del prezzo dei suddetti beni, determinò che quest'aggio
spetti al ricevitori nel cui distretto sono situati i beni
alienati, ancorché il prezzo sia pagato in altra cassa
dello Stato, togliendogli però contemporaneamente ogni altro aggio o compenso sulle riscossioni delle rendite
provenienti dai beni suindicati. È evidente pertanto che questo decreto del 1867, accordando l'aggio al ri
cevitore nel cui distretto erano situati i beni alienati, se anche il prezzo non veniva da esso riscosso, non
confermava una regola, ma dava una disposizione pu ramente eccezionale, della quale non può valersi il ri
cevitore Venturini, sia perchè la prima rata del prezzo del bosco di Monticchio, sulla quale gli fu pagato l'aggio in questione, venne versata dopo che il decreto del
1867 era stato abrogato, sia ancora perchè il bosco di
Monticchio non pervenne al Demanio in virtù delle
leggi 7 luglio 1866 e 15 agosto 1867, e quindi la pre
tesa del ricevitore all'aggio sul prezzo di quel bosco,
deve sempre essere giudicata alla stregua del decreto
del 1862, il quale non fu abrogato col successivo de
creto del 18 agosto 1868 se non se per quanto riguarda la misura degli aggi.
Nè dicasi che la esazione delle rate di prezzo del
bosco Monticchio illegittimamente sia stata fatta dalla
cassa della Società anonima per la vendita dei beni
demaniali, ledendo cosi il diritto spettante al ricevitore
del registro di Rionegro di riscuoterla e di riceverne
conseguentemente l'aggio, imperciocché non solo non
havvi disposizione alcuna che tolga all'amministrazione
la facoltà di far riscuotere i suoi crediti da un conta
bile o da un ufficio diverso da quello nei cui registri o campioni il credito medesimo trovasi iscritto, ma
anzi tale facoltà essa espressamente si riservò allo
art. 3 delle istruzioni di contabilità del 20 maggio 1871,
con la quale riserva evidentemente non ebbe altro in
mira che di provvedere al migliore interesse ed an
damento del servizio nei casi speciali, in cui, o per la
entità dell' importo da riscuotersi, o per altre cause, fosse necessario o prudente di togliere la riscossione
al contabile ordinario per affidarla ad altri, sottraen
dosi però in pari tempo all' obbligo di corrispondere al contabile ordinario il relativo aggio, senza di che
quella riserva non avrebbe avuto nè motivo, nè scopo. (2) V. in quistione analoga, Corte dei conti, 5 luglio 1876, Piacen
tini c. Comune di Bracciano (Foro it., 1876, ITI, 143).
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147 PARTE TERZA 148
E per quanto riguarda specialmente il prezzo dei beni
demaniali venduti col mezzo della Società anonima è
pur notevole che all'art. 17 del regolamento approvato col regio decreto 29 marzo 1865, n. 2246, veniva sta
bilito che quel prezzo sarebbe riscosso a cura dell'am
ministrazione demaniale come per lo addietro e fino a
diversa disposizione della Società; per cui n'el capi tolato relativo alla vendita del bosco Monticchio potè
essere, come fu, inserita la clausola che il pagamento del prezzo dovesse essere fatto nella cassa degli uffici
di Rionegro, od in qualunque altro ufficio, che venisse
in seguito designato dalla Società alienante. Nessun
dubbio quindi cha la Società alienante aveva tutto il
diritto di fare versare la prima rata del prezzo del
suddetto bosco direttamente nella sua cassa senza che
perciò il ricevitore di Rionegro potesse muovere alcun
legittimo lagno, nè accampare pretese di aggio sopra una riscossione da lui non effettuata.
Sia pure che il Venturini, qual ricevitore dell'ufficio
di Rionegro, avesse fatte tutte le pratiche occorrenti
per la vendita del bosco Monticchio, sia pure che presso
quell'ufficio fosse iscritta la partita di credito per le
rate di prezzo, sia pure che la Società anonima ven
ditrice avesse anche dato incarico al suddetto ricevi
tore di diffidare la Società acquirente al pagamento della seconda rata rimasta insoluta; tutto questo non
basta per attribuire diritto al Venturini d'intascare
l'aggio di esazione sulla prima rata che egli non aveva
riscossa effettivamente, che la Società anonima ven
ditrice aveva legittimamente fatta versare nella sua
cassa. Il decreto del 1862 e quello del 1868 chiaramente
dimostrano che l'aggio complessivo sulle effettive ri
scossioni, costituisce il compenso di tutte indistinta
ynente le prestazioni del contabile per l'adempimento dei suoi doveri di ufficio, per modo che egli non può
ripetere alcun aggio o compenso per quelle prestazioni che non furono seguite da una riscossione fatta da lui
stesso, ed anzi può avvenire, ed avviene molto di so
vente nei tramutamenti dei titolari degli uffici dema
niali, che il successore percepisca l'aggio sopra partite di crediti da lui riscosse, ma per le quali il suo ante
cessore aveva già avviato e compiuto gli atti necessari
alla loro esazione; e l'art. 10 del regolamento appro vato col regio decreto 20 marzo 1865 tassativamente
dispone che gli agenti demaniali debbano continuare a
disimpegnare gli incarichi loro attribuiti in via ordi
naria rispetto alla vendita dei beni demaniali, fino a
contrarie disposizioni della Società, senza poter perciò chiedere ed accettare alcun emolumento dalla Società
medesima in aggiunta a quelli loro corrisposti dal Go
verno. Ma se gli emolumenti loro corrisposti dal Go
verno, ossia gli aggi, non competono ai ricevitori, come
si vide, che sulle somme da essi effettivamente incas
sate, è chiaro come la pretesa del Venturini all'aggio in questione per aver egli predisposto gli atti di ven
dita ed iscritto nei campioni il prezzo relativo, che
però non riscosse, manchi di fondamento giuridico. Se dunque fu, per manifesto errore, che a favore del
ricevitore Venturini venne liquidato e pagato 1' aggio
sulla prima rata del prezzo del bosco demaniale di
Monticchio, versata direttamente dall'acquirente nella
cassa della Società anonima per la vendita dei beni
demaniali, ne viene che egli è tenuto per l'indebito ri
cevuto pagamento, e che l'amministrazione ha diritto
di rivalersene pure sulla di lui cauzione.
CORTE DEI CONTI. Sezione III — Udienza 4 marzo 1879, Pres. ed Est. Fi
nali — Intima c. Comune di Bitti.
Esattore comunale — Tesoriere — Ajjfi — Riscos
sione del prezzo «lei taglio di un liosco (Leg. 20
aprile 1871, art. 80, 93).
L'ufficio di esattore essendo diverso e distinto da quello di tesoriere del Comune, ne consegue che essendo i
due uffici riuniti in una sola persona, l'aggio pat
tuito nel contratto di esattoria per la riscossione
delle entrate comunali non è dovuto su quelle somme
che l'esattore riscuote come tesoriere.
Nella specie non è dovuto all' esattore l'aggio sull'esa
zione del prezzo del taglio d'un bosco comunale non
datogli in carico e del quale non è obbligato di cu
rare l'esazione a suo rischio e pel quale non dovette
infatti sottostare a fatiche e rischi. (1)
La Corte, ecc. — Considerando che l'ufficio d'esat
tore comunale è distinto e diverso da quello di teso
riere del Comune, tanto clie invece di essere riuniti
in una sola persona i due uffici possono essere, come
in più luoghi, e soprattutto nei grandi Comuni avviene, affidati a due persone diverse: per la esattoria, che di
necessità comprende soltanto l'incarico di riscuotere
le imposte erariali e le àovraimposte del Comune e
della Provincia, coll'obbligo di rispondere dell'ammon
tare dei ruoli ricevuti in consegna colla condizione del
non riscosso per riscosso, la legge concede all'esattore
un aggio, che viene determinato dopo il compimento delle formalità d'un regolare appalto; e l'esattore a
garanzia della soddisfazione puntuale dei suoi obblighi dà una cauzione ipotecaria o sopra iscrizioni nel gran
libro, o sopra stabili ; non facili pertanto nè lievi sono
gli obblighi dell'esattore, a corrispettivo dei quali sta
l'aggio variabile da luogo a luogo secondo le circo
stanze che rendono più o meno agevole la riscossione,
(1) V. in proposito le decisioni della Corte dei conti: 13 giugno 1876, Pompili Olivieri c. Comune di Vitorchiaro; 13 giugno 1876, Pompili Olivieri c. Comune di Bagnaia; 5 luglio 1876, Piacentini c. Comune di Bracciano ; 5 luglio 1876, Comune di Campomarone c. Martini ; 12 giu gno 1877, Rosay c. Consorzio esattoriale dei Comuni di Envie, Rifreddo e Revello; 6 dicembre 1877, Giordano (Foro il., 1876, III, col. 143, 162, 164, 174, e anno 1877, III, col. 7 e 124 colle note rispettive).
V. pure i pareri del Consiglio di Stato: 10 marzo 1876, Comune dì Auronzo ; 26 gennaio 1877, Giunta comunale di Modena (jForo it., 1876, III, col. 90; 1877, III, col 146 con richiami) ; 17 agosto 1877 (Giurisp. Cons, di Stalo, vol. II, pag. 1374), nonché la nota del Ministero delle finanze, Direzione generale delle imposte dirette, 30 novembre 1876, n. 56829-6430, al Ministero dell'interno e la decisione dello stesso Mi
nistero, 8 gennaio 1876, in appello da decreto del prefetto di Novara [Man. amm., 1876, pag. 378; 1877, pag. 234).
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