Sezione Interni; parere 11 aprile 1896; Comune di TortanoSource: Il Foro Italiano, Vol. 21, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1896),pp. 57/58-59/60Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23101165 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 58
CONSIGLIO DI STATO. Sezione IV; decisione 24 aprile 1896; Pres. Bianchi
P , Est. Giorgi; Banca coop, di S. Benedetto del
Tronto c. Ministeri agricoltura, industria e com
mercio, e grazia, giustizia e culti.
Società mi o ti 1 m n — Kìsenzioiie dull» vigilanza
governativa — Ispezione — Keeeaao di pote
re —- Banca cooperativa (Cod. comm., art. 153).
Per la vigente legislazione le società anonime so
no sottratte alla vigilanza governativa.
Quindi pecca per eccesso di potere il provvedi
mento ministeriale che ordina un'ispezione a ca
rico di una società anonima cooperativa (nella
specie, Banca cooperativa).
La Corte, ecc. — Attesoché dopo la rinunzia fatta
formalmente dalla difesa della ricorrente alla do
manda del rifacimento di danni, è venuta a man
care di fondamento l'eccezione pregiudiziale oppo
sta dal Ministero. L'esame del ricorso nei termini
stabiliti dall'art. 24 della legge organica sul Con
siglio di Stato è giustificato dalla considerazione
che non può negarsi alla Banca l'interesse di farsi
riconoscere esente chilla sorveglianza governativa;
senza che poi possa alla Banca essere opposta la
prestata annuenza all'ispezione, giacché gli atti di
mostrano soltanto che la Banca subì il provvedi
mento per non venire ad atti di aperta resistenza,
ma non mancò per altro di protestare contro l'ese
cuzione e fare le opportune riserve per la salvez
za dei propri interessi.
Attesoché semplice è la indagine a cui il ricorso
richiama.
Non è dubbio infatti, perchè risulta letteralmen
te dallo statuto sociale costitutivo della Banca di
San Benedetto del Tronto, che essa sia un Istituto
di credito investito del carattere di società ano
nima cooperativa, governata dal codice di com
mercio, e come tale riconosciuta dal decreto del
Tribunale d'Ascoli Piceno del 14 agosto 1883, con
cui venne autorizzata la trascrizione nel registro
delle società della deliberazione presa a tale inten
to nell'adunanza generale degli azionisti. Ora ba
sta ciò per concludere che essa è per ciò solo sot
tratta dalla ingerenza governativa. 11 vigente co
dice di commercio non solo non contiene tra le
sue disposizioni intorno al regime delle società per
azioni alcun precetto che autorizzi sopra tali enti
collettivi la vigilanza governativa in qualsiasi delle
forme in cui può esplicarsi, ma formula invece un
complesso di prescrizioni le quali fanno manifesto
che a siffatta vigilanza, che si esercita secondo le
discipline anteriori, ha sostituito un sistema asso
lutamente diverso, quello cioè della sorveglianza
degli interessati, i (fiali la traducono in atto, prov
vedendo nei termini di legge l'azioi.e dell'autorità
giudiziaria, alla quale solamente è «lato di ordinare
nei congrui cnsi le ispezioni opportune (ai t. 153
cod. comm.) La storia dei precedenti legislativi con
ferma questo concetto e lo prova dimostrativa
mente la Relazione governativa sul primo libro del
codice di commercio vigente, perchè vi sono espo ste le ragioni che indussero i legislatori del 1883
a mutare così radicalmente il sistema che per il
passato vigeva, onde assicurare la regolarità delle
operazioni e l'adempimento dei patti sociali, e
consisteva nella sorveglianza che il Governo eser
citava in vari modi, determinati da antiche leggi e decreti reali abrogati tutti per incompatibilità col codice ora vigente.
Che così stabilito in linea di diritto, la conse
guenza da trarsene è pur troppo questa, che il
provvedimento denunciato cadde in eccesso di po tere e violò la legge, giacche il Ministero di agri
coltura, industria e commercio non aveva facoltà
di ordinare ispezioni sopra un Istituto sociale non
sottoposto per legge alla sua vigilanza. Che a salvare il provvedimento da questa cen
sura non serve il ricorrere al regio decreto del dì
8 settembre 1878, che nell'istituire il Ministero di
agricoltura, industria e commercio gli attribuì la
vigilanza sugli Istituti di credito e sulle società;
perchè, a tacere di ogni altra considerazione, quel
regio decreto è anche esso anteriore al codice di
commercio vigente che ha reso legalmente impos
sibile l'esercizio di quella vigilanza. Come non
giova il ricorrere nè alla legge sulle Casse di ri
sparmio e sugli Istituti di emissione o ad altre che
per avventura autorizzano o impongono la sorve
glianza del Governo sopra taluni Istituti a cui so
no concesse operazi mi di credito che toccano l'in
teressse pubblico. È ovvio infatti l'osservare che
cotesto disposizioni sono eccezionali e non posso
no estendersi ad altri Istituti. Dimostrano anzi
che dove il legislatore ha creduto necessario, nel
pubblico interesse, di mantenere la sorveglianza go
vernativa, lo ha detto espressamente, e ne ha re
golato l'esercizio, e che altrettanto non ha fatto
per quelle società anonime le quali riguardano pu
ri interessi privati, reputando a ragione che un
.atto di tanta gravità, quale è l'ispezione di un
Istituto, un atto che può seriamente compromet
terne gl'interessi, non venga consentito senza re
golare cognizione di causa e senza contraddittorio
innanzi al giudice.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO. Sezione Interni; parere 11 aprile 1896; Comune di
Tortano.
Coniane — Circoscrizione territoriale — Tra
sporto del capoluogo — Facoltft delegata ai
prefetti (L. com. prov., art. 205, n. 1).
La facoltà di autorizzare il trasjiorto della sede
del capoluogo di un Comune da una ad altra
frazione, esercitata per consuetudine costante
con decreto reale, non può essere delegata ai
Il Fobo Italiano — Volume XXI — Parte 7/7-8.
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59 PARTE TERZA 00
prefetti, e tanto meno con una semplice circo
lare ministeriale, quale è quella del 26 aprile
1891. (1)
La Sezione, eoe. (Omissis). — Ritenuto che il
Ministero nella sua relazione, riportandosi, per ciò
che riguarda le ragioni di merito, alla motivazio
ne del decreto impugnato, solleva una questione
pregiudiziale, sulla quale desidera che questo Con
siglio si pronunci. E la questione è la seguente:
Siccome nessuna disposizione di legge indica speci
ficatamente come si debba procedere per autoriz
zare il trasporto della sede municipale, vi si è sem
pre provveduto sino al 1891 per decreto reale in
analogia agli art. 15 al 18 della legge com. e prov.,
avuto altresì riguardo all'intervento del Consiglio
provinciale, che dev'essere sentito.
Fu solo nel 1891 che con circolare ministeriale
del 16 aprile fu quella facoltà delegata ai prefetti.
Sorge quindi il dubbio se il Governo poteva spo
gliarsi di una attribuzione riconosciutagli come
conseguenza di altre delegazioni legislative. Co
munque si risolva tale questione (così conclude il
Ministero), è certo che il prefetto prima e il Mi
nistero dopo furono indotti a rifiutare l'autorizza
zione chiesta dal Consiglio comunale da considera
zioni dedotte da indagini locali che sconsigliavano
il provvedimento. li poiché non si può dubitare
che il giudicare della opportunità di esso ed il
consentirlo non 'sia rimesso al prudente criterio ed
al potere discrezionale dell'Autorità politica, sem
bra evidente che il rifiuto ad aderire alla domanda
del Comune di Tortano non costituisca una viola
zione di legge ed un abuso di potere per cui sia
ammissibile lo appello al He come ad un terzo
stadio di gravame. E quindi di avviso che o si
riconosce la incostituzionalità della circolare 16
aprile 1891, e conviene annullare con decreto rea
le tanto il decreto prefettizio che quello ministe
riale, respingendo contemporaneamente il ricorso
del Comune; o si ammette la facoltà del Governo
di delegare ai prefetti la autorizzazione al cambia
mento della sede municipale, e conviene respin
gere il ricorso del Comune, non ravvisando alcun
motivo di reclamo al Re contro il provvedimento
definitivo. Tutto ciò premesso, ha considerato sulla questio
ne sollevata dal Ministero che la sola disposizione
legislativa in materia di designazione del capoluo
go dei Comuni è il n. 1 dell'art. 205 della legge
com. e prov., per la quale è stabilito che sulle re
lative proposte deve essere chiamato a deliberare
il Consiglio provinciale a termini della legge;
Che per quosto silenzio del legislatore e pel fat
to stesso che è chiamato a deliberare il Consiglio
provinciale, nonché per 1' interesse che anche i
servizi governativi possono avere sulla designazio ne del capoluogo, fu sempre ritenuto da questo
Consiglio che il cambiamento del capoluogo non
possa essere lasciato all'arbitrio dei corpi locali, ma che il decidere sulle proposte da questi formu
late rientri nelle attribuzioni del Governo (Sez. In
terni, parere 3 agosto 1871, Comune di Ottaiano) ; Che però fu altresì costantemente ritenuto che
il Governo non ripetesse questa facoltà dagli arti
coli della legge comunale e provinciale (art. 15 a
18 della legge vigente e art. 13 a 16 della legge
del 1859, conforme alla precedente del 1848) che
disciplinano il modo con cui si procede all'unione di
Comuni o alle disgregazioni delle loro frazioni (Sez.
Interno, parere 26 marzo 1878, Comune di Lumar
zo, e Adunanza generale, parere del 17 maggio
1879, Comune di Gerace). Ciò per il motivo che
la designazione del capoluogo del Comune non tocca
alla circoscrizione del capoluogo del Comune stesso,
la quale rimane intatta, a differenza del caso delle
unioni dei Comuni, delle costituzioni di borgate o
di frazioni in Comune e del distacco di una fra
zione da un Comune e sua aggregazione ad un al
tro, e perchè la stessa legge comunale e provin
ciale in quell'unica disposizione già citata nè si oc
cupa delle designazioni dei capoluoghi, nè parla
distintamente delle circoscrizioni dei Comuni;
Che però quella facoltà fu sempre ritenuta pro
pria del Governo, e alla sua esplicazione fu sem
pre provveduto mediante un regio decreto, come
ne accerta anche ora il Ministero dell'Interno nella
sua Relazione; Che trattandosi quindi di una facoltà che per
una consuetudine costantemente osservata è stata
sempre esercitata mediante la forma solenne del
decreto reale, non poteva una semplice circolare
ministeriale (quale è quella del 16 aprile 1891)
spogliarne la suprema Autorità che sta a capo
del potere esecutivo per delegarne l'esercizio ai
prefetti ;
Che l'anzidetta circolare ministeriale fu emessa
indipendentemente dalle facoltà che al Governo era
no state accordate dall'art. 90 della legge 30 di
cembre 1888, n. 5865, come risulta sia dalla di
chiarazione che in questo senso è fatta in modo
espresso nel proemio della circolare stessa, sia dal
fatto che per il citato art. 90 le delegazioni ai
prefetti avrebbero dovuto essere indicate in un elen
co da approvarsi per decreto reale e previo il pa
rere del Consiglio distato; Che in conseguenza delle suesposte considerazio
ni converrà che, ritenuta la nullità del decreto
prefettizio e del ministeriale con cui furono ri
gettate le domande del Consiglio comunale di Tor
tano, si provveda sulle medesime colla forma del
decreto reale.
Per questi motivi, ecc.
(1) Per quanto ci consta, è la prima volta che la que stione viene risoluta. Ci sembra poi che la massima adottata dal Consiglio di Stato sia conforme alle buone
norme amministrative, perchè solo all'Autorità inve stita di una data facoltà può essere riconosciuto il di ritto di delegarla. Nella specie poi la trasgressione di tal precetto ora ancora più grave, essendo la delegazio ne stata fatta con una semplice circolare ministeriale.
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