sezione IV; decisione 16 ottobre 1991, n. 648; Pres. Ruoppolo, Est. Adamo; Min. pubblicaistruzione (Avv. dello Stato Giordano) c. Battaglia (Avv. U.M. Giugni, Coderoni). Conferma TarLazio, sez. III, 25 giugno 1987, n. 1191Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 261/262-263/264Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187459 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
La ricorrente lamenta poi che il suo comportamento, rien
trante a tutto concedere nel c.d. assenteismo, non avrebbe po tuto dar luogo a dispensa per scarso rendimento, ma all'instau
razione di un procedimento disciplinare. Anche questo rilievo è infondato.
Al riguardo si deve infatti osservare che l'istituto della di
spensa dal servizio per scarso rendimento — secondo il costante
insegnamento giurisprudenziale — non ha carattere sanzionato
rio, bensì di autotutela della pubblica amministrazione e, come
tale, esso è diretto alla cura di uno specifico interesse pubblico e presuppone la constatata inettitudine dell'impiegato (anche sen
za sua colpa) a raggiungere il normale rendimento richiesto dal
tipo di mansioni inerenti al suo ufficio (Cons. Stato, sez. VI,
20 novembre 1979, n. 789, Foro it., Rep. 1980, voce Impiegato dello Stato, n. 1185; sez. V 13 ottobre 1988, n. 560, id., Rep.
1989, voce cit., n. 1189). L'ipotesi di scarso rendimento, idonea
a giustificare la risoluzione immediata del rapporto di pubblico
impiego, non si esaurisce del resto in un unico episodio, ma
va configurata in relazione ad una molteplicità di fatti — atti
nenti alla qualità e quantità delle prestazioni lavorative del di
pendente — che vanno considerati nel loro insieme e che posso no anche rimanere, come si verifica nella presente fattispecie, al di fuori della sfera disciplinare.
L'appellante sostiene altresì che nell'ipotesi di assenze, anche
ripetute, per malattia — oltrettutto sempre giustificate — la di
spensa dal servizio per scarso rendimento sarebbe ingiustificata
ed arbitraria, in quanto l'eccessiva mobilità è prevista, e sanzio
nata da norme specifiche, che l'amministrazione avrebbe dovu
to, al ricorrere dei presupposti, attivare.
Anche detto rilievo non ha pregio. La sezione ritiene che la valutazione di «scarso rendimento»
possa derivare anche da un abnorme numero di assenze «brevi»
per malattia, nella specie effettuate con modalità tali da ledere
in maniera particolarmente grave le esigenze di funzionalità del
l'ufficio. Non ha rilievo in contrario la circostanza che dette assenze
siano giustificate e che le disposizioni contemplino specifiche
conseguenze in ipotesi di eccessiva mobilità.
Quanto al primo aspetto si è già rilevato che la dispensa pre
scinde da ogni considerazione delle «colpe» del dipendente e
consegue all'oggettiva insufficienza dell'apporto collaborativo
dello stesso, secondo la discrezionale valutazione dell'ammini
strazione, che nella fattispecie risulta in concreto esente dai vizi
denunziati (sulla possibilità di valutare le assenze legittime dal
servizio ai fini del giudizio di scarso rendimento, v. Cons. Sta
to, sez. IV, 16 gennaio 1973, n. 24, id., Rep. 1973, voce cit.,
n. 637). In ordine al secondo rilievo va infine precisato che le disposi
zioni richiamate dalla ricorrente determinano — decorso un de
terminato periodo di assenza per malattia — l'automatica inter
ruzione del rapporto, mentre con l'istituto della dispensa l'am
ministrazione interviene con autonomo potere di autotutela al
ricorrere di diversi presupposti (nell'ipotesi de qua lo scarso ren
dimento). In definitiva, tutte le argomentazioni con le quali l'interessata
ha tentato di dimostrare l'illegittimità del provvedimento impu
gnato risultano infondate, come già ritenuto dal giudice di pri
mo grado, che le ha compiutamente analizzate e disattese in
maniera convincente.
Per le considerazioni sopra esposte l'appello in esame deve
essere rigettato.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 16 ottobre 1991, n. 648; Pres. Ruoppolo, Est. Adamo; Min. pubblica istruzio
ne (Avv. dello Stato Giordano) c. Battaglia (Avv. U.M. Giu
gni, Coderoni). Conferma Tar Lazio, sez. Ili, 25 giugno 1987,
n. 1191.
Impiegato dello Stato e pubblico — Missione all'estero — Ob
bligo di reciprocità — Trattamento ridotto — Legittimità —
Esclusione (R.d. 3 giugno 1926 n. 941, indennità al personale
Il Foro Italiano — 1992.
dell'amministrazione dello Stato incaricato di missione all'e
stero, art. 6; 1. 18 dicembre 1973 n. 836, trattamento econo
mico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali, art.
9).
Il dipendente statale in missione all'estero (nella specie, inse
gnante accompagnatore di alunni in soggiorno studio negli
Stati uniti d'America organizzato dal comune di Roma ed
autorizzato dal ministero della pubblica istruzione) ha diritto
al trattamento integrale di missione, senza la riduzione previ sta dall'art. 6, 4° comma, r.d. 3 giugno 1926 n. 941, allor
ché, per l'obbligo di reciprocità di ospitalità gratuita nei con
fronti di impiegati dello Stato estero, non sussista una reale
gratuità del trattamento di vitto e alloggio fruito. (1)
Fatto. - Il consiglio dell'istituto professionale di Stato di via
Aquilonia n. 30, in Roma, ha disposto con deliberazione del
13 settembre 1984 la partecipazione della prof. Elisabetta Batta
glia, insegnante di ruolo di lingua inglese, in qualità di accom
pagnatrice, ad un soggiorno studio, qualificato come scambio
culturale di classi, con una scuola degli Stati uniti, nel periodo
28 settembre-19 ottobre 1984, organizzato tramite l'agenzia in
tercultura di Roma. E ciò sulla scorta di una circolare del co
mune di Roma, che prevedeva scambi internazionali con ospita lità offerta reciprocamente dalle famiglie dei ragazzi dei paesi
interessati.
Il ministero della pubblica istruzione autorizzava l'iniziativa
dell'istituto professionale, estendendo l'autorizzazione anche agli
accompagnatori. Nella seconda fase dello scambio, attuata in Italia, dal 1°
aprile al 20 aprile 1985, la prof. Battaglia ospitò, perciò, nella
propria abitazione di Roma, l'insegnante statunitense accompa
gnatrice, prof. Carr Mary Sue.
Il preside dell'istituto, con provvedimento del 6 agosto 1985,
prot. n. 5868, richiamandosi alla circolare del ministero della
pubblica istruzione 16 febbraio 1985, n. 66, prot. 1011/22-2,
non dava luogo all'intero pagamento dell'indennità di missione,
sostenendo che la ricorrente avrebbe avuto diritto solo al tratta
mento ridotto ad un quarto, a norma dell'art. 6 r.d. 3 giugno
1926 n. 941.
Avverso i sopracitati provvedimenti la prof. Battaglia ha pro
posto ricorso al Tar del Lazio, adducendo la violazione ed ine
satta applicazione dell'art. 6 r.d. 3 giugno 1926 n. 941; la viola
zione dell'art. 9 1. 18 dicembre 1973 n. 836; ed eccesso di potere
per ingiustizia manifesta, illogicità e disparità di trattamento.
Ha anche chiesto la declaratoria del diritto ad ottenere l'inden
nità nella misura intera, con condanna dell'amministrazione al
pagamento della somma spettante, rivalutata e con gli interessi.
L'impugnata circolare ministeriale al paragrafo 3.4 avrebbe
dettato i criteri orientativi per le scelte degli insegnanti accom
pagnatori prevedendo anche la possibilità dello scambio di ospi
talità fra gli insegnanti accompagnatori.
In tali ipotesi, giusta l'impugnata circolare, l'indennità di mis
sione andrebbe ridotta sino ad un quarto nel caso in cui si fruisse
di vitto ed alloggio gratuito e ciò sulla scorta del dettato del
l'art. 6 r.d. 3 giugno 1926 n. 941.
Ma, nel caso di specie, secondo la ricorrente, la prestazione
di cui essa ha fruito non potrebbe ritenersi gratuita, in quanto
posta in posizione di assoluto sinallagma con la prestazione
erogata. Gli impugnati provvedimenti sarebbero anche in contrasto con
il 3° comma dell'art. 9 1. 18 dicembre 1973 n. 836 che prevede
(1) In termini, Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 1988, n. 1264,
Foro it., Rep. 1989, voce Istruzione pubblica, n. 172, sul presupposto che — di norma — il trattamento di ospitalità connesso agli scambi
scolastici ha carattere di reciprocità; nonché, Corte conti, sez. I, 13
gennaio 1984, n. 10, id., Rep. 1984, vocecit., n. 275, secondo cui devo
no riconoscersi idonei al perseguimento dei fini istituzionali le forme
di ospitalità od atti di cortesia svolti per consuetudine o per motivi
di reciprocità in occasione di rapporti a carattere ufficiale tra organi
rappresentativi dell'università ed omologhi esteri.
Sull'indennità di missione dei dipendenti pubblici, v. la nota di ri
chiami a Tar Emilia-Romagna 27 novembre 1975, n. 555, id., 1977,
III, 106; nonché Di Stilo, Le indennità di missione, in Italia e all'este
ro, di trasferimento e di prima sistemazione, Maggioli, Rimini, 1988.
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PARTE TERZA
la riduzione dell'indennità solo nell'ipotesi in cui il vitto e l'al
loggio siano forniti o dall'amministrazione o da qualsiasi altro
ente pubblico, con ciò escludendosi, dalla fattispecie normati
va, il caso in cui l'ospitalità provenga da un privato. Il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso, escludendo
la «gratuità» dell'ospitalità ricevuta dall'insegnante in America, dato che essa è stata obbligata a ricambiare in Italia, a sue
spese, tale ospitalità. (Omissis) Diritto. - L'appello è infondato.
Va precisato anzitutto che lo scambio culturale di classi del
l'istituto professionale di Stato di via Aquilonia 30 in Roma
con classi di una scuola dello stesso tipo degli Stati uniti d'A
merica, nel periodo dal 28 settembre al 19 ottobre 1984, orga nizzato dall'agenzia interculturale di Roma, è stato autorizzato
(seppure in via del tutto eccezionale) dal ministero della pubbli ca istruzione con provvedimento del 29 settembre 1984 e che
tale autorizzazione si estendeva agli insegnanti accompagnatori. Risulta allora priva di consistenza la censura dell'amministra
zione appellante secondo la quale non sarebbe stata tenuta nel
debito conto l'osservazione mossa in prime cure che alla corre
sponsione della indennità di missione sarebbe stato d'ostacolo, in radice, la circostanza che, nella specie, non ricorreva «una
situazione di stretto servizio». Secondo l'amministrazione, in
fatti, da una parte, i docenti coinvolti nell'iniziativa sarebbero essi stessi beneficiari di arricchimento culturale al pari degli al
lievi dell'istituto professionale e, per altro verso, l'iniziativa sa
rebbe inserita in un contesto organizzatorio proprio del comune
di Roma.
È del tutto evidente, invero, che solo dall'autorizzazione mi
nisteriale deriva la legittimazione dell'insegnante ad accompa gnare gli alunni dell'istituto professionale all'estero, mentre nes
sun rapporto si è instaurato — né poteva instaurarsi, ostandovi
la normativa sul pubblico impiego statale — tra la stessa e l'en
te finanziatore (comune di Roma) o l'agenzia intercultura di
Roma organizzatrice del soggiorno-studio della scolaresca negli Stati uniti d'America.
Il rapporto di servizio tra la docente e l'amministrazione sco
lastica statale è rimasto, perciò, pieno anche nel periodo di tem
po in cui lo scambio culturale è avvenuto. Ed il rapporto di
pubblico impiego che intercorre tra la docente e l'amministra
zione statale non è rimasto scalfito neppure per il fatto che lo
scambio culturale fosse — come l'appellante sostiene — orga nizzato anche nell'interesse di arricchimento culturale dei do
centi accompagnatori, si che non potesse, nel periodo conside
rato, «riscontrarsi da parte della ricorrente una situazione di
stretto servizio».
L'attività svolta nell'occasione dall'appellata — seppure ab
bia potuto indubbiamente comportare l'acquisizione da parte sua di cognizioni ed esperienze nuove, come del resto si verifica o può verificarsi anche nella quotidianità del lavoro in ispecie del lavoro intellettuale — è stata, sempre e soltanto quella isti tuzionalmente assegnatale dalla sua funzione, e cioè l'attività di insegnante nelle scuole statali della lingua inglese.
Ciò premesso, il collegio osserva che, con riferimento alla circolare ministeriale n. 66 del 16 febbraio 1985 ed al provvedi mento del preside dell'istituto che disponeva il pagamento a fa vore dell'appellata delle diarie per la missione di accompagna mento nella misura ad un quarto, mentre non ricorre la denun ciata trasgressione del disposto dell'art. 9, 3° comma, 1. 18
dicembre 1973 n. 836, essendo la fattispecie in esame affatto diversa da quella ipotizzata dalla norma (missione con fruizione
di alloggio o vitto gratuito fornito dall'amministrazione o da
qualsiasi altro pubblico ente), sussiste, invece, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 6, 4° comma, r.d. 3 giugno 1926
n. 941 (che è disposizione specifica del trattamento). Al punto 2.4 la menzionata circolare dispone che nel caso
in cui sia previsto lo scambio di ospitalità tra gli insegnanti ac
compagnatori dei due paesi, le indennità da corrispondere agli interessati sono ridotte, ai sensi del citato art. 6, 4° comma, r.d. 941/26 ad un quarto se fruiscono di alloggio e vitto gratuito.
La disposizione della circolare non appare, però, conforme al dettato del suddetto art. 6, perché questo impone la riduzio ne ad un quarto dell'indennità di missione all'estero soltanto se il personale civile (o militare) dello Stato «comunque fruisca di trattamento gratuito» (alloggio e vitto), ma non fornisce al
cuna disciplina per il caso di reciprocità di ospitalità gratuita tra soggetti impiegati italiani e di uno Stato estero.
Il Foro Italiano — 1992.
Dalla norma dell'art. 6 si desume, invero, il principio che
quando il dipendente statale in missione all'estero goda di trat
tamento gratuito le relative diarie debbono essere ridotte ad un
quarto.
Ma, tale principio non può trovare ovviamente applicazione le quante volte la gratuità del trattamento sia solo apparente. Se cosi è, il dipendente inviato all'estero deve essere integral mente ristorato delle spese di alloggio e vitto sostenute con la
corresponsione della indennità di missione senza alcuna de
trazione.
È quanto si verifica allorché il dipendente statale — come
nella specie — abbia l'obbligo di ricambiare al collega straniero
l'ospitalità gratuita ricevuta.
In questo caso il soggiorno all'estero non riveste indubbia
mente il carattere della gratuità contemplato dall'art. 6, 4° com
ma, r.d. 941/24, giacché quel che l'impiegato risparmia all'este
ro lo spende in patria. Né l'onerosità dello scambio dell'ospita lità può essere contestata in ragione dell'entità delle prestazioni, perché queste per quanto ridotte costituiscono comunque un no
tevole impegno anche economico per il dipendente. Per le suesposte considerazioni l'appello deve essere respinto
con la conferma della sentenza impugnata.
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 12 ot
tobre 1991, n. 8; Pres. Crisci, Est. Perricone; Regione Abruz
zo (Avv. dello Stato Ferri) c. Soc. Italcementi (Avv. Paolet
ti, Benvenuti, Lucchini), Comune S. Valentino in Abruzzo
(Avv. Di Benedetto). Conferma Tar Abruzzo, sez■ Pescara, 26 marzo 1983, n. 150.
Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Coltivazione di
cava — Sottoposizione a concessione — Illegittimità.
È illegittima la norma del piano regolatore generale di un co
mune che sottopone indiscriminatamente a previa concessio
ne o autorizzazione edilizia la coltivazione delle cave. (1)
(1) L'ordinanza di rimessione della sez. IV, 12 dicembre 1990, n.
1007, è riportata in Cons. Stato, 1990, I, 1531. La giurisprudenza sul rapporto tra disciplina urbanistica e attività
estrattiva da cave, ha come punto di riferimento obbligato la decisione dell'adunanza plenaria 9 marzo 1982, n. 3, Foro it., 1982, III, 289 (an notata da Traina, ibid., 351; da Travi, in Regioni, 1982, 711), che, innovativamente, argomentando dalla possibilità per la pianificazione urbanistica di limitare gli usi del territorio pregiudizievoli al rispetto dell'assetto ambientale e paesaggistico, ha dichiarato la legittimità della disposizione di un piano regolatore (nella specie, di Portovenere, in riferimento alle isole della Palmaria e del Tino), che imponeva il divieto di coltivazione di cava (nella specie, pure in galleria).
Al precedente dell'adunanza plenaria ha poi aderito, tra l'altro, sez. VI 20 novembre 1986, n. 865, Foro it., 1988, III, 205, che ha confer mato la legittimità della disposizione, stavolta di un programma di fab bricazione che, al fine di evitare deturpazioni ambientali, vietava la col tivazione di cave in determinate zone del territorio comunale; anche la nota redazionale ad essa indicava il persistere dell'orientamento giu risprudenziale secondo il quale per la coltivazione delle cave non è ne cessaria la concessione di costruzione, richiesta solo per le eventuali
opere edilizie accessorie. Anche la decisione in rassegna si richiama a ad. plen. 3/82; ma, poi,
si sviluppa in una prospettiva diversa, perché finalizzata ad una conclu sione in un certo senso opposta, per quel che riguarda il rapporto tra la coltivazione delle cave e i poteri urbanistici: ossia, che tale attività
estrattiva, neppure in forza di una previsione di piano regolatore, possa essere sottoposta al normale regime di controllo comunale dell'attività edilizia e urbanistica imperniato sulle concessioni e sulle autorizzazioni rilasciate dal sindaco; e perviene a questa conclusione, non negando il collegamento tra la limitazione di tale coltivazione e le esigenze di tutela dell'ambiente e del paesaggio già rilevato da ad. plen. 3/82, ed anzi addirittura accentuandolo; ma anche affermando che i suddetti
poteri di disciplina edilizia e urbanistica spettanti ai comuni non posso no condizionare in modo totalizzante anche tutti gli altri possibili usi del territorio; e sottolineando che la cura degli interessi pubbli
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