Sezione IV; decisione 20 febbraio 1951, n. 99; Pres. Colucci P., Rel. Stumpo, Est. Tozzi; S. (Avv.Resta) c. Ministero giustizia (Avv. dello Stato Longo) e F. (Avv. Sorrentino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 74, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1951),pp. 173/174-181/182Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23140433 .
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178 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 174
tira a decidere della scusabilità dell'errore, competenza che, a detta dei ricorrenti, sarebbe stata unicamente del
Consiglio comunale. Il Collegio, non condivide questa opinione, in quanto
non ritiene che possa essere negata alla giunta prov.,
giudice di secondo grado, la competenza a statuire sulla
ricevibilità del ricorso, riformando eventualmente la pro nuncia del consiglio comunale e traendo dalle proprie con
clusioni, circa l'esistenza dell'errore scusabile, la conse
guenza naturale della rimessione in termine.
Fondati appaiono invece il terzo motivo del primo ri
corso e il quinto motivo del secondo ricorso, con i quali è
stato impugnato il riconoscimento, da parte della Giunta
prov., dell'errore scusabile, nel quale sarebbe incorso il
Nicastro, indirizzando a varie autorità le proprie doglianze contro l'operato della commissione elettorale comunale,
doglianze che egli avrebbe dovuto invece sottomettere in
prima istanza al Consiglio comunale.
L'art. 54 decreto legisl. 7 gennaio 1946 dispone te
stualmente : « Contro le operazioni per la elezione dei
consiglieri comunali è ammesso il ricorso entro un mese dalla proclamazione degli eletti. — Sui ricorsi pronunzia in prima sede il consiglio comunale, tanto per le que stioni di eleggibilità, quanto per le operazioni elettorali. —
Il ricorso deve, entro Ire giorui, per cura di chi l'ha pro
posto, essere notificato giudiziariamente alla parte che può avere interesse, la quale ha dieci giorni per rispondere ».
Pertanto, superato il dubbio circa l'impugnabilità delle
decisioni della commissione elettorale comunale, la dizione
delle norme suindicate non poteva dar luogo ad errori di
sorta, in quanto nessun equivoco poteva sorgere, nei ri
guardi dell'organo chiamato a decidere sui ricorsi contro
le decisioni predette, e sulla necessità della notificazione
agl'interessati nei tre giorni dal deposito nella segreteria comunale.
La Giunta prov. nella decisione 13-28 giugno 1947 ha ritenuto invece scusabile l'errore commesso dal Nicastro fondandosi sulla novità della materia, e sul fatto che lo
stesso Consiglio comunale di Avola aveva aderito a tale
concetto, procedendo all'esame del ricorso anziché dichia rarlo irricevibile perchè indirizzato ad altre autorità e non
notificato alle controparti. Ma siffatta argomentazione cade, quando si consideri che le disposizioni contenute nel
l'art. 53 avevano già avuto larga applicazione anche in
epoca anteriore all'introduzione del regime podestarile, e che comunque non si prestavano in alcun modo a dubbia
interpretazione, dato il loro significato letterale chia rissimo.
Per questi motivi, accoglie, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 20 febbraio 1951, n. 99 ; Pres. Co lucci P., Eel. Stcmpo, Est. Tozzi ; S. (Avv. Kesta) c. Ministero giustizia (Avv. dello Stato Longo) e F.
(Avv. Sorrentino).
Ordinamento giudiziario — Concorso per la nomina a
consigliere di Cassazione — Commissione — Com
posizione — Magistrati di grado terzo appartenenti al P. m. — Qualifica — Funzione — Irrilevanza.
Ordinamento giudiziario — Concorso per la Cassazione — Determinazione dei criteri di massima — Fatti
specie. Fascismo (sanzioni contro) — Epurazione — Fatti già
valutati — Considerazione sotto diverso profilo —
Legittimità.
Impiegato governativo — Procedimento disciplinare —
Contestazione iormale degli addebiti — Irrilevanza.
L'art. 182 dell'ordinamento giudiziario, stabilendo che la Com
missione esaminatrice del concorso per titoli per la. pro mozione a consigliere di Cassazione deve essere costituita
da due magistrati di grado terzo appartenenti al Pubblico
ministero, intende riferirsi alla qualifica dei magistrati stessi e non alla funzione (nella specie, giudicante) da
essi esercitata in via temporanea. (1) Nei concorsi per titoli per la promozione a consigliere di Cas
sazione non occorre la preventiva determinazione di criteri
di massima, e ben può la commissione prendere in esame
tutti gli elementi in suo possesso, anche se non recenti
e già valutati in occasione di altro concorso. (2) I fatti che furono oggetto del giudizio di epurazione possono
essere considerati in altra sede (nella specie, nel concorso
per la promozione a consigliere di Cassazione) se siano
riguardati sotto un profilo diverso, ad esempio per va
lutare le doti di carattere di un funzionario. (3) La formale contestazione degli addebiti, necessaria nei giu
dizi disciplinari, non occorre quando si provi che l'inte
ressato potè effettivamente presentare le proprie difese. (4)
La Sezione, ecc. — Con il primo motivo di ricorso lo
S. deduce la violazione dell'art. 182 dell'Ordinamento
giudiziario (r. decreto 30 gennaio 1941 n. 12) ed un ec
cesso di potere, perchè della Commissione giudicatrice del
concorso non facevano parte due magistrati appartenenti al P. m., in quanto tutti i membri appartenevano alla
carriera giudicante. Il dr. Caruso e il dr. ^Ruggiero avevano
bensì la qualifica di procuratore generale di corte d'appello,
ma, trovandosi fuori ruolo a sensi dell'art. 210 dell'Ord.
giud. ed esercitando le funzioni di presidente di sezione
della Corte di cassazione, non potevano considerarsi ap
partenenti al Pubblico ministero.
La censura è infondata.
L'art. 118 Ord. giud., nello stabilire i gradi della ma
gistratura, colloca nello stesso grado i primi presidenti di
corte d'appello, i procuratori generali di corte d'appello, il presidente di sezione della Corte di cassazione e l'avvo
cato generale presso la Corte di cassazione. Le tabelle F, C e H allegate allo stesso Ordinamento, dopo aver inqua drato i suddetti magistrati nel grado 3° dell'ordinamento
gerarchico ed aver fissato il loro numero in 48, assegnano alla Corte di cassazione 11 presidenti di sezione ed un
avvocato generale e alle corti d'appello 18 primi presidenti e 18 procuratori generali. Le nomine dei magistrati al
(1) Cfr. Oass., Sez. unite, 13 gennaio 1947 (Foro it., 1948, I, 227), che fermò il principio opposto a quello riassunto nella mas sima riprodotta, per la nomina ai posti riservati nel Consiglio su
periore della magistratura e nella Corte disciplinare ai presidenti di sezione della Cassazione o ai presidenti di corte d'appello. In tale occasione si ritenne rilevante la funzione e non la qualifica, dato che si ammise che a quei posti potessero essere eletti anche
magistrati di grado terzo, con qualifica di procuratori generali, ma che esercitassero funzioni giudicanti.
(2) Non risultano precedenti specifici in relazione al caso de ciso. Per il principio generale della necessità della predetermina zione dei criteri di massima, ai fini delle promozioni per merito
comparativo, cfr. IV Sez. 31 marzo 1948 (Foro it., Rep. 1949, voce Impiegato governativo, n. 142), nonché la indicazione degli stessi nei verbali, IV Sez. 13 aprile 1949 (id., 1949, III, 109, con nota di richiami).
(3) Per l'affermazione dello stesso principio con riguardo alla
compatibilità della valutazione in sede disciplinare di un fatto
già valutato in sede epurativa, sempre che si prescinda dalla considerazione del profilo epurativo che il fatto può presentare come indizio della ideologia politica che le leggi epurative di chiarano incompatibile con la qualità d'impiegato pubblico, cfr. IV Sez. 10 ottobre 1950, n. 480, ric. Viarengo (Giur. Cass. civ., 1950, vol. XXIX, 3°, 852). Lo stesso principio è stato enunciato nei confronti degli ufficiali, per la compatibilità del giudizio di
epurazione con quello c. d. di « discriminazione », v. IV Sez. 27 ottobre 1948, Foro it., Rep. 1949, voce Militare, n. 15; IV Sez. 27 luglio 1948, ibid., n. 131.
(4) Circa la necessità della contestazione degli addebiti ai fini della irrogazione di provvedimenti disciplinari, la giurispru denza è costante. Cfr. V. Sez. 10 luglio 1948, Foro it., Rep. 1949, voce Impiegato governativo, n. 273.
Per la legittimità del procedimento disciplinare che conduca
all'irrogazione di una delle sanzioni minori, anche se non pre ceduta dalla contestazione degli addebiti, se l'impiegato fu posto in condizioni di giustificarsi, cfr. IV Sez. 9 agosto 1947, id., Rep. 1948, voce cit., n. 390.
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176 PARTE TERZA 176
grado 3° non avvengono perciò indiscriminatamente, ma
attribuendo a ciascuno uno dei gradi previsti dal nu
mero 6 dell'art. 118 che si siano resi vacanti : in altri ter
mini, il magistrato di grado 3° deve necessariamente rive
stire la qualifica di presidente di sezione o di avvocato ge nerale della Cassazione o di primo presidente o procura tore generale di corte d'appello. Con la conseguenza che
egli sin dal momento della nomina appartiene alla camera
giudicante o requirente, non essendo, come si è detto, pos sibile l'esistenza di un magistrato di grado 3°, che non ab
bia una delle qualifiche previste dal n. 6 dell'art. 118.
L'art. 190 prevede la possibilità del passaggio dalle fun
zioni requirenti alle giudicanti o viceversa, ma sottopone detto passaggio ad una procedura speciale e a condizioni
rigorose, ed è sintomatico che, mentre per il passaggio dalla funzione requirente alla giudicante bastano ragioni di salute o gravi e giustificati motivi, per il passaggio dalla
funzione giudicante alla requirente occorrano « speciali at
titudini alle funzioni di Pubblico ministero ». Il che dimostra
che la legge mentre ritiene che colui, il quale esercita fun
zioni requirenti possa indifferentemente, dal punto di vista
tecnico, esercitare anche le funzioni giudicanti, richiede per il passaggio inverso un accertamento di idoneità alle nuove
funzioni.
Concludendo, il sistema della legge si può così rias
sumere :
1) tutti i magistrati non possono essere assegnati che
alla carriera giudicante o alla carriera requirente : non è
possibile l'esistenza di un magistrato di qualsiasi grado che
non appartenga ad una delle due carriere ; 2) normalmente
ciascun magistrato rimane, durante la permanenza nel me
desimo grado, nella stessa carriera alla quale venne asse
gnato con l'atto di nomina ; 3) solo eccezionalmente, du
rante la permanenza nel medesimo grado, è possibile il
passaggio da una carriera all'altra, con l'osservanza delle
garanzie predisposte dalla legge. Detto sistema è perfettamente logico, se si considera che
il magistrato non può esercitare che una delle due funzioni, e che, all'atto della nomina ad un grado, l'autorità compe tente deve tra l'altro giudicare sulla maggiore o minore
attitudine ad una delle due carriere o ad entrambe : ciò
avviene per tutti i gradi fino al 4° (si ricordi che gli or
gani consultivi debbono sempre esprimere il loro parere in
merito alla assegnazione ad una delle carriere), ed avviene
anche per la nomina al grado 3°, dove, pur non essendovi
organi consultivi, non è possibile ritenere che il Consiglio dei ministri assegni all'una o all'altra carriera senza un
preventivo giudizio sulle attitudini. Ciò premesso, è doveroso aggiungere che i magistrati non
sempre esercitano la funzione giudicante o requirente alla
quale sono destinati. Più precisamente : a) possono essere
destinati ad esercitare funzioni amministrative nel Mini
stero di grazia e giustizia ed essere collocati fuori ruolo
(art. 196 Ord. giud.) ; b) possono essere collocati fuori ruolo
per incarichi speciali non previsti dalla legge ed essere
temporaneamente destinati ad esercitare le funzioni de
loro grado od equiparato (art. 210) ; c) in caso di mancanza
od impedimento di tutti i magistrati del Pubblico ministero, esercita temporaneamente le funzioni di Pubblico mini
stero presso le corti un consigliere designato dal primo pre sidente, d'intesa con il procuratore generale, e presso i
tribunali, un giudice designato dal presidente, d'intesa con
il procuratore della Repubblica (art. 109). Eccettuato il caso delle funzioni amministrative, carat
teristica comune delle altre due ipotesi, messa ben in evi
denza dalla legge, è che il magistrato assegnato ad una
delle due carriere può esercitare le funzioni dell'altra solo
in casi eccezionali e in via del tutto temporanea : il che
si concilia perfettamente con il sistema della legge sopra
esposto, in virtù del quale l'assegnazione ad una piuttosto che all'altra funzione non è frutto di un arbitrio, ma di
ponderato giudizio sulle attitudini.
Queste considerazioni spianano la via per risolvere il
problema posto con il primo motivo dal ricorrente, in quanto non può dubitarsi che l'art. 182 Ord. giud., nello stabilire
che detta commissione, costituita da sette magistrati di
grado 3°, due debbano appartenere al P. m., abbia vo
luto chiaramente indicare due magistrati che all'atto della
nomina al grado siano stati assegnati alla carriera requi rente e non siano passati definitivamente alla giudicante,
prescindendo dalla funzione che essi possano esercitare in
via del tutto temporanea al momento della nomina della
commissione.
Posto infatti che la ratio legis della norma debba ri
cercarsi (come lo stesso ricorrente mostra di ritenere), nella
considerazione che gli appartenenti al Pubblico ministero
souo meglio in grado di giudicare coloro che esercitano
funzioni requirenti e di valutare la condotta e i precedenti
disciplinari dei concorrenti, è evidente che una tal garan zia può offrire soltanto chi a sua volta attraverso il vaglio
degli organi competenti, abbia avuto riconosciuto partico lari attitudini alle funzioni requirenti (o all'atto della no
mina o in un tempo successivo) : non si può ritenere il
contrario e badare alle funzioni attualmente esercitate senza
frustrare lo scopo della norma, chiamando a giudicare co
loro che esercitano funzioni requirenti, magistrati per i quali non è certo che abbiano attitudini a quelle funzioni.
Una riprova dell'esattezza dell'interpretazione adottata è
data dalla considerazione che, secondo la tesi del ricorrente, i magistrati fuori ruolo a sensi dell'art. 210, i quali non
siano stati temporaneamente destinati ad esercitare le fun
zioni del loro grado od equiparato, non potrebbero essere
chiamati a far parte della commissione, appunto perchè non hanno funzioni giudicanti o requirenti : si oppone in
vece a ciò la chiara lettera dell'art. 182, il quale, per la
formazione della commissione, si richiama esclusivamente
al grado e non anche alla funzione, o alla posizione in
ruolo o fuori ruolo. Che se poi si volesse ritenere che dei
sette componenti la commissione, solo i due appartenenti al P. m. dovrebbero effettivamente esercitare le funzioni, mentre gli altri componenti la commissione potrebbero anche essere fuori ruolo, sarebbe facile rispondere che,
per adottare una tale interpretazione, si dovrebbe supporre che la legge abbia voluto dettare una norma di favore per coloro i quali provengono dalla carriera requirente, in quanto, una volta ammesso che solo colui il quale esercita la fun
zione è in grado di giudicare, coloro i quali appartengono alla carriera giudicante, potendo essere giudicati da chi non
esercita nè la funzione giudicante nè la requirente per esser
fuori ruolo, verrebbero ad esser privati di ogni garanzia. Un ultimo argomento a favore dell'adottata interpre
tazione si può facilmente ricavare proprio dall'ordinanza
delle Sezioni unite della Suprema corte 13 gennaio 1947
{Foro it., 1948, I, 227) a torto invocata dal ricorrente a so
stegno della sua tesi. In occasione delle elezioni del Con
siglio superiore della magistratura era sorto il dubbio circa
l'interpretazione degli art. 7 e 24 r. decreto 31 maggio 1946 n. 511, i quali prescrivono rispettivamente che cinque dei componenti effettivi del Consiglio superiore e quattro dei componenti della Corte disciplinare « devono essere primi
presidenti di corte d'appello o presidenti di sezione di Cas
sazione e due procuratori generali di corte d'appello t> av
vocati generali di Cassazione ». Era accaduto che alcuno
fra gli eletti, pur esercitando le funzioni df presidente di
sezione della Cassazione in base all'art. 210, avessero il
grado di procuratore generale della corte d'appello o vi
ceversa, e si proponeva il quesito se dovesse badarsi alla
qualifica o alla funzione effettivamente esercitata. La Su
prema corte sciolse il dubbio richiamandosi all'art. 16 del
successivo decreto 13 settembre 1946 n. 264, il quale di
spone che « ai fini della partecipazione alle elezioni, i ma
gistrati fuori ruolo per incarichi speciali si considerano ap
partenenti all'ufficio presso cui esercitano le funzioni del
proprio grado ai sensi dell'art. 210, 3° comma, Ord. giud. ».
Ritenne in sostanza la Suprema corte che «la partecipa zione alle elezioni» comprendesse oltre la partecipazione
attiva, anche la passiva e che perciò occorresse, applicando l'art. 16 suddetto, guardare alle funzioni effettivamente
esercitate. Ora, se si considera che l'art. 16 riguarda esclu
sivamente le elezioni del Consiglio superiore, è facile osser
vare che le Sezioni unite, richiamandosi soltanto ad esso, non hanno affatto risolto la questione j generale. Inoltre,
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177 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 178
l'art. 16 non è suscettivo di alcuna interpretazione esten
siva ed analogica, poiché contiene una norma stabilita « ai fini della partecipazione alle elezioni» e lascia libera un'in
terpretazione diversa per fini diversi. Ancora, se si dovesse
guardare sempre alle funzioni esercitate, per la Suprema corte sarebbe stato più facile richiamarsi a tale principio
generale, anziché procedere ad una interpretazione dell'ar
ticolo 16, che evidentemente ha considerato come una norma
di carattere eccezionale. Infine, la necessità di una espli cita norma che fa prevalere la funzione sul grado è segno evidente che il principio generale è quello contrario.
Con il secondo motivo di ricorso lo S. denuncia la
violazione degli art. 183 e 159 Ord. giud., in relazione al
principio generale fissato nell'art. 27, 1° comma, r. de
creto 30 dicembre 1923 n. 2960, sullo stato giuridico degli
impiegati statali, per avere la Commissione esaminatrice
del concorso omesso di determinare preventivamente gli elementi di comparazione, in relazione alla finalità e alle
esigenze della scelta e della graduatoria (modus procedendo), e di indicarli sia nella relazione generale sia nella delibe
razione relativa a ciascun candidato (modus iudicandi). È noto come nei concorsi per titoli e nelle promozioni
per merito comparativo la giurisprudenza di questo Col
legio, consacrata anche in provvedimenti legislativi e in
circolari, ha costantemente ritenuto che occorra una pre ventiva determinazione dei criteri di massima, per la più esatta indicazione degli elementi che concorreranno a for
mare il giudizio di merito ed il valore che a ciascuno di
essi si intende attribuire. Non è qui il caso di accennare
alle ragioni di per sè ovvie che hanno determinato l'af
fermazione di questo principio, ribadito anche in recentis
simi pronunziati di questa Sezione ; occorrerà invece esa
minare se esso debba trovare applicazione anche nei con
corsi per titoli dei magistrati, disciplinati compiutamente dall'ordinamento giudiziario in vigore.
Giova premettere a tal fine che la predeterminazione dei criteri di massima non è esplicitamente richiesta nè
dall'Ordinamento giudiziario nè dal r. decreto 30 dicembre 1923 n. 2960 e che la circolare della Presidenza del Con
siglio n. 45130 del 23 luglio 1949 si riferisce esclusivamente « alle promozioni da conferire per merito comparativo nei ruoli dell'Amministrazione dello Stato, a sensi dell'art. 27 r. decreto 30 dicembre 1923 n. 2960». La mancata prede terminazione dei criteri di massima non può esser ricon
dotta perciò nè sotto il profilo della violazione di legge, nè
sotto il profilo dell'eccesso di potere per violazione di una
circolare. Di un eccesso di potere potrebbe parlarsi solo in
via generale, ritenendo che la pubblica Amministrazione, non fissando i criteri di massima, faccia cattivo uso della
potestà discrezionale di scelta conferitale dalla legge. Così posto il problema, ritiene la Sezione che l'esistenza
del vizio dedotto sia più facile ad affermare che a dimo
strare. La predeterminazione dei criteri di massima può in
fatti richiedersi sol quando si tratta di giudizi basati su
elementi relativamente uniformi, allo scopo di garantire obiettività ed eguaglianza di trattamento fra i candidati.
Così, per gli impieghi civili dello Stato, la citata circolare n. 45130 del 23 luglio 1949 dispone che «la valutazione
deve estendersi a tutti i precedenti di carriera ed in ogni caso alla qualità dei servizi resi in relazione alla natura
ed importanza delle funzioni affidate, alla capacità profes sionale dimostrata, agli incarichi svolti, alle doti morali, alla cultura tecnica ed a quella generale, al rendimento ed
alla specifica attitudine ad esercitare le funzioni del grado
superiore ». Nel caso invece dei concorsi per titoli per la promo
zione a consigliere d'appello o Cassazione, l'esame degli ar
ticoli 158, 159 e 160 Ord. giud. porta con sicurezza ad
escludere che vi sia quella uniformità di elementi di giu dizio che costituisce il presupposto della esigenza della fis
sazione dei criteri di massima.
In primo luogo è da notare che, a differenza degli al
tri impieghi civili dello Stato, vi è in detti concorsi la
produzione obbligatoria da parte dei canditati di dieci la
vori giudiziari, che debbono riferirsi ad un determinato
periodo di tempo non superiore a due mesi da indicarsi dal Ministro col decreto che indice il concorso. Potrebbe
sembrare a prima vista che l'elemento suddetto serva a
confermare che vi è quella uniformità di titoli sufficiente
per poter richiedere l'adozione di criteri di massima, dato
che la commissione, a sensi dell'art. 159, deve tener conto, oltre che degli altri elementi, « anche dei lavori e di tutti
gli altri titoli e documenti prodotti ». Senonchè dallo stesso art. 159 si evince che i magistrati addetti ad uffici non
giudiziari, possono partecipare al concorso, esibendo lavori
amministrativi in luogo dei giudiziari o non esibendo af
fatto i titoli del periodo obbligatorio se in detto periodo non abbiano compilato lavori amministrativi (la costitu
zione del periodo obbligatorio è prevista dall'art. 158 solo
per i lavori giudiziari) : inoltre, e ciò è più importante, i
lavori, amministrativi o giudiziari, del periodo obbligatorio, non hanno la stessa importanza per tutti i candidati. Di
spone infatti l'art. 159 (4° e 5° comma) che « per coloro i
quali esercitano funzioni istruttorie penali o appartengono al P. m., la commissione deve tenere prevalentemente conto delle informazioni sulle speciali attitudini alle funzioni in
quirenti o requirenti e sul modo col quale le funzioni stesse siano state esercitate », e per i magistrati che non prestano servizio presso uffici giudiziari, « deve tenere prevalente mente conto dei lavori amministrativi di carattere affine alle materie giudiziarie e dell'attività del concorrente in relazione alle funzioni da lui esercitate ».
Il sistema della legge è perciò nel senso che per i ma
gistrati, i quali esercitino funzioni giudicanti, oltre ad es sere obbligatoria in ogni caso la produzione dei dieci lavori
giudiziari, la valutazione deve essere fatta « tenendo preva lentemente conto» di essi, anche se siano stati prodotti lavori amministrativi ; per i magistrati che esercitano fun zioni inquirenti o requirenti è obbligatoria la produzione dei lavori giudiziari, ma la valutazione deve essere fatta tenendo prevalentemente conto delle informazioni sulle spe ciali attitudini a dette funzioni, e sul modo col quale esse sono state esercitate ; per i magistrati che non prestano servizio presso uffici giudiziari non vi è l'obbligo di pro duzione di lavori giudiziari o amministrativi, e la valuta zione deve essere fatta tenendo prevalentemente conto dei lavori di carattere amministrativo e dell'attività del con corrente in relazione alle funzioni da lui esercitate.
Dal sistema sin qui esposto è logico trarre due con
clusioni. I.a prima è che nei concorsi in esame il compito della
commissione non consiste nella valutazione di qualità, at
titudini e servizi più o meno uniformi, come accade per la maggior parte degli altri concorsi o scrutini per titoli, essendo evidente l'enorme difformità tra la funzione am
ministrativa e la funzione giudicante o requirente. La se conda è che, anche data per ammessa l'uniformità di titoli
e di funzioni, per preciso disposto di legge gli elementi di valutazione, pur essendo comuni a tutti i candidati, hanno una diversa importanza a seconda dell'effettiva fun
zione da essi esercitata e si integrano a vicenda in maniera
diversa, sicché non sono suscettibili di una valutazione se
parata, quale dovrebbe effettuarsi se ciascuno di essi o
gruppi affini di essi si trasformassero in criteri di massima.
Bastano queste semplici considerazioni per concludere
che, nei concorsi in esame, la predeterminazione dei criteri
di massima, oltre a non essere possibile in astratto, riusci
rebbe praticamente a sconvolgere il sistema fissato dalla
legge, la quale ha voluto che elementi di valutazione di
versi e non raggruppabili (quali i lavori giudiziari, le at
titudini e il modo di svolgimento delle funzioni esercitate)
vengano considerati insieme ed abbiano un valore ed una
efficacia a volta a volta diversi.
Un'ultima considerazione a favore della soluzione adot
tata è che fra gli elementi dei quali le commissione deve
tener « particolarmente conto » vi è « la pubblica stima » da
da cui il magistrato è circondato, la quale, potendo dipen dere da fattori del tutto estranei al comportamento o alla
volontà del magistrato, mal potrebbe formare oggetto di un giudizio di merito comparativo, senza contare che sa
! rebbe difficilmente graduabile.
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179 PAETE TEEZA 180
Naturalmente, il compito della commissione è pur sem
pre quello di formulare un giudizio comparativo fra i con
correnti e perciò, benché l'opera svolta e le attitudini di
mostrate non siano comparabili, il risultato del concorso
non può essere affidato al verdetto non motivato e insin
dacabile della commissione stessa. Come è s+ato osservato
da questo Consiglio in altra occasione, la commissione è
un organo tecnico il cui compito non consiste tanto nella
formazione di un atto di volontà quanto nell'espressione di un giudizio motivato ; onde la commissione non assolve
la sua funzione quando si limita ad enunciare i risultati
del suo lavoro, senza esporre il procedimento logico attra
verso il quale quei risultati sono stati raggiunti ed in base a quali elementi essa abbia scelto tra i candidati idonei i più meritevoli.
Può anche accadere che dallo stesso raffronto dei giu dizi individuali espressi sui singoli candidati emerga impli citamente il diverso apprezzamento che la commissione fa
di ciascuno di essi, e quindi la posizione che, nel giudizio di questa, assumono i vari concorrenti nei loro reciproci confronti : il che è avvenuto appunto nel caso in esame
in cui la Commissione, dopo aver richiamato gli elementi
sui quali avrebbe portato il suo esame, ha formulato per ciascun candidato un dettagliato giudizio, tenendo conto
soprattutto degli elementi di valutazione predeterminati dalla legge.
Il terzo motivo del ricorso denuncia una violazione del
l'art. 183 in relazione all'art. 159 Ord. giud., per avere la
Commissione esaminatrice del concorso preso in conside
razione il risultato di indagini compiute nel 1938 dal Primo
presidente della Corte d'appello di Bari sul conto dello
S., erroneamente ritenendo: 1) che il Primo presidente, il quale aveva adottato le prime conclusioni senza sentire
l'interessato, avesse fatto una seconda inchiesta conferma
tiva dei risultati della precedente, dopo aver escusso, per ordine del Ministro, l'inquisito; 2) che il Ministro scrisse
allo S. una lettera di richiamo. A detto motivo si ricollega
logicamente il quarto, con il quale lo S. denuncia una vio
lazione degli stessi articoli di legge, per avere la Com
missione tenuti presenti elementi già giudicati ed esclusi
nel concorso per la promozione a consigliere di corte d'ap
pello, tenendo in non cale quanto operato e compiuto dal
candidato dal momento della promozione in appello a quello della decisione.
A prescindere da quest'ultima affermazione, infondata
in linea di fatto, dato che nel giudizio espresso dalla Com
missione vi è la menzione esplicita che successivamente al 1938 i superiori riferirono sul conto dello S. in ter
mini assai lusinghieri, osserva la Sezione che la tesi del
ricorrente è in contrasto con la legge, la quale non pone alcun limite circa gli elementi dai quali occorre trarre
il giudizio, sicché deve ritenersi perfettamente legittimo ed anzi doveroso per l'organo giudicante prendere in esa
me tutti gli elementi in suo possesso, anche se essi ri
salgano ad epoca piuttosto lontana e anche se abbiano formato oggetto di precedenti valutazioni, attesa la logica autonomia dei giudizi emessi in sede di concorsi per ti
toli. Questo Consiglio ha avuto più volte occasione di af
fermare detti principi, soprattutto in tema di giudizi di
avanzamento di ufficiali, che debbono essere condotti sulla
base dei libretti personali ed espressi tenendo conto di
tutti i precedenti di carriera, e non soltanto di quelli suc
cessivi all'ultima promozione. Detti principi costituiscono una esigenza logica insopprimibile, poiché deve ritenersi
logico che un dato elemento negativo possa non essere
di ostacolo alla promozione a un dato grado, e al con
trario precludere l'accesso ad un grado superiore della car
riera, per il quale i requisiti prescritti debbono essere pos seduti più intensamente.
Quanto poi alla lettera di richiamo, la censura è infon data in fatto perchè ad essa non si accenna affatto nel
giudizio della Commissione relativo allo S. ; così come non si accenna affatto ad una seconda inchiesta confer
mativa dei risultati della precedente, dato che in detto
giudizio è detto esplicitamente che il Presidente della
Corte di appello, nella seconda inchiesta, non si pronunciò
sulla sussistenza o meno dei fatti addebitati, limitandosi
a rilevare che, « quale che fosse la fondatezza delle di
fese dello S., certamente esse non smentivano l'esistenza
di giudizi poco benevoli che si davano sul suo conto».
Con il quinto motivo lo S. denuncia ancora una vio
lazione degli art. 159 e 183 Ord. giud., per avere la
Commissione tenuti presenti a carico del ricorrente i ri
sultati del giudizio di epurazione, conclusosi con una pro
posta di censura per pretesa apologia, censura non inflitta, anzi neppure comminata, perchè revocata a norma dell'ar
ticolo 13 decreto legisl. luog. 9 novembre 1945 n. 702.
La censura non ha fondamento, in quanto la Commis
sione non ha tenuto affatto presente la punizione discipli nare mai irrogata (se l'avesse tenuta presente avrebbe dovuto
escludere lo S. dal concorso a sensi dell'ultimo comma
dell'art. 155 Ord. giud.) : si è limitata soltanto a riportare nel suo giudizio i fatti che diedero luogo alla proposta di
censura, il che, secondo quanto è stato più volte ritenuto da questo Consiglio, è pienamente legittimo, potendo lo
stesso fatto essere esaminato oltre che dal punto di vista
epurativo, anche per dedurne una deficienza morale e di
carattere da parte di chi lo ha commesso.
L'ultimo motivo di ricorso viene dedotto sotto il pro filo della violazione del principio fondamentale della con testazione degli addebiti, in relazione anche all'art. 159
Ord. giud., in quanto la Commissione avrebbe dovuto nella
migliore delle ipotesi contestare all'interessato i fatti posti a base del giudizio ; è facile però osservare in primo luogo che la contestazione è necessaria solo nei giudizi discipli nari ed inoltre che lo S. fu in grado di difendersi su
ogni punto di fatto esaminato dalla Commissione. Risulta
infatti che il ricorrente inviò alla Commissione un detta
gliatissimo memoriale esistente in atti, nel quale produsse le sue giustificazioni su ogni punto e che la Commissione nella seduta del 29 dicembre 1947 esaminò detto memo
riale, e ritenne che le deduzioni svolte dallo S. non por tassero elementi nuovi, tali da modificare il giudizio pre cedentemente dato.
Infine, la doglianza contenuta nell'ultima parte del mo
tivo e riflettente il vizio di origine del bando di concorso 9 luglio 1940, violatore dell'art. 0 decreto legisl. luog. 3
maggio 1945 n. 233, perchè avrebbe dovuto far blocco col
bando del concorso 22 maggio 1940, è manifestamente in
ammissibile, non essendo stati impugnati separatamente i
due bandi.
Nella voluminosa memoria depositata prima dell'udienza
il ricorrente in parte ha sviluppato i motivi di ricorso e in parte ha dedotto ulteriori doglianze che concretano veri e propri motivi aggiunti, come tali inammissibili perchè fuori termine e non notificati alle altre parti. (Omissis)
Può considerarsi invece uno sviluppo del terzo motivo
l'affermazione che il giudizio della Commissione sarebbe fondato sa presupposti falsi, inesistenti o travisati, ma detta affermazione non può essere condivisa dal Collegio.
Come già si è detto, nel giudizio formulato sul conto dello S., la Commissione non ritiene affatto che lo S. abbia effettivamente commesso i numerosi fatti addebi
tatigli dagli autori di vari anonimi pervenuti al Mini
stero, ma si limita ad enumerarli, a narrare le vicende dell'inchiesta compiuta dal Primo presidente della Corte
d'appello di Bari e a riportare le conclusioni di detta in
chiesta, la quale, prescindendo dalla fondatezza o meno dei fatti addebitati, accertò c l'esistenza di giudizi poco benevoli che si davano sul conto dello S. ». La Commis sione dà atto infine che, a seguito dell'inchiesta, nessun
provvedimento fu preso a carico del ricorrente. Vana è
pertanto in questa sede la dimostrazione offerta dallo S. della nessuna attendibilità dei fatti addebitatigli dagli anonimi, perchè la Commissione non li ha posti a base del suo giudizio, ma si è limitata a dare atto che il ricorrente
aveva, sia pure senza sua colpa, perduto quella stima nel
pubblico, che costituisce uno fra i più importanti elementi da tener presente nella valutazione. Quanto infine alla let tera di diffida che il Ministero avrebbe rivolto allo S., è facile osservare che la menzione di detta diffida contenuta nelle note biografiche non ha alcun valore, poiché nel
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181 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 182
giudizio della Commissione l'errore stato rettificato ed
è stato detto espressamente che il Ministero non prese alcun provvedimento.
Per questi motivi, respinge, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 20 gennaio 1951, n. 10; Pres. Severi
P., Est. Lttgo ; Consorzio veterinario di Pievepelago
(Avv. Amorth, Tabet) e. Alto commissariato igiene e sanità (Avv. dello Stato Guglielmi).
Impiegato governativo e pubblico — Impiegato di ente
pubblico — Collocamento a riposo — Ricorso al
Ministro — Costituzionalità —- Impugnativa giuris dizionale — Ammissibilità (D. legisl. 7 febbraio 1948
n. 48, norme per la estinzione dei giudizi di epurazione, art. 8).
Sanità pubblica — Alto commissariato per la sanità — Poteri sulla carriera del personale sanitario.
Impiegato governativo e pubblico — Impiegato di
ente pubblico — Dispensa per epurazione — Rias
sunzione — Collocamento a riposo — Estremi (D.
legisl. 7 febbraio 1948 n. 48, art. 8).
Non è incostituzionale l'art. 8 del decreto legislativo 7 feb braio 1948 n. 48, che ammette il ricorso al Ministro
competente avverso i provvedimenti di enti pubblici di
collocamento a riposo di dipendenti, in quanto con ciò non
esclude la proposizione dei normali ricorsi giurisdizio nali. (1)
L'Alto commissariato per l'igiene e sanità ha, in materia di
carriera del personale sanitario, tutti i poteri già spet tanti al Ministero interni, Direzione generale sanità. (2)
Non pud essere collocato a riposo il dipendente « incom
patibile », riassunto per effetto delle norme sull'estinzione
dei giudizi di epurazione, se non abbia conseguito il
diritto a pensione. (3)
La Sezione, ecc. — Col primo motivo del ricorso si
denunzia l'incostituzionalità del decreto legisl. 7 febbraio
1948 n. 48, perchè avrebbe sottratto le controversie rela
tive al collocamento a riposo degli impiegati degli enti
locali al loro giudice naturale : giunta prov. amm., per at
tribuirne la decisione al Ministro. La doglianza, così come
viene proposta, esula manifestamente dal potere di co
gnizione di questo Consiglio, che non può sindacare la le
gittimità della legge. E del resto la censura si rivela ictu
oculi infondata, perchè l'introduzione di un gravame am ministrativo non implica affatto l'esclusione del sindacato
giurisdizionale e tanto meno la sottrazione del cittadino
al proprio giudice naturale.
Maggiore considerazione merita il secondo motivo, col
quale il Consorzio si duole che il ricorso sul collocamento a riposo del veterinario Ferraresi sia stato deciso dall'Alto
commissariato d'igiene e sanità, anziché dal Ministro del
l'interno. La questione dei limiti della competenza del l'Alto commissariato di sanità è stata esaminata da questo
Consiglio in sede consultiva (v. pareri della Sez. I 26 aprile 1949, n. 504 e dell'Adunanza generale 20 dicembre 1949, n. 37) ed è stato ritenuto che l'Alto commissariato, con
formemente ai suoi fini istituzionali, abbia acquisito tutti
(1) In tal senso vedi : V Sezione 3 dicembre 1949, n. 1055, ric. Imperi, Foro amm., 1950, I, 2, 150. Vedi pure V Sez. 21 feb braio 1951, n. 76, ric. Ospedale al mare al Lido, in Raccolta
completa, 1951, 127, che afferma l'alternatività dei due ricorsi ; e 16 dicembre 1950, n. 1297, Giur. Cass, civ., 1950, vol, XXIX, 3®, 909.
(2) Cfr. i pareri V Sezione 26 aprile 1949, n. 504, e Ad. geo. 20 dicembre 1949, che non risultano editi.
(3) Cfr. la decisione citata nel testo : V Sezione 27 maggio 1950, n. 646, ric. Ospedali riuniti Imola, retro, 95, con annota zione di O. M. I.
i compiti che erano prima riservati alla Direzione gene rale di sanità, ed. abbia quindi competenza a deliberare
non soltanto sulle materie tecniche, ma altresì in materia di sanitari.
La Sezione intende ora attenersi a questi concetti che
sono fondati su un approfondito esame degli atti che hanno
istituito l'Alto commissariato e della organizzazione di
esso. Pertanto ritiene che, come all'Alto commissariato è
stata riconosciuta la potestà di decidere i ricorsi gerarchici sui provvedimenti relativi alla carriera dei sanitari, così
si deve ammettere la sua competenza a decidere sui re
clami proposti ai sensi dell'art. 8 decreto legisl. 7 febbraio
1948 avverso i provvedimenti degli enti locali, che abbiano
dichiarato l'incompatibilità a prestare servizio di un sa
nitario.
Nel merito il ricorso non è fondato.
Il decreto impugnato è basato, fra gli altri, sul motivo
che il Ferraresi non poteva essere collocato a riposo, perchè non aveva raggiunto il periodo di servizio minimo, pre visto dalla legge 6 luglio 1939 n. 1035, per il normale
trattamento di quiescenza. Questa considerazione è esatta
e conforme alla giurisprudenza di questo Consiglio, che ha
ripetutamente affermato che il presupposto affinchè il di
pendente dichiarato incompatibile possa essere collocato
a riposo, è il raggiungimento del periodo di servizio ne
cessario per il trattamento di pensione normale ; giacché il caso dell'art. 8 decreto legisl. 7 febbraio 1948 non si
può assimilare alle ipotesi particolari, che consentono di
collocare a riposo il dipendente con un periodo di servizio
inferiore (cfr. dee. della Sez. V 27 maggio 1950, n. 646,
retro, 95). Non è poi pensabile che si possa applicare in questa
ipotesi la norma che consente di collocare a riposo con
un'anzianità minore di quella normale l'impiegato ohe si
sia reso incompatibile con le direttive politiche del Go
verno. La norma invocata era evidentemente connessa con
i principi dello Stato totalitario e deve intendersi abrogata col venir meno di esso.
Questo motivo è dunque legittimo e sufficente a sor
reggere la decisione dell'Alto commissariato. Pertanto il
ricorso può essere respinto, senza che sia necessario scen
dere al particolare esame dei rimanenti motivi, con i quali si censurano altre considerazioni contenute nel provvedi mento dell'Alto commissariato.
Per questi motivi, respinge, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 29 dicembre 1950, n. 1335 ; Pres.
Severi P., Est. Sangiorgi ; Longobardi e altri (Avv
Iaccarino) c. Comune di Napoli (Avv. Solimena, Per
fetto), Ministero della istruzione e Provveditorato ai
monumenti della Campania (Avv. dello Stato Arias),
Impresa Lamaro (Avv. Fragola), e Paternò (Avv. Ca
rtono).
Monumento pubblico — Bellezza panoramica — Ter
reno vincolato — Deroga al vincolo — Autorizza
zione — Privati proprietari della zona — Impugna tiva — Ammissibilità (L. 1 giugno 1939 n. 1089, tutela delle cose di interesse artistico, art. 1 e 7).
Monumento pubblico — Bellezza panoramica — Ter
reno vincolato — Deroga al vineolo — Autorizza
zione — Precedenti deroghe con danni alla bellezza
panoramica — Liceità di ulteriori danni — Esclu
sione.
I privati frontisti di una strada in zona panoramica, i cui
fondi a valle siano gravati da vincolo, hanno veste a im
pugnare V autorizzazione a derogare a tale vincolo, data
ad altri proprietari dei fondi a valle. (1) È illegittima per eccesso di potere l'autorizzazione a derogare
a un vincolo panoramico, fondata sulla considerazione che
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