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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione IV; decisione 22 febbraio 1994, n. 162; Pres....

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sezione IV; decisione 22 febbraio 1994, n. 162; Pres. Pezzana, Est. Baccarini; Mestiz ed altri (Avv. Lubrano) c. Fameli ed altri (Avv. Di Gioia), Conferma Tar Lazio, sez. III, 26 marzo 1993, n. 412 Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994), pp. 491/492-499/500 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188400 . Accessed: 24/06/2014 20:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.107 on Tue, 24 Jun 2014 20:11:05 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 22 febbraio 1994, n. 162; Pres. Pezzana, Est. Baccarini; Mestiz ed altri(Avv. Lubrano) c. Fameli ed altri (Avv. Di Gioia), Conferma Tar Lazio, sez. III, 26 marzo 1993,n. 412Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 491/492-499/500Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188400 .

Accessed: 24/06/2014 20:11

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491 PARTE TERZA 492

10 gennaio 1957 n. 3, si appalesa ostativa, secondo il rilievo

fatto dalla Corte dei conti alla costituzione del rapporto di

impiego». Di conseguenza, nel decreto impugnato è ritenuta la illegitti

mità dell'atto di immissione in ruolo stante detta condanna,

considerata ostativa alla costituzione del rapporto di impiego di ruolo.

Epperò, non recando la legge detta preclusione, non è dato

ritenere che una sentenza penale di condanna per reato com

messo prima dell'assunzione in ruolo, ancorché relativa ad uno

dei reati che, a norma dell'art. 85 t.u. n. 3 del 1957, erano

causa di destituzione di diritto, potesse considerarsi di per sé

ostativa all'instaurazione del rapporto di impiego (v. Cons. Sta

to, sez. VI, n. 272 del 7 maggio 1991 e n. 445 dell'11 luglio

1991, Foro it., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, nn. 183,

197) e che ciò possa rappresentare motivazione sufficiente del

provvedimento.

Invero, ciò costituirebbe, in concreto, altresì, applicazione di

una norma ritenuta incostituzionale in parte qua con sentenza

della Corte costituzionale n. 971 del 14 ottobre 1988 (id., 1989,

I, 22) ed in ordine alla quale il ricorrente aveva dedotto motivi

di incostituzionalità. Deve essere, al riguardo, osservato che:

a) non essendo prevista nella legge, quale coedizione per l'im

missione in ruolo, la mancanza di sentenza di condanna per

gli stessi reati di cui art. 85, occorreva che l'amministrazione

valutasse adeguatamente il comportamento del ricorrente negli

anni successivi al reato oggetto di condanna;

b) nel ricorso di primo grado il ricorrente aveva affermato

di avere mantenuto negli ultimi anni un comportamento inecce

pibile; c) d'altra parte, la circostanza del mantenimento in servizio

del ricorrente dal 1977 al 1986 è spiegabile con il fatto che detto

comportamento era stato tale da non determinare, in concreto,

la necessità di uno suo allontanamento dal servizio e che lo

stesso provveditore agli studi aveva chiesto il riesame del dinie

go della Corte dei conti.

Premesso quanto innanzi, l'amministrazione, essendosi con

cluso il rapporto di servizio non di ruolo del ricorrente, non

poteva fare applicazione — come peraltro non ha fatto — del

citato art. 85, ma non poteva neppure legittimamente, come

rilevato innanzi, in mancanza di disposizioni nella legge, far

legittimamente richiamo al citato art. 85 nel ritenere ostativo

alla costituzione del rapporto di impiego di ruolo il fatto di

una pregressa condanna per uno dei reati previsti dalla citata

norma.

Invero, se l'art. 2 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 stabilisce in

via generale, per l'ammissione agli impieghi civili dello Stato,

che «non possono accedere agli impieghi coloro che siano stati

destituiti o dispensati dall'impiego presso una pubblica ammini

strazione», l'indirizzo più recente della giurisprudenza ammini

strativa, specie a seguito delle sentenze della Corte costituziona

le n. 971 dell'88, cit., e 197 del 1993 (id., 1994, I, 385), si è

consolidato, come rilevato innanzi, nell'affermazione che — ove

manchi un'espressa disposizione di legge che lo preveda — la

sentenza penale di condanna per reati, comportanti a norma

dell'art. 85 d.p.r. n. 3 del 1957 citato la destituzione di diritto

dal pubblico impiego, non può considerarsi di per sé ostativa

all'instaurazione del rapporto, essendo necessaria un'autonoma

e specifica valutazione dell'amministrazione sulla rilevanza dei

reati commessi, sulla personalità e sulla successiva condotta del

l'interessato, sul suo recupero morale, nel tempo trascorso dal

tempo del reato, e sulla concreta influenza della condanna sul

l'attitudine dell'interessato ad espletare l'attività alla quale lo

legittima il rapporto di pubblico impiego. Di conseguenza, appare illegittimo il provvedimento impu

gnato adottato senza la predetta necessaria valutazione della po sizione del ricorrente, non potendosi ritenere — come rilevato

innanzi — sufficiente il mero riferimento alla sentenza di con

danna per reato contemplato dall'art. 85 d.p.r. 3/57, dichiarato

peraltro successivamente incostituzionale in parte qua ed in or

dine al quale il ricorrente aveva dedotto motivi di incostituzio

nalità.

Il ricorso in appello, pertanto, deve essere accolto e, in rifor

ma della sentenza impugnata, deve essere annullato il provvedi

mento oggetto di impugnativa in primo grado, salvi gli ulteriori

provvedimenti dell'amministrazione, tenuto conto di quanto pre

cisato in motivazione.

11 Foro Italiano — 1994.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 22 febbraio 1994, n. 162; Pres. Pezzana, Est. Baccarini; Mestiz ed altri (Avv.

Lubrano) c. Fameli ed altri (Aw. Di Gioia), Conferma Tar

Lazio, sez. Ili, 26 marzo 1993, n. 412.

Atto amministrativo — Organi collegiali — Mancata ricusazio

ne — Obbligo di astensione.

Concorso a pubblico impiego — Dirigente — Commissioni —

Sodalizio professionale — Obbligo di astensione.

Concorso a pubblico impiego — Opere a stampa — Testo datti

loscritto — Valutazione — Illegittimità. Giustizia amministrativa — Giudicato — Efficacia soggettiva

— Concorso — Comparazione di candidati — Graduatoria

— Annullamento — Inscindibilità.

È illegittima la deliberazione dell'organo collegiale (nella specie,

commissione di concorso), assunta con il voto di un proprio

membro in posizione di conflitto di interessi, ancorché i sog

getti controinteressati, pur potendolo, non abbiano avanzato

istanza di ricusazione. (1)

(1-2) I. - Sull'obbligo di astensione dei membri di collegi amministra

tivi che si vengano a trovare in posizione di conflitto di interessi, cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 1993, n. 670, Foro it., 1994,

III, 235, con nota di richiami.

La prima massima conferma il principio dell'irrilevanza della manca

ta proposizione dell'istanza di ricusazione ai fini della censura di illegit timità del provvedimento amministrativo viziato da incompatibilità. Cfr.,

in senso conforme, sez. IV 4 maggio 1982, n. 245, id., Rep. 1982, voce

Atto amministrativo, n. 23, il quale esclude anche il carattere generale alle norme sulla ricusazione e quindi la possibilità di applicarle al di

fuori dei casi espressamente previsti, proprio sulla base della generalità

dell'obbligo di astensione che determina impugnabilità dell'atto adotta

to in conflitto di interessi.

Opposto è invece il regime del rapporto fra astensione e ricusazione

in campo processuale dove la ricusazione costituisce facoltà delle parti 11 cui mancato esercizio impedisce ogni ulteriore doglianza sulla situa

zione di incompatibilità del giudice. Cfr. Cass. 21 novembre 1981, n.

6221, id., 1982, I, 1096; 17 ottobre 1980, n. 5594, id., 1981, I, 69, con nota di G. Salme; cui adde, relativamente al processo penale, Cass.

12 marzo 1993, Mari, id., Rep. 1993, voce Astensione, ricusazione, n.

32; 27 novembre 1992, Andreotti, ibid., n. 30, che escludono la confi

gurabilità dell'incompatibilità, non fatta valere mediante ricusazione, come causa di nullità del provvedimento giurisdizionale.

Nella dottrina più recente, cfr. Dittrich, Incompatibilità, astensione

e ricusazione del giudice civile, Padova, 1991; La China, Giudice (asten sione e ricusazione), voce del Digesto civ., Torino, 1993, IX, 26.

Per gli orientamenti giurisprudenziali in materia di obbligo di asten

sione nel procedimento amministrativo in generale, cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 1993, n. 670, Foro it., Rep. 1993, voce Atto ammini

strativo, n. 137; sez. VI 24 ottobre 1991, n. 704, id., Rep. 1991, voce

cit-, n. 94 (carattere generale dell'obbligo di astensione dei membri de

gli organi collegiali portatori di interessi personali diretti o indiretti in

conflitto potenziale con l'interesse pubblico); Trga Trento 6 agosto 1992, n. 305, id., Rep. 1993, voce cit., n. 140 (irrilevanza della c.d. prova di resistenza ai fini della legittimità della deliberazione collegiale assun

ta con la presenza alla seduta del soggetto in situazione di incompatibi

lità, posto che la mera presenza di tale soggetto deve essere presuntiva mente considerata quale fonte di perturbazione del processo logico valutativo che è alla base del parere collegiale); 24 giugno 1992, n. 261,

id., Rep. 1992, voce cit., n. 170 (legittimità della deliberazione assunta

con il voto di un membro in posizione di conflitto di interessi anche

nel caso in cui si tratti di atti di natura sostanzialmente vincolata); Tar

Lazio, sez. I, 19 giugno 1991, n. 1090, id., Rep. 1991, voce cit., n.

97 (necessità di accertamento del conflitto di interesse in concreto di

volta in volta con riguardo alla peculiarità della situazione e contempe ramento con il principio di continuità dell'azione amministrativa); Tar

Campania, sez. II, 27 agosto 1986, n. 294, id., Rep. 1987, voce cit., n. 42 (necessità che il conflitto di interessi sia rilevabile da un rapporto o da una specifica situazione, di carattere oggettivo, che renda manife

sta, o comunque logicamente ipotizzabile, l'impossibilità per il funzio

nario di conciliare i suoi motivi particolari col fine di pubblico interesse

al quale soltanto deve indirizzare la sua azione); Cons. Stato, sez. I, 23 ottobre 1981, n. 384, id., Rep. 1984, voce cit., n. 29 (l'obbligo di

astensione del membro di organo collegiale, per grave inimicizia col

soggetto interessato alla deliberazione da adottare, sussiste solo quando l'inimicizia sia determinata da motivi di interesse personale, estranei

all'esercizio della funzione; pertanto, non sussiste l'obbligo di astensio

ne da parte del membro di un collegio che sia stato querelato dal desti

natario del provvedimento per ragioni attinenti al servizio); sez. IV 20

settembre 1983, n. 672, id., Rep. 1983, voce cit., n. 28 (carattere pre ventivo e non repressivo della regola dell'astensione dalla deliberazione

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Nell'ambito dell'attività di una commissione di concorso per dirigente di ricerca del Consiglio nazionale delle ricerche, sus siste il conflitto di interessi, e quindi l'obbligo di astensione,

quando fra il componente ed uno dei concorrenti sussista un vero e proprio sodalizio professionale. (2)

È illegittima la deliberazione della commissione di concorso che tra le pubblicazioni a stampa valutabili abbia considerato un

da parte del soggetto interessato); sez. V 27 aprile 1990, n. 380, id., Rep. 1990, voce Concorso a pubblico impiego, n. 69 (applicabilità al l'astensione nel procedimento amministrativo della disciplina di cui al l'art. 51 c.p.c., che limita il rapporto di parentela o di affinità rilevante sino a non oltre il quarto grado); sez. VI 23 maggio 1986, n. 385, id., Rep. 1986, voce cit., n. 72 (attualità e concretezza del pericolo di inqui namento del giudizio valutativo dei candidati in un pubblico concorso).

II. - Per quanto concerne in particolare l'obbligo di astensione nel caso di lavori in collaborazione fra commissari e concorrenti, in senso contrario si era recentemente espresso Tar Lazio, sez. Ili, 11 marzo 1992, n. 241, Foro it., Rep. 1992, voce Istruzione pubblica, n. 415, il quale aveva ritenuto legittima la valutazione, ai fini di un concorso universitario, degli stessi a condizione che da essi risulti chiaramente l'apporto individuale e personale del candidato da esaminare. La sen tenza, proprio sulla premessa della risultanza dei reciproci apporti, giun geva anche alla conclusione che, entro tali limiti, non sussiste un obbli go di astensione da parte dei commissari coinvolti nelle opere collabo rative, neppure in caso di ingente numero di lavori in collaborazione. Come parziale (e debole) argine contro i rischi di conflitto di interessi la sentenza poneva l'obbligo da parte dei commissari di esternare col massimo rigore i parametri logici seguiti per valutare l'autonomia del

l'apporto del candidato. Nega che sussista una situazione di incompati bilità per la semplice circostanza che in un concorso per soli titoli uno dei candidati sia stato allievo del presidente della commissione giudica trice, Tar Sicilia, sez. I, 18 febbraio 1989, n. 136, id., Rep. 1989, voce Concorso a pubblico impiego, n. 97. L'incompatibilità richiede la sussi stenza di rapporti personali, diversi e più saldi che di regola intercorro no fra maestro ed allievo. Una diversa soluzione prospetta invece la stessa sentenza per l'ipotesi di concorso per esami, in cui la segretezza delle prove esige che tra esaminatore e concorrente non intercorrano rapporti personali tali da fare sorgere il sospetto che il candidato sia

giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù della cono scenza personale. Negano la sussistenza di incompatibilità in presenza di pubblicazioni in comune tra componenti della commissione esamina trice e candidati vincitori di concorsi: Corte conti, sez. contr., 9 novem bre 1989, n. 2174, id., Rep. 1991, voce cit., n. 100; 26 maggio 1988, n. 1960, id., Rep. 1989, voce cit., n. 99. Non si sofferma sul profilo dell'incompatibilità, ma nega la valutabilità nei pubblici concorsi delle

pubblicazioni redatte in collaborazione con uno dei membri della com missione esaminatrice, Tar Toscana 21 maggio 1981, n. 254, id., Rep. 1982, voce cit., n. 76.

Analogamente negano che la sussistenza di rapporti docente-allievo costituisca di per sé motivo di incompatibilità: Cons. Stato, sez. IV, 23 novembre 1988, n. 894, id., Rep. 1989, voce cit., n. 94; sez. VI 27 giugno 1978, n. 780, id., Rep. 1978, voce cit., n. 42.

Per una fattispecie diversa di pubblicazioni in comune e censura di

incompatibilità, cfr. sez. II 14 febbraio 1990, n. 91, id., Rep. 1991, voce Istruzione pubblica, n. 419, secondo il quale non determina in

compatibilità la circostanza che un membro di una commissione di con corso universitario abbia fatto parte di un'altra commissione, dalla quale sia stata giudicata negativamente la moglie del candidato, che aveva

presentato alcune pubblicazioni, redatte in collaborazione con il candi dato stesso.

Affermano la legittimità della norma del bando di concorso universi tario che consente la valutazione delle pubblicazioni redatte in collabo razione con membri della commissione giudicatrice, fermo restando l'ob

bligo della commissione stessa di esaminare la possibilità di enucleare

l'apporto del candidato e, ulteriormente, di verificare (motivando con seguentemente l'esito dell'indagine) che sia autonomamente apprezzabi le, si che possa escludersi che si sia in presenza di una pubblicazione che abbia il carattere di prodotto comune dei vari coautori, Tar Lazio, sez. I, 17 luglio 1989, n. 1015, id., Rep. 1989, voce cit., n. 386; 26 marzo 1987, n. 638, id., Rep. 1987, voce cit., n. 424.

In materia di valutazione a fini concorsuali delle pubblicazioni collet

tive, la giurisprudenza ha elaborato il principio secondo cui le stesse sono valutabili solo quando sia possibile scindere ed individuare l'ap porto dei singoli autori e possono essere valutati, in favore del candida to che li produce, solo per la parte che, secondo un discrezionale ap prezzamento della commissione, sono da considerare come contributo

proprio del candidato. Cfr. di recente Tar Marche 4 giugno 1993, n.

367, id., Rep. 1993, voce Concorso a pubblico impiego, n. 140; Cons.

Stato, sez. V, 30 marzo 1988, n. 176, id., Rep. 1988, voce cit., n. 65

(non può essere valutata come titolo in un pubblico concorso una pub blicazione collettiva dalla quale non sia ricavabile l'apporto del candi

dato; nella fattispecie, la commissione giudicatrice aveva considerato attribuibile al candidato la parte dell'opera rientrante nella sua specia

li Foro Italiano — 1994.

testo prodotto dal candidato nello stato di dattiloscritto. (3) L'annullamento della deliberazione della commissione di con

corso determinata dalla violazione dell'obbligo di astensione di uno dei suoi componenti in situazione di conflitto di inte ressi, avendo la commissione giudicatrice proceduto alla com

parazione tra i vari candidati, assume carattere inscindibile e pertanto esplica i propri effetti verso tutti i candidati. (4)

lizzazione). Contra, Corte conti 2174/89, cit (a condizione che sia pos sibile accertare che il contributo di uno dei coautori allo svolgimento del lavoro sia da ritenere paritetico in tutte le fasi in cui esso è articola

to); Tar Lazio, sez. I, 26 marzo 1987, n. 638, id., Rep. 1987, voce Istruzione pubblica, n. 425 (nel caso di pubblicazione collettiva con carattere di inscindibilità degli specifici apporti dei coautori, secondo i principi sulla proprietà letteraria di opere create con il contributo indi

stinguibile ed inscindibile di più persone, l'opera va imputata in parti uguali a ciascuno dei coautori); Tar Toscana, 21 maggio 1981, n. 254, id., Rep. 1982, voce Concorso a pubblico impiego, n. 75 (è legittima la valutazione dell'opera in misura uguale per ciascuno degli autori nel caso di pubblicazioni scientifiche, il cui valore sia da imputare soprat tutto all'insieme degli apporti specializzati arrecati da ciascun collabo

ratore). Per altre fattispecie relative all'incompatibilità dei componenti delle

commissioni di concorso universitario, cfr. Cons. Stato, sez. II, 26 set tembre 1986, n. 1721, id., Rep. 1989, voce Istruzione pubblica, n. 389

(irrilevanza della nomina quale componente del consiglio universitario nazionale relativamente alla permanenza di un professore universitario a membro di una commissione di concorso per posti di professore uni versitario ordinario o associato — salvo poi l'obbligo di astensione qua lora fosse proposto ricorso contro la regolarità del procedimento con corsuale a cui ha partecipato); 16 novembre 1983, n. 564, id., Rep. 1986, voce cit., n. 358 (situazione di incompatibilità che determina ob

bligo di astensione nel caso di pendenza di un giudizio amministrativo in ordine ad un concorso universitario nel quale sia riuscito vincitore il commissario di un giudizio di idoneità a professore associato ed al

quale abbia partecipato, come candidato, un docente sottoposto al det to giudizio. Sufficiente l'astensione e non ne deriva illegittimità della nomina dell'intera commissione); sez. IV 28 settembre 1982, n. 628, id., Rep. 1982, voce Concorso a pubblico impiego, n. 51 (illegittimità della nomina di membri di commissioni di concorso che, creando una

reciproca posizione di esaminato e di esaminatore in due concorsi ban diti contemporaneamente, determina un intreccio di interessi astratta mente idoneo a turbare l'imparzialità; situazione di tale gravità da non

poter essere rimossa con la semplice astensione ma determina illegitti mità della nomina di entrambe le commissioni esaminatrici).

(3) Massima conforme all'orientamento giurisprudenziale consolidato che richiede l'avvenuta stampa ai fini della valutabilità in un procedi mento concorsuale delle pubblicazioni e dei titoli. Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 1993, n. 248, Foro it., Rep. 1993, voce Concorso a pubblico impiego, n. 141, che ritiene valutabile l'estratto di stampa, che comunque presuppone l'avvenuta stampa ed è di per sé idoneo a

provare quest'ultima, mentre, al contrario, non sono valutabili le bozze di stampa, che presuppongono la conclusione del contratto di edizione e la sua avanzata esecuzione, ma non sono di per sé idonee a dare

prova dell'avvenuta pubblicazione ovvero diffusione dell'opera a stam

pa, che sola radica la sussistenza del titolo scientifico. Confermano la necessità della pubblicazione a stampa, ma ritengono ammissibile la pro duzione della pubblicazione in edizione provvisoria a condizione che la stampa contenga tutte le indicazioni idonee a stabilire la paternità nonché la data del finito di stampare, Corte conti, sez. contr., 15 giu gno 1989, n. 2142, id., Rep. 1990, voce cit., n. 86, e Tar Lombardia, sez. Brescia, 7 maggio 1980, n. 134, id., Rep. 1982, voce cit., n. 74.

Su altri profili delle pubblicazioni a fini concorsuali, cfr. Tar Lazio, sez. III, 25 febbraio 1993, n. 141, id., Rep. 1993, voce Istruzione pub blica, n. 421 (nel concorso a cattedre di professore universitario, che le pubblicazioni prodotte dai candidati, ai fini della loro valutabilità, devono soddisfare le prescrizioni di cui all'art. 1 d.l.lgt. 31 agosto 1945 n. 660, finalizzate a garantirne l'effettività e la conoscibilità); Tar Abruz

zo, sez. Pescara, 25 gennaio 1992, n. 43, id., Rep. 1992, voce Concorso a pubblico impiego, n. 78 (in applicazione dei principi generali, che le pubblicazioni in lingua straniera siano prodotte unitamente alla loro traduzione in lingua italiana); Cons. Stato, sez. VI, 26 ottobre 1982, n. 520, id., Rep. 1983, voce Istruzione pubblica, n. 462 (le pubblicazio ni presentate da ciascun concorrente devono risultare dagli elenchi alle

gati alle domande di partecipazione al concorso, sicché l'omessa indica

zione, nei verbali delle operazioni concorsuali, dei titoli valutabili può intendersi come un rinvio a quegli elenchi).

In dottrina specificamente sul punto, cfr. Schifone, II significato di

«pubblicazione» e la sua valutazione nelle procedure concorsuali, in

Legalità e giustizia, 1991, 421.

(4) La questione dei limiti soggettivi del giudicato era nel caso di

specie chiaramente risolta dall'accoglimento da parte del giudice di pri

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PARTE TERZA

Diritto. — 1. - Occorre preliminarmente disporre la riunione

degli appelli principali, in quanto diretti contro la medesima

sentenza.

2. - Con il primo motivo ciascuno degli appellanti principali censura l'impugnata sentenza nella parte in cui ha accolto la

doglianza di difetto di composizione della commissione giudica trice per incompatibilità del commissario prof. Di Federico.

I motivi sono infondati.

2.1. - Al riguardo, non ha pregio il rilievo, formulato dal

l'appellante principale dr. Ragona, di inammissibilità della cen

sura per inosservanza dell'onere della ricusazione, ex art. 52 c.p.c. Anche nel processo, infatti, nel caso, analogo a quello qui

ipotizzato, di interesse personale del giudice nella causa, l'inos

servanza dell'obbligo dell'astensione non esclude la nullità della

sentenza anche se le parti non hanno adempiuto all'onere della

ricusazione (cfr., da ultimo, Cass. 23 giugno 1989, n. 3001, Fo

ro it., Rep. 1989, voce Avvocato e procuratore, n. 60; 24 aprile

1987, n. 4040, id., Rep. 1987, voce Astensione e ricusazione, n. 40; Cons. Stato, sez. V, 30 luglio 1982, n. 622, id., Rep.

1982, voce cit., n. 12). Più in generale, nel procedimento amministrativo, a differen

za che nel procedimento giurisdizionale, la ricusazione costitui

sce una facoltà e non un onere, in quanto il soggetto interessato

può denunciare il difetto di legittimazione dei titolari della po testas decidendi con il ricorso contro il provvedimento conclusi

vo, anche se non l'abbia rilevato in precedenza (arg. ex art.

149, 6° comma, t.u. 3/57) (cfr. Cons, giust. amm. sic. 22 feb

braio 1978, n. 5, id., Rep. 1978 voce Impiegato dello Stato,

n. 1208, in materia di procedimento disciplinare). 2.2. - La sentenza impugnata, al fine di precisare il contesto

normativo nel quale si iscriveva la dedotta questione di incom

patibilità, ha affermato incidentalmente: che la procedura in

esame era uguale a quella prescritta nei incorsi per i docenti

di prima fascia dell'università ai quali i dirigenti di ricerca sono

equiparati; che la normativa concernente il reclutamento del per sonale docente universitario non richiedeva la prefissione di cri

teri di massima (donde l'infondatezza del quarto motivo di ricor

rilo grado (e confermata dal Consiglio di Stato) della censura relativa alla mancata verbalizzazione dei giudizi individuali (cfr. punto n. 3 dei motivi di diritto), che coinvolga tutti i candidati risultati vincitori. Pe

raltro, la decisione contiene un'interessante statuizione sull'estensione

dell'illegittimità derivante dalla mancata astensione del membro della

commissione in situazione di incompatibilità anche agli altri vincitori nei confronti dei quali non sussistevano i legami che hanno determinato il conflitto di interessi. In particolare il Consiglio di Stato afferma, in modo quasi incidentale ma assai significativo, che «avendo procedu to la commissione giudicatrice a comparazione tra i vari candidati, gli atti amministrativi impugnati sono inscindibili e restano interamente ful minati dall'illegittimità». L'affermazione merita di essere sottolineata

poiché pone principi del tutto nuovi in materia di inscindibilità degli atti e di estensione del giudicato amministrativo. L'elemento della com

parazione fra i candidati di un concorso (per titoli o per esami) non

costituisce infatti un fattore specifico della fattispecie concreta affron tata dal Consiglio di Stato, ma rappresenta un elemento indefettibile di ogni procedimento concorsuale: la comparazione è l'in sé del concor so. L'affermazione del giudice arriva a sovvertire il principio consolida to in materia di scindibilità degli atti in caso di provvedimento di ap provazione della graduatoria concorsuale.

In giurisprudenza è prevalente l'orientamento circa la natura scindi bile dell'annullamento dei provvedimenti di approvazione delle gradua torie concorsuali che costituiscono atti contestuali o ad oggetto plurimo e non atti collettivi. La giurisprudenza si è occupata della questione prevalentemente a proposito dell'estensione del giudicato in sede ammi nistrativa: in particolare si riconosce — proprio in virtù del carattere scindibile del giudicato — la legittimità della mancata estensione del l'annullamento della graduatoria in favore di soggetti che non avevano

presentato ricorso; cfr. Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 1989, n. 729, Foro it., 1990, III, 490, con nota di richiami.

Nel senso dell'inscindibilità del giudicato di annullamento della gra duatoria di concorso, cfr. Tar Lazio, sez. II, 15 luglio 1987, 1268, id.,

Rep. 1988, voce Giustizia amministrativa, n. 784 (in sede di ottempe ranza del giudicato di annullamento di una graduatoria di merito dei

promuovibili a seguito di scrutinio per merito comparativo, necessaria mente si procederà a riesame di tutte le posizioni degli scrutinati ancor ché non abbiano partecipato al giudizio di base).

Per una particolare fattispecie di inscindibilità dell'annullamento del la graduatoria concorsuale, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 luglio 1985, n. 279, id., Rep. 1985, voce cit., n. 605 (inscindibilità dell'annullamen to della graduatoria per non avere l'amministrazione assegnano ai vin

II Foro Italiano — 1994.

so) ed attribuiva alla commissione un ampio potere discreziona

le nella valutazione dei titoli; che conseguentemente v'era l'esi

genza di una più attenta valutazione delle situazioni personali anche ai fini del regolare svolgimento della procedura.

Ora, poiché la mancata prefissione di criteri di massima e

l'ampia discrezionalità della commissione nella valutazione dei

titoli, che gli appellanti principali condividono, sono giustifica bili con argomenti di specie, attinenti al peculiare stato giuridi

co dei dirigenti di ricerca del Cnr, poco importa in questa sede

accertare in qual misura sia esatta l'assimilazione del loro reclu

tamento a quello dei docenti universitari, affermata incidental

mente dalla sentenza impugnata, in quanto in ogni caso, sussi

stendo quell'ampia discrezionalità della commissione nella valu

tazione dei titoli di cui si è detto, non può negarsi che debba

essere sottoposta a particolare controllo l'imparzialità dei tito

lari della potestas decidendi.

Le censure mosse dall'appellante dr. Ragona avverso la pre detta affermazione della sentenza impugnata, quindi, sono inam

missibili per carenza di interesse.

2.3. - Con riferimento al carattere generale dell'obbligo di

astensione, la giurisprudenza di questo consiglio ha avvertito

che «la ratio dell'obbligo di astensione, già stabilito con l'art.

290 t.u. 4 febbraio 1915 n. 148, va ricondotta al principio costi

tuzionale dell'imparzialità delle azioni amministrative, per cui

costituisce regola tanto ampia quanto insuscettibile di compres sione alcuna e un principio generale di civiltà giuridica ne esige

l'applicazione quando esista un collegamento tra deliberazione

ed interesse del votante, pur quando la votazione non possa

avere un altro apprezzabile esito o quando anche tale scelta sia

in concreto la più utile ed opportuna per l'interesse pubblico»

(sez. V 7 giugno 1993, n. 670, id., Rep. 1993, voce Atto ammi

nistrativo, n. 137; sez. IV 2 aprile 1988, n. 290, id., Rep. 1988

voce Comune, n. 147).

Applicazioni di specie si sono avute in materia concorsuale,

dove, escluso che la conoscenza personale e il rapporto docente

allievo siano di per sé motivo di astensione (a meno che non

venga in considerazione il principio della segretezza delle prove:

citori i posti messi a concorso, e ciò per effetto di un'unica decisione

diretta in modo unitario ad una pluralità di soggetti; il giudicato produ ce i suoi effetti, investendo l'atto nel suo insieme, nei confronti di tutti

gli interessati, in quanto destinatari dello stesso atto annullato, abbiano

o no partecipato al giudizio; perché gli effetti favorevoli del giudicato si producano in capo a tutti i soggetti ricompresi nella graduatoria non

occorre, pertanto, che i medesimi abbiano impugnato l'atto in que

stione). La censura relativa alla dichiarazione di inscindibilità del provvedi

mento impugnato e quindi alla efficacia erga omnes dell'annullamento

del medesimo da parte del giudice amministrativo rappresenta fattispe cie di error in iudicando e non questione di giurisdizione e quindi non

è censurabile in Cassazione, cfr. Cass. 20 luglio 1983, n. 4990, id.,

1983, I, 2115.

Sull'efficacia soggettiva del giudicato amministrativo, cfr. nella dot

trina recente Tardivo, Il giudicato: limiti ed estensione, in Riv. amm., 1986, 1; Calabro, Giudicato (dir. proc. amm.), voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1989, XV; Caranta, Atto collettivo, atto

plurimo e limiti soggettivi del giudicato amministrativo di annullamen

to, in Giusi, civ., 1989, I, 916; Vipiana, Contributo allo studio del

giudicato amministrativo, Milano, 1990; Arria, In tema di estensione del giudicato amministrativo, in Dir. economia, 1992, 457; Stoppini,

Appunti in tema di estensione soggettiva del giudicato amministrativo, in Dir. proc. ammin., 1992, 347.

Su un piano più generale, a livello mormativo, va segnalato l'orienta

mento verso una limitazione della estensibilità del giudicato in sede am

ministrativa in favore di soggetti estranei al processo, ma che versino

in condizioni identiche al ricorrente. Cfr. in particolare la circolare del

la presidenza del consiglio dei ministri, dipartimento della funzione pub blica, 7 ottobre 1986, n. 53930/8.93.12, modificata successivamente dalla circolare 31 gennaio 1990, n. 45252/7.383, che fissa i presupposti per l'estensione del giudicato (sussistenza dell'interesse pubblico alla parità di trattamento, esistenza di un giudicato in senso tecnico e di un orien tamento giurisprudenziale uniforme e consolidato). Sulla questione so no inoltre contenute disposizioni nel recente disegno di legge «misure di razionalizzazione della finanza pubblica» (d.d.l. collegato alla mano vra finanziaria per il 1995), atto senato n. 1158, che all'art. 19, comma

31, dispone il divieto per tutto l'anno 1995 di adottare provvedimenti amministrativi di estensione delle decisioni giurisdizionali in materia di

pubblico impiego passate in giudicato o comunque divenute esecutive.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

sez. VI 27 giugno 1978, n. 890, id., Rep. 1978, voce Concorso

pubblico impiego, n. 42), si è affermato un criterio sintomati

co, in base al quale «la procedura concorsuale per l'ammissione a pubblico impiego non può ritenersi viziata dalla semplice co noscenza personale che membri della commissione giudicatrice abbiano di alcuni candidati, ma solo allorché i rapporti perso nali fra esaminatore ed esaminando siano tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia stato giudicato non in base al

risultato della prima, bensì in virtù delle conoscenze personali»

(sez. IV 23 novembre 1988, n. 894, id., Rep. 1989, voce cit., n. 94) ovvero quando sia accertata la sussistenza di rapporti

personali diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo» (sez. VI 27 giugno 1978, n. 890, cit.).

Nella specie, è anzitutto la peculiarità dell'itinerario scientifi

co della candidata dott. Mestitz che impone un attento esame

della fattispecie.

Dipendente del Cnr dal 1963 in qualità di assistente tecnico

professionale, in servizio presso l'istituto per lo studio dei feno

meni fisici e chimici della bassa ed alta atmosfera con sede in

Bologna, dove è addetta alla biblioteca (la critica al Tar per

l'imprecisa attribuzione della qualifica di bibliotecaria anziché

delle relative mansioni non ha portata sostanziale), la dott. Me

stitz conosce un triplice periodo di produzione scientifica.

Il primo, fino al 1986, ha essenzialmente ad oggetto la fisica

dell'atmosfera.

Il secondo, dal 1986 al 1988, dopo il conseguimento della

laurea in psicologia (anno accademico 1985/86), ha essenzial

mente ad oggetto la psicologia, salvo lo svolgimento di un ciclo

di seminari per studenti nell'ambito del corso di ordinamento

giudiziario del prof. Di Federico negli anni accademici 1987/88 e 1988/89.

Il terzo, dal 1988 in poi e segnatamente dopo il comando

(dal 1° maggio 1988) presso il centro studi e ricerche sull'ordi

namento giudiziario del dipartimento di organizzazione e siste

ma politico dell'università di Bologna, diretto dal prof. Di Fe

derico, ha ad oggetto essenzialmente psicologia dell'organizza zione, formazione professionale e psicologia giudiziaria.

Che tale profonda riconversione dell'attività scientifica della

candidata, da cui derivano i presupposti stessi della sua parteci

pazione al concorso per le discipline informatico e storico

giuridiche, si svolga nella sfera d'influenza del prof. Di Federi

co, non pare cosa dubbia.

Anche il vivace dibattito processuale sulla questione del co

mando della candidata presso il dipartimento diretto dal prof. Di Federico non sembra aver ragion d'essere, sol che si ponga mente al fatto che la domanda dell'interessata (in data 20 no

vembre 1987) era stata inoltrata già corredata del parere favore

vole del predetto professore, il che, se non mette in discussione

la legittimità del provvedimento, rende però manifesto che det

to parere favorevole era stato reso non in via meramente buro

cratica, ma svl\\'intuìtus personae. Il che, del resto, è reso comprensibile dal fatto che in quel

l'anno accademico 1987/88 si veniva parallelamente svolgendo, come già detto, il ciclo di seminari tenuti dalla candidata presso la cattedra di titolarità del prof. Di Federico e che la conoscen

za personale della candidata medesima, quindi, era fuori di

scussione.

Anche la residua attività didattica si era svolta, come dedotto

dall'appellata senza essere contraddetta dalle controparti, pres so docenti (i prof. Zanotti e De Vito Piscicelli) già allievi del

prof. Di Federico ed appartenenti al medesimo dipartimento. La collaborazione della candidata con il prof. Di Federico

si era espletata anche in almeno due commissioni da lui presie

dute, una presso il Cnr e relativa alle tecnologie di supporto

all'organizzazione giudiziaria e l'altra presso il ministero di gra zia e giustizia e relativa alle iniziative da prendersi per l'accele

ramento dei concorsi in magistratura. A parte le pubblicazioni compiute in collaborazione con il

prof. Di Federico, il volume della dott. Mestitz, «Selezione e

formazione professionale degli avvocati e magistrati in Fran

cia» elemento determinante nella valutazione favorevole della

comi ìissione, oltre a recare l'intestazione, in pagina interna, al

«gruppo di studio sull'ordinamento giudiziario — ricerche di

rette da Giuseppe Di Federico», era corredato da un ringrazia mento dell'autrice, che aveva come principale destinatario il prof. Di Federico, e da una prefazione di quest'ultimo, in cui si dava

atto: «Lo studio qui presentato... trae le mosse da uno studio...

Il Foro Italiano — 1994.

da me predisposto nel 1986». Ma subito dopo: «...Abbiamo

successivamente ritenuto utile ampliare ed approfondire la ri

cerca...»: non si trattava, quindi, di un plurale maiestatis, come

argomentato dagli appellanti, ma dell'espressione di una qual che immanenza nella ricerca del gruppo o del prefatore in parti colare.

Né è agevolmente spiegabile con una sopravvenienza norma

tiva l'assegnazione della dott. Mestitz, dopo la nomina, presso l'istituto di ricerca sui sistemi giudiziari, avente sede in Bologna e diretto dal prof. Di Federico, attesa la tassativa disposizione dell'art. 11 e dell'allegato 2 al bando di concorso circa le sedi

che sarebbero state assegnate ai vincitori, tra le quali non era

quella di Bologna. Si tratta di un complesso di elementi che non è possibile,

come preteso dagli appellanti principali, isolare ed esaminare

separatamente, ma che, se considerati unitariamente, investen

do le sfere della modificazione del rapporto di servizio, della

riconversione dell'attività di ricerca, dell'attività didattica, del

l'attività scientifica organizzata anche in gruppo, delle commis

sioni di studio presso la pubblica amministrazione, delle intera

zioni e delle sinergie nell'approccio monografico, sono indicati

vi per l'appunto non del mero rapporto che di regola intercorre

tra maestro ed allievo, ma di un autentico sodalizio professio nale che, se trasporto in una sede concorsuale in forma di rap

porto esaminatore-esaminanda, là dove più s'imponeva l'esigenza di un vaglio neutrale, era tale da esporre a rischio, in sé ed

agli occhi dei consociati, l'interesse pubblico all'imparzialità delle

valutazioni.

Ciò è sufficiente per ravvisare nella specie un dovere di asten

sione del prof. Di Federico, la cui inosservanza, riverberandosi

sulle operazioni concorsuali, ne comporta l'illegittimità, non es

sendo necessario che l'incompatibilità sussista tra candidato e

ciascun commissario, come dedotto dall'appellante principale dr. Ragona.

Si aggiunga altresì' che, nella specie, all'inosservanza del do

vere di astensione si accompagnava anche, in concreto, l'illegit tima valutazione di titoli a favore della dott. Mestitz, come si

vedrà infra sub n. 6 e n. 8 in occasione dell'esame del settimo

e del decimo dei motivi di primo grado, riproposti in appello. Né è fondata la deduzione dell'appellante principale dott. Tad

dei Elmi, secondo il quale l'illegittimità sarebbe limitata alla

posizione della dott. Mestitz, in quanto, a parte quanto si dirà

sub 3, avendo proceduto la commissione giudicatrice alla com

parazione tra i vari candidati (cfr. verbale n. 4 del 10 maggio

1991), gli atti impugnati sono inscindibili e restano interamente

fulminati dall'illegittimità. 3. - Con il secondo motivo, ciascuno degli appellanti princi

pali censura la sentenza impugnata nella parte in cui, accoglien do il quinto ed il nono motivo, ha ritenuto le operazioni con

corsuali viziate da omessa verbalizzazione dei giudizi individuali

sui singoli candidati e da genericità dei giudizi collegiali. I motivi sono infondati.

La nota del presidente del Cnr del 17 novembre 1990, n.

1146260, diretta alle commissioni di concorso per l'accesso al

profilo di dirigente di ricerca, prescriveva, tra l'altro: «Per quanto attiene alla formazione dei giudizi appare opportuna, pur se

non specificamente prevista dall'art. 8 del bando di concorso, la formulazione, da parte di ciascun commissario e per ciascun

candidato, di un giudizio sui titoli e sulle pubblicazioni da inse

rire nel verbale».

Dalle risultanze processuali si evince che la commissione, pur dando atto dell'esistenza di relazioni svolte per ciascun candida

to dai singoli commissari, non procedette alla loro verbaliz

zazione.

Appare quindi evidente la violazione della menzionata dispo

sizione, che non rimetteva affatto alla discrezionalità delle com

missioni, come dedotto dagli appellanti principali e dall'interve

niente, l'articolazione interna dei giudizi collegiali in giudizi in dividuali preparatori, ma, operando direttamente una scelta di

opportunità praeter legem, prescriveva quell'articolazione e so

prattutto non ne rimetteva la verbalizzazione (è appena il caso

di avvertire che la verbalizzazione dei giudizi individuali non equivale a verbalizzazione del fatto della loro redazione).

L'aver dato atto, invece, di giudizi individuali non verbaliz

zati costituisce una immotivata contraddizione, inesplicabile ed

indifendibile. Del pari non fondate si appalesano le censure contro l'affer

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PARTE TERZA

mazione di genericità dei giudizi, che risultano, in verità, privi di elementi obiettivi e di riferimento alle categorie (pubblicazio

ni e ricerca) in cui il bando di concorso suddivideva i titoli. 4. - Occorre ora procedere all'esame dell'appello incidentale

e dei motivi assorbiti in primo grado, che l'appellato formula

e ripropone in forma non condizionata.

4.1. - Non è fondato il primo motivo dell'appello incidentale,

con cui si ripropone il primo motivo del ricorso di primo grado.

Bene ha ritenuto il Tar che la posizione dei soggetti designati

interessati fosse legittimata per il prof. Labruna dalla sua auto

noma nomina da parte del consiglio di presidenza, per il prof.

Di Federico dal fatto di partecipare alla seduta dell'organo in

rappresentanza del ministero dell'università e della ricerca scien

tifica e tecnologica con voto meramente consultivo e per il dr.

Ragona dal fatto di essersi allontanato dalla sala al momento

della deliberazione (nessuna querela di falso è stata proposta nei confronti del relativo verbale).

4.2. - Infondato è anche il secondo motivo, in quanto la qua lità di esperto di diritto pubblico del prof. Amorosino, designa

to e poi nominato come componente della commissione giudi

catrice, costituiva requisito sufficiente in relazione all'area di

sciplinare cui si riferiva il concorso.

5. - Infondato è il sesto motivo del ricorso di primo grado,

in quanto il fatto che la commissione giudicatrice nella seduta

del 26 febbraio 1991 abbia in via preliminare, prima ancora

di procedere all'esame della posizione dei singoli candidati, rite

nuto preclusa la valutazione di una pubblicazione scritta dalla

dott. Mestitz in collaborazione con il prof. Di Federico, se rap

presenta ulteriore sintomo della situazione di incompatibilità di

cui si è detto sub 2, non costituisce di per sé causa di illegittimi tà delle operazioni concorsuali.

6. - Fondato è, invece, il settimo motivo di primo grado,

con cui il ricorrente lamentava il mancato controllo da parte

della commissione giudicatrice del possesso dei titoli dei candi

dati alla data (1° febbraio 1990) di scadenza del termine di pre

sentazione delle domande di concorso in relazione al volume

«Selezione e formazione professionale dei magistrati ed avvoca

ti in Francia» della dott. Mestitz.

Va innanzitutto escluso che la commissione non abbia valuta

to tale pubblicazione, come dedotto dall'interveniente: vero è

che essa non è nominativamente indicata, ma la menzione nel

giudizio, oltre che genericamente alle «analisi comparate dei pro cessi di formazione delle professioni legali», alla «ampia ricerca

che la candidata ha condotto in Francia» (verbale n. 4) non

può che riferirsi ad essa, essendo l'unica delle pubblicazioni pro dotte concernente specificamente ed esclusivamente la Francia.

Vero è, altresì, che, ai sensi dell'art. 7 del bando di concorso,

erano comprese tra le pubblicazioni valutabili anche le «note

interne», ma è altresì' vero che l'opera in esame non ne possede va i requisiti né di sostanza né di forma, essendo destinata ab

origine alla stampa per il pubblico, non a relazione di servizio, e dovendo quindi seguire il regime giuridico delle pubblicazioni a stampa.

Al riguardo delle pubblicazioni a stampa, la giurisprudenza di questo consiglio ha costantemente avvertito che nei concorsi

a pubblico impiego non si può tener conto, per esigenze di con

trollo dell'opinione pubblica, di studi e monografie presentati in dattilorafia, anziché stampati (sez. V 2 marzo 1937, n. 235,

id., Rep. 1937, voce cit., n. 55; sez. IV 30 maggio 1962, n.

391, id., Rep. 1962, voce cit., n. 82; sez. VI 16 febbraio 1968, n. 101, id., Rep. 1968, voce Concorso ad un impiego, n. 66).

Nella specie, come risulta dal curriculum della dott. Mestitz

e dal fascicolo del Cnr, alla data di scadenza del termine di

presentazione delle domande la citata pubblicazione era allo stato

di dattiloscritto e come tale era stata prodotta dalla canditata, sicché non era valutabile dalla commissione.

7. - Infondato è il settimo motivo, in quanto la votazione

del 10 maggio 1991 in ordine ai vincitori del concorso era la

conseguenza della comparazione di giudizi compiuta ed il pre

supposto della formale proposta, che sarebbe stata successiva

mente esternata di seguito alla relazione analitica per l'ammini

strazione e non determinava, pertanto, inosservanza invalidante dell'ordine degli atti del procedimento.

8. - Fondato è, invece, il decimo dei motivi di primo grado, nella parte cui si lamenta l'indebita valutazione in favore della dott. Mestitz delle pubblicazioni concernenti la fisica dell'atmo sfera: la loro mancata espressa esclusione dalla valutazione e

Il Foro Italiano — 1994.

l'enunciato «pienamente valutabili», riferito alle altre pubblica

zioni della candidata, lascia intendere, infatti, che anche le pub

blicazioni di fisica dell'atmosfera, pur essendo completamente

estranee all'area disciplinare del concorso, fossero state in qual

che modo valutate.

Il profilo dell'erronea valutazione in favore della dott. Me

stitz della partecipazione a commissioni non inserite nel curricu

lum è inammissibile perché proposto per la prima volta in ap

pello, mentre in primo grado si faceva questione della pertinen

za di detti titoli. Restano invece assorbite dal rigetto del secondo motivo d'ap

pello, concernente la genericità della totalità dei giudizi valuta

tivi, le censure concernenti i giudizi del dott. Ragona e del ri

corrente dott. Fameli.

Per le suesposte considerazioni, gli appelli principali e quelli

incidentali vanno respinti, mentre vanno accolti, nei sensi e nei

limiti suesposti, i motivi settimo e decimo del ricorso di primo

grado. Le domande incidentali di sospensione dell'esecuzione della

sentenza appellata restano conseguentemente assorbite.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 22 febbraio 1994,

n. 159; Pres. Pezzana, Est. Maruotti; Soc. Alicentro 1 (Aw.

Chiappetti, Recca, Scozzafava) c. Comune di Roma (Avv.

Martis) e altri. Conferma Tar Lazio, sez. I, 16 novembre

1991, n. 1985.

Edilizia e urbanistica — Vincoli di inedificabilità da strumenti

urbanistici — Durata quinquennale — Reiterazione del vinco

lo senza indennizzo — Durata comunque limitata nel tempo — Questioni manifestamente infondate di costituzionalità

(Cost., art. 42; 1. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 7; 1. 19 novembre 1968 n. 1187, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 2; 1. 28

gennaio 1977 n. 10, norme per l'edificabilità dei suoli, art.

4; 1. reg. Lazio 24 novembre 1990 n. 86, modifiche ed inte

grazioni della 1. reg. 6 luglio 1977 n. 24, concernente misure

di salvaguardia in materia urbanistica. Ecologia, art. 14). Edilizia e urbanistica — Vincoli di inedificabilità da strumenti

urbanistici — Scadenza — Reiterazione del vincolo — Moti

vazione specifica — Necessità (L. 19 novembre 1968 n. 1187, art. 2).

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costi

tuzionale dell'art. 2 l. 19 novembre 1968 n. 1187, nella parte in cui consente la reiterazione dei vincoli di inedificabilità preor dinati all'esproprio senza indennizzo, e degli art. 4, ultimo

comma, lett. b), l. 28 gennaio 1977 n. 10 e 1 l. reg. Lazio 24 novembre 1990 n. 86, nella parte in cui equiparano il regi me giuridico delle aree sottoposte a vincoli decaduti a quello concernente le aree sprovviste di pianificazione urbanistica, in riferimento all'art. 42 Cost., essendo comunque assicurata

al privato la tutela dell'interesse legittimo in correlazione al

l'esercizio del potere di pianificazione che si concreta nell'ap

posizione dei vincoli. (1)

(1) Sulle questioni di legittimità costituzionale del sistema di reitera zione dei vincoli di inedificabilità, vedi, riassuntivamente, la nota di richiami a Corte cost. 23 aprile 1993, nn. 185 e 186, Foro it., 1993, 1, 1748, nonché gli ulteriori contributi di Traina, Ancora inammissibili le questioni di costituzionalità dei vincoli urbanistici, in Giur. costit., 1993, I, 1285; M. A. Sanduili, Reiterazione dei vincoli espropriativi e tutela risarcitoria, in Riv. giur. edilizia, 1993, II, 127; Volpe, Consi derazioni sulla tutela dello «ius aedificandi», in Regioni, 1994, 222.

L'insufficienza del meccanismo di tutela del privato, in riferimento

all'ipotesi di inerzia amministrativa nel potere di ripianificazione nei

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