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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione IV; decisione 24 gennaio 1994, n. 52; Pres....

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sezione IV; decisione 24 gennaio 1994, n. 52; Pres. Quartulli, Est. Santoro; Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Cingolo), Solavaggione (Avv. Agostini), Goletti e altri (Avv. Lubrano, Paoletti) c. Soc. editrice La Stampa (Avv. Pace, Pastore), Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti (Avv. Scoca, Pandiscia) e altri. Annulla Tar Lazio, sez. I, 14 settembre 1981, n. 678 Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994), pp. 219/220-223/224 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188331 . Accessed: 28/06/2014 15:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.98 on Sat, 28 Jun 2014 15:33:49 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 24 gennaio 1994, n. 52; Pres. Quartulli, Est. Santoro; Min. grazia egiustizia (Avv. dello Stato Cingolo), Solavaggione (Avv. Agostini), Goletti e altri (Avv. Lubrano,Paoletti) c. Soc. editrice La Stampa (Avv. Pace, Pastore), Consiglio nazionale dell'ordine deigiornalisti (Avv. Scoca, Pandiscia) e altri. Annulla Tar Lazio, sez. I, 14 settembre 1981, n. 678Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 219/220-223/224Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188331 .

Accessed: 28/06/2014 15:33

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PARTE TERZA

denzialmente indefinita della scelta una volta decorso il biennio

minimo). Il primo sarebbe inderogabile, mentre il secondo sa

rebbe destinato a durare fintantoché l'interessato non decida

di mutarlo con domanda da presentarsi almeno sei mesi prima dell'inizio di «ogni anno accademico» e non «sei mesi prima dell'inizio di ciascun biennio successivo a quello iniziale».

Nelle sentenze appellate si sottolinea, fra l'altro, che l'art.

11 citato non prende in alcun modo in considerazione l'omessa

manifestazione di volontà dell'interessato prima della scadenza

del biennio per il quale era stata esercitata l'opzione fra tempo

pieno e tempo definito, per attribuirvi valore di «conferma taci

ta» del regime prescelto per la durata di altri due anni.

2. - Osserva il collegio che l'art. 11 d.p.r. n. 382 del 1980

espressamente prevede che «la scelta va esercitata con domanda

da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico». La formulazione legislativa è precisa: la scelta

può essere esercitata liberamente, a condizione che la relativa

domanda sia presentata almeno sei mesi prima dell'inizio di

«ogni» anno accademico. La scelta, tuttavia, una volta effet

tuata, obbliga al rispetto dell'impegno assunto per almeno un

«biennio». Non risulta dal tenore della norma che il legislatore delegato

abbia inteso assegnare all'opzione una indefinita cadenza bien

nale, nel senso che il mutamento di scelta possa avvenire solo

al termine di ogni biennio, e non, ad esempio, nel primo anno

dopo la scadenza del primo biennio.

È da ritenere in proposito che, se il legislatore avesse voluto

adottare una sola unità temporale di misura (il biennio) sia per la prima scelta che per le scelte successive, avrebbe fatto riferi

mento non all'inizio di ogni anno accademico, come dispone il citato art. 11, ma all'inizio del primo anno accademico di

ciascun biennio. E, in tal caso, sarebbe stata inutile l'ultima

parte del 2° comma del menzionato art. 11, ove è precisato che la scelta «obbliga al rispetto dell'impegno assunto per alme

no un biennio».

Secondo il senso fatto palese dal significato proprio delle

espressioni usate, è dunque da escludere che, una volta decorso

il primo biennio dalla scelta, questa sia, anche successivamente, vincolata a cadenze biennali.

In assenza di specifiche disposizioni normative, la libertà di

scelta, sancita in via generale dal 1° comma dell'articolo in esa

me, si riespande allo scadere del biennio, con l'unico onere del

l'osservanza del termine di presentazione della domanda (sei mesi

prima dell'inizio di ogni anno accademico), posto per evidenti

finalità organizzative. La durata minima biennale dell'impegno è, in realtà, una li

mitazione della libertà di scelta affermata dalla norma, ed è

giustificata, secondo lo spirito della norma stessa, dalla esigen za di assicurare da parte del docente congruo ed uniforme pe riodo di docenza a tempo pieno o a tempo definito.

Dedurre dall'accennato vincolo, che ha una sua propria ra

gione d'essere ed una sua ben precisa portata, l'esistenza di una

ulteriore restrizione all'esercizio di un diritto di libertà, non ap

pare consentito. Né tale restrizione può essere fondata su una

presunzione di conferma tacita (o di proroga implicita) biennale

del regime prescelto, che non trova giustificazione né nel com

portamento dell'interessato, né nella legge. In conclusione, deve ritenersi che l'impegno assunto debba

essere osservato «per almeno un biennio» e, in caso di inerzia

dell'interessato, si protragga per gli ulteriori anni accademici.

Qualora, peraltro, dopo il suddetto biennio, il docente manife

sti, nei tempi e con le modalità prescritte, la sua volontà di

mutare regime, l'esercizio di tale facoltà deve considerarsi legit timo, anche se effettuato in un periodo endobiennale. Ovvia

mente, in seguito alla nuova scelta, l'interessato è tenuto per

legge ad adeguarsi al diverso regime per almeno un biennio. Va ribadito che, se il legislatore avesse stimato sussistenti spe

cifiche esigenze organizzative del settore universitario tali da con

sigliare un ritmo biennale nell'esercizio della scelta di cui tratta

si, avrebbe usato al riguardo termini chiari e precisi, non essen do possibile all'interprete di estendere ad altri casi o ad altri

periodi di tempo prescrizioni le quali limitano scelte che la nor ma riserva alla libera valutazione del docente.

Né va sottaciuto che il 3° comma dell'art. 11 d.p.r. n. 382

del 1980, secondo cui «l'opzione può essere esercitata non oltre

l'inizio del biennio precedente il collocamento fuori ruolo . . .»

non si pone in contrasto con quella che appare la retta interpre

II Foro Italiano — 1994.

tazione del vincolo imposto dal legislatore. In effetti, se il docente è prossimo al collocamento fuori ruo

lo deve affrettarsi ad esercitare l'opzione, in modo da poter

rispettare l'impegno per almeno un biennio, come previsto in

via generale dal 2° comma dello stesso articolo. L'unica agevo lazione consentita consiste nel differimento del termine per pre sentare la relativa domanda: anziché sei mesi prima dell'inizio

del biennio precedente il collocamento fuori ruolo, entro il giorno

precedente l'inizio di tale biennio (cfr. sez. VI 320/85, cit.). 3. - Va affermato, conclusivamente, che, ferma restando la

durata almeno biennale della scelta di volta in volta operata, la facoltà di mutare il regime prescelto può essere esercitata

«almeno sei mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico», in modo da divenire operante anche subito dopo la conclusione

del prescritto periodo biennale di servizio.

Gli appelli sono perciò infondati e vanno respinti.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 24 gennaio 1994, n. 52; Pres. Quartulli, Est. Santoro; Min. grazia e giusti zia (Aw. dello Stato Cingolo), Solavaggione (Aw. Agosti

ni), Goletti e altri (Aw. Lubrano, Paoletti) c. Soc. editrice

La Stampa (Aw. Pace, Pastore), Consiglio nazionale del

l'ordine dei giornalisti (Aw. Scoca, Pandiscia) e altri. An

nulla Tar Lazio, sez. I, 14 settembre 1981, n. 678.

Giornalista — Tele-cine-foto operatori — Attività giornalistica — Esclusione (L. 3 febbraio 1963 n. 69, ordinamento della

professione di giornalista, art. 1; d.p.r. 19 luglio 1976 n. 649, modificazioni al regolamento di esecuzione della 1. 3 febbraio

1963 n. 69, approvato con d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115 e

successive modificazioni, art. 1).

È da escludere che il d.p.r. 649/76, nel modificare gli art. 34

e 44 del regolamento di attuazione della l. 3 febbraio 1963

n. 69 approvato con d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115, abbia ille

gittimamente proceduto ad un'innovazione normativa rispet to alla sovraordinata l. 69/63, estendendo la qualifica di gior nalista ad una categoria di «soggetti», i tele-cine-foto opera tori, nella legge stessa non contemplati. (1)

(1) Dopo la Suprema corte (sentenza 19 gennaio 1993, n. 626, Foro

it., 1993, I, 1102, con nota di Lorusso, cui si rimanda per una disami na a compasso allargato della problematica qui sollevata), anche il Con

siglio di Stato, con la decisione in epigrafe, si dimostra men che invul nerabile alla «esemplare nebulosità» del decreto Bonifacio. -

Per chiarire l'aggrovigliata problematica è opportuno ricostruire som mariamente la tormentata vicenda processuale connessa all'emanazione del d.p.r. 19 luglio 1976 n. 649.

Tale normativa modificava la previgente 1. 3 febbraio 1963 n. 69, istitutiva dell'ordine, e il testo del regolamento, considerando giornali sti non più solo coloro che operavano per iscritto e per radiofonia, ma anche i fotoreporters. Infatti, a questi ultimi era consentito divenire

pubblicisti, in quanto svolgessero «attività di tele-cine-foto operatori per organi di informazione attraverso immagini che completano l'infor mazione scritta nell'esercizio di autonomia decisionale operativa e avu to riguardo alla natura giornalistica della prestazione». D'altra parte, l'innovazione non risparmiava neppure la prova di idoneità professio nale, la quale poteva espletarsi, oltre che nelle forme canoniche anche «nell'illustrazione di un fatto o avvenimento con un servizio giornalisti co tele-cine fotografico comprensivo delle indicazioni tecniche sulla ba se degli elementi e del materiale fornito dalla commissione esaminatrice».

Apriti cielo! La lobby degli editori, per scongiurare il pericolo che i tele-cine-foto operatori potessero, una volta iscritti all'albo dei giorna listi, vantare le migliori condizioni previste nel relativo contratto, gioca

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Fatto. — Con i tre appelli suindicati era impugnata la senten

za del Tar Lazio 678/81 (Foro it., 1982, III, 126) che aveva

accolto i ricorsi della società «La Stampa» contro il d.p.r. 19

luglio 1976 n. 649, di modifica del regolamento sull'ordinamen

to della professione giornalistica approvato con d.p.r. 4 feb

braio 1965 n. 115, nonché contro due delibere del consiglio in

terregionale Piemonte Val d'Aosta 6 giugno e 3 ottobre 1979

di ammissione di alcuni fotoreporters all'iscrizione nel registro dei praticanti giornalisti ed all'esame di cultura generale ex art.

33 1. 69/63. Con sentenza 945/83 del 10 maggio 1983 (id., Rep.

1984, voce Giornalista, n. 12) questa sezione annullava la sen

tenza del Tar per difetto di giurisdizione (su entrambe le do

mande); le sezioni unite della Corte di cassazione adite dalla

«Stampa» con l'impugnativa della decisione del Consiglio di Stato

citata, separavano il giudizio sulla modifica regolamentare da

quello sulle delibere d'iscrizione, ritenendo — nel cassare la de

cisione in parte qua — nel primo sussistere la giurisdizione am

ministrativa, e nel secondo — dopo che la ivi sollevata eccezio

ne di costituzionalità era dichiarata non fondata con sentenza

costituzionale 71/91 dell'8 febbraio 1991 (id., 1992, I, 600) — dichiaravano il difetto di giurisdizione nelle impugnazioni delle

delibere di iscrizione all'albo dei praticanti giornalisti. (Omissis) Diritto. — 1. - Occorre esaminare nuovamente gli appelli —

già riuniti con la precedente decisione della sezione — nelle par

la carta giudiziaria. E incomincia, cosi, un tormentone giudiziario ap prodato sin qui a ben sei atti:

— primo atto: Tar Lazio, sez. I, 1° giugno 1977, n. 576, id., Rep. 1977, voce Giustizia amministrativa, n. 684, dichiara inammissibile il

ricorso, data l'assenza di un diretto pregiudizio derivante dal decreto

impugnato dagli editori; — secondo atto: lo stesso Tar Lazio (sez. I 14 settembre 1981, n.

678, id., 1982, III, 126) dichiara l'illegittimità del decreto, avendo que sto istituito la categoria dei cine-foto operatori in assenza di una previ sione normativa;

— terzo atto: Cons. Stato, sez. IV, 16 dicembre 1983, n. 945, id.,

Rep. 1984, voce Giornalista, n. 12, dichiara la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, stante la competenza del giudice ordinario in relazione all'iscrizione a un ordine professionale;

— quarto atto: la Cassazione a sezioni unite (sentenza 14 febbraio

1990, n. 1102, id., 1990, I, 854, con nota di C. M. Barone), pur rite nendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla delibera di iscrizione, annulla la decisione 16 dicembre 1983 del Consi

glio di Stato, nella parte in cui il ricorso investiva anche il regolamento, che è un atto tipicamente amministrativo;

— quinto atto: Corte cost. 8 febbraio 1991, n. 71, id., 1992, I, 600,

respinge la questione di incostituzionalità sollevata dalle sezioni unite in relazione alla preclusione per l'editore d'impugnare il rapporto di lavoro con un dipendente in base al provvedimento adottato dall'ordine che qualifica quel dipendente come giornalista, atteso che il presunto vizio discende non dalla legge ma dal contratto collettivo di lavoro gior nalistico;

— sesto atto: ancora le sezioni unite della Cassazione (sentenza 30 dicembre 1991, n. 14021, ibid., 349) affermano che l'editore può far valere davanti al giudice del rapporto di lavoro l'eventuale illegittimità del provvedimento di iscrizione all'ordine dei giornalisti, nel caso in cui l'ordine proceda ad un'erronea qualificazione del soggetto come gior nalista.

In questo complesso quadro la pronuncia in epigrafe si pone sulla

stessa lunghezza d'onda di Cass. 626/93, la quale riteneva che, «nel l'ambito dell'attività di ripresa di immagini che completi o sostituisca l'informazione scritta nell'esercizio di autonomia decisionale operativa, non costituisce attività giornalistica la prestazione del tele-cine-foto ope ratore che, pur eseguendo da solo le riprese degli avvenimenti, non prov vede anche alla selezione delle immagini e al montaggio del materiale

filmato, si da conferirgli capacità informativa, ovvero che sia comun

que utilizzata di fatto dal datore di lavoro senza una significativa elabo

razione intellettuale altrui». Il Consiglio di Stato supporta l'opzione della Suprema corte attraver

so un'interpretazione forse troppo severa degli art. 1 e 2 d.p.r. 649/76, volta a salvaguardare da un lato la legittimità del d.p.r. 649/76 e, dal

l'altro, la purezza della casta dei giornalisti. Va, peraltro, sottolineato come di recente il d.p.r. 21 settembre 1993

n. 384 (Le leggi, 1993, I, 2471) abbia nuovamente riformato l'esame

professionale giornalistico, dissipando i dubbi che si erano addensati

sul punto: infatti, sono state previste anche per i tele-cine-foto operato ri le prove scritte, precludendo loro la possibilità di ricorrere all'ancora

di salvezza rappresentata dalla possibilità di «illustrare un fatto o un

avvenimento con un servizio giornalistico tele-cine-fotografico compren sivo delle indicazioni tecniche sulla base degli elementi e del materiale

fornito dalla commissione esaminatrice». [P. Lorusso]

Il Foro Italiano — 1994.

ti relative all'impugnazione del presupposto d.p.r. 19 luglio 1976

n. 649, a seguito della ricordata pronuncia delle sezioni unite

14 febbraio 1990, n. 1102 (id., 1990, I, 854), con la quale è stata parzialmente annullata la decisione di questa sezione n.

945 del 10 maggio 1983 {id., Rep. 1984, voce cit., n. 12), per avere erroneamente declinato la giurisdizione del giudice ammi

nistrativo a conoscere la legittimità del d.p.r. 19 luglio 1976

n. 649 quale atto regolamentare presupposto, ancorché la giuri sdizione sugli atti applicativi (le delibere di iscrizione nel regi stro dei praticanti giornalisti) fosse demandata al giudice spe cializzato di cui agli art. 60 ss. 1. 3 febbraio 1963 n. 69. A

seguito infatti della ricordata sentenza delle sezioni unite e della

sentenza costituzionale n. 71 del 28 gennaio 1991 in ordine alla

questione — sollevata dalle stesse sezioni unite in questo giudi zio — della mancanza di legittimazione (ivi confermata) dell'e

ditore di giornali ad adire il giudice specializzato di cui all'art. 63 legge del 1963, per l'annullamento dell'iscrizione all'albo di

giornalista, il giudizio è stato riassunto dalla difesa degli editori

con atto notificato l'I 1-18 febbraio 1991, con le conclusioni del

quale è chiesto il rigetto degli appelli e la conferma dell'annul

lamento del d.p.r. n. 649 del 1976.

2. - La difesa del ministero appellante eccepisce, con la me

moria 11 marzo 1993, la tardività del ricorso di primo grado

quanto all'impugnazione del regolamento di cui al d.p.r. n. 649

del 1976, originariamente impugnato attraverso gli atti applica tivi ma rimasto, a seguito della ricordata pronuncia delle sezio

ni unite, il solo atto ad essere oggetto di impugnativa in questo

giudizio. L'eccezione va disattesa per un duplice ordine di argomenti.

Innanzitutto alla fattispecie può estensivamente applicarsi l'er

rore scusabile previsto dall'art. 34, 2° comma, 1. 6 dicembre

1971 n. 1034, concernente espressamente i casi di errore sulla

giurisdizione (nel giudizio di appello «in caso di errore scusabile

il Consiglio di Stato può rimettere in termini il ricorrente per

proporre l'impugnativa al giudice competente . . .»). La norma

può estendersi al caso in esame, considerato peraltro che nella

specie non vi è bisogno di domanda della parte né occorre una

nuova notifica del ricorso, perché il giudice amministrativo adi

to, limitatamente all'impugnativa del d.p.r. cit., è quello com

petente. L'errore è scusabile in quanto, sino alla sentenza delle sezioni

unite anche il giudice di primo grado aveva ritenuto che l'impu

gnativa del regolamento fosse ammissibile attraverso la conte

stuale impugnativa dei provvedimenti applicativi, senza peraltro valutare la configurabilità di un onere di impugnativa autono

ma del regolamento (onere del resto escluso nella precedente sentenza dello stesso Tar Lazio, sez. I, n. 576 del 1° giugno

1977, id., Rep. 1977, voce Giustizia amministrativa, n. 684, ri

chiamata dalla stessa sentenza appellata, con cui si era dichiara

to inammissibile, per carenza di interesse attuale a ricorrere, un ricorso proposto dalla Fieg, avverso la sola norma regola mentare qui pure impugnata, prima dell'adozione di eventuali

atti applicativi). Ma vi è di più. L'amministrazione di grazia e giustizia ha

sollevato la questione della tardività del ricorso di primo grado

per la prima volta nel corso del giudizio di secondo grado, sol

tanto con memoria in data 11 marzo 1992 (non notificata) e

non anche nell'appello, né negli altri due appelli si eccepisce la tardività del ricorso stesso. Le questioni pregiudiziali ivi ecce

pite sono di altra natura (di inammissibilità sotto vari profili e non di ricevibilità) ed hanno del resto condotto alla sentenza

di questa sezione declinatoria della giurisdizione ed alla succes

siva delle sezioni unite di cui si è detto.

Dunque deve ritenersi formato il giudicato interno sulla irri

cevibilità del ricorso introduttivo, dato che i primi giudici l'ave

vano ammessa esaminando nel merito il ricorso dopo avere di

satteso tutte le eccezioni pregiudiziali. 3. - Nel merito gli appelli sono fondati.

La complessa questione si è formata sull'interpretazione e la

legittimità del d.p.r. n. 649 del 1976 che, secondo il Tar, nel

modificare gli art. 34 e 44 del regolamento di attuazione della

1. 3 febbraio 1963 n. 69 (ordinamento della professione di gior

nalista) approvato con d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115, avrebbe

illegittimamente «proceduto ad un'innovazione normativa rispetto alla sovraordinata 1. 69/63, estendendo la qualifica di giornali sta ad una categoria di soggetti «i tele-cine-foto operatori» nel

la legge stessa non contemplati.

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PARTE TERZA

La verifica della legittimità di tali disposizioni regolamentari deve pertanto essere preceduta da una disamina della normativa in questione, sia di quella di riferimento che di quella applicativa.

Dunque, l'art. 33, 1° comma, 1. n. 69 del 1963 prevede l'esi

stenza di un «registro dei praticanti» giornalisti. Il 2° comma dello stesso articolo stabilisce, fra l'altro, che

la domanda per l'iscrizione in tale registro deve essere «corre

data dalla dichiarazione del direttore del giornale» comprovan te l'effettivo inizio della pratica di cui all'art. 34 successivo, cioè l'effettivo inizio della «pratica giornalistica . . . presso un

quotidiano o presso il servizio giornalistico della radio o della

televisione, o presso un'agenzia quotidiana di stampa a diffu sione nazionale . . . , o presso un periodico a diffusione na

zionale».

L'art. 1 1. 69/63 stabilisce inoltre che l'albo dei giornalisti è costituito da due elenchi distinti nel primo dei quali sono iscritti i giornalisti professionisti e nel secondo i pubblicisti.

L'art. 34 d.p.r. n. 115 del 1964 cit., nel prevedere le modalità

per l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti, prende in considera zione coloro che svolgono attività presso quotidiani o periodici (1° e 2° comma) ed i «collaboratori dei servizi giornalistici della radio/televisione, delle agenzie di stampa e dei cinegiornali» (3° comma); e dispone che tutti costoro debbano allegare alla do

manda per l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti la documenta zione e una dichiarazione del direttore comprovanti la redazio ne delle loro corrispondenze o dei loro articoli.

Fra il 3° e l'ultimo comma di questa norma il d.p.r. impu gnato 649/76 inserisce un 4° comma, che prende in considera zione anche i «tele-cine-foto operatori», secondo il quale «Co loro i quali svolgono attività di tele-cine-foto operatori per or

gani di informazione attraverso immagini che completano o sostituiscono l'informazione scritta, nell'esercizio di autonomia decisionale operativa e avuto riguardo alla natura giornalistica della prestazione, devono allegare alla domanda la necessaria

documentazione e l'attestazione del direttore prevista dall'art. 35 1. 3 febbraio 1963 n. 69».

L'art. 44, 1° comma, d.p.r. 115/65 riguardante invece l'iscri zione nell'elenco dei professionisti, stabilisce che il contenuto della prova scritta che essi devono sostenere per essere iscritti nel relativo elenco (cfr. l'art. 32, 1° comma, 1. 69/63) deve con sistere «nello svolgimento ... di una delle attività redazionali

proprie del quotidiano, del servizio giornalistico radiofonico o

televisivo, della agenzia di stampa o del periodico, o nella pre disposizione di uno schema di impaginazione ... di una parte di un quotidiano o di un periodico . . .».

L'impugnato d.p.r. 19 luglio 1976 n. 649, nel modificare tale 10 comma, ha aggiunto alle possibili attività oggetto della pro va scritta l'illustrazione di un fatto o avvenimento con un servi zio giornalistico tele-cine-fotografico comprensivo delle indica zioni tecniche sulla base degli elementi o del materiale forniti dalla commissione esaminatrice.

4. - Si tratta di verificare se, come hanno ritenuto sia i ricor renti in primo grado sia i primi giudici, da tali disposizioni re golamentari recate dal d.p.r. 649/76 si evinca che nei suddetti elenchi possano essere iscritti anche coloro che abbiano svolto l'attività di tele-cine-foto operatori. Tale verifica va posta in correlazione con i pregiudizi che gli originari ricorrenti asseri scono di subire, quale l'attribuzione ai fotografi, mediante l'in

gresso nell'ordine dei giornalisti, di vantaggi economici maggio ri di quelli previsti dal contratto di lavoro, con conseguente «ag gravio dei costi di gestione del giornale», nonché la

dequalificazione professionale derivante dall'«indiscriminato am

pliamento della categoria dei giornalisti». Per procedere a siffatta complessa verifica non può prescin

dersi dall'interpretazione delle due disposizioni regolamentari im

pugnate. Dunque, la prima di queste, recata dall'art. 1 d.p.r. 649/76 ed introduttiva del 4° comma dell'art. 34 d.p.r. n. 115 del 1965, semplicemente integra le modalità di iscrizione nell'e lenco dei prubblicisti già indicate dallo stesso art. 34, con parti colare riferimento ai tele-cine-foto operatori, ribadendo e chia rendo che costoro «devono allegare alla domanda la necessaria documentazione e l'attestazione del direttore prevista dall'art. 35 1. 3 febbraio 1963 n. 69».

Ora, «la necessaria documentazione», in mancanza di una diversa o contraria — e, del resto, inammissibile indicazione

prater o contra legem — è quella di cui al richiamato art. 35 1. n. 69 del 1963, rappresentata cioè anche «dai giornali e perio

11 Foro Italiano — 1994.

dici contenenti scritti a firma del richiedente e dai certificati dei direttori delle pubblicazioni, che comprovino l'attività pub blicistica, regolarmente retribuita da almeno due anni».

Per i fotoreporters non è stato pertanto previsto, dalla norma

regolamentare impugnata, alcun trattamento di maggior favore

rispetto alle altre categorie, per conseguire l'iscrizione nell'elen co dei pubblicisti, senza distinzione tra le varie categorie di aspi ranti è difatti per tutti prevista l'esibizione obbligatoria, ai fini dell'iscrizione, di «scritti a firma del richiedente» e di certificati dell'attività pubblicistica, non essendo pertanto sufficiente l'esi

bizione soltanto di immagini fotografiche, cinematografiche o

televisive non riconducibili ad attività giornalistica. Soltanto per «i collaboratori dei servizi giornalistici della ra

dio televisione ... e dei cinegiornali, i quali non siano in grado di allegare alla domanda i giornali e periodici previsti dall'art. 35 della legge», il 3° comma dell'art. 34 del d.p.r. n. 115 del 1965 (immediatamente precedente il comma impugnato dello stes so articolo) consente di «comprovare con idonea documentazio ne ovvero mediante l'attestazione del direttore del rispettivo ser vizio giornalistico, la concreta ed effettiva attività svolta».

L'espressione «avuto riguardo alla natura giornalistica della

prestazione» dell'impugnato 4° comma dell'art. 34 cit., riferita all'attività di tele-cine-foto operatori per organi di formazione,

lungi dal significare che la norma regolamentare indiscriminata mente qualifichi come giornalistica l'attività del fotoreporter, va invece coordinata con il comma precedente (non impugna to), rappresentandone pertanto una specificazione, nel presup posto di un'identica ratio, nel senso di ritenere riconducibile all'attività giornalistica vera e propria — ai fini dell'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti — l'attività di tele-cine-foto operato re se ed in quanto componente più o meno essenziale del servi zio giornalistico, destinato nella specie a dare informazione at traverso un mezzo alternativo allo scritto, alla pari del giornali smo radio-televisivo.

5. - Ad analoghe conclusioni conduce anche l'esame dell'altra

disposizione regolamentare impugnata (l'art. 2 d.p.r. 649/76 di modifica all'art. 44, 1° comma, d.p.r. n. 115 del 1965), nella

parte oggetto di censure (l'inclusione, tra i temi della prova scritta e orale di tecnica e pratica del giornalismo per l'iscrizione nel l'elenco dei professionisti di cui all'art. 32 1. 69/63, dell'illustra zione di un fatto o avvenimento con un servizio tele-cine

fotografico). In tale ipotesi l'oggetto della prova di esame non è, all'evi

denza, la semplice attività di fotoreporter, bensì il più comples so ed articolato svolgimento del servizio giornalistico effettuato attraverso il mezzo televisivo, cinematografico o fotografico. Anche in tale ipotesi la particolarità risiede nel fatto che l'infor mazione giornalistica è esercitata attraverso un mezzo alternati vo allo scritto ma non per questo meno idoneo al suo fine.

Cionondimeno, neppure in tale ipotesi può ipotizzarsi un favor per tele-cine-foto operatori, tanto più che non si tratta di am missione all'esame, ma di modalità della prova, di per sé inido nee a favorire la categoria in questione.

Con la conseguenza che tale seconda disposizione impugnata, conforme con la prima — nell'interpretazione qui accolta —

alla presupposta 1. n. 69 del 1963, non sembra altresì recare alcun pregiudizio agli originari ricorrenti, se rigorosamente ap plicate entrambe, dai competenti consigli dell'ordine, nel senso

sopra chiarito.

Gli appelli devono pertanto accogliersi e, in riforma della sen tenza appellata, debbono essere rigettati i ricorsi di primo gra do nella parte rivolta all'impugnativa del d.p.r. cit.

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