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sezione IV; decisione 5 luglio 1989, n. 452; Pres. Buscema, Est. Ferrari; Sindacato italianodirigenti del servizio sanitario - Sidirss ed altro (Avv. Scoca) c. Pres. cons. ministri ed altri(Avv. dello Stato Russo), Federazione nazionale lavoratori della funzione pubblica - Cgil (Avv.Lombardo Comite, Aguglia) ed altri. Conferma Tar Lazio, sez. I, 19 febbraio 1986, n. 237Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 83/84-87/88Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182975 .
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PARTE TERZA
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 5 luglio 1989, n.
452; Pres. Buscema, Est. Ferrari; Sindacato italiano dirigenti del servizio sanitario - Sidirss ed altro (Aw. Scoca) c. Pres. cons,
ministri ed altri (Avv. dello Stato Russo), Federazione nazionale
lavoratori della funzione pubblica - Cgjl (Aw. Lombardo Comite,
Aguglia) ed altri. Conferma Tar Lazio, sez. I, 19 febbraio 1986, n. 237.
Impiegato dello Stato e pubblico — Regolamentazione pattizia —
Accordo collettivo — Dissenso di organizzazione sindacale — Ir
rilevanza (L. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sa
nitario nazionale, art. 47; 1. 29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro sul pubblico impiego, art. 6; d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348, norme
risultanti dalla disciplina prevista dagli accordi per il trattamen
to economico del personale delle unità sanitarie locali).
Impiegato dello Stato e pubblico — Regolamentazione pattizia —
Accordo collettivo — Trattativa — Esclusione di organizzazione sindacale dissenziente (L. 23 dicembre 1978 n. 833, art. 47; 1. 29
marzo 1983 n. 93, art. 6; d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348).
Impiegato dello Stato e pubblico — Regolamentazione pattizia —
Ambito — Interesse di organizzazione sindacale alla contestazione — Insussistenza —
Regolamentazione del rapporto dei dirigenti delle Usi — Legittimazione (L. 29 marzo 1983 n. 93; d.p.r. 25
giugno 1983 n. 348). Impiegato dello Stato e pubblico — Regolamentazione pattizia —
Accordo sindacale quale fonte della disciplina del rapporto —
Contrasto con prìncipi costituzionali — Insussistenza (Cost., art.
97, 117; 1. 29 marzo 1983 n. 93; d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348). Sanitario — Dirigenti amministrativi delle Usi — Equiparazione ai
dirìgenti statali — Indennità dei medici — Straordinario e anzia
nità — Esclusione (L. 29 marzo 1983 n. 93, art. 26; d.p.r. 25 giu
gno 1983 n. 348).
Legittimamente la presidenza del consiglio dei ministri ha applica
to, durante lo svolgimento del procedimento amministrativo che
ha portato all'emanazione del d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348 (con tenente norme risultanti dalla disciplina prevista dagli accordi per il trattamento economico del personale delle unità sanitarie loca
li), la nuova disciplina intervenuta secondo l'art. 6 I. 29 marzo
1983 n. 93 ed ha, quindi, utilizzato il procedimento autoritativo
da questa norma prefigurato per approvare l'accordo sottoscrit
to da alcune delle organizzazioni sindacali partecipanti alle trat
tative, nonostante il dissenso manifestato dall'organizzazione sin
dacale rappresentante i dirigenti del servizio sanitario. (1) Il dissenso manifestato da una delle organizzazioni sindacali (nella
specie, sindacato italiano dirigenti del servizio sanitario) circa l'i
potesi di accordo nazionale per il trattamento economico del per sonale delle Usi concordato dalle altre delegazioni partecipanti alle trattative, comporta l'automatica auto-esclusione dell'orga
nizzazione sindacale dissenziente dal prosieguo del procedimen to e della contrattazione. (2)
Un sindacato non ha interesse a dolersi del fatto che una norma
affidi allo strumento dell'accordo sindacale la regolamentazione sostanziale di taluni aspetti del rapporto di lavoro che, altrimen
ti, sarebbero (o potrebbero) essere devoluti alla legge oppure al
l'atto autoritativo unilaterale e, pertanto, il sindacato italiano di
rigenti del servizio sanitario nazionale non ha interesse a negare all'accordo sindacale recepito nel d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348
la legittimazione a fungere da strumento di regolamentazione del
rapporto di lavoro dei dirigenti amministrativi delle Usi. (3)
(1-3) Sulla partecipazione delle varie organizzazioni sindacai! alie trat tative per la stipulazione degli accordi collettivi, il trattamento di quelle dissenzienti e la legittimità della conclusione degli accordi stessi anche con l'esclusione di queste ultime, purché sia stato rispettato il «divieto alla trattativa» in sede nazionale, v. Pret. Milano IO aprile 1989, Foro
it., 1989, I, 2303 (che ha ritenuto non sussistente l'obbligo del datore di lavoro di tratiarc per la stipulazione di contratto integrativo aziendale con organizzazione sindacale non firmataria del contratto collettivo na
zionale; nello stesso senso Pret. Cosenza 30 ottobre 1989 e sulla legittimi tà del raggiungimento di un accordo separato con alcuni soltanto dei sindacati partecipanti alle trattative, Pret. Torino 28 novembre ì988, en trambe in questo fascicolo, con nota di richiami di P. Bellocchi), non
ché, con riferimento specifico alla contrattazione conseguente alla legge quadro 93/83, Tar l.azio, sez. I, 17 dicembre 1987, n. 1986, id., 1988, III, 517 (sulla legittimità della trattativa «per tavoli separati»); 17 giugno 1987, n. 1163, ibid., 533, con noia di richiami (sulla legittimazione del
l'organizzazione sindacale dissenziente ad impugnare il decreto pre sidenziale recettivo dell'accordo nazionale); Cons Stato, sez. IV,
Il Foro Italiano — 1990.
Lo strumento dell'accordo sindacale quale fonte della disciplina del rapporto di lavoro dipendente nell'ambito del servizio sani
tario nazionale non contrasta né col principio della potestà nor
mativa delle regioni in materia di disciplina del rapporto di
lavoro regionale (art. 117 Cost.) né con quello della riserva
di legge in materia di organizzazione degli uffici pubblici (art. 97 Cost.) e, pertanto, legittimamente è stato disciplinato col
d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348 il trattamento economico del per sonale delle unità sanitarie locali, compresi i dirigenti ammini
strativi. (4) I dirigenti amministrativi delle Usi non hanno diritto — in man
canza di un 'espressa previsione normativa — all'equiparazione ai dirigenti dello Stato e parastato di cui all'art. 261. 29 marzo
1983 n. 93 e non hanno, altresì, diritto alle indennità di tempo
pieno e di responsabilità primaria/e attribuite al personale me
dico, né al calcolo del compenso per lavoro straordinario in
misura pari a quello per lavoro ordinario, né ad un diverso
calcolo dell'anzianità pregressa e ad un diverso scaglionamento nel tempo dei benefici contrattuali rispetto a quanto disciplina to nell'accordo collettivo nazionale recepito nel d.p.r. 25 giu
gno 1983 n. 348. (5)
7 aprile 1988, ti. 305, id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 964; sez. V 17 ottobre 1987, n. 634, id., 1988, III, 277; Tar Lazio, sez. Ili, 3 marzo 1987, n. 289, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1000; sez. I 19 marzo
1985, n. 390, id., Rep. 1985, voce cit., n. 821 (sulla non necessità di
motivazione, nel decreto presidenziale recettivo dell'accordo nazionale, in ordine ai rilievi avanzati dalle organizzazioni sindacali dissenzienti); Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 1988, n. 42, ibid., n. 965 (sulla legittimi tà, ai sensi dell'art. 14 1. 93/83, dell'operato dell'amministrazione che abbia sottoposto ad una organizzazione sindacale per l'approvazione il testo dell'accordo già formulato con le altre organizzazioni).
In ordine al procedimento di contrattazione collettiva introdotto dalla 1. 93/83, con riferimento al d.p.r. 348/83 e, in generale, al settore dei
dipendenti Usi, Corte cost. 25 luglio 1984, n. 219, id., 1985, I, 67, con note di A. Romano e V. Caianiello, ha ritenuto applicarsi non il proce dimento previsto dagli art. 9 e 10 1. 93/83 ma quello «centralizzato» pre visto dall'art. 8, mentre Tar Sardegna 24 marzo 1988, n. 231, id., Rep. 1988, voce cit., n. 973; Tar Lazio, sez. I, 21 novembre 1987, n. 1790, ibid., voce Sanitario, n. 194 e 13 novembre 1985, n. 1303, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 921, andando in contrario avviso a quanto statuito nella prima massima della decisione in epigrafe, ha ritenuto ap plicabile al d.p.r. 348/83 la disciplina pattizia contenuta nell'art. 47, 8° e 9° comma, 1. 23 dicembre 1978 n. 833, anziché quella introdotta dalla 1. 93/83; per il carattere tassativo e non meramente indicativo delle dispo sizioni sui procedimenti di contrattazione previsti dalla 1. 93/83 escluso da Tar Toscana 9 maggio 1988, n. 596, id., Rep. 1988, voce cit., n.
944, è la posizione unanime della Corte conti, sez. contr., 3 luglio 1987, n. 1805, ibid., n. 974; 1° luglio 1987, n. 1793, ibid., n. 1001; 26 maggio 1987, n. 1773, ibid., n. 1006. Per ulteriori riferimenti: sui limiti, specie temporali, di applicabilità del procedimento di contrattazione collettiva ex 1. 93/83 rispetto alla legislazione previgente, Corte conti, sez. contr., 28 giugno 1985, nn. 1570 e 1569, id., 1986, III, 8, con nota di richiami; su! d.p.r. 348/83 e la disciplina della contrattazione collettiva per i dipen denti ospedalieri (oggi, delle Usi), Tar Lazio, sez. I, 1° febbraio 1989, n. 99, id., 1989, III, 476; sull'interesse a ricorrere, Cons. Stato, sez. I, 1° febbraio 1985, n. 130/85, id., 1987, III, 435.
(4) Il contrasto con gli art. 97 e 117 Cost, della normativa che introdu ce la contrattazione collettiva come fonte di disciplina del rapporto di
pubblico impiego è stato escluso dalla giurisprudenza, a tutti i livelli: v.. da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 1988, n. 784, Foro it., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 962; 4 maggio 1988, n. 380, ibid., n. 963; 20 aprile 1988, n. 342, ibid., voce Sanitario, n. 164; Tar
Lazio, sez. I, 23 marzo 1988, n. 359, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 967; 12 dicembre 1986, n. 2266, id., 1988, III, 174; Corte cost. 7
luglio 1988, ri. 780, id., 1989, I, 3520 e richiamata nella Rassegna di
giurisprudenza della Cone costituzionale in materia di pubblico impiego, n. 24, ibid., 3532.
Per riferimenti sui decreti presidenziali recettivi degli accordi nazionali nel pubblico impiego e nella sanità, loro natura ed interpretazione, v. Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 1989, n. 387, che segue, nonché, con
specifico riferimento al rapporto dei dipendenti delle unità sanitarie loca
li, Tar Lazio, sez. 1, !2 dicembre 1986, n. 2266, id., 1988, III, 174.
(5) In termini, per la legittimità del trattamento differenziato del perso nale medico da quello amministrativo, in sede di d.p.r. 348/83, Cons.
Stato, sez. I, 12 luglio 1985, n. 1012, Foro it., Rep. 1988, voce Sanitario, nn. 151-155; pei la legittimità dell'omessa attribuzione al personale non medico delle voci retributive relative a particolari attività connesse all'ap partenenza ai ruoli del personale medico, quuli l'indennità di tempo pie no e di responsabilità primariale, Cons. Stato, sez. V, 23 dicembte 1986, n. 685, id., Rep. 1987, voce cit., n. 258; Tar Lazio, sez. I, 20 agosto 1986, n. 1071, ibid., n. 270; 19 febbraio 1986, n. 237, id., Rep. 1986,
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — 1. - Sostiene l'appellante (primo motivo) che, poi ché le trattative per la stipula del nuovo accordo sindacale erano
state condotte sin dall'inizio nel rispetto della disciplina dettata
dall'art. 47, 8° comma, 1. 23 dicembre 1978 n. 833, l'amministra
zione non poteva superare il dissenso manifestato dallo stesso
appellante sull'ipotesi di accordo concordata dalle due delegazio ni (pubblica e sindacale) facendo ricorso al procedimento autori
tativo previsto dall'art. 6, 7° comma, 1. 23 marzo 1983 n. 93, dal momento che la legge-quadro sul pubblico impiego era entra
ta in vigore quando le trattative stesse si erano sostanzialmente
concluse.
Tale essendo l'esatto contenuto della censura originaria, quale risulta dall'atto introduttivo del giudizio di primo grado, le am
pie ed articolate argomentazioni svolte dal Tar per dimostrare
l'impossibilità di ricondurre la figura dell'accordo sindacale nello
schema del contratto collettivo di diritto comune — anche se esatte
in linea di principio — non paiono del tutto pertinenti rispetto al thema decidendum: la contestazione mossa con il primo mezzo
non riguarda, infatti, la necessità per l'amministrazione di acqui sire il consenso di tutte le organizzazioni sindacali legittimate alla
trattativa, come condizione perché l'accordo sindacale venga a
giuridica esistenza, bensì il modus procedendi seguito dalla stessa
amministrazione per superare il dissenso manifestato da una di esse.
Senonché, anche cosi precisata, la censura è parimenti infon
data essendo principio da tempo recepito nella giurisprudenza del
giudice amministrativo che, ove durante lo svolgimento di un pro cedimento amministrativo sopravvenga una nuova legge discipli natrice dello stesso, la legittimità dei singoli atti della sequenza
procedimentale va verificata con riferimento alla situazione di fatto
e di diritto esistente al momento in cui ciascuno di essi viene
in essere, a meno che norme particolari non dispongano in senso
contrario (Cons. Stato, sez. IV, 1° aprile 1980, n. 330, Foro it.,
Rep. 1980, voce Atto amministrativo, n. 50; 26 novembre 1974, n. 895, id., Rep. 1974, voce cit., n. 50; Cons, giust. amm. sic.
30 novembre 1977, n. 191, id., Rep. 1978, voce cit., n. 43). Di conseguenza, poiché sia l'art. 47 della legge di delega (n.
833 del 1978) che l'art. 30 della legge delegata (d.p.r. n. 761 del
1979) non contengono alcuna disposizione relativa all'ipotesi di
dissenso di una organizzazione sindacale rispetto alla soluzione
concordata dagli altri organismi che partecipano alle trattative,
legittimamente l'amministrazione ha utilizzato il procedimento al
l'uopo prefigurato dalla legge-quadro, che era entrata in vigore al momento in cui il dissenso si era manifestato.
D'altro canto l'intervento autoritativo del governo era stato pro vocato dallo stesso appellante il quale in data 23 maggio 1983 (e,
quindi, in epoca successiva all'entrata in vigore della legge-quadro) aveva inviato alla presidenza del consiglio dapprima un telegram ma e, successivamente, una nota di osservazioni nella quale illustrava
i motivi che non gli consentivano di sottoscrivere l'accordo. Ciò sta
a significare che anche il sindacato appellante aveva individuato nel
nuovo procedimento introdotto dall'art. 6 della legge-quadro lo stru
mento — immediatamente operativo — idoneo a comporre il con
flitto insorto fra le parti intervenute nelle trattative.
voce cit., n. 439; sez. Latina 22 luglio 1987, n. 532, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 281; per la legittimità e le conseguenze dello scaglionamento nel
tempo dell'attribuzione di benefici economici nel pubblico impiego, Cons.
Stato, sez. VI, 3 febbraio 1988, n. 149, ed altre, id., 1988, III, 133.
L'equiparazione del trattamento economico ordinario del direttore am ministrativo a quello del direttore sanitario è stata ritenuta legittima da Cons, giust. amm. sic. 18 dicembre 1987, n. 282, id., Rep. 1988, voce
cit., n. 305; Tar Umbria 27 novembre 1987, n. 421, ibid., n. 354; Cons.
Stato, sez. V, 14 maggio 1986, n. 254, id., Rep. 1986, voce cit., n. 409
(per il regime anteriore alla 1. 833/78); ma illegittima, per ospedale con
più di cinquecento posti letto ai sensi dell'Anul 17 dicembre 1978, da Tar Toscana 16 aprile 1988, n. 500, ibid., n. 349.
La legittimità del trattamento orario per lavoro straordinario dettato
per il personale Usi dagli accordi collettivi, in difformità con quello del lavoro privato o degli altri settori del pubblico impiego, è stata affermata da Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 1987, n. 175, id., Rep. 1987, voce cit.. ri. 434; Tar Lazio, sez. I, 20 agosto 1986, n. 1071, ibid., n. 272.
In dottrina si segnalano, fra le opere dì carattere generale più recenti in materia: Papadla - Proia - Codispoti - Spanò, Commento teorico
pratico al contratto dei dipendenti del servizio sanitario nazionale, Mag
gioii. Rimini, 1988; G. Ferrari, Codice delle norme sul rapporto d'im
piego dei dipendenti delle Usi. Regioni italiane, Roma, 1988; G. Pasini, Unità sanitarie locali (Usi) (personale delle), voce del Novissimo digesto,
appendice, Torino, 1987, VII.
il. Foro It adamo 1990
2. - Il quarto motivo di appello, che per ragioni di ordine logi co deve essere esaminato con precedenza sugli altri, introduce
una censura subordinata rispetto a quella ora definita.
La tesi esposta è che la legge-quadro, quand'anche consentisse
di superare il dissenso manifestatosi all'interno della delegazione sindacale mediante un intervento autoritativo del governo, non
autorizzerebbe giammai quest'ultimo ad estromettere dal prosie
guo del procedimento il sindacato che dissente rispetto alle solu
zioni concordate dalle altre organizzazioni sindacali con la dele
gazione pubblica. Di conseguenza, la delibera del consiglio dei
ministri, di approvazione dell'accordo, dovrebbe considerarsi il
legittima sia per carenza di un presupposto essenziale (il previo consenso di una delle componenti la delegazione sindacale) che
per vizio del procedimento. Il collegio esprime l'avviso che anche
questa censura debba considerarsi infondata, in entrambi i profili nei quali essa si articola.
È infatti la stessa organizzazione sindacale dissenziente che, ri
fiutandosi di sottoscrivere l'ipotesi di accordo concordata dalle
due delegazioni, si pone da sola ed automaticamente al di fuori
del procedimento, senza che a questo scopo sia necessario o in
fluente l'intervento autoritativo ai un terzo.
Questa conclusione apparirà chiara ove si consideri che quello che le leggi definiscono «accordo sindacale» non è un contratto, ma è solo una proposta di regolamentazione del rapporto di lavo
ro dei pubblici dipendenti operanti in un determinato comparto, che le due delegazioni sottopongono alla delibera del consiglio dei ministri.
Atteso che la proposta è il momento iniziale del procedimento di formazione dell'accordo, colui che non ne condivide il conte
nuto, giudicandolo inidoneo a risolvere i problemi del comparto,
esprime e manifesta con ciò stesso il proprio disinteresse a conti
nuare nella partecipazione alla fase della c.d. contrattazione; pe
raltro, come strumento alternativo alla diretta partecipazione, egli ha il potere — di cui, nella specie, il ricorrente ha fatto uso —
di rappresentare all'autorità, cui spetta deliberare sulla proposta, le ragioni per le quali questa non dovrebbe essere accolta, ma
non può pretendere che la stessa non venga esaminata e formaliz
zata solo perché non la condivide.
Né dal fatto che è la legge a stabilire quali sono i soggetti legit timati a partecipare alle trattative può dedursi che il consenso
di ciascuno di questi condiziona l'esistenza stessa dell'accordo.
Si è già detto, infatti, che l'accordo non è un contratto, per il
cui perfezionamento si richieda la convergenza delle volontà di
tutte le c.d. parti contraenti, ma è solo la manifestazione di vo
lontà delle due delegazioni alle quali la legge affida il compito di presentare all'autorità decidente una ipotesi concordata di re
golamentazione del rapporto di lavoro. Nel loro insieme le due
delegazioni costituiscono un organo «collegiale», «virtuale» (per ché costituito al fine di comporre interessi che in linea di princi
pio si presentano come contrapposti e confliggenti) e «rappresen tativo». Dalla natura di organo «virtuale» deriva che esso non
deve necessariamente operare con il plenum dei suoi componenti
(il che rende ininfluente l'asserita mancata partecipazione alle trat
tative del ministero del lavoro e della previdenza sociale) e può anche deliberare a maggioranza. E la ragione appare evidente: in un sistema che affida in via esclusiva la disciplina del tratta
mento economico dei pubblici dipendenti all'accordo sindacale
ciascun soggetto legittimato alle trattative potrebbe, con la sua
assenza o con il suo voto contrario, impedire il funzionamento
dell'organo collegiale ed impedire la formazione della fonte di
produzione normativa.
3. - Per quanto attiene alla seconda censura, la stessa deve
considerarsi inammissibile ma per una ragione diversa da quella
prospettata dal primo giudice. E cioè non perché il ricorrente, con riferimento agli istituti dallo stesso indicati, non ha offerto
la prova «di una concreta lesività né in assoluto né in relativo
rispetto alla precedente regolamentazione» ovvero perché «sicu
ramente estranei alla sfera d'interesse anche solo potenziale dei
dirigenti amministrativi», ma piuttosto perché un sindacato —
che sia consapevole del rilievo che assume l'ingresso della con
trattazione collettiva nel settore dei pubblico impiego — non ha
ragione di dolersi del I.atto che una norma, legittimamente o no, affidi allo strumento dell'accordo sindacale la regolamentazione sostanziale di taluni aspetti del rapporto di lavoro che, altrimen
ti, sarebbero (o potrebbero) essere devoluti alla legge oppure al
l'aito autoritativo unilaterale. In altri termini, il sindacato ha un
interesse qualificato e protetto ad insorgere allorché dalla scorret
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PARTE TERZA
ta applicazione del criterio di riparto derivi un restringimento del
l'area affidata in via esclusiva allo strumento dell'accordo, ma
non quando detta area risulta invece allargata, in danno dello
strumento legislativo. Non può essere seguito l'appellante allorché oppone che il suo
interesse ad insorgere contro la disciplina dettata dall'accordo sin
dacale per gli istituti in contestazione risiede nel fatto che essa è di
versa da quella da lui prefigurata e proposta; è noto infatti che l'am
missibilità di un motivo di ricorso va verificata con riferimento al
vantaggio concreto che dal suo accoglimento può ricavare il sog
getto che la propone. Nella specie, da una eventuale definizione po sitiva della censura dedotta deriverebbe solo l'affidamento allo stru
mento legislativo della disciplina relativa agli istituti in questione. 4. - Nel contestare la conclusione alla quale il Tar è pervenuto,
nel definire negativamente il terzo motivo di ricorso, l'appellante si duole di essere stato frainteso dal primo giudice: proponendo la censura di violazione dell'art. 26 1. 29 marzo 1983 n. 93 esso,
infatti, non avrebbe inteso invocare per i suoi rappresentati «il
trattamento riservato ad altri dirigenti, bensì la norma di legge che esclude l'applicabilità ai dirigenti (indicati nel modo più com prensivo) della disciplina generale del pubblico impiego».
Il collegio esprime l'avviso che, dopo questa precisazione, è
ancora più difficile comprendere il nesso logico che, nell'impo stazione generale del ricorso, legherebbe la censura in esame a
quelle sinora definite.
Queste ultime, infatti, pur nella loro diversa articolazione, muo
vono da una premessa comune, e cioè che la mancata partecipa zione del sindacato appellante al prosieguo delle trattative avreb
be impedito agli interessi dei dirigenti amministrativi delle Usi di essere adeguatamente tutelati nel corso del procedimento preor dinato alla formazione dello strumento normativo cui spetta, in
via esclusiva, la regolamentazione del rapporto di lavoro di tutti
i pubblici dipendenti che operano nel comparto della sanità. Co
rollari di tale premessa devono infatti considerarsi le affermazio
ni secondo cui la presenza, nel procedimento, del sindacato —
che statutariamente rappresenta i dirigenti — è condizione essen
ziale perché le trattative conservino «il loro carattere corale» e
l'accordo la sua «impegnatività diretta».
Questa impostazione, che reclama la necessaria presenza del sin
dacato nel procedimento con palese richiamo alla circostanza che
in quest'ultimo trovano ingresso gli interessi che esso rappresenta, risulta sostanzialmente ripudiata nella censura ora in esame, con
la quale si nega all'accordo sindacale la legittimazione a fungere da
strumento di regolamentazione del rapporto di lavoro dei dirigenti. Osserva il collegio che ove questa seconda impostazione difen
siva fosse quella effettivamente corretta, se cioè l'accordo sinda
cale non potesse prendere in considerazione le posizioni di lavoro
dei dirigenti del servizio sanitario, la conclusione dovrebbe essere
che il sindacato che li rappresenta, non avendo titolo a partecipa re alle trattative per la disciplina di un rapporto di lavoro che
non è quello dei suoi associati, non dovrebbe aver motivo di do
lersi — come esso afferma — di essere stato estromesso. Anzi,
ragioni di coerenza avrebbero dovuto suggerite allo stesso sinda
cato di rifiutare di partecipare alle trattative perché sottese alla
cura di interessi estranei a quelli dei propri rappresentati, riser
vandosi semmai di insorgere nelle vie giudiziarie contro l'accordo
ove questi avesse preteso di estendere la sua normazione anche
al rapporto di lavoro dei dirigenti del servizio sanitario.
In ogni caso, come ha esattamente rilevato il Tar, la censura
è infondata giacché l'art. 26 dalla legge-quadro riguarda solo i
dirigenti dello Stato e del parastato, nonché coloro che la legge considera «assimilati» ai primi. È, pertanto, inconferente l'ampio richiamo alle posizioni funzionali dei dirigenti amministrativi del le Usi, al fine di dedurne la possibilità di considerarle equiparate a quelle dei dirigenti dello Stato, giacché la c.d. assimilazione
non può scaturire da una indagine dell'interprete, ma postula una
espressa previsione di legge, che nella specie manca.
5. - Il Tar ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale proposta con il quinto motivo di ri
corso nei confronti dell'art. 47 1. n. 833 del 1978 e della legge
quadro, per contrasto sia con l'art. 117 Cost, (in quanto viole
rebbero la potestà legislativa regionale) che con l'art. 97 Cost,
(in quanto violerebbero la riserva di legge in materia di organiz zazione dei pubblici uffici).
La conclusione negativa del primo giudice va confermata, ma
con diversa motivazione.
Per quanto attiene al primo profilo, in linea di principio è da
condividere l'osservazione del Tar secondo cui la potestà norma
tiva delle regioni a statuto ordinario incontra il limite dei principi
Il Foro Italiano — 1990.
fondamentali posti dalle leggi dello Stato, fra i quali la stessa
Corte costituzionale include quello che rimette la disciplina del
rapporto d'impiego (per quanto attiene al trattamento economi
co) allo strumento dell'accordo sindacale. Ma, con riferimento
al caso di specie, sembra al collegio che il richiamo all'art. 117
Cost, debba considerarsi inconferente per l'assorbente considera
zione che il personale operante nel comparto della sanità non
rientra fra quello dipendente dalle regioni, nei confronti del qua le queste ultime risultano titolari di una potestà legislativa riparti ta e concorrente per quanto attiene alla disciplina del rapporto di lavoro (Corte cost. 22 dicembre 1988, n. 1127, id., 1989, I,
977). Donde l'irrilevanza (e non la manifesta infondatezza) del
primo profilo di incostituzionalità.
Per quanto attiene al secondo profilo va osservato che, anche
accedendo alla tesi secondo cui nell'organizzazione degli uffici
rientra anche «la disciplina del pubblico impiego, in quanto pos sa influire sull'andamento dell'amministrazione» (Corte cost. 9
dicembre 1968, n. 124, id., 1969,1, 7), resta il fatto che la riserva
di legge posta in materia dall'art. 97 Cost, è da considerarsi come
«relativa» e risulta quindi soddisfatta quando la legge predeter mina i principi fondamentali ai quali la normazione secondaria
deve ispirarsi. Nel caso in esame la materia del trattamento economico non
risulta del tutto abbandonata al nuovo atto-fonte giacché sia la
1. n. 833 del 1978 che quella n. 93 del 1983 — contrariamente
a quanto accadeva per le leggi istitutive degli Anul, alle quali si riferiscono le considerazioni della Corte costituzionale, che l'ap
pellante richiama — individuano sia il particolare procedimento di formazione dell'accordo che gli obiettivi ai quali deve essere
funzionalizzata la disciplina della materia (omogeneizzazione di
posizioni giuridiche a parità di funzioni, trasparenza e perequa zione di trattamento economico, efficienza amministrativa).
6. - Il sesto motivo di appello è infondato. Il ricorrente reitera
infatti la doglianza secondo la quale l'accordo impugnato riserve
rebbe ai dirigenti amministrativi delle Usi un trattamento econo
mico complessivamente inferiore rispetto a quello accordato sia
a corrispondenti posizioni funzionali appartenenti ad altro ruolo
del servizio sanitario nazionale (medici, farmacisti e veterinari) che a corrispondenti qualifiche funzionali di altri settori del pub blico impiego, ma non adduce argomenti atti a contrastare vali
damente le contrarie e motivate conclusioni alle quali è pervenuto il Tar. Quest'ultimo ha infatti dimostrato che sono solo due le
voci stipendiali che l'accordo riserva al personale medico, e cioè
l'indennità di tempo pieno e di responsabilità primariale, ed ha
anche chiarito le ragioni per le quali le stesse non sono estensibili
alla dirigenza amministrativa.
7. - Anche il settimo motivo di appello, volto a denunciare
l'illegittimità di una specie di disposizioni particolari dettate dal l'accordo impugnato, non ha pregio, e, pertanto, le conclusioni
del Tar devono essere integralmente confermate.
È infondata la censura dedotta nei confronti del criterio di cal
colo del compenso per lavoro straordinario, sotto il profilo che
detto compenso sarebbe inferiore a quello corrisposto per il lavo
ro ordinario, in violazione del contrario principio affermato dal
l'art. 2108, 1° comma, c.c. Il primo giudice ha infatti esattamen
te osservato che si tratta di un principio dettato per il settore
del lavoro privato e suscettibile di essere esteso a quello pubblico solo se richiamato da apposita norma. Né il Tar doveva spiegare, come sembra pretendere l'appellante, perché il principio in que stione non può considerarsi automaticamente estensibile ai lavo
ratori pubblici: la spiegazione è infatti nelle diverse connotazioni
che la normativa vigente assegna al lavoro privato e a quello pub
blico, cui consegue il divieto per l'interprete di estendere ad uno
dei due la disciplina appositamente dettata per l'altro.
Infondate sono anche le censure concernenti il calcolo dell'an
zianità pregressa e lo scaglionamento nel tempo dei benefici con
trattuali. È infatti ragionevole che le anzianità maturate nella qua lifica di appartenenza e in quelle inferiori siano diversamente va
lutate, ed a questo principio risulta da tempo ispirata la normativa
in materia di pubblico impiego. Inoltre lo scaglionamento costi
tuisce un equo contemperamento fra gli interessi dei pubblici di
pendenti e le disponibilità finanziarie del bilancio dello Stato.
Inammissibili per difetto d'interesse sono invece le censure vol
te a denunciare l'illegittimità della disciplina dettata dall'accordo
per gli ex medici condotti, le prestazioni di consulenza e la pro
duttività, dal momento che non risulta chiaro quale concreto van
taggio potrebbe ricavare la dirigenza amministrativa dall'annulla
mento giurisdizionale della suddetta normativa.
8. - L'appello deve, pertanto, essere respinto.
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