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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione IV; decisione 7 maggio 1948, n. 217; Pres....

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione IV; decisione 7 maggio 1948, n. 217; Pres. Rocco P., Est. Potenza; Soc. mineraria Valdarno (Avv. Franco, Conte) c. Ministero finanze e Comune di Cavriglia (Avv. dello Stato Longo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 72, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1949), pp. 83/84-85/86 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23138928 . Accessed: 28/06/2014 14:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.50 on Sat, 28 Jun 2014 14:10:40 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione IV; decisione 7 maggio 1948, n. 217; Pres. Rocco P., Est. Potenza; Soc. minerariaValdarno (Avv. Franco, Conte) c. Ministero finanze e Comune di Cavriglia (Avv. dello StatoLongo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 72, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1949),pp. 83/84-85/86Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23138928 .

Accessed: 28/06/2014 14:10

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88 PARTE TERZA 84

Anohe questa tesi non è nuova, e la Sezione ha avuto

già occasione di esaminarla e di respingerla (dee. 5 giu gno 1948, n. 327). Il Collegio riconosce che è indubbia mente esatta la premessa dalla quale partono i ricorrenti

(essere cioè la mezzadria un istituto giuridico che permette e agevola la razionale e intensiva coltivazione della terra), ma deve respingere la conseguenza che se ne vuol trarre, che cioè ogni podere dato a mezzadria sia necessariamente e sempre tutto coltivato e coltivato sufficientemente. Il

vero è che nessuno schema giuridico può dare la certezza che il risultato economico previsto sia in concreto rag

giunto. Ma, se una tale certezza non può essere conseguita a priori, peraltro l'adozione del contratto mezzadrile for nisce una seria presunzione che sia dato al fondo quel razionale ordinamento economico, che risponde al piano della legge ; e ciò deve indurre gli organi competenti ad

usare maggiore cautela nell'accertamento dello stato di

coltivazione dei fondi, al fine di decidere sulla domanda di

concessione di terre.

L'esposta conclusione, mentre porta a respingere il pri mo motivo dei ricorsi, fa convergere l'attenzione del Col

legio sul secondo motivo, che denunzia un vizio di legit timità attinente al procedimento.

Si pongono a fronte, in merito a questo secondo mo

tivo, due tesi ben note, le quali tuttavia richiedono an

cora qualche considerazione. Si sostiene dai ricorrenti che, ove si ammetta che anche terreni dati a mezzadria pos sano formare oggetto di concessione, i mezzadri debbono

necessariamente essere parte nel procedimento relativo, e anzi si giunge ad affermare che il mancato intervento del

mezzadro costituirebbe un difetto tale da snaturare il pro cedimento e da giustificare la denunzia di straripamento di potere. Per contro, l'Avvocatura generale dello Stato assume che il mezzadro non ha ragione alcuna di inter vento nel procedimento per la concessione del fondo alle

cooperative. Le due opposte tesi traggono argomento, oltre che dalle

norme di legge, anche da una diversa configurazione siste matica dell'istituto, configurazione che poggia in definitiva sulla analogia, per l'una tesi, con la procedura giurisdizio nale e per l'altra, con il procedimento amministrativo di

espropriazione per pubblica utilità. Ora il Collegio, seguendo la via inversa, intende considerare da prima il carattere

giuridico fondamentale del procedimento per la concessione delle terre incolte, per averne chiarimento nella esegesi delle norme positive che regolano la materia.

È pacifico che il procedimento in questione non ha na tura giurisdizionale, e questa Sezione ne ha illustrato i

motivi, desumendoli dalla analisi dei singoli atti che lo

compongono, particolarmente nelle decisioni n. 433 del 7 ottobre 1947 e n. 277 del 13 maggio 1948 (Foro it., 1948, III, 6 e 223). Ma lo specifico carattere amministrativo dell'istituto risulta, oltre che dalla sua struttura, dall'in teresse pubblico che lo ispira, che non si identifica con la necessità di dirimere il conflitto fra due soggetti in con

trasto, bensì con il particolare e concreto fine di assicu rare la buona coltura dei fondi e il massimo impiego della mano d'opera. Questo obietto fina e, mentre di stacca nettamente il procedimento da quello giurisdizio nale, non permette una perfetta analogia neppure con un

procedimento di espropriazione per pubblica utilità. Il procedimento di espropriazione tende a mutare la

destinazione giuridica del bene, e, per raggiungere questo effetto, sacrifica il diritto di proprietà e, di conseguenza, anche i diritti minori che altri soggetti abbiano sullo stesso

bene, diritti che sono tutti in qualche modo congiunti o

dipendenti dal diritto del proprietario. È logico allora che il procedimento di espropriazione si svolga nei confronti del solo proprietario, giacché la presenza del portatore del massimo interesse giuridico che viene colpito è sufficiente a dare la garanzia del contraddittorio.

Per contro, il procedimento per la concessione delle terre incolte non è diretto contro il diritto di proprietà, ma restringe la facoltà di godimento del proprietario e sacrifica i diritti derivanti dai contratti agrari, e cioè i

diritti di godimento del fondo trasferiti dal proprietario ad altri soggetti. È chiaro che questi soggetti vengano

colpiti immediatamente dalla concessione del fondo e non

come conseguenza della perdita del diritto di proprietà ; non si potrebbe dunque parlare rispetto a questi soggetti di una rappresentanza virtuale da parte del proprietario. In conclusione, non vi è nessun motivo sistematico che

escluda la necessità della partecipazione al procedimento dei titolari di diritti di godimento diversi dal proprietario.

^Respinta la suggestione di inammissibili analogie, rie

sce più agevole interpretare le poche norme stabilite in

proposito dalle leggi speciali. L'art. 2 del decreto legisl.

luog. 26 aprile 1946 n. 597, che regola l'istanza per otte

nere la concessione delle terre incolte, fa riferimento al

solo proprietario. Peraltro, l'articolo successivo, al comma

quarto, parte prima, stabilisce che la commissione pro vinciale « ordina la citazione di altre persone o enti quando ravvisa ad essi comune la controversia ». Da queste due

disposizioni si deve desumere il sistema della legge. Il legislatore, per favorire il compito delle cooperative

e dare la massima elasticità al procedimento, non indica

alcun soggetto, oltre il proprietario, al quale debba es

sere rivolto l'atto iniziale del procedimento, ma conferi

sce alla commissione il potere di ordinare l'intervento di

altri soggetti. Questo potere implica evidentemente una

libertà di apprezzamento notevole, ma non senza limiti,

perchè è fissato il criterio obiettivo (comunanza della

controversia) in base al quale il potere stesso deve es

sere esercitato. La Commissione, in sostanza, deve stabi

lire quando colui che gode del fondo in forza di un rap

porto personale con il proprietario abbia un interesse di

tale rilevanza sociale da determinare la sua partecipazione necessaria al procedimento.

Ma è chiaro che un tale interesse non può essere negato al mezzadro, che fra tutti i lavoratori agricoli ha il di

ritto più ampio e più solidamente costituito. La mezza

drìa (naturalmente il discorso è valido soltanto per la mez

zadrìa propria, corrispondente al sistema del codice civile) è contratto associativo, che divide in pari misura fra il

proprietario e il mezzadro il diritto di godimento del fondo

e pone così i due soggetti sullo stesso piano di fronte al

procedimento di assegnazione ; è dunque il caso tipico di

comunanza di controversia. Normalmente, anzi, il mezzadro

avrà maggiore interesse dello stesso proprietario a difen

dere il proprio diritto, che dal provvedimento di conces

sione verrebbe distrutto e non semplicemente trasformato.

Nella specie, la Commissione per la concessione delle

terre incolte di Grosseto, non ordinando l'intervento del

mezzadro nel procedimento, ha fatto malo uso del potere che la legge le aveva conferito, ed ha commesso una mani festa illogicità che deve essere censurata sotto il profilo dell'eccesso di potere.

Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO,

Sezione IV ; decisione 7 maggio 1948, n. 217 ; Pres. Rocco

P., Est. Potenza ; Soc. mineraria Valdarno (Avv. Fran

co, Conte) c. Ministero finanze e Comune di Cavriglia

(Avv. dello Stato Longo).

Tasse comunali — Autorizzazione a comune per isti

tuire un diritto su generi di larga produzione —

Valutazione delle esigenze del bilancio e del gettito

dell'imposta —Omissione — Illegittimità (D. legisl.

luog. 8 marzo 1945 n. 62, provvedimenti in materiali finanza locale, art. 41).

È illegittima l'autorizzazione del Ministro delle finanze ad

un comune diretta ad istituire un diritto su generi di

larga produzione locale (nella specie, lignite), ai sensi

dell'art. 41 d. legid. luog. 8 marzo 1945 n. 62, se il

provvedimento di autorizzazione non contenga la ^valuta

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

zione delle esigenze del bilancio comunale e dell'ammon

tare del gettito della imposta. (1)

La Sezione, ecc. — Premesso che i due ricorsi ricor

dati in narrativa vanno riuniti, in quanto impugnano il

medesimo provvedimento amministrativo e per gli stessi

motivi, la Sezione osserva che i ricorsi stessi vanno ac

colti, apparendo fondate le doglianze di illegittimità de

nunciate con il terzo motivo. Si lamenta dai ricorrenti, con tale motivo, la inosservanza da parte della autorità

amministrativa del disposto dell'art. 41, 2° comma, de

creto legisl. luog. 8 marzo 1945 n. 62, istitutivo del di

ritto speciale di cui è controversia.

Stabilisce la disposizione ricordata, con il 1° comma, che i comuni possono essere autorizzati, « in caso di accer

tata necessità », ad istituire determinate imposte di con

sumo e, con il 2° comma, aggiunge che, « in casi partico lari », i comuni stessi possono « anche » istituire un diritto

sui generi di larga produzione locale. Avvalendosi di que st'ultima disposizione, il Ministero delle finanze ha auto

rizzato il Comune di Cavriglia ad imporre lo speciale tri

buto sulla lignite, che colpisce i ricorrenti, senza peraltro in alcun modo indicare le ragioni che lo inducevano a con

sentire la speciale e straordinaria imposizione, che dovrebbe

trovare applicazione, come si è detto, in « casi particolari ».

Questi non possono ravvisarsi nella mera necessità di ri

portare al pareggio bilanci comunali deficitari, al cui risa namento devono normalmente provvedere le imposte di consumo all'uopo previste dal 1° comma della disposizione. Il nesso logico esistente fra i due comma pone in evidenza come l'applicazione del diritto speciale, di cui è controver

sia, trova giustificazione in uno stato finanziario di ecce zionalità particolare e, per così dire, di ulteriore gravità rispetto allo stato di necessità, previsto dal 1° comma dell'articolo per far luogo alle imposte di consumo ivi consentite,

La omessa motivazione del decreto interministeriale

impugnato, in ordine all'accertamento e alla, valutazione discrezionale del ricordato presupposto di legittimità per addivenire alla speciale imposizione, indica una deficienza del provvedimento amministrativo, che avrebbe dovuto

giustificare l'applicazione del particolare tributo. Nè il de creto ministeriale nè il conforme parere della Commissione centrale della finanza locale consentono di affermare che l'autorità amministrativa, nel disporre la prescritta auto

rizzazione, abbia tenuto presenti quelle particolari condi zioni che, a norma della legge applicata, legittimano la istituzione del diritto speciale, costituendone l'indispensa bile presupposto. La generica dichiarazione contenuta nella

parte motiva del decreto min. 28 agosto 1946, con la quale si afferma che il Comune di Cavriglia si trova nella asso luta necessità di dover far luogo alla applicazione del

diritto, nonché rappresentare la esplicita identificazione del prescritto presupposto, vale ad ulteriormente dimo

strare, per la sua stessa genericità, come l'autorità ammi nistrativa abbia proceduto senza tener presente la distin zione fra le due ipotesi previste dall'art. 41 decreto legisl. n. 62 e, conseguentemente, sia mancata una adeguata valutazione delle condizioni finanziarie del Comune di

Cavriglia, onde pervenire alla necessità di provvedere al risanamento del bilancio, oltre che con le imposte di con sumo consentite dal 1° comma dell'art. 41, anche o piut tosto, in considerazione della particolarità del caso, con la istituzione dello speciale tributo previsto dal 2° comma. Nel che è agevole ravvisare, più che una violazione della

legge, un evidente eccesso di potere, per avere l'autorità amministrativa esercitato il potere affidatole senza avere

(1) Sulla massima non risultano precedenti. È da rilevare

che, quanto alla sospensione da parte del giudice amministrativo del provvedimento ministeriale che autorizzava l'imposizione di un diritto su generi di larga produzione locale (carboni minerali), la IV Sez., decisione 19 febbraio 1947, ric. Soc. carb. sarda, Foro it., Rep. 1947, voce Tasse comunali, provvide a sospendere l'esecuzione del provvedimento impugnato.

Per la dottrina, v. Greco Gt., in Riv. Ir ih., 1949, 33.

accertato e valutato il presupposto di esercizio dello etesso. Ulteriormente viziato è poi l'impugnato provvedimento

per altro eccesso di potere, illustrato, a buon fondamento, dallo stesso terzo mezzo di ricorso, ponendo vieppiù, in evi denza come si sia proceduto dalla Autorità finanziaria alla istituzione del diritto speciale prescindendo da una esatta

percezione del fine specifico di pubblico interesse, al cui

raggiungimento andavano rivolti gli speciali tributi con sentiti dall'art. 41 del decreto legislativo ricordato.

La norma consente l'applicazione del diritto fino alla misura massima del cinque per cento del valore dei generi assoggettati. E' ovvio elle la determinazione della aliquota, spaziante fra un minimo e un massimo, avrebbe dovuto, nel giudizio discrezionale dell'Amministrazione, trovare un fondamento, da una parte, nell'apprezzamento delle

esigenze finanziarie del bilancio del Comune autorizzato alta imposizione e, dall'altra, nella valutazione, sia pure

approssimativa, del gettito della imposta, di modo ebe fra

il primo dato e il secondo vi fosse quella correlazione che

legittimava la speciale prelevazione di ricchezza privata al

solo fine, riconosciuto dalla stessa Amministrazione finan

ziaria, di provvedere al risanamento del bilancio comunale, e non già anebe a quello di assicurare al Comune di Ca

vriglia una entrata da devolvere a nuove e non obbliga torie spese.

Nè dal provvedimento impugnato nè dalla stessa docu

mentazione esibita dalla difesa dell'Amministrazione

emerge in alcun modo ebe il suindicato apprezzamento sia

stato compiuto dall'Amministrazione, la quale, in tal modo, oltre tutto, è venuta meno all'obbligo, connesso all'eser

cizio di ogni pubblica funzione, di mantenere il sacrificio

dell'interesse privato nei limiti del necessario al consegui mento del pubblico fine, per il cui raggiungimento le è af

fidato dalla legge il potere. Non compete a questo Con

sesso, in questa sede, riesaminare la opportunità o la con

venienza del sacrificio imposto al privato ; ma ben deve

sindacare, affermandone la illegittimità, l'azione dell'Am

ministrazione, laddove questa manifesti di aver trascurato

qualsiasi valutazione di tale sacrificio per adeguarlo e con

tenerlo nei limiti imposti dal conseguimento del fine pre fissole dalle leggi. (Omissis)

Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione IV ; decisione 7 maggio 1948, n. 212 ; Pres. Ma

linverno P., Est. Aru ; Dalla Rosa Prati (Avv. Muzzo, Mele ) c. Ministero difesa-esercito (Avv. dello Stato

Chiarotti) .

Leva — Assegnazione a ferma ridotta — Questione di

leva (E. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 26).

Leva — Figli adottivi — Assegnazione a ferma ridotta — Elementi (R. d. 24 febbraio 1938 n. 329, t. u. sul

reclutamento dell'esercito, art. 90).

Le questioni circa l'ammissione a congedo anticipato rien trano tra le « questioni sulla leva » previste dall'art. 26, 2° capoverso, del t. U. sul Consiglio di Stato. (1)

(1) In senso conforme, in relazione al principio che la mate ria dell'assegnazione alle categorie ammesse a ferma ridotta (ora ammissione ad eventuale congedo anticipato) sia fra quelle da ri

comprendersi nel termine «questioni di leva», cfr. Adunanza ge nerale 24 aprile 1885, ric. Gazzaniga (inedita) ; IV Sez. 23 ago sto 1901, n. 404, Foro it., Rep. 1901, voce Leva, II. 1, e 29 di cembre 1911, n. 681, id., Rep. 1912, voce cit. n. 5; Adunanza

generale 20 febbraio 1913, ric. Minna, id., Rep. 1913, voce cit., nn. 1, 2 ; tutte richiamate nella motivazione. In dottrina, cfr.

Mortara, Commentario, I, n. 459 ; Romano, Le giurisdizioni spe ciali amministrative, Trattato dell'Orlando, III, pag. 581 ; Ra

nelletti, Le guarentigie della giustizia nella pubblica Amministra

zione, 1934, 4» ed., pag. 417 ; Yxtta, Diritto amministrativo, II, 2° ed., 1937, pag. 277.

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