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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione V; decisione 12 aprile 1935; Pres. Pironti,...

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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione V; decisione 12 aprile 1935; Pres. Pironti, P., Est. De Marco; Belloni (Avv. Flores e Pietrantoni) c. Governatorato di Roma (Avv.

Sezione V; decisione 12 aprile 1935; Pres. Pironti, P., Est. De Marco; Belloni (Avv. Flores ePietrantoni) c. Governatorato di Roma (Avv. Bentivoglio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 60, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1935),pp. 233/234-235/236Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23129067 .

Accessed: 28/06/2014 08:27

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233 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 234

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 15 giugno 1935 ; Pres. Pjronti, P., Est. De Marco ; Marini (Avv. Persico) c. Ministero

dell'interno e Doro (Avv. Pieri).

Giustizia amministrativa — Provvedimento di au

torità. inferiore — Carattere non definitivo —

Ricorso in sede giurisdizionale — Errore scu

sabile — Decisione clie rimette In termine

per il ricorso gerarchico — Efficacia — Limiti — Ricorso gerarchico precedentemente proposto — 'l'ardivit.V — Effetti della rimessione in ter

mine (Cod. civ., art. 1351; 1. 8 febbraio 192B nu

mero 88, che modifica il t. u. sul Consiglio di Stato, art. 2).

Qualora sia stato proposto ricorso in sede giurisdizio nale contro provvedimento non definitivo ed il Con

siglio di Stato, ritenuta la scusabilità dell'errore,

abbia rimesso in termini il ricorrente per la proposi zione del ricorso in via gerarchica, tale pronuncia non impedisce però che sia dichiarata la tardività

del ricorso gerarchico precedentemente proposto, spe cie se il Consiglio di Stato ne abbia ignorato l'esi

stenza. (1)

La Sezione ecc. (Omissis) — Il ricorso è infondato.

Sostanzialmente i ricorrente lamenta che col decreto

(1) Non ci risultano precedenti editi.

La particolarità della fattispecie, come si rileva anche dalla

motivazione in fatto, stava in ciò : che il ricorrente oltre ad

avere adito il Consiglio di Stato contro un provvedimento non

definitivo (ciò che aveva dato luogo a pronuncia di rimessione

in termini per il ricorso gerarchico, essendosi riconosciuta la

scusabilità dell'errore), aveva anche proposto ricorso gerarchico.

Questo era tardivo : ma della sua esistenza il Consiglio di Stato

non aveva avuto notizia. Sosteneva tuttavia il ricorrente che

la pronuncia di rimessione in termine precludesse anche la di

chiarazione di tardività del ricorso gerarchico già proposto. La

decisione lascia intravedere che se di questa circostanza il Con

siglio di Stato fosse stato edotto, la pronuncia di rimessione in ter

mine avrebbe potuto estendersi anche ad una specie di sanatoria

di questa tardività. Ma, in ultima analisi, ripone la ragione della

soluzione negativa in ciò che dell'esistenza di quel ricorso il

Consiglio di Stato non aveva avuto notizia: il che, secondo

le ordinarie norme sui limiti obiettivi del giudicato, non con

sentiva la estensione degli effetti della pronuncia sostenuta dal

ricorrente. Il quesito poteva giustificare qualche incertezza. Sembra

però preferibile la soluzione accolta, in quanto la rimessione in

termini deve intendersi possibile nei riguardi di chi non abbia

(per errore scusabile) proposto il ricorso gerarchico : non di chi

lo abbia proposto, ma fuori termine. In altre parole, l'errore

scusabile può cadere sulla definitività del provvedimento, non

mai sul tèrmine entro cui il ricorso gerarchico va proposto, spe cie quando su ciò (come nel caso in esame) non siano ammissibili

incertezze. Onde è a presumere — malgrado la cauta riserva in

astratto che su questo punto la decisione contiene — che se il

Consiglio di Stato avesse avuto notizia dell'avvenuta proposi zione del ricorso gerarchico, probabilmente non avrebhe potuto sanarne la tardività. Nè deve sembrare strano che per tal modo

la situazione di colui che non propose il ricorso possa essere, sotto un certo aspetto, più favorevole di quella di chi lo pro

pose (ma tardivamente) : appunto perchè la soluzione benigna trova la sua base nella valutazione di una situazione subiet

tiva del ricorrente e cioè dell'errore (circa la definitività del

provvedimento impugnato) in cui egli ha versato : e che nel

caso di avvenuta proposizione del ricorso va escluso.

Comunque, la soluzione accolta in concreto trova larga giu stificazione anche nei principi comuni circa i limiti obiettivi

della cosa giudicata, cui opportunamente la decisione ha fatto

richiamo. U.

Il Fono Italiano — Anno LX — Parte III-17.

impugnato sia stato violato il giudicato formatosi con la

decisione di questa Sezione n. 813 del 23 agosto 1934, che riconosceva la scusabilità dell'errore nel quale era

incorso impugnando in sede giurisdizionale un provvedi mento non definitivo e lo rimetteva in termini per l'impu

gnativa in via gerarchica. E' principio generale che l'au

torità della cosa giudicata non ha luogo se non relativa

mente e ciò che ha formato oggetto della sentenza (arti colo 1351 cod. civile).

Essendo pacifico che quando venne emessa la richia

mata decisione, questa Sezione ignorava che il dott. Ma

rini aveva già proposto un ricorso gerarchico, e che tale

ricorso era stata dichiarato irricevibile per tardività, con

decreto ministeriele 14 aprile 1,934, è evidente che la

scusabilità dell'errore venne riconosciuta soltanto rispetto alla impugnativa in via giurisdizionale di un provvedi mento non definitivo e non anche rispetto alla tardività

nella proposizione di un ricorso gerarchico di cui si igno rava l'esistenza.

Resta così identificato l'oggetto di detta decisione ed

in virtù dell'invocato principio, resta delimitata corre

lativamente, la estensione della sua autorità di cosa

giudicata. Può anche ammettersi che eventualmente gli stessi

motivi che hanno indotto a ritenere scusabile l'errore

nel quale il dott. Marini è incorso, proponendo il grava

me giurisdizionale, avrebbero potuto far ritenere scusabile

anche quello (se di errore e non di semplice negligenza si

tratta) nel quale è incorso, proponendo tardivamente la

impugnativa gerarchica. Ma è certo che si tratta di ipotesi diverse o distinte,

cosicché non può sostenersi che la soluzione adottata per

una di esse, si estenda necessariamente all'altra.

Decisivo, in proposito, è il rilievo che, fra l'altro, a

questa estensione osta l'esistenza di un provvedimento,

il decreto ministeriale 14 aprile 1934, che non essendo

stato impugnato in termine dal dott. Marini, ha acqui

stato, nei confronti del medesimo, una efficacia tale che

se non può essere parificata a quella del giudicato, trat

tandosi di atto non giurisdizionale, in sostanza, di molto

vi si avvicina, risolvendosi in una vera e propria pre

clusione.

Epperò, se anche questa Sezione (il che, come si è

posto in rilievo, di fatto non è avvenuto) avesse inteso

riconoscere la scusabilità dell'errore, anche in rapporto alla tardività del ricorso gerarchico, già presentato, a

tanto sarebbe potuta pervenire solo con l'annullamento di

quel decreto ministeriale 14 aprile 1934, del quale invece

non ebbe neppure conoscenza.

Dai rilievi che precedono risulta in modo evidente

che il decreto ministeriale impugnato, ben lungi dal vio

lare il giudicato derivante dalla decisione n. 813 del 23

agosto 1934, ne contiene l'esatta interpretazione.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato con la conse

guente condanna del ricorrente nelle spese.

Per questi motivi, ecc.

U. ì.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 12 aprile 1935 ; Pres. Pironti, P.,

Est. De Marco ; Belloni (Avv. Flores e Pietran

toni) c. Governatorato di Koma (Avv. Bentivoglio).

Impiegato comunale — Rapporto d'impiego pub

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235 PARTE TERZA 236

blico — Rapporto prevalentemente di l'atto —

Controversie relative — Competenza della (àinnta

prov. ainin. (T. u. 2 fi giugno 1924, n. 1058 sulla

Giunta prov. amm., art. 4).

Ai, fini della competenza degli organi della giustizia am

ministrativa gli estremi che integrano il rapporto di

pubblico impiego possono esser considerati con una

certa larghezza, essendo sufficiente anche che di fatto il singolo abbia avuto mansioni di impiegato pubblico e come tale sìa stato considerato. (1)

La Sezione, ecc. (Omissis) — Il primo motivo del ri

corso è manifestamente fondato.

E' pacifico, in linea di fatto, che il Belloni, assunto

dal 1° aprile al 30 giugno 1927 come ispettore annonario

con contratto a termine, indi prorogato fino al 31 dicem

bre 1927, dopo questa data continuò a prestare servizio

fino al 24 ottobre 1932, senza che da parte dell'Ammini

strazione vi fosse stata ulteritre proroga o conferma o,

comunque, un qualsiasi atto che definisse o regolasse la

sua posizione. Da questo stato di fatto la Giunta prov. amm. nella

decisione impugnata, ha creduto desumere che, dopo la

scadenza del contratto a termine, la posizione del Belloni

sia rimasta quella di un prestatore d'opera di mero fatto, e che, quindi, sia cessato ogni rapporto di impiego tute

labile davanti alla giuridizione amministrativa. A questa conclusione la Giunta prov. amm. è pervenuta in base

alla considerazione che non potesse ritenersi il sopravvi vere o il costituirsi ex novo di un qualsiasi rapporto di

impiego vero e proprio per mancanza di un titolo idoneo,

escludendo, così, e che il Belloni avesse potuto conser

vare la sua posizione di impiegato contrattuale a tempo determinato e che avesse potuto acquistare quella di im

piegato a tempo indeterminato.

E' evidente che, così decidendo, la Giunta prov. amm.

si è, sopra tutto, lasciata traviare da considerazioni che

riguardano il merito del ricorso, in quanto vengono a con

futare alcuni dei motivi sui quali il medesimo si fonda.

La indagine da farsi, .invece, era ben altra : dovevasi,

cioè, come devesi in questa sede, stabilire se in un rap

porto di mero fatto possano o meno ravvisarsi gli estre

mi del rapporto di impiego pubblico, salvo poi a stabi

lire, in sede di esame di merito, quale figura tale rap

porto di impiego in concreto possa assumere.

Ora, da tempo la giurisprudenza ha affermato il prin

cipio che la regolarità della nomina non è requisito essen

ziale per la esistenza del rapporto di pubblico impiego, ed ha ritenuto che questo ben può sussistere anche in

mancanza di detto requisito, quando, in linea di fatto, si verifichino tutte le altre condizioni che sogliono ac

compagnare un siffatto rapporto (V Sezione 19 dicembre

1930, n. 743, Foro it., Rep. 1931, voce Imp. com., n. 188 ; 6 febbraio 1931, n. 75, Foro it., 1931, III, 146; 14 luglio 1933, n. 431; Foro it., Rep. 1933, voce Imp. com., n. 143 ; 2 ottobre 1933, n. 571, Foro it., 1934, III, 31 ; 11 maggio 1934, n. 611, id., 1935, III, 347 e Cas sazione a Sezioni unite 18 aprile 1932, Foro it., 1932,

I, 920). Nella specie, se in effetti manca, dopo la scadenza

del contratto a tempo determinato, un atto regolare di

(1) "Vedi in proposito le molte decisioni citate nel testo, e, principalmente : V Sezione, 11 maggio 1934. in Foro it., 1935, III, 347 con ampia nota di richiami.

nomina, esistono tuttavia i seguenti estremi : continuità

del servizio, protrattosi per circa sei anni ; retribuzione a

stipendio ; natura delle prestazioni ; osservanza ed appli

cazione, delle norme del regolamento organico per il per

sonale: che integrano manifestamente un normale rapporto di impiego. E', anzi, molto significativo il fatto che pro

prio nel provvedimento impugnato è richiamata una nor

ma di detto regolamento, norma che disciplina una delle

cause di risoluzione del rapporto di impiego.

Se, pertanto, sia dal lato attivo che passivo, la posi zione di fatto del Belloni rispetto alla Amministrazione è

stata quella di un vero e proprio impiegato ; se proprio in applicazione di una norma che gli impiegati riguarda

egli è stato licenziato, non vi è motivo di negargli, poi,

quella tutela giurisdizione che agli impiegati è consentita.

Né vale, obbiettare che, essendo il Belloni, in ogni

caso, un impiegato licenziabile ad nutum, questa tutela, in sostanza, sarebbe priva di pratico contenuto, non avendo

egli alcun interesse da far valere. Tale obiezione, invero,

anzitutto contiene un evidente apprezzamento di merito, ed è, poi, in contrasto col provvedimento impugnato, che, come si è già messo in rilievo, fa dipendere il licenzia

mento da una causa espressamente prevista dal regola mento organico, e non dall'esercizio di una mera facoltà

della amministrazione. Ed è appunto questo contrasto che

toglie ogni valore alla obiezione.

È, invero, principio ormai pacifico quello che, tutte

le volte che l'Amministrazione fa uso di una facoltà spic catamente discrezionale, non ha obbligo di motivare il

relativo provvedimento, ma, se lo motiva, deve moti

varlo legittimamente. Pertanto, nella specie, anche am

messo che il Belloni fosse licenziabile ad nutum (lo sta

bilire ciò forma oggetto del giudizio di merito), una volta

che l'Amministrazione ha creduto di motivare la delibe

razione di licenziamento, la legittimità di questi motivi, che forma appunto argomento del ricorso, può benissimo

essere sindacata e costituire, quindi, oggetto di tutela

giurisdizionale. Una siffatta tutela soltanto dagli organi di giurisdizione amministrativa può essere attuata ; co

sicché il negare la competenza di questi organi equivale

a lasciare indifesi dei rapporti che, per quanto di puro fatto ed anomali, non mancano, tuttavia, di rilevanza giu

ridica. Le considerazioni che precedono dimostrano come il

primo motivo del ricorso debba essere accolto, con il con

seguente annullamento della impugnata decisione.

Prevedendo tale ipotesi, il ricorrente ha chiesto che

la controversia venga ritenuta da questo Collegio, dato

che la Giunta prov. amm., in sostanza, ha deciso anche

il merito. Questa richiesta non può essere accolta, in quanto

ogni pronunzia sulla competenza presuppone una deliba

zione del merito, ed appunto a questa delibazione, nella

specie, la Giunta si è limitata ; cosicché non vi è motivo

di discostarsi dalla costante giurisprudenza di questa Se

zione (vedasi, da ultimo, la sopra citata decisione n. 611

dell'11 maggio 1934), secondo la quale, in applicazione

analogica dell'art. 493 cod. proc. civ.; quando in prima istanza siasi pronunziato soltanto sulla competenza, la con

troversia deve essere rinviata, per la decisione sul me

rito, al primo giudice. Motivi di equità consigliano di dichiarare le spese

compensate fra le parti. Per questi motivi, ecc.

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