Sezione V; decisione 13 maggio 1949, n. 356; Pres. Séveri P., Est. De Marco; Provincia di Firenze(Avv. Bisori) c. Provincie di Napoli e di AvellinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 72, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1949),pp. 177/178-179/180Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23138956 .
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177 GIURISPfitJDENZA AMMINISTRATIVA 178
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 13 maggio 1949, 11. 356 ; Pres. Sé veri P., Est. De Marco ; Provincia di Firenze (Avv. Bisori) c. Provincie di Napoli e di Avellino.
Spese di spedalità — Domicilio di soccorso — Prova
dell'acquisto — Atto notorio — Valutazione — Giu
dizio di attendibilità — Ammissibilità (R. d. 5 feb
braio 1891 n. 99, regolamento per le istituzioni pub bliche di assistenza e beneficenza, art. 110).
Giustizia amministrativa — Competenza esclusiva —
Questioni attinenti a diritti — Domanda di paga mento di interessi dalla scadenza — Competenza del giudice amministrativo (R. d. 26 giugno 1924
n. 1054, sul Consiglio di Stato, art. 30 ; cod. civ., ar
ticolo 1282).
Indipendentemente dalla declaratoria di falsità, non costi
tuisce mezzo idoneo a provare l'acquisto del domicilio
di soccorso in altro comune, con il conseguente tras
ferimento dell'onere delle spese di spedalità, un atto no
torio manifestamente inattendibile (un teste aveva disco
nosciuto la sua firma, due avevano dichiarato di aver
attestato per mera compiacenza, e il quarto non era stato
rintracciato). (1) La domanda di interessi compensativi è di competenza del
giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclu
siva. (2)
La Sezione, ecc. — Come risulta dai documenti in atti, due circostanze sono pacifiche : a) che la Martucci era
nata in Avellino ; b) che la medesima, all'atto del rico
vero, non aveva il domicilio di soccorso in Firenze. Di qui il diritto della Provincia di Firenze, in man
canza di ogni altro domicilio di soccorso noto, di rivol
gersi alla provincia di appartenenza per nascita dell'infer
ma, ossia a quella di Avellino.
Per liberarsi da ima siffatta obbligazione, che le de
riva direttamente dalla legge, la Provincia di Avellino, in
base ai principi generali in materia di onere della prova, non aveva che una sola via : quella di dimostrare che
l'inferma, all'atto del ricovero, aveva acquistato altrove
il domioilio di soccorso, per dimora ininterrotta ultratrien
nale. E questa via ha, appunto, tentato mostrando che la
Narducci aveva acquistato il domicilio di soccorso in Na
poli e producendo, a sostegno di questo assunto, un atto di notorietà. Ma, pur mancando una formale dichiarazione della falsità di tale atto ai sensi dell'art. 480 cod. proc.
pen., risulta dai documenti fatti pervenire alla Provincia
ricorrente da quella di Napoli : che uno dei testi, che fi
gurano in tale atto, non ha potuto essere neppure rin
tracciato, un altro ha disconosciuto la sua firma, dimo strando che quando l'atto venne formato si trovava in
Belgio, gli altri due, infine, hanno riconosciuto di avere
attestato, sia pure a fin di bene e per pura compiacenza, circostanze che in effetti non erano ìoro note ; che a ca rico dei due testi, che avevano ammesso la falsità delle loro attestazioni, venne promosso procedimento penale, conclusosi con l'assoluzione per amnistia ; che nella sen tenza di assoluzione, pure essendosi dato atto delle am
missioni degli imputati, si è omessa la declaratoria di fal
sità dell'atto, che invece, ai sensi del citato art. 480 cod.
proc. pen., avrebbe dovuto essere pronunziata.
(1) Sul valore da darsi all'atto notorio, come mezzo di prova, vedi: V Sezione 25 luglio 1947, Foro it., 1947, III, 221 e nota
ivi; Id., 11 dicembre 1942, id., Rei). 1943-45, voce Spese di
spedalità, n. 13; Id., 4 marzo 1941, id., Rep. 1941, voce cit., n. 13.
(2) In senso conforme vedi V Sezione 4 giugno 1943, id., Rep. 1943-45, voce Impiegato pubblico, n. 103. Contra : IV Se zione 21 aprile 1942, id., Rep. 1942, voce cit., n. 151 ; V Se ziono 11 luglio e 20 maggio 1941, id., Rep. 1941, voce cit,, un, 1(56, 160 bis.
Nonostante la gravità degli elementi testé esposti, se
l'atto di notorietà costituisse un mezzo di prova legale e,
soprattutto, se facesse fede lino a dicliiarazione di falso, di fronte alla rilevata omissione della declaratoria di cui
all'art. 480 cod. proc. pen. non potrebbe contestarsi l'esat
tezza dell'assunto della Provincia di Avellino, risultante
dalla nota 12 dicembre 1945, n. 6892, là dove si legge : « nè la istruttoria della pratica nè il procedimento penale intentato dalla Provincia di Napoli per l'atto notorio esi
bito può giustificare l'onere della spesa a carico di questa Provincia, poiché il documento è rimasto inalterato nella
sua validità ».
Scnonchè, a parte il rilievo che in ogni caso non si
potrebbe senz'altro affermare, in base a quel documento,
l'obbligo della Provincia di Napoli ma, tutt'al più, si do
vrebbe sospendere ogni pronunzia definitiva ed invitare
detta Provincia a provocare, nei modi di legge, la inte
grazione della sentenza penale con la ripetuta declarato
ria, sono decisive le seguenti considerazioni.
Mentre l'atto di notorietà non è neppure previsto tra
i mezzi di prova delle obbligazioni e dei fatti giuridici e, al massimo, può costituire elemento di convinzione, ai
sensi dell'art. 110 del regolamento approvato con r. decr.
5 febbraio 1891 n. 99, in mancanza di documenti legali,
può servire a dimostrare la dimora necessaria per l'acqui sto del domicilio di soccorso. Ne consegue che nessun va
lore assoluto può riconoscersi alle dichiarazioni contenute
in un atto del genere e che anch'esse costituiscono sol
tanto elementi apprezzabili dal giudice al fine della for
mazione del suo convincimento.
Ciò posto, indipendentemente da ogni formale declara
toria di falsità dell'atto, è chiaro che nessun convinci
mento il giudice può fondare su dichiarazioni che gli stessi
autori, in un pubblico dibattimento, hanno riconosciuto
non rispondenti al vero.
Tanto basta per dimostrare come la Provincia di Avel lino non abbia addotto una prova idonea a dimostrare
l'esistenza di quel fatto liberatorio della propria obbliga zione, ripetesi nascente ex lege, che è costituito dall'ac
quisto del domicilio di soccorso in altra provincia e come, in conseguenza, sia tenuta all'adempimento di tale obbli
gazione. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto nei confronti
della Provincia di Avellino e non nei confronti della Pro
vincia di Napoli. Ma la Provincia ricorrente, oltre alle spese in conte
stazione, nella complessiva somma di lire 88.572, chiede
anche, a decorrere dal 21 aprile 1942, data di entrata in
vigore del nuovo codice civile, gl'interessi legali sulla somma
stessa.
La giurisprudenza delle Sezioni giurisdizionali di que sto Consiglio, finora, ha sempre ritenuto che le questioni relative agli interessi rientrassero tra quelle questioni atti
nenti a diritti patrimoniali, conseguenziali alla pronunzia
dilegittimità dell'atto o provvedimento impugnato, le quali, ai sensi dell'art. 30 del t. u. approvato con r. decr. 26
giugno 1924 n. 1054, sono devolute all'autorità giudiziaria ordinaria.
A questa soluzione si è pervenuti in base alla conside
razione che gli interessi, richiesti nella singola fattispecie, i
quali diedero luogo alla formazione di detta giurispru denza, avessero carattere moratorio e dovessero, quindi, essere ricondotti sotto il concetto del risarcimento di danno.
Senonchè, l'art. 1282 del nuovo cod. civ., estendendo un
principio, anteriormente vigente solo in materia com
merciale, ha introdotto, in via generale, la norma secondo
la quale i crediti liquidi ed esigibili producono interessi
di pieno diritto. Questi interessi, che la dottrina distingue da quelli
moratori, denominandoli compensativi o corrispettivi, come risulta da queste stesse denominazioni, non vanno
ricondotti sotto il concetto del risarcimento di danno, ma
sotto l'altro dell'utilità che si presume derivi dalla dispo nibilità di una somma di denaro.
Dato questo concetto, quando si tratti d'interessi chie
sti e dovuti in base al citato art. 1282, non può parlarsi
It Poho Itauaho - Volume T.XSll — Ptrlt III-Ì5
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di conseguenzialità, sibbene di semplice accessorietà, op però, anche sotto questo aspetto non vi è luogo per l'ap plicazione del principio di cui all'art. 30 del t. u. 26 giu gno 1924 n. 1054 e, quindi, non vi è ragione per declinare la competenza della giurisdizione amministrativa, cosicché, entro questi limiti, la citata giurisprudenza deve essere riveduta.
Nella specie si tratta appunto d'interessi chiesti e do vuti in base al ripetuto art. 1282, epperò la relativa do
manda, nei limiti che saranno specificati in dispositivo, ben può essere accolta.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 25 aprile 1949, n. 289 ; Pres. Severi
P., Est. A. Bozzi ; Caldone (Avv. Ripara, Meran
ghini) e. Prefetto di Matera (Avv. dello Stato Cara
vita) e Consorzio prov. antitubercolare di Matera.
Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione d'urgenza — Decreto prefettizio — Implicita dichia razione di pubblica utilità — Inammissibilità (L. 25 giugno 1865 n. 2359, sulle espropriazioni per p. u., art. 71).
Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione d'urgenza — Elemento — Carattere dell'opera —
Requisito dell'urgenza (L. cit., art. cit.).
La dichiarazione di pubblica utilità non pud essere conte nuta nella motivazione di un decreto di occupazione d'urgenza. (1)
L'occupazione d'urgenza richiede che l'opera abbia non solo carattere di pubblica necessità, ma anche il requisito dell'urgenza. (2)
La Sezione, ecc. — I due ricorsi, essendo proposti contro lo stesso provvedimento, debbono essere riuniti e
decisi con unica pronuncia. Il secondo censura il decreto del Prefetto di Matera
31 marzo 1948, in quanto crede di ravvisare in esso una
implicita dichiarazione di pubblica utilità ed una conse
guente reiezione delle osservazioni proposte ; ma poiché questa supposizione, per le ragioni che saranno svolte, è
errata, il ricorso dev'esser dichiarato inammissibile.
Invero, il decreto impugnato contiene ed esprime una sola volontà, quella riassunta nell'ordine di occupazione d'urgenza di alcuni terreni dei ricorrenti. Esso fu adottato
per soddisfare «la domanda 29 marzo 1948 con la quale il Consorzio provinciale antitubercolare di Matera chiedeva di essere autorizzato, per poter procedere ai lavori di co struzione del reparto ospedaliero sanatoriale di Matera,
all'occupazione d'urgenza ed in via provvisoria di terreni e di fondi all'uopo necessari » ; si fonda sul rilievo che « l'esecuzione dei lavori, dato il carattere dell'opera, rive stiva particolare assoluta urgenza » ; segue alla compila zione dello « stato di consistenza di suoli da occupare » ; invoca come norma legittimante gli art. 71 segg. della
legge 25 giugno 1865 n. 2359 ; e si conclude decretando testualmente : « Il Consorzio provinciale antitubercolare di Matera è autorizzato ad occupare subito, in via provvi soria, per la durata di due anni, i terreni appresso in dicati ».
Come si vede, si riscontra nel decreto l'iter procedu
(1-2) Sulla necessiti, dell'urgenza per la legittimità delle oc
cupazioni provvisorie e sulla diversità tra la dichiarazione di pubblica utilità e quella di indilieribilità, vedi V Sezione 16 gen naio 1948, Foro it., 1948, III, 203 e nota ivi; nonché, a propo sito dei piani di ricostruzione, V Sezione 3 dicembre 1948, retro, 163, con osservazioni di Iacoarino. In dottrina, si consulti Ca ruqno, L'espropriazione, per puhblier utilitàpag. 261 segg.
rale tipico e la manifestazione di volontà propria dell'atto
di occupazione di urgenza. L'errore dei ricorrenti sull'esi
stenza di una dichiarazione implicita di pubblica utilità è
derivato dal contenuto di due capoversi inseriti nelle pre messe del decreto impugnato, nei quali è detto : « Ritenuto
che il progetto (il progetto di costruzione del reparto sa
natoriale), adottato con deliberazione 16 febbraio 1948 n. 1
del Comitato di amministrazione del Consorzio, è stato
approvato, in linea tecnica, dall'Alto commissariato per
l'igiene e la sanità pubblica e dal Consiglio superiore dei
lavori pubblici ; ritenuto che l'approvazione del progetto stesso equivale, a termini delle disposizioni dell'art. 10
della legge 25 giugno 1911 n. 586 e dell'art. 2, ultimo com
ma, del decreto legisl. luog. 26 luglio 1917 n. 1231, a
dichiarazione di pubblica utilità dell'opera ».
Ma codeste premesse non rappresentavano una mani
festazione, un atto di volontà riferibile al Prefetto ; co
stituivano soltanto la descrizione di una situazione che si
era 'determinata per atto di organi amministrativi diversi, mentre il decreto prefettizio ne era estraneo, al più, me
ramente la constatava, ed era diretto in modo esclusivo
all'occupazione d'urgenza, la quale non presuppone, come
è noto, una preventiva dichiarazione di pubblica utilità.
È chiaro che i ricorrenti avrebbero dovuto rivolgere le loro censure contro l'atto ohe conteneva la pretesa di
chiarazione di pubblica utilità, o dal quale essa, per vo
lontà di legge, derivava. La riprova che codesta dichia
razione era estranea al decreto impugnato è data dal suc
cessivo comportamento del Prefetto che in data 31 luglio 1948 emise un proprio provvedimento dichiarativo della
pubblica utilità dell'opera ; provvedimento, questo, che
non è stato impugnato. Ammissibile, invece, e fondato nel merito è l'altro
ricorso diretto contro il contenuto proprio ed esclusivo
del decreto prefettizio 31 marzo 1948, ossia contro l'ordine
di occupazione di urgenza. Nella specie si trattava, come si è detto, di occupa
zione di suolo per costruirvi un reparto ospedaliero sana
toriale. L'art. 353 del t. u. delle leggi sanitarie, approvato con r. decr. 27 luglio 1934 n. 1265, ammette che si
possa ricorrere all'occupazione d'urgenza « quando, a causa
di malattie epidemiche o per la sistemazione di importanti servizi sanitari, ricorre la necessità assoluta ed urgente di
occupare proprietà particolari per creare ospedali, cimi
teri o provvedere ad altri servizi sanitari ». La qual norma, come è evidente, non contiene una presunzione iuris et de iure d'indifferibilità ed urgenza dei lavori in essa con
templati, ma dichiara soltanto l'applicabilità ai lavori stessi
delle disposizioni contenute nel capo II del tit. II della
legge 25 giugno 1865 n. 2359 e dell'art. 7 della legge 20
marzo 1865 n. 2248, ali. E ; della quale applicabilità alla materia in esame si sarebbe potuto dubitare in sede
di interpretazione non autentica delle norme citate.
Ciò significa che, per far ricorso all'art. 353 e alle di
sposizioni ch'esso richiama, è sempre richiesto un esame, una valutazione e una motivazione, da parte del prefetto, sull'esistenza della « necessità assoluta ed urgente », con siderata come requisito a sè, non confondibile nè identi ficabile con altri elementi ; non basta, perciò, indicare « il
carattere dell'opera », come ricompresa tra quelle indicate
nell'art. 353, per riconoscere, automaticamente, nell'ese cuzione di essa il requisito dell'urgenza qualificata con
quegli attributi che sono stati definiti dalla giurisprudenza di questo Consiglio in sede d'interpretazione e d'applica zione dell'art. 72 della legge del 1865. In sostanza la na tura dell'opera è condizione necessaria ma non sufficiente
per legittimare l'occupazione d'urgenza e per escludere la
procedura ordinaria, che prevede anche forme più rapide con termini abbreviati ; per l'applicabilità dell'art. 71 è necessario anche il concorso dell'elemento, autonomamente
considerato, della necessità assoluta ed urgente. Or nella specie è avvenuto, invece, che codesta neces
sità è stata desunta sic et simplicitcr, quasi come una
conseguenza ex lege del « carattere » dell'opera. La moti vazione del decreto, al riguardo, si esaurisce nella seguente frase : « Ritenuto che l'esecuzione dei lavori, dato il ca
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