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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione V; decisione 13 novembre 1948, n. 744; Pres....

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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione V; decisione 13 novembre 1948, n. 744; Pres. Severi P., Est. Gallo; Calcagno (Avv. Astengo, Vicentini) c. Ministero interni, Amministrazione

Sezione V; decisione 13 novembre 1948, n. 744; Pres. Severi P., Est. Gallo; Calcagno (Avv.Astengo, Vicentini) c. Ministero interni, Amministrazione Asilo infantile QueiroloSource: Il Foro Italiano, Vol. 72, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1949),pp. 201/202-203/204Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23138967 .

Accessed: 25/06/2014 10:38

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201 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 202

Ma so, alla stregua di questo concetto, si esamina la norma dell'art. 7 non pare possano in essa (al contrailo di quanto è stato ritenuto, talora, nella precedente giuris prudenza) trovarsi elementi sicuri per affermare la defi nitività dei provvedimenti prefettizi che ne derivano.

Balza, prima facie, il rilievo che il potere di cui in essa è paroli non è attribuito esclusivamente al prefetto, il

quale, anzi, non vi è indicato, ma l'attribuzione è fatta

genericamente all'autorità amministrativa. E se anche non è dubbio che il prefetto è di fatto l'autorità che normal

mente si avvale di tale attribuzione, ciò non toglie che altre autorità amministrative possano avvalersene, come

in effetti talvolta se ne sono avvalse.

Che il legislatore con l'espressione « autorità ammini

strativa» abbia inteso indicare esclusivamente il prefetto non pare possa essere sostenuto con validi argomenti. Dal lato formale l'espressione sarebbe stata gravemente de

ficiente ed in contrasto con l'abituale formulazione delle

disposizioni conferenti facoltà ai capi delle provincie. So

stanzialmente poi, se si possono vedere ragioni che indu

cano a ritenere che tra lo autorità locali la facoltà in

questione spetti soltanto ai prefetti, in quanto rappresen tanti del potere esecutivo per ciascuna branca della pub blica Amministrazione, non se ne vedrebbero por npgarla al Ministro, a quella cioè che per ciascuna branca è la più alta autorità amministrativa.

Nè la esclusività potrebbe intendersi in un senso più limitato : riferito cioè non al potere considerato in toto ma

alle sue singole esplicazioni, giacché non si riferirebbe più alla competenza ma ai singoli atti di esercizio del potere, in relazione ai quali la giustificazione della definitività

non potrebbe cercarsi che in uno dei diversi criteri sopra disattesi.

Gli altri elementi di carattere obiettivo che si rile

vano nella norma (condizioni di grave necessità, urgenza che non consente indugio) non dànno evidentemente mo

tivo a definitività, essendo il primo accertabile anche in

sede superiore e non soffrendo remora il secondo dall'espe rimento del ricorso gerarchico.

Sembra, in conclusione, alla Sezione che una più ap

profondita disamina della importante questione conduca

a dare un valore prevalente alle ragioni poste a giustifi cazione della non definitività dei provvedimenti di cui si

tratta.

Ritenuto, per quanto sopra esposto, fondata ed acco

glibile la eccezione d'inammissibilità sollevata dalla difesa

dell'Amministrazione, viene meno ogni ragione di esame

dei motivi di impugnativa. Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezioue V ; decisione 13 novembre 1948, n. 744 ; Pres.

Seveiu P., Est. Gallo ; Calcagno (in. Astengo, Vi

centini) c. Ministero interni, Amministrazione Asilo

infantile Queirolo.

Istituzioni pubbliche di beneficenza — Statuti — Ri

forma — Poteri dei Governo — Volontà dei fon

datori — Rispetto nei limiti del pubblico interesse

(Legge 17 luglio 1890 n. 6972, sulle istituzioni pub bliche di beneficenza, art. 55, 60).

Il Governo ha il potere di modificare gli statuti delle istitu

zioni pubbliche di beneficenza, anche in sede di revisione

dell'ordinamento dell'ente. ( 1) La modifica dello statuto di una istituzione di pubblica be

neficenza disposta dal Governo deve essere giustificata da

gravi motivi di pubblico interesse e rispettare, quanto più è possibile, la volontà del fondatore. (2)

(1-2) Vedi le decisioni citate nel testo: V Sezione 22 di

cembre 1934, n. 1355, Foro it., Rep. 1935, voce Opera -pia, n. 15 ;

Id., 18 giugno 1943, n. 293, id., Rep. 1943-45, voce Corpo morale, n. 1.

La Sezione, eco. — (Omissis). Nel merito il ricorso ri sulta fondato. Invero, come è stato chiaramente affermato dalla precedente giurisprudenza (si veda, principalmente, Sez. V, 22 dicembre 1934, n. 1355, Istituto SaccMeri di Montagnana c. Ministero interno), se si deve am

mettere che il Governo centrale abbia facoltà di rifor mare gli statuti delle istituzioni pubbliche di beneficenza, anche in sede di semplice revisione dell'ordinamento del

l'ente e cioè al di fuori dell'ipotesi del raggruppamento, concentramento e fusione; ragioni di pubblico interesse

esigono tuttavia, specialmente per evitare che s'inari discano le fonti stesse della pubblica beneficenza, che la volontà dei fondatori sia, quanto più è possibile, ri

spettata : non può disconoscersi che tale volontà debba essere progressivamente coordinata alle norme di ordine

pubblico e agli interessi generali prevalenti, ma al ri

guardo è necessario procedere con la massima cautela

soprattutto quando, come nel caso odierno nuovamente si

verifica, l'Amministrazione governativa abbia già spiegato, in tempo recente, il suo potere di revisione ai fini del

predetto coordinamento. In altri termini, le eventuali ri

forme statutarie debbono essere imposte da gravi e com

provati motivi, quali un conflitto tra le norme dello sta

tuto e le norme di ordine pubblico sopravvenute, o fra

quelle e gli interessi generali sorti dopo l'approvazione, non esclusa perciò la constatazione che lo statuto si sia

dimostrato, all'esperimento, in tutto o in parte nocivo al

regolare funSsionamento dell'opera pia. Alla stregua di tali criteri, indirettamente riaffermati

nella decisione 18 giugno 1943, n. 293 (Alberti e Noli e.

Ministero educazione nazionale e Istituto per la storia del

risorgimento italiano), è agevole constatare come nessuna

delle predette ipotesi ricorra nel caso concreto. La volontà

del fondatore, espressa nel testamento olografo 15 novem

bre 1877, disponeva esplicitamente che la direzione del

l'asilo fosse sempre affidata all'arciprete pro tempore della

parrocchia del luogo (Vado Ligure) dove l'asilo stesso ve

niva istituito. E detta volontà non solo fu pienamente

rispettata nel primo statuto, approvato col r. decreto 22

aprile 1880, in sede di erezione in ente morale della be

nefica istituzione, e nel successivo statuto, approvato col

r. decreto 10 gennaio 1897, ma fu ribadita in epoca no

tevolmente posteriore. Sopravvenuta, cioè, la necessità di

accertare se lo statuto stesso dovesse o meno essere mo

dificato in relazione ai nuovi istituti del podestà e del

l'ente comunale di assistenza, il Prefetto di Savona, con nota

18 agosto 1938, n. 16680, faceva presente all'Amministra

zione della pia opera che il funzionario al riguardo incari

cato aveva proposto che, pur trasformandosi l'antico Co

mitato in Consiglio di amministrazione e pur dovendosi

aggiornare la nomina dei suoi componenti in conformità

ai nuovi ordinamenti comunali dell'epoca, la presidenza del

Consiglio stesso fosse affidata all'arciprete pro tempore. E

l'amministrazione dell'asilo, uniformandosi alle predette

direttive, approvava, con deliberazione 26 febbraio 1939, il nuovo statuto, stabilendo quale presidente del consiglio d'amministrazione il parroco-arciprete pro tempore.

Ciò premesso, appare manifesta l'illegittimità dell'impu

gnato provvedimento che, in data 24 marzo 1941, ha ri

tenuto di modificare lo statuto in parola stabilendo, fra

l'altro, che il presidente del consiglio d'amministrazione

debba essere nominato dal prefetto tra i componenti di

esso, e che l'arciprete pro tempore ne conservila sola qua lità di membro di diritto, oltre ad avere la direzione spi rituale dell'ente. A giustificare la riforma, la motivazione

del provvedimento dichiara che essa è determinata dalla

necessità di uniformare la precedente norma statutaria alle

disposizioni legislative e regolamentari in vigore, e sog

giunge che la medesima risulta, inoltre, opportuna per un

migliore ordinamento dell'ente. Ma nessuna disposizione vietava che la presidenza di un consiglio amministrativo di

un'opera pia continuasse ad essere attribuita, in confor

mità alla volontà del fondatore, al parroco del luogo o

prescriveva che la nomina della persona designata a tale

presidenza fosse necessariamente riservata al prefetto della

provincia, e perciò non si comprende a quali norme legis

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203 PARTE TEEZA 204

lative o regolamentari s'intendesse fare allusione. In or

dine poi alle soltanto adombrate ragioni d'opportunità,

appare evidente invece, che, atteso lo scopo della pia isti

tuzione, consistente nella « custodia diurna dei bambini di

ambo i sessi, nel loro mantenimento gratuito e nella loro

educazione fisica e morale », e considerato altresì lo stato

sacerdotale del fondatore, la presidenza del consiglio d'am

ministrazione restava convenientemente affidata al parroco del luogo.

Nessuna ragione quindi di legittimità o di opportu nità suffraga la riforma disposta, in netto contrasto con

la volontà del fondatore, dal provvedimento impugnato,

che, pertanto, deve essere annullato nella parte denunziata

col ricorso in esame. Ed attesa in materia la competenza anche in merito di questo Consiglio, a norma dell'art. 29, n. 3, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, alla parte da annullare

si deve sostituire, in accoglimento di espressa conclusione

del ricorrente, la norma che la presidenza del Consiglio d'amministrazione dell'alilo è affidata all'arciprete pro tem

pore di Vado Ligure. Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 12 novembre 1948, n. 737 ; Pres.

Severi P., Est. Barra Caracciolo ; Toresi (Avv. Ca

volotto, Burali) c. Istituto nazionale previdenza so

ciale (Avv. De Carolis, Cianflone, Pizzicannella).

Atto amministrativo — Atto emanato sotto l'impero della

Repubblica sociale — Inefficacia — Inizio del governo della Repubblica — Determinazione (D. legisl. luog. 5 ottobre 1944 n. 249, sull'assetto della legislazione nei territori liberati, art. 1).

Per giudicare dell'efficacia di un alto amministrativo che si

assume emanato sotto il governo della Repubblica sociale

italiana occorre tener conto della data in cui il sedi

cente governo cominciò a funzionare, e non della data

della ufficiale proclamazione della Repubblica. (1)

La Sezione, ecc. — (Omissis). Il ricorso è infondato nel

merito.

L'art. 2 decr. legisl. 5 ottobre 1944 n. 249, sull'as

setto della legislazione nei territori liberati, dichiara privi di efficacia giuridica una serie di atti e provvedimenti adottati « sotto l'impero del sedicente governo della

repubblica sociale italiana », tra i quali i provvedimenti concernenti la nomina, la carriera e la cessazione dal ser

vizio dei dipendenti dello Stato, degli enti pubblici e de

gli enti sottoposti a vigilanza o tutela dello Stato.

Poiché non si può dubitare che la promozione del To

resi costituisca un atto concernente la carriera di un pub blico impiegato, la controversia tra le parti sta tutta

nella questione se quella promozione debba essere consi derata come adottata sotto l'impero dello « pseudo governo repubblicano ». Al riguardo il patrono del ricorrente so

stiene che non si può fare risalire l'inizio di detto impero

(1) Non ci risultano precisi precedenti, tranne la decisione ci tata nel testo : V Sezione 28 febbraio 1947, n. 54, ric. Laniera, che non ci risulta edita. Ofr., in dottrina, per le conseguenze del sor

gere del governo di fatto della Repubblica sociale italiana : San

dulli, Foro it., 1947, I, 141, 256, 334; M. S. Giannini, Il go verno neofascista e i suoi aiti normativi, in Giur. Cass, civ., 1945, XVII, 180, e Ancora sui rapporti fra Stato italiano e repubblica sociale italiana, ibid., 1948, XXVII, 3, $58 ; Marmo, A proposito della natura giuridica della r.s.i., ibid., 1946, XXII, II, 346 ; Mo

relli, Foro it., 1946, I, 217 ; Andrioli, Sull'attività normativa della r.s.i., in Giur. Cass. civ., 1945, XVIII, 379 ; Jemolo, Sulla

legislazione repubblicana, in Temi, 1946,256; Zannini, Rilevanza internazionalistica della r.s.i., in Giur. it., 1946, I, 2, 273 ; Db

Nova, Rilevanza ecc., in Foro padano, 1946, I, 149.

a una data anteriore al 23 settembre 1943, giorno in cui

la sedicente Repubblica sociale venne ufficialmente pro clamata. Oppone la controparte che il nuovo regime, nei

primi tempi denominato « Stato nazionale repubblicano »,

allorquando venne proclamato, già esisteva di fatto.

A tale tesi il Collegio ritiene di aderire, perchè, so

stanziandosi l'impero del sedicente governo della Repub blica sociale italiana in un governo di fatto, temporanea mente sostituitosi, nell'esercizio della sovranità, al Governo

legittimo (cfr. decisione 28 febbraio 1947 n. 54, di questa Sezione, su ricorso Lardera c. Comune di Sanremo), la

data che appare rilevante non è quella della proclama zione, ma l'altra invece, in cui l'illegittimo governo (il

legittimo, non sedicente) cominciò a funzionare.

Ora è storia recente, da tutti vissuta, che uno dei pri mi atti delle truppe tedesche, non appena si assicurarono

il controllo militare delle regioni italiane non ancora rag

giunte dagli eserciti delle Nazioni unite, fu quello della

liberazione di Mussolini, e che questi iniziò subito l'ema

nazione di ordini diretti alle autorità politiche ammini

strative e ai cittadini : ordini costituenti estrinsecazione

di un potere di fatto, voluto, sia pure, dalle autorità di

occupazione.

Epperò la costituzione del nuovo Governo, anche se i

suoi lineamenti furono meglio disegnati in seguito, prece dette di vari giorni la sua proclamazione ufficiale, come

emerge anche dai giornali del tempo (cfr. il « Giornale di

Italia»), che già alla data del 15 settembre 1943 pubbli cavano gli ordini del nuovo Capo dello Stato.

Nò in contrario vale invocare lo speciale regime di Roma « città aperta », giacché anche detto regime, di cui non è

facile determinare la precisa natura, si concretò di fatto

in un'amministrazione della cosa pubblica, dominata dalle

autorità militari germaniche e dalle già risorte gerarchie fasciste.

Per questi motivi, respinge, ecc.

CORTE DEI CONTI.

Sezione II; decisione 14 gennaio 1949; Pres. D'Angelo,

Est. Casa, Proc. gen. Papale (conci, conf.) ; Serrano

c. Cassa depositi e prestiti e Istituto di previdenza.

Pensione — Ufficiale giudiziario — Coniuge superstite ed oriani maggiorenni inabili — Pensione di rivcr

sibilità — Quote spettanti (R. d. 12 luglio 1934

n. 2312, t. u. sull'ordinamento della Cassa di previ denza per ufficiali giudiziari, art. 38).

Pensione — Oriana maggiorenne inabile — Rieorso

alla Corte dei conti — Intervento dei coeredi con ri

eorso intempestivo — Integrazione del giudizio —

Non necessaria (E. d. 13 agosto 1933 n. 1038, rego lam. di proc. per i giudizi innanzi alla Corte dei conti,

art. 78, 79). Pensione — Oriana maggiorenne — Inabilità al lavoro

— Criteri di valutazione (R. d. 12 luglio 1934 n. 2312

art. 28).

Quando, oltre alla vedova di un ufficiale giudiziario avente

diritto a pensione, vi sia un'orfana maggiorenne inabile

a qualsiasi lavoro e nullatenente, la pensione spettante al defunto va ripartita attribuendo il 40°lo alla vedova

ed il 20"/o all'orfana predetta. (1)

L'integrazione del giudizio da parte dell'orfana maggiorenne eon la chiamata in eausa, dopo la morte della madre, dei suoi coeredi, non è necessaria, quando questi, costituen

dosi in giudizio anche con separato ricorso dichiarato ir

ricevibile per tardività, diano la dimostrazione di avere

piena e legale conoscenza della pretesa della coerede

stessa. (2) Il requisito dell'inabilità al lavoro da parte di orfani mag

giorenni dev'essere valutato con criteri di relatività : non

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