Sezione V; decisione 16 febbraio 1952, n. 206; Pres. De Marco P., Est. Scotto; Soc. ricostruzioneimmobiliare Cavour (Avv. Bodda, Piccardi) c. Comune di Torino (Avv. Borda, Savio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 75, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1952),pp. 151/152-153/154Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23143681 .
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151 PARTE TERZA 152
Del pari infondato è il terzo e ultimo motivo. Il pre
fetto, nell'esercizio del potere assegnatogli dal più volte
citato art. 93, non ha l'onere di contestare addebiti
al comune o d'invitarlo a provvedere ; come ha ritenuto, in
fatti, questa Sezione nella decisione n. 1133 del 17 novem
bre 1950, la norma de qua non attribuisce al prefetto un
mero potere di controllo sostitutivo, quale la legge comu
nale e provinciale conosce per i casi di ritardo o di omis
sione, da parte degli organi normali del comune, di atti
obbligatori per legge, ma gli riconosce un potere d'inter
vento immediato, diretto e non condizionato ad alcuna
preventiva contestazione di addebiti o diffida a deliberare.
Le censure, poi, di eccesso di potere sotto diversi pro
fili, soprattutto di travisamento e di errore di fatto e di ma
nifesta illogicità e d'ingiustizia, vorrebbero sospingere il
giudice della legittimità verso un riesame di merito che
non gli è consentito.
Il decreto del Prefetto richiama a fondamento del pro
prio ordine le due distinte ipotesi previste dai due comma
dell'art. 93, che avevano già costituito la base, come si è
detto, del precedente decreto del 20 settembre 1950, di poi sostituito ; ma pone più sensibilmente l'accento sulla se
conda ipotesi, ossia sul fatto che il Comune non aveva
ritratto dalla gestione in economia tutto il provento che
avrebbe potuto conseguire in relazione alle possibilità eco
nomiche dei cittadini. Le quali ipotesi comportano en
trambe un apprezzamento discrezionale ; ma di maggior
ampiezza e intensità, e lo stesso ricorrente lo ammette, è
quello relativo alla seconda di esse, come è fatto palese dalla norma medesima che mette espressamente in rilievo
la natura discrezionale del giudizio della pubblica Ammini
strazione. Ciò non vuol significare, tuttavia, che sia precluso il controllo di legittimità, che potrebbe esercitarsi con lo
strumento agile ed efficace dell'eccesso di potere in talune
sue tipiche e note configurazioni. Si vuol, anzi, a questo
proposito soggiungere, che, se è esatto che l'art. 93 del
quale si è discorso si deve considerare non abrogato per effetto della Costituzione della Repubblica, è esatto però del pari che i precetti in questa contenuti sull'autonomia
dei comuni, che limitano i poteri d'intervento del Governo
centrale sugli enti pubblici dotati di autonomia e di autar
chia, rivolgendosi non solo al futuro legislatore ma anche
attualmente agli organi pubblici, ai cittadini e ai giudici,
svolgono per così dire un'azione di presenza che, per restare
all'esame del caso de quo, non può non incidere sull'am
piezza del potere prefettizio ex art. 93, rendendone più
rigorosi i limiti d'esercizio.
Tuttavia, come si è detto, le censure prospettate dal
ricorrente esulano dal terreno della legittimità che costi
tuisce pur sempre il confine del sindacato del Consiglio in
questa materia. Il Prefetto fece un esame minuto, partico
lareggiato, diffuso della situazione del bilancio, delle cause
del suo grave disavanzo, dell'idoneità del sistema per ap
palto a migliorare, se non a sanare, il def icit ; fece eseguire un'inchiesta del Vice prefetto ispettore e i risultati di que sta vagliò e fece quindi propri. I dati raccolti ed esposti nella parte motiva del decreto (riassunto nella narrazione
in fatto della presente decisione) non appaiono illogici, ma
coerenti e tali da giustificare l'intervento modificativo del
l'autorità governativa locale. Le critiche del ricorrente vor
rebbero condurre il giudice nel campo del merito ; involge rebbero un'indagine istruttoria su fatti, accertati in sede
ispettiva, con mezzi che appaiono attendibili, e valutati
discrezionalmente, e un'attività di amministrazione deli
berante che non è propria di questo Consiglio. Si vuole, infine, rilevare che, valutato discrezional
mente il presupposto dell'insufficienza e dell'inadeguatezza della gestione in economia, il prefetto, per il 2° comma del
l'art. 93, non aveva libertà di determinazione, ma doveva
sostituire l'appalto : egli è chiamato infatti dalla legge a porre in essere un atto dovuto, data la presenza di certe
condizioni.
Per questi motivi, respinge, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 16 febbraio 1952, n. 206 ; Pres. De
Marco P., Est. Scotto ; Soc. ricostruzione immobi
liare Cavour (Avv. Bodda, Piccardi) c. Comune di To
rino (Avv. Borda, Savio).
Giustizia amministrativa — Decisione della giunta
prov. amm. — Omissione dell'indicazione del
l'estensore — Indicazione del relatore — Legit
timità (R. d. 26 giugno 1924 n. 1058, t. u. sulla giunta
prov. amm., art. 19). Sindaco — Ordinanze sindacali — Richiamo a rego
lamenti edilizi — Mancato richiamo a urgenza o
necessità — Impugnativa — Competenza del Con
siglio di Stato (R. d. 26 giugno 192ì, n. 1058, art. 1 ;
r. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. sul Consiglio di Stato,
art. 26).
Non è nulla la decisione della giunta prov. amm,., che contenga l'indicazione del relatore e non anche quella dell' estensore
che si presume essere il primo. (1) Le ordinanze sindacali relative a violazione di regolamento
comunale, che non richiamano ragioni di urgenza o ne
cessità, sono impugnabili avanti il Consiglio di Stato. (2)
La Sezione, ecc. — Il primo motivo di ricorso è infon
dato, in quanto la giurisprudenza della Sezione è pacifica
nel senso di ritenere che l'omessa indicazione dell'estensore
in una decisione della Giunta prov. amm. non importa
nullità quando risulti nell'epigrafe il. nome del relatore,
dovendosi presumere, in difetto di una dichiarazione con
traria, che la decisione sia stata redatta dallo stesso rela
tore (cfr. da ultimo : decisioni 27 maggio 1950, n. 640 e 28
luglio 1949, n. 737, Foro it., 1950, III, 10).
Nella specie, appunto, è indicato chiaramente nell'epi
grafe il nome del relatore. Cade quindi la ragione di nul
lità invocata dal ricorrente per pretesa violazione dell'ar
ticolo 19, n. 5, t. u. 26 giugno 1924 n. 1058.
La decisione della Giunta va confermata, perchè ha
esattamente dichiarato la sua incompetenza a decidere
sulla legittimità dell'ordinanza sindacale avanti a essa
impugnata. Invero, nell'ordinanza stessa, con la quale il
Comune di Torino intimava alla Società ricorrente di prov
vedere alla sospensione dei lavori e alla demolizione delle
opere abusivamente eseguite, entro il termine di giorni 30,
si fa preciso riferimento a violazione di norme del regola
mento edilizio, concernente l'altezza dei fabbricati, sènza
invece far alcun richiamo, neppure per implicito, a ragioni
di urgenza o di necessità, le quali, anzi, sono smentite dallo
stesso contenuto del provvedimento.
(1) Sulla irrilevanza dell'inosservanza dell'obbligo di specifica
indicazione dell'estensore delle decisioni della giunta, quando
tale estremo possa dedursi con sicurezza da altri elementi contenuti
nella stessa decisione, vedi V Sezione 28 luglio 1949, n. 737, Foro
it., 1950, III, 10, con ampia nota di richiami.
(2) Sui criteri di individuazione del potere esercitato dall'Am
ministrazione nell'emanazione di atti amministrativi ai fini della
loro impugn,abilità, vedi VI Sezione 7 novembre 1949, n. 202,
Foro it., 1960, III, 255 e nota ivi ; V Sezione 25 luglio 1947, id.,
1948, III, 136 e nota ivi ; 8 febbraio 1946, id., 1946, III, 136,
con annotazione di C. M. I. ; e da ultimo : V Sezione 30 novem
bre 1951, n. 1507, retro, col. 40 e nota ivi.
Sulla competenza della giunta prov. amm. su ordinanze che,
pur non richiamando l'art. 55, siano in effetti contingibili ed ur
genti, cfr. V Sezione 25 marzo 1950, n. 356, (Foro it.. Hep. 1950
(in corso di stampa), voce Giunta prov. amm., n. 4 ; 3 giugno 1950,
n. 693 (Boss. dir. pubbl., 1951, II, 264) ; 20 dicembre 1946, Foro
it., Rep. 1948, voce Sindaco, n. 12. E, a maggior ragione, per la
competenza della giunta, ove concorrano il richiamo all'art. 55
e gli estremi dell'urgente contingibilità, vedi : V Sezione 20 ot
tobre 1951, n. 1286, Raccolta compi, giur. Cons. Stato, 1951, 1207.
In senso conforme alla decisione annotata, per la competenza
del Consiglio di Stato su ordinanze che mirino all'osservanza dei
regolamenti, senza i caratteri dell'urgenza e della contingibilità,
vedi V Sez. 31 marzo 1950, n. 378, Foro it., Rep. 1950 (in corso
di stampa), voce Oiust. amm., nn. 46, 47 ; 20 maggio 1950, n. 635,
Castaldo, ibid., voce Comune, n. 43.
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168 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 154
L'ordinanza, dunque, secondo la costante giurispru denza della Sezione (cfr., da ultimo, decs. 28 aprile 1950, n. 513), poiché manifestamente non era nè contingibile nè
urgente, avrebbe dovuto essere direttamente impugnata avanti questo Consiglio.
Nè è possibile riconoscere alla Società ricorrente l'er rore scusabile e la conseguente riammissione in termini, non esistendo nella specie nessuno degli elementi che con sentono la concessione di codesto beneficio : in particolare non l'incertezza obiettiva sulla natura del provvedimento, e neppure alcuna oscillazione della giurisprudenza al ri
guardo. Per questi motivi, respinge, ecc.
CONSIGLIO DI STATO
Sezione VI ; decisione 12 febbraio 1952, n. 34 ; Pres. Cor sini P., Est. Levi ; Pomini (Avv. Radonich, Pellizza) c. Ministero istruz'one (Avv. dello Stato Tracanna) e Università di Pavia.
Notaio — Ordinamento del notariato (R. d. 30 di cembre 1923 n. 2960, stato giiiiidico degli impiegati ci
vili dello Stato ; 1. 16 febbraio 1913 n. 89, ordinamento del notariato).
Impiegato governativo e pubblico — Assistente
universitario di ruolo — Carica di notaio — Com
patibilità (L. 16 febbraio 1913 n. 89, art. 2, comma
2°; d. le?Ì8>. 7 maggio 1948 n. 1172, istituz. di ruoli statali per il personale assistente, ecc. a carico dei bi
lanci universitari).
La legge sul notariato non è legge speciale rispetto a quella sullo stato degli impiegati, e non si può quindi far rife rimento a quest'ultima per stabilire la compatibilità o
meno di uffici statali con la carica di notaio. (1)
L'ufficio di assistente universitario di ruolo rientra tra gli
impieghi ed uffici relativi al pubblico insegnamento, di
cui è parola nell'art. 2, comma 2°, della legge notarile, e
pertanto l'esercizio del notariato è compatibile con le man sioni di assistente universitario di ruolo. (2)
La Sezione, ecc. — La questione sottoposta all'esame
della Sezione presenta due aspetti distinti : da un lato si
tratta di stabilire se, in relazione alle disposizioni sullo
stato giuridico degli impiegati dello Stato e a quella della
legge notarile, l'esercizio di impieghi ed uffici relativi a
pubblico insegnamento sia compatibile con l'esercizio dello
ufficio di notaro ; dall'altro, se, risolta affermativamente
la prima questione, l'ufficio di assistente universitario di
ruolo sia da comprendere tra gli impiegati ed uffici relativi
a pubblico insegnamento. Il primo aspetto della questione non è nuovo. La IV
Sezione di questo Consiglio lo ha già esaminato altre volte
(v. decisioni 2 ottobre 1909, n. 338. Foro it., 1910, III, 20 ; e specialmente 5 maggio 1942, n. 133, id., 1943, III, 74), come del resto ha espressamente ricordato la difesa del ri
corrente nella sua memoria. E la soluzione, ad avviso del
Collegio, non può essere diversa da quella accolta dalla
precedente giurisprudenza (la quale si è pronunziata per la compatibilità dell'esercizio delle due funzioni), anche
se la motivazione di tale convincimento debba, a parere della Sezione, essere almeno parzialmente rettificata.
Per la soluzione della questione occorre richiamarsi da
un lato all'art. 96 r. decreto 30 dicembre 1923 n. 2960, sullo
(1-2) La decisione appare di notevole interesse in quanto, contrariamente al precedente indirizzo, ritiene che la legge no tarile non è legge speciale rispetto alla legge sullo stato giuridico degli impiegati dello Stato.
Per il precedente contrario indirizzo cfr. le decisioni citate nel testo (Sez. IV 2 ottobre 1909, e 5 maggio 1942) e che possono leggersi rispettivamente in Foro it., 1910, III, 20 ; e 1943, III, 74 ; e cfr., per una critica di tale indirizzo, la nota alla decisione del 942 del Giannini M. S., Diritto speciale, legge speciale, norma
speciale.
stato giuridico degli impiegati civili dello Stato, dall'altro all'art. 2 legge notarile (16 febbraio 1913 n. 89). L'art. 96 dello stato giuridico stabilisce, come è noto, che « con la
qualità d'impiegato civile dello Stato, è incompatibile qualunque impiego privato, l'esercizio di qualunque pro fessione, commercio, industria, ecc. » ; però il successivo art. 120 stabilisce a sua volta che « nulla è innovato alle
leggi sull'ordinamento giudiziario, sul Consiglio di Stato, ecc., e alle altre leggi speciali, in quanto contengono di
sposizioni diverse da quelle del (presente) decreto ». Or
bene, poiché l'art. 2 legge sul notariato, dopo aver deter minato nel 1° comma le varie incompatibilità con la pro fessione notarile, eccettua, nel 2° comma, da tali incom
patibilità gli impieghi ed uffici relativi a pubblico inse
gnamento, si assume dalla difesa del ricorrente la natura
speciale della legge medesima per far prevalere la disposi zione del suo art. 2 su quella dell'art. 96 decreto n. 2960, in base alla espressa norma del ricordato art. 120.
Ma tale opinione non sembra che possa essere condivisa, in quanto la legge sul notariato, per la materia regolata del tutto eterogenea a quella degli impiegati statali, non può essere compresa tra le leggi speciali cui si richiama l'arti colo 120, con il quale, come si rileva dalla stessa elenca zione delle varie leggi ricordate, il legislatore ha inteso ri ferirsi a leggi speciali attinenti a settori del pubblico im
piego. Non può quindi farsi riferimento all'art. 120, nò al
principio generale, da esso richiamato, della prevalenza della legge speciale su quella generale, in quanto una legge speciale in questo caso non sussiste.
La questione va quindi impostata in termini diversi, indipendentemente dalla natura generale, speciale od ecce zionale delle norme relative. Occorre co*1 tener conto che, da un lato, una norma espressa, l'art. 96 decreto n. 2960,
contempla la incompatibilità tra l'impiego statale e qual siasi altro impiego ed ufficio, compreso quello notarile ; che, dall'altro, un'altra norma espressa, l'art. 2, 1° comma, legge notarile, contempla l'analoga incompatibilità tra l'uf ficio notarile e qualsiasi impiego, compreso quello statale. A questa norma, però, una espressa eccezione è recata dal 2° comma dello stesso articolo, il quale stabilisce la
compatibilità tra l'ufficio di notaro e gli uffici ed impieghi relativi a pubblico insegnamento ; nessuna norma invece esiste che espressamente consenti o vieti la compatibilità inversa, cioè tra gli impieghi e uffici relativi a pubblico insegnamento e l'ufficio di notaro.
In conclusione quindi, mentre da un lato abbiamo una norma che espressamente consente la compatibilità, dal l'altro non abbiamo norma che espressamente 11 vieti. È evidente pertanto che l'unità e la logica dell'ordinamento
giuridico impongono di ritenere la compatibilità anche in
questo caso, in quanto sarebbe assurdo che lo Stato da un lato consentisse la compatibilità tra la professione di no taro e alcuni impieghi statali e dall'altro vietasse agli in vestiti di tali impieghi l'esercizio della professione notarile, rendendo così praticamente inoperante la norma espres samente dettata. Questo convincimento della Sezione ri sulta avvalorato dalla considerazione che anche nei con fronti di altre professioni, l'esercizio di esse da parte di alcune categorie di dipendenti statali, è ammesso in base alle norme contenute nelle singole leggi professionali, quando nella legge sullo stato giuridico di quei dipendenti non sia contenuto un espresso divieto al riguardo, oltre
quello dell'art. 96 decreto n. 2960 del 1923. Ciò avviene ad es. per l'esercizio della professione di avvocato e procura tore da parte dei professori universitari e medi, consentito dall'art. 3 r. decreto legge 27 novembre 1933 n. 1578, nonché per l'esercizio delle professioni sanitarie (v. art. 10 decreto legisl. 12 settembre 1946 n. 233).
La Sezione ritiene, quindi, che non possa essere negata la compatibilità tra gli uffici ed impieghi relativi a pub blico insegnamento e l'ufficio di notaro, a meno che una
espressa norma, concernente un determinato ufficio o un determinato impiego relativo a pubblico insegnamento, non abbia a disporre in senso contrario.
Occorre perciò passare all'esame del secondo aspetto della questione e determinare se tra gli uffici ed impieghi
il Poso Italiano — Volume LXXV — Part« 111-12
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