sezione V; decisione 16 gennaio 1992, n. 46; Pres. Catallozzi, Est. Carboni; Casa di cura S. Anna(Avv. Braga) c. Comune di Brescia (Avv. Berlucchi). Annulla Tar Lombardia, sez. Brescia, 1°agosto 1986, n. 350Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 219/220-221/222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187448 .
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PARTE TERZA
occorrente per l'acquisizione del parere, dalla richiesta alla sua
ricezione, non è computato nel termine finale del procedimen
to, ove il parere medesimo sia reso nei termini di cui all'art.
16, 1° e 4° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241.
2. - L'acqusizione in via facoltativa di pareri e di valutazioni
tecniche di organi, amministrazioni o enti, al di fuori del caso
di cui al precedente comma, ha luogo con l'osservanza del ter
mine finale del procedimento. Art. 9 - Unità organizzativa responsabile del procedimento.
(. . . conforme all'art. 6 dello schema del ministero dell'inter
no, trattandosi di individuazione, che varia da amministrazione
ad amministrazione, correttamente effettuata dal ministero del
l'interno . . .). Art. 10 - Responsabile del procedimento. 1. - Il responsabile dell'unità organizzativa può affidare ad
altro dipendente addetto all'unità la responsabilità dell'istrutto
ria e di ogni altro adempimento inerente al singolo procedimento. 2. - Il responsabile del procedimento esercita le attribuzioni
contemplate dall'art. 6 1. 7 agosto 1990 n. 241 e dal presente
regolamento e svolge tutti gli altri compiti indicati nelle disposi zioni organizzative e di servizio nonché quelli attinenti all'appli cazione della 1. 4 agosto 1968 n. 15.
Art. 11 - Integrazioni e modificazioni del presente regolamento. 1. - I termini e i responsabili dei procedimenti amministrativi
individuati successivamente alla data di entrata in vigore del
presente regolamento saranno disciplinati con apposito regola mento integrativo.
2. - Entro due anni dalla data di entrata in vigore del presen te regolamento, e successivamente ogni tre anni, il ministro del
l'interno verifica lo stato di attuazione della normativa emanata
e apporta, nelle prescritte forme, le modificazioni ritenute ne
cessarie.
Art. 12 - Pubblicità aggiuntiva. 1. - Il presente regolamento, oltre che pubblicato nella Gaz
zetta ufficiale della Repubblica italiana, è reso pubblico ... Le
stesse forme e modalità sono utilizzate per le successive modifi
che e integrazioni. 2. - Gli uffici tengono a disposizione di chiunque vi abbia
interesse appositi elenchi recanti l'indicazione delle unità orga nizzative responsabili dell'istruttoria e del procedimento nonché
del provvedimento finale, in relazione a ciascun tipo di procedi mento amministrativo.
Art. 13 - Entrata in vigore. 1. - Il presente regolamento entra in vigore a decorrere (di
sposizione da non inserire ove si opti per l'ordinaria vacatio). Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inseri
to nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di
farlo osservare.
6. - Da un punto di vista formale, va ricordato che, nel pream
bolo, va eliminata la motivazione del provvedimento, non con sona al valore normativo dell'atto, e la formula «emana» va
sostituita con «adotta», trattandosi di regolamento ministeriale.
Infine, non sembra da condividere sul piano dell'opportunità — non cogliendosene il motivo — la scelta per l'immediata en
trata in vigore del regolamento, in deroga all'ordinaria vacatio.
7. - La sopra rilevata esigenza di uniformità richiede che co
pia del presente parere sia trasmessa alla presidenza del consi
glio dei ministri e al dipartimento per la funzione pubblica per ché ne venga data conoscenza e diffusione a tutte le ammini strazioni.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 16 gennaio 1992, n. 46; Pres. Catallozzi, Est. Carboni; Casa di cura S. Anna
(Avv. Braga) c. Comune di Brescia (Avv. Berlucchi). An
nulla Tar Lombardia, sez. Brescia, 1° agosto 1986, n. 350.
Edilizia e urbanistica — Contributi di concessione — Casa di
cura — Interventi edilizi — Esenzione parziale — Attività industriale diretta alla produzione di servizi — Assimilabilità
Il Foro Italiano — 1992.
(Cod. civ., art. 2195; 1. 28 febbraio 1977 n. 10, norme per l'edificabilità dei suoli, art. 9, 10).
L'intervento edilizio concernente una casa di cura privata, che,
pur svolgendo attività di interesse pubblico, non è inquadra
bile, agli effetti del pagamento dei contributi di concessione, nell'art. 9, lett. f), l. 28 gennaio 1977 n. 10, che riguarda i soli enti istituzionalmente competenti, è assimilabile agli in
terventi destinati ad attività industriali dirette alla prestazione di servizi, di cui all'art. 10. (1)
Diritto. — L'art. 9 1. 28 gennaio 1977 dispone che il contri
buto previsto dall'art. 3 (secondo cui «la concessione comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza
delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione») non è dovuto, tra l'altro «per gli impianti, le attrezzature, le
opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti isti
tuzionalmente competenti ...» (lett. f). Questa sezione, con de
cisione 10 dicembre 1990, n. 857 relativa al caso dell'edificio
scolastico di un imprenditore esercente attività di istruzione sco
lastica, ha statuito che l'esenzione si riferisce alle opere pubbli che (ossia opere di pubblico interesse eseguite da enti pubblici), la ridondante espressione legislativa sopra trascritta coinciden
do semplicemente con la definizione di opera pubblica; mentre
non compete alle opere eseguite da soggetti privati, quale che
sia la rilevanza sociale dell'attività dagli stessi esercitata nella
o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce; e
il principio va applicato anche al caso in esame, negando alla
società appellante il diritto all'esenzione totale prevista dalla ci
tata disposizione di legge. L'appellante, per sostenere la tesi del
l'esenzione, osserva che è illogico limitarla agli enti istituzional
mente competenti ad eseguire l'opera e non concederla anche
agli enti che, pur perseguendo interessi generali, non perseguo no come fine istituzionale quello dell'edificazione di opere quali
quella alla quale la concessione si riferisce. Senonché la tesi del
l'appellante di una parte si risolve in critica della disposizione
legislativa, la quale testualmente limita l'esenzione alle opere
eseguite dagli «enti istituzionalmente competenti» (cioè da enti
pubblici), dall'altra dice cosa errata attribuendo a sé la proprie tà di perseguire interessi generali, perché una società commer
ciale ha, per definizione, fine di lucro (art. 2247 c.c.: «Con
il contratto di società due o più persone conferiscono beni o
servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo
scopo di dividerne gli utili»), mentre la coincidenza dell'attività
d'impresa con l'utilità generale è criterio che introdurrebbe il
più puro soggettivismo, dal momento che chiunque svolge un'at
tività lavorativa o di impresa ritiene, solitamente, di essere utile
alla società civile. Quanto poi al fatto che la società S. Anna
operi in regime di convenzionamento con il sistema sanitario
nazionale (al 90%, specifica la ricorrente), esso non toglie che
si tratti pur sempre di un'impresa commerciale, che dalla colla
borazione con il servizio sanitario trae un corrispettivo. È invece fondata la domanda subordinata.
Dispone l'art. 10, 1° comma, 1. n. 10 del 1977; «La conces
(1) La sentenza annullata è riassunta in Foro it., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 498 e in extenso in Trib. amm. reg., 1986, 1, 3339.
Sulla necessità di un'interpretazione estensiva della categoria «costru zioni o impianti destinati ad attività industriali» di cui all'art. 10 1. 28 gennaio 1977 n. 10, v. Tar Lombardia, sez. II, 7 settembre 1987, n. 291, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 399; in particolare, sul caratte re industriale di attività finalizzate alla produzione di servizi, v. Tar
Lombardia, sez. II, 24 ottobre 1991, n. 1130, Riv. giur. edilizia, 1991, I, 1130.
Circa la nozione di attività industriale di cui all'art. 2195, 1° comma, c.c., cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 10 febbraio 1992, nn. 1456 e 1455, 10 gennaio 1992, nn. 199, 198 e 196, Foro it., 1992, I, 1108, con nota di richiami di M. De Luca.
Può esser utile ricordare che ai fini dell'applicabilità degli sgravi con tributivi dell'art. 18 d.l. 30 agosto 1968 n. 918, convertito in 1. 25 otto bre 1968 n. 1089 (sulla quale, cfr. da ultimo, la nota di richiami a Cass. 26 giugno 1991, n. 7193, ibid., 1236), si è ritenuto che detti sgravi spettano anche alle case di cura, atteso che esse costituiscono vere e
proprie imprese industriali, in quanto, normalmente dotate di una com
plessa organizzazione tecnica, svolgono, oltre all'attività sanitaria di cu ra e di assistenza degli ammalati, un'attività ricettizia inerente alla de
genza, simile a quella alberghiera e in sostanza, attraverso l'organizza zione di capitale e lavoro, si propongono un fine di lucro con la
predisposizione di servizi a terzi (Cass. 23 maggio 1989, n. 2469, id., Rep. 1990, voce cit., n. 421).
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
sione relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività indu striali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla
prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contri
buto pari all'incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi,
liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luo
ghi ove ne siano alterate le caratteristiche. L'incidenza di tali
opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in
base a parametri che la regione definisce . . .»; trattasi, quindi, di un contributo più favorevole di quello previsto dall'art. 3, che in sostanza si risolve nell'esenzione dalla quota di contribu
to commisurata al costo di costruzione.
La sentenza appellata ha respinto la domanda di esenzione
ai sensi dell'art. 10 affermando che, «pur ammettendo che la
clinica ... sia destinata alla prestazione di servizi, compren dendo in tale accezione anche le prestazioni sanitarie, non si
può però estendere il significato di impianto industriale e arti
gianale fino a ricomprendere anche un edificio adibito a casa di cura», senza però giustificare l'asserzione.
Ad opposto risultato deve invece pervenirsi esaminando il si
gnificato dell'aggettivo «industriale» nella sistematica del libro
quinto del codice civile, che, definito con l'art. 2082 l'imprendi tore come «chi esercita professionalmente una attività economi
ca organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni
o di servizi», distingue in primo luogo tra imprenditore agricolo
(definito dall'art. 2135) e imprenditore commerciale (il quale
ultimo, non definito dalla legge, è per tal modo semplicemente
l'imprenditore non agricolo), e poi nell'art. 2195 espone, ai fini
dell'obbligo d'iscrizione nel registro delle imprese, una nomen
clatura dei vari tipi di imprenditore commerciale. Lo stesso art.
2195 c.c. contiene la definizione dell'imprenditore industriale, laddove elenca in primo luogo fra gli imprenditori commerciali
quelli che esercitano «un'attività industriale diretta alla produ zione di beni e servizi»; e poiché non esiste impresa la cui attivi
tà non sia diretta alla produzione di beni e servizi (beni e servizi
esaurendo tutte le possibili utilità economiche), la definizione
di imprenditore industriale è soltanto negativa, dovendosi defi
nire industriale l'imprenditore non agricolo che non rientri nelle
altre categorie elencate nell'art. 2195 c.c., escludendone quindi
gli imprenditori che esercitano attività intermediarie nella circo
lazione dei beni (commercianti nel senso comune del termine), attività di trasporto, bancarie, assicurative, e ausiliarie delle at
tività medesime. Non vi è corrispondenza, pertanto, tra il signi ficato giuridico dell'aggettivo «industriale» e l'uso linguistico
comune, nel quale la parola ha il significato indefinito di im
presa «grande» — spesso in contrapposizione a quella artigia
na, che a rigor di termini è industriale essa stessa — ovvero
di impresa produttrice di beni, in contrapposizione ad impresa di servizi. Nell'art. 10 1. n. 28 del 1977, di cui si discute, che
oltretutto richiama sia la trasformazione di beni che la produ zione di servizi escludendo che si possa parlare di industriale
nel significato comune di «produttore di beni», altro significato
dunque non può assegnarsi alla locuzione «industriali o artigia nali» se non quello di imprese commerciali non esercenti né
commercio in senso stretto, né trasporto, né assicurazione, né
attività bancaria, né attività ausiliaria di quelle testé elencate.
Ne segue che l'attività sanitaria rientra a pieno titolo tra le
attività industriali.
Il comune di Brescia dovrà pertanto ricalcolare il contributo
ai sensi dell'art. 10, 1° comma, 1. 28 gennaio 1977 n. 10, e
restituire alla società S. Anna quanto quest'ultima pagato in
più con gli interessi legali dalla data del pagamento.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 3 gennaio 1992, n. 8; Pres. Catallozzi, Est. Trotta; Soc. Casa di cura Poli
specialistica e termale di Abano Terme e altri (Avv. Benve
nuti, Vaiano) c. Istituto Sherman e altri (Avv. Bonino, Chia
la), Regione Veneto e altri; Soc. Policlinico S. Marco (Avv.
Olivetti, Bianchini, Vaiano) c. Istituto Sherman e altri. An
nulla Tar Veneto, sez. I, 17 ottobre 1988, n. 826.
Sanità pubblica — Case di cura private — Riconoscimento co
me «presidi» di Usi — Utilizzazione da parte degli utenti del
Il Foro Italiano — 1992.
servizio sanitario nazionale — Delibera regionale — Legitti mità (D.p.r. 27 marzo 1969 n. 128, ordinamento interno dei
servizi ospedalieri, art. 12, 15, 16; 1. 23 dicembre 1978 n.
833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 25, 39,
41, 42, 43; d.l. 26 novembre 1981 n. 678, blocco degli organi ci delle unità sanitarie locali, art. 3; 1. 26 gennaio 1982 n.
12, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 26 no
vembre 1981 n. 678, art. 1).
È legittima la deliberazione con la quale una regione dispone che gli utenti del servizio sanitario nazionale possono utilizza re le case di cura private considerate «presidi» delle rispettive unità sanitarie locali, senza la previa autorizzazione di que
ste, anche per le prestazioni ambulatoriali, di radiodiagnosti ca e di laboratorio. (1)
Fatto. — La regione Veneto, con delibera di giunta n. 860
del 27 febbraio 1987, riconobbe ai sensi dell'art. 43, 2° comma, 1. 833/78, alcune istituzioni private come presidi delle rispettive Usi e precisamente: la Casa di cura di Abano Terme nell'ambi
to della Usi n. 21; la Casa di cura Pederzoli di Peschiera del
Garda nell'ambito della Usi n. 26; la Casa di cura Madonna
della Salute di Contarina nell'ambito della Usi n. 31; il Policli
nico S. Marco di Mestre nell'ambito della Usi n. 36.
Con una successiva delibera n. 8004 del 30 dicembre 1987, la giunta regionale stabili che l'accesso alle case di cura ricono
sciute «presidi» potesse avvenire, per le prestazioni specialisti che di radiodiagnostica e di laboratorio, in forma diretta e, quin
di, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte delle Usi
ai singoli pazienti. Ritenendo che tale provvedimento introducesse una discrimi
nazione illegittima e gravemente lesiva dei loro interessi, alcuni
laboratori convenzionati (Istituto Sherman s.n.c.; Studio analisi
cliniche dott. Munari s.a.s.; Fleming B. s.r.l.; A.R.C, s.r.l.; Laboratorio Emme; Centro biomedico termale s.r.l.; Laborato
rio analisi mediche Mestre s.r.l.; Centro radiologico Mestre s.r.l.; Sicur Lab. s.r.l.), con unico ricorso, impugnavano ambedue le
delibere regionali citate (la prima in quanto atto presupposto) chiedendone l'annullamento in base ai seguenti motivi: (omissis)
Il tribunale adito, con sentenza n. 826 del 17 ottobre 1988,
(Foro it., Rep., 1989, voce Sanità pubblica, n. 250), dichiarava
il ricorso inammissibile, per carenza di interesse e di legittima
zione, limitatamente alla delibera regionale 860/87, e ciò sul
rilievo che da tale provvedimento non nascerebbe alcuna lesione
(1) La sentenza annullata Tar Veneto, sez. I, 17 ottobre 1988, n.
826, è riassunta in Foro it., Rep. 1989, voce Sanità pubblica, n. 250. La questione, in ordine alla quale non si rinvengono altri precedenti
specifici, nasce dalla disciplina attualmente vigente sull'usufruibilità delle
prestazioni medico-specialistiche presso ambulatori, laboratori e simili, da parte degli utenti del servizio sanitario nazionale (art. 3 d.l. 678/81, nel testo risultante dall'art. 1 della relativa legge di conversione, con
modificazioni, 12/82). Il legislatore, per ovvie esigenze di contenimento dei costi, e, conseguentemente, di massimo sfruttamento delle strutture
pubbliche esistenti, indica, come soluzione prioritaria per l'erogazione delle prestazioni suddette, la loro utilizzazione. L'erogazione, invece, delle strutture convenzionate, è subordinata all'impossibilità per gli am bulatori e laboratori pubblici di provvedere entro termini considerati
ragionevoli: tre giorni, o anche immediatamente nei casi di urgenza mo tivata dal medico; e, quindi, condizionata al rilascio di specifica auto rizzazione da parte dell'unità sanitaria locale competente, sulla base del l'accertamento di tale impossibilità.
Però, l'art. 43 1. 833/78 prevede che determinate strutture private
possano essere riconosciute dalla regione come «presidi» delle rispettive unità sanitarie locali: con la conseguenza che gli utenti possono rivol
gersi direttamente ad esse, senza necessità del previo rilascio dell'auto
rizzazione suddetta. La questione di diritto dibattuta nella controversia è se tali «presidi»
possano erogare in simile forma semplificata solo attività di ricovero
e cura (come sostenuto dalla sentenza appellata), oppure anche le altre
prestazioni sanitarie, comprese quelle ambulatoriali, di radiodiagnostica e di laboratorio (come preferito dalla decisione ora riportata); ed era
stata sollevata da altre strutture private solo convenzionate, i cui inte
ressi sono pregiudicati, evidentemente, dalla più agevole utilizzabilità
dei «presidi». Sul potere di scelta dell'assistito per l'accesso alle strutture conven
zionate, cfr. (con riferimento a questione di giurisdizione) Cass. 12 feb
braio 1988, n. 1504, id., 1989, I, 499, con nota di richiami.
Circa il rimborso delle spese per accertamenti diagnostici presso strut
ture private non convenzionate, cfr. Corte cost. 27 ottobre 1988, n.
992, ibid., 1766, con nota di richiami.
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