sezione V; decisione 24 aprile 1989, n. 222; Pres. Gessa, Est. Trovato; Filipponi, Lodovici (Avv.Vespaziani) c. Comune di Rivodutri, Ficorilli e altri (Avv. Gianfelice). Conferma Tar Lazio, sez.II, 4 febbraio 1988, n. 323Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 5/6-7/8Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182956 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Ulteriori profili che, anche in relazione alla soluzione prescel
ta, possono porsi sono: se, una volta accertata l'esatta individua
zione da parte del ricorrente dell'amministrazione passivamente
legittimata (nella specie l'amministrazione dei trasporti), l'indica
zione del ministro in luogo dell'autorità emanante dia luogo ad
un semplice errore sull'organo, cui sia applicabile il disposto del
l'art. 4 1. 260/58; se la costituzione in giudizio dell'amministra
zione legittimata sana ex tunc ogni eventuale vizio avendo l'atto
raggiunto il suo scopo.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 24 aprile 1989,
n. 222; Pres. Gessa, Est. Trovato; Filipponi, Lodovici (Avv.
Vespaziani) c. Comune di Rivodutri, Ficorilli e altri (Aw. Gian
felice). Conferma Tar Lazio, sez■ II, 4 febbraio 1988, n. 323.
Giustizia amministrativa — Sentenza del tribunale amministrati
vo regionale — Condanna dei controinteressati alle spese —
Legittimità — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 90, 91, 92, 97; r.d. 17 agosto 1907 n. 642, regolamento per la procedura di
nanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, art. 68; 1.
6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrati
vi regionali, art. 26).
È legittima la sentenza con cui il tribunale amministrativo regio
nale, accogliendo parzialmente un ricorso in materia elettorale
con l'annullamento della proclamazione degli eletti, e dispo nendo la rinnovazione delle elezioni in un seggio, dopo che
la Corte costituzionale aveva rigettato la questione di costitu
zionalità sollevata dai controinteressati e dichiarata dal tribu
nale stesso non manifestamente infondata, condanna alle spese
gli interessati in solido col comune (nella specie, anche in prete sa difformità di quanto stabilito dal medesimo giudice in un
caso analogo). (1) È legittima la sentenza con cui il tribunale amministrativo regio
nale condanna il soccombente al pagamento di una somma,
determinandone l'ammontare globale, senza distinguere tra spese,
competenze ed onorari, e precludendo cosi il riscontro circa
il rispetto delle tariffe professionali. (2)
(1) La pronunzia applica al caso di specie l'orientamento secondo cui
la condanna alle spese è giustificata in relazione a considerazioni di tipo non soltanto strettamente giuridico, dovendosi tener conto di motivi di
equità e di convenienza: cosi Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 1987, n.
144, sez. VI 14 luglio 1987, n. 475, sez. V 6 febbraio 1987, n. 48, 31
gennaio 1987, n. 30, Foro it., Rep. 1987, voce Giustizia amministrativa, nn. 853-856; sez. V 14 luglio 1986, n. 364, id., Rep. 1986, voce cit., n. 763; sez. V 3 settembre 1985, n. 272, sez. VI 5 agosto 1985, n. 429, 19 dicembre 1984, n. 718, id., Rep. 1985, voce cit., nn. 594-596. Peral
tro, se da un lato può essere considerata motivazione sufficiente, per l'accollo delle spese, che le stesse seguono la soccombenza, Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 1984, n. 869, ibid., n. 597, non può ammettersi
che la parte totalmente vittoriosa non ottenga la condanna dell'avversario
al pagamento delle spese: Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 1986, n.
744, id., Rep. 1987, voce cit., n. 852 (sulla scorta di quanto ritenuto
da Cass. 6 novembre 1986, n. 6485, id., Rep. 1986, voce Spese giudiziali civili, n. 11; 10 aprile 1986, n. 2504, ibid., n. 31).
Nel caso di intervenuta cessazione della materia del contendere, la giuris
prudenza ammette che sia consentito al giudice di verificare la possibile fondatezza delle pretese del ricorrente, al fine di pronunciare sulla con
danna alle spese: Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 1987, n. 35, id., Rep.
1987, voce Giustizia amministrativa, n. 650; Tar Abruzzo, sez. Pescara, 30 maggio 1985, n. 251, id., Rep. 1985, voce cit., n. 559. Anche l'interve
niente può essere condannato alle spese: Cass. 30 luglio 1984, n. 4529,
id., Rep. 1984, voce Spese giudiziali civili, n. 18. La condanna alle spese
segue alla soccombenza, intesa in senso obiettivo, e non postula la dimo
strazione della responsabilità della parte che la subisce: Cons. Stato, sez.
VI, 17 novembre 1978, n. 1196, id., 1979, III, 322, con nota di richiami
(nella specie, era stata condannata alle spese la regione in un giudizio in cui era stato impugnato un atto del Coreco).
(2) La giurisprudenza richiede la distinzione, da parte del giudice, tra
le varie voci delle spese poste a carico soltanto se il giudicante, in presen za di una nota spese, liquida una minor somma rispetto a quella indicata:
Il Foro Italiano — 1990.
Diritto. — 1. - L'appello ha per oggetto la statuizione sulle
spese del giudizio di prime cure (condanna in solido delle parti
intimate, comune e controinteressati), emessa dal Tar Lazio, sez.
II, con la sentenza n. 323/88, in data 4 febbraio 1988, che ha
accolto in parte il ricorso del sig. Quirino Ficorilli e litisconsorti
avverso le operazioni elettorali per il rinnovo del consiglio comu
nale di Rivodutri, svoltesi il 12 e 13 maggio 1985.
Osserva la sezione che la pronuncia sulle spese, nel giudizio in primo grado, è regolata anzitutto dall'art. 26 1. 6 dicembre
1971 n. 1034, a norma del quale «in ogni caso la sentenza prov vede sulle spese del giudizio. Si applicano a tale riguardo le nor
me del codice di procedura civile».
Vengono cosi in rilievo i principi fissati tra gli art. 90 e 98
del predetto codice, applicabili anche ai giudizi elettorali (cfr. Cass.
16 novembre 1982, n. 6122 e n. 6123, Foro it., Rep. 1982, voce
Elezioni, n. 225 e voce Spese giudiziali civili, n. 13) e in partico lare i principi secondo cui le spese seguono, di regola, la soccom
benza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 1986, n. 619, id.,
Rep. 1986, voce cit., n. 33), in deroga e a temperamento di sif
fatta regola generale può essere disposta la compensazione quan do vi sia soccombenza reciproca, ovvero quando concorrano «giusti motivi» (v. art. 92, 2° comma, c.p.c., a questi ultimi fa riferi
mento anche l'art. 68 r.d. 642/1907, laddove si precisa, 3° com
ma, che «le spese possono essere compensate in tutto o in parte, ove concorrano giusti motivi»).
Come più volte affermato negli orientamenti giurisprudenziali
prevalenti, il giudice amministrativo ha poi ampi poteri discrezio
nali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione, ovvero per escluderla,
condannando alle spese (con il solo limite, in pratica, che non
può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa; cfr. Cons.
Stato, sez. V, 30 maggio 1959, n. 317, id., Rep. 1959, voce Giu
stizia amministrativa, n. 429; 31 gennaio 1987, n. 30, id., Rep.
1987, voce cit., n. 856; 6 aprile 1988, n. 417, id., Rep. 1988,
voce cit., n. 694). Del pari ampiamente discrezionale, in caso di
pluralità di soccombenti, deve ritenersi la valutazione circa la sus
sistenza del comune interesse, presupposto ex art. 97 c.p.c., per la condanna in solido.
Correlativamente in giurisprudenza, sia pure con sottolineature
non sempre omogenee, è stato ritenuto che: non occorre, di rego
la, una analitica motivazione, né per l'applicazione del principio
della soccombenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 1984,
n. 869, id., Rep. 1985, voce cit., n. 597), né per la sua deroga
in relazione ai giusti motivi (cfr. sez. IV 7 marzo 1984, n. 138,
id., Rep. 1984, voce cit., n. 669); tale discrezionalità è sindacabi le solo nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi
illogica o comunque errata, alla stregua dell'eventuale motivazio
ne addotta (sez. V 28 febbraio 1987, n. 144, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 853) oppure tenendo conto da un lato, in punto di diritto,
del cennato principio secondo cui di regola le spese seguono la
soccobenza (sez. IV 29 settembre 1986, n. 619, id., Rep. 1986,
voce Spese giudiziali civili, n. 33; 19 novembre 1986, n. 744, id.,
Rep. 1987, voce Giustizia amministrativa, n. 852), e dall'altro,
in punto di fatto, delle vicende e delle circostanze emergenti dal
giudizio (sez. V 23 giugno 1984, n. 493, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 668). Alla luce dei suesposti principi, va disattesa la prima delle ar
gomentazioni svolte dagli odierni appellanti, secondo cui vi era
no, nella specie, giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
Invero, nel quadro complessivo della vertenza, appare corretta,
sul piano logico, la decisione del tribunale amministrativo di con
dannare in solido i resistenti in primo grado al pagamento delle
spese, posto che, pur se parziale, l'accoglimento del ricorso aveva
inciso in modo sostanziale sul risultato elettorale (implicando l'an
nullamento del verbale di proclamazione degli eletti e la rinnova
zione della consultazione relativamente al terzo seggio elettorale)
e che l'eccezione di illegittimità costituzionale delle norme appli
cate per pronunciare il cennato annullamento, anche se a suo
tempo ritenuta non manifestamente infondata dal Tar, era stata
tuttavia disattesa dalla Corte costituzionale.
Cass. 21 novembre 1983, n. 6952, Foro it., Rep. 1984, voce Spese giudi ziali civili, n. 21; 6 marzo 1982, n. 1441, id., Rep. 1983, voce cit., n.
44; 11 gennaio 1978, n. 99, id., 1978, I, 333.
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PARTE TERZA
D'altra parte neppure ha rilievo la circostanza che l'accogli mento del ricorso sia stato disposto in base a motivo, ove si evi
denziava un errore commesso da un organo della pubblica ammi
nistrazione (l'omessa vidimazione delle liste degli elettori).
Invero, come già affermato da questa sezione (v. decisione 12
maggio 1978, n. 557, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1060), la con
danna della parte soccombente prescinde da ogni considerazione
circa la sua responsabilità per i fatti che hanno determinato l'a
zione giurisdizionale avversaria. Essa si collega, in altri termini,
alla circostanza oggettiva della soccomenza e non ha di per sé
natura sanzionatoria. Può quindi essere condannato alle spese il
controinteressato, costituitosi in giudizio, ancorché l'illegittimità dell'atto impugnato sia imputabile all'amministrazione.
2. - L'ulteriore assunto degli appellanti — secondo cui in altro
caso, identico a quello odierno, il medesimo tribunale aveva con
dannato alle spese l'amministrazione comunale e non anche i con
trointeressati — non ha pregio, trattandosi di precedente giuris
prudenziale privo di effetti giuridici nell'odierno giudizio (riguar dante parti e oggetto differenti).
3. - Infondata è infine la terza doglianza con la quale si lamen
ta che la liquidazione è stata effettuata in modo globale senza
distinguere le spese, le competenze e gli onorari e in difformità
rispetto alle tariffe professionali ovvero comunque in modo tale
da non consentire di controllare se le tariffe siano state rispettate. Da un lato infatti non si ravvisano norme che impongono, in
via generale, al giudice amministrativo di evidenziare in sede di
liquidazione l'ammontare delle singole partite computate (in par ticolare le spese per gli atti del procedimento e gli onorari di
difesa), richiedendosi invece, come necessaria, una statuizione sulle
spese in senso generico e ampio (v. art. 68, 1° comma, r.d.
642/1907 e 26 1. 1034/71), ivi compresi dunque gli onorari di
difesa. Il che non appare del resto incompatibile con l'art. 92
c.p.c. (richiamato dall'art. 26) a norma del quale l'ammontare
delle spese va liquidato «insieme con gli onorari di difesa», vale
a dire — ad avviso della sezione — non necessariamente in modo
differenziato, ma anche in via complessiva.
Dall'altro, anche per quanto riguarda la detta liquidazione com
plessiva il giudice ha ampi poteri discrezionali (Cons. Stato, sez.
V, 14 luglio 1986, n. 364, id., Rep. 1986, voce cit., n. 763) rispet to ai quali il sindacato del giudice d'appello, a seguito del ricorso
del soccombente (per il caso opposto, v. sez. V 14 maggio 1983, n. 158, id., Rep. 1983, voce cit., n. 735) non può esplicarsi se
non nei limiti in cui, allo stato della documentazione depositata in giudizio (parametro oggettivo di ricontro) la liquidazione me
desima possa ritenersi illogica, per eccesso, in relazione, oltre che
alle spese effettivamente sostenute, in particolare, quanto agli ono
rari, in relazione ai valori massimi previsti nelle tariffe professio nali (cfr. Cass. 25 settembre 1974, n. 2521, id., Rep. 1974, voce
Avvocato e procuratore, n. 65). Il che nella specie non viene contestato, al di là di una generica
e quindi inammissibile doglianza di violazione delle tariffe, co munque non riscontrabile allo stato degli atti (cfr. d.m. 31 otto
bre 1985).
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 8 marzo 1989, n. 152; Pres. Paleologo, Est. Patroni Griffi; Castelletti ed
altri (Avv. Silvestro) c. Min. grazia e giustizia. Annulla Tar
Lazio, sez. I, 12 gennaio 1983, n. 7.
Giustizia amministrativa — Rapporto di pubblico impiego — Ac
certamento — Domanda — Procedura dei silenzio-rifiuto —
Necessità — Esclusione.
Impiegato dello Stato e pubblico — Rapporto di pubblico impie
go — Esclusione — Fattispecie (L. 12 giugno 1973 n. 349, mo
dificazioni alle norme sui protesti delle cambiali e degli assegni
bancari, art. 1, 2, 3).
L'azione volta ad ottenere l'accertamento della natura pubblici stica del rapporto costituitosi con una pubblica amministrazio
1l Foro Italiano — 1990.
ne verte in materia di diritti soggettivi e, pertanto, non com
porta l'onere del previo esperimento della procedura del silenzio
rifiuto. (1) Non è di pubblico impiego, ma ha natura di diritto privato, il
rapporto costituitosi tra l'ufficiale giudiziario ed i c.d. presen tatori di titoli di credito, attesa l'esclusiva riferibilità al primo dell'attività pubblicistica consistente nella levata del protesto, la natura meramente abilitativa delI'«atto di nomina» del pre sentatore da parte del presidente della corte d'appello e, per
tanto, l'assenza di inserimento del presentatore nell'organizza
zione amministrativa. (2)
(1) Circa l'inutilizzabilità del procedimento volto alla formazione del
silenzio-rifiuto qualora la pretesa sostanziale fatta valere abbia la consi
stenza di diritto soggettivo, si veda, da ultimo, Tar Lombardia, sez. Ili, 19 novembre 1986, n. 512, Foro it., Rep. 1987, voce Impiegato dello
Stato, n. 967, in riferimento all'azione diretta ad ottenere l'accertamento
del diritto agli interessi per il ritardo nella corresponsione dell'indennità di buonuscita Enpas; Cons, giust. amm. sic. 7 ottobre 1985, n. 120, id.,
Rep. 1985, voce cit., n. 62, la quale precisa che nelle ipotesi in esame «il comportamento amministrativo che concreta la lesione rileva non co
me atto bensì come semplice fatto, e cioè come inadempimento di un'ob
bligazione preesistente, ed è quindi espressione di una condotta che non
rientra nell'area di diritto pubblico (...) ma nell'area di diritto comune»; Cons. Stato, sez. V, 19 luglio 1984, n. 555, id., Rep. 1985, voce Giustizia
amministrativa, n. 186, in riferimento alla domanda di corresponsione dell'indennità per servizio di istituto formulata da vigili urbani con attri
buzione della qualifica di agenti di pubblica sicurezza; Tar Campania, sez. II, 3 aprile 1984, n. 169, id., Rep. 1984, voce cit., n. 240, a proposi to di provvedimento vincolato (stipulazione da parte dell'amministrazio
ne di contratti di formazione con giovani avviati dall'ufficio di colloca
mento) sul rilievo che ben poteva l'interessato domandare direttamente al giudice il provvedimento negatogli; Cons. Stato, sez. VI, 22 dicembre
1983, n. 909, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 1073, in ipotesi alla
domanda di riconoscimento dell'infermità dipendente da causa di servi
zio. Contra, Cons. Stato, sez. II, 11 febbraio 1981, n. 1398/78, id., Rep. 1982, voce Ricorsi amministrativi, n. 32, che ha dichiarato l'inammissibi
lità del ricorso (straordinario) proposto avverso l'inerzia serbata dalla pub blica amministrazione nei confronti della pretesa del privato, ancorché
questa avesse consistenza di diritto soggettivo, senza il previo esperimen to della procedura del silenzio-rifiuto.
La natura vincolata o discrezionale del provvedimento oggetto della
pretesa del privato, qua e là emergente quale elemento qualificante ai
fini della questione in esame, risulta spesso decisiva. Sul punto, Cons.
Stato, sez. V, 9 marzo 1984, n. 228, id., Rep. 1984, voce Giustizia ammi
nistrativa, n. 113, che ha dichiarato inammissibile l'azione di accertamen
to proposta da un pubblico dipendente al fine di ottenere un migliore inquadramento, poiché in presenza di potere autoritativo (non importa se vincolato o meno) di disporre quanto alla posizione degli impiegati nell'ambito della struttura burocratica, la situazione soggettiva dei mede simi è di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
In dottrina, sul silenzio rifiuto, in generale, si vedano, da ultimo, Pai
sio, La difesa del cittadino di fronte al silenzio della pubblica ammini
strazione, Apollonio, Brescia, 1987; Abbamonte, Silenzio rifiuto e pro cesso amministrativo, in Dir. proc. ammin., 1985, 20; Saporito, Sospen sione del silenzio della pubblica amministrazione e di atto di controllo
negativo, in Foro it., 1985, III, 41; Sala, Problemi del processo ammini strativo nella giurisdizione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato - Ili, Oggetto del processo e silenzio dell'amministrazione, in Dir. proc. ammin., 1984, 147; Correale, Silenzio-rifiuto e termine per l'impugnati va, in Foro amm., 1982, I, 1667.
(2) Sulla questione di specie non constano precedenti editi, fatta salva la pronuncia del giudice del riparto citata in parte motiva (Cass. 6 feb
braio 1984, n. 887, Foro it., Rep. 1984, voce Titoli di credito, n. 24).
Quest'ultima nega recisamente che l'attività dei c.d. presentatori abbia
per oggetto lo svolgimento di funzioni pubbliche, qualificando la medesi-t
ma, al più, come «attività relativa alla tutela della fede pubblica»; la
sentenza in epigrafe, analogamente, individua nella sola levata del prote sto, unicamente riferibile agli ufficiali giudiziari (od ai notai), un'attività di diritto pubblico. Ciò non esclude, come evidenziato dalla giurisprudenza penalistica, che alla formazione dell'atto di protesto concorrano sia il
presentatore che l'ufficiale giudiziario (od il notaio) e che qualora il pri mo attesti, contrariamente al vero, di essersi recato presso il domicilio del debitore è configurabile, nei suoi confronti, il reato di falso ideologi co in atto pubblico.
In argomento, Cass. 31 gennaio 1984, n. 752, ibid., voce Lavoro (rap porto), n. 418, conferma che le prestazioni dei presentatori hanno natura di rapporto di lavoro c.d. gestorio, assoggettato alle regole proprie del
contratto di lavoro subordinato, escludendo la riconducibilità del medesi
mo allo schema legale del mandato. Per fattispecie in parte analoga di assunzioni di soggetti estranei al
l'amministrazione, chiamati ad operare in stretto contatto con il persona
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