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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione V; decisione 24 gennaio 1947; Pres. Savini...

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione V; decisione 24 gennaio 1947; Pres. Savini Nicci P., Est. De Marco; Società industriale marmi di Italia (Avv. Fontana, D'Audino) c. Prefetto di Massa e Carrara, Mariani e Freschi Source: Il Foro Italiano, Vol. 70, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1947), pp. 125/126-129/130 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23139422 . Accessed: 28/06/2014 15:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 15:36:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione V; decisione 24 gennaio 1947; Pres. Savini Nicci P., Est. De Marco; Società industrialemarmi di Italia (Avv. Fontana, D'Audino) c. Prefetto di Massa e Carrara, Mariani e FreschiSource: Il Foro Italiano, Vol. 70, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1947),pp. 125/126-129/130Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23139422 .

Accessed: 28/06/2014 15:36

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125 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Ì26

dimostrazione. È noto che l'art. 429, di per sè, ò invo

luto, e sarebbe quasi inintelligibile, se la norma non fa cesse implicito riferimento alla legislazione anteriore, e

specialmente alla legge 16 giugno 1938 n. 1303. La po sizione di diritto può riassumersi nei seguenti termini :

а) art. 3 r. decreto 1° luglio 1926 n. 1130: «Le Amministrazioni dello Stato, delle Provincie, dei Comuni e delle istituzioni pubbliche di beneficenza non possono far parte di associazioni di datori di lavoro legalmente riconosciute. . . La stessa norma vale . . . per gli istituti ed enti parastatali e per le Casse di risparmio » ;

б) art. 1 legge 16 giugno 1938 n. 1303 : «Il divieto di far parte di associazioni sindacali, sancito dall'art. 3 r. decreto 1° luglio 1926 n. 1130, è revocato per quanto concerne gli enti pubblici, comunque denominati, i quali operino nel campo della produzione e svolgano una at tività economica in regime di concorrenza. Con regi de

creti, da emanarsi su.proposta del Ministro per le corpo razioni, di concerto col Ministro per le finanze e con gli altri Ministri interessati, sentiti il Comitato corporativo centrale ed il Consiglio dei ministri, può essere revocato il divieto . . . per gli altri enti pubblici, comunque deno

minati, purché operanti nel campo della produzione e

svolgenti una attività esclusivamente o prevalentemente economica». (Evidentemente, occorreva un esame caso per caso, ente per ente, al fine di vedere se si verificasse la

prevalenza o meno).

Aggiungeva, infine, l'art. 3 di tale legge che ogni rego lamentazione di rapporti di lavoro (mediante contratto

collettivo) per gli enti pubblici anzidetti era soggetto a

preventivo nulla osta del Ministero competente, nonché

del Ministero delle finanze. Il che vale a ben caratteriz

zare i contratti collettivi di cui si tratta e l'interesse che 10 Stato prendeva in subiecta materia.

Tutto ciò posto, è agevole rilevare :

1° che l'inquadramento di un ente nell'una e nel

l'altra categoria (enti aventi o non carattere prevalente mente economico) richiedeva una complessa attività e un

complesso procedimento, miranti, si noti bene, non solo e

non tanto a spostare la competenza per le controversie di

lavoro, ma piuttosto, e principalmente, ad assoggettare

gli enti ad un regime sindacale (contratti collettivi aventi

valore cogente ecc.) ; dichiarato l'assoggettamento, lo spo stamento della competenza si verificava in via conseguen ziale ed accessoria, secondo un canone logico : accesso

rium sequitur principale. Oggi, scomparso il principale, si

vuole che sia rimasto in vita l'accessorio ; 2° che la pronuncia amministrativa di inquadra

mento, naturalmente, poteva avere solo il valore relativo

e contingente che è proprio di tutte le pronuncio ammi

nistrative. Epperò il decreto di inquadramento ben poteva essere annullato o dichiarato nullo ove si accertasse la

esistenza di vizi di legittimità. Ma, quel che è decisivo, 11 decreto di inquadramento avrebbe potuto cadere ed essere revocato, anzi avrebbe dovuto essere revocato,

quando fossero venuti meno i presupposti di fatto voluti

dalla legge (attività in regime di concorrenza ; attività

prevalentemente economica). E chiaro che, ove l'attività

di un ente si fosse sviluppata in altra direzione, sì da

spostare il rapporto di prevalenza, il procedimento doveva

essere sottoposto ad una revisione, per una nuova pro nuncia.

Potrebbe, allo stato delle cose, avvenire una tale revi

sione ? Il Collegio ritiene che la risposta non possa essere

che negativa ; e ciò sia perchè, venuto meno il Comitato

corporativo centrale, manca ormai l'organo cui la legge attribuiva la competenza a provvedere, sia perchè, d'altra

parte, avrebbe sapore anacronistico ed illogico il decidere

per l'avvenire che un ente possa o non iscriversi ad asso

ciazioni sindacali che più non esistono. Non solo : se dopo il 1943 sono sorti altri enti cosidetti economici, e se altri

ne sorgessero in futuro, mancherebbe il modo di fare a tali

enti il trattamento previsto dalla legge del 1938. Da quanto

precede risulta, altresì, non poter essere condiviso il con

cetto (affermato per sostenere la tesi contraria) essere

ormai « fissato » (dopo avvenuto l'inquadramento) lo status

sindacale ed essere ormai la funzione dell'inquadramento « esaurita », sì da radicare nei secoli la competenza giudi ziaria.

Tutto ciò porta necessariamente a ritenere l'abrogazione dell'art. 429 per incompatibilità con le disposizioni che,

sopprimendo l'ordinamento sindacale e sopprimendo il Co

mitato corporativo centrale, hanno reso impossibile la re

golare tenuta e l'aggiornamento, ad opera della autorità

competente, di quell'elenco di enti pubblici agenti in regirile di concorrenza ovvsso prevalentemente economici di cui

parla la legge del 1#38. Sembra poi ovvia la considera zione che, se il legislatore nel 1938 ha attribuito la potestà di fare accertamenti ed elenchi al Capo dello Stato, udito

il Comitato corporativo centrale, non può tale potestà in tendersi trasferita (senza una legge ad hoc) al giudice or

dinario, sia pure ai più limitati effetti di radicare la com

petenza giudiziaria. Né una tale legge, del resto, sarebbe

provvida e commendevole, poiché gli estremi per la deter minazione della competenza debbono esistere a priori, prima che la lite insorga, e non possono essere ricono

sciuti o dichiarati dal giudice adito su richiesta della

parte, richiesta fatta a mero titolo di tentativo. Per tutte queste ragioni, il Collegio, affermata la pro

pria competenza, passa ad esaminare se il ricorso sia stato notificato in conformità a legge. Il Collegio ritiene che la risposta debba essere affermativa.

L'art. 36 del testo unico delle leggi sul Consiglio di

Stato dichiara che il ricorso deve essere notificato tanto alla autorità che ha emanato l'atto impugnato quanto alle persone alle quali l'atto «direttamente si riferisce», ed ammette, del resto, che questa materia debba essere

riguardata senza ingiustificato rigore, giacché l'articolo

prosegue rilevando che la notificazione può essere rinno

vata o anche integrata, ove l'errore possa essere ritenuto

scusabile. Ciò posto, sembra del tutto giustificata qualche

precedente pronuncia che ha avvisato che la notifica è

prescritta a pena di decadenza solo nei confronti delle

persone controinteressate, che siano direttamente indivi

duabili attraverso il provvedimento impugnato (IV Se

zione 28 luglio 1936, n. 401). Nella specie, si impugna un bando di concorso interno del 13 ottobre 1945 ed una

nota della Amministrazione (20 novembre 1945) con la

quale si rigettavano le proteste o riserve del Mortola e

consorti. Il bando di concorso scadeva il 31 ottobre 1945 ; ma poi il termine fu riaperto e prorogato sino al 15 di

cembre 1945. Il ricorso fu notificato il 5 dicembre 1945.

Potevano, ed in che modo, i ricorrenti conoscere chi erano i concorrenti controinteressati a resistere al ricorso ì Può

dirsi non soltanto che tali persone non erano indicate

nell'atto impugnato, ma non erano neppure individuabili

dai ricorrenti, salvo che la Amministrazione, interpellata, avesse creduto di favorire le relative notizie ai Mortola ed altri ; in ogni caso, non sarebbesi potuto trattare di

notizie sicure e definitive, poiché il secondo termine per partecipare al concorso scadeva il 15 dicembre 1946. La

eccezione di decadenza per incompletezza di notifica deve

essere quindi respinta ; quanto meno, non potrebbe disco

noscersi che l'errore sia stato scusabile. Ma non è il caso di disporre una integrazione di notifica, perchè molti con

trointeressati si sono volontariamente costituiti in giudi zio, e non risulta che ve ne siano altri. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 24 gennaio 1947 ; Pres. Savini Nicci

P., Est. De Makco ; Società industriale marmi di

Italia (Avv. Fontana, D'Audino) c. Prefetto di Massa

e Carrara, Mariani e Freschi.

Preletto — Provvedimento emanato in base all'art. 18

1. com. e prov. — Carattere definitivo (R. d. 3 marzo

1934 n. 383, t. u. legge com. e prov., art. 5, 19 ; r.

d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. sul Consiglio di Stato, art. 34).

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127 PARTE TERSA 128

I decreti prefettizi, emanati in base all'art.. 19 legge com. e

prov., hanno carattere definitivo. (1)

La Sezione, ecc. — (Omissis) In via preliminare deve

essere esaminata la questione sollevata dal patrocinio delle

ricorrenti circa il carattere del provvedimento impugnato, in quanto dalla soluzione di tale questione dipende l'am

missibilità del ricorso. In sostanza, si invoca la revisione

della giurisprudenza di entrambe le Sezioni giurisdizionali nonché di quelle consultive di questo Consiglio, che, dopo la decisione 4 maggio 1935, n. 488, di questa Sezione, pur senza più esaminare ex professo la questione, hanno con

cordemente e costantemente ritenuto che i provvedimenti emanati dal prefetto, in base all'art. 19 del testo unico

3 marzo 1934 n. 383, non hanno carattere definitivo. Ad

onor del vero, specie di fronte al largo uso che di recente

è stato fatto e continua a farsi della potestà conferita

dalla citata norma, uso non sempre legittimo, questa Se

zione il problema della revisione della citata giurispru denza se l'era posto spontaneamente. È bene, quindi, af

frontarlo senz'altro.

Quantunque non sia, nella sua formulazione, dissimile dal corrispondente art. 328 del testo unico 4 febbraio 1915

n. 148, l'art. 5 del testo unico 3 marzo 1934 n. 383, nella

parte in cui dispone che, « salvo che la legge non disponga altrimenti, contro i provvedimenti dulie autorità governa tive inferiori è ammesso ricorso in via gerarchica alle auto rità superiori », è stato accolto dalla dottrina e, sopratutto, dalla giurisprudenza come profondamente innovatore.

È noto, infatti, come anteriormente alla sua emana

zione, nonostante una annosa elaborazione dottrinale e

giurisprudenziale, non si era pervenuti alla formulazione di un principio generale che potesse servire di guida sicura in ogni caso, per stabilire se un determinato provvedi mento avesse o non carattere definitivo e si era riusciti

soltanto a stabilire taluni criteri in base ai quali, non senza

qualche incertezza, si poteva, caso per caso, attribuire ad

un provvedimento l'uno o l'altro carattere.

Pertanto, non appena il detto art. 5 venne emanato, assunse subito una grande importanza sia in dottrina sia in giurisprudenza, in quanto si ravvisò in esso quel prin cipio sicuro ed univoco che invano prima si era ricercato, anche se, in definitiva, questo principio si risolveva nella

espressa disposizione di legge. Abbandonati i criteri in

precedenza stabiliti, si ritenne infatti, che si dovesse sem

pre presumere l'ammissibilità del ricorso gerarchico e

quindi la non definitività del provvedimento, e che la de

finitività dovesse essere espressamente dichiarata. In tal senso seguì anche una netta e chiara tendenza legislativa diretta ad applicare lo stesso principio dell'art. 5 della legge comunale e provinciale in occasione della revisione delle

leggi amministrative, talvolta addirittura con espresso ri chiamo a tale legge (art. 347 t. u. 27 luglio 1934 n. 1265).

Di questa tendenza è indice e frutto anche la decisione di questa Sezione n. 488 del 4 maggio 1935 (Foro it., 1935, ITI, 174), con la quale fu affermato per la prima volta il carattere non definitivo dei provvedimenti emanati dal

(1) Decisione di notevole importanza e che modifica una costante giurisprudenza durata più di un decennio.

Sulla definitività dei decreti prefettizi vedi anche, recente mente : V Sezione 21 luglio 1946, ric. De Noia, infra, col. 145; e 18 settembre 1946, retro, 28, con osservazione di Jemolo, con la quale è stato riconosciuto il carattere definitivo al decreto pre fettizio di assegnazione obbligatoria di mano d'opera a ditte private.

La decisione, citata nella motivazione, della V Sezione 4 mag gio 1935, che per prima affermò il carattere non definitivo dei decreti prefettizi emanati in base all'art. 19, fu pubblicata in Foro it., 1935, III, 174; quella della IV Sezione 16 marzo 1940, può leggersi in Foro it., 1941, III, 34 e nota ivi.

Veggasi pure la elaborata ed acuta nota di It. Luci predi, Nuovi indirizzi giurisprudenziali in materia di -provvedimenti defi nitivi, in Foro it., 1936, III, 97, che criticò l'orientamento a base del mutamento giurisprudenziale a seguito del t. u. del 1934 ; vedi pure dello stesso autore la recente nota, Ritornano i provve dimenti definitivi impliciti, in Giur. Cass, civ., 1945, I, 407.

prefetto in base all'art. 19, comma quinto, della legge co munale e provinciale. Infatti, nella parte motiva di questa decisione vi è un'ampia premessa, nella quale si illustra

appunto il sopra rilevato carattere innovatore del più volte

citato art. 5. Ma in questa stessa premessa non si giunge, tuttavia, fino ad affermare che si possa escludere la esi

stenza di atti definitivi impliciti ed anzi si ammette clie,

pur mancando una espressa dichiarazione di definitività, si debbano considerare definitivi i provvedimenti emanati

in forza dell'attribuzione di una competenza esclusiva o

che rispondano alla necessità, in ragione di determinati

fini da conseguire, di provvedere rapidamente, in modo

che sia urgente esaurire la relativa procedura. La IV Sezione (decisione 16 marzo 1940, n. 165, in

Foro it., 1941, III, 34) è andata più in là, in quanto ha

affermato che l'art.- 5 non può intendersi nel senso che

per ogni singolo provvedimento la legge debba sancire la

definitività, e che è pur necessario istituire, caso per caso, una indagine diretta ad accertare sé un determinato prov vedimento appartenga ad un certo tipo ed abbia una certa

contenenza e natura che, in rapporto ad espresse dichia

razioni di legge, rispetto a provvedimenti dello stesso ge nere, lo debba far ritenere o non ritenere definitivo.

Ciò posto, il problema si circoscrive alla indagine circa

la possibilità di considerare implicitamente definitivi i

provvedimenti del prefetto di cui si tratta, dato che manca

nell'art. 19 una espressa dichiarazione di definitività. Una

siffatta indagine venne eseguita anche con la decisione

n. 488 del 1935, ma venne conclusa negativamente per il

riflesso che l'attribuzione al prefetto della potestà di cui

al quinto comma dell'art. 19 T. U. 3 marzo 1934 n. 383, non è i accompagnata da alcuna particolare circostanza

che valga a sottrarre l'esercizio di tale facoltà alla normale

impugnativa in via gerarchica ». Si escluse infatti, che vi

fosse un'attribuzione di competenza esclusiva e si ritenne

che la definitività implicita non potesse desumersi nè dal

carattere discrezionale del provvedimento nè dal fatto che

nel provvedimento stesso è presupposto un apprezzamento di condizioni ed esigenze locali. D'altra parte, poiché an

teriormente alla emanazione del testo unico del 1934

l'analogo provvedimento, emesso in base all'art. 3 T.

U. del 1915, era stato ritenuto costantemente definitivo

e dalla dottrina e dalla giurisprudenza, si ravvisò nella

maggiore ampiezza dei poteri attribuiti al prefetto dal

l'art. 19 del nuovo testo unico, di fronte a quelli di cui all'art. 3 del precedente testo unico, con la correlativa

maggiore responsabilità dell'Amministrazione, nonché nel

rigoroso accentramento dei poteri, che aveva reso più rigo rosa la dipendenza gerarchica, la conferma che il ricorso

gerarchico dovesse considerarsi come tipico rimedio giuri dico per quel provvedimento.

Altri due argomenti sussidiari si ritenne, infine, di poter trarre dal fatto che l'art. 5 T. U. del 1934 ha sostituito

l'espressione « provvedimenti delle autorità inferiori», usata dal corrispondente art. ÌJ28 T. U. del 1915, con l'altra a autorità governative inferiori » e dal fatto che l'art. 2 del testo unico delle leggi di P. S., approvato con r. de creto 18 giugno 1931 n. 773, ammette espressamente il ricorso gerarchico avverso i provvedimenti emessi dal pre fetto nell'esercizio di una potestà del tutto analoga a quella

conferitagli dal quinto comma dell'art. 19 del testo unico della legge comunale e provinciale del 1934.

Se questi sono, in sostanza, gli argomenti in base ai

quali si credette di poter affermare la non definitività dei

provvedimenti di che trattasi, evidentemente, ai fini della

proposta indagine, occorre controllarne la esattezza e, so

pratutto, la concludenza. Procedendo in tal senso, deve subito riconoscersi che i due ultimi argomenti, che si

sono definiti, sussidiari, anche se esatti, sono incon

cludenti. La diversità delle espressioni usate dall' ar ticolo 328 T. U. 1915 e dall'art. 5 T. U. del 1934 indub

biamente esiste ed è stata esattamente rilevata, ma si spiega benissimo con le esigenze di un maggior rigore tecnico nella terminologia. Solo tra autorità governative, infatti, esiste quel rapporto di gerarchia che può giustificare l'esi stenza di un ricorso dall'una all'altra, mentre tra autorità

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129 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ISO

autarchiche e governative non può ravvisarsi, se non « im

propriamente », nei soli casi stabiliti dalla legge, l'esistenza

di un rapporto siffatto, che leghi le une alle altre, e, se

di gerarchia si può parlare, lo si può soltanto in relazione

alla organizzazione interna degli enti autarchici. Conseguen temente, la cennata diversità di espressione non ha conte

nuto nè significato sostanziale, e si risolve soltanto nella

espressione dello stesso concetto in forma più tecnica e,

quindi, più precisa. D'altra parte, è vero che, per l'art. 2

del testo unico delle leggi di P. S., i provvedimenti che

in caso di urgenza o di necessità il prefetto può emanare

a tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica sono soggetti a ricorso gerarchico, ma è vero altresì che

il corrispondente art. 2 T. U. delle stesse leggi del 1926, dal quale la norma storicamente trae origine, li dichiarava

invece definitivi. Anche questo argomento quindi si appa lesa inconcludente, sopratutto poi se diretto a dimostrare

una tendenza legislativa, dato che, come già si è rilevato, se una tendenza del genere esiste, è chiaramente rivolta

a generalizzare quanto più sia possibile il sistema dell'art. 5

T. U. 1934 legge com. e provinciale. L'altro argomento che vorrebbe trarsi dalla maggiore ampiezza dei poteri attribuiti al prefetto dall'art. 19 T. U. del 1934, in

confronto all'art. 3 del T. U. 1915, messa in relazione

col rigoroso accentramento dei poteri attuato in regime fascista, è facilmente invertibile : una attribuzione di mag

giori poteri ad una autorità locale, in un periodo in cui

era manifesta la tendenza all'accentramento, doveva infatti, come meglio si vedrà in seguito, essere ben diversamente

interpretata. Esatti infine, ma non rilevanti e tanto meno

decisivi gli argomenti con i quali si esclude che possa de

sumersi la definitività del provvedimento dal suo carat

tere discrezionale o dal fatto che presuppone l'apprezza mento di condizioni ed esigenze locali.

In conclusione, tutti gli argomenti finora esaminati non

danno una ragione certa ed inconfutabile del perchè il

provvedimento in esame dovrebbe considerarsi non defi

nitivo ; ma d'altra parte non basta eliminare tali argo menti per concludere senz'altro che il provvedimento stesso

debba considerarsi definitivo.

Resta quindi il primo degli argomenti addotti dalla

giurisprudenza in esame per escludere la definitività del

provvedimento in questione, che è poi l'unico, se esatto, effettivamente decisivo : quello cioè, col quale si esclude

che i poteri in base ai quali il provvedimento stesso è

emanato siano esplicazione dell'attribuzione di una compe tenza esclusiva. Si è detto al riguardo che una autorevole

dottrina ha riconosciuto che vi sia attribuzione di com

petenza esclusiva soltanto allorché, nel conferire una data

facoltà ad una autorità determinata, il legislatore abbia

provveduto alla protezione del singolo sotto forma diversa

dal rimedio gerarchico, o allorché sia chiaro che la neces

sità di provvedere rapidamente, in ragione di determinate

finalità da conseguire, renda urgente l'esaurimento di una

data procedura, ed in casi analoghi. Si è poi escluso che

ricorresse, rispetto al caso in esame, alcuna di tali ipotesi ;

ma, per dimostrarlo, si sono addotti soltanto quegli argo menti che sono stati sopra esaminati e che si sono dimo

strati tutt'altro che decisivi.

Pertanto, il campo di indagine si circoscrive ancor di

più, riducendosi soltanto ad accertare se effettivamente

si possa escludere che i poteri, di cui al quinto comma

dell'art. 19, costituiscono una attribuzione di competenza esclusiva del prefetto. Se si dovesse seguire senz'altro l'im

postazione data al problema dalla esaminata giurispru

denza, non si potrebbe non rilevare che appare quanto meno strano che non si siano ravvisati gli estremi della

« necessità di provvedere rapidamente, in ragione di deter

minate finalità da conseguire», che «rende urgente l'esau

rimento di una data procedura » di fronte alla potestà di

adottare « in caso di necessità e di urgenza » provvedi menti a indispensabili nel pubblico interesse ». Ma, risalendo

ad un punto di vista più generale, e fermando, quindi, l'attenzione sull'art. 19 nel suo complesso, non si può non

constatare che i poteri attribuiti al prefetto col quinto comma di tale articolo si inquadrano nel complesso delle

funzioni che tale organo, in relazione alla posizione as

sunta nell'ordinamento dello Stato, di cui il testo unico

della legge comunale e provinciale del 1934 costituisce una

fase non trascurabile, veniva chiamato ad esercitare nel

l'ambito della provincia. Considerati sotto questo profilo,

quei poteri, nella loro discrezionalità così vasta e indeter

minata, appaiono talmente aderenti e strettamente con

nessi alla posizione dell'organo cui sono conferiti che non

possono concepirsi staccati da tale organo, con la conse

guenza naturale della impossibilità di una sostituzione, nel

loro esercizio, da parte di un'autorità superiore. Questa evidente impossibilità di sostituzione mette in rilievo la

caratteristica di attribuzione specifica di quei poteri alla

competenza esclusiva del prefetto come tale e non della

gerarchia amministrativa della quale fa parte. È proprio sotto questo profilo anzi, che la maggiore ampiezza delle

potestà conferite al prefetto dall'art. 19 T. U. 1934, in

confronto con quelle già conferitegli dall'art. 3 T. U. 1915,

messa in relazione con quel rigoroso accentramento di po

teri, al quale anche il testo unico del 1934 ha pagato un

notevole tributo, contribuisce- ancor di più a dimostrare

che ci si trova di fronte ad una competenza esclusiva :

solo con l'assoluta necessità che certi poteri siano eserci

tati esclusivamente dal prefetto si può spiegare, invero,

che, nonostante là, tendenza all'accentramento, si siano

potute, per così dire, decentrare potestà così vaste e inde

terminate. Ma i provvedimenti, emanati nell'esercizio di

tali poteri, necessariamente sfuggono ad ogni controllo che

non sia quello giurisdizionale. Siffatti provvedimenti quindi non possono che essere definitivi.

Le considerazioni che precedono dimostrano come la

precedente giurisprudenza sulla questione debba essere ab

bandonata. In conseguenza, il ricorso in esame è am

missibile.

Passando, pertanto, all'esame del merito, si deve subito

rilevare, senza che occorra all'uopo una indagine specifica sui singoli motivi di gravame, come l'impugnato provve dimento si appalesa illegittimo. Il prefetto invero ha evi

dentemente esorbitato da ogni suo potere e si è attribuita

potestà che non aveva, quando ha ritenuto dover inter

venire per « dare possibilità giuridica di vita e di attività »

a due Ditte private. Come esattamente deducono le Ditte ricorrenti, è in

fatti venuto in tal modo a provvedere in una materia sot

tratta all'intervento di qualsiasi autorità amministrativa.

E poiché non c'è peggior difetto di quello di giurisdizione, basta questo solo rilievo per dimostrare come il ricorso

debba essere senz'altro accolto.

Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 10 dicembre 1946, Pref. Sa vini Ric • ci P., Est. Miranda ; Banco di Napoli (Ayy. Forti,

Sbordone, Rosa) c. Provincia di Caserta, Consorzio

dei Comuni di Marcianise e Recale, e Giuliani (Avv.

Scandale).

Giustizia amministrativa — Decisione del giudice am

ministrativo — Annullamento dell'assegnazione « ex

officio» di una esattoria — Successiva conferma del

l'erede del precedente esattore — Impugnativa da

parte del primo assegnatario — Denuncia di irrego

lare esecuzione del giudicato — Interesse a ricorrere — Ammissibilità (E. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u.

sul Consiglio di Stato, art. 26, 88 ; r. d. 17 ottobre

1922 n. 1401, t. u. sulla riscossione delle imposte di

rette, art. 4, 93). Esazione — Esattore — Erede — Concessione — Auto

rizzazione della Giunta prov. am. — Parere del Mi

nistro del tesoro — Omissione — Irrilevanza.

Annullata dal Consiglio di Stato l'assegnazione « ex officio »

di una esattoria, l'assegnatario ha interesse a impugnare

Il Poro Italiano — Volume LXX — Parte 1/7-10

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