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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione V; decisione 26 febbraio 1992, n. 143; Pres....

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sezione V; decisione 26 febbraio 1992, n. 143; Pres. Catallozzi, Est. Carboni; Mascolo (Avv. Iaccarino) c. Ruocco (Avv. Giuffrè) e Comune di Agerola (Avv. Palma). Annulla Tar Campania, sez. III, 25 febbraio 1987, n. 5 Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992), pp. 373/374-379/380 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187481 . Accessed: 28/06/2014 19:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 19:11:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione V; decisione 26 febbraio 1992, n. 143; Pres. Catallozzi, Est. Carboni; Mascolo (Avv.Iaccarino) c. Ruocco (Avv. Giuffrè) e Comune di Agerola (Avv. Palma). Annulla Tar Campania,sez. III, 25 febbraio 1987, n. 5Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 373/374-379/380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187481 .

Accessed: 28/06/2014 19:11

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

la prima e la seconda tornata), il ministero ha chiesto, sul pun

to, il parere del Consiglio di Stato.

La seconda sezione consultiva, nell'adunanza del 16 novem

bre 1983, n. 564 (Foro it., Rep. 1986, voce Istruzione pubblica,

n. 358), ha espresso un motivato parere affermando che anche

nei giudizi d'inquadramento si applica il divieto di far parte della commissione in due procedure consecutive. Il ministero

si è attenuto a questo parere.

Questa interpretazione è contestata dall'attuale appellante. Egli,

dopo essere stato riprovato nella prima tornata, ha impugnato

il giudizio ugualmente sfavorevole riportato nella seconda, de

ducendo, fra l'altro, che l'applicazione di questa regola, a suo

avviso erronea, ha viziato la nomina della commissione. E poi

ché il tribunale amministrativo regionale ha respinto la sua tesi,

egli ora ripropone la questione in secondo grado.

Questo è dunque il punto di diritto che il collegio è ora chia

mato a risolvere.

Il collegio è dell'avviso che sia corretta l'interpretazione se

guita dal ministero.

Si può convenire con l'appellante sul punto che le argomen

tazioni addotte dal Tar per giungere allo stesso risultato non

sembrano pienamente condivisibili. In particolare non sembra

condivisibile la tesi per cui la seconda tornata si configura, ri

spetto alla prima, come una sorta di giudizio di secondo grado; e neppure appare condivisibile la tesi per cui il divieto di far

parte, in più sessioni consecutive, di commissioni di esame e

di concorso, discenderebbe dai principi generali dell'ordinamento

e troverebbe riscontro nella prassi generalizzata.

Nella generalità dei pubblici concorsi e degli esami d'abilita zione, cosi come negli esami scolastici ed universitari, non si

rinviene impedimento a che un candidato si presenti reiterata

mente davanti ad una commissione composta in tutto o in parte

dalle stesse persone (ciò non significa, ovviamente, che il candi

dato abbia un'aspettativa tutelata in questo senso).

Ma il sistema dei concorsi per la docenza universitaria assu

me caratteristiche specifiche rispetto alla generalità dei concor

si, per quanto attiene ai criteri di formazione delle commissio

ni, e, in praticolare, per ciò che concerne l'intero meccanismo

di scelta dei commissari e la stessa logica che lo sottende. Ordi

nariamente, le commissioni d'esame sono formate dalla compe

tente autorità mediante scelte, che, entro certi limiti, sono di

screzionali ed insindacabili; l'obiettivo dell'ordinamento è quel lo di assicurarne la competenza tecnica e l'imparzialità, ma non

si rinvengono disposizioni rivolte a garantire il ricambio dei com

ponenti o a tutelare ogni singolo soggetto, rivestito dei titoli

legittimanti, nella sua aspettativa di essere chiamato a far parte

di una commissione.

La specialità del sistema in vigore per i concorsi universitari

consiste invece in ciò: che la scelta dei commissari è frutto di

una peculiarissima e formale procedura, costruita in modo da

evitare la costituzione di posizioni di predominio o di egemonia

da parte di qualsivoglia autorità, politica, amministrativa o ac

cademica. Il sistema è orientato, altresì', a prevenire che singoli

cattedratici, giovandosi della loro personale autorevolezza scien

tifica, pur meritatamente acquisita, possano esplicare interventi

determinanti nello svolgimento dei concorsi. In quest'ottica, il

potere di scegliere le commissioni è stato parzialmente neutra

lizzato mediante un sorteggio e per il resto, per cosi dire, par

cellizzato e diffuso attraverso un sistema elettivo esteso a tutti

i docenti delle discipline comprese nel raggruppamento cui si

riferisce il concorso, e, quando il loro numero sia troppo ridot

to, anche a quelli di raggruppamenti affini.

Date le finalità che ispirano il sistema, in questo contesto

il divieto di reiterare la nomina di uno o più membri nella stes

sa commissione, per tornate consecutive, si configura come una

cautela complementare e logicamente inscindibile dalle restanti

disposizioni. E pertanto, una volta che per la formazione delle commissio

ni d'inquadramento la norma rinvia alla disciplina relativa alle

commissioni di concorso, in considerazione dell'unitarietà della

materia (valutazioni relative alla docenza universitaria), è gio

ii. Foro Italiano — 1992.

coforza ritenere che il rinvio sia fatto al sistema nella sua inte

grità, e, cosi, anche al divieto di reiterazione dell'incarico in

sessioni consecutive.

È vero che l'art. 51 richiama solo l'art. 45, e non anche l'art.

44; ma questo argomento di carattere formale contrasta con

10 spirito della norma, che è quello di rinviare per intero alla

disciplina delle commissioni di concorso, stabilita in via princi

pale dell'art. 45. Del resto non vi sarebbe motivo di adottare

per le commissioni d'idoneità regole parzialmente diverse da quel

le dettate per le commissioni di concorso, nell'ambito di un si

stema speciale e unitario. Si noti che l'art. 44 contiene anche

11 divieto d'includere nelle commissioni di concorso i compo nenti del consiglio universitario nazionale: sarebbe irragionevo

le che tale incompatibilità fosse stabilita solo in sede di concor

so e non anche d'inquadramento. La mancanza di un richiamo

espresso all'art. 44 non impedisce dunque di ritenere applicabili

alle procedure d'inquadramento anche le regole in esso conte

nute, quando si tratti, come per le due richiamate ipotesi d'in

compatibilità, di regole inscindibilmente legate al resto della di

sciplina. Deve concludersi che, la soluzione interpretativa che conduce

al ricambio totale delle commissioni risulta la più vicina allo

spirito della legge, in quanto orientata ad accrescere, non già

a diminuire, le garanzie d'imparzialità, a tutto vantaggio, del

resto, dei candidati che si presentano per la seconda volta.

Per le esposte conclusioni l'appello va respinto.

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 26 febbraio 1992, n. 143; Pres. Cataixozzi, Est. Carboni; Mascolo (Avv. Iac

carino) c. Ruocco (Aw. Giuffrè) e Comune di Agerola (Aw.

Palma). Annulla Tar Campania, sez. Ili, 25 febbraio 1987,

n. 5.

Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Impugnazione — Azione popolare — Esclusione — Proprietario di immobi

le sito nella zona — Legittimazione (L. 6 agosto 1967 n. 765,

modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942

n. 1150, art. 10). Giustizia amministrativa — Concessione edilizia — Impugna

zione — Termini (L. 6 agosto 1967 n. 765, art. 10). Edilizia e urbanistica — Realizzazione di nuovi volumi — Inter

vento su immobile preesistente — Ristrutturazione — Esclu

sione (L. 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia residen

ziale, art. 31).

L'art. 31, 9° comma, l. 17agosto 1942 n. 1150, come modifica to dall'art. 10 I. 6 agosto 1967 n. 765, nel prevedere la possi bilità di ricorrere contro il rilascio di licenza (ora concessio

ne) edilizia illegittima da parte di «chiunque», non configura

un nuovo tipo di azione popolare, ma riconosce una posizio ne di interesse che consente l'impugnativa a chi si trovi in

situazione di stabile collegamento con la zona (residenza, pos

sesso o detenzione di immobili, o altro titolo di frequentazio

ne) senza richiedere la prova di un danno specifico, essendo

insito nella violazione edilizia il danno a tutti i membri di

quella collettività (nella specie, si è riconosciuta la legittima zione dei proprietari di immobile sito quasi di fronte a quello oggetto di concessione, pur se non si verificava, come conse

guenza delle lamentate violazioni, privazione di luce e di aria

a danno del primo per effetto dell'intervento sul secondo). (1)

(1) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 ottobre 1989, n. 632, Foro it., Rep.

1990, voce Giustizia amministrativa, n. 540; 20 novembre 1989, n. 741,

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PARTE TERZA

Il termine per l'impugnazione della concessione edilizia da parte

dei terzi interessati decorre dalla piena conoscenza di essa,

ovvero del contenuto del progetto approvato (la cui prova

incombe su chi eccepisce la decadenza), non implicando di

per sé la conoscenza dell'attività edificatoria la consapevolez

za del relativo tìtolo. (2) La ristrutturazione edilizia comporta che l'organismo interessa

to dai lavori, pur potendo risultare in tutto o in parte diverso

dal precedente, debba rimanere o ritornare il medesimo per

forma, volume e altezza, onde è estranea alla categoria la

creazione di nuovi volumi e va annullata una concessione di

ampliamento in sopraelevazione riguardo ad edificio preesi

stente, qualora lo strumento urbanistico consenta interventi

di sola ristrutturazione. (3)

ibid., n. 541; 25 novembre 1988, n. 745, id., Rep. 1989, voce cit., n.

495; Cons, giust. amm. sic. 9 maggio 1990, n. 131, id., Rep. 1990, voce cit., n. 542; Tar Lombardia, sez. Brescia, 30 ottobre 1989, n. 995,

ibid., n. 543.

In via generale, fermo restando che il ricorso introdotto dall'art. 10

1. 6 agosto 1967 n. 765 non è proponibile da qualsiasi cittadino, ma

solo da parte di chi vanti un interesse differenziato (Cass. 22 gennaio

1982, n. 427, id., 1982, I, 1318, con nota di richiami), senza che possa farsi valere un interesse uti civis (Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 1989, n. 210, id., Rep. 1989, voce cit., n. 494), la giurisprudenza è venuta

ampliando la sfera dei legittimati al ricorso, ai quali possa esser ricono

sciuto un interesse legittimo in virtù di un qualche elemento di collegan za con il territorio, derivante da rapporti reali, obbligatori, o di altra

natura, ma comunque sempre abitativi o di naturale frequentazione (per

l'insufficienza, peraltro, della semplice residenza, Cass. 25 ottobre 1982, n. 5530, id., 1982, I, 2776, con nota di richiami di C. M. Barone). È la strada battuta, quella del collegamento al territorio o all'ambiente,

per costituire una legittimazione individuale in materia di interessi dif

fusi (per riferimenti, Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 1990, n. 728, id.,

1991, III, 485, con nota di richiami, nonché, in dottrina, M. Nigro,

Giustizia amministrativa, Bologna, 1988, 138; V. Caianiello, Manuale

di diritto processuale amministrativo, Torino, 1988, 167). Per richiami dottrinali, peraltro non recenti, al rimedio di cui all'art.

10 1. 765/67, v. Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1992, 830.

(2) Sul termine per il ricorso avverso l'approvazione di progetti di

opere pubbliche (e sui rapporti con il termine d'impugnazione della con

cessione), v. Tar Abruzzo 14 febbraio 1990, n. 100, Foro it., 1991,

III, 461, con nota di richiami di Fuzio, cui adde, nel senso che la cono

scenza della concessione vada rapportata al concreto svolgersi della si tuazione di fatto in relazione alla violazione urbanistica che si assume

commessa, Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 1991, n. 375, Cons. Stato,

1991, I, 639: secondo tale pronuncia, la piena ed effettiva conoscenza, da intendersi come fatto la cui prova incombe a chi eccepisce la tardivi

tà, non può aversi per il semplice inizio dei lavori, ma è necessaria

l'ultimazione perché gli interessati siano in grado di aver cognizione dell'esistenza ed entità delle violazioni eventualmente derivanti dalla con cessione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 1982, n. 277, Foro it.,

Rep. 1982, voce Giustizia amministrativa, n. 319).

(3) Sul concetto di ristrutturazione, vedi Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 1989, n. 275, Foro it., 1990, III, 125, con nota di richiami, cui adde, nel senso di ricomprendere nella categoria di cui all'art. 31,1° comma, lett. d), 1. 457/78 la demolizione e successiva fedele ricostruzione del

l'immobile, Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 1991, n. 430, Cons. Stato, 1991, I, 656; Tar Sardegna 17 maggio 1990, n. 350, Foro it., Rep. 1990, voce Edilizia e urbanistica, n. 231: soluzione ormai pacifica nella

giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. sez. V 9 luglio 1990, n. 594,

ibid., n. 335; 28 giugno 1988, n. 416, id., 1990, III, 223, in motivazio

ne; 17 ottobre 1987, n. 637, id., Rep. 1987, voce cit., n. 611). In senso

contrario, Cass. 25 settembre 1984, Belcaro, id., Rep. 1985, voce cit., n. 635; in dottrina: Pifferi, Abbattimento e ricostruzione di edificio: non costituiscono ricostruzione edilizia, in Ammin. it., 1986, 506.

Alla luce di tale orientamento del supremo organo di giustizia ammi

nistrativa, la pronuncia in epigrafe, nell'individuare gli elementi carat terizzanti la ristrutturazione, appare ispirata a criteri di estremo rigore.

È pur vero che nella fattispecie concreta si era realizzato un macro

scopico aumento di volumi. Nell'annullare la «concessione di amplia mento in sopraelevazione», tuttavia, in quanto non rispondente ai ca noni di «ristrutturazione» delineati dall'art. 31, lett. d), 1. 457/78, il

Consiglio di Stato, nel delineare i confini della tipologia locatizia in

Il Foro Italiano — 1992.

Fatto. — I sig. Mario e Salvatore Mascolo hanno impugnato, con ricorso al Tar per la Campania notificato I'll febbraio 1985,

la concessione edilizia 1° settembre 1984, n. 20 rilasciata dal

sindaco di Agerola ai sig. Mario e Assunta Ruocco per l'am

pliamento e la sistemazione del fabbricato di via Principe di

Piemonte 23. I ricorrenti hanno premesso che l'immobile, og

getto della concessione, era costituito da due corpi di fabbrica;

uno, di tre piani fuori terra (oltre a un piano cantinato), occu

pava l'intera particella catastale n. 909 ed era stato costruito

in base ad una licenza edilizia del 1952 che aveva autorizzato

la realizzazione di una superficie di 219,19 metri quadrati al

piano terra e al primo piano e di 216,56 metri quadrati al se

condo piano, per un volume complessivo di 2.533,66 metri cubi

(risultante dalle superfici testé indicate per le altezze dei piani, di metri 4,8 il piano terra, 3,4 ciascuno dei piani superiori); l'altro corpo di fabbrica, di un solo piano fuori terra, era stato

costruito in aderenza al primo sulla particella catastale n. 785,

in base ad una licenza edilizia del 1968, che aveva autorizzato

la realizzazione di una superficie di 130,09 metri quadrati e un'al

tezza di 4,8 metri, e quindi volume di 624,43 metri cubi. Com

plessivamente, dunque, l'edificazione dell'immobile di via Prin

cipe di Piemonte 23 era stata autorizzata per 3.158,09 metri

cubi. In effetti però, secondo i ricorrenti, il secondo corpo di

fabbrica era stato costruito con una superficie di 183,82 metri

quadrati, con una differenza in più di 50,73 metri quadrati ri

spetto a quella autorizzata, e con un aumento del volume com

questione, assume intonazioni definitorie, affermando che «in tanto può

parlarsi di ristrutturazione, in quanto l'organismo edilizio, su cui si svol

gono gli interventi, rimanga o ritorni ad essere il medesimo per forma, volume o altezza».

Che la ristrutturazione potesse comportare aumenti di volume era

stato affermato, sia pure non direttamente, ma con riferimento alla

contigua categoria del restauro e della straordinaria manutenzione che, a differenza (a quanto sembra) dalla ristrutturazione, non comportano alterazioni di volume o mutamento della destinazione d'uso, da Cons.

Stato, sez. V, 23 gennaio 1984, n. 64, Foro it., 1984, III, 421, con

nota di richiami, e da Cass. 4 ottobre 1983, Ena, id., Rep. 1984, voce

cit., n. 405, oltre che, esplicitamente, da Tar Lombardia, sez. II, 26

ottobre 1987, n. 372, id., Rep. 1988, voce cit., n. 509 e da Tar Marche

2 novembre 1984, n. 459, Trib. amm. reg., 1985, I, 222, e, proprio con riguardo alle sopraelevazioni, con modifica della sagoma, da Tar

Lazio, sez. II, 13 ottobre 1987, n. 1643, id., 1987, I, 3658.

Atteggiamento rigoristico assume però Cons. Stato, sez. V, 30 giu

gno 1984, n. 539, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 251, che ritiene

estraneo alla ristrutturazione l'aumento dell'altezza dell'edificio, e, ri

guardo al volume, di cui ritiene incompatibile l'aumento con il senso

recuperatorio dell'intervento di ristrutturazione: Tar Piemonte, sez. I, 12 luglio 1985, n. 296, id., Rep. 1986, voce cit., n. 639, e Giur. it.,

1986, III, 1, 96, con nota di Cancarini Ghisetti.

Riguardo alla forma architettonica, il Consiglio di Stato ha assimila to alla ristrutturazione la modifica, complessiva, delle facciate (Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 1985, n. 417, Foro it., Rep. 1986, voce

cit., n. 645). Si trova ripetuta la formula per cui, potendo la ristrutturazione dar

luogo «ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente» (secondo la lettera dell'art. 31, lett. d), ne possono risultare modificati

«tipo, caratteristiche, dimensioni, localizzazione» (cosi Cons. Stato, sez.

V, 23 gennaio 1984, n. 64, cit., e 5 luglio 1983, n. 307, id., Rep. 1983, voce cit., n. 346); formula che, a ben vedere, lascia irrisolte le questioni circa la modificabilità di forma, volume, altezza, che sono i parametri utilizzati nella sentenza in epigrafe.

Probabilmente l'incertezza giurisprudenziale tradisce un'ansia defini

toria in direzione qualitativa (o «modale», secondo l'osservazione di Lombardi, Sui limiti della ristrutturazione urbanistica, in Riv. giur. edi

lizia, 1985, I, 116 ss., spec. 122), quando non anche quantitativa, che

complica la scarna linearità dell'espressione normativa, orientata sul ca

none funzionale del recupero urbanistico degli spazi. In dottrina, sulla ristrutturazione in generale, G. P., Opere di manu

tenzione straordinaria e di ristrutturazione edilizia: quali le differenze?, in Riv. amm., 1988, 1393; Benini, Trasformazione di sottotetto in man sarda: concessione o autorizzazione?, in Giur. merito, 1988, 173; Bor

rella, Ancora in tema di ricostruzione e ristrutturazione: incertezze e novità nella giurisprudenza, in Riv. giur. urbanistica, 1989, 483; Ro

della, Il concetto di ristrutturazione edilizia e le incertezze e oscillazio ni in giurisprudenza, in Nuova rass., 1990, 1089.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

plessivo del piano terreno (di metri cubi 1.838,89 anziché

1.676,54). I ricorrenti asserivano ancora che i proprietari dell'immobile,

sig. Ruocco, nel richiedere il 4 febbraio 1984 una concessione

per l'ampliamento e la sistemazione definitiva del fabbricato,

avevano esposto dati non veri circa le dimensioni dell'immobile

esistente, indicando una superficie del piano terra di 386,73 me

tri quadrati; ed avevano allegato un progetto — poi approvato

con la concessione impugnata — che prevedeva per il primo

piano una superficie di 368,97 metri quadrati (con una appa

rente diminuzione, rispetto alla superficie dichiarata, e con un

aumento della superficie realmente esistente) un'altezza di metri

3,7 e quindi un volume di 1.568,76 metri cubi. Il progetto inol

tre prevedeva, al piano terra, la realizzazione di negozi, ai piani

primo e secondo un ampliamento di superficie (352,56 metri

quadrati in luogo del 219,19 e 216,56 preesistenti rispettivamen

te al primo e al secondo piano) che, data l'altezza complessiva

di metri 6,4 dei due piani, comportava un volume degli stessi

di 2.256,38 in luogo dei 1.493,62 metri cubi preesistenti; e un

volume complessivo dei tre piani fuori terra di 3.625,27 metri

cubi in luogo di quello di 3.349,92 metri cubi dichiarato come

preesistente e di quello di 3.158,08 autorizzato con le precedenti

licenze. Oltre a ciò, nel progetto autorizzato erano previsti dei

boxes per una superficie di 52,97 metri quadrati e un'altezza

non indicata, che andavano ad aggiungersi al volume suddetto;

nonché un piano sottotetto, non quotato e privo dell'indicazio

ne della destinazione d'uso, escluso dal computo delle superfici

e dei volumi benché superante largamente le dimensioni e il vo

lume di un sottotetto.

Ciò premesso, i ricorrenti deducevano l'illegittimità della con

cessione perché rilasciata:

1) in base a rappresentazioni difformi dal vero, come sopra

indicato; 2) senza «il previo provvedimento sindacale autorizzativo della

progettazione ai fini ambientali»;

3) in violazione delle norme del piano regolatore adottato (e non approvato) riguardanti l'altezza (metri 14,9 al colmo del

tetto e 10,1 alla gronda, in luogo dei 7 massimi consentiti), e

l'indice di fabbricabilità (previsto in 0,67 metri cubi per metro

quadrato);

4) in violazione del programma di fabbricazione vigente, con

particolare riferimento al sottotetto, all'omesso calcolo dei bo

xes, all'altezza dei locali destinati a negozi, all'aumento di volu

metria concesso e all'indice fondiario di fabbricabilità che ne

risultava; nonché in quanto il piano di fabbricazione, nella zo

na B in cui ricade l'immobile, contempla la possibilità di «sosti

tuzione» di edifici soltanto a parità di volumi, con il rispetto

di determinate distanze dai fabbricati e di determinate altezze.

I ricorrenti inoltre deducevano l'illegittimità del parere favo

revole «ambientale», dovunque questo fosse contenuto.

II tribunale amministrativo regionale, in accoglimento di un'ec

cezione svolta sia dal comune di Agerola che dai controinteres

sati sig. Ruocco, ha dichiarato inammissibile il ricorso per ca renza di interesse dei ricorrenti, i quali, pur proprietari di un

immobile fronteggiante quello al quale la concessione impugna

ta si riferiva e distante metri 10,1 dallo stesso, non avevano

documentato in che cosa consistesse il pregiudizio da loro la

mentato, considerando anche che l'immobile di loro proprietà

non aveva possibilità di vedute e che quello dei controinteressa

ti sarebbe risultato più basso in seguito ai lavori autorizzati,

con vantaggio dei ricorrenti dal punto di vista del godimento

del sole, dell'aria e della luce.

Appellano i sig. Mascolo, dolendosi della dichiarazione d'i nammissibilità del ricorso e riproponendo le censure proposte

in primo grado. Gli appellanti in particolare chiariscono che

l'immobile, per la cui concessione di ampliamento è causa, rica

de nella zona B del programma di fabbricazione, nella quale

è prevista la possibilità di interventi edilizi e di edificazione, ma con il rispetto di volumetrie, distanze ed altezze che, nella

specie, sono state violate; l'immobile ricade inoltre nella zona

B/2 del piano regolatore generale adottato dal consiglio comu

II Foro Italiano — 1992.

naie con deliberazione 14 ottobre 1981 n. 63, modificato con

deliberazione consiliare 12 novembre 1982 n. 48 di esame delle

opposizioni, restituito al comune con deliberazione della giunta

esecutiva della comunità montana della penisola sorrentina 8

novembre 1985 n. 465, contenente invito ad arrecarvi modifica

zioni; e la concessione è stata rilasciata anche in violazione delle

prescrizioni del piano regolatore relative alla suddetta zona, no

nostante l'obbligatorietà dell'adozione delle misure di salvaguar

dia. Infine, secondo gli appellanti, sono state violate le prescri

zioni del piano di recupero di Agerola, adottato dal consiglio

comunale con deliberazione 25 maggio 1982 n. 12, che per l'iso

lato in cui ricade l'immobile, ammette soltanto interventi di ri

strutturazione edilizia. (Omissis) Diritto. — La censura contro la dichiarazione d'inammissibi

lità del recupero per mancanza d'interesse, pronunciata dal giu

dice di primo grado, è fondata.

L'art. 31, 9° comma, della legge urbanistica 17 agosto 1942

n. 1150, modificato dall'art. 10 1. 6 agosto 1967 n. 765, recita:

«Chiunque può . . . ricorrere contro il rilascio della licenza edi

lizia in quanto in contrasto con le disposizioni di leggi o dei

regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore e dei piani

particolareggiati d'esecuzione». La disposizione, come ricorda

la stessa sentenza impugnata, è sempre stata interpretata da que

sto consiglio nel senso che, pur dovendosi escludere l'introdu

zione di una nuova azione popolare, sia da riconoscere una po

sizione d'interesse che consente l'impugnativa delle concessioni

edilizie a coloro i quali, per essere proprietari di un immobile

sito nella zona ovvero anche solo per trovarsi in una situazione

di stabile collegamento con la zona interessata alla costruzione

autorizzata con la concessione, lamentino una violazione delle

prescrizioni urbanistiche ed edilizie relative alla zona in questio

ne; il tribunale amministrativo regionale ha però ritenuto che

il suddetto principio vada contemperato con quello della neces

sità che l'impugnazione sia sorretta dalla sussistenza di un inte

resse personale e qualificato alla tutela giurisdizionale, ed è per

venuto alla conclusione che, nella specie, un tale interesse per

sonale, quale sarebbe potuto derivare dalla privazione di luce

ed aria causata dalle lamentate violazioni di norme urbanisti

che, non è stato dimostrato dai ricorrenti.

Il collegio osserva che siffatta argomentazione svuota di si

gnificato la disposizione citata e fraintende quello delle norme

urbanistiche; le quali ultime, a differenza delle norme di carat

tere civile sulle costruzioni, non sono dettate a tutela delle pro

prietà limitrofe o vicine, ma a tutela dell'ordinato insediamento

abitativo nel territorio, cosicché il danno che consegue alla loro

violazione non può essere valutato con riferimento a determina

ti immobili vicini, bensì' con riferimento al danno che la colletti

vità tutta risente dall'inosservanza delle norme sulle costruzio

ni; il che vai quanto dire che, soddisfatta la condizione della

residenza o del possesso o detenzione d'immobili nella zona o

di altro titolo particolare di frequentazione della zona stessa,

l'impugnazione delle concessioni edilizie non richiede altro inte

resse a ricorrere che quello del ripristino della legittimità. D'al

tro canto, la disposizione che consente a «chiunque» di impu

gnare le concessioni edilizie verrebbe frustrata completamente

se si esigesse la dimostrazione di un danno particolare degli abi

tanti degli altri immobili, che in gran parte dei casi può non

essere neppure ipotizzabile o il cui accertamento nel caso con

creto aprirebbe la via alle valutazioni più soggettive ed arbitra

rie, mentre è chiaro che la violazione delle norme urbanistiche

sulle edificazioni reca danno (alla stregua delle valutazioni d'u

tilità insite nelle disposizioni stesse) a tutti i membri della collet

tività che si trovino a vivere, dimorare e talvolta anche solo

a transitare nella zona interessata, in ragione della frequenta

zione della stessa e della diffusione delle violazioni.

Nella specie, i ricorrenti sono addirittura proprietari di un

immobile sito all'incirca di fronte all'immobile oggetto della con

cessione, e quindi la loro legittimazione all'impugnazione della

concessione non può essere disconosciuta.

È poi infondata l'eccezione di tardività del ricorso di primo

grado rispetto alla conoscenza che i ricorrenti avrebbero avuto,

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PARTE TERZA

a causa dell'esecuzione dei lavori, della concessione: è giuri

sprudenza costante della sezione che la piena conoscenza della

concessione edilizia, ai fini della decorrenza del termine per la

sua impugnazione, si ha quando l'interessato (futuro ricorrente) abbia conosciuto il contenuto del progetto approvato (vedasi, tra le ultime, la decisione 17 dicembre 1990, n. 890, Foro it.,

Rep. 1991, voce Giustizia amministrativa, n. 308), e che la co

noscenza dell'attività edificatoria non implica, di per sé, la co

noscenza del relativo titolo. Nella specie, nessuna prova è stata

data dai resistenti della conoscenza del contenuto della conces

sione da parte dei sig. Mascolo.

Nel merito, l'impugnazione della concessione edilizia rilascia

ta ai signori Mascolo è fondata.

Con detta concessione si è autorizzato l'ampliamento dell'im

mobile, costituito da due corpi di fabbrica, l'uno di un piano,

l'altro di tre piani fuoriterra, in modo tale da portare l'intero

complesso a tre piani. Perciò in nessun modo le opere autoriz

zate possono definirsi «ristrutturazione», della quale — alla stre

gua della definizione datane dall'art. 31, 1° comma, lett. d),

1. 5 agosto 1978 n. 457 contenente norme per l'edilizia residen

ziale — in tanto può parlarsi in quanto l'organismo edilizio,

su cui si svolgono gli interventi, rimanga o ritorni ad essere

il medesimo per forma, volume e altezza. Secondo la definizio

ne legislativa, infatti, il risultato della ristrutturazione può bensì

essere «un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal

precedente», purché però la diversità sia dovuta ad interventi

comprendenti «il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi

costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento

di nuovi elementi ed impianti» e non già alla realizzazione di

nuovi volumi, perché altrimenti sarebbe sufficiente la preesi stenza di un edificio per definire «ristrutturazione» qualsiasi nuo

va realizzazione effettuata in luogo, o sul luogo, di quello pree sistente.

Ciò premesso, la particolarità della normativa urbanistica del

comune di Agerola riguardo alla zona nella quale insiste l'im

mobile è la coesistenza di tre fonti normative: il programma di fabbricazione, un piano regolatore generale adottato il 14

ottobre 1981 e al quale sono state apportate modifiche (di cui

agli atti di causa non risulta la natura) nel 1982, e un piano di recupero adottato ai sensi dell'art. 28 1. 14 maggio 1981 n.

219 sugli interventi nelle zone colpite da eventi sismici, nel qua le ultimo per l'isolato in cui è compreso l'immobile dei sig. Ruoc

co sono previsti interventi di ristrutturazione (che il piano defi

nisce conformemente all'art. 31 1. n. 457 del 1978). Il comune sostiene che l'indicato piano di recupero, prevalen

do sui precedenti, rende inoperante il piano regolatore adottato

e inapplicabili le misure di salvaguardia di quello. Senonché la

tesi, della quale, per quanto sopra detto, è errata la premessa, cioè che i lavori autorizzati costituiscano una ristrutturazione, è insostenibile anche perché il piano di recupero esclude espres samente le sopraelevazioni, mentre la concessione è stata rila

sciata dal comune con la denominazione di «concessione di am

pliamento in sopraelevazione». La concessione impugnata pertanto non trova giustificazione

nel piano di recupero. D'altro lato, anche a ritenere che i piani di recupero per le zone colpite da terremoti, di cui all'art. 28

1. n. 219 del 1981, prevedano gli interventi minimi necessari

eseguibili coattivamente mediante espropriazioni (prevalendo sugli strumenti urbanistici che non li consentano), ma non impedi scano al proprietario di realizzare maggiori interventi consentiti

dagli strumenti urbanistici ordinari, si deve rilevare che la con

cessione è in contrasto con il piano regolatore adottato dal con

siglio comunale. Tale contrasto non è neppure contestato dai

resistenti, né potrebbe esserlo, dal momento che nel piano rego latore si prevede un'altezza massima di 7 metri e un indice fon

diario di fabbricabilità di 0,67, mentre la concessione ha auto

rizzato la realizzazione di un immobile il cui piano di gronda

(anche senza considerare la questione del sottotetto) è a metri

10,1 di altezza, e che porta all'indice fondiario di fabbricabilità

a circa 3,5. Il comune pertanto non poteva il 10 settembre 1984, rilasciare la concessione, ma avrebbe dovuto sospendere ogni

Il Foro Italiano — 1992.

determinazione sulla relativa domanda, dal momento che tale

misura di salvaguardia dei piani regolatori adottati dal consiglio

comunale, nelle more dell'approvazione (prevista come facolta

tiva dalla 1. 3 novembre 1952 n. 1902 per un periodo massimo

di tre o cinque anni secondo i casi) è stata resa obbligatoria dall'art. 3 1. 6 agosto 1967 n. 765. Che poi, per l'applicabilità della misura di salvaguardia, si debba fare riferimento alla data

di rilascio della concessione, e non certo, come sostiene il co

mune, a quella in cui la concessione fu comunicata ai beneficia

ri o a quella in cui questi ultimi abbiano cominciato a costruire,

è cosa sulla quale il collegio non ritiene di doversi soffermare.

In ogni caso, infine, la concessione contrasta anche con il

programma di fabbricazione, che prevede, nella zona, un indice

fondiario di fabbricabilità di 1,5, mentre, come si è detto, con

la concessione impugnata si è autorizzata la realizzazione di un

immobile il cui volume comporta un indice di fabbricabilità più

che doppio. In definitiva l'appello va accolto e la concessione edilizia im

pugnata va annullata.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 17 febbraio 1992,

n. 201; Pres. Buscema, Est. Numerico; Comune di Caserta

(Avv. Lamberti) c. Soc. De Negri (Avv. Spagnuolo Vigori

ta). Conferma Tar Napoli, sez■ II, 17 ottobre 1988, n. 433.

Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Considerazione di

interessi non strettamente urbanistici — Ammissibilità nell'am

bito della zonizzazione — Perseguimento di interessi di politi ca economica — Illegittimità (L. 17 agosto 1942 n. 1150, leg

ge urbanistica).

Pur non essendo estranee alla disciplina urbanistica considera

zioni dettate da interessi soggetti ad altre, specifiche discipli

ne, tali considerazioni debbono confluire nella corretta meto

dologia urbanistica di distribuzione generale degli insediamenti

sul territorio, ovvero nella zonizzazione e tipizzazione edili

zia; va pertanto annullata, in quanto viziata per sviamento

di potere, una clausola introdotta in sede dì approvazione di piano regolatore generale, che per gli edifici, adibiti ad

attività industriale, inseriti in zona residenziale, nega per il

caso di cessazione dell'attività produttiva la convertibilità in

edilizia abitativa, localizzando in tal modo l'attività d'impre sa in porzioni isolate e disomogenee all'interno della zona

prevista in via generale come residenziale, tanto più qualora possa ritenersi che il fine concretamente perseguito fu dettato

dall'esigenza di politica economica di mantenere i livelli occu

pazionali e di strutture produttive. (1)

(1) I. - Il coordinamento tra le esigenze di politica economica e la

distribuzione degli insediamenti e delle attività umane sul territorio, va

compiuto in linea generale, programmatica (Cons. Stato, sez. IV, 30 ottobre 1989, n. 705, Foro it., Rep. 1989, voce Edilizia e urbanistica, n. 239). Lo studio dei rapporti tra gli aspetti economici, sociali, cultu rali da una parte, e urbanistici in senso stretto dall'altra, caratterizza

l'essenza stessa della scienza urbanistica, e da un concezione che legge va nella pianificazione territoriale una pianificazione totale, in voga sullo scorcio degli anni '50 (e che si ritrova negli scritti di Samonà, Proposte per un avviamento dei problemi urbanistici verso la pianificazione tota

le, in Urbanistica, fase. 20, 6) si passava ad una contrapposizione dia lettica tra i due gruppi di discipline (cfr. Toschi, Piani territoriali e

piani economici, in Rassegna economica del Banco di Napoli, 1958,

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