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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres....

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sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres. Chieppa, Est. Volpe; Regione Piemonte (Avv. Santilli, E. Romanelli), Comune di Montechiaro d'Asti ed altri (Avv. Dal Piaz, Contaldi) e Comitato ambiente Valle Versa (Avv. Tortonese) c. Soc. Energest (Avv. Siniscalco, Vaiano), Min. ambiente ed altri. Annulla Tar Piemonte, sez. II, 23 aprile 1992, nn. 107 e 108 Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994), pp. 319/320-329/330 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188360 . Accessed: 28/06/2014 17:13 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.254 on Sat, 28 Jun 2014 17:13:54 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres. Chieppa, Est. Volpe; Regione Piemonte (Avv. Santilli, E. Romanelli), Comune di Montechiaro

sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres. Chieppa, Est. Volpe; Regione Piemonte(Avv. Santilli, E. Romanelli), Comune di Montechiaro d'Asti ed altri (Avv. Dal Piaz, Contaldi) eComitato ambiente Valle Versa (Avv. Tortonese) c. Soc. Energest (Avv. Siniscalco, Vaiano), Min.ambiente ed altri. Annulla Tar Piemonte, sez. II, 23 aprile 1992, nn. 107 e 108Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 319/320-329/330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188360 .

Accessed: 28/06/2014 17:13

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PARTE TERZA

Secondo l'amministrazione appellante, era sufficiente nel ca

so in esame il parere, regolarmente assunto, del competente co

mitato di settore, atteso che trattavasi di determinazione affe

rente a problemi di carattere strettamente tecnico-scientifico non

implicanti scelte dotate di valenza generale. La censura è fondata. È stato infatti definitivamente acquisi

to nella giurisprudenza il principio secondo cui i comitati di

settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali

costituiscono, in base agli art. 3, 4, 7 e 8 d.p.r. 3 dicembre

1975 n. 805, sezioni del Consiglio nazionale previsto dall'art.

82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616; pertanto, mentre il Consiglio nazionale si pronunzia, a norma dell'art.

3 d.p.r. n. 805 del 1975, su oggetti di portata generale che inve

stono la politica di tutela culturale e ambientale nella sua elabo

razione unitaria e complessiva, i cinque comitati di settore pos siedono una competenza per materia secondo la loro stessa de

nominazione specifica, con riferimento a diverse aree di tutela,

cioè a diverse categorie di beni culturali o ambientali; con la

conseguenza che, quando la legge richiede il previo parere del

consiglio, salvo che la materia non riguarda aspetti di ordine

generale, il riferimento deve intendersi operato al competente comitato settoriale (Cons. Stato, sez. VI, n. 600 del 6 agosto

1992, Foro it., Rep. 1992, voce Bellezze naturali, nn. 17, 18). Con l'appello incidentale proposto la società Investimenti e

gestioni s.p.a. censura, dal canto suo, la sentenza del tribunale

amministrativo regionale laddove la stessa ha ritenuto che il po tere statale esercitato avesse natura concorrente con quello re

gionale. In realtà, secondo l'appellante, il potere esercitato nella spe

cie, come previsto dall'art. 82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 616/77, costituirebbe invece un potere sostitutorio coessenziale alla de

lega attribuita alle regioni. Con la conseguenza che il provvedimento ministeriale di inte

grazione degli elenchi avrebbe dovuto essere preceduto da una

attività sollecitatoria nei confronti della regione, per poter esse

re adottato in via sostitutoria soltanto all'esito (negativo) della

sollecitazione anzidetta.

Inoltre, secondo l'appellante incidentale, del pari erroneamente, il tribunale amministrativo regionale avrebbe ritenuto infonda

to il quinto motivo del ricorso, sotto il profilo che il potere dello Stato di modificare gli elenchi si sottrarrebbe all'obbligo della osservanza procedimentale che la 1. n. 1497 del 1939 pre vede per la formazione degli elenchi stessi.

Le censure sono infondate. È consolidato nella giurispruden za il principio secondo cui il procedimento seguito dal ministero

per l'emanazione dei decreti attuativi del d.m. 21 settembre 1984

si ponesse al di fuori della procedura prevista dalla 1. 29 giugno 1939 n. 1497; infatti, conformemente agli interessi tutelati dal

l'art. 9 Cost., l'art. 82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, autorizza un intervento dello Stato, ai fini della

estensione, mediante integrazione, degli elenchi, della tutela pae

saggistica; il che importa l'esercizio di poteri concorrenti con

quelli delegati alle regioni e tale intervento non deve essere rea

lizzato nel rispetto delle norme procedimentali poste dagli art.

2 ss. 1. 29 giugno 1939 n. 1497 (Cons. Stato, sez. VI, n. 600

del 6 agosto 1992, cit.).

Trattasi, quindi, come bene osservato dal tribunale, di potere

proprio dello Stato non oggetto di delega alle regioni e con que sto concorrente; il cui esercizio non è condizionato, pertanto, al rispetto della procedura prevista per l'integrazione degli elen

chi in relazione al potere delegato alle regioni medesime.

Deve essere quindi accolto l'appello della amministrazione e

respinto l'appello incidentale della s.p.a. Investimenti e gestio

ni, in parziale riforma della decisione impugnata, relativamente

all'ottavo motivo ricorso di primo grado concernente la manca

ta acquisizione del parere del Consiglio nazionale per i beni cul

turali e ambientali.

Il Foro Italiano — 1994.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres. Chieppa, Est. Volpe; Regione Piemonte (Avv.

Santilli, E. Romanelli), Comune di Montechiaro d'Asti ed

altri (Avv. Dal Piaz, Contaldi) e Comitato ambiente Valle

Versa (Avv. Tortonese) c. Soc. Energest (Avv. Siniscalco,

Vaiano), Min. ambiente ed altri. Annulla Tar Piemonte, sez.

II, 23 aprile 1992, nn. 107 e 108.

Giustizia amministrativa — Sentenza del tribunale amministra

tivo regionale — Esecuzione — Acquiescenza — Esclusione

(L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali ammini strativi regionali, art. 33).

Sanità pubblica — Rifiuti industriali — Impianto di smaltimen

to — Autorizzazione regionale — Rapporti tra conferenza di

servizi e valutazione di impatto ambientale (D.p.r. 10 settem

bre 1982 n. 915, attuazione delle direttive Cee n. 75/442 rela

tiva ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlo rodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi, art. 6; 1. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione

del ministero dell'ambiente e norme in materia di danno am

bientale, art. 6; d.l. 31 agosto 1987 n. 361, disposizioni ur

genti in materia di smaltimento dei rifiuti, art. 3 bis; 1. 29

ottobre 1987 n. 441, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 31 agosto 1987 n. 361; d.p.c.m. 10 agosto 1988 n.

377, regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambien

tale di cui all'art. 6 1. 8 luglio 1986 n. 349, art. 3; d.l. 9 settembre 1988 n. 397, disposizioni urgenti in materia di smal

timento dei rifiuti industriali, art. 8; 1. 9 novembre 1988 n.

475, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 9 set

tembre 1988 n. 397).

L'esecuzione della sentenza di primo grado da parte dell'ammi

nistrazione, prevista dall'art. 33 l. 6 dicembre 1971 n. 1034,

costituisce automatica conseguenza dell'imperatività immediata

attribuita alle sentenze dei Tar e, pertanto, non importa ac

quiescenza al loro contenuto, né rinuncia all'appello. (1) Posto che nella procedura di approvazione dei progetti relativi

agli impianti di smaltimento di rifiuti industriali, la valutazio ne di impatto ambientale, di competenza del ministro del

l'ambiente, ai sensi dell'art. 8 l. 9 novembre 1988 n. 475,

non si sovrappone del tutto alla conferenza di servizi, previ sta dall'art. 3 bis /. 29 ottobre 1987 n. 441, in quanto alla

seconda spetta l'acquisizione e la valutazione degli elementi

relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze territo

riali ed alla prima la valutazione di compatibilità dello stesso

con le esigenze ambientali, sulla base dell'acquisizione degli elementi relativi, di competenza della conferenza di servizi,

legittimamente la regione, cui compete l'emanazione del prov vedimento finale, può, in caso di esiti non del tutto positivi,

respingere motivatamente la richiesta di approvazione. (2)

(1) In senso conforme, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 1993, n. 690, Cons. Stato, 1993, I, 686; ad. plen. 6 ottobre 1992, n. 12, Foro it., 1993, III, 321; sez. V 26 giugno 1992, n. 582, id., Rep. 1992, voce Giustizia amministrativa, n. 371; sez. VI 2 dicembre 1991, n. 961, ibid., n. 373; sez. IV 18 aprile 1991, n. 283, id., Rep. 1991, voce cit., n. 352; sez. V 15 aprile 1991, n. 557, ibid., n. 351; sez. IV 8 novembre

1990, n. 864, ibid., n. 353; sez. V 24 novembre 1990, n. 790, ibid., n. 354 e sez. VI 26 settembre 1989, n. 1268, id., 1991, III, 307, con nota di richiami.

(2-4) I. - Il procedimento di autorizzazione regionale all'attività di smaltimento sia dei rifiuti industriali, tossici e nocivi, nonché speciali, sia dei rifiuti solidi urbani, è disciplinato dall'art. 3 bis 1. n. 441 del

1987, il quale stabilisce che la regione provvede all'istruttoria dei relati vi progetti, mediante la convocazione di una apposita «conferenza di

servizi», cui partecipano i rappresentanti della regione e degli enti locali interessati. In base alle risultanze della conferenza, la regione può addi venire all'approvazione dei progetti in questione e tale atto, ai sensi dell'art. 3 bis, «costituisce, ove occorra, variante dello strumento urba nistico generale»: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 1991, n. 838, Foro it., Rep. 1991, voce Sanità pubblica, n. 333; Tar Abruzzo, sez.

Pescara, 20 febbraio 1991, n. 166, ibid., voce Regione, n. 319 e, per ulteriori riferimenti in tema di conferenza di servizi, v. la nota a Corte cost. 28 luglio 1993, n. 348, in questo fascicolo, parte prima.

La decisione sub I, su cui non constano precedenti editi in senso

conforme, concerne il complesso iter procedimentale di approvazione dei progetti di impianti di smaltimento di rifiuti industriali, la cui fase istruttoria prevede, oltre alla competenza della regione (tenuta ad indi care la conferenza di cui si è detto), anche la competenza ministeriale. L'art. 8 1. n. 475 del 1988 prevede, infatti, che al ministro dell'ambiente

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione I; sentenza 28 giugno 1993, n. 323; Pres. Castiglione, Est. Giordano; Fiumi ed altri (Aw.

Valgimigli) c. Comune di Imola (Avv. Predieri, Cristoni) e altri.

Giustizia amministrativa — Interesse a ricorrere — Discarica

di rifiuti — Autorizzazione — Soggetto non operante nelle

immediate vicinanze (D.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, art. 6). Sanità pubblica — Rifiuti solidi urbani — Discarica — Autoriz

zazione — Mutamento delle condizioni di utilizzazione — Nuo

va verifica tecnica — Necessità (D.p.r. 10 settembre 1982 n.

915, art. 6).

Sussiste un interesse a ricorrere, sostanziale e processuale, an

che in capo a chi, pur non operando nelle immediate vicinan

ze di una discarica di rifiuti, si trovi comunque nella condi

zione di subire un pregiudizio, in termini di progressiva ridu

zione del valore di beni immobili di cui sia titolare e di rischi

di conseguenze nocive ben più gravi per la propria salute e

sicurezza (nella specie, gli istanti risiedevano, lavoravano o

erano titolari di diritti immobiliari in un'area compresa tra

un chilometro e mezzo e circa cinque chilometri dal luogo

dell'impianto). (3) In materia di autorizzazione allo smaltimento di rifiuti solidi

urbani tramite discarica, in seguito al mutamento delle condi

zioni di gestione e di utilizzazione di quest'ultima, è necessa

ria una verifica tecnica preventiva della nuova situazione, al

fine di un eventuale incremento, nella nuova autorizzazione,

delle misure di sicurezza e del monitoraggio in atto, non es

sendo sufficiente il semplice richiamo alle prescrizioni già fis sate nel provvedimento abilitativo precedente. (4)

I

Diritto. — 1. - Deve essere disposta, innanzitutto, la riunione

di tutti i cinque ricorsi in appello in epigrafe indicati per eviden

ti ragioni di connessione.

spetti effettuare la c.d. «valutazione di impatto ambientale», sulla base

degli elementi trasmessi dalla regione, al fine di verificare la compatibi lità dei progetti di nuovi impianti con le esigenze ambientali. Sulla legit timità di tale previsione normativa, cfr. Corte cost. 6 giugno 1989, n.

324, Foro it., Rep. 1989, voce Sanità pubblica, n. 292; sulla necessità di un coordinamento tra la competenza ministeriale alla valutazione d'im

patto ambientale e le residue competenze regionali in tema anche di

tutela dell'ambiente e di smaltimento dei rifiuti, cfr. Tar Lombardia, sez. Brescia, 15 marzo 1991, n. 233, id., Rep. 1991, voce Ambiente

(tutela dell'), n. 69; in generale, sul tema della valutazione d'impatto ambientale, istituita dall'art. 6 1. n. 349 del 1986, cfr. Tar Lazio, sez.

I, 18 dicembre 1993, n. 1787, Trib. amm. reg., 1994, I, 21; Tar Lom

bardia, sez. I, ord. 19 dicembre 1990, n. 1064, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 76 e Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 1990, n. 728, id.,

1991, III, 485, con nota di richiami. Nel senso poi che le disposizioni relative alla conferenza di servizi

ed alla valutazione d'impatto ambientale concernono esclusivamente la

procedura di approvazione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, e non trovano quindi applicazione in sede di localizzazione dei medesi

mi, v. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 1992, n. 979, id., Rep. 1993, voce Sanità pubblica, n. 324.

In dottrina, v. A. L. De Cesaris, Obbligatorietà della procedura di

valutazione ambientale per le discariche di seconda categoria di tipo B, in Riv. giur. ambiente, 1992, 395 e F. Giampietro, La nuova disci

plina dello smaltimento dei rifiuti dopo la l. n. 475 del 1988, in Giur.

merito, 1990, 455; in generale, in materia di valutazione d'impatto am

bientale, v. R. Ferrara, Opere pubbliche e valutazione di impatto am

bientale, in Notiziario giurisprudenza reg., 1989, 146, nonché Gustapane

Sartor-Verardi, Valutazione di impatto ambientale, Milano, 1992.

Per quanto concerne la pronunzia sub II, sostanzialmente conforme

è Tar Liguria 23 dicembre 1987, n. 686, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 358, nel senso che, in seguito ad ampliamenti qualitativi e quantitati vi di un impianto di smaltimento, non è sufficiente la proroga della

autorizzazione precedente, ma occorrono una nuova verifica tecnica ed

una nuova autorizzazione. V. anche Tar Lazio, sez. Latina, 23 marzo

1987, n. 199, id., Rep. 1988, voce cit., n. 364, nel senso che, qualora

gli ampliamenti comportino l'utilizzazione di nuove aree territoriali, l'au

torizzazione deve essere preceduta dalla preventiva acquisizione del pa rere del comune interessato.

Più in generale, sempre in tema di discariche di rifiuti solidi urbani

gestite dai comuni, sulla necessità che il sindaco si munisca di apposita

Il Foro Italiano — 1994.

2. - Va poi sgombrato il campo dalla possibile incidenza del

l'intervento della detta deliberazione regionale 21 giugno 1993, n. 204 sulla controversia per cui è causa, ai fini di un'eventuale

declaratoria della cessazione della materia del contendere e/o

di improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuto difetto di inte

resse e/o di acquiescenza. Con tale deliberazione la regione Piemonte, infatti — deci

dendo di rimettere la domanda di autorizzazione della società

Energest, di cui al precedente diniego espresso con la delibera

zione di giunta 8 luglio 1991, n. 83/7543, alla conferenza isti

tuita ai sensi dell'art. 3 bis 1. 441/87 per la valutazione di com

petenza, sia con riferimento all'impianto di trattamento e depu razione reflui, sia correlativamente al progetto Energest in

generale, e di riservare alla giunta il parere ex 1. 349/86 per

l'integrazione dell'istruttoria ministeriale ai fini della complessi va valutazione di compatibilità ambientale —, ha inteso unica

mente dare in qualche modo attuazione alla sentenza del primo

giudice, in attesa della decisione definitiva di questo consiglio. In tal modo, la detta deliberazione non è capace di svolgere

influenza alcuna sui provvedimenti impugnati in primo grado né comporta acquiescenza alla sentenza appellata.

A tale ultimo proposito è sufficiente rilevare che, ex art. 33, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, le sentenze dei tribunali

amministrativi regionali sono esecutive, per cui l'amministra

zione è tenuta a darvi esecuzione senza che ciò implichi di per sé acquiescenza (da ultimo si veda la decisione di questa sezione

12 giugno 1993, n. 690, Foro it., Rep. 1993, voce Giustizia am

ministrativa, n. 360). 3. - Tutti i cinque ricorsi in appello in epigrafe indicati sono

fondati.

Il collegio ritiene, infatti, che entrambi i ricorsi di primo gra do si sarebbero dovuti respingere.

Deve essere, in primo luogo, brevemente precisato l'excursus

provvedimentale della vicenda, al fine di riportare nei suoi esat

ti limiti e nello stesso tempo semplificare la controversia per

cui è causa.

La società Energest il 15 gennaio 1990 presentava alla regione

autorizzazione regionale, v. Cass. 18 marzo 1991, id., Rep. 1991, voce

cit., n. 302; Corte cost. 18 gennaio 1991, n. 14, id., 1991, I, 3281 (m); Cass. 28 febbraio 1989, Porto, id., 1989, II, 353, con nota di Paone.

Infine, sul reato di realizzazione di discarica abusiva, v. Cass. 22

aprile 1992, Abortivi, ed altre tre, id., 1993, II, 302, con nota di richiami. In dottrina, v. M. Medugno, Sull'impianto e la gestione di discari

che da parte del comune e sulla relativa autorizzazione regionale, in

Riv. pen., 1990, 531, e, più in generale, F. Giampiero e R. Morelli, Testo unificato della normativa sui rifiuti, Milano, 1992, passim.

II. - La pronunzia è interessante in quanto sembra voler limitare la

portata del principio, già applicato in materia urbanistica e poi esteso

alla materia ambientale, della c.d. «localizzazione territoriale dell'inte

resse», in base al quale si riconosce un interesse personale e diretto

a ricorrere contro un provvedimento amministrativo (nella specie, l'atto

autorizzatorio di una discarica), in capo a quei soggetti giuridici che

siano «qualificati da un particolare momento di collegamento con la realtà locale» incisa dal provvedimento stesso. Tale criterio ha permes so di riconoscere legittimati al ricorso, non solo i proprietari dei terreni

da espropriare, perché destinati alla realizzazione della discarica, ma anche i proprietari dei terreni vicini, per il possibile decremento del valore dei loro immobili (cfr. Tar Emilia-Romagna, sez. I, 26 luglio 1991, n. 265, Trib. amm. reg., 1991, I, 3526 (m) e Tar Sicilia, sez.

II, 28 dicembre 1988, n. 904, Foro it., Rep. 1989, voce Giustizia ammi

nistrativa, n. 497), gli affittuari, coltivatori diretti di fondi limitrofi

(Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 1991, n. 837, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 586), gli abitanti della zona (Tar Lazio, sez. Latina, 13 aprile

1992, n. 258, ibid., n. 588 e Tar Abruzzo, sez. Pescara, 20 febbraio

1991, n. 166, id., Rep. 1991, voce cit., n. 532), i semplici residenti

nell'area comunale circostante la discarica (Tar Lazio, sez. Latina, 11

dicembre 1990, n. 1064, id., Rep. 1992, voce cit., n. 471). Al contrario, la sentenza del Tar Emilia-Romagna limita la portata del principio in

questione, in quanto il criterio di individuazione dell'interesse a ricorre

re non può essere «ancorato a semplici parametri di maggiore o minore

distanza lineare dal luogo inciso dal provvedimento censurato», ma de

ve fondarsi, oltre che sul dato ubicativo, anche sulla valutazione del

danno, che i ricorrenti lamentano, in termini di riduzione del valore

commerciale dei loro beni e dei pericoli per la loro salute e sicurezza.

In senso conforme, v. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 1991, n. 257,

id., Rep. 1991, voce cit., n. 458 e Tar Emilia-Romagna, sez. Parma, 22 dicembre 1990, n. 328, ibid., n. 457. Sulle questioni di giurisdizione attinenti alla posizione del privato in prossimità della cui abitazione

venga realizzato l'impianto di depurazione, v. Cass. 20 febbraio 1992, n. 2092, id., 1992, I, 2123, con nota di richiami di S. Benini,

In dottrina, v. B. Sargenti, Legittimazione a ricorrere contro l'inse

diamento di una discarica, in Foro amm., 1991, 2258.

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PARTE TERZA

Piemonte un progetto per la costruzione di una discarica di 2a

categoria tipo B per Io smaltimento di rifiuti speciali nonché

tossici e nocivi con annesso laboratorio di analisi e di un im

pianto di trattamento dei reflui liquidi (della discarica stessa

e di quelli conferiti in conto terzi), da ubicarsi in località Casci na Beronco del comune di Montechiaro d'Asti. Il tutto costitui

va un unico impianto integrato. Il successivo 26 gennaio la medesima società inoltrava alla

regione la relativa domanda di autorizzazione.

Le risultanze della conferenza di servizi, convocata il 26 mar

zo 1990 presso l'assessorato regionale all'ambiente ai sensi del

l'art. 3 bis 1. 441/87, e, quindi, al fine di esaminare il detto

progetto, erano le seguenti:

a) parere contrario sia del comune di Montechiaro d'Asti che

di tutti i comuni contermini (in numero di otto);

b) parere contrario dell'Unità sanitaria locale n. 68 di Asti;

c) parere contrario della provincia di Asti;

d) parere favorevole, con riserva sull'idrologia, del Servizio

regionale opere pubbliche di Asti;

e) parere favorevole, ma con varie prescrizioni per la discari

ca e senza alcuna valutazione sull'impianto di trattamento, dei

servizi competenti dell'assessorato regionale all'ambiente.

I pareri contrari erano motivati in relazione ad aspetti sia

ambientali che territoriali. La Usi, in particolare (si veda la no

ta n. 402 in data 14 marzo 1990), aveva già rilevato vari ele

menti negativi, con riguardo al suolo, allo scarico dei reflui, anche se trattati, nel torrente Versa, al rumore ed alla salute.

Con deliberazione 10 aprile 1990, n. 190/37002 la giunta re

gionale si esprimeva, ai sensi dell'art. 6, 4° comma, 1. 349/86, sulla valutazione di impatto ambientale, da emanarsi poi dal

ministro dell'ambiente in attuazione del disposto dell'art. 8 1.

475/88. In realtà, la regione non emanava un parere favorevole ma

indicava solo la generale «idoneità del sito alla localizzazione

della discarica per le caratteristiche geologiche», mentre, elen

cando vari elementi negativi, carenti e problematici (in numero

di otto: con riguardo al terreno, alla gestione, alla selezione

ed all'accettazione dei rifiuti, alla falda, alla viabilità, alla di

sinfezione finale nell'impianto, ai residui di trattamento ed al

rifiuto delle popolazioni), evidenziava, in ipotesi di futura pro nuncia favorevole da parte del ministro dell'ambiente, numero

se condizioni da ritenersi «indefettibili».

Cosi che la regione decideva di «inviare al ministero dell'am

biente, ... ai fini della pronuncia di compatibilità ambientale, ... la detta deliberazione, che contiene nelle premesse l'esame

analitico e le valutazioni di competenza, che concretizzano il

parere regionale...». Tali valutazioni venivano di seguito elen

cate in otto punti che evidenziavano, a parte l'idoneità generale del sito per le sue caratteristiche geologiche, varie carenze e per

plessità sull'iniziativa Energest, con riguardo sia al progetto che

alla sua realizzazione. Con la conseguenza che si disponeva di

incaricare il prof. Giuseppe Genon di affiancare i funzionari

regionali, nell'ambito dell'istruttoria avviata dal ministero del

l'ambiente al fine della valutazione d'impatto ambientale, «per i necessari approfondimenti tecnico-scientifici».

Con deliberazione 20 novembre 1990, n. 16/1847 (avente ad

oggetto «iniziative assunte e proposte di intervento ai sensi del

l'art. 5 d.p.c.m. 3 agosto 1990 in attuazione del programma di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti industriali») la giun ta regionale deliberava, tra l'altro, di:

a) «approvare... il quadro delle iniziative assunte e le propo ste di intervento quali risultano dall'analogo documento in data

8 novembre 1990 predisposto dall'assessorato competente...»;

b) «ricomprendere nell'ambito delle attuali capacità di smal

timento nella regione Piemonte anche le autorizzazioni rilascia

te ma non ancora operative ed i progetti che hanno già superato la fase istruttoria per la parte di competenza regionale e sono

in attesa della pronuncia ministeriale sulla valutazione d'impat to ambientale...».

In particolare, alle pagine 69 e 70 del documento allegato alla detta deliberazione del 20 novembre 1990 si parlava degli

impianti Energest in Montechiaro d'Asti come in attesa di pare re sulla valutazione d'impatto ambientale, mentre alle successi

ve pagine 75 e 78 tali impianti erano indicati tra quelli già auto

rizzati dalla regione Piemonte al 30 settembre 1990 ed in attesa

della valutazione d'impatto ambientale.

Con decreto in data 21 marzo 1991, emesso dal ministro del

l'ambiente di concerto con il ministro per i beni culturali ed

ambientali, si esprimeva giudizio positivo circa la compatibilità

Il Foro Italiano — 1994.

ambientale del progetto della società Energest, a condizione che

si ottemperi ad una serie di prescrizioni — (in numero di dicias

sette: in tema di inizio delle operazioni di discarica, di piano di coltivazione della stessa, di accettazione dei reflui, di regima zione dello scarico e di adeguamento del sistema di disinfezione

finale dell'impianto per il trattamento dei reflui, di ulteriori con

trolli, di sistema di lavaggio degli automezzi, di impianto di depurazione, di conferimento a terzi di tutti i residui non smal

tibili in sito, di falda superficiale, di installazione di centraline nelle zone circostanti la discarica, di realizzazione di periodici tests di mutagenesi, di cadenza temporale dei previsti monito

raggi, di presidio dell'area anche dopo la sistemazione finale

del sito, di garanzie sull'opera di recupero progettata, di manu

fatti di raccolta delle acque meteoriche e di realizzazione delle

opere murarie) — e che i soggetti pubblici provvedano ad ade

guare la rete stradale di accesso e ad assicurare la limitazione

d'uso nell'area dopo il completamento delle attività di discarica.

4. - Questa è la situazione provvedimentale che precede l'e

manazione della deliberazione di diniego impugnata in primo

grado. L'ambito normativo su cui ci si deve muovere è, invece, il seguente.

Ai sensi dell'art. 6 d.p.r. 915/82 alla regione compete — ol

tre l'elaborazione, la predisposizione e l'aggiornamento dei pia ni di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti non

ché l'individuazione delle zone idonee in cui realizzare i relativi

impianti — l'approvazione dei progetti e l'emanazione dell'au

torizzazione ad effettuare le operazioni di smaltimento dei rifiu

ti tossici e nocivi nonché di quella alla installazione ed alla ge stione delle discariche e degli impianti di innocuizzazione e di

eliminazione dei rifiuti speciali. Ai sensi dell'art. 3 bis, 1° comma, 1. 441/87 «... la regione

provvede all'istruttoria dei progetti dei nuovi impianti di tratta

mento e di stoccaggio dei rifiuti urbani, speciali nonché tossici

e nocivi, mediante apposite conferenze cui partecipano i respon sabili degli uffici regionali competenti nonché i rappresentanti

degli enti locali interessati. La conferenza acquisice e valuta tut

ti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esi

genze ambientali e territoriali. Sulla base delle risultanze della

conferenza la giunta regionale approva il progetto entro cento

venti giorni dalla data di presentazione agli uffici regionali com

petenti». Il successivo 2° comma dispone, poi, che la detta approva

zione «sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni

e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e

comunali» e che, ove occorra, «costituisce variante dello stru

mento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pub blica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

Nel procedimento cosi definito si è poi inserito l'art. 8 1.

475/88, secondo cui la valutazione di compatibilità con le esi

genze ambientali (richiesta dall'art. 6 1. 349/86), prevista dal

l'art. 3 bis 1. 441/87, è effettuata dal ministro dell'ambiente

in applicazione del d.p.c.m. 377/88, «nell'ambito del procedi mento e dei termini temporali di cui al predetto art. 3 bis».

Alla luce delle disposizioni suddette il collegio ritiene, innan

zitutto, che la valutazione d'impatto ambientale, di competenza

ministeriale, non si sia sovrapposta del tutto alla conferenza

di servizi. Alla seconda, infatti, a norma dell'art. 3 bis 1. 441/87,

spetta l'acquisizione e la v lutazione di tutti gli elementi relativi

alla «compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e ter

ritoriali», mentre alla prima, ai sensi dell'art. 8 1. 475/88, com

pete la sola «valutazione di compatibilità con le esigenze am

bientali» di cui al detto art. 3 bis.

La valutazione d'impatto ambientale, pertanto, non costitui

sce il momento istruttorio finale e centrale da assumere a base

della valutazione sull'approvazione e/o sull'autorizzazione da

adottare dalla giunta regionale ai sensi dell'art. 3 bis 1. 441/87.

Cosi che, per effetto del combinato disposto degli art. 3 bis

1. 441/87 e 8 1. 475/88 nonché dell'art. 6 d.p.r. 915/82, il pro cedimento relativo all'approvazione dei progetti di cui trattasi

risulta definito come segue:

a) la fase istruttoria è a sua volta costituita da due momenti, uno di iniziativa regionale e l'altro di competenza ministeriale; alla conferenza, infatti, spetta l'acquisizione e la valutazione

degli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esi

genze territoriali, oltre che la sola acquisizione degli elementi

relativi alla valutazione di compatibilità dello stesso con le esi

genze ambientali, valutazione di competenza della valutazione

d'impatto ambientale. La conferenza, in particolare, non costi

tuisce una sottofase deputata a risolvere il dissidio (frequente

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

mente) esistente tra enti locali, contrari ad interventi del tipo di cui trattasi, e regione favorevole agli stessi. La stessa rappre

senta, invece, un modus procedendi teso, da una parte, alla

considerazione ed alla valorizzazione nonché alla ponderazione dei vari interessi pubblici coinvolti, non necessariamente con

fliggenti tra loro, ma pur sempre di tipo e peso diversi, e fina

lizzato comunque ad una migliore realizzazione del pubblico in

teresse generale senza dimenticare quello particolare, dall'altra, a semplificare e ad accelerare il procedimento;

b) la regione provvede all'approvazione dei progetti di cui

trattasi sulla base delle risultanze della conferenza e della valu

tazione d'impatto ambientale, e, quindi, delle valutazioni svolte

nell'ambito delle stesse cosi come detto alla precedente lettera a). Il che comporta che, in caso di esiti del tutto negativi, non

è consentito procedere all'approvazione, come non sarà possibi le prescindere, in ipotesi di approvazione, dalle prescrizioni e/o

dalle condizioni scaturenti dalla conferenza o previste dalla va

lutazione d'impatto ambientale. Ma ciò non vuol dire che, in

caso di esiti istruttori non del tutto positivi, la regione, alla

quale spetta pur sempre l'emanazione del provvedimento finale,

non possa, comunque valutando le risultanze istruttorie e moti

vando, addivenire a conclusioni negative. 5.1. - Ciò premesso, si ritiene che la deliberazione di giunta

8 luglio 1991, n. 83/7543, impugnata con il primo ricorso pro

posto dalla società Energest innanzi al Tar per il Piemonte, con

la quale si è respinta la domanda presentata dalla stessa il 15

gennaio 1990 al fine di conseguire l'approvazione dei progetti relativi alla discarica ed all'impianto di cui si è detto, sia esente

da tutte le censure addotte.

Innanzitutto, si può prescindere dal richiamo, effettuato nel

la stessa, alle indicazioni (espresse in ordini del giorno) del con

siglio regionale ed alle prese di posizione manifestate dagli enti

locali interessati al progetto de quo in momento successivo alla

conferenza di servizi, dato che si tratta di elementi estranei al

procedimento cosi come tipizzato dalla legge. Tali elementi, infatti, non hanno avuto da soli rilievo decisi

vo nell'adozione del citato provvedimento di diniego, essendo

sufficiente, invece, il richiamo, contenuto nello stesso, alle ri

sultanze istruttorie, cosi' come descritte al precedente punto 3,

ed al loro carattere perplesso e complessivamente sfavorevole,

oltre che del tutto insufficiente e carente con riguardo al pro

gettato impianto di trattamento dei reflui.

Ci si riferisce, in particolare, alla conferenza di servizi, alla

citata deliberazione di giunta in data 10 aprile 1990 ed al decre

to ministeriale sulla valutazione d'impatto ambientale. In rela

zione a quest'ultimo, inoltre, la regione ha espressamente ri

chiamato, in termini problematici, le numerose prescrizioni im

poste, osservando come alcune «... richiedono la collaborazione

attiva degli enti locali, manifestamente contrari all'attivazione

dell'impianto». In sostanza, il collegio ritiene che, sulla base di quanto prece

dentemente osservato ai punti 3. e 4. della motivazione della

presente decisione, le risultanze sostanzialmente negative della

conferenza di servizi e le numerose condizioni e prescrizioni a

cui era subordinata la valutazione d'impatto ambientale (anche

se formalmente espressa in senso favorevole) giustificassero am

piamente la decisione della regione di non considerare ricorrenti

«le condizioni per procedere alla approvazione del progetto e

alla conseguente autorizzazione all'esercizio».

In tal modo la regione non ha fatto altro, in sede di emana

zione del provvedimento finale, che trarre legittimamente le de

bite conclusioni dalle risultanze della fase istruttoria, rimanen

do pur sempre nell'ambito ed entro i confini del relativo proce

dimento cosi come tipizzato dalla legge. 5.2. - Sono oltre modo infondate le censure dedotte dalla

società Energest in primo grado — non esaminate dal tribunale

amministrativo e riproposte in questa sede — con il secondo

motivo del primo ricorso, dato che non sussiste alcuna contrad

dittorietà con la precedente deliberazione regionale in data 20

novembre 1990.

Con tale deliberazione, in attuazione dell'art. 5 1. 475/88 e

dell'art. 5 d.p.c.m. 3 agosto 1990, la regione Piemonte, per quan

to di interesse, si è limitata ad approvare il quadro delle iniziati

ve assunte e le proposte di intervento in tema di smaltimento

dei rifiuti industriali nonché a ricomprendere nell'ambito delle

attuali capacità regionali di smaltimento anche le autorizzazioni

rilasciate ma non ancora operative ed i progetti che abbiano

superato (da intendersi in senso positivo) la fase istruttoria per

Il Foro Italiano — 1994.

la parte di competenza regionale e siano ancora in attesa della

valutazione d'impatto ambientale.

Va precisato che, ai sensi dell'art., 5, 5° comma, 1. 475/88, a seguito dell'emanazione del detto d.p.c.m., avente ad oggetto il programma di emergenza per l'adeguamento del sistema di

smaltimento di cui al citato art. 5, ciascuna regione deve adot

tare gli atti necessari per la localizzazione del programma mede

simo ed individuare le aree del proprio territorio da destinare

alla realizzazione del sistema integrato di cui al 4° comma dello

stesso art. 5.

Il fatto che fosse considerato — nella detta deliberazione re

gionale in data 20 novembre 1990 — anche il progetto della

società Energest non ha alcun rilievo ai fini della legittimità

dell'impugnato provvedimento di diniego, dato che il suo inse

rimento attestava soltanto l'avviato stato procedimentale in cui

il medesimo si trovava, avendo passato — anche se, come si

è detto, non in modo positivo — la fase istruttoria di compe tenza regionale ed essendo in attesa della valutazione d'impatto ambientale.

Cosi che l'aver inserito anche il detto progetto nella delibera

zione in data 20 novembre 1990 non vincolava minimamente

l'amministrazione regionale alla sua approvazione. Né poteva in alcun modo rilevare la circostanza per la quale,

nell'allegato alla detta deliberazione, gli impianti di cui al pro

getto Energest fossero indicati come già autorizzati al 30 set

tembre 1990, dato che si trattava di un evidente errore materiale.

6. - Anche la deliberazione di giunta 9 settembre 1991, n.

84/8806, impugnata con il secondo ricorso proposto dalla so

cietà Energest innanzi al medesimo tribunale amministrativo, con la quale si è modificata parzialmente la precedente delibe

razione dello stesso organo 20 novembre 1990, n. 16/1847, de

pennando dal documento allegato alla stessa ogni riferimento

agli impianti progettati dalla Energest in Montechiaro d'Asti,

è esente da tutte le censure addotte.

Innanzitutto, il collegio ritiene che l'emanazione di un siffat

to provvedimento fosse pressoché conseguenziale all'adozione

della precedente deliberazione di diniego. Una volta, infatti, che il progetto presentato dalla società Ener

gest non fosse più realizzabile a causa dell'emanazione, da par te della regione, del definitivo provvedimento di diniego di ap

provazione dello stesso, è evidente che esso andava depennato da un documento che, come detto, attestava unicamente le ini

ziative assunte e le proposte di intervento nella materia di cui

trattasi nonché conteneva l'elenco degli impianti già autorizzati.

Infatti, l'inserimento del progetto Energest nel detto docu

mento, da presupporre avvenuto — in ossequio a parte del di

spositivo della citata deliberazione regionale in data 20 novem

bre 1990 — in quanto rientrante tra «i progetti che hanno già

superato la fase istruttoria per la parte di competenza regionale e sono in attesa della pronuncia ministeriale sulla valutazione

d'impatto ambientale, trova giustificazione solo in virtù di una

futura conclusione positiva del relativo procedimento di appro vazione. Conclusosi questo in modo negativo (oppure, il che

è lo stesso, intervenuta ancora prima una pronuncia negativa sulla valutazione d'impatto ambientale), viene meno proprio quel

la condizione (seppure implicita) alla quale il detto inserimento

doveva necessariamente intendersi subordinato.

E queste considerazioni consentono di prescindere, data la

non essenzialità del problema, dal carattere programmatorio o

meno della detta deliberazione in data 20 novembre 1990.

Il collegio precisa, inoltre, che nel documento allegato a tale

ultima deliberazione gli impianti di cui al progetto Energest era

no indicati come già autorizzati al 30 settembre 1990 ed ancora

in attesa della valutazione d'impatto ambientale. Questa circo

stanza, costituendo un evidente errore materiale, non poteva

in alcun modo vincolare l'operato dell'amministrazione regio

nale né, tanto meno, far considerare tali impianti come auto

rizzati.

7. - In conclusione, entrambi i provvedimenti regionali impu

gnati in primo grado dalla società Energest sono esenti dalle

dedotte censure di violazione ed erronea applicazione di legge

(art. 3 bis 1. 441/87, 5 e 8 1. 475/88, 6 1. 349/86, 3 d.p.c.m. 377/88, d.p.c.m. 27 dicembre 1988 e d.p.c.m. 3 agosto 1990),

di eccesso di potere sotto vari profili, di contraddittorietà con

precedenti deliberazioni e di incompetenza.

Gli appelli, pertanto, previa riunione, devono essere accolti

e, conseguentemente, entrambe le sentenze impugnate vanno an

nullate ed i due ricorsi proposti in primo grado dalla società

Energest devono essere respinti.

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PARTE TERZA

II

Diritto. — Il grave e delicato problema dello smaltimento

dei rifiuti solidi urbani ed assimilati, che da tempo, ormai, im pegna le amministrazioni locali nella ricerca di soluzioni ade guate che, attraverso l'impiego razionale e coordinato di risorse e sinergie, siano atte a fronteggiare l'attuale situazione di emer

genza di taluni grandi centri urbani del comprensorio regionale, richiede la realizzazione di tempestivi ed appropriati interventi, l'individuazione dei quali non può, tuttavia, prescindere dal

l'osservanza della normativa vigente in materia e dal rispetto delle prioritarie esigenze di tutela di beni primari della vita, di cui siano portatori soggetti giuridici qualificati da un particola re momento di collegamento con realtà locale incisa dall'azione

amministrativa e, come tali, titolari di un interesse protetto,

personale e diretto, idoneo a differenziare la loro posizione uti

singuli, anziché uti cives, nell'ambito della generalità indistinta degli altri consociati che compongono la collettività organizzata alla quale detti soggetti appartengono.

Ciò premesso, non sembra possa seriamente dubitarsi che gli odierni ricorrenti — proprio sulla base di una corretta applica zione del criterio di individuazione dell'interesse protetto, re

centemente elaborato dalla giurisprudenza amministrativa — sia no non solo in possesso di una valida posizione legittimante, sotto il profilo sostanziale, ma vantino, altresì, un tipico inte

resse processuale ad opporsi alla contestata iniziativa, mediante

l'utilizzazione dei rimedi, anche giurisdizionali, che l'ordinamento

appresta a tutela delle situazioni giuridiche soggettive di interes

se legittimo. Si osserva, invero, che i principi affermati dal Consiglio di

Stato (sez. IV 11 aprile 1991, n. 257, Foro it., Rep. 1991, voce Ambiente (tutela), n. 66) non si traducono, ad avviso del colle

gio, in un criterio di mera ed astratta localizzazione territoriale, come tale ancorato a semplici parametri di maggiore o minore distanza lineare dal luogo inciso dal censurato provvedimento, e non escludono, quindi, che, in presenza di particolari e com

provate circostanze, possa ravvisarsi la sussistenza di un interes

se, sostanziale e processuale, anche in capo a chi, pur non ope rando nelle immediate vicinanze della discarica, si trovi, comun

que, nella condizione di subire un pregiudizio e paventi, altresì', una lesione di maggior consistenza, a carico della propria sfera

giuridica soggettiva, per effetto del protrarsi del comportamen to dell'autorità ritenuto non conforme a legge, oltre che irri

guardoso dei limiti interni della discrezionalità amministrativa. Se ciò è esatto, come si ritiene, deve riconoscersi che, secon

do quanto emerge dalla documentazione versata in atti, gli istanti

risiedono, vivono, lavorano ovvero sono titolari di diritti im mobiliari a ridosso o nelle vicinanze delle strade di immediato accesso alla discarica controllata di prima categoria di Pediano, ed evidenziano, in ogni caso, un dato ubicativo-residenziale af ferente alle case di civile abitazione o ai fondi rustici di cui sono proprietari, che si colloca in un ambito territoriale com

preso tra un chilometro e mezzo e circa cinque chilometri dal sito dell'impluvio.

Orbene, ove si tenga conto, da un lato, del danno economico che gli esponenti hanno, sia pur genericamente, lamentato (sup portandone la prospettazione con una relazione peritale, peral tro, non asseverata), in termini di progressiva riduzione del va lore commerciale dei beni di cui gli stessi sono titolari; e, dal

l'altro, dei rischi di conseguenze nocive ben più gravi per la salute e la sicurezza dei cittadini che l'elevato aumento del con ferimento annuo di rifiuti solidi urbani alla nuova discarica di Pediano (in atto non più triplicato, ma, pur sempre, considere volmente sovradimensionato rispetto alle originarie previsioni progettuali), unito ad un rapido esaurimento della sua capacità ricettiva, potrebbe comportare «con effetti destabilizzanti sul

punto più vulnerabile dell'impianto, corrispondente alla parte frontale» del medesimo — come rappresentato dagli esperti del Cnr — e con carattere di estesa diffusità del danno, verosimil mente riconducibile ad un'area anche superiore a quella in cui insistono gli odierni ricorrenti — secondo quanto precisato, al

riguardo, dal prof. Vai del dipartimento di scienze geologiche dell'università degli studi di Bologna — riesce difficile immagi nare che gli intimanti possano essere considerati sprovvisti di un qualificato interesse a ricorrere avverso il provvedimento spe cificato in epigrafe, che, per la terza volta, ha consentito Io

smaltimento, nella discarica controllata di Imola, dei rifiuti pro dotti in Bologna e nei comuni appartenenti all'area bolognese, in misura notevolmente esorbitante con riguardo ai quantitativi inizialmente previsti in sede di elaborazione del relativo progetto.

li Foro Italiano — 1994.

Ed appare, altresì, arduo pervenire alla conclusione che il ri

corso sia, comunque, inammissibile per il fatto che, a detta del

la resistente amministrazione comunale, gli istanti avrebbero cen

surato scelte di merito dell'autorità procedente, in quanto tali, sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

In proposito, infatti, è sufficiente osservare che, nella fattispe cie, è stato impugnato un provvedimento amministrativo a rile

vanza esterna, che, pertanto, non attiene a semplici modalità

organizzative o esecutive, di natura tecnica, di gestione dell'im

pianto, ma involge interessi privati e pubblici di varia indole e di considerevole spessore, che ricevono protezione dall'ordi

namento giuridico e rientrano, quindi, a pieno titolo, nella logi ca e nel sistema del processo amministrativo. Diversamente opi nando, non poche determinazione a contenuto prowedimentale rimarrebbero escluse dal vaglio giurisdizionale, e ciò in palese contrasto con l'art. 113 Cost., oltreché con l'art. 24 del medesi

mo testo fondamentale.

Disattese le eccezioni di rito sollevate dalle parti resistenti,

può passarsi all'esame del merito del proposto gravame. In proposito, il collegio non ravvisa valide e fondate ragioni

per discostarsi dalle statuizioni emesse dalla sezione, in sede di

decisione del precedente ricorso n. 281 del 1990 e, pertanto, ritiene condivisibili ed assorbenti le censure dedotte nei primi due motivi di doglianza.

Quanto al primo mezzo di gravame, va ribadito che, nella

fattispecie, risulta violato l'art. 17 del regolamento comunale

sullo smaltimento dei rifiuti, che limita al comprensorio imolese

l'utilizzazione della discarica di via Pediano. Invero, trattasi di norma regolamentare la cui modifica, ope

rata con lo sfruttamento della discarica anche con conferimenti

provenienti da altre zone, avrebbe dovuto essere esplicitamente deliberata con apposita determinazione anch'essa di carattere

regolamentare. Né a contrastare tale assunto appare probante l'osservazione

dei resistenti secondo cui la norma ex art. 17 sarebbe venuta

meno per effetto del nuovo regolamento approvato con delibe ra del consiglio comunale n. 23 (recte: 35-n.d.e.) del 1° feb

braio 1988, dal momento che quest'ultimo regolamento discipli na esclusivamente l'attività di gestione e funzionamento interno

della discarica (cfr., in termini, Tar Bologna, sez. I, 14 agosto 1991, n. 269).

Cosi come, del pari, non condivisibile si rivela l'ulteriore ar

gomentazione di parte resistente, che affida la pretesa abroga zione della disposizione regolamentare di cui si discute all'inter

venuta legislazione regionale del 1986/88 che ha istituito, in luogo del pregresso regime in materia di smaltimento dei rifiuti, in

centrato sulle discariche comunali, un nuovo «sistema integra to» su base regionale, con articolazione territoriale e specifica zione funzionale costituita dal «piano infraregionale» a livello

provinciale e non più comunale. Detta normativa riveste, infat

ti, natura meramente programmatica ed impegna, quindi, tutte le autorità interessate ai vari livelli a ricercare, concordemente,

adeguate soluzioni al grave problema dello smaltimento dei ri fiuti solidi urbani, anche modificando, ove del caso, le proprie discipline particolari di settore, al fine di uniformarle ai nuovi e più ampi obiettivi perseguiti dal legislatore regionale, attraver so l'introduzione della pianificazione regionale ed infraregiona le e l'istituzione di sistemi integrati per il recupero e l'elimina zione dei rifiuti.

Con riferimento, poi, ai vizi delineati nel capo di domanda rubricato al punto 2) dell'atto introduttivo del giudizio, si rileva che il provvedimento impugnato non reca menzione alcuna di una nuova istruttoria tecnica che il comune avrebbe, invece, dovuto eseguire e sottoporre al vaglio degli organi provinciali, tenuto conto del sensibile aumento dello stoccaggio di rifiuti realizzatosi nell'impianto di Pediano, rispetto alle ben più mo deste previsioni progettuali, per effetto della contestata decisio ne di accogliere nella discarica imolese anche i rifiuti prodotti nell'area bolognese.

Avuto, infatti, riguardo alle mutate condizioni di utilizzazio ne e gestione della discarica, si imponeva una verifica tecnica

preventiva della nuova situazione, volta a riesaminare compiu tamente i «parametri tecnici dettati dalla legge per la tutela de

gli interessi protetti, quanto meno al fine di un eventuale ulte riore incremento delle misure di sicurezza e del monitoraggio in atto» (cfr., in termini, Tar Bologna, n. 269 del 1991 cit.).

E ciò non soltanto perché, come evidenziato dai tecnici del Cnr, il massivo e continuato conferimento di rifiuti solidi urbani, in misura notevolmente superiore a quella prevista, «ha comporta to (e comporta) un grave rischio sotto l'aspetto statico e della sicu

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Page 7: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres. Chieppa, Est. Volpe; Regione Piemonte (Avv. Santilli, E. Romanelli), Comune di Montechiaro

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

rezza dell'impianto» (cfr., in termini, Tar Bologna cit.), ma an

che perché era fatto obbligo alla competente autorità di tra

smettere annualmente all'amministrazione provinciale di Bolo

gna «una relazione sulla tipologia e sui quantitativi di rifiuti

smaltiti in discarica nell'anno precedente», nonché di «comuni

care immediatamente» alla stessa autorità provinciale «le even

tuali variazioni che dovessero verificarsi, ai fini dei corrispon denti provvedimenti concernenti l'autorizzazione» (vedi punto

4, deliberazione di giunta provinciale n. 59 del 1986). In effetti, se risponde al vero che, con la deliberazione n.

76 del 7 marzo 1988, la giunta provinciale di Bologna aveva

revocato la precedente autorizzazione provvisoria — rilasciata

al comune di Imola (n. 59 del 1986, cit.) e, successivamente,

prorogata fino al 31 dicembre 1989 (giunta provinciale n. 104 del 21 dicembre 1987) — consentendo contestualmente il suben

tro dell'A.M.I. (come da delega conferitale dal consiglio comu

nale di Imola, con determinazione n. 447 del 28 dicembre 1987) nella gestione dell'impianto, con autorizzazione all'esercizio della

discarica valida a tutto il 31 dicembre 1989, deve osservarsi che

il «nuovo» titolo abilitativo, di cui era divenuta intestataria

l'A.M.I., non differiva sostanzialmente dal precedente, giacché, nel conferire l'autorizzazione a quest'ultima, l'amministrazione

provinciale aveva espressamente richiamato la propria delibera

zione n. 59 del 1986 — nella quale era stabilito l'uso intercomu

nale dell'impianto di via Pediano, a servizio dei comuni del com prensorio imolese (Imola, Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castel Guelfo, Castel S. Pietro, Dozza, Fonta

nelle e Mordano) — ed aveva dettato prescrizioni particolari

pressoché identiche a quelle già fissate nel provvedimento n.

59 del 1986, in ordine sia ai limiti di accumulo e compattazione dei rifiuti, nonché alle modalità ed ai tempi di recupero am bientale, sia all'obbligo di relazionare annualmente sui «tipi,

quantitativi e provenienza dei rifiuti smaltiti in discarica nel

l'anno solare precedente», nonché di comunicare tempestiva mente eventuali variazioni «nella conduzione della discarica, ai

fini dei corrispondenti provvedimenti concernenti l'autorizza

zione» (v., su quest'ultimo aspetto, il punto 9 della delibera

di giunta provinciale n. 76 del 1988). Poiché, dunque, deve ritenersi che, come lamentato da parte

ricorrente, non erano stati previamente ed espressamente auto

rizzati né la modifica del bacino di utenza della discarica né l'incremento dei conferimenti di rifiuti ad essa destinati, anche

questo profilo di censura si rivela fondato ed accredita, ulte

riormente, la tesi degli istanti circa l'illegittimità dell'impugnato provvedimento.

In conclusione, assorbite le altre censure, il ricorso va accolto

con la conseguente caducazione dell'impugnata determinazione.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 30 ottobre 1993, n. 787; Pres. Laschena, Est. Luce; Pastega e altro (Aw.

Benvenuti, Lorenzoni) c. Min. beni culturali e ambientali.

Annulla Tar Veneto 25 ottobre 1986, n. 64.

Antichità e belle arti — Cose d'interesse storico e artistico —

Esportazione — Prelazione dell'amministrazione — Esercizio — Termine — Decorrenza (L. 1° giugno 1939 n. 1089, tutela

delle cose di interesse artistico o storico, art. 36, 39). Antichità e belle arti — Cose d'interesse storico e artistico —

Esportazione — Denuncia da parte di soggetto diverso dal

proprietario — Prelazione dell'amministrazione — Legittimi tà — Fattispecie (L. 1° giugno 1939 n. 1089, art. 39).

Antichità e belle arti — Cose d'interesse storico e artistico —

Esportazione verso paesi membri della Cee — Prelazione del

l'amministrazione — Prezzo — Corrispondenza al valore in

dicato nella denuncia — Esclusione (L. 1° giugno 1939 n.

1089, art. 39).

Poiché la denuncia di esportazione della cosa d'interesse storico

o artistico implica normalmente la presentazione della stessa,

qualora ciò non avvenga, il termine di novanta giorni, per

l'esercizio della prelazione da parte dell'amministrazione dei beni culturali, decorre dalla data di «visita» al bene, successi

li Foro Italiano — 1994.

va alla denuncia, in cui l'amministrazione acquisisce gli ele

menti necessari ad un corretto esercizio del potere. (1) È legittimamente esercitata la prelazione, da parte dell'ammini

strazione dei beni culturali, su una cosa d'interesse storico

o artistico per cui sia stata richiesta licenza di esportazione,

pur se la denuncia provenga da soggetto diverso dal proprie tario del bene (nella specie, il denunciante, presumibilmente mandatario del proprietario, si era autoqualificato proprieta rio ingenerando il legittimo affidamento dell'amministrazione procedente relativamente al pieno potere di disporre della co

sa da esportare). (2) È illegittima la pretesa dell'amministrazione dei beni culturali

di esercitare la prelazione su una cosa d'interesse storico o

artistico per cui sia stata richiesta licenza di esportazione per un paese membro della Cee, al valore dichiarato nella denun

cia stessa. (3)

Diritto. — 1. - Con il primo motivo di ricorso, gli appellanti censurano la sentenza impugnata per violazione dell'art. 39 1.

n. 1089 del 1939; il decreto ministeriale di acquisto sarebbe sta

to tardivamente emanato in relazione al termine, di novanta

giorni, entro cui poteva esercitarsi il relativo potere. Erronea dovrebbe considerarsi la decisione del Tar, secondo

cui il termine indicato, più che dalla formale consegna del do

cumento contenente la denuncia, cominciava a decorrere dalla

(1) Parallelamente, il termine per l'impugnazione dell'atto di eserci zio della facoltà di prelazione da parte dello Stato decorre dalla piena conoscenza dell'atto stesso, che contenga tutti i necessari elementi com

presa l'indicazione del prezzo (Cons, giust. amm. sic. 25 marzo 1987, n. 78, Foro it., Rep. 1987, voce Giustizia amministrativa, n. 363).

(2) Sui soggetti legittimati alla presentazione della denuncia per l'e

sportazione, v. Cons. Stato, sez. VI, 25 agosto 1990, n. 752, Foro it.,

Rep. 1991, voce Antichità, n. 75. Secondo Cons. Stato, sez. VI, 7 di

cembre 1973, n. 578, id., Rep. 1973, voce cit., n. 36, ai sensi dell'art.

129, 2° comma, r.d. 30 gennaio 1913 n. 363, che costituisce tuttora

il regolamento di esecuzione della 1. 1089/39, legittimamente l'ammini

strazione notifica il provvedimento con cui esercita la prelazione allo

spedizioniere (e al mandatario speciale). La denuncia e la presentazione delle cose, inoltre, da parte del legittimo detentore, sono sufficienti a

legittimare il potere amministrativo di acquistare le cose stesse, essendo

del tutto irrilevante il rapporto tra denunciante e proprietario (Tar La

zio, sez. II, 25 febbraio 1989, n. 311, id., Rep. 1989, voce cit., n. 54), e non sussistendo l'obbligo della pubblica amministrazione di accertare

se l'effettivo proprietario coincida con il denunciante e il presentatore della cosa all'esportazione (Tar Lazio, sez. II, 12 dicembre 1983, n.

1214, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 41, 42).

(3) Come la stessa motivazione della pronuncia chiarisce, di fronte

ad una richiesta di esportazione verso paesi membri della Cee, l'ammi nistrazione ha la possibilità: di negare l'autorizzazione ove l'esportazio ne comporti un danno al patrimonio storico e artistico nazionale (ma in tal caso è da ritenere si tratti di un vero e proprio obbligo, connesso

ad una valutazione tecnico-discrezionale); di formulare un'offerta di

acquisto, se la cosa presenta un interesse tutelato dalla legge, offerta

che può essere accettata dando luogo ad un trasferimento convenziona

le, o non accettata, con rinuncia all'esportazione (in tal caso decade

l'intero procedimento, e sarebbe illegittimo il decreto ministeriale di ac

quisizione coattiva del bene: Tar Lazio, sez. II, 28 settembre 1987, n.

1516, Foro it., 1988, III, 415) o senza rinuncia (in tal caso dovrà proce dersi ad espropriazione) (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 23 settembre 1991, n. 7, id., 1992, III, 1, con nota di richiami).

La tesi adottata dal Consiglio di Stato contrasta con l'orientamento

della Cassazione, la quale ha ritenuto che l'esercizio della prelazione comporta l'automaticità dell'acquisto, ai sensi dell'art. 39, 1° comma, 1. 1089/39, ad un prezzo non inferiore a quello dichiarato dal denun

ciante, escludendosi la possibilità di rinuncia all'esportazione da parte di questo, anche se la destinazione sia un paese membro della Cee (Cass. 30 luglio 1982, n. 4363, id., 1983, I, 88, con nota di richiami). La

prelazione all'esportazione è riconducibile ad un potere di supremazia dello Stato, che risponde all'esigenza di evitare la dispersione del patri monio storico-artistico, e si estrinseca in un provvedimento a carattere

spiccatamente ablatorio (Caracciolo La Grotteria, I trasferimenti one

rosi dei beni culturali «sub condicione» dell'esercizio del diritto di pre

lazione, in Foro amm., 1992, 1007; cfr. sulla prelazione all'acquisto dei beni culturali in generale, Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 1992, n.

226, Foro it., Rep. 1992, voce Antichità, n. 72). In dottrina, sulla prelazione all'esportazione dei beni culturali, Can

nada Bartoli, In tema di acquisto all'esportazione di beni d'interesse

artistico, in Foro amm., 1992, 744; Roccella, Esportazione di beni

culturali e facoltà di acquisto dello Stato, in Riv. it. dir. pubbl. comu

nitario, 1992, 949; Ferri, Osservazioni in tema di prezzo di acquisto di cose d'arte presentate all'esportazione, in Riv. amm., 1983, 308; Bo

namore, Tutela, vendita ed esportazione del patrimonio artistico, nel

segno dell'art. 9 Cost., in Foro amm., 1983, I, 613.

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