sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres. Chieppa, Est. Volpe; Regione Piemonte(Avv. Santilli, E. Romanelli), Comune di Montechiaro d'Asti ed altri (Avv. Dal Piaz, Contaldi) eComitato ambiente Valle Versa (Avv. Tortonese) c. Soc. Energest (Avv. Siniscalco, Vaiano), Min.ambiente ed altri. Annulla Tar Piemonte, sez. II, 23 aprile 1992, nn. 107 e 108Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 319/320-329/330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188360 .
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PARTE TERZA
Secondo l'amministrazione appellante, era sufficiente nel ca
so in esame il parere, regolarmente assunto, del competente co
mitato di settore, atteso che trattavasi di determinazione affe
rente a problemi di carattere strettamente tecnico-scientifico non
implicanti scelte dotate di valenza generale. La censura è fondata. È stato infatti definitivamente acquisi
to nella giurisprudenza il principio secondo cui i comitati di
settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali
costituiscono, in base agli art. 3, 4, 7 e 8 d.p.r. 3 dicembre
1975 n. 805, sezioni del Consiglio nazionale previsto dall'art.
82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616; pertanto, mentre il Consiglio nazionale si pronunzia, a norma dell'art.
3 d.p.r. n. 805 del 1975, su oggetti di portata generale che inve
stono la politica di tutela culturale e ambientale nella sua elabo
razione unitaria e complessiva, i cinque comitati di settore pos siedono una competenza per materia secondo la loro stessa de
nominazione specifica, con riferimento a diverse aree di tutela,
cioè a diverse categorie di beni culturali o ambientali; con la
conseguenza che, quando la legge richiede il previo parere del
consiglio, salvo che la materia non riguarda aspetti di ordine
generale, il riferimento deve intendersi operato al competente comitato settoriale (Cons. Stato, sez. VI, n. 600 del 6 agosto
1992, Foro it., Rep. 1992, voce Bellezze naturali, nn. 17, 18). Con l'appello incidentale proposto la società Investimenti e
gestioni s.p.a. censura, dal canto suo, la sentenza del tribunale
amministrativo regionale laddove la stessa ha ritenuto che il po tere statale esercitato avesse natura concorrente con quello re
gionale. In realtà, secondo l'appellante, il potere esercitato nella spe
cie, come previsto dall'art. 82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 616/77, costituirebbe invece un potere sostitutorio coessenziale alla de
lega attribuita alle regioni. Con la conseguenza che il provvedimento ministeriale di inte
grazione degli elenchi avrebbe dovuto essere preceduto da una
attività sollecitatoria nei confronti della regione, per poter esse
re adottato in via sostitutoria soltanto all'esito (negativo) della
sollecitazione anzidetta.
Inoltre, secondo l'appellante incidentale, del pari erroneamente, il tribunale amministrativo regionale avrebbe ritenuto infonda
to il quinto motivo del ricorso, sotto il profilo che il potere dello Stato di modificare gli elenchi si sottrarrebbe all'obbligo della osservanza procedimentale che la 1. n. 1497 del 1939 pre vede per la formazione degli elenchi stessi.
Le censure sono infondate. È consolidato nella giurispruden za il principio secondo cui il procedimento seguito dal ministero
per l'emanazione dei decreti attuativi del d.m. 21 settembre 1984
si ponesse al di fuori della procedura prevista dalla 1. 29 giugno 1939 n. 1497; infatti, conformemente agli interessi tutelati dal
l'art. 9 Cost., l'art. 82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, autorizza un intervento dello Stato, ai fini della
estensione, mediante integrazione, degli elenchi, della tutela pae
saggistica; il che importa l'esercizio di poteri concorrenti con
quelli delegati alle regioni e tale intervento non deve essere rea
lizzato nel rispetto delle norme procedimentali poste dagli art.
2 ss. 1. 29 giugno 1939 n. 1497 (Cons. Stato, sez. VI, n. 600
del 6 agosto 1992, cit.).
Trattasi, quindi, come bene osservato dal tribunale, di potere
proprio dello Stato non oggetto di delega alle regioni e con que sto concorrente; il cui esercizio non è condizionato, pertanto, al rispetto della procedura prevista per l'integrazione degli elen
chi in relazione al potere delegato alle regioni medesime.
Deve essere quindi accolto l'appello della amministrazione e
respinto l'appello incidentale della s.p.a. Investimenti e gestio
ni, in parziale riforma della decisione impugnata, relativamente
all'ottavo motivo ricorso di primo grado concernente la manca
ta acquisizione del parere del Consiglio nazionale per i beni cul
turali e ambientali.
Il Foro Italiano — 1994.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 6 dicembre 1993, n. 1262; Pres. Chieppa, Est. Volpe; Regione Piemonte (Avv.
Santilli, E. Romanelli), Comune di Montechiaro d'Asti ed
altri (Avv. Dal Piaz, Contaldi) e Comitato ambiente Valle
Versa (Avv. Tortonese) c. Soc. Energest (Avv. Siniscalco,
Vaiano), Min. ambiente ed altri. Annulla Tar Piemonte, sez.
II, 23 aprile 1992, nn. 107 e 108.
Giustizia amministrativa — Sentenza del tribunale amministra
tivo regionale — Esecuzione — Acquiescenza — Esclusione
(L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali ammini strativi regionali, art. 33).
Sanità pubblica — Rifiuti industriali — Impianto di smaltimen
to — Autorizzazione regionale — Rapporti tra conferenza di
servizi e valutazione di impatto ambientale (D.p.r. 10 settem
bre 1982 n. 915, attuazione delle direttive Cee n. 75/442 rela
tiva ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlo rodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi, art. 6; 1. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione
del ministero dell'ambiente e norme in materia di danno am
bientale, art. 6; d.l. 31 agosto 1987 n. 361, disposizioni ur
genti in materia di smaltimento dei rifiuti, art. 3 bis; 1. 29
ottobre 1987 n. 441, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 31 agosto 1987 n. 361; d.p.c.m. 10 agosto 1988 n.
377, regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambien
tale di cui all'art. 6 1. 8 luglio 1986 n. 349, art. 3; d.l. 9 settembre 1988 n. 397, disposizioni urgenti in materia di smal
timento dei rifiuti industriali, art. 8; 1. 9 novembre 1988 n.
475, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 9 set
tembre 1988 n. 397).
L'esecuzione della sentenza di primo grado da parte dell'ammi
nistrazione, prevista dall'art. 33 l. 6 dicembre 1971 n. 1034,
costituisce automatica conseguenza dell'imperatività immediata
attribuita alle sentenze dei Tar e, pertanto, non importa ac
quiescenza al loro contenuto, né rinuncia all'appello. (1) Posto che nella procedura di approvazione dei progetti relativi
agli impianti di smaltimento di rifiuti industriali, la valutazio ne di impatto ambientale, di competenza del ministro del
l'ambiente, ai sensi dell'art. 8 l. 9 novembre 1988 n. 475,
non si sovrappone del tutto alla conferenza di servizi, previ sta dall'art. 3 bis /. 29 ottobre 1987 n. 441, in quanto alla
seconda spetta l'acquisizione e la valutazione degli elementi
relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze territo
riali ed alla prima la valutazione di compatibilità dello stesso
con le esigenze ambientali, sulla base dell'acquisizione degli elementi relativi, di competenza della conferenza di servizi,
legittimamente la regione, cui compete l'emanazione del prov vedimento finale, può, in caso di esiti non del tutto positivi,
respingere motivatamente la richiesta di approvazione. (2)
(1) In senso conforme, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 1993, n. 690, Cons. Stato, 1993, I, 686; ad. plen. 6 ottobre 1992, n. 12, Foro it., 1993, III, 321; sez. V 26 giugno 1992, n. 582, id., Rep. 1992, voce Giustizia amministrativa, n. 371; sez. VI 2 dicembre 1991, n. 961, ibid., n. 373; sez. IV 18 aprile 1991, n. 283, id., Rep. 1991, voce cit., n. 352; sez. V 15 aprile 1991, n. 557, ibid., n. 351; sez. IV 8 novembre
1990, n. 864, ibid., n. 353; sez. V 24 novembre 1990, n. 790, ibid., n. 354 e sez. VI 26 settembre 1989, n. 1268, id., 1991, III, 307, con nota di richiami.
(2-4) I. - Il procedimento di autorizzazione regionale all'attività di smaltimento sia dei rifiuti industriali, tossici e nocivi, nonché speciali, sia dei rifiuti solidi urbani, è disciplinato dall'art. 3 bis 1. n. 441 del
1987, il quale stabilisce che la regione provvede all'istruttoria dei relati vi progetti, mediante la convocazione di una apposita «conferenza di
servizi», cui partecipano i rappresentanti della regione e degli enti locali interessati. In base alle risultanze della conferenza, la regione può addi venire all'approvazione dei progetti in questione e tale atto, ai sensi dell'art. 3 bis, «costituisce, ove occorra, variante dello strumento urba nistico generale»: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 1991, n. 838, Foro it., Rep. 1991, voce Sanità pubblica, n. 333; Tar Abruzzo, sez.
Pescara, 20 febbraio 1991, n. 166, ibid., voce Regione, n. 319 e, per ulteriori riferimenti in tema di conferenza di servizi, v. la nota a Corte cost. 28 luglio 1993, n. 348, in questo fascicolo, parte prima.
La decisione sub I, su cui non constano precedenti editi in senso
conforme, concerne il complesso iter procedimentale di approvazione dei progetti di impianti di smaltimento di rifiuti industriali, la cui fase istruttoria prevede, oltre alla competenza della regione (tenuta ad indi care la conferenza di cui si è detto), anche la competenza ministeriale. L'art. 8 1. n. 475 del 1988 prevede, infatti, che al ministro dell'ambiente
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione I; sentenza 28 giugno 1993, n. 323; Pres. Castiglione, Est. Giordano; Fiumi ed altri (Aw.
Valgimigli) c. Comune di Imola (Avv. Predieri, Cristoni) e altri.
Giustizia amministrativa — Interesse a ricorrere — Discarica
di rifiuti — Autorizzazione — Soggetto non operante nelle
immediate vicinanze (D.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, art. 6). Sanità pubblica — Rifiuti solidi urbani — Discarica — Autoriz
zazione — Mutamento delle condizioni di utilizzazione — Nuo
va verifica tecnica — Necessità (D.p.r. 10 settembre 1982 n.
915, art. 6).
Sussiste un interesse a ricorrere, sostanziale e processuale, an
che in capo a chi, pur non operando nelle immediate vicinan
ze di una discarica di rifiuti, si trovi comunque nella condi
zione di subire un pregiudizio, in termini di progressiva ridu
zione del valore di beni immobili di cui sia titolare e di rischi
di conseguenze nocive ben più gravi per la propria salute e
sicurezza (nella specie, gli istanti risiedevano, lavoravano o
erano titolari di diritti immobiliari in un'area compresa tra
un chilometro e mezzo e circa cinque chilometri dal luogo
dell'impianto). (3) In materia di autorizzazione allo smaltimento di rifiuti solidi
urbani tramite discarica, in seguito al mutamento delle condi
zioni di gestione e di utilizzazione di quest'ultima, è necessa
ria una verifica tecnica preventiva della nuova situazione, al
fine di un eventuale incremento, nella nuova autorizzazione,
delle misure di sicurezza e del monitoraggio in atto, non es
sendo sufficiente il semplice richiamo alle prescrizioni già fis sate nel provvedimento abilitativo precedente. (4)
I
Diritto. — 1. - Deve essere disposta, innanzitutto, la riunione
di tutti i cinque ricorsi in appello in epigrafe indicati per eviden
ti ragioni di connessione.
spetti effettuare la c.d. «valutazione di impatto ambientale», sulla base
degli elementi trasmessi dalla regione, al fine di verificare la compatibi lità dei progetti di nuovi impianti con le esigenze ambientali. Sulla legit timità di tale previsione normativa, cfr. Corte cost. 6 giugno 1989, n.
324, Foro it., Rep. 1989, voce Sanità pubblica, n. 292; sulla necessità di un coordinamento tra la competenza ministeriale alla valutazione d'im
patto ambientale e le residue competenze regionali in tema anche di
tutela dell'ambiente e di smaltimento dei rifiuti, cfr. Tar Lombardia, sez. Brescia, 15 marzo 1991, n. 233, id., Rep. 1991, voce Ambiente
(tutela dell'), n. 69; in generale, sul tema della valutazione d'impatto ambientale, istituita dall'art. 6 1. n. 349 del 1986, cfr. Tar Lazio, sez.
I, 18 dicembre 1993, n. 1787, Trib. amm. reg., 1994, I, 21; Tar Lom
bardia, sez. I, ord. 19 dicembre 1990, n. 1064, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 76 e Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 1990, n. 728, id.,
1991, III, 485, con nota di richiami. Nel senso poi che le disposizioni relative alla conferenza di servizi
ed alla valutazione d'impatto ambientale concernono esclusivamente la
procedura di approvazione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, e non trovano quindi applicazione in sede di localizzazione dei medesi
mi, v. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 1992, n. 979, id., Rep. 1993, voce Sanità pubblica, n. 324.
In dottrina, v. A. L. De Cesaris, Obbligatorietà della procedura di
valutazione ambientale per le discariche di seconda categoria di tipo B, in Riv. giur. ambiente, 1992, 395 e F. Giampietro, La nuova disci
plina dello smaltimento dei rifiuti dopo la l. n. 475 del 1988, in Giur.
merito, 1990, 455; in generale, in materia di valutazione d'impatto am
bientale, v. R. Ferrara, Opere pubbliche e valutazione di impatto am
bientale, in Notiziario giurisprudenza reg., 1989, 146, nonché Gustapane
Sartor-Verardi, Valutazione di impatto ambientale, Milano, 1992.
Per quanto concerne la pronunzia sub II, sostanzialmente conforme
è Tar Liguria 23 dicembre 1987, n. 686, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 358, nel senso che, in seguito ad ampliamenti qualitativi e quantitati vi di un impianto di smaltimento, non è sufficiente la proroga della
autorizzazione precedente, ma occorrono una nuova verifica tecnica ed
una nuova autorizzazione. V. anche Tar Lazio, sez. Latina, 23 marzo
1987, n. 199, id., Rep. 1988, voce cit., n. 364, nel senso che, qualora
gli ampliamenti comportino l'utilizzazione di nuove aree territoriali, l'au
torizzazione deve essere preceduta dalla preventiva acquisizione del pa rere del comune interessato.
Più in generale, sempre in tema di discariche di rifiuti solidi urbani
gestite dai comuni, sulla necessità che il sindaco si munisca di apposita
Il Foro Italiano — 1994.
2. - Va poi sgombrato il campo dalla possibile incidenza del
l'intervento della detta deliberazione regionale 21 giugno 1993, n. 204 sulla controversia per cui è causa, ai fini di un'eventuale
declaratoria della cessazione della materia del contendere e/o
di improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuto difetto di inte
resse e/o di acquiescenza. Con tale deliberazione la regione Piemonte, infatti — deci
dendo di rimettere la domanda di autorizzazione della società
Energest, di cui al precedente diniego espresso con la delibera
zione di giunta 8 luglio 1991, n. 83/7543, alla conferenza isti
tuita ai sensi dell'art. 3 bis 1. 441/87 per la valutazione di com
petenza, sia con riferimento all'impianto di trattamento e depu razione reflui, sia correlativamente al progetto Energest in
generale, e di riservare alla giunta il parere ex 1. 349/86 per
l'integrazione dell'istruttoria ministeriale ai fini della complessi va valutazione di compatibilità ambientale —, ha inteso unica
mente dare in qualche modo attuazione alla sentenza del primo
giudice, in attesa della decisione definitiva di questo consiglio. In tal modo, la detta deliberazione non è capace di svolgere
influenza alcuna sui provvedimenti impugnati in primo grado né comporta acquiescenza alla sentenza appellata.
A tale ultimo proposito è sufficiente rilevare che, ex art. 33, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, le sentenze dei tribunali
amministrativi regionali sono esecutive, per cui l'amministra
zione è tenuta a darvi esecuzione senza che ciò implichi di per sé acquiescenza (da ultimo si veda la decisione di questa sezione
12 giugno 1993, n. 690, Foro it., Rep. 1993, voce Giustizia am
ministrativa, n. 360). 3. - Tutti i cinque ricorsi in appello in epigrafe indicati sono
fondati.
Il collegio ritiene, infatti, che entrambi i ricorsi di primo gra do si sarebbero dovuti respingere.
Deve essere, in primo luogo, brevemente precisato l'excursus
provvedimentale della vicenda, al fine di riportare nei suoi esat
ti limiti e nello stesso tempo semplificare la controversia per
cui è causa.
La società Energest il 15 gennaio 1990 presentava alla regione
autorizzazione regionale, v. Cass. 18 marzo 1991, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 302; Corte cost. 18 gennaio 1991, n. 14, id., 1991, I, 3281 (m); Cass. 28 febbraio 1989, Porto, id., 1989, II, 353, con nota di Paone.
Infine, sul reato di realizzazione di discarica abusiva, v. Cass. 22
aprile 1992, Abortivi, ed altre tre, id., 1993, II, 302, con nota di richiami. In dottrina, v. M. Medugno, Sull'impianto e la gestione di discari
che da parte del comune e sulla relativa autorizzazione regionale, in
Riv. pen., 1990, 531, e, più in generale, F. Giampiero e R. Morelli, Testo unificato della normativa sui rifiuti, Milano, 1992, passim.
II. - La pronunzia è interessante in quanto sembra voler limitare la
portata del principio, già applicato in materia urbanistica e poi esteso
alla materia ambientale, della c.d. «localizzazione territoriale dell'inte
resse», in base al quale si riconosce un interesse personale e diretto
a ricorrere contro un provvedimento amministrativo (nella specie, l'atto
autorizzatorio di una discarica), in capo a quei soggetti giuridici che
siano «qualificati da un particolare momento di collegamento con la realtà locale» incisa dal provvedimento stesso. Tale criterio ha permes so di riconoscere legittimati al ricorso, non solo i proprietari dei terreni
da espropriare, perché destinati alla realizzazione della discarica, ma anche i proprietari dei terreni vicini, per il possibile decremento del valore dei loro immobili (cfr. Tar Emilia-Romagna, sez. I, 26 luglio 1991, n. 265, Trib. amm. reg., 1991, I, 3526 (m) e Tar Sicilia, sez.
II, 28 dicembre 1988, n. 904, Foro it., Rep. 1989, voce Giustizia ammi
nistrativa, n. 497), gli affittuari, coltivatori diretti di fondi limitrofi
(Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 1991, n. 837, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 586), gli abitanti della zona (Tar Lazio, sez. Latina, 13 aprile
1992, n. 258, ibid., n. 588 e Tar Abruzzo, sez. Pescara, 20 febbraio
1991, n. 166, id., Rep. 1991, voce cit., n. 532), i semplici residenti
nell'area comunale circostante la discarica (Tar Lazio, sez. Latina, 11
dicembre 1990, n. 1064, id., Rep. 1992, voce cit., n. 471). Al contrario, la sentenza del Tar Emilia-Romagna limita la portata del principio in
questione, in quanto il criterio di individuazione dell'interesse a ricorre
re non può essere «ancorato a semplici parametri di maggiore o minore
distanza lineare dal luogo inciso dal provvedimento censurato», ma de
ve fondarsi, oltre che sul dato ubicativo, anche sulla valutazione del
danno, che i ricorrenti lamentano, in termini di riduzione del valore
commerciale dei loro beni e dei pericoli per la loro salute e sicurezza.
In senso conforme, v. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 1991, n. 257,
id., Rep. 1991, voce cit., n. 458 e Tar Emilia-Romagna, sez. Parma, 22 dicembre 1990, n. 328, ibid., n. 457. Sulle questioni di giurisdizione attinenti alla posizione del privato in prossimità della cui abitazione
venga realizzato l'impianto di depurazione, v. Cass. 20 febbraio 1992, n. 2092, id., 1992, I, 2123, con nota di richiami di S. Benini,
In dottrina, v. B. Sargenti, Legittimazione a ricorrere contro l'inse
diamento di una discarica, in Foro amm., 1991, 2258.
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PARTE TERZA
Piemonte un progetto per la costruzione di una discarica di 2a
categoria tipo B per Io smaltimento di rifiuti speciali nonché
tossici e nocivi con annesso laboratorio di analisi e di un im
pianto di trattamento dei reflui liquidi (della discarica stessa
e di quelli conferiti in conto terzi), da ubicarsi in località Casci na Beronco del comune di Montechiaro d'Asti. Il tutto costitui
va un unico impianto integrato. Il successivo 26 gennaio la medesima società inoltrava alla
regione la relativa domanda di autorizzazione.
Le risultanze della conferenza di servizi, convocata il 26 mar
zo 1990 presso l'assessorato regionale all'ambiente ai sensi del
l'art. 3 bis 1. 441/87, e, quindi, al fine di esaminare il detto
progetto, erano le seguenti:
a) parere contrario sia del comune di Montechiaro d'Asti che
di tutti i comuni contermini (in numero di otto);
b) parere contrario dell'Unità sanitaria locale n. 68 di Asti;
c) parere contrario della provincia di Asti;
d) parere favorevole, con riserva sull'idrologia, del Servizio
regionale opere pubbliche di Asti;
e) parere favorevole, ma con varie prescrizioni per la discari
ca e senza alcuna valutazione sull'impianto di trattamento, dei
servizi competenti dell'assessorato regionale all'ambiente.
I pareri contrari erano motivati in relazione ad aspetti sia
ambientali che territoriali. La Usi, in particolare (si veda la no
ta n. 402 in data 14 marzo 1990), aveva già rilevato vari ele
menti negativi, con riguardo al suolo, allo scarico dei reflui, anche se trattati, nel torrente Versa, al rumore ed alla salute.
Con deliberazione 10 aprile 1990, n. 190/37002 la giunta re
gionale si esprimeva, ai sensi dell'art. 6, 4° comma, 1. 349/86, sulla valutazione di impatto ambientale, da emanarsi poi dal
ministro dell'ambiente in attuazione del disposto dell'art. 8 1.
475/88. In realtà, la regione non emanava un parere favorevole ma
indicava solo la generale «idoneità del sito alla localizzazione
della discarica per le caratteristiche geologiche», mentre, elen
cando vari elementi negativi, carenti e problematici (in numero
di otto: con riguardo al terreno, alla gestione, alla selezione
ed all'accettazione dei rifiuti, alla falda, alla viabilità, alla di
sinfezione finale nell'impianto, ai residui di trattamento ed al
rifiuto delle popolazioni), evidenziava, in ipotesi di futura pro nuncia favorevole da parte del ministro dell'ambiente, numero
se condizioni da ritenersi «indefettibili».
Cosi che la regione decideva di «inviare al ministero dell'am
biente, ... ai fini della pronuncia di compatibilità ambientale, ... la detta deliberazione, che contiene nelle premesse l'esame
analitico e le valutazioni di competenza, che concretizzano il
parere regionale...». Tali valutazioni venivano di seguito elen
cate in otto punti che evidenziavano, a parte l'idoneità generale del sito per le sue caratteristiche geologiche, varie carenze e per
plessità sull'iniziativa Energest, con riguardo sia al progetto che
alla sua realizzazione. Con la conseguenza che si disponeva di
incaricare il prof. Giuseppe Genon di affiancare i funzionari
regionali, nell'ambito dell'istruttoria avviata dal ministero del
l'ambiente al fine della valutazione d'impatto ambientale, «per i necessari approfondimenti tecnico-scientifici».
Con deliberazione 20 novembre 1990, n. 16/1847 (avente ad
oggetto «iniziative assunte e proposte di intervento ai sensi del
l'art. 5 d.p.c.m. 3 agosto 1990 in attuazione del programma di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti industriali») la giun ta regionale deliberava, tra l'altro, di:
a) «approvare... il quadro delle iniziative assunte e le propo ste di intervento quali risultano dall'analogo documento in data
8 novembre 1990 predisposto dall'assessorato competente...»;
b) «ricomprendere nell'ambito delle attuali capacità di smal
timento nella regione Piemonte anche le autorizzazioni rilascia
te ma non ancora operative ed i progetti che hanno già superato la fase istruttoria per la parte di competenza regionale e sono
in attesa della pronuncia ministeriale sulla valutazione d'impat to ambientale...».
In particolare, alle pagine 69 e 70 del documento allegato alla detta deliberazione del 20 novembre 1990 si parlava degli
impianti Energest in Montechiaro d'Asti come in attesa di pare re sulla valutazione d'impatto ambientale, mentre alle successi
ve pagine 75 e 78 tali impianti erano indicati tra quelli già auto
rizzati dalla regione Piemonte al 30 settembre 1990 ed in attesa
della valutazione d'impatto ambientale.
Con decreto in data 21 marzo 1991, emesso dal ministro del
l'ambiente di concerto con il ministro per i beni culturali ed
ambientali, si esprimeva giudizio positivo circa la compatibilità
Il Foro Italiano — 1994.
ambientale del progetto della società Energest, a condizione che
si ottemperi ad una serie di prescrizioni — (in numero di dicias
sette: in tema di inizio delle operazioni di discarica, di piano di coltivazione della stessa, di accettazione dei reflui, di regima zione dello scarico e di adeguamento del sistema di disinfezione
finale dell'impianto per il trattamento dei reflui, di ulteriori con
trolli, di sistema di lavaggio degli automezzi, di impianto di depurazione, di conferimento a terzi di tutti i residui non smal
tibili in sito, di falda superficiale, di installazione di centraline nelle zone circostanti la discarica, di realizzazione di periodici tests di mutagenesi, di cadenza temporale dei previsti monito
raggi, di presidio dell'area anche dopo la sistemazione finale
del sito, di garanzie sull'opera di recupero progettata, di manu
fatti di raccolta delle acque meteoriche e di realizzazione delle
opere murarie) — e che i soggetti pubblici provvedano ad ade
guare la rete stradale di accesso e ad assicurare la limitazione
d'uso nell'area dopo il completamento delle attività di discarica.
4. - Questa è la situazione provvedimentale che precede l'e
manazione della deliberazione di diniego impugnata in primo
grado. L'ambito normativo su cui ci si deve muovere è, invece, il seguente.
Ai sensi dell'art. 6 d.p.r. 915/82 alla regione compete — ol
tre l'elaborazione, la predisposizione e l'aggiornamento dei pia ni di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti non
ché l'individuazione delle zone idonee in cui realizzare i relativi
impianti — l'approvazione dei progetti e l'emanazione dell'au
torizzazione ad effettuare le operazioni di smaltimento dei rifiu
ti tossici e nocivi nonché di quella alla installazione ed alla ge stione delle discariche e degli impianti di innocuizzazione e di
eliminazione dei rifiuti speciali. Ai sensi dell'art. 3 bis, 1° comma, 1. 441/87 «... la regione
provvede all'istruttoria dei progetti dei nuovi impianti di tratta
mento e di stoccaggio dei rifiuti urbani, speciali nonché tossici
e nocivi, mediante apposite conferenze cui partecipano i respon sabili degli uffici regionali competenti nonché i rappresentanti
degli enti locali interessati. La conferenza acquisice e valuta tut
ti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esi
genze ambientali e territoriali. Sulla base delle risultanze della
conferenza la giunta regionale approva il progetto entro cento
venti giorni dalla data di presentazione agli uffici regionali com
petenti». Il successivo 2° comma dispone, poi, che la detta approva
zione «sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni
e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e
comunali» e che, ove occorra, «costituisce variante dello stru
mento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pub blica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».
Nel procedimento cosi definito si è poi inserito l'art. 8 1.
475/88, secondo cui la valutazione di compatibilità con le esi
genze ambientali (richiesta dall'art. 6 1. 349/86), prevista dal
l'art. 3 bis 1. 441/87, è effettuata dal ministro dell'ambiente
in applicazione del d.p.c.m. 377/88, «nell'ambito del procedi mento e dei termini temporali di cui al predetto art. 3 bis».
Alla luce delle disposizioni suddette il collegio ritiene, innan
zitutto, che la valutazione d'impatto ambientale, di competenza
ministeriale, non si sia sovrapposta del tutto alla conferenza
di servizi. Alla seconda, infatti, a norma dell'art. 3 bis 1. 441/87,
spetta l'acquisizione e la v lutazione di tutti gli elementi relativi
alla «compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e ter
ritoriali», mentre alla prima, ai sensi dell'art. 8 1. 475/88, com
pete la sola «valutazione di compatibilità con le esigenze am
bientali» di cui al detto art. 3 bis.
La valutazione d'impatto ambientale, pertanto, non costitui
sce il momento istruttorio finale e centrale da assumere a base
della valutazione sull'approvazione e/o sull'autorizzazione da
adottare dalla giunta regionale ai sensi dell'art. 3 bis 1. 441/87.
Cosi che, per effetto del combinato disposto degli art. 3 bis
1. 441/87 e 8 1. 475/88 nonché dell'art. 6 d.p.r. 915/82, il pro cedimento relativo all'approvazione dei progetti di cui trattasi
risulta definito come segue:
a) la fase istruttoria è a sua volta costituita da due momenti, uno di iniziativa regionale e l'altro di competenza ministeriale; alla conferenza, infatti, spetta l'acquisizione e la valutazione
degli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esi
genze territoriali, oltre che la sola acquisizione degli elementi
relativi alla valutazione di compatibilità dello stesso con le esi
genze ambientali, valutazione di competenza della valutazione
d'impatto ambientale. La conferenza, in particolare, non costi
tuisce una sottofase deputata a risolvere il dissidio (frequente
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
mente) esistente tra enti locali, contrari ad interventi del tipo di cui trattasi, e regione favorevole agli stessi. La stessa rappre
senta, invece, un modus procedendi teso, da una parte, alla
considerazione ed alla valorizzazione nonché alla ponderazione dei vari interessi pubblici coinvolti, non necessariamente con
fliggenti tra loro, ma pur sempre di tipo e peso diversi, e fina
lizzato comunque ad una migliore realizzazione del pubblico in
teresse generale senza dimenticare quello particolare, dall'altra, a semplificare e ad accelerare il procedimento;
b) la regione provvede all'approvazione dei progetti di cui
trattasi sulla base delle risultanze della conferenza e della valu
tazione d'impatto ambientale, e, quindi, delle valutazioni svolte
nell'ambito delle stesse cosi come detto alla precedente lettera a). Il che comporta che, in caso di esiti del tutto negativi, non
è consentito procedere all'approvazione, come non sarà possibi le prescindere, in ipotesi di approvazione, dalle prescrizioni e/o
dalle condizioni scaturenti dalla conferenza o previste dalla va
lutazione d'impatto ambientale. Ma ciò non vuol dire che, in
caso di esiti istruttori non del tutto positivi, la regione, alla
quale spetta pur sempre l'emanazione del provvedimento finale,
non possa, comunque valutando le risultanze istruttorie e moti
vando, addivenire a conclusioni negative. 5.1. - Ciò premesso, si ritiene che la deliberazione di giunta
8 luglio 1991, n. 83/7543, impugnata con il primo ricorso pro
posto dalla società Energest innanzi al Tar per il Piemonte, con
la quale si è respinta la domanda presentata dalla stessa il 15
gennaio 1990 al fine di conseguire l'approvazione dei progetti relativi alla discarica ed all'impianto di cui si è detto, sia esente
da tutte le censure addotte.
Innanzitutto, si può prescindere dal richiamo, effettuato nel
la stessa, alle indicazioni (espresse in ordini del giorno) del con
siglio regionale ed alle prese di posizione manifestate dagli enti
locali interessati al progetto de quo in momento successivo alla
conferenza di servizi, dato che si tratta di elementi estranei al
procedimento cosi come tipizzato dalla legge. Tali elementi, infatti, non hanno avuto da soli rilievo decisi
vo nell'adozione del citato provvedimento di diniego, essendo
sufficiente, invece, il richiamo, contenuto nello stesso, alle ri
sultanze istruttorie, cosi' come descritte al precedente punto 3,
ed al loro carattere perplesso e complessivamente sfavorevole,
oltre che del tutto insufficiente e carente con riguardo al pro
gettato impianto di trattamento dei reflui.
Ci si riferisce, in particolare, alla conferenza di servizi, alla
citata deliberazione di giunta in data 10 aprile 1990 ed al decre
to ministeriale sulla valutazione d'impatto ambientale. In rela
zione a quest'ultimo, inoltre, la regione ha espressamente ri
chiamato, in termini problematici, le numerose prescrizioni im
poste, osservando come alcune «... richiedono la collaborazione
attiva degli enti locali, manifestamente contrari all'attivazione
dell'impianto». In sostanza, il collegio ritiene che, sulla base di quanto prece
dentemente osservato ai punti 3. e 4. della motivazione della
presente decisione, le risultanze sostanzialmente negative della
conferenza di servizi e le numerose condizioni e prescrizioni a
cui era subordinata la valutazione d'impatto ambientale (anche
se formalmente espressa in senso favorevole) giustificassero am
piamente la decisione della regione di non considerare ricorrenti
«le condizioni per procedere alla approvazione del progetto e
alla conseguente autorizzazione all'esercizio».
In tal modo la regione non ha fatto altro, in sede di emana
zione del provvedimento finale, che trarre legittimamente le de
bite conclusioni dalle risultanze della fase istruttoria, rimanen
do pur sempre nell'ambito ed entro i confini del relativo proce
dimento cosi come tipizzato dalla legge. 5.2. - Sono oltre modo infondate le censure dedotte dalla
società Energest in primo grado — non esaminate dal tribunale
amministrativo e riproposte in questa sede — con il secondo
motivo del primo ricorso, dato che non sussiste alcuna contrad
dittorietà con la precedente deliberazione regionale in data 20
novembre 1990.
Con tale deliberazione, in attuazione dell'art. 5 1. 475/88 e
dell'art. 5 d.p.c.m. 3 agosto 1990, la regione Piemonte, per quan
to di interesse, si è limitata ad approvare il quadro delle iniziati
ve assunte e le proposte di intervento in tema di smaltimento
dei rifiuti industriali nonché a ricomprendere nell'ambito delle
attuali capacità regionali di smaltimento anche le autorizzazioni
rilasciate ma non ancora operative ed i progetti che abbiano
superato (da intendersi in senso positivo) la fase istruttoria per
Il Foro Italiano — 1994.
la parte di competenza regionale e siano ancora in attesa della
valutazione d'impatto ambientale.
Va precisato che, ai sensi dell'art., 5, 5° comma, 1. 475/88, a seguito dell'emanazione del detto d.p.c.m., avente ad oggetto il programma di emergenza per l'adeguamento del sistema di
smaltimento di cui al citato art. 5, ciascuna regione deve adot
tare gli atti necessari per la localizzazione del programma mede
simo ed individuare le aree del proprio territorio da destinare
alla realizzazione del sistema integrato di cui al 4° comma dello
stesso art. 5.
Il fatto che fosse considerato — nella detta deliberazione re
gionale in data 20 novembre 1990 — anche il progetto della
società Energest non ha alcun rilievo ai fini della legittimità
dell'impugnato provvedimento di diniego, dato che il suo inse
rimento attestava soltanto l'avviato stato procedimentale in cui
il medesimo si trovava, avendo passato — anche se, come si
è detto, non in modo positivo — la fase istruttoria di compe tenza regionale ed essendo in attesa della valutazione d'impatto ambientale.
Cosi che l'aver inserito anche il detto progetto nella delibera
zione in data 20 novembre 1990 non vincolava minimamente
l'amministrazione regionale alla sua approvazione. Né poteva in alcun modo rilevare la circostanza per la quale,
nell'allegato alla detta deliberazione, gli impianti di cui al pro
getto Energest fossero indicati come già autorizzati al 30 set
tembre 1990, dato che si trattava di un evidente errore materiale.
6. - Anche la deliberazione di giunta 9 settembre 1991, n.
84/8806, impugnata con il secondo ricorso proposto dalla so
cietà Energest innanzi al medesimo tribunale amministrativo, con la quale si è modificata parzialmente la precedente delibe
razione dello stesso organo 20 novembre 1990, n. 16/1847, de
pennando dal documento allegato alla stessa ogni riferimento
agli impianti progettati dalla Energest in Montechiaro d'Asti,
è esente da tutte le censure addotte.
Innanzitutto, il collegio ritiene che l'emanazione di un siffat
to provvedimento fosse pressoché conseguenziale all'adozione
della precedente deliberazione di diniego. Una volta, infatti, che il progetto presentato dalla società Ener
gest non fosse più realizzabile a causa dell'emanazione, da par te della regione, del definitivo provvedimento di diniego di ap
provazione dello stesso, è evidente che esso andava depennato da un documento che, come detto, attestava unicamente le ini
ziative assunte e le proposte di intervento nella materia di cui
trattasi nonché conteneva l'elenco degli impianti già autorizzati.
Infatti, l'inserimento del progetto Energest nel detto docu
mento, da presupporre avvenuto — in ossequio a parte del di
spositivo della citata deliberazione regionale in data 20 novem
bre 1990 — in quanto rientrante tra «i progetti che hanno già
superato la fase istruttoria per la parte di competenza regionale e sono in attesa della pronuncia ministeriale sulla valutazione
d'impatto ambientale, trova giustificazione solo in virtù di una
futura conclusione positiva del relativo procedimento di appro vazione. Conclusosi questo in modo negativo (oppure, il che
è lo stesso, intervenuta ancora prima una pronuncia negativa sulla valutazione d'impatto ambientale), viene meno proprio quel
la condizione (seppure implicita) alla quale il detto inserimento
doveva necessariamente intendersi subordinato.
E queste considerazioni consentono di prescindere, data la
non essenzialità del problema, dal carattere programmatorio o
meno della detta deliberazione in data 20 novembre 1990.
Il collegio precisa, inoltre, che nel documento allegato a tale
ultima deliberazione gli impianti di cui al progetto Energest era
no indicati come già autorizzati al 30 settembre 1990 ed ancora
in attesa della valutazione d'impatto ambientale. Questa circo
stanza, costituendo un evidente errore materiale, non poteva
in alcun modo vincolare l'operato dell'amministrazione regio
nale né, tanto meno, far considerare tali impianti come auto
rizzati.
7. - In conclusione, entrambi i provvedimenti regionali impu
gnati in primo grado dalla società Energest sono esenti dalle
dedotte censure di violazione ed erronea applicazione di legge
(art. 3 bis 1. 441/87, 5 e 8 1. 475/88, 6 1. 349/86, 3 d.p.c.m. 377/88, d.p.c.m. 27 dicembre 1988 e d.p.c.m. 3 agosto 1990),
di eccesso di potere sotto vari profili, di contraddittorietà con
precedenti deliberazioni e di incompetenza.
Gli appelli, pertanto, previa riunione, devono essere accolti
e, conseguentemente, entrambe le sentenze impugnate vanno an
nullate ed i due ricorsi proposti in primo grado dalla società
Energest devono essere respinti.
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PARTE TERZA
II
Diritto. — Il grave e delicato problema dello smaltimento
dei rifiuti solidi urbani ed assimilati, che da tempo, ormai, im pegna le amministrazioni locali nella ricerca di soluzioni ade guate che, attraverso l'impiego razionale e coordinato di risorse e sinergie, siano atte a fronteggiare l'attuale situazione di emer
genza di taluni grandi centri urbani del comprensorio regionale, richiede la realizzazione di tempestivi ed appropriati interventi, l'individuazione dei quali non può, tuttavia, prescindere dal
l'osservanza della normativa vigente in materia e dal rispetto delle prioritarie esigenze di tutela di beni primari della vita, di cui siano portatori soggetti giuridici qualificati da un particola re momento di collegamento con realtà locale incisa dall'azione
amministrativa e, come tali, titolari di un interesse protetto,
personale e diretto, idoneo a differenziare la loro posizione uti
singuli, anziché uti cives, nell'ambito della generalità indistinta degli altri consociati che compongono la collettività organizzata alla quale detti soggetti appartengono.
Ciò premesso, non sembra possa seriamente dubitarsi che gli odierni ricorrenti — proprio sulla base di una corretta applica zione del criterio di individuazione dell'interesse protetto, re
centemente elaborato dalla giurisprudenza amministrativa — sia no non solo in possesso di una valida posizione legittimante, sotto il profilo sostanziale, ma vantino, altresì, un tipico inte
resse processuale ad opporsi alla contestata iniziativa, mediante
l'utilizzazione dei rimedi, anche giurisdizionali, che l'ordinamento
appresta a tutela delle situazioni giuridiche soggettive di interes
se legittimo. Si osserva, invero, che i principi affermati dal Consiglio di
Stato (sez. IV 11 aprile 1991, n. 257, Foro it., Rep. 1991, voce Ambiente (tutela), n. 66) non si traducono, ad avviso del colle
gio, in un criterio di mera ed astratta localizzazione territoriale, come tale ancorato a semplici parametri di maggiore o minore distanza lineare dal luogo inciso dal censurato provvedimento, e non escludono, quindi, che, in presenza di particolari e com
provate circostanze, possa ravvisarsi la sussistenza di un interes
se, sostanziale e processuale, anche in capo a chi, pur non ope rando nelle immediate vicinanze della discarica, si trovi, comun
que, nella condizione di subire un pregiudizio e paventi, altresì', una lesione di maggior consistenza, a carico della propria sfera
giuridica soggettiva, per effetto del protrarsi del comportamen to dell'autorità ritenuto non conforme a legge, oltre che irri
guardoso dei limiti interni della discrezionalità amministrativa. Se ciò è esatto, come si ritiene, deve riconoscersi che, secon
do quanto emerge dalla documentazione versata in atti, gli istanti
risiedono, vivono, lavorano ovvero sono titolari di diritti im mobiliari a ridosso o nelle vicinanze delle strade di immediato accesso alla discarica controllata di prima categoria di Pediano, ed evidenziano, in ogni caso, un dato ubicativo-residenziale af ferente alle case di civile abitazione o ai fondi rustici di cui sono proprietari, che si colloca in un ambito territoriale com
preso tra un chilometro e mezzo e circa cinque chilometri dal sito dell'impluvio.
Orbene, ove si tenga conto, da un lato, del danno economico che gli esponenti hanno, sia pur genericamente, lamentato (sup portandone la prospettazione con una relazione peritale, peral tro, non asseverata), in termini di progressiva riduzione del va lore commerciale dei beni di cui gli stessi sono titolari; e, dal
l'altro, dei rischi di conseguenze nocive ben più gravi per la salute e la sicurezza dei cittadini che l'elevato aumento del con ferimento annuo di rifiuti solidi urbani alla nuova discarica di Pediano (in atto non più triplicato, ma, pur sempre, considere volmente sovradimensionato rispetto alle originarie previsioni progettuali), unito ad un rapido esaurimento della sua capacità ricettiva, potrebbe comportare «con effetti destabilizzanti sul
punto più vulnerabile dell'impianto, corrispondente alla parte frontale» del medesimo — come rappresentato dagli esperti del Cnr — e con carattere di estesa diffusità del danno, verosimil mente riconducibile ad un'area anche superiore a quella in cui insistono gli odierni ricorrenti — secondo quanto precisato, al
riguardo, dal prof. Vai del dipartimento di scienze geologiche dell'università degli studi di Bologna — riesce difficile immagi nare che gli intimanti possano essere considerati sprovvisti di un qualificato interesse a ricorrere avverso il provvedimento spe cificato in epigrafe, che, per la terza volta, ha consentito Io
smaltimento, nella discarica controllata di Imola, dei rifiuti pro dotti in Bologna e nei comuni appartenenti all'area bolognese, in misura notevolmente esorbitante con riguardo ai quantitativi inizialmente previsti in sede di elaborazione del relativo progetto.
li Foro Italiano — 1994.
Ed appare, altresì, arduo pervenire alla conclusione che il ri
corso sia, comunque, inammissibile per il fatto che, a detta del
la resistente amministrazione comunale, gli istanti avrebbero cen
surato scelte di merito dell'autorità procedente, in quanto tali, sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.
In proposito, infatti, è sufficiente osservare che, nella fattispe cie, è stato impugnato un provvedimento amministrativo a rile
vanza esterna, che, pertanto, non attiene a semplici modalità
organizzative o esecutive, di natura tecnica, di gestione dell'im
pianto, ma involge interessi privati e pubblici di varia indole e di considerevole spessore, che ricevono protezione dall'ordi
namento giuridico e rientrano, quindi, a pieno titolo, nella logi ca e nel sistema del processo amministrativo. Diversamente opi nando, non poche determinazione a contenuto prowedimentale rimarrebbero escluse dal vaglio giurisdizionale, e ciò in palese contrasto con l'art. 113 Cost., oltreché con l'art. 24 del medesi
mo testo fondamentale.
Disattese le eccezioni di rito sollevate dalle parti resistenti,
può passarsi all'esame del merito del proposto gravame. In proposito, il collegio non ravvisa valide e fondate ragioni
per discostarsi dalle statuizioni emesse dalla sezione, in sede di
decisione del precedente ricorso n. 281 del 1990 e, pertanto, ritiene condivisibili ed assorbenti le censure dedotte nei primi due motivi di doglianza.
Quanto al primo mezzo di gravame, va ribadito che, nella
fattispecie, risulta violato l'art. 17 del regolamento comunale
sullo smaltimento dei rifiuti, che limita al comprensorio imolese
l'utilizzazione della discarica di via Pediano. Invero, trattasi di norma regolamentare la cui modifica, ope
rata con lo sfruttamento della discarica anche con conferimenti
provenienti da altre zone, avrebbe dovuto essere esplicitamente deliberata con apposita determinazione anch'essa di carattere
regolamentare. Né a contrastare tale assunto appare probante l'osservazione
dei resistenti secondo cui la norma ex art. 17 sarebbe venuta
meno per effetto del nuovo regolamento approvato con delibe ra del consiglio comunale n. 23 (recte: 35-n.d.e.) del 1° feb
braio 1988, dal momento che quest'ultimo regolamento discipli na esclusivamente l'attività di gestione e funzionamento interno
della discarica (cfr., in termini, Tar Bologna, sez. I, 14 agosto 1991, n. 269).
Cosi come, del pari, non condivisibile si rivela l'ulteriore ar
gomentazione di parte resistente, che affida la pretesa abroga zione della disposizione regolamentare di cui si discute all'inter
venuta legislazione regionale del 1986/88 che ha istituito, in luogo del pregresso regime in materia di smaltimento dei rifiuti, in
centrato sulle discariche comunali, un nuovo «sistema integra to» su base regionale, con articolazione territoriale e specifica zione funzionale costituita dal «piano infraregionale» a livello
provinciale e non più comunale. Detta normativa riveste, infat
ti, natura meramente programmatica ed impegna, quindi, tutte le autorità interessate ai vari livelli a ricercare, concordemente,
adeguate soluzioni al grave problema dello smaltimento dei ri fiuti solidi urbani, anche modificando, ove del caso, le proprie discipline particolari di settore, al fine di uniformarle ai nuovi e più ampi obiettivi perseguiti dal legislatore regionale, attraver so l'introduzione della pianificazione regionale ed infraregiona le e l'istituzione di sistemi integrati per il recupero e l'elimina zione dei rifiuti.
Con riferimento, poi, ai vizi delineati nel capo di domanda rubricato al punto 2) dell'atto introduttivo del giudizio, si rileva che il provvedimento impugnato non reca menzione alcuna di una nuova istruttoria tecnica che il comune avrebbe, invece, dovuto eseguire e sottoporre al vaglio degli organi provinciali, tenuto conto del sensibile aumento dello stoccaggio di rifiuti realizzatosi nell'impianto di Pediano, rispetto alle ben più mo deste previsioni progettuali, per effetto della contestata decisio ne di accogliere nella discarica imolese anche i rifiuti prodotti nell'area bolognese.
Avuto, infatti, riguardo alle mutate condizioni di utilizzazio ne e gestione della discarica, si imponeva una verifica tecnica
preventiva della nuova situazione, volta a riesaminare compiu tamente i «parametri tecnici dettati dalla legge per la tutela de
gli interessi protetti, quanto meno al fine di un eventuale ulte riore incremento delle misure di sicurezza e del monitoraggio in atto» (cfr., in termini, Tar Bologna, n. 269 del 1991 cit.).
E ciò non soltanto perché, come evidenziato dai tecnici del Cnr, il massivo e continuato conferimento di rifiuti solidi urbani, in misura notevolmente superiore a quella prevista, «ha comporta to (e comporta) un grave rischio sotto l'aspetto statico e della sicu
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
rezza dell'impianto» (cfr., in termini, Tar Bologna cit.), ma an
che perché era fatto obbligo alla competente autorità di tra
smettere annualmente all'amministrazione provinciale di Bolo
gna «una relazione sulla tipologia e sui quantitativi di rifiuti
smaltiti in discarica nell'anno precedente», nonché di «comuni
care immediatamente» alla stessa autorità provinciale «le even
tuali variazioni che dovessero verificarsi, ai fini dei corrispon denti provvedimenti concernenti l'autorizzazione» (vedi punto
4, deliberazione di giunta provinciale n. 59 del 1986). In effetti, se risponde al vero che, con la deliberazione n.
76 del 7 marzo 1988, la giunta provinciale di Bologna aveva
revocato la precedente autorizzazione provvisoria — rilasciata
al comune di Imola (n. 59 del 1986, cit.) e, successivamente,
prorogata fino al 31 dicembre 1989 (giunta provinciale n. 104 del 21 dicembre 1987) — consentendo contestualmente il suben
tro dell'A.M.I. (come da delega conferitale dal consiglio comu
nale di Imola, con determinazione n. 447 del 28 dicembre 1987) nella gestione dell'impianto, con autorizzazione all'esercizio della
discarica valida a tutto il 31 dicembre 1989, deve osservarsi che
il «nuovo» titolo abilitativo, di cui era divenuta intestataria
l'A.M.I., non differiva sostanzialmente dal precedente, giacché, nel conferire l'autorizzazione a quest'ultima, l'amministrazione
provinciale aveva espressamente richiamato la propria delibera
zione n. 59 del 1986 — nella quale era stabilito l'uso intercomu
nale dell'impianto di via Pediano, a servizio dei comuni del com prensorio imolese (Imola, Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castel Guelfo, Castel S. Pietro, Dozza, Fonta
nelle e Mordano) — ed aveva dettato prescrizioni particolari
pressoché identiche a quelle già fissate nel provvedimento n.
59 del 1986, in ordine sia ai limiti di accumulo e compattazione dei rifiuti, nonché alle modalità ed ai tempi di recupero am bientale, sia all'obbligo di relazionare annualmente sui «tipi,
quantitativi e provenienza dei rifiuti smaltiti in discarica nel
l'anno solare precedente», nonché di comunicare tempestiva mente eventuali variazioni «nella conduzione della discarica, ai
fini dei corrispondenti provvedimenti concernenti l'autorizza
zione» (v., su quest'ultimo aspetto, il punto 9 della delibera
di giunta provinciale n. 76 del 1988). Poiché, dunque, deve ritenersi che, come lamentato da parte
ricorrente, non erano stati previamente ed espressamente auto
rizzati né la modifica del bacino di utenza della discarica né l'incremento dei conferimenti di rifiuti ad essa destinati, anche
questo profilo di censura si rivela fondato ed accredita, ulte
riormente, la tesi degli istanti circa l'illegittimità dell'impugnato provvedimento.
In conclusione, assorbite le altre censure, il ricorso va accolto
con la conseguente caducazione dell'impugnata determinazione.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 30 ottobre 1993, n. 787; Pres. Laschena, Est. Luce; Pastega e altro (Aw.
Benvenuti, Lorenzoni) c. Min. beni culturali e ambientali.
Annulla Tar Veneto 25 ottobre 1986, n. 64.
Antichità e belle arti — Cose d'interesse storico e artistico —
Esportazione — Prelazione dell'amministrazione — Esercizio — Termine — Decorrenza (L. 1° giugno 1939 n. 1089, tutela
delle cose di interesse artistico o storico, art. 36, 39). Antichità e belle arti — Cose d'interesse storico e artistico —
Esportazione — Denuncia da parte di soggetto diverso dal
proprietario — Prelazione dell'amministrazione — Legittimi tà — Fattispecie (L. 1° giugno 1939 n. 1089, art. 39).
Antichità e belle arti — Cose d'interesse storico e artistico —
Esportazione verso paesi membri della Cee — Prelazione del
l'amministrazione — Prezzo — Corrispondenza al valore in
dicato nella denuncia — Esclusione (L. 1° giugno 1939 n.
1089, art. 39).
Poiché la denuncia di esportazione della cosa d'interesse storico
o artistico implica normalmente la presentazione della stessa,
qualora ciò non avvenga, il termine di novanta giorni, per
l'esercizio della prelazione da parte dell'amministrazione dei beni culturali, decorre dalla data di «visita» al bene, successi
li Foro Italiano — 1994.
va alla denuncia, in cui l'amministrazione acquisisce gli ele
menti necessari ad un corretto esercizio del potere. (1) È legittimamente esercitata la prelazione, da parte dell'ammini
strazione dei beni culturali, su una cosa d'interesse storico
o artistico per cui sia stata richiesta licenza di esportazione,
pur se la denuncia provenga da soggetto diverso dal proprie tario del bene (nella specie, il denunciante, presumibilmente mandatario del proprietario, si era autoqualificato proprieta rio ingenerando il legittimo affidamento dell'amministrazione procedente relativamente al pieno potere di disporre della co
sa da esportare). (2) È illegittima la pretesa dell'amministrazione dei beni culturali
di esercitare la prelazione su una cosa d'interesse storico o
artistico per cui sia stata richiesta licenza di esportazione per un paese membro della Cee, al valore dichiarato nella denun
cia stessa. (3)
Diritto. — 1. - Con il primo motivo di ricorso, gli appellanti censurano la sentenza impugnata per violazione dell'art. 39 1.
n. 1089 del 1939; il decreto ministeriale di acquisto sarebbe sta
to tardivamente emanato in relazione al termine, di novanta
giorni, entro cui poteva esercitarsi il relativo potere. Erronea dovrebbe considerarsi la decisione del Tar, secondo
cui il termine indicato, più che dalla formale consegna del do
cumento contenente la denuncia, cominciava a decorrere dalla
(1) Parallelamente, il termine per l'impugnazione dell'atto di eserci zio della facoltà di prelazione da parte dello Stato decorre dalla piena conoscenza dell'atto stesso, che contenga tutti i necessari elementi com
presa l'indicazione del prezzo (Cons, giust. amm. sic. 25 marzo 1987, n. 78, Foro it., Rep. 1987, voce Giustizia amministrativa, n. 363).
(2) Sui soggetti legittimati alla presentazione della denuncia per l'e
sportazione, v. Cons. Stato, sez. VI, 25 agosto 1990, n. 752, Foro it.,
Rep. 1991, voce Antichità, n. 75. Secondo Cons. Stato, sez. VI, 7 di
cembre 1973, n. 578, id., Rep. 1973, voce cit., n. 36, ai sensi dell'art.
129, 2° comma, r.d. 30 gennaio 1913 n. 363, che costituisce tuttora
il regolamento di esecuzione della 1. 1089/39, legittimamente l'ammini
strazione notifica il provvedimento con cui esercita la prelazione allo
spedizioniere (e al mandatario speciale). La denuncia e la presentazione delle cose, inoltre, da parte del legittimo detentore, sono sufficienti a
legittimare il potere amministrativo di acquistare le cose stesse, essendo
del tutto irrilevante il rapporto tra denunciante e proprietario (Tar La
zio, sez. II, 25 febbraio 1989, n. 311, id., Rep. 1989, voce cit., n. 54), e non sussistendo l'obbligo della pubblica amministrazione di accertare
se l'effettivo proprietario coincida con il denunciante e il presentatore della cosa all'esportazione (Tar Lazio, sez. II, 12 dicembre 1983, n.
1214, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 41, 42).
(3) Come la stessa motivazione della pronuncia chiarisce, di fronte
ad una richiesta di esportazione verso paesi membri della Cee, l'ammi nistrazione ha la possibilità: di negare l'autorizzazione ove l'esportazio ne comporti un danno al patrimonio storico e artistico nazionale (ma in tal caso è da ritenere si tratti di un vero e proprio obbligo, connesso
ad una valutazione tecnico-discrezionale); di formulare un'offerta di
acquisto, se la cosa presenta un interesse tutelato dalla legge, offerta
che può essere accettata dando luogo ad un trasferimento convenziona
le, o non accettata, con rinuncia all'esportazione (in tal caso decade
l'intero procedimento, e sarebbe illegittimo il decreto ministeriale di ac
quisizione coattiva del bene: Tar Lazio, sez. II, 28 settembre 1987, n.
1516, Foro it., 1988, III, 415) o senza rinuncia (in tal caso dovrà proce dersi ad espropriazione) (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 23 settembre 1991, n. 7, id., 1992, III, 1, con nota di richiami).
La tesi adottata dal Consiglio di Stato contrasta con l'orientamento
della Cassazione, la quale ha ritenuto che l'esercizio della prelazione comporta l'automaticità dell'acquisto, ai sensi dell'art. 39, 1° comma, 1. 1089/39, ad un prezzo non inferiore a quello dichiarato dal denun
ciante, escludendosi la possibilità di rinuncia all'esportazione da parte di questo, anche se la destinazione sia un paese membro della Cee (Cass. 30 luglio 1982, n. 4363, id., 1983, I, 88, con nota di richiami). La
prelazione all'esportazione è riconducibile ad un potere di supremazia dello Stato, che risponde all'esigenza di evitare la dispersione del patri monio storico-artistico, e si estrinseca in un provvedimento a carattere
spiccatamente ablatorio (Caracciolo La Grotteria, I trasferimenti one
rosi dei beni culturali «sub condicione» dell'esercizio del diritto di pre
lazione, in Foro amm., 1992, 1007; cfr. sulla prelazione all'acquisto dei beni culturali in generale, Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 1992, n.
226, Foro it., Rep. 1992, voce Antichità, n. 72). In dottrina, sulla prelazione all'esportazione dei beni culturali, Can
nada Bartoli, In tema di acquisto all'esportazione di beni d'interesse
artistico, in Foro amm., 1992, 744; Roccella, Esportazione di beni
culturali e facoltà di acquisto dello Stato, in Riv. it. dir. pubbl. comu
nitario, 1992, 949; Ferri, Osservazioni in tema di prezzo di acquisto di cose d'arte presentate all'esportazione, in Riv. amm., 1983, 308; Bo
namore, Tutela, vendita ed esportazione del patrimonio artistico, nel
segno dell'art. 9 Cost., in Foro amm., 1983, I, 613.
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