sezione V; decisione 9 febbraio 1989, n. 102; Pres. Anelli, Est. Baccarini; Comune di Maseradasul Piave (Avv. Ronfini, Morcavallo) c. Rossi (Avv. Grelli, Dalla Rosa). Conferma Tar Veneto 8luglio 1986, n. 636Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 223/224-225/226Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183005 .
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PARTE TERZA
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 9 febbraio 1989, n. 102; Pres. Anelli, Est. Baccarini; Comune di Maserada
sul Piave (Aw. Ronfini, Morcavallo) c. Rossi (Avv. Grelli,
Dalla Rosa). Conferma Tar Veneto 8 luglio 1986, n. 636.
Edilizia e urbanistica — Demolizione di edificio — Concessione di ricostruzione — Normativa vigente — Inosservanza — Dle
gittimità.
È illegittima la concessione edilizia di ricostruzione che non sia
conforme alla normativa vigente al momento delta sua emana
zione, in difetto di specifiche norme che facciano valere la c.d.
preesistenza vincolante. (1)
II
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 28 giugno 1988, n. 416; Pres. Gessa, Est. Reggio d'Aci; Soc. Pedemonte (Avv. E. Romanelli, Raggi) c. Comune di Serra Riccò (Aw. Maz
zoni, D'Alessio). Annulla Tar Liguria 10 maggio 1984, n. 269.
Edilizia e urbanistica — Ristrutturazione di immobile — Demoli
zione e ricostruzione — Revoca della concessione — Dlegittimi tà (L. 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia residenziale,
art. 31).
È illegittima la revoca, per sopravvenuta mancanza di oggetto, della concessione per la ristrutturazione di un fabbricato, di
sposta perché il concessionario, per ragioni tecniche o econo
miche, aveva preferito realizzare le opere assentite previa de
molizione dell'immobile preesistente, e successiva ricostruzio
ne, e non solo intervenendo sulla struttura originaria. (2)
(1-2) La pronunzia sub I riafferma il principio che la c.d. preesistenza vincolante, che indica la deroga alla disciplina edilizia ed urbanistica vi
gente costituita dalle costruzioni completate in un precedente regime nor
mativo caducato, non si applica alla ricostruzione dei fabbricati demoliti.
In tal senso la giurisprudenza è consolidata: cfr. oltre a Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 1976, n. 914, Foro it., Rep. 1976, voce Edilizia e urba
nistica, n. 530; 2 marzo 1973, n. 222, id., Rep. 1973, voce cit., n. 277; 26 agosto 1964, n. 932, id., Rep. 1964, voce Piano regolatore, n. 266; 28 maggio 1968, n. 761, id., Rep. 1968, voce cit., n. 314: 17 ottobre
1972, n. 664, id., Rep. 1972, voce Edilizia e urbanistica, n. 330; 27 aprile
1987, n. 259, id., Rep. 1987, voce cit., n. 363: la ricostruzione di un
edificio, anche se accidentalmente demolito, richiede la concessione edili
zia e soggiace alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche vigenti al tempo in cui viene rilasciata la relativa concessione. Eccezionalmente, in base ad apposita disposizione di legge, anche regionale, può essere consentita la deroga alle previsioni urbanistiche vigenti per la ricostruzio ne di edifici o parti di questi distrutte a seguito di eventi eccezionali o
per cause di forza maggiore: Tar Veneto 17 giugno 1986, n. 481, ibid., n. 558.
Di regola (Tar Sicilia, sez. Catania, 25 febbraio 1985, n. 173, id., Rep. 1985, voce cit., n. 638) la ragione economica che giustifica la salvezza delle preesistenze vincolanti viene meno quando la costruzione sia intera
mente demolita e torna a prevalere l'esigenza generale che l'assetto edili zio si evolva in conformità a più aggiornati e razionali criteri di utilizza
zione del territorio. In base allo stesso principio la giurisprudenza ha tenuto distinte la di
sciplina della ricostruzione previa demolizione (anche a fini di recupero di spazi ed aree urbanizzate) da quella degli interventi di recupero edili
zio, almeno fino alla seconda pronunzia che si riporta, in tema di ristrut
turazione edilizia. È questo il caso che presenta i maggiori problemi inter
pretativi, specialmente in relazione alla definizione degli interventi, forni ta dall'art. 31, lett. d), 1. 5 agosto 1978 n. 457, «rivolti a trasformare
gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che posso no portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal prece dente» e che comprendono «il ripristino e la sostituzione di alcuni ele menti costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti». Secondo Cass. 25 settembre 1984, Belca
ro, ibid., nn. 634, 635, il legislatore, pur stabilendo che gli interventi sono dell'ampia portata sopra esposta, ha escluso implicitamente che de
molizione e ricostruzione equivalgono a ristrutturazione: la pubblica am
ministrazione, che attraverso la concessione di ristrutturazione tende a
consentire l'adeguamento delle opere esistenti alle mutate esigenze
Il Foro Italiano — 1990.
I
Diritto. — (Omissis). Infondato è anche il secondo mezzo, con
il quale l'appellante lamenta che sia stata riconosciuta la violazio
ne dell'art. 879 c.c. per il fatto della costruzione in aderenza ad
un immobile costituente bene culturale.
Infatti, come esattamente osservato dal Tar, la giurisprudenza di questa sezione ha affermato, senza che vi sia alcun valido mo
tivo per discostarsi dall'insegnamento, che «in mancanza di spe cifiche norme che espressamente e chiaramente dispongano in senso
contrario, la ricostruzione di un fabbricato demolito, volontaria
mente o non, soggiace alle limitazioni imposte dalle norme vigen ti al tempo in cui viene emanata la relativa licenza, senza che
possa farsi valere la c.d. preesistenza vincolante» (sez. V 10 giu
gno 1976, n. 914, Foro it., Rep. 1976, voce Edilizia e urbanistica,
n. 530 e 2 marzo 1973, n. 222, id., Rep. 1973, voce cit., n. 277).
economico-sociali, allorquando invece si voglia abbattere un edificio e
costruirne un altro al suo posto non può prescindere dall'esigenza di im
porre l'osservanza degli strumenti urbanistici vigenti. Sull'argomento, cfr.
inoltre Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 1984, n. 539, ibid., n. 693: gli interventi di demolizione-ricostruzione sono di più ampia trasformazione
rispetto a quelli di ristrutturazione edilizia ex art. 31, lett. d), 1. 5 agosto 1978 n. 457, nonché sez. IV 23 ottobre 1984, n. 787, id., Rep. 1984, voce cit., n. 237, che ammette la demolizione dell'edificio seguita dalla
ricostruzione negli interventi previsti dalla lett. e) dell'art. 31 cit., finaliz
zati al recupero urbanistico, che si realizza attraverso la sostituzione del
l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un in
sieme sistematico di interventi edilizi che possono arrivare anche alla mo
dificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
La decisione del Consiglio di Stato in epigrafe fa rientrare invece nel
concetto di ristrutturazione edilizia anche lavori di abbattimento e rico
struzione dell'esistente anziché di manipolazione fisica e strutturale dello
stesso (in senso contrario, v. Cass. 22 giugno 1982, Celadon, id., Rep.
1983, voce cit., n. 386 nonché 23 marzo 1982, Calisti ibid., n. 706, per le quali la demolizione totale e la ricostruzione ex novo dalle fondamenta
esistenti costituisce opera nuova e non ristrutturazione e necessita della
specifica concessione edilizia, anche se l'opera realizzata risulti del tutto
conforme a quella prevista nella concessione di ristrutturazione: Cass.
25 settembre 1984, cit.) purché portino ad un risultato finale conforme
alla concessione di ristrutturazione assentita. Non risulterebbe, pertanto, fatto idoneo a censurare il titolo abilitativo originario l'abbattimento in
corso d'opera dell'edificio esistente: contra, per interventi di recupero in genere, v. Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 1984, n. 541, id., Rep. 1985, voce cit., n. 574: la modifica dello stato di fatto, anche indipendente
dall'opera del titolare della concessione, che renda impossibile l'interven
to di recupero legittima la declaratoria di decadenza della concessione
edilizia, nonché 2 aprile 1982, n. 269, id., 1982, III, 404, con nota di
richiami: gli ulteriori interventi di demolizione compiuti per la realizza
zione delle opere assentite sono in parziale difformità dal titolo, rilasciato
per l'esecuzione di opere su immobile preesistente. Anche quando non sussista un espresso divieto di demolizione, ad es.
nei regolamenti comunali, risulterebbe comunque problematico non pre vedere un nuovo esame del progetto (che, in quanto atto documentale
e tecnico essenziale sul quale l'autorità deve esprimere le proprie determi
nazioni, non dovrebbe avere natura sommaria ed un puro scopo di riferi
mento di massima: cfr. Tar Lazio, sez. II, 29 settembre 1982, n. 772,
id., Rep. 1983, voce cit., n. 443) della costruzione da realizzare (ancora, sulla necessità di ottenere una nuova concessione se nel corso di lavori
autorizzati di trasformazione interna e ristrutturazione di un edificio si
manifestino crolli, anche spontanei, di parte di fabbricato, in quanto si
tratta di eseguire lavori di ricostruzione diversi da quelli autorizzati pre cedentemente, Cass. 11 ottobre 1982, Bondi, id., Rep. 1984, voce cit., n. 400 e, da ultimo, Cass. 13 febbraio 1987, Facco, id., Rep. 1988, voce
cit., n. 295). Sebbene infatti l'abbattimento con ricostruzione ammesso
dalla pronunzia sub II (cfr. in senso contrario numerosissime pronunce dei Tar, tra le quali, ad es., Tar Piemonte 27 gennaio 1982, n. 64, id.,
Rep. 1982, voce cit., nn. 617, 618; Tar Lombardia, sez. II, 30 maggio 1986, n. 140, id., Rep. 1986, voce cit., n. 611 e 12 dicembre 1986, n.
363, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 575, 614) debba corrispondere alla
fedele riproduzione dell'esistente, non vi è dubbio che il risultato finale
dell'intervento, rifacimento al fine di realizzare le trasformazioni assenti
te con l'originario titolo di ristrutturazione edilizia, non si concreta in
una mera pedissequa riproduzione; non sembra inoltre possibile sostenere che l'operazione edilizia abbia portato all'effettivo recupero dell'esisten
te, presupposto dalla legge, perché in realtà vi è un edificio nuovo, che
riproduce, peraltro, solo in parte quello abbattuto e che dovrebbe essere
assoggettato alla normativa vigente e ad eventuale diverso regime contri
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Tale principio ha ambito di applicazione generale, rientrando
tra le norme in questione anche l'art. 879 c.c. e a nulla rilevando
ne la funzione conservativa, in quanto l'evenienza demolizione
ricostruzione non differisce, ai fini che ne occupa, dall'ipotesi di una costruzione ex novo.
Quanto al provvedimento ministeriale ex art. 21 1. n. 1089 cit., a parte quanto già detto sul carattere prescrittivo e non autoriz
zativo del potere esercitato, è evidente che da esso nessun argo mento può trarsi in ordine all'interpretazione dell'art. 879 c.c., in quanto, esulando ogni discrezionalità amministrativa sul pun
to, sono gli atti amministrativi che devono essere conformi alle
norme giuridiche e non sono queste ultime che debbano essere
interpretate alla stregua degli atti amministrativi.
Per le suesposte considerazioni, l'appello va respinto, restando
ogni altra questione assorbita.
II .
Diritto. — Ritiene la sezione fondato ed assorbente il primo motivo di ricorso con il quale si sostiene che nel concetto di ri
strutturazione edilizia può farsi rientrare anche un'attività di de
molizione e successiva ricostruzione dell'edificio autorizzato.
Invero con la decisione n. 637 del 17 ottobre 1987 (Foro it.,
Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 611) questa medesima
sezione ha già avuto modo di affermare che la nozione di «ri
strutturazione» edilizia va interpretata alla luce dell'art. 31 1. 5
agosto 1978 n. 457 che, in materia di edilizia residenziale, ha
definito gli interventi di tale genere (lett. d) come «quelli rivolti
a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistemati
co di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto
o in parte diverso dal precedente». Nell'ambito indicato debbono
farsi rientrare anche quelli consistenti nella demolizione e succes
siva ricostruzione di un fabbricato, poiché, in sostanza, il concet
to di ristrutturazione è necessariamente legato concettualmente
a una modifica e a una salvezza finale (quantomeno nelle sue
caratteristiche fondamentali) dell'esistente (modifica che può es
sere generale o particolare e, quindi, dar luogo alla realizzazione
di un fabbricato in tutto o in parte «nuovo»), ma non anche
all'indispensabile conservazione, nella loro individualità fisica e
specifica (tal quali essi sono e si trovano), dei medesimi elementi
costitutivi dell'edificio o di alcuni tra essi (i principali). Qui si può soggiungere che, in sostanza, nel concetto di ristrut
turazione — a meno che non vi siano disposizioni pili specifiche che dispongano in maniera diversa (cosi come quando la demoli
zione sia comunque vietata o sia disciplinata da norme ad hoc) — ciò che conta ai fini delle previsioni urbanistiche è, prevalente
mente, il risultato finale della relativa attività edificatoria, che
deve consistere nella trasformazione autorizzata di un fabbricato
esistente; in siffatta prospettiva il criterio con cui si realizza la
ristrutturazione non assume di per sé un'importanza determinan
te, poiché, accanto a un metodo di ristrutturazione che si estrin
sechi in una mera modifica o manipolazione fisica o strutturale
dell'esistente, può legittimamente ipotizzarsi, laddove sia necessa
butivo (su quest'ultimo aspetto, cfr. Tar Emilia Romagna 11 giugno 1982, n. 302, id.. Rep. 1983, voce cit., nn. 574, 579, 592; Tar Friuli-Venezia Giulia 17 aprile 1986, n. 66, id., Rep. 1987, voce cit., n. 492).
Per altre recenti decisioni del Consiglio di Stato (sez. V 17 ottobre
1987, n. 637, ibid., n. 611; 26 ottobre 1987, n. 655, ibid., n. 548) si
ritengono possibili diverse interpretazioni della nozione di ristrutturazio ne edilizia, in relazione alle norme speciali dei regolamenti e strumenti urbanistici comunali (ma v. l'ultimo comma dell'art. 31 1. n. 457 cit.
che detta il principio generale della prevalenza delle nozioni definitorie
degli interventi di recupero contenute nel comma precedente proprio sulle
suddette disposizioni normative degli enti territoriali). La decisione ulti
ma cit., ad es., non ritiene possibile sostenere, anche per l'espressa previ sione nella normativa edilizia comunale di interventi di demolizione con
ricostruzione o di nuova costruzione accanto ad interventi di ristruttura
zione, che la demolizione con contestuale ricostruzione «possa o debba
farsi necessariamente rientrare nel concetto più ampio di ristrutturazione cosi come delineato dall'art. 31, lett. d), 1. 5 agosto 1978 n. 457, tornan
do a valere il principio che il crollo o la demolizione dell'immobile preesi stente determina l'esaurimento degli effetti della concessione di ristruttu
razione».
Il Foro Italiano — 1990.
rio e conforme ai principi di buona tecnica ovvero economica
mente plausibile, anche un modo di esecuzione dei lavori di ri
strutturazione che si risolva nella demolizione del fabbricato e
nella sua fedele ricostruzione, salvi, ovviamente, i cambiamenti
autorizzati.
Nella specie, cosi come risulta dagli atti versati in atti, con
le concessioni edilizie n. 26 del 30 giugno 1981 e n. 36 del 21 giugno 1982, la società ricorrente è stata autorizzata ad operare la ristrutturazione dell'edificio per cui è controversia, con aumento,
anche, della sua altezza e volumetria tant'è che nella cartografia ivi allegata erano rappresentati gli stati dell'edificio esistente e
di quello progettato, con comparazione e talvolta soprapposizio ne grafica del secondo col primo.
D'altro canto, secondo ciò che la società ha esposto con la
lettera del 22 giugno 1983 e ciò che risulta dalla relazione tecnica
dell'ing. Ferro (progettista dell'intervento) in data 29 settembre
1983, la demolizione dei muri del vecchio edificio è dipesa dalla
scarsa consistenza degli stessi (per la loro ultracentenaria costru
zione) e dal conseguente pericolo del loro crollo, il che rende
all'uopo giustificabili, in assenza di contrari accertamenti, i lavo
ri stessi, in quanto conformi alla scienza delle costruzioni e fina
lizzati alla successiva ricostruzione dell'edificio in conformità del
la concessione di ristrutturazione.
Ne consegue l'illegittimità del comportamento del comune, che
in presenza di siffatta situazione, aveva provveduto ad ordinare
la sospensione dei lavori e a revocare, per sopravvenuta mancan
za d'oggetto (cosi si è espresso il sindaco), le concessioni già rila
sciate.
In conclusione, l'appello va accolto e, in riforma della senten
za impugnata, va pure pronunciato l'accoglimento dei ricorsi pro
posti in primo grado della s.p.a. Pedemonte nonché l'annulla
mento dei provvedimenti sindacali impugnati.
CORTE DEI CONTI; sezione i; decisione 12 luglio 1989, n. 287; Pres. Gallucci, Est. Morgante; Proc. gen. Corte conti c. Dil
lon e altri (Avv. Colacino, Moschese, Altieri).
CORTE DEI CONTI;
Ambiente (tutela dell') — Danni al paesaggio — Azione di re
sponsabilità — Corte dei conti — Difetto di giurisdizione (L. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione del ministero dell'ambiente e
norme in materia di danno ambientale, art. 18).
La Corte dei conti difetta di giurisdizione sull'azione di responsa bilità intentata contro il sovraintendente ai monumenti, il sin
daco e i componenti della commissione edilizia comunale, per i danni che hanno provocato al paesaggio, consentendo la co
struzione di un complesso alberghiero sulla costiera amal
fitana. (1)
(1) All'adozione da parte del legislatore dell'art. 18 1. 8 luglio 1986 n. 349, che, costruendo una figura generale di responsabilità per danni
ambientali, la ha attribuita interamente alla giurisdizione ordinaria, la Corte dei conti ha risposto moltiplicando le ordinanze che sollevano que stioni di costituzionalità di tale norma, in quanto lesiva della riserva di
giurisdizione in materia di «contabilità pubblica» che le garantirebbe l'art.
103, 2° comma, Cost., talvolta anche con diverse articolazioni di argo mentazioni; ma la Corte costituzionale, dopo aver emesso la sentenza
di rigetto 30 dicembre 1987, n. 641, Foro it., 1988, I, 694, con nota
di F. Giampietro (annotata anche da Ponzanelli, ibid., 1057), a tali
ordinanze di rimessione ha contrapposto altrettante ordinanze di manife
sta infondatezza (tra le altre, ord. 23 giugno e 26 luglio 1988, nn. 719
e 898, id., 1989, I, 574, con nota di richiami). Di conseguenza, il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in mate
ria di danno ambientale è stato dichiarato da Cass. 25 gennaio 1989, n. 440, id., 1990, I, 232, con nota di richiami, in una delle più note vicende in materia, quella dei c.d. fanghi rossi di Scarlino. E, ora, è
riconosciuto dalla Corte dei conti, a proposito di altro importante caso.
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