sezione VI; decisione 10 febbraio 1992, n. 97; Pres. Imperatrice, Est. Luce; Recca (Avv. Recca,Rienzi) c. Siae (Avv. F. G. Scoca, Nicolai), Pres. cons. ministri e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 305/306-307/308Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187468 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO; CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 10 febbraio 1992, n. 97; Pres. Imperatrice, Est. Luce; Recca (Avv. Recca,
Rienzi) c. Siae (Avv. F. G. Scoca, Nicolai), Pres. cons, mi
nistri e altri.
Diritti di autore — Società italiana autori ed editori — Disposi zioni statutarie — Discriminazioni tra soci e iscritti — Illegit timità (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto di au tore e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 180, 181).
Sono illegittime per illogicità, irrazionalità e soprattutto per vio
lazione del principio di uguaglianza, le disposizioni dello sta
tuto della Società italiana autori ed editori, le quali discrimi
nano tra soci e semplici iscritti, prevedendo che solo i primi costituiscano l'assemblea dell'ente competente a deliberare mo
difiche statutarie e regolamentari nonché la nomina del consi
glio di amministrazione, e riservando solo a loro tanto i dirit
ti di elettorato attivo e passivo per la nomina dei componenti delle commissioni di sezione, che quelli previdenziali, in quanto tali disposizioni consentono agli iscritti di diventare soci dopo un 'anzianità minima di cinque anni, e solo se abbiano incas
sato proventi da diritti di autore superiori all'ammontare di
anno in anno stabilito dal consiglio di amministrazione cosi'
nominato. (1)
Fatto. — L'avv. Renato Recca, iscritto alla Società degli au
tori ed editori (Siae), ente pubblico economico di natura asso
ciativa sottoposto alla vigilanza della presidenza del consiglio dei ministri, ha proposto, in data 2 novembre 1989, ricorso al
Tar del Lazio, col quale ha chiesto l'annullamento:
1) della deliberazione 1° settembre 1989 del presidente della
Siae, con la quale sono state indette, per i giorni 17 e 18 dicem
bre 1989, le elezioni per la nomina dei membri delle commissio
ni di sezione della Siae medesima;
2) dello statuto approvato con d.p.r. 20 ottobre 1962 n. 1842, del regolamento della Siae, del regolamento del fondo di solida
rietà fra i soci della Siae approvato dall'assemblea delle com
missioni di sezione della Siae nella riunione del 25 maggio 1978
e successive modifiche, con particolare riguardo a quelle parti in cui tali atti, discriminando gli iscritti ordinari dai soci, ne limitano lo stato e l'elettorato passivo, li escludono dalla parte
cipazione alla gestione dell'ente e, in virtù delle ultime modifi
che statutarie intervenute, li escludono dal beneficiare del siste
ma previdenziale riservato ai soli soci;
3) di tutti gli atti del procedimento elettorale, nella parte in
cui, non ammettendo gli iscritti ordinari ai vari organi elettora
li, non consentono loro la formazione delle liste dei candidati, non permettendo la loro partecipazione alle varie operazioni;
(1) Decisione di grande rilievo la quale, come è sottolineato in moti
vazione, si discosta dalla precedente giurisprudenza amministrativa; v.
l'ampia nota a Tar Lazio, sez. Ili, 28 aprile 1986, n. 1654, Foro it., 1987, III, 315, che ha affermato la legittimità del diniego di attribuzio ne della qualità di socio ad un autore musicale il cui incasso non aveva
raggiunto il minimo prescritto. Successivamente, Tar Lazio, sez. Ili, 20 luglio 1989, n. 1345, id., Rep., 1989, voce Diritti di autore, n. 97, ha affermato la legittimità della disparità di trattamento tra i soci della Siae e i semplici iscritti ad essa. Inoltre, hanno applicato, o comunque presuppongono tale distinzione, Cons. Stato, sez. VI, 10 agosto 1988, n. 990, ibid., n. 96; 28 luglio 1988, n. 960, id., Rep. 1988, voce cit., n. 84. D'altra parte, incongruità nello statuto della Siae, ma per quel che riguarda la composizione e il ruolo del collegio dei revisori dei con
ti, sono state rilevate da Corte conti, sez. contr. enti, 26 aprile 1988, n. 1969, id., Rep. 1989, voce cit., n. 100.
Per quel che riguarda la questione di giurisdizione, l'affermazione che appartiene a quella del giudice amministrativo la controversia con cernente l'acquisto della qualità di socio, è implicita nelle pronunce ri
chiamate, che sono entrate nel merito dei motivi di ricorso formulati; mentre nel senso della giurisdizione del giudice ordinario si sono orien
tati Tar Lazio, sez. III, 28 febbraio 1986, n. 635, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 132, e Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 1987, n. 812 (che ha
annullato Tar Lazio, sez. Ili, 1654/86, cit.), id., 1988, III, 322, con
nota di richiami. E, ancora sul ricorso dello stesso ricorrente nei con
fronti del quale è stata emessa la decisione ora riportata, Cass. 1° otto
bre 1987, n. 7335, id., Rep. 1988, voce cit., n. 82, ha affermato la
giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di annullamen
to di disposizioni di regolamenti di enti pubblici come la Siae.
Sul ruolo di intermediazione della Siae nella gestione dei diritti di
utilizzazione economica delle opere tutelate dalla legge sul diritto di
autore, v. Corte cost. 15 maggio 1990, n. 241, id., 1990, I, 2401, con
nota di Nivarra, che ha pronunciato nella controversia in cui detta
società era opposta ad impresa televisiva; nonché la sentenza emessa
conseguentemente da Trib. Roma 21 marzo 1991, id., 1991, I, 2893, con nota di Simone.
Il Foro Italiano — 1992 — Parte HI-12.
4) di tutti gli altri atti, antecedenti, conseguenti e/o comun
que connessi.
Nella resistenza della Siae il tribunale amministrativo regio nale adito ha respinto il ricorso, compensando tra le parti le
spese processuali. (Omissis) Diritto. — La Siae (Società italiana degli autori ed editori),
attualmente regolata dalla 1. 22 aprile 1941 n. 633, è un ente
pubblico economico (Cass., sez. un., 22 ottobre 1954, n. 3991, Foro it., Rep. 1954, voce Impiegato gov. e pubbl., n. 692); si identifica, cioè, un'impresa pubblica per la protezione e l'e
sercizio del diritto di autore.
Ha natura associativa e soggiace, pertanto, alla regolamenta zione generale propria di tale categoria di enti.
Lo statuto vigente al momento della proposizione del ricorso
di primo grado è stato approvato con d.p.r. 20 ottobre 1962
n. 1842, e modificato con d.p.r. 14 novembre 1974 n. 859 e
con d.p.r. 20 agosto 1986 n. 726.
Completano la disciplina particolare dell'ente il regolamento generale ed il regolamento del fondo di solidarietà tra i soci,
approvato dall'assemblea delle commissioni di sezione (intese come articolazioni interne dell'istituto) il 25 maggio 1978 ed
in parte successivamente modificato.
Dalla complessiva regolamentazione particolare anzidetta, è
dato evincere una netta distinzione dei soggetti associati tra soci
ed iscritti ordinari; distinzione per la prima volta introdotta con
lo statuto approvato col d.p.r. 16 aprile 1948 n. 643, che pure modificava in senso democratico il precedente atto organizzati vo d'ispirazione essenzialmente autoritaria.
La differenziazione tra i soci ed iscritti ordinari, come mante
nuta dallo statuto approvato con d.p.r. 20 ottobre 1972 n. 1842, aveva rilevanza unicamente agli effetti dell'elezione dei membri
delle commissioni delle sezioni, in cui la società è articolata ed
a cui non potevano partecipare i semplici iscritti (art. 24), es
sendo, per il resto, riconosciuta pari dignità ed i medesimi dirit
ti a tutti gli associati.
Con la modifica statutaria apportata col d.p.r. 2 agosto 1986 n. 725 (art. 22), la discriminazione è stata estesa agli altri diritti
che spettano «ai (soli) soci espressamente riconosciuti dallo sta
tuto o dal regolamento dal fondo di solidarietà . . .».
In sostanza, la distinzione è stata estesa anche in relazione
ai diritti previdenziali, atteso che il relativo regolamento riserva
ai soli soci la corresponsione dei relativi emolumenti denomina ti assegni di professionalità.
Peraltro, la qualità di socio può essere acquisita dagli iscritti, con propria istanza, dopo almeno cinque anni d'iscrizione e nel
presupposto del possesso di alcuni requisiti, tra cui, in partico
lare, quello di aver riscosso dalla società somme non inferiori
a quelle previste da apposite tabelle deliberate dal consiglio di
amministrazione e relative a determinati periodi di tempo. Da considerare al riguardo che il Consiglio di Stato, più volte
interessato alla discriminazione in esame, mentre in sede con
sultiva ne ha più volte suggerito l'eliminazione o comunque l'at
tenuazione, in sede giurisdizionale, ne ha, invece, riconosciuto
la legittimità, sulla base dell'«ampio potere discrezionale relati
vo al potere di autorganizzazione dell'ente circa la determina
zione delle modalità specifiche di formazione degli organi statu
tari mercé la limitazione del diritto elettorale attivo e passivo a categorie particolari di iscritti prescelti in base a criteri ogget tivi ed a parametri la cui acquisizione è possibile ed aperta a
tutti i partecipanti» (sez. VI 5 novembre 1990, n. 940, id., Rep. 1991, voce Diritti di autore, nn. 82-90).
Orientamento, quello indicato, cui si è uniformato il Tar del
Lazio con l'impugnata sentenza e che è, sostanzialmente, con
forme alla prevalente giurisprudenza dell'autorità giudiziaria or
dinaria, secondo cui la discriminazione non implica alcuna le
sione di posizioni di diritto soggettivo per legge tutelate.
La riconosciuta legittimità della distinzione nell'ambito della
Siae tra soci ed iscritti ordinari non esclude, tuttavia, la possibi lità di una rimeditazione della questione alla stregua, tra l'altro,
di maggiori approfondimenti, anche relativi all'individuazione
delle condizioni necessarie per l'acquisto della qualità di socio.
E tanto pur concordando con quanto già espresso dalla deci
sione n. 940 del 1990, secondo cui il problema non è quello di individuare de iure condendo quale sia il migliore assetto
da dare alla società (inerendo la relativa questione, oltretutto,
a profili di merito non suscettibili di verificazione in sede di
giurisdizione di legittimità) quanto, piuttosto, di verificare se, allo stato, le norme statutarie si pongono in contrasto, in primo
luogo, con la legge istitutiva o altra norma primaria ed in se
condo luogo se esse si conformino ai principi generali limitativi
dell'esplicazione del potere discrezionale di autorganizzazione.
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PARTE TERZA
Ed al riguardo non può che essere ribadita l'ulteriore affer
mazione contenuta nella richiamata sentenza n. 940 del 1990, secondo cui la realizzata distinzione non comporta alcuna viola
zione della legge istitutiva dell'ente o altra normativa di settore
di carattere primario, stante la mancanza di specifica disciplina relativa alla modalità di organizzazione dell'istituto, rimessa al
potere discrezionale dell'ente interessato.
A diversa conclusione devesi pervenire, invece, per il profilo relativo all'esplicazione di siffatto potere discrezionale, che non
sembra conformato, nel caso in esame, a quei criteri di logicità, razionalità e soprattutto uguaglianza, la cui mancanza importa che l'autorganizzazione sia illegittima per eccesso di potere.
È pur vero, come osservato nella più volte menzionata sen
tenza n. 940 del 1990, che sussiste predeterminazione dei criteri
e dei parametri per l'assunzione della qualità di socio e che,
pertanto, in astratto, vi è possibilità per ogni iscritto, il quale
possieda l'anzianità minima di iscrizione di cinque anni ed ab
bia incassato una somma per diritti di autore superiore all'am
montare determinato in anticipo rispetto all'anno cui si riferisce
la domanda di associazione, ad assumere la qualità di socio.
Con la conseguenza che, sempre in astratto, il sistema è da
considerarsi «aperto», nel senso della transitabilità dalla cate
goria di iscritto ordinario a quella di socio.
Occorre, però, considerare che, allo stato, i membri delle com
missioni di sezione possono essere tali, solo se soci e se eletti
da soci; essi, inoltre, compongono l'assemblea dell'ente cui è
attribuita (art. 41 dello statuto) la competenza a deliberare even
tuali modifiche statutarie o regolamentari e ad eleggere i mem
bri del consiglio di amministrazione.
Ed è il consiglio di amministrazione, il quale predispone le
tabelle a cui occorre far riferimento, in relazione ai guadagni
percepiti, perché l'iscritto possa acquistare la qualità di socio.
In sostanza, cioè, il sistema è «aperto» soltanto in astratto, atteso che, concretamente, sono solo i soci a poter determinare
liberamente le condizioni (di censo) necessarie per la partecipa zione a tutti gli effetti all'istituto associativo.
Siffatta posizione di assoluta preminenza riservata ai (pochi) soci nell'ambito dell'organizzazione dell'istituto rispetto ai (molti)
semplici associati, preminenza, peraltro, ricollegata esclusiva
mente a ragione di successo commerciale, unita alla possibilità consentita ai soci medesimi di mantenere il pieno controllo del
l'associazione elevando, a discrezione, il dato economico di ri
ferimento per l'acquisto della relativa qualità, identifica un'in
giustificata ed illogica discriminazione.
Non può convenirsi, infatti, con quanto rilevato dalla difesa
dell'ente e dagli stessi giudici di primo grado, secondo cui la
distinzione, in definitiva, è da ritenersi ragionevole, perché fini
sce col privilegiare gli effettivi professionisti, rispetto a coloro
che solo occasionalmente producono opere di ingegno (dilettanti). In realtà, non sono gli autori professionisti a fruire di un
migliore trattamento; quanto, piuttosto coloro i quali, magari con maggiore e migliore organizzazione di mezzi, realizzino più elevati profitti. Nel che si evidenzia anche l'iniquità della discri
minazione, che è a sfavore di chi, più dei primi, avrebbe, inve
ce, bisogno di maggior tutela, attesa oltre tutto la situazione
di monopolio in cui l'ente si trova ad operare. D'altra parte, appare inaccettabile la formulata equazione «suc
cesso economico stato di autore professionista», porta a base
dell'operata distinzione.
Non è logico, cioè, ipotizzare che il maggior successo econo
mico, di per sé solo, sia significativo di una condizione di tipo
particolare e possa implicare il riconoscimento della qualità di
autore professionista, rispetto, invece, a chi tale successo non
raggiunge e che, per ciò solo, debba considerarsi dilettante ed
essere, quindi, trattato come associato di categoria inferiore.
Con la conseguenza che, tenuto anche conto del fatto che
tutti gli associati sono gravati da un'identica quota di associa
zione (art. 12 statuto), appare ancora più ingiustificata l'opera ta discriminazione, che a parità di oneri finisce con l'affidare
l'effettiva gestione dell'ente alla sola categoria di autori econo
micamente più avvantaggiata. Da tutto quanto esposto deriva la fondatezza del proposto
appello per l'illegittimità degli atti impugnati nella parte in cui
discriminano tra soci ed iscritti ordinari, consentendo soltanto
ai primi il diritto di elettorato attivo e passivo per la nomina
di componenti delle commissioni di sezione e di beneficiare del
sistema previdenziale (art. 24 e 38 dello statuto con le modifi
che apportate col d.p.r. 2 agosto 1986 n. 726; art. 1 e 2 del
regolamento del fondo di solidarietà tra i soci).
Il Foro Italiano — 1992.
I
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 10 di
cembre 1991, n. 10; Pres. Crisci, Est. Salvo; Min. pubblica istruzione e altro (Avv. dello Stato Mangia) c. Polizzi. An
nulla Tar Sicilia, sez. I, 4 settembre 1990, n. 570.
Impiegato dello Stato e pubblico — Assunzione tardiva — Re
tribuzione arretrata — Spettanza — Esclusione (D.p.r. 10 gen naio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello Stato, art.
9, 33; 1. 29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro sul pubblico im
piego, art. 28).
Dalla decisione giurisdizionale che, annullando l'illegittimo di
niego di assunzione di un aspirante ad un pubblico impiego,
afferma che egli vi aveva titolo, e dal conseguente provvedi mento che lo nomina ora per allora ai soli effetti giuridici, non scaturisce il diritto alla percezione della retribuzione per il perìodo nel quale non ha prestato effettivamente servizio. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione III; sentenza 16 aprile 1991, n. 148; Pres. Mariuzzo, Est. Spadavecchia; Grappoli (Avv. Vaira) c. Comune di Cislago (Avv. Spallino, Rasà).
Impiegato dello Stato e pubblico — Nomina — Mancata pre stazione del servizio — Fatto illegittimo dell'amministrazione — Retribuzioni — Spettanza.
AI pubblico dipendente cui l'amministrazione, dopo l'atto di
nomina, abbia impedito illegittimamente di prestare servizio,
spettano ugualmente le retribuzioni, rivalutate e maggiorate
degli interessi legali, dedotte le somme che egli abbia percepi to nel frattempo da altra fonte, ma purché risulti che costitui
scano redditi da lavoro. (2)
(1-2) La decisione dell'adunanza plenaria affronta nei termini più usuali
nella giurisprudenza amministrativa, il problema delle conseguenze eco nomiche dell'assunzione di un pubblico dipendente, che è stata tardiva:
di solito, in seguito a provvedimenti quali esclusione da concorsi, gra duatorie con i quali questi si concludono, rifiuti in genere di assunzio
ne, ecc., poi risultati illegittimi, e quindi annullati in sede giurisdiziona le amministrativa; con la conseguenza che alla nomina finalmente di
sposta viene attribuita efficacia retroattiva, almeno agli effetti giuridici. In ipotesi del genere, è normale che il pubblico dipendente così tardi
vamente assunto avanzi pretese patrimoniali: profilate talvolta come do manda di corresponsione delle retribuzioni per il periodo tra la data alla quale doveva esserlo tempestivamente, e quella alla quale lo è stato
effettivamente; e talaltra come una domanda di natura risarcitoria; sul le conseguenze della preferenza dell'una o dell'altra impostazione sulla
questione di giurisdizione, Cass. 6 luglio 1991, n. 7474, in questo fasci
colo, parte prima, con nota di richiami, che, in un caso nel quale l'au tore aveva qualificato la sua domanda come risarcitoria, ma in cui la sentenza l'aveva definita, viceversa, come degli arretrati di stipendio, ha affermato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La decisione ora riportata dell'adunanza plenaria (emessa su ordi nanza di Cons, giust. amm. sic. 2 marzo 1991, n. 78, Cons. Stato, 1991, I, 526) ha considerato la pretesa patrimoniale del dipendente pub blico tardivamente assunto come una domanda di pagamento di retri buzioni indebitamente non corrisposte. E, nel giudicare della sua fon
datezza, richiama il sinallagma che deve sussistere in linea di principio tra prestazione del servizio e diritto alia corrispondente retribuzione.
Ammette che la retribuzione debba essere ugualmente corrisposta, quando il servizio non possa essere prestato per fatto, normalmente illegittimo, dell'amministrazione: ma solo quando il rapporto di impiego era già stato instaurato all'atto della sospensione della prestazione. Però, nella diversa ipotesi nella quale il servizio non sia stato prestato per un fatto anche illegittimo dell'amministrazione, che abbia ritardato addirittura la costituzione del rapporto di pubblico impiego, si orienta in modo nettamente maggioritario, ora confermato dall'adunanza plenaria, nel
l'opposto senso che tale retribuzione non spetti. Cosi, Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 1986, n. 416, Foro it., 1987,
III, 86, non contraddetta da sez. IV 3 luglio 1986, n. 466, ibid., che ha affermato il diritto dell'impiegato illegittimamente escluso da un con corso alla percezione dello stipendio fin dalla data per la quale aveva maturato il diritto alla nomina, indipendentemente dall'effettiva assun zione in servizio, ma in un caso nel quale tale esclusione era stata so
spesa cautelarmente dal giudice amministrativo.
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