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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione VI; decisione 10 giugno 1987, n. 395; Pres....

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sezione VI; decisione 10 giugno 1987, n. 395; Pres. Laschena, Est. Pajno; De Pasqual (Avv. Esposito) c. Sovrintendenza ai monumenti del Veneto. Conferma T.A.R. Veneto 24 settembre 1983, n. 907 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988), pp. 283/284-287/288 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179315 . Accessed: 25/06/2014 05:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.47 on Wed, 25 Jun 2014 05:37:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 10 giugno 1987, n. 395; Pres. Laschena, Est. Pajno; De Pasqual (Avv.Esposito) c. Sovrintendenza ai monumenti del Veneto. Conferma T.A.R. Veneto 24 settembre1983, n. 907Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 283/284-287/288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179315 .

Accessed: 25/06/2014 05:37

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PARTE TERZA

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 10 giugno 1987,

n. 395; Pres. Laschena, Est. Paino; De Pasqual (Avv. Esposi

to) c. Sovrintendenza ai monumenti del Veneto. Conferma T.A.R. Veneto 24 settembre 1983, n. 907.

Bellezze naturali (protezione delle) — Bellezze d'insieme — Elen

co delle località vincolate — Pubblicazione — Decorrenza del

vincolo (L. 29 giugno 1939 n. 1497, protezione delle bellezze

naturali, art. 2, 3, 7; r.d. 3 giugno 1940 n. 1357, regolamento

per l'applicazione della 1. 29 giugno 1939 n. 1497, art. 10).

Bellezze naturali (protezione delle) — Località vincolata — Co

struzione abusiva — Diffida a sospendere i lavori — Provvedi

mento del sovrintendente — Legittimità (L. 29 giugno 1939 n.

1497, art. 7, 8).

Il vincolo di cui alla l. n. 1497 del 1939 sulle bellezze d'insieme,

tali essendo quelle indicate nei nn. 3 e 4 dell'art. 1 di detta

legge, decorre già dalla data di pubblicazione dell'elenco delle

relative località, predisposto dall'apposita commissione provin ciale per le bellezze naturali, nell'albo dei comuni interessati,

e non dallo spirare del termine di tre mesi previsto dagli art.

2 e 3 della stessa legge al solo fine della proposizione di even

tuali opposizioni o reclami. (1) Il sovrintendente ai monumenti è legittimato ad adottare, per le

località soggette a vincolo a seguito dell'inclusione negli appo siti elenchi di cui alla I. n. 1497 del 1939, i provvedimenti cau

telari di sospensione dei lavori in base ai principi generali che

si evincono dall'art. 7 di detta legge, e non ai sensi dell'art.

8, che prevede poteri estranei alla competenza del sovrin

tendente. (2)

(1) Il Consiglio di Stato si è mantenuto nel solco di una prevalente

giurisprudenza laddove ha affermato la vincolatività immediata, dal gior no della pubblicazione nell'albo dei comuni interessati, dell'elenco che

enumera le cosiddette bellezze naturali d'insieme (da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 19 dicembre 1986, n. 913, Foro it., 1987, III, 459, richiamante anch'essa nella motivazione Cons. Stato, ad. plen., 6 maggio 1976, n.

3, id., 1976, III, 570). La 1. 29 giugno 1939 n. 1497 stabilisce che la commissione provinciale

per le bellezze naturali compili elenchi nei quali siano indicate tali bellez

ze, la cui definizione giuridica è data nei nn. 1, 2, 3, e 4 dell'art. 1. Una volta avvenuta la pubblicazione di tali elenchi nell'albo comunale dei comuni interessati, i proprietari, i possessori o i detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili elencati non possono distruggere né introdurre mo dificazioni pregiudizievoli per gli immobili stessi (art. 7, 1° comma).

Il vincolo nascente dalla pubblicazione di tali elementi è, però, imme diatamente operante dalla data della pubblicazione stessa solo per le bel lezze naturali d'insieme. Queste ultime sono «i complessi di cose immobi li che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico o tra dizionale» (art. 1, n. 3, 1. cit.) e «le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cosi pure quei punti di vista o di belvedere, acces sibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze» (art. 1, n. 4, 1. cit.).

La distinzione delle bellezze naturali in individue e d'insieme è esplici tamente sanzionata dall'art. 10, 1° comma, del regolamento per l'appli cazione della 1. 29 giugno 1939 n. 1497, approvato con r.d. 3 giugno 1940 n. 1357.

Tale distinzione ha notevoli implicazioni in materia procedimentale, dato che, come si è visto, esclusivamente per le bellezze d'insieme la vin colatività della pubblicazione è immediata. Al contrario, per le bellezze individue occorre una notificazione in via amministrativa della dichiara zione del notevole interesse pubblico ai proprietari, possessori o detento

ri, a qualsiasi titolo, degli immobili (art. 6, 1° comma, 1. cit.; art. 10, 2° comma, r.d. citato).

Trattandosi, nel caso in questione, di una bellezza d'insieme, il Consi

glio di Stato ha ritenuto la immediata vincolatività dalla data della pub blicazione. Ha rigettato, pertanto, la prospettazione dell'appellante che riteneva la vincolatività operante solo dopo lo spirare del periodo di tre mesi in cui l'elenco rimane pubblicato. Tale termine, difatti, è finalizzato esclusivamente alla tutela delle posizioni soggettive dei proprietari interes

sati, dando loro la possibilità di proporre nel termine stesso opposizioni, reclami e proposte in merito all'elenco (art. 3 1. cit.).

(2) Anche la seconda massima si muove in una direzione già preceden temente battuta (Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 1979, n. 370, Foro

it., 1980, III, 8; 16 dicembre 1980, n. 1311, id., Rep. 1982, voce Bellezze naturali, nn. 8, 32, e per esteso in Riv. giur. edilizia, 1981, I. 476).

Difatti i poteri di inibizione e diffida ex art. 8 della legge citata non sono di competenza del sovrintendente ai monumenti, ma esclusivamente del ministro competente, che può esercitarli indipendentemente dall'avve nuta inclusione delle località soggette a vincolo negli appositi elenchi.

Il Foro Italiano — 1988.

Diritto. — 1. - Con il primo motivo di gravame la ditta appel

lante deduce che nel caso in esame non ci si troverebbe di fronte

ad una «bellezza d'assieme», cui esclusivamente si riferirebbe la

regola secondo la quale il vincolo ex lege n. 1497 del 1939 si

perfezionerebbe già dalla pubblicazione prevista dall'art. 2 della

legge, dell'elenco delle località, approntato dall'apposita commis

sione, nell'albo dei comuni. Tale esito discenderebbe direttamen

te dalla considerazione del verbale della commissione provinciale

per le bellezze naturali della provincia di Belluno, dal quale risul

terebbe che proprio per la bellezza d'assieme la commissione si

sarebbe riservata un giudizio definitivo, mai adottato in seguito. Deriverebbe da ciò che ci si troverebbe di fronte ad una bellezza

individua, con la conseguente inesistenza del potere esercitato dalla

sovrintendenza con l'impugnata diffida a sospendere i lavori; o,

invece, a parte di una bellezza d'assieme, con conseguente illegit

timità dei provvedimenti impugnati. La censura è del tutto priva di fondamento e deve, pertanto,

essere rigettata. L'art. 1 1. 29 giugno 1939 n. 1497 distingue quattro categorie

di cose oggetto di tutela, precisando che sono soggette alle dispo sizioni della legge, a causa del loro notevole interesse pubblico, le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale

o di singolarità geologica (art. 1, n. 1), le ville, i giardini ed i parchi non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose di inte

resse artistico e storico, che si distinguono per la loro non comu

ne bellezza (art. 1, n. 2), «i complessi di cose immobili che com

pongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradi

zionale» (art. 1, n. 3), nonché, infine, «le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cosi pure quei punti di vista

0 di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spetta colo di quelle bellezze» (art. 1, n. 4). Le bellezze naturali, così

come identificate dall'art. 1 1. n. 1497 del 1939, si distinguono a loro volta in due ulteriori categorie, come risulta dall'art. 10

del regolamento approvato con r.d. 3 giugno 1940 n. 1357, se

condo cui «la commissione provinciale si può pronunciare sulle

bellezze così individue (nn. 1 e 2 dell'art. 1 della legge) come

d'insieme (nn. 3 e 4 del citato articolo), o mediante un unico

elenco o facendo seguire al primo elenco uno o più elenchi sup

pletivi». La distinzione fra bellezze individue e bellezze di insieme (cui

si riconnette un diverso regime di imposizione del vincolo) di

scende, pertanto, direttamente dal r.d. n. 1357 del 1940 (si veda

no, anche gli art. 11 e 12 del regolamento), che, con norma espli

cita, identifica le bellezze individue nelle cose di cui ai numeri

1 - 2 dell'art. 1 1. n. 1497 del 1939, e cioè nelle cose immobili

aventi carattere di bellezza naturale o di singolarità geologica, nonché nelle ville, nei giardini e nei parchi non ricadenti sotto

la tutela approvata dalla 1. n. 1089 del 1939.

Risulta, pertanto, del tutto chiaro che la zona ricadente in lo

calità «Lanta», nel territorio del comune di Belluno, quale risulta

dalla delimitazione indicata nel verbale del 12 febbraio 1976 dalla commissione provinciale per la protezione delle bellezze naturali

e panoramiche di Belluno, su cui è stato imposto il vincolo

Tuttavia, nel caso di specie, i provvedimenti cautelari sono stati legitti mamente presi dall'amministrazione regionale convenuta, in quanto essi non trovano fondamento nell'art. 8, bensì nell'art. 7.

Una volta inclusi gli immobili negli elenchi pubblicati, infatti, deriva dai principi generali che informano la legge citata il dovere per l'ammini strazione regionale di adottare tutte le misure idonee ad evitare quelle azioni pregiudizievoli per le bellezze naturali che l'art. 7 vieta (in questo senso il già citato Cons. Stato, ad. plen., 6 maggio 1976, n. 3, Foro

it., 1976, III, 570). In altri termini è stato operato un ritaglio di competenze a favore della

sovrintendenza richiamandosi al significato implicito dell'art. 7, evitando di ricorrere all'art. 8, che invece si riferisce esplicitamente al ministro.

Sul punto del riparto di competenze tra Stato e regioni in questa mate

ria, alla luce anche della 1. n. 431 del 1985, cfr. Cozzuto Quadri, Pro blemi nuovi e vecchi in tema di tutela ambientale: interventi edilizi in corso e l. 431/85 (nota a T.A.R. Campania, sez. I, ord. 7 agosto 1985, n. 855), id., 1985, III, 471; Paesaggio e urbanistica: la Corte costituzio nale alta ricerca di un difficile equilibrio nei rapporti tra Stato e regioni (nota a Corte cost. 21 dicembre 1985, nn. 358, 359), id., 1986, I, 1198; Stato, regioni e tutela ambientale: la l. 431/85 supera il vaglio della Corte costituzionale (nota a Corte cost. 27 giugno 1986, nn. 151-153), ibid., 2694; e, da ultimo, Itinerari della Corte costituzionale in tema di tutela

paesaggistica: nuovi approdi o incidenti di percorso? (nota a Corte cost. 10 marzo 1988, n. 302), in questo fascicolo, I, 1793.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ex lege n. 1497 del 1939, non può in ogni caso essere considerata

come una bellezza individua, e ciò per la ovvia considerazione

che la stessa non rientra, con ogni evidenza, fra le categorie di

cose elencate ai numeri 1 e 2 dell'art. 1 della legge, costituenti, come si è visto, le c.d. bellezze individue.

Per altro verso, deve essere osservato che non risulta corri

spondente alla realtà quanto affermato dalla ditta appellante, e

cioè che con il cennato verbale del 12 febbraio 1976 la commis

sione si sarebbe riservato un «giudizio ulteriore e definitivo» sul

la bellezza d'assieme.

Da una parte, infatti, con il predetto verbale, l'imposizione del vincolo venne approvata dalla commissione su una zona me

no estesa rispetto a quella originariamente proposta, e cioè sol

tanto sull'area di «Punta Lanta» anziché su quella denominata

«di via Rivabella e Lanta»; ma ciò non significa che non si sia

di fronte ad una bellezza di insieme, costituendo pur sempre la

superficie vincolata una località di particolare interesse paesistico ai sensi dell'art. 1, n. 4, 1. n. 1497 del 1939. Dall'altra, poi, la

commissione, ebbe a concludere i lavori della seduta del 12 feb

braio 1976 con uno esplicito «auspicio» (come espressamente ri

sulta definito nel relativo verbale), facendo voti, dopo aver rile

vato che le proposte di tutela formulate erano «frammentarie e

limitate», che «le proposte non accolte siano rivedute in una vi

sione complessiva più ampiamente motivata nel suo complesso». Nessuna riserva circa l'esistenza di una bellezza di insieme della

zona vincolata venne pertanto espressa dalla commissione; laddo

ve quest'ultima si limitò a formulare un auspicio concernente le

sole proposte non accolte, e cioè quelle per le quali le richieste

di vincolo — contrariamente a quanto era avvenuto per la zona

di Punta Lanta — erano state respinte. Intrinsecamente contraddittorio si presenta, infine, il rilievo,

pure formulato dall'appellante, secondo il quale, nel caso in esa

me, ci si troverebbe di fronte, in relazione a quanto disposto dal

la commissione nella seduta del 12 febbraio 1976, ad un vincolo

sostanzialmente ricadente su una «parte di una bellezza d'assie

me», con coseguente illegittimità degli impugnati provvedimenti: è evidente, infatti, che la bellezza di assieme di interesse paesisti

co è costituita dalla località così come risulta identificata e deli

mitata dal verbale della commissione. La circostanza che il vinco

lo sia stato imposto su una superficie più limitata di quella origi

nariamente proposta non significa che esso riguardi una «parte» di una bellezza d'assieme, ma che soltanto una parte dell'area

originariamente proposta è stata riconosciuta come degna di tute

la paesistica, e cioè come «bellezza d'assieme» tutelata, secondo

la nozione che ne forniscono la 1. n. 1497 del 1939 ed il regola

mento n. 1357 del 1940.

All'esatta affermazione, secondo cui l'insorgenza del vincolo

sin dalla pubblicazione dell'elenco di cui all'art. 2 della legge con

cerne solo le bellezze d'insieme, non consegue l'illegittimità dei

provvedimenti impugnati in primo grado, riguardando essi, ap

punto, una bellezza d'insieme.

2. - Nell'ordine logico deve poi essere esaminata — attinendo

anch'essa all'esistenza, o meno, del vincolo paesistico sulla zona

dove sorge la costruzione intrapresa dall'appellante — la quinta

censura, con la quale la ditta De Pasqual deduce che l'effetto

costitutivo del vincolo sulle bellezze di insieme si costituirebbe

al termine del periodo di tre mesi di pubblicazione, previsto dal

l'art. 2, ultimo comma, 1. n. 1497 del 1939. Il vincolo, pertanto,

secondo la prospettazione dell'appellante, non sarebbe stato an

cora esistente alla data di adozione della diffida a sospendere

i lavori (27 aprile 1976), essendo stato il predetto verbale pubbli

cato all'albo del comune di Belluno a partire dal 12 aprile 1976.

La censura è infondata e deve, pertanto, essere disattesa, dal

momento che l'imposizione del vincolo su una bellezza d'assieme

si perfeziona già dalla data in cui, ai sensi dell'art. 2, ultimo

comma, 1. n. 1497 del 1939, l'elenco delle località predisposto

dall'apposita commissione viene pubblicato nell'albo dei comuni

interessati, e cioè dal giorno in cui viene effettuata tale pubbli

cazione.

L'art. 2, ultimo comma, 1. n. 1497 del 1939 prescrive, infatti,

che l'elenco delle località di cui ai numeri 3 e 4 dell'art. 1, compi

lato dalla commissione, e le eventuali varianti apportate, «sono

pubblicate per un periodo di tre mesi all'albo di tutti i comuni

interessati della provincia». Ora, con la predetta locuzione, la

legge non ha inteso introdurre una forma di pubblicità destinata

Il Foro Italiano — 1988.

a perfezionarsi ed a produrre i propri effetti costitutivi soltanto

al termine del periodo indicato dalla norma, ma ha inteso intro

durre un obbligo — la pubblicazione per un periodo di tre mesi — a tutela delle posizioni soggettive dei proprietari interessati, e volto a garantire a questi ultimi la possibilità di far valere,

sempre nel termine indicato, le proprie ragioni. Il periodo trime

strale di pubblicazione non è finalizzato alla produzione degli ef

fetti, ma alla proposizione delle eventuali opposizioni e osserva

zioni da parte dei proprietari e possessori interessati, sicché l'in

sorgere del vincolo di cui alla 1. 1497 del 1939 sulle bellezze di

insieme deriva dal fatto della pubblicazione — e cioè dall'inser

zione del medesimo nell'albo dei comuni — e non dalla durata

della stessa. Si tratta, d'altra parte, di un esito pienamente pale sato dal successivo art. 3, alla stregua del quale, «entro il termine

di tre mesi dall'avvenuta pubblicazione, i proprietari, possessori o detentori comunque interessati possono produrre opposizione al ministero a mezzo della soprintendenza». La chiara espressio ne legislativa evidenzia, infatti, che la pubblicazione si perfeziona uno actu con l'inserzione negli albi comunali, e che il termine

trimestrale (che decorre, infatti, dall'«avvenuta» pubblicazione) è finalizzato esclusivamente alla proposizione delle osservazioni

da parte degli interessati. Una diversa interpretazione apparireb

be, d'altra parte, contraria alle esigenze che la legge ha inteso

tutelare e perseguire facendo decorrere il momento perfezionati vo del vincolo sulle bellezze d'assieme dal momento della pubbli cazione del relativo elenco nell'albo dei comuni ai sensi dell'ulti

mo comma dell'art. 2. La legge, infatti, ha inteso anticipare il

vincolo alla data della prima pubblicazione di cui al predetto art.

2, per evitare che nel considerevole lasso di tempo necessario per il perfezionamento della complessa procedura i soggetti interessa

ti, avvertiti dell'inclusione dei loro immobili nell'elenco delle bel

lezze d'insieme attraverso le forme di pubblicità di cui all'ultimo

comma dell'art. 2, potessero compromettere quella situazione di

particolare interesse pubblico, in vista della cui protezione è stata

posta in essere la procedura medesima (in questo senso ad. plen., 6 maggio 1976, n. 3, Foro it., 1976, III, 570): ed è evidente che

tale esigenza di tutela e di salvaguardia verrebbe ad essere fru

strata ove il vincolo dovesse sorgere non a seguito del fatto della

pubblicazione dell'elenco delle bellezze naturali nell'albo comu

nale, ma dopo il decorso del termine di tre mesi.

3. - Con il secondo motivo di impugnazione la ditta De Pa

squal deduce che il vincolo costituirebbe un «mero antecedente

narrativo» della diffida a sospendere i lavori, essendo costituito

il motivo determinante della medesima dalla contrarietà ai piani

urbanistici comunali.

La censura è palesemente inammissibile, in quanto formulata

per la prima volta in grado di appello, ed è comunque priva di

fondamento. Si è visto sopra come il vincolo sulla zona denomi

nata «Punta Lanta» sia sorto già dal 12 aprile 1976, data di pub

blicazione dell'elenco delle bellezze naturali negli atti comunali.

È pacifico, altresì, che nessuna autorizzazione è stata mai chiesta

dalla ricorrente all'autorità paesistica. Tanto appare sufficiente

per la legittimità della diffida a sospendere i lavori, potendo l'au

torità preposta alla tutela paesistica legittimamente adottare ordi

ni di sospensione ed altri atti di carattere interinale, anche quan

do il vincolo, di natura provvisoria o definitiva, sia già insorto,

anche in attesa della definizione della procedura repressiva previ

sta dall'art. 15 della legge. In tale contesto, non acquista specifi

ca rilevanza la mera segnalazione al sindaco, contenuta nella dif

fida, circa la pretesa contrarietà della costruzione alle previsioni

urbanistiche.

4. - Con la terza censura la ditta appellante deduce che non

potrebbe essere richiamata, a fondamento dell'impugnata diffida

a sospendere i lavori, la fattispecie legale di cui all'art. 8 1. n.

1497 del 1939. Il rilievo appare fondato, ma da tale esito non deriva la possi

bilità di pronunciare l'accoglimento del gravame, apparendo co

munque legittima l'impugnata diffida.

I provvedimenti cautelari previsti dall'art. 8 1. n. 1497 del 1939

non rientrano, infatti, nella competenza del sovrintendente e so

no adottati indipendentemente dall'avvenuta inclusione delle lo

calità soggette a vincolo negli appositi elenchi o dalla notificazio

ne di cui all'art. 6 (nel caso di bellezze individue), laddove, allor

ché l'inclusione negli elenchi sia già avvenuta, l'amministrazione

deve far ricorso ai poteri di cui all'art. 7 della legge (sez. VI

18 maggio 1979, n. 370, id., 1980, III, 8).

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PARTE TERZA

Erroneamente, pertanto, il primo giudice ha affemato che la

diffida impugnata trova fondamento nell'art. 8 1. n. 1497 del 1939,

dal momento che, come si è visto sopra, il vincolo risultava nella

fattispecie già perfezionato al momento dell'adozione della diffi

da da parte del soprintendente. Da tale esito non deriva, peraltro, la possibilità di pronunciare

l'accoglimento del gravame, ma soltanto quello di disporre, sul

punto, la correzione della motivazione della sentenza di primo

grado, apparendo l'impugnata diffida legittimamente adottata a

tutela degli obblighi imposti dall'art. 7 1. n. 1497 del 1939. È

noto, infatti, che le misure cautelari previste dall'art. 8 non esau

riscono l'ambito dei mezzi interinali esperibili in materia, poten do procedersi all'adozione di ordini di sospensione e di altri ana

loghi atti di natura interinale anche quando il vincolo sia già insorto.

L'ammissibilità di misure interinali da adottarsi, a fronte della

violazione dei precetti di cui all'art. 7, in relazione a beni già

sottoposti a vincolo di bellezza naturale, in attesa della definizio

ne della procedura che mette capo al provvedimento repressivo,

discende, infatti, dai principi generali (ad. plen. 6 maggio 1976, n. 3, cit.).

5. - Deduce, infine, l'appellante, che la possibilità di adottare

provvedimenti di sospensione del vincolo si porrebbe in contrasto

con il medesimo art. 9 Cost., che prescrive la tutela del paesag

gio. Da una parte, infatti, la bellezza potrebbe essere tutelata

esclusivamente attraverso provvedimenti che negano l'autorizza

zione a edificare, o attraverso provvedimenti di autorizzazione

sotto condizione; dall'altra la sospensione adottata nella preesi stenza del vincolo paesistico, sottraendosi all'applicazione del ter

mine di cui all'art. 9, realizzerebbe un vincolo di inedificabilità

assoluta, consentendo all'amministrazione di astenersi dal deter

minare in termini quantitativamente precisi il sacrificio imposto al privato.

La censura è palesemente priva di consistenza, sotto entrambi

i profili prospettati. In ordine al primo di essi, pare sufficiente

ricordare che la diffida a sospendere i lavori costituisce un prov vedimento cautelare ed interinale, volto ad evitare che vengano

portate a compimento opere non autorizzate, in attesa delle de

terminazioni definitive da adottarsi da parte della competente au

torità. Esso, pertanto, ben si inserisce nel sistema della 1. n. 1497

del 1939, che non ha introdotto un obbligo di inedificabilità asso

luta, ma un sistema di tutela della bellezza paesistica incentrato

sulla necessaria preventiva, autorizzazione ad apportare modifi

cazioni alla cosa od al luogo vincolato (art. 7), ponendo per l'i

potesi di costruzione in difetto di tale autorizzazione, una sanzio

ne costituita o dal pagamento di una indennità equivalente alla

maggior somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito,

o, nel caso che venga riscontrato un insanabile contrasto tra l'o

pera e le caratteristiche della zona, nella demolizione delle opere abusivamente realizzate. La diffida a sospendere i lavori costitui

sce, pertanto, la conseguenza dell'avvenuta edificazione in difetto

della necessaria autorizzazione ed è volta ad evitare l'aggravarsi delle conseguenze della violazione agli obblighi posti dall'art. 7

della legge, in attesa delle definitive determinazioni da parte del l'autorità competente.

I rilievi sopra esposti, ponendo in luce la natura meramente

interinale e provvisoria del provvedimento, evidenziano, infine, l'inconsistenza del secondo profilo di doglianza prospettato. Es

so, d'altra parte, costituisce la conseguenza della violazione, da

parte dell'interessato, all'obbligo di richiedere la preventiva auto

rizzazione; mentre la circostanza che alla violazione di tale obbli

go possa far seguito, ove non sussista un insanabile contrasto

dell'opera con le caratteristiche ambientali, una sanzione pecu niaria, esclude la trasformazione del vincolo paesistico in vincolo

di inedificabilità assoluta. 6. - In conclusione l'appello deve essere respinto, pur dovendo

essere disposta, nei sensi sopra precisati, la correzione della moti

vazione della decisione di primo grado.

Il Foro Italiano — 1988.

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 16 aprile 1987, n. 246; Pres. Gessa, Est. Reggio D'Aci; Consorzio costruzio

ne gestione impianti metano (Avv. Lamberti) e Consorzio coo

perative costruzioni (Aw. Lanocita, Laudadio, Scotto) c. Co

mune di Montella (Aw. Spagnuolo Vigorita). Annulla T.A.R.

Campania, sez. I, 9 giugno 1986, n. 311.

Opere pubbliche — Appalto — Albo dei costruttori — Certifica

to di iscrizione — Dichiarazione sostitutiva — Equivalenza (L. 4 gennaio 1968 n. 15, norme sulla documentazione amministra

tiva e sulla legislazione e autenticazione di firme, art. 2).

Opere pubbliche — Appalto — Imprese riunite — Consorzi —

Assimilabilità — Condizioni (Cod. civ., art. 2602, 2608, 2615; 1. 8 agosto 1977 n. 584, norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunità economica europea, art. 20, 21, 22, 23, 23 bis).

È illegittima l'esclusione dalla gara di appalto di una impresa

per avere quest'ultima esibito, in luogo del certificato di iscri

zione all'albo nazionale dei costruttori richiesto dalla lettera

di invito, una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'art. 2 l. 4

gennaio 1968 n. 15. (1) I consorzi di cui agli art. 2602 ss. c. c., ove prevedano la respon

sabilità solidale dei consorziati ed il mandato collettivo, sono

assimilabili alle imprese riunite di cui agli art. 20 ss. I. 8 agosto 1977 n. 584 e quindi possono partecipare ad una gara di appal to per la realizzazione di opere pubbliche. (2)

(1) Esattamente in termini Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 1986, n. 456, Foro it., Rep. 1986, voce Opere pubbliche, n. 113. Sulla facoltà di com

provare il possesso di uno status con dichiarazioni sostitutive delle relati ve certificazioni pubbliche, cfr. altresì' Cons. Stato, sez. IV, 30 giugno 1984, n. 419, id., Rep. 1984, voce Concorso a pubblico impiego, n. 32. Erroneamente la sentenza riformata (T.A.R. Campania 9 giugno 1986, n. 311, Trib. amm. reg., 1986, I, 3011) richiama in senso contrario Cons.

Stato, sez. VI, 25 maggio 1976, n. 237, Foro it., Rep. 1976, voce Con tratti della p.a., n. 53, in quanto, nel caso di specie, parte della documen tazione richiesta per l'ammissione ad una gara di appalto per progetti offerta era stata del tutto omessa dal ricorrente: in tali casi evidentemente resta precluso ogni apprezzamento circa la rilevabilità aliunde dei dati mancanti.

Per alcuni riferimenti alla tematica e alla vastissima casistica dell'esclu sione di imprese partecipanti da procedimenti di gara, v. T.A.R. Lazio, sez. Ili, 31 gennaio 1986, n. 346, id., 1987, III, 111, con nota di richia

mi, e T.A.R. Campania 23 gennaio 1986, n. 52, id., 1986, III, 350, con nota di richiami.

(2) Con la decisione che si riporta il Consiglio di Stato affronta per la prima volta il problema dell'ammissibilità dei consorzi alle gare per appalti di opere pubbliche alla luce della normativa dettata dalla 1. 584/77, che, in adempimento della direttiva comunitaria n. 305 del 26 luglio 1971, ha ammesso agli appalti pubblici le riunioni temporanee di imprese (ri corda M. Pallottino, Le associazioni temporanee di imprese: problemi di diritto pubblico, in Riv. giur. edilizia, 1983, II, 285, come la normati va previgente in materia non sancisse in modo espresso il divieto di con ferire appalti a due o più imprese congiuntamente, ma tale divieto si ricavasse tuttavia implicitamente, dalle condizioni richieste per l'ammis

sione, in particolare da quella, tassativa, delle iscrizioni all'Anc per la

categoria e l'importo richiesto per l'intero lavoro. Sulle associazioni tem

poranee di imprese, prima della I. n. 584 dei 1977, cfr., fra i molti, De Martini, Profili privatistici delie associazioni temporanee di imprese, in Atti dei Convegno di studio organizzato a Roma il 25 e il 26 maggio 1970, pubblicati a cura dell'Ance, Roma, 1970; Frattini, Brevi note sul l'eventuale ricorso al «consorzio con attività esterna» come possibile stru mento pratico di attuazione del «.raggruppamento temporaneo di impre se» per l'assunzione di un unico appalto, in Arbitrati e appalti, 1970, 466 ss.; Gambarota, l e direttive comunitarie per il coordinamento delle

procedure di aggiudicr.-Jone dei lavori pubblici e la normativa della mate ria vigente in Italia, in Arch. giur. oo.pp., 1975, I, 66; Ferretti, Le «associazioni temporanee di imprese», in Riv. dir. comm., 1975, I, 349. In giurisprudenza, aveva riconosciuto la configurabilità di un rapporto meramente contrattuale di cooperazione tra imprese per la realizzazione di un appalto, Cass. 24 febbraio 1975, n. 681, Foro it., 1976, I, 1698).

Confermando sul punto la sentenza impugnata (T.A.R. Campania 9

giugno 1986, n. 311, cit.), il giudice d'appello ha dunque ritenuto che la mancata menzione, negli art. 20 ss. 1. cit., dei consorzi accanto alle

imprese riunite, non equivale ad esclusione dei consorzi stessi dagli appal ti (esclusione del resto non voluta dal legislatore europeo, cosi Pallotti

no, cit., 288) qualora questi, ferme restando le condizioni minime richie ste dall'amministrazione a garanzia della serietà dell'offerta e del corretto adempimento, diano luogo ad una situazione giuridica non diversa da quella delle imprese riunite (in senso conforme osserva, a tal proposito, Clarizia, Associazione temporanea tra imprese e consorzi nell'esecuzione delle opere pubbliche: profili amministrativistici, in Trib. amm. reg., 1984, II, 107, come, purché si osservino le prescrizioni poste dagli art. 20-23 1. 584 a garanzia dell'amministrazione, sia lasciata ai privati la più ampia

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