sezione VI; decisione 16 marzo 1993, n. 247; Pres. Gessa, Est. Torsello; Soc. Pal Strade (Avv.Pellegrino) c. Soc. Cogene (Avv. Loiodice) e altro. Conferma Tar Puglia, sez. Lecce, 18 settembre1991, n. 558Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 177/178-183/184Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188320 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
un discorso completamente diverso deve farsi in presenza di un
problema attinente alla competenza funzionale inderogabile, in
rapporto al quale il tribunale deve comportarsi come farebbe
di fronte ad una questione di giurisdizione, tanto più se, come
nella fattispecie in esame, si tratta di un organo giurisdizionale destinato ad occuparsi di controversie caratterizzate per defini
zione da inevitabili risvolti pubblicistici. Ben poco vi è da aggiungere, a questo punto. Che si tratti di un'ipotesi di competenza funzionale inderoga
bile (come quella, anch'essa esclusiva, prevista sempre per il
Tar del Lazio, dall'art. 33 della recente 1. n. 287 del 1990, tute
lante la libera concorrenza tra le imprese nel mercato), lo si
desume — oltre che da quanto si è detto — soprattutto dalla
«perentorietà» delle disposizioni di cui al 1° e 2° comma del
cit. art. 4: «Tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono
adottati . . . contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso
in primo grado al Tribunale amministrativo regionale del Lazio
per motivi di legittimità». Come si vede, il legislatore ha usato un «tono» che non am
mette né repliche, né eccezioni, come quelle prospettate nelle
spesso citate note d'udienza del 12 gennaio 1993.
Che il cit. art. 4, inoppugnabilmente onnicomprensivo, non
debba riferirsi anche al provvedimento di diniego di correspon sione dell'eventuale indennità di missione (richiesta dal ricor
rente) è interpretazione che prescinde totalmente dal dato te
stuale e da quello logico della 1. n. 74 del 1990, che ha semplice mente e senza inutili eccezioni, voluto accentrare tutto il
contenzioso in questione (riguardante i magistrati ordinari per tutto il loro rapporto d'impiego) presso il tribunale amministra
tivo della capitale, operante nella stessa sede del Consiglio su
periore e del ministero di grazia e giustizia, autore del provvedi mento qui impugnato, mentre del tutto ininfluente è, al riguar
do, ogni richiamo alla sentenza n. 189 del 1992 della Corte
costituzionale (Foro it., 1992, I, 2033), che milita anzi in senso
contrario alle tesi del ricorrente e si è occupata dell'art. 4 1.
n. 74 del 1990, quanto all'intera materia devoluta al Tar del
Lazio (v. sent. Corte cost, cit., parte in diritto, punto 1.2, ulti
ma frase) e non in rapporto a singoli provvedimenti come quel lo in esame, che, tra l'altro, potrebbe in ipotesi essere adottato
per tutti i magistrati ordinari versanti in analoga situazione, con
il verificarsi proprio di quella situazione generalizzata che la
stessa difesa del ricorrente sembra ritenere idonea a far radicare
la competenza funzionale del Tar del Lazio.
La sentenza della Corte costituzionale, cit., ha ritenuto costi
tuzionalmente giustificata la concentrazione, nella competenza di tale tribunale, dei ricorsi contro le deliberazioni del Consiglio
superiore della magistratura (trasfuse in decreti ministeriali), per
motivi i cui caratteri devono essere posti in evidenza: perché
attengono a criteri assai diversi da quelli di collegamento terri
toriale, sulla cui base il legislatore del 1971 aveva distribuito
la competenza tra i vari tribunali amministrativi regionali. La sentenza (e prima ancora, ovviamente, la norma della cui
costituzionalità si è dubitato, e chi l'ha formulata), infatti, si
è basata sui due principali fattori già rilevati: le peculiarità della
posizione costituzionale del Consiglio superiore della magistra tura e dello status di magistrato sul quale le deliberazioni inci
dono; e, quindi, ha valorizzato ragioni che, in buona sostanza,
possono sintetizzarsi nella importanza e nella delicatezza delle
questioni dei ricorsi sollevate. Cui, a ben guardare, può essere
accostato pure un terzo elemento ugualmente accennato in mo
tivazione, seppure apoditticamente e quasi di sfuggita: l'esigen
za «. . . largamente avvertita circa l'uniformità della giurispru
denza fin dalle pronunce di primo grado . . .»; nessun favore
per il pluralismo delle opinioni, infatti, può arrivare a far con
siderare un bene in sé i contrasti di giurisprudenza che sono
inevitabile conseguenza della distribuzione della competenza su
identiche questioni tra organi giurisdizionali di pari grado: è ovvio, allora, che la costituzionalità della concentrazione di quei
ricorsi, e, almeno fino a questo momento, solo di quei ricorsi
(e di quelli di cui all'art. 33 1. n. 287 del 1990), nella competen
za del Tar del Lazio non può che riconnettersi alla rilevanza
Il Foro Italiano — 1994.
veramente singolare, di quel che non può essere altro, appunto, che la loro importanza e delicatezza.
Una volta che, tra le controversie affidate ad un ordine giuris
dizionale, si vengano a percepire distinzioni basate sul diverso
livello della loro importanza e delicatezza, allora diventa natu
rale anche cercare corrispondenti differenziazioni di livelli tra
gli organi appartenenti a quell'ordine, in base alla loro diversa
capacità di decidere, e, quindi, secondo parametri (cui si è ac
cennato) tra i quali distribuire la competenza su quelle contro
versie, naturalmente seguendo linee correlate. È soprattutto per
esigenze del genere che, nella giurisdizione ordinaria, è distri
buita la competenza di un medesimo primo grado tra organi che pur debbano valutarsi di livello diverso dal punto di vista
suddetto: come è già dimostrato in modo patente, limitando
la considerazione ai soli giudici civili, dalla distinzione per valo
re della competenza, appunto in primo grado, tra conciliatore
(adesso giudice di pace), pretore e tribunale. È possibile traccia
re distinzioni del genere tra i giudici amministrativi?
La legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali ha
risposto di no: concentrando tutto il contenzioso di primo gra do in questi tribunali, distribuendo tra di loro la competenza secondo indici di collegamenti territoriali, senza attribuire rile
vanza alla importanza e delicatezza delle questioni da essi giudi
cate, e, soprattutto, escludendo il carattere di inderogabilità di
quella competenza. La disposizione che ha concentrato nel Tar per il Lazio il
contenzioso sulle deliberazioni del Consiglio superiore della ma
gistratura (trasfuse in d.m.), per le ragioni che si sono accenna
te, viceversa, sembra aver risposto di si: soprattutto attribuendo
caratteri di inderogabilità a questa competenza del Tar del La
zio. Per questo è parsa di grande importanza: di una importan za che trascende la singola ipotesi pur rilevante cosi' disciplina
ta, perché può proiettare la sua influenza, con molta ampiezza e incisività, su quel che potrebbe essere una linea di evoluzione
del ruolo dei diversi giudici amministrativi, s'intende nel senso
di una differenziazione del ruolo stesso, già confermata, come
si è visto, dall'art. 33, 1° comma, 1. n. 287 del 1990.
È poi appena il caso di ricordare che nessun rilievo può in
proposito avere il fatto che le sentenze del Tar di Bologna citate
siano passate in giudicato e siano state eseguite.
Conclusivamente, sollevando d'ufficio la questione, questo tri
bunale non può che dichiararsi funzionalmente incompetente, ex art. 4 1. n. 74 del 1990, che ha modificato l'art. 17, 2° com
ma, 1. n. 195 del 1958, precludendosi cosi ogni esame del merito
della vicenda.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 16 marzo 1993,
n. 247; Pres. Gessa, Est. Torsello; Soc. Pai Strade (Avv.
Pellegrino) c. Soc. Cogene (Aw. Loiodice) e altro. Confer ma Tar Puglia, sez. Lecce, 18 settembre 1991, n. 558.
Opere pubbliche — Appalto — Albo nazionale dei costruttori — Iscrizione — Conferimento aziendale — Procedura di re
cupero — Gara — Partecipazione — Ammissibilità (D.m. 9
marzo 1989 n. 172, approvazione del regolamento per l'at
tuazione della normativa in materia di albo nazionale dei co
struttori, art. 25).
La società, cui un'impresa individuale abbia conferito il proprio
complesso aziendale, è legittimata a partecipare ad una gara
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PARTE TERZA
d'appalto pubblico nelle more della procedura di recupero della iscrizione all'albo nazionale costruttori posseduta dalla
conferente. (1)
(1) La sentenza, ora confermata, Tar Puglia, sez. Lecce, 18 settembre
1991, n. 558, è massimata in Foro it., Rep. 1992, voce Opere pubbli che, n. 136.
Il Consiglio di Stato enuncia il principio riassunto in massima facen
do leva essenzialmente sull'art. 25 d.m. 9 marzo 1989 n. 172 che, al
1° comma, prescrive, nell'ipotesi di decesso del titolare di impresa indi
viduale, ovvero nel caso di fusione, di conferimento — come nella fatti
specie — o di cessione del complesso aziendale, il recupero totale o
parziale dell'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori posseduta dal
l'impresa dante causa a favore dell'(impresa) avente causa (che sia) prov vista dei necessari requisiti (sulla imprescindibilità dei quali, con riguar do a fattispecie di cessione di ramo di azienda, Tar Lazio, sez. Ili, 21 novembre 1989, n. 1976, id., Rep. 1991, voce cit., n. 124).
Pur non contenendo una previsione esplicitamente ammissiva, infat
ti, il citato art. 25, secondo la decisione in epigrafe deve essere interpre tato nel senso di attribuire la legittimazione interinale (sottoposta, ov
viamente, alla condizione risolutiva della deliberazione negativa sulla
domanda di recupero dell'iscrizione) all'impresa conferitaria che abbia
già avviato la procedura di recupero; invero, la ratio della «contestuali
tà» (sancita dal 3° comma) della decisione amministrativa relativa all'i scrizione a favore della società richiedente rispetto alla cancellazione
dell'impresa «conferente» — identificabile, a parere della sesta sezione, nella esclusione di soluzioni di continuità, quoad effectum, tra i due
atti — non consente la provvisoria inoperatività della iscrizione dell'im
presa conferitaria la quale abbia presentato istanza per il recupero. D'altro
canto, poiché il 2° comma del ripetuto art. 25 dispone che lo stesso
(recupero) possa essere riconosciuto previa revisione dell'iscrizione pos seduta dall'impresa dante causa effettuata sulla base dei criteri stabiliti
dall'art. 18, il cui dettato non ricollega alcun effetto sospensivo all'in
staurazione del relativo procedimento, apparirebbe «illogico prevedere effetti sospensivi in relazione all'instaurarsi di un procedimento che si
compone di un sub-procedimento il quale, allorché viene autonoma mente instaurato, non produce effetti sospensivi dell'iscrizione».
E la soluzione adottata, secondo il Consiglio di Stato, oltre a rivelarsi
coerente con la natura propria dell'iscrizione all'albo nazionale dei co
struttori, di requisito di legittimazione all'ammissione agli appalti pub blici (in tal senso, oltre a Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 1968, n. 605,
id., Rep. 1968, voce cit., n. 45, v., di recente, Cons. Stato, sez. VI, 2 dicembre 1991, n. 961, id., Rep. 1992, voce cit., 283 e sez. V 11
aprile 1991, n. 517, id., 1993, III, 402; sul punto v. anche Tar Sicilia, sede Catania, sez. I, 5 giugno 1991, n. 401, id., Rep. 1992, voce cit., n. 137, per il quale l'iscrizione assicura, nell'interesse pubblico del buon
esito dei contratti degli enti pubblici, la realizzazione di opere pubbliche da parte di imprese particolarmente specializzate) trasferibile ai sensi
dell'art. 25 d.m. n. 172, non può ritenersi preclusa dalla circolare del ministero dei lavori pubblici 11 aprile 1990, n. 2411, Le leggi, 1990, II, 201 — impeditiva della utilizzabilità ai fini del trasferimento dell'i
scrizione degli elementi presuntivi previsti dalla circolare del medesimo ministero 2 agosto 1985, n. 382 — che non affronta la diversa questio ne della ammissione alle gare dell'impresa conferitaria (non iscritta al
l'albo) prima del perfezionamento della procedura di recupero. Sull'argomento, in dottrina, v. Laurini, A proposito del recupero
dell'iscrizione all'albo nazionale costruttori nel passaggio dall'impresa edile individuale all'impresa collettiva, in Riv. not., 1990, 87, spec. 90, che, sia pur non esplicitamente, sembrerebbe propendere per la tesi ac colta nella decisione in rassegna. Contra, Virga, Le modificazioni sog gettive nell'appalto di opere pubbliche, Milano, 1990, 139-140, argo mentando dalla soppressione, per effetto della circolare 2411/90, della
possibilità di operare il trasferimento sulla base di semplici presunzioni prevista dalla circolare n. 382 del 1985.
Per una ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sul tema dell'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori in tutte le sue
implicazioni, v. Mastelloni, L'iscrizione all'albo nazionale dei costrut tori: natura e «trasferibilità» (nota a Tar Lazio, sez. I, 9 settembre
1987, n. 1445, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 103, riguardante la
disciplina del recupero in epoca anteriore all'emanazione del d.m. n.
172), in Riv. trim, appalti, 1989, 487. Da segnalare infine, sul versante legislativo, che l'art. 8, 10° comma,
1. 11 febbraio 1994 n. 109, «legge quadro in materia di lavori pubblici» (Le leggi, 1994, I, 757), ha disposto che «a decorrere dal 1° gennaio 1997 è abrogata la 1. 1° febbraio 1962 n. 57», istitutiva dell'albo nazio nale costruttori. Peraltro, ed è una circostanza piuttosto curiosa, l'art.
35, 4° comma, della stessa 1. n. 109, nel disciplinare l'ammissione alle
Il Foro Italiano — 1994.
Diritto. — Secondo l'art. 25 d.m. dei lavori pubblici n. 172
del 9 marzo 1989, nell'ipotesi di decesso del titolare di impresa
individuale, ovvero nel caso di fusione, di conferimento — co
me nella fattispecie in esame — o di cessione del complesso
aziendale, è ammesso il recupero totale o parziale dell'iscrizione
all'albo nazionale dei costruttori a favore dell'impresa avente
causa. Peraltro, tale disposizione non contiene alcuna espressa
previsione riguardante la possibilità o meno, per una impresa
che abbia iniziato la procedura del c.d. recupero, di partecipare alle gare nelle more dell'emanazione del provvedimento di
iscrizione.
Giova al riguardo premettere che — come osserva anche la
società appellante — la legge istitutiva dell'albo (1. 10 febbraio
1962 n. 57) non conteneva alcuna norma che consentisse il tra
sferimento dell'iscrizione da una impresa ad un'altra, né la pos
sibilità per l'impresa che avesse presentato l'istanza di iscrizio
ne, di partecipare alle gare; senonché la prassi amministrativa
e le circolari ministeriali, al fine di evitare un restringimento del confronto concorrenziale, consentirono tale trasferimento
nonché l'ammissione alle gare dell'impresa avente causa nel pe
riodo ricompreso tra la variazione soggettiva e il successivo prov
vedimento di iscrizione; ciò anche in relazione alla circostanza
che l'intervento dell'amministrazione si esprimeva in una sem
plice presa d'atto della modificazione intervenuta, né si era mai
verificato il caso di provvedimenti di rigetto di richieste, una
volta accertata la regolarità della documentazione (in tal caso
la circolare del min. lavori pubblici 2 agosto 1985, n. 382). In tali evenienze, in particolare, l'amministrazione presumeva
che l'impresa conferitaria — per restare alla fattispecie in esa
me — avesse la stessa idoneità ad operare nel settore dei pubbli ci appalti in precedenza riconosciuta alla ditta conferente e, sul
la base di tale presunzione, consentiva il recupero integrale del
la iscrizione.
Con l'entrata in vigore del decreto ministeriale suddetto ed
in presenza della recezione normativa dell'istituto del c.d. recu
pero dell'iscrizione, si pone la questione se l'impresa conferita
ria possa avvalersi dell'iscrizione posseduta dall'impresa confe
rente prima del relativo provvedimento, una volta avviata la
procedura prevista dall'art. 25.
Al riguardo appare da condividere la soluzione delineata dal
giudice di primo grado, dopo attenta e approfondita disamina
del dato normativo, secondo cui l'impresa conferitaria, nelle
more della procedura di c.d. recupero della iscrizione all'albo,
ha titolo a partecipare alle gare pubbliche. Osserva in merito il collegio che, nella fattispecie sopra de
scritta, sarebbero in astratto ammissibili quattro soluzioni:
a) che, in attesa della conclusione del procedimento ammini
strativo di «recupero», possa partecipare alla gara l'impresa dante
causa;
b) che possano partecipare sia l'impresa dante causa che quella avente causa;
c) che possa partecipare l'impresa avente causa;
d) che, infine, non possa partecipare né l'una né l'altra.
Esclusa evidentemente la accoglibilità della ipotesi sub b), poi ché due soggetti fruirebbero dalla medesima iscrizione (ipotesi
comunque implicitamente respinta dall'art. 25, 3° comma), va
anche rigettata quella sub a), poiché, in tal caso, si consentireb
be la partecipazione alla gara a favore di un soggetto che non
svolge più attività imprenditoriale nel settore.
Quanto all'ulteriore soluzione secondo cui entrambe le im
prese sarebbero escluse dalle gare in attesa della emanazione
dell'atto amministrativo (sub d) — che è quella alla quale con
gare di imprese cessionarie di complessi aziendali ovvero costituite a
seguito di fusioni, trasformazioni e scissioni, stabilisce l'applicazione ielle disposizioni della circolare del ministero dei lavori pubblici 2 ago sto 1985, n. 382, ma non menziona affatto né il d.m. n. 172 del 1989, lé la circolare n. 2411 del 1990, che pure hanno profondamente inno vato la regolamentazione del recupero dell'iscrizione, modificando, co ne precedentemente rilevato, l'invocata circolare n. 382. [A. Barone]
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
duce in definitiva la prospettazione ermeneutica della società
appellante — non può dubitarsi che da tale interpretazione con
seguirebbe la diminuzione del numero delle imprese concorren
ti, con la derivante limitazione della possibilità di scelta della
pubblica amministrazione; e potrebbero pertanto ingenerarsi fon
dati dubbi di legittimità costituzionale — cosi come afferma
la parte appellata — con riferimento alla possibile violazione
dei principi di eguaglianza, di libertà di iniziativa economica e di buon andamento e imparzialità amministrativa.
Ma ciò che più rileva è che lo stesso diritto positivo induce
a respingere tale tesi e ad accogliere la soluzione sub c), secon
do cui l'impresa — nel caso di specie — conferitaria, ha titolo
a partecipare alla gara sulla base dell'iscrizione posseduta dal
l'impresa conferente.
Come ha messo in rilievo il tribunale amministrativo, dal
l'art. 25 d.m., in esame, deriva il principio della continuità tra
l'iscrizione posseduta dall'avente causa rispetto a quella del dante
causa; il che si evince soprattutto dal 3° comma, là dove si
prevede la contestualità della decisione amministrativa relativa
all'iscrizione a favore della società richiedente rispetto alla can
cellazione dell'impresa che trasferisce le proprie iscrizioni.
E la coincidenza temporale della cancellazione rispetto alla
nuova iscrizione non avrebbe ragioni giustificatrici se non nel
senso della esclusione di soluzioni di continuità, quoad effec
tum, tra i due atti; ciò che, pertanto, non consente che possa
postularsi una fase di provvisoria inoperatività della iscrizione
in favore dell'impresa avente causa, una volta che sia stata pre sentata domanda di recupero.
Occorre invece ritenere che il «riconoscimento» del recupero
dell'iscrizione — cosi come significativamente si esprime il 2°
comma dell'art. 25 — operi nel senso di rendere definitivi gli effetti già prodotti all'atto del trasferimento.
D'altro canto, come pure ha rilevato il giudice di primo gra
do, sebbene in un ambito argomentativo diverso, il 2° comma
dell'art. 25 prevede che il recupero dell'iscrizione possa essere
riconosciuto «previa revisione, sulla base dei criteri di cui al
l'art. 18» del medesimo regolamento; articolo, quest'ultimo, che
disciplina, appunto, le modalità di revisione delle iscrizioni sen
za contemplare alcun effetto sospensivo conseguente all'instau
rarsi del procedimento. Apparirebbe pertanto illogico prevedere
degli effetti sospensivi in relazione all'instaurarsi di un procedi mento che si compone di un sub-procedimento, il quale, allor
ché viene autonomamente instaurato, non produce effetti so
spensivi dell'iscrizione. Né, del resto, gli ulteriori accertamenti
da svolgersi previsti dall'art. 25 appaiono di tale rilevanza da
imporre una sospensione temporanea degli effetti dell'iscrizio
ne, ben potendo utilizzarsi, in tal caso, come si è visto, il mec
canismo della condizione risolutiva, secondo cui il trasferimen
to è idoneo a produrre immediatamente effetto, salva l'eventua
le deliberazione negativa sulla domanda di recupero da parte
dell' amministrazione.
Senonché la società appellante obietta che l'iscrizione all'albo
determina a favore dell'impresa una legittimazione speciale a
concorrere alle gare di appalto, legittimazione che costituisce
10 specifico effetto additivo di un provvedimento amministrati
vo; da ciò deriverebbe che l'abilitazione conseguente ad un prov
vedimento amministrativo reso ad personam non costituisce una
situazione giuridica soggettiva trasmissibile tra privati per atto
inter vivos o mortis causa; in particolare, poi, in sede di discus
sione orale, la Pai strade ha sostenuto che il provvedimento con cui l'amministrazione dispone l'iscrizione all'albo è da qua
lificarsi quale accertamento costitutivo, idoneo ad attribuire uno
status, e pertanto gli effetti di tale atto amministrativo non po
trebbero mai rientrare nell'automatismo degli effetti successori
del diritto civile, poiché è necessario portare il fatto a conoscen
za della pubblica amministrazione.
Al riguardo, è appena il caso di precisare che, dopo il d.m.
n. 172 del 1989, non può più dubitarsi dell'ammissibilità in via
generale del trasferimento dell'iscrizione all'albo — in presenza
dei presupposti stabiliti dal decreto medesimo — e che pertanto
l'unica questione che può porsi è se l'impresa — nel caso di
11 Foro Italiano — 1994.
specie — conferitaria possa partecipare alla gara una volta che
abbia presentato la relativa domanda di recupero dell'iscrizione
e prima del provvedimento formale dell'amministrazione; que
stione, quindi, non di ammissibilità in astratto della trasmissibi
lità della situazione giuridica ma esclusivamente di individua
zione delle concrete modalità operative di tale trasferimento.
Ciò premesso, è noto al collegio che, secondo un orientamen
to dottrinale che ha trovato conferma in talune decisioni giuris
prudenziali (si veda, ad esempio, la risalente decisione di questo
consiglio, sez. IV 7 dicembre 1945, n. 154), «l'iscrizione all'al
bo viene a creare nell'iscritto uno speciale status che è ricono
scimento e affermazione della capacità alle pubbliche gare e alle
licitazioni private». Non v'è dubbio al riguardo, che se tale orientamento fosse
da condividere, dovrebbe necessariamente concludersi nel senso
che l'autonomia privata non possa incidere unilateralmente in
alcun modo sugli effetti della iscrizione (e tantomeno prima del
formale provvedimento dell'amministrazione), poiché, come è
noto, una delle caratteristiche degli status è che il soggetto tito
lare non è attributario di alcun potere di acquisto, di disposizio ne o di rinuncia.
Ma, a ben vedere, tale orientamento non è da condividere.
In primo luogo, difatti, ed al di là della circostanza che tale
natura giuridica, per quanto si è detto, sembra superata dalla
sempre più recente normativa che prevede espressamente il tra
sferimento dell'iscrizione, appare discutibile che dall'iscrizione
medesima possa discendere l'attribuzione di uno status in senso
proprio, tale atto dando vita, invece, alla attribuzione di una
mera qualità giuridica di carattere personale.
Ciò in quanto, se si vuole attribuire alla nozione di status
un proprio peculiare rilievo, che non la stemperi nel ricompren dere qualsiasi sorta di qualità giuridica, occorre delimitare la
stessa a quelle qualità afferenti la persona, che si pongono co
me presupposto per l'applicazione di una serie di norme, ma
che danno luogo, però, a situazioni soggettive di diritto-dovere.
Caratteristica, quest'ultima che certamente non è propria del
l'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori.
D'altro canto, va anche sottolineato che può seriamente du
bitarsi che tale iscrizione presupponga un accertamento in senso
proprio, poiché, secondo una diffusa impostazione teorica, oc
correrebbe a tal fine una situazione iniziale di incertezza obietti
va, che non pare possa essere ravvisata quale effettivo presup
posto dell'iscrizione all'albo; la cui caratterizzazione teologica
appare piuttosto consistere, in via esclusiva, in una abilitazione
dell'impresa alla gara, e, pertanto, nella costituzione in un fatto
di legittimazione per l'ammissione agli appalti (Cons. Stato, sez.
V, 14 maggio 1968, n. 605, Foro it., Rep. 1968, voce Opere
pubbliche, n. 45). Ciò senza contare che, nel caso in esame, come si è detto,
non si discute degli effetti dell'iscrizione — la cui qualificazione
in termini di c.d. accertamento costitutivo è comunque da esclu
dere, per quanto si è detto — ma, più semplicemente, degli effetti del «recupero» dell'iscrizione medesima che, a norma del
2° comma dell'art. 25, è semplicemente «riconosciuta»; con ciò
escludendosi che da tale provvedimento discendano effetti co
stitutivi in senso proprio.
Pertanto, non pare che possano sussistere ostacoli teorici e
che l'impresa che abbia presentato domanda di recupero di cui
all'art. 25 possa essere ammessa ai pubblici appalti, ovviamente
sotto condizione risolutiva della deliberazione negativa sulla do
manda di recupero dell'iscrizione, secondo quanto si è sopra
esposto. Va altresì' condivisa la considerazione contenuta nella decisio
ne impugnata secondo cui l'ammissione alla gara da parte del
l'impresa che abbia avviato la procedura di recupero non può
ritenersi preclusa dalla circolare ministeriale dell'11 aprile 1990,
n. 2411, la quale, nel commentare l'art. 27 del decreto, esclude
la possibilità di trasferimento dell'iscrizione attraverso semplici
elementi presuntivi, ipotesi prevista dalla circolare n. 383 del
2 agosto 1985, «in quanto tale fattispecie rientra nei casi di
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PARTE TERZA
recupero di iscrizione diversamente regolamentati dall'art. 25».
Ciò in quanto tale circolare mira ad escludere il rilievo di
elementi presuntivi nel momento in cui si provvede all'iscrizione
dell'impresa avente causa — secondo quanto avveniva in prece denza — ma non affronta la diversa questione della partecipa zione di detta impresa alle gare nelle more della procedura di
retta al recupero. Né può accedersi alla tesi dell'appellante secondo la quale
si potrebbe prescindere nella prospettiva della legittimazione me
dio tempore della impresa, da una presunzione di idoneità ad
ottenere l'iscrizione, poiché, come sopra si è visto, la legittima zione interinale dell'impresa alla gara non si fonda su presun zioni ma sulla continuità sancita dall'art. 25 dell'impresa avente
causa rispetto a quella dante causa.
L'appello, pertanto, va respinto.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 4 marzo 1993,
n. 238; Pres. Quartulli, Est. Numerico; Commissione di
controllo regione Lazio (Avv. dello Stato Cocco) c. Regione Lazio (Aw. Scoca, Chiappetti). Conferma Tar Lazio, sez.
I, 10 maggio 1990, n. 469.
Atto amministrativo — Atto collegiale — Maggioranza qualifi cata — «Quorum» funzionale — Mancata determinazione di
«quorum» strutturale — Autonomia (L. reg. Lazio 28 feb
braio 1980 n. 17, istituzione del difensore civico, art. 7).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Candidato
alla carica di difensore civico — Mancata verifica preventiva — Irrilevanza (L. reg. Lazio 28 febbraio 1980 n. 17, art. 8).
È legittima la deliberazione del consiglio regionale adottata a
maggioranza assoluta dopo che nei tre scrutini precedenti non
era stato possibile raggiungere la maggioranza qualificata dei
tre quarti richiesta, anche se non hanno partecipato al voto
i tre quarti degli aventi diritto. (1)
(1) La sentenza di primo grado, ora confermata, Tar Lazio, sez. I, 10 maggio 1990, n. 469, massimata in Foro it., Rep. 1991, voci Atto
amministrativo, n. 93 e Regione, n. 130, è riportata in Foro amm., 1990, 2842.
Sugli organi collegiali e sui rapporti fra quorum costitutivo e quorum deliberativo, cfr. Corte conti 10 dicembre 1991, n. 114, Foro it., 1992,
III, 483, con nota di richiami.
Sul computo degli astenuti rispetto alla sussistenza del quorum fun
zionale, cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 5 settembre 1991, n.
538, id., Rep. 1991, voce Atto amministrativo, n. 96 (gli astenuti —
abbiano o meno dichiarato di astenersi — devono essere computati nel
la formazione del quorum funzionale, dovendo gli stessi essere conside
rati non degli indifferenti bensì come membri che non approvano la
proposta medesima).
Sull'ipotesi inversa di determinazione del solo quorum costitutivo ed assenza di una previsione circa il quorum deliberativo, cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 1991, n. 539, ibid., voce Sanità pubblica, n. 140 (vali dità delle deliberazioni assunte a maggioranza assoluta dei componenti
presenti alla seduta, a condizione che sia rispettato il quorum strutturale). Per il momento nel quale deve essere valutata la sussistenza del quo
rum strutturale, cfr. Trib. Milano 11 aprile 1988, id., Rep. 1988, voce
Società, n. 375 (il quorum costitutivo deve sussistere solo in sede di costituzione dell'assemblea e non anche al momento della votazione; la sussistenza del quorum deliberativo va invece accertata in sede di
votazione). In dottrina, cfr. Rizzo, Brevi notazioni sui sistemi e i modi di vota
zione degli organi collegiali amministrativi e delle assemblee parlamen tari, in Ammin. it., 1984, 661.
Il Foro Italiano — 1994.
È legittima la designazione di un candidato alla carica di difen
sore civico che non sia stata preceduta dalla verifica delle even
tuali situazioni di incompatibilità previste dalla legge, in quanto
tale verifica va compiuta unicamente in riferimento al sogget
to eletto alla carica suddetta e non rileva al momento della
designazione. (2)
Diritto. — (Omissis). L'impugnativa è, dal canto suo, infon
data nel merito.
Il primo profilo d'appello tratta il tema del quorum per l'a
dunanza di un collegio amministrativo.
A tal proposito, non si può ascrivere alla sentenza censurata
di aver mal compreso la 1. reg. Lazio 28 febbraio 1980 n. 17,
sull'elezione del difensore civico, laddove, all'art. 7, 2° e 3°
comma, fissa i quorum dei tre quarti per le prime tre votazioni
e quello della maggioranza assoluta per la quarta.
Proprio la lettera della legge, cui la difesa pubblica intende
«agganciarsi», appare chiara nello stabilire dei semplici quorum
funzionali, validi solamente per le votazioni e non anche per
la strutturazione e la legittimazione dell'organo.
Rettamente il Tar richiama in argomento il diverso scopo dei
quorum strutturale e funzionale nell'attività degli organi colle
giali, il primo operante sulla validità della seduta ed il secondo
sulla validità dell'espressione della volontà deliberativa; è stato
altrimenti detto che il primo fonda le proprie ragioni sul feno
meno della «collaborazione» ed il secondo su quello del «con
senso» nelle votazioni.
Dalla diversità dei due istituti, riscontrabile sia a livello ope
rativo che razionale, il primo giudice trae la convinzione, qui
condivisa, che i distinti «numeri legali» possano essere differen
temente fissati, e diversamente calcolati e siano verificabili in
momenti diversi.
In sostanza, il quorum strutturale deve essere stabilito testual
mente e particolarmente, perché se questo non avviene, vige
la regola — ripresa anche nello statuto regionale (ed il Tar si
è limitato a cogliere l'adesione a quella regola generale anche
in seno alle disposizioni statutarie, senza alcuna ultrapetizione,
ma con semplice argomentazione rafforzativa) — della maggio
ranza assoluta dei componenti del collegio.
Nella specie, si ribadisce, questa testuale statuizione è mancata.
D'altronde, viste le conseguenze prodotte sulla validità delle
deliberazioni, una speciale strutturazione minima del collegio,
(2) Sull'impossibilità della verifica dell'eleggibilità (o della compati bilità con la carica) anteriormente od indipendentemente dall'elezione
del soggetto interessato, cfr. Cass. 19 maggio 1992, n. 5986, Foro it.,
Rep. 1992, voce Elezioni, n. 170.
Sulla differenza fra ineleggibilità ed incompatibilità, cfr., da ultimo, Trib. Nicosia 8 agosto 1990, ibid., n. 124 (l'ineleggibilità attiene a con
dizioni soggettive che ostano all'esercizio del diritto di elettorato passi
vo, mentre l'incompatibilità attiene ad una condizione dell'eletto che — ove non rimossa nelle forme e nei termini di legge — impedisce il mantenimento del raggiunto risultato elettorale).
Sull'incompatibilità dell'incarico di difensore civico con il mandamento
di consigliere comunale, cfr. Tar Lombardia, sez. Brescia, 4 luglio 1992,
796, ibid., voce Comune, n. 373.
Sull'insindacabilità dei motivi della lite pendente con il comune che
costituisca come causa di incompatibilità, cfr. Cass. 16 febbraio 1991, n. 1666, id., 1992, I, 865, con nota di richiami.
Sulla trasformazione automatica delle condizioni di ineleggibilità che
sopravvengano nel corso del mandato in cause di incompatibilità ostati
ve alla permanenza in carica, cfr. Cons, giust. amm. sic. 19 marzo
1991, n. 88, id., Rep. 1992, voce Sicilia, n. 96.
Sui termini per la rimozione tempestiva delle cause di incompatibili
tà, cfr. Trib. Genova 20 luglio 1990, id., Rep. 1991, voce Elezioni, n. 123.
Sull'inidoneità di una rinuncia limitata nel tempo ad eliminare le si
tuazioni di incompatibilità, cfr. Tar Puglia, sez. Lecce, 25 ottobre 1989, n. 811, id., Rep. 1990, voce Comune, n. 225.
Sul difensore civico, cfr. Tar Liguria, sez. II, 18 febbraio 1992, n.
24, id., 1993, III, 535, con nota di Aibenzio, Appunti sul difensore civico regionale nella prospettiva di una sua riforma.
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