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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione VI; decisione 16 marzo 1993, n. 247; Pres....

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sezione VI; decisione 16 marzo 1993, n. 247; Pres. Gessa, Est. Torsello; Soc. Pal Strade (Avv. Pellegrino) c. Soc. Cogene (Avv. Loiodice) e altro. Conferma Tar Puglia, sez. Lecce, 18 settembre 1991, n. 558 Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994), pp. 177/178-183/184 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188320 . Accessed: 28/06/2014 17:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.35 on Sat, 28 Jun 2014 17:49:43 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 16 marzo 1993, n. 247; Pres. Gessa, Est. Torsello; Soc. Pal Strade (Avv.Pellegrino) c. Soc. Cogene (Avv. Loiodice) e altro. Conferma Tar Puglia, sez. Lecce, 18 settembre1991, n. 558Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 177/178-183/184Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188320 .

Accessed: 28/06/2014 17:49

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

un discorso completamente diverso deve farsi in presenza di un

problema attinente alla competenza funzionale inderogabile, in

rapporto al quale il tribunale deve comportarsi come farebbe

di fronte ad una questione di giurisdizione, tanto più se, come

nella fattispecie in esame, si tratta di un organo giurisdizionale destinato ad occuparsi di controversie caratterizzate per defini

zione da inevitabili risvolti pubblicistici. Ben poco vi è da aggiungere, a questo punto. Che si tratti di un'ipotesi di competenza funzionale inderoga

bile (come quella, anch'essa esclusiva, prevista sempre per il

Tar del Lazio, dall'art. 33 della recente 1. n. 287 del 1990, tute

lante la libera concorrenza tra le imprese nel mercato), lo si

desume — oltre che da quanto si è detto — soprattutto dalla

«perentorietà» delle disposizioni di cui al 1° e 2° comma del

cit. art. 4: «Tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono

adottati . . . contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso

in primo grado al Tribunale amministrativo regionale del Lazio

per motivi di legittimità». Come si vede, il legislatore ha usato un «tono» che non am

mette né repliche, né eccezioni, come quelle prospettate nelle

spesso citate note d'udienza del 12 gennaio 1993.

Che il cit. art. 4, inoppugnabilmente onnicomprensivo, non

debba riferirsi anche al provvedimento di diniego di correspon sione dell'eventuale indennità di missione (richiesta dal ricor

rente) è interpretazione che prescinde totalmente dal dato te

stuale e da quello logico della 1. n. 74 del 1990, che ha semplice mente e senza inutili eccezioni, voluto accentrare tutto il

contenzioso in questione (riguardante i magistrati ordinari per tutto il loro rapporto d'impiego) presso il tribunale amministra

tivo della capitale, operante nella stessa sede del Consiglio su

periore e del ministero di grazia e giustizia, autore del provvedi mento qui impugnato, mentre del tutto ininfluente è, al riguar

do, ogni richiamo alla sentenza n. 189 del 1992 della Corte

costituzionale (Foro it., 1992, I, 2033), che milita anzi in senso

contrario alle tesi del ricorrente e si è occupata dell'art. 4 1.

n. 74 del 1990, quanto all'intera materia devoluta al Tar del

Lazio (v. sent. Corte cost, cit., parte in diritto, punto 1.2, ulti

ma frase) e non in rapporto a singoli provvedimenti come quel lo in esame, che, tra l'altro, potrebbe in ipotesi essere adottato

per tutti i magistrati ordinari versanti in analoga situazione, con

il verificarsi proprio di quella situazione generalizzata che la

stessa difesa del ricorrente sembra ritenere idonea a far radicare

la competenza funzionale del Tar del Lazio.

La sentenza della Corte costituzionale, cit., ha ritenuto costi

tuzionalmente giustificata la concentrazione, nella competenza di tale tribunale, dei ricorsi contro le deliberazioni del Consiglio

superiore della magistratura (trasfuse in decreti ministeriali), per

motivi i cui caratteri devono essere posti in evidenza: perché

attengono a criteri assai diversi da quelli di collegamento terri

toriale, sulla cui base il legislatore del 1971 aveva distribuito

la competenza tra i vari tribunali amministrativi regionali. La sentenza (e prima ancora, ovviamente, la norma della cui

costituzionalità si è dubitato, e chi l'ha formulata), infatti, si

è basata sui due principali fattori già rilevati: le peculiarità della

posizione costituzionale del Consiglio superiore della magistra tura e dello status di magistrato sul quale le deliberazioni inci

dono; e, quindi, ha valorizzato ragioni che, in buona sostanza,

possono sintetizzarsi nella importanza e nella delicatezza delle

questioni dei ricorsi sollevate. Cui, a ben guardare, può essere

accostato pure un terzo elemento ugualmente accennato in mo

tivazione, seppure apoditticamente e quasi di sfuggita: l'esigen

za «. . . largamente avvertita circa l'uniformità della giurispru

denza fin dalle pronunce di primo grado . . .»; nessun favore

per il pluralismo delle opinioni, infatti, può arrivare a far con

siderare un bene in sé i contrasti di giurisprudenza che sono

inevitabile conseguenza della distribuzione della competenza su

identiche questioni tra organi giurisdizionali di pari grado: è ovvio, allora, che la costituzionalità della concentrazione di quei

ricorsi, e, almeno fino a questo momento, solo di quei ricorsi

(e di quelli di cui all'art. 33 1. n. 287 del 1990), nella competen

za del Tar del Lazio non può che riconnettersi alla rilevanza

Il Foro Italiano — 1994.

veramente singolare, di quel che non può essere altro, appunto, che la loro importanza e delicatezza.

Una volta che, tra le controversie affidate ad un ordine giuris

dizionale, si vengano a percepire distinzioni basate sul diverso

livello della loro importanza e delicatezza, allora diventa natu

rale anche cercare corrispondenti differenziazioni di livelli tra

gli organi appartenenti a quell'ordine, in base alla loro diversa

capacità di decidere, e, quindi, secondo parametri (cui si è ac

cennato) tra i quali distribuire la competenza su quelle contro

versie, naturalmente seguendo linee correlate. È soprattutto per

esigenze del genere che, nella giurisdizione ordinaria, è distri

buita la competenza di un medesimo primo grado tra organi che pur debbano valutarsi di livello diverso dal punto di vista

suddetto: come è già dimostrato in modo patente, limitando

la considerazione ai soli giudici civili, dalla distinzione per valo

re della competenza, appunto in primo grado, tra conciliatore

(adesso giudice di pace), pretore e tribunale. È possibile traccia

re distinzioni del genere tra i giudici amministrativi?

La legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali ha

risposto di no: concentrando tutto il contenzioso di primo gra do in questi tribunali, distribuendo tra di loro la competenza secondo indici di collegamenti territoriali, senza attribuire rile

vanza alla importanza e delicatezza delle questioni da essi giudi

cate, e, soprattutto, escludendo il carattere di inderogabilità di

quella competenza. La disposizione che ha concentrato nel Tar per il Lazio il

contenzioso sulle deliberazioni del Consiglio superiore della ma

gistratura (trasfuse in d.m.), per le ragioni che si sono accenna

te, viceversa, sembra aver risposto di si: soprattutto attribuendo

caratteri di inderogabilità a questa competenza del Tar del La

zio. Per questo è parsa di grande importanza: di una importan za che trascende la singola ipotesi pur rilevante cosi' disciplina

ta, perché può proiettare la sua influenza, con molta ampiezza e incisività, su quel che potrebbe essere una linea di evoluzione

del ruolo dei diversi giudici amministrativi, s'intende nel senso

di una differenziazione del ruolo stesso, già confermata, come

si è visto, dall'art. 33, 1° comma, 1. n. 287 del 1990.

È poi appena il caso di ricordare che nessun rilievo può in

proposito avere il fatto che le sentenze del Tar di Bologna citate

siano passate in giudicato e siano state eseguite.

Conclusivamente, sollevando d'ufficio la questione, questo tri

bunale non può che dichiararsi funzionalmente incompetente, ex art. 4 1. n. 74 del 1990, che ha modificato l'art. 17, 2° com

ma, 1. n. 195 del 1958, precludendosi cosi ogni esame del merito

della vicenda.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 16 marzo 1993,

n. 247; Pres. Gessa, Est. Torsello; Soc. Pai Strade (Avv.

Pellegrino) c. Soc. Cogene (Aw. Loiodice) e altro. Confer ma Tar Puglia, sez. Lecce, 18 settembre 1991, n. 558.

Opere pubbliche — Appalto — Albo nazionale dei costruttori — Iscrizione — Conferimento aziendale — Procedura di re

cupero — Gara — Partecipazione — Ammissibilità (D.m. 9

marzo 1989 n. 172, approvazione del regolamento per l'at

tuazione della normativa in materia di albo nazionale dei co

struttori, art. 25).

La società, cui un'impresa individuale abbia conferito il proprio

complesso aziendale, è legittimata a partecipare ad una gara

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PARTE TERZA

d'appalto pubblico nelle more della procedura di recupero della iscrizione all'albo nazionale costruttori posseduta dalla

conferente. (1)

(1) La sentenza, ora confermata, Tar Puglia, sez. Lecce, 18 settembre

1991, n. 558, è massimata in Foro it., Rep. 1992, voce Opere pubbli che, n. 136.

Il Consiglio di Stato enuncia il principio riassunto in massima facen

do leva essenzialmente sull'art. 25 d.m. 9 marzo 1989 n. 172 che, al

1° comma, prescrive, nell'ipotesi di decesso del titolare di impresa indi

viduale, ovvero nel caso di fusione, di conferimento — come nella fatti

specie — o di cessione del complesso aziendale, il recupero totale o

parziale dell'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori posseduta dal

l'impresa dante causa a favore dell'(impresa) avente causa (che sia) prov vista dei necessari requisiti (sulla imprescindibilità dei quali, con riguar do a fattispecie di cessione di ramo di azienda, Tar Lazio, sez. Ili, 21 novembre 1989, n. 1976, id., Rep. 1991, voce cit., n. 124).

Pur non contenendo una previsione esplicitamente ammissiva, infat

ti, il citato art. 25, secondo la decisione in epigrafe deve essere interpre tato nel senso di attribuire la legittimazione interinale (sottoposta, ov

viamente, alla condizione risolutiva della deliberazione negativa sulla

domanda di recupero dell'iscrizione) all'impresa conferitaria che abbia

già avviato la procedura di recupero; invero, la ratio della «contestuali

tà» (sancita dal 3° comma) della decisione amministrativa relativa all'i scrizione a favore della società richiedente rispetto alla cancellazione

dell'impresa «conferente» — identificabile, a parere della sesta sezione, nella esclusione di soluzioni di continuità, quoad effectum, tra i due

atti — non consente la provvisoria inoperatività della iscrizione dell'im

presa conferitaria la quale abbia presentato istanza per il recupero. D'altro

canto, poiché il 2° comma del ripetuto art. 25 dispone che lo stesso

(recupero) possa essere riconosciuto previa revisione dell'iscrizione pos seduta dall'impresa dante causa effettuata sulla base dei criteri stabiliti

dall'art. 18, il cui dettato non ricollega alcun effetto sospensivo all'in

staurazione del relativo procedimento, apparirebbe «illogico prevedere effetti sospensivi in relazione all'instaurarsi di un procedimento che si

compone di un sub-procedimento il quale, allorché viene autonoma mente instaurato, non produce effetti sospensivi dell'iscrizione».

E la soluzione adottata, secondo il Consiglio di Stato, oltre a rivelarsi

coerente con la natura propria dell'iscrizione all'albo nazionale dei co

struttori, di requisito di legittimazione all'ammissione agli appalti pub blici (in tal senso, oltre a Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 1968, n. 605,

id., Rep. 1968, voce cit., n. 45, v., di recente, Cons. Stato, sez. VI, 2 dicembre 1991, n. 961, id., Rep. 1992, voce cit., 283 e sez. V 11

aprile 1991, n. 517, id., 1993, III, 402; sul punto v. anche Tar Sicilia, sede Catania, sez. I, 5 giugno 1991, n. 401, id., Rep. 1992, voce cit., n. 137, per il quale l'iscrizione assicura, nell'interesse pubblico del buon

esito dei contratti degli enti pubblici, la realizzazione di opere pubbliche da parte di imprese particolarmente specializzate) trasferibile ai sensi

dell'art. 25 d.m. n. 172, non può ritenersi preclusa dalla circolare del ministero dei lavori pubblici 11 aprile 1990, n. 2411, Le leggi, 1990, II, 201 — impeditiva della utilizzabilità ai fini del trasferimento dell'i

scrizione degli elementi presuntivi previsti dalla circolare del medesimo ministero 2 agosto 1985, n. 382 — che non affronta la diversa questio ne della ammissione alle gare dell'impresa conferitaria (non iscritta al

l'albo) prima del perfezionamento della procedura di recupero. Sull'argomento, in dottrina, v. Laurini, A proposito del recupero

dell'iscrizione all'albo nazionale costruttori nel passaggio dall'impresa edile individuale all'impresa collettiva, in Riv. not., 1990, 87, spec. 90, che, sia pur non esplicitamente, sembrerebbe propendere per la tesi ac colta nella decisione in rassegna. Contra, Virga, Le modificazioni sog gettive nell'appalto di opere pubbliche, Milano, 1990, 139-140, argo mentando dalla soppressione, per effetto della circolare 2411/90, della

possibilità di operare il trasferimento sulla base di semplici presunzioni prevista dalla circolare n. 382 del 1985.

Per una ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sul tema dell'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori in tutte le sue

implicazioni, v. Mastelloni, L'iscrizione all'albo nazionale dei costrut tori: natura e «trasferibilità» (nota a Tar Lazio, sez. I, 9 settembre

1987, n. 1445, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 103, riguardante la

disciplina del recupero in epoca anteriore all'emanazione del d.m. n.

172), in Riv. trim, appalti, 1989, 487. Da segnalare infine, sul versante legislativo, che l'art. 8, 10° comma,

1. 11 febbraio 1994 n. 109, «legge quadro in materia di lavori pubblici» (Le leggi, 1994, I, 757), ha disposto che «a decorrere dal 1° gennaio 1997 è abrogata la 1. 1° febbraio 1962 n. 57», istitutiva dell'albo nazio nale costruttori. Peraltro, ed è una circostanza piuttosto curiosa, l'art.

35, 4° comma, della stessa 1. n. 109, nel disciplinare l'ammissione alle

Il Foro Italiano — 1994.

Diritto. — Secondo l'art. 25 d.m. dei lavori pubblici n. 172

del 9 marzo 1989, nell'ipotesi di decesso del titolare di impresa

individuale, ovvero nel caso di fusione, di conferimento — co

me nella fattispecie in esame — o di cessione del complesso

aziendale, è ammesso il recupero totale o parziale dell'iscrizione

all'albo nazionale dei costruttori a favore dell'impresa avente

causa. Peraltro, tale disposizione non contiene alcuna espressa

previsione riguardante la possibilità o meno, per una impresa

che abbia iniziato la procedura del c.d. recupero, di partecipare alle gare nelle more dell'emanazione del provvedimento di

iscrizione.

Giova al riguardo premettere che — come osserva anche la

società appellante — la legge istitutiva dell'albo (1. 10 febbraio

1962 n. 57) non conteneva alcuna norma che consentisse il tra

sferimento dell'iscrizione da una impresa ad un'altra, né la pos

sibilità per l'impresa che avesse presentato l'istanza di iscrizio

ne, di partecipare alle gare; senonché la prassi amministrativa

e le circolari ministeriali, al fine di evitare un restringimento del confronto concorrenziale, consentirono tale trasferimento

nonché l'ammissione alle gare dell'impresa avente causa nel pe

riodo ricompreso tra la variazione soggettiva e il successivo prov

vedimento di iscrizione; ciò anche in relazione alla circostanza

che l'intervento dell'amministrazione si esprimeva in una sem

plice presa d'atto della modificazione intervenuta, né si era mai

verificato il caso di provvedimenti di rigetto di richieste, una

volta accertata la regolarità della documentazione (in tal caso

la circolare del min. lavori pubblici 2 agosto 1985, n. 382). In tali evenienze, in particolare, l'amministrazione presumeva

che l'impresa conferitaria — per restare alla fattispecie in esa

me — avesse la stessa idoneità ad operare nel settore dei pubbli ci appalti in precedenza riconosciuta alla ditta conferente e, sul

la base di tale presunzione, consentiva il recupero integrale del

la iscrizione.

Con l'entrata in vigore del decreto ministeriale suddetto ed

in presenza della recezione normativa dell'istituto del c.d. recu

pero dell'iscrizione, si pone la questione se l'impresa conferita

ria possa avvalersi dell'iscrizione posseduta dall'impresa confe

rente prima del relativo provvedimento, una volta avviata la

procedura prevista dall'art. 25.

Al riguardo appare da condividere la soluzione delineata dal

giudice di primo grado, dopo attenta e approfondita disamina

del dato normativo, secondo cui l'impresa conferitaria, nelle

more della procedura di c.d. recupero della iscrizione all'albo,

ha titolo a partecipare alle gare pubbliche. Osserva in merito il collegio che, nella fattispecie sopra de

scritta, sarebbero in astratto ammissibili quattro soluzioni:

a) che, in attesa della conclusione del procedimento ammini

strativo di «recupero», possa partecipare alla gara l'impresa dante

causa;

b) che possano partecipare sia l'impresa dante causa che quella avente causa;

c) che possa partecipare l'impresa avente causa;

d) che, infine, non possa partecipare né l'una né l'altra.

Esclusa evidentemente la accoglibilità della ipotesi sub b), poi ché due soggetti fruirebbero dalla medesima iscrizione (ipotesi

comunque implicitamente respinta dall'art. 25, 3° comma), va

anche rigettata quella sub a), poiché, in tal caso, si consentireb

be la partecipazione alla gara a favore di un soggetto che non

svolge più attività imprenditoriale nel settore.

Quanto all'ulteriore soluzione secondo cui entrambe le im

prese sarebbero escluse dalle gare in attesa della emanazione

dell'atto amministrativo (sub d) — che è quella alla quale con

gare di imprese cessionarie di complessi aziendali ovvero costituite a

seguito di fusioni, trasformazioni e scissioni, stabilisce l'applicazione ielle disposizioni della circolare del ministero dei lavori pubblici 2 ago sto 1985, n. 382, ma non menziona affatto né il d.m. n. 172 del 1989, lé la circolare n. 2411 del 1990, che pure hanno profondamente inno vato la regolamentazione del recupero dell'iscrizione, modificando, co ne precedentemente rilevato, l'invocata circolare n. 382. [A. Barone]

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

duce in definitiva la prospettazione ermeneutica della società

appellante — non può dubitarsi che da tale interpretazione con

seguirebbe la diminuzione del numero delle imprese concorren

ti, con la derivante limitazione della possibilità di scelta della

pubblica amministrazione; e potrebbero pertanto ingenerarsi fon

dati dubbi di legittimità costituzionale — cosi come afferma

la parte appellata — con riferimento alla possibile violazione

dei principi di eguaglianza, di libertà di iniziativa economica e di buon andamento e imparzialità amministrativa.

Ma ciò che più rileva è che lo stesso diritto positivo induce

a respingere tale tesi e ad accogliere la soluzione sub c), secon

do cui l'impresa — nel caso di specie — conferitaria, ha titolo

a partecipare alla gara sulla base dell'iscrizione posseduta dal

l'impresa conferente.

Come ha messo in rilievo il tribunale amministrativo, dal

l'art. 25 d.m., in esame, deriva il principio della continuità tra

l'iscrizione posseduta dall'avente causa rispetto a quella del dante

causa; il che si evince soprattutto dal 3° comma, là dove si

prevede la contestualità della decisione amministrativa relativa

all'iscrizione a favore della società richiedente rispetto alla can

cellazione dell'impresa che trasferisce le proprie iscrizioni.

E la coincidenza temporale della cancellazione rispetto alla

nuova iscrizione non avrebbe ragioni giustificatrici se non nel

senso della esclusione di soluzioni di continuità, quoad effec

tum, tra i due atti; ciò che, pertanto, non consente che possa

postularsi una fase di provvisoria inoperatività della iscrizione

in favore dell'impresa avente causa, una volta che sia stata pre sentata domanda di recupero.

Occorre invece ritenere che il «riconoscimento» del recupero

dell'iscrizione — cosi come significativamente si esprime il 2°

comma dell'art. 25 — operi nel senso di rendere definitivi gli effetti già prodotti all'atto del trasferimento.

D'altro canto, come pure ha rilevato il giudice di primo gra

do, sebbene in un ambito argomentativo diverso, il 2° comma

dell'art. 25 prevede che il recupero dell'iscrizione possa essere

riconosciuto «previa revisione, sulla base dei criteri di cui al

l'art. 18» del medesimo regolamento; articolo, quest'ultimo, che

disciplina, appunto, le modalità di revisione delle iscrizioni sen

za contemplare alcun effetto sospensivo conseguente all'instau

rarsi del procedimento. Apparirebbe pertanto illogico prevedere

degli effetti sospensivi in relazione all'instaurarsi di un procedi mento che si compone di un sub-procedimento, il quale, allor

ché viene autonomamente instaurato, non produce effetti so

spensivi dell'iscrizione. Né, del resto, gli ulteriori accertamenti

da svolgersi previsti dall'art. 25 appaiono di tale rilevanza da

imporre una sospensione temporanea degli effetti dell'iscrizio

ne, ben potendo utilizzarsi, in tal caso, come si è visto, il mec

canismo della condizione risolutiva, secondo cui il trasferimen

to è idoneo a produrre immediatamente effetto, salva l'eventua

le deliberazione negativa sulla domanda di recupero da parte

dell' amministrazione.

Senonché la società appellante obietta che l'iscrizione all'albo

determina a favore dell'impresa una legittimazione speciale a

concorrere alle gare di appalto, legittimazione che costituisce

10 specifico effetto additivo di un provvedimento amministrati

vo; da ciò deriverebbe che l'abilitazione conseguente ad un prov

vedimento amministrativo reso ad personam non costituisce una

situazione giuridica soggettiva trasmissibile tra privati per atto

inter vivos o mortis causa; in particolare, poi, in sede di discus

sione orale, la Pai strade ha sostenuto che il provvedimento con cui l'amministrazione dispone l'iscrizione all'albo è da qua

lificarsi quale accertamento costitutivo, idoneo ad attribuire uno

status, e pertanto gli effetti di tale atto amministrativo non po

trebbero mai rientrare nell'automatismo degli effetti successori

del diritto civile, poiché è necessario portare il fatto a conoscen

za della pubblica amministrazione.

Al riguardo, è appena il caso di precisare che, dopo il d.m.

n. 172 del 1989, non può più dubitarsi dell'ammissibilità in via

generale del trasferimento dell'iscrizione all'albo — in presenza

dei presupposti stabiliti dal decreto medesimo — e che pertanto

l'unica questione che può porsi è se l'impresa — nel caso di

11 Foro Italiano — 1994.

specie — conferitaria possa partecipare alla gara una volta che

abbia presentato la relativa domanda di recupero dell'iscrizione

e prima del provvedimento formale dell'amministrazione; que

stione, quindi, non di ammissibilità in astratto della trasmissibi

lità della situazione giuridica ma esclusivamente di individua

zione delle concrete modalità operative di tale trasferimento.

Ciò premesso, è noto al collegio che, secondo un orientamen

to dottrinale che ha trovato conferma in talune decisioni giuris

prudenziali (si veda, ad esempio, la risalente decisione di questo

consiglio, sez. IV 7 dicembre 1945, n. 154), «l'iscrizione all'al

bo viene a creare nell'iscritto uno speciale status che è ricono

scimento e affermazione della capacità alle pubbliche gare e alle

licitazioni private». Non v'è dubbio al riguardo, che se tale orientamento fosse

da condividere, dovrebbe necessariamente concludersi nel senso

che l'autonomia privata non possa incidere unilateralmente in

alcun modo sugli effetti della iscrizione (e tantomeno prima del

formale provvedimento dell'amministrazione), poiché, come è

noto, una delle caratteristiche degli status è che il soggetto tito

lare non è attributario di alcun potere di acquisto, di disposizio ne o di rinuncia.

Ma, a ben vedere, tale orientamento non è da condividere.

In primo luogo, difatti, ed al di là della circostanza che tale

natura giuridica, per quanto si è detto, sembra superata dalla

sempre più recente normativa che prevede espressamente il tra

sferimento dell'iscrizione, appare discutibile che dall'iscrizione

medesima possa discendere l'attribuzione di uno status in senso

proprio, tale atto dando vita, invece, alla attribuzione di una

mera qualità giuridica di carattere personale.

Ciò in quanto, se si vuole attribuire alla nozione di status

un proprio peculiare rilievo, che non la stemperi nel ricompren dere qualsiasi sorta di qualità giuridica, occorre delimitare la

stessa a quelle qualità afferenti la persona, che si pongono co

me presupposto per l'applicazione di una serie di norme, ma

che danno luogo, però, a situazioni soggettive di diritto-dovere.

Caratteristica, quest'ultima che certamente non è propria del

l'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori.

D'altro canto, va anche sottolineato che può seriamente du

bitarsi che tale iscrizione presupponga un accertamento in senso

proprio, poiché, secondo una diffusa impostazione teorica, oc

correrebbe a tal fine una situazione iniziale di incertezza obietti

va, che non pare possa essere ravvisata quale effettivo presup

posto dell'iscrizione all'albo; la cui caratterizzazione teologica

appare piuttosto consistere, in via esclusiva, in una abilitazione

dell'impresa alla gara, e, pertanto, nella costituzione in un fatto

di legittimazione per l'ammissione agli appalti (Cons. Stato, sez.

V, 14 maggio 1968, n. 605, Foro it., Rep. 1968, voce Opere

pubbliche, n. 45). Ciò senza contare che, nel caso in esame, come si è detto,

non si discute degli effetti dell'iscrizione — la cui qualificazione

in termini di c.d. accertamento costitutivo è comunque da esclu

dere, per quanto si è detto — ma, più semplicemente, degli effetti del «recupero» dell'iscrizione medesima che, a norma del

2° comma dell'art. 25, è semplicemente «riconosciuta»; con ciò

escludendosi che da tale provvedimento discendano effetti co

stitutivi in senso proprio.

Pertanto, non pare che possano sussistere ostacoli teorici e

che l'impresa che abbia presentato domanda di recupero di cui

all'art. 25 possa essere ammessa ai pubblici appalti, ovviamente

sotto condizione risolutiva della deliberazione negativa sulla do

manda di recupero dell'iscrizione, secondo quanto si è sopra

esposto. Va altresì' condivisa la considerazione contenuta nella decisio

ne impugnata secondo cui l'ammissione alla gara da parte del

l'impresa che abbia avviato la procedura di recupero non può

ritenersi preclusa dalla circolare ministeriale dell'11 aprile 1990,

n. 2411, la quale, nel commentare l'art. 27 del decreto, esclude

la possibilità di trasferimento dell'iscrizione attraverso semplici

elementi presuntivi, ipotesi prevista dalla circolare n. 383 del

2 agosto 1985, «in quanto tale fattispecie rientra nei casi di

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PARTE TERZA

recupero di iscrizione diversamente regolamentati dall'art. 25».

Ciò in quanto tale circolare mira ad escludere il rilievo di

elementi presuntivi nel momento in cui si provvede all'iscrizione

dell'impresa avente causa — secondo quanto avveniva in prece denza — ma non affronta la diversa questione della partecipa zione di detta impresa alle gare nelle more della procedura di

retta al recupero. Né può accedersi alla tesi dell'appellante secondo la quale

si potrebbe prescindere nella prospettiva della legittimazione me

dio tempore della impresa, da una presunzione di idoneità ad

ottenere l'iscrizione, poiché, come sopra si è visto, la legittima zione interinale dell'impresa alla gara non si fonda su presun zioni ma sulla continuità sancita dall'art. 25 dell'impresa avente

causa rispetto a quella dante causa.

L'appello, pertanto, va respinto.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 4 marzo 1993,

n. 238; Pres. Quartulli, Est. Numerico; Commissione di

controllo regione Lazio (Avv. dello Stato Cocco) c. Regione Lazio (Aw. Scoca, Chiappetti). Conferma Tar Lazio, sez.

I, 10 maggio 1990, n. 469.

Atto amministrativo — Atto collegiale — Maggioranza qualifi cata — «Quorum» funzionale — Mancata determinazione di

«quorum» strutturale — Autonomia (L. reg. Lazio 28 feb

braio 1980 n. 17, istituzione del difensore civico, art. 7).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Candidato

alla carica di difensore civico — Mancata verifica preventiva — Irrilevanza (L. reg. Lazio 28 febbraio 1980 n. 17, art. 8).

È legittima la deliberazione del consiglio regionale adottata a

maggioranza assoluta dopo che nei tre scrutini precedenti non

era stato possibile raggiungere la maggioranza qualificata dei

tre quarti richiesta, anche se non hanno partecipato al voto

i tre quarti degli aventi diritto. (1)

(1) La sentenza di primo grado, ora confermata, Tar Lazio, sez. I, 10 maggio 1990, n. 469, massimata in Foro it., Rep. 1991, voci Atto

amministrativo, n. 93 e Regione, n. 130, è riportata in Foro amm., 1990, 2842.

Sugli organi collegiali e sui rapporti fra quorum costitutivo e quorum deliberativo, cfr. Corte conti 10 dicembre 1991, n. 114, Foro it., 1992,

III, 483, con nota di richiami.

Sul computo degli astenuti rispetto alla sussistenza del quorum fun

zionale, cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 5 settembre 1991, n.

538, id., Rep. 1991, voce Atto amministrativo, n. 96 (gli astenuti —

abbiano o meno dichiarato di astenersi — devono essere computati nel

la formazione del quorum funzionale, dovendo gli stessi essere conside

rati non degli indifferenti bensì come membri che non approvano la

proposta medesima).

Sull'ipotesi inversa di determinazione del solo quorum costitutivo ed assenza di una previsione circa il quorum deliberativo, cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 1991, n. 539, ibid., voce Sanità pubblica, n. 140 (vali dità delle deliberazioni assunte a maggioranza assoluta dei componenti

presenti alla seduta, a condizione che sia rispettato il quorum strutturale). Per il momento nel quale deve essere valutata la sussistenza del quo

rum strutturale, cfr. Trib. Milano 11 aprile 1988, id., Rep. 1988, voce

Società, n. 375 (il quorum costitutivo deve sussistere solo in sede di costituzione dell'assemblea e non anche al momento della votazione; la sussistenza del quorum deliberativo va invece accertata in sede di

votazione). In dottrina, cfr. Rizzo, Brevi notazioni sui sistemi e i modi di vota

zione degli organi collegiali amministrativi e delle assemblee parlamen tari, in Ammin. it., 1984, 661.

Il Foro Italiano — 1994.

È legittima la designazione di un candidato alla carica di difen

sore civico che non sia stata preceduta dalla verifica delle even

tuali situazioni di incompatibilità previste dalla legge, in quanto

tale verifica va compiuta unicamente in riferimento al sogget

to eletto alla carica suddetta e non rileva al momento della

designazione. (2)

Diritto. — (Omissis). L'impugnativa è, dal canto suo, infon

data nel merito.

Il primo profilo d'appello tratta il tema del quorum per l'a

dunanza di un collegio amministrativo.

A tal proposito, non si può ascrivere alla sentenza censurata

di aver mal compreso la 1. reg. Lazio 28 febbraio 1980 n. 17,

sull'elezione del difensore civico, laddove, all'art. 7, 2° e 3°

comma, fissa i quorum dei tre quarti per le prime tre votazioni

e quello della maggioranza assoluta per la quarta.

Proprio la lettera della legge, cui la difesa pubblica intende

«agganciarsi», appare chiara nello stabilire dei semplici quorum

funzionali, validi solamente per le votazioni e non anche per

la strutturazione e la legittimazione dell'organo.

Rettamente il Tar richiama in argomento il diverso scopo dei

quorum strutturale e funzionale nell'attività degli organi colle

giali, il primo operante sulla validità della seduta ed il secondo

sulla validità dell'espressione della volontà deliberativa; è stato

altrimenti detto che il primo fonda le proprie ragioni sul feno

meno della «collaborazione» ed il secondo su quello del «con

senso» nelle votazioni.

Dalla diversità dei due istituti, riscontrabile sia a livello ope

rativo che razionale, il primo giudice trae la convinzione, qui

condivisa, che i distinti «numeri legali» possano essere differen

temente fissati, e diversamente calcolati e siano verificabili in

momenti diversi.

In sostanza, il quorum strutturale deve essere stabilito testual

mente e particolarmente, perché se questo non avviene, vige

la regola — ripresa anche nello statuto regionale (ed il Tar si

è limitato a cogliere l'adesione a quella regola generale anche

in seno alle disposizioni statutarie, senza alcuna ultrapetizione,

ma con semplice argomentazione rafforzativa) — della maggio

ranza assoluta dei componenti del collegio.

Nella specie, si ribadisce, questa testuale statuizione è mancata.

D'altronde, viste le conseguenze prodotte sulla validità delle

deliberazioni, una speciale strutturazione minima del collegio,

(2) Sull'impossibilità della verifica dell'eleggibilità (o della compati bilità con la carica) anteriormente od indipendentemente dall'elezione

del soggetto interessato, cfr. Cass. 19 maggio 1992, n. 5986, Foro it.,

Rep. 1992, voce Elezioni, n. 170.

Sulla differenza fra ineleggibilità ed incompatibilità, cfr., da ultimo, Trib. Nicosia 8 agosto 1990, ibid., n. 124 (l'ineleggibilità attiene a con

dizioni soggettive che ostano all'esercizio del diritto di elettorato passi

vo, mentre l'incompatibilità attiene ad una condizione dell'eletto che — ove non rimossa nelle forme e nei termini di legge — impedisce il mantenimento del raggiunto risultato elettorale).

Sull'incompatibilità dell'incarico di difensore civico con il mandamento

di consigliere comunale, cfr. Tar Lombardia, sez. Brescia, 4 luglio 1992,

796, ibid., voce Comune, n. 373.

Sull'insindacabilità dei motivi della lite pendente con il comune che

costituisca come causa di incompatibilità, cfr. Cass. 16 febbraio 1991, n. 1666, id., 1992, I, 865, con nota di richiami.

Sulla trasformazione automatica delle condizioni di ineleggibilità che

sopravvengano nel corso del mandato in cause di incompatibilità ostati

ve alla permanenza in carica, cfr. Cons, giust. amm. sic. 19 marzo

1991, n. 88, id., Rep. 1992, voce Sicilia, n. 96.

Sui termini per la rimozione tempestiva delle cause di incompatibili

tà, cfr. Trib. Genova 20 luglio 1990, id., Rep. 1991, voce Elezioni, n. 123.

Sull'inidoneità di una rinuncia limitata nel tempo ad eliminare le si

tuazioni di incompatibilità, cfr. Tar Puglia, sez. Lecce, 25 ottobre 1989, n. 811, id., Rep. 1990, voce Comune, n. 225.

Sul difensore civico, cfr. Tar Liguria, sez. II, 18 febbraio 1992, n.

24, id., 1993, III, 535, con nota di Aibenzio, Appunti sul difensore civico regionale nella prospettiva di una sua riforma.

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