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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione VI; decisione 25 maggio 1979, n. 384; Pres....

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Sezione VI; decisione 25 maggio 1979, n. 384; Pres. Levi Sandri, Est. De Lise; E.n.a.l. (Avv. G. Guarino), Federazione italiana palla tamburello (Avv. Todisco) c. Mosca Scipioni (Avv. Piaggio). Annulla T.A.R. Lazio, Sez. III, 21 marzo 1977, n. 140 Author(s): Rosario Ferrara Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980), pp. 185/186-195/196 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171148 . Accessed: 28/06/2014 13:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 13:12:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione VI; decisione 25 maggio 1979, n. 384; Pres. Levi Sandri, Est. De Lise; E.n.a.l. (Avv. G.Guarino), Federazione italiana palla tamburello (Avv. Todisco) c. Mosca Scipioni (Avv. Piaggio).Annulla T.A.R. Lazio, Sez. III, 21 marzo 1977, n. 140Author(s): Rosario FerraraSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 185/186-195/196Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171148 .

Accessed: 28/06/2014 13:12

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

di aggiornamento ai programmi, non porrebbe limiti alla effi

cienza dei programmi stessi. Con il ricorso in appello, la difesa

delle cooperative sostiene che il T.A.R. non avrebbe inteso il

senso della censura, con la quale in realtà era stato denunciato

il fatto che il comune fosse stato indotto ad attuare il piano di

zona « Laurentino 38 », nell'erroneo convincimento che esso fosse

compreso in un piano pluriennale efficace, procedendo quindi, in contrasto con l'art. 38, ult. comma, ad una proroga e non ad

un aggiornamento in base alle circostanze sopravvenute nel pro

gramma triennale.

I rilievi, pur sottilmente prospettati ed argomentati, non sono

fondati. Premesso, per evitare ogni equivoco, che la questione in

esame prescinde da ogni indagine su elementi di fatto, perché si

risolve interamente nel problema della rilevanza di un dato di

carattere giuridico (efficacia del programma triennale) sulla valu

tazione della legittimità del provvedimento di occupazione di ur

genza, osserva il collegio che il preteso erroneo convincimento

del comune costituisce una inammissibile indagine sulle intenzio

ni dell'autorità amministrativa, è doveroso, invece, supporre che

questa nella piena consapevolezza della realtà normativa già

diligentemente evidenziata dal giudice di primo grado, abbia fat

to riferimento al programma triennale, non perché costretta ad

attuarlo, ma perché convinta che fosse attualmente opportuno e

necessario procedere alla sua integrale realizzazione, portando a

compimento iniziative già intraprese. In questa situazione, com

porterebbe una mera discussione accademica la distinzione tra

proroga e aggiornamento del programma: se si riconosce che il

comune può disporre anche in assenza di un programma plu

riennale, non più obbligatorio ex lege, non ha più senso discu

tere se il riferimento a un programma già scaduto dia luogo a

una proroga o a un aggiornamento dello stesso, in quanto la

mancanza di quel connotato costituito dal termine di efficacia

rende irrilevante e giuridicamente insignificante la destinazione.

8. - Sempre in relazione al programma triennale, le coopera tive appellanti hanno censurato la sentenza impugnata per vio

lazione dell'art. 1 legge n. 247 del 1974, nonché per eccesso di

potere sotto i profili della violazione dei principi generali rela

tivi all'esercizio della discrezionalità e del difetto di motiva

zione.

Secondo le appellanti, il comune, prima di disporre l'assegna zione delle aree in esecuzione del piano triennale adottato con

la delibera 7 luglio 1972 n. 2365, avrebbe dovuto provvedere a

conformare il programma al contenuto prescritto del citato

art. 1, molto più specifico e analitico di quello previsto dall'ori

ginario art. 38 legge n. 865 del 1971.

La pronuncia del T.A.R., in cui si afferma che il comune non

deve assumere alcuna nuova determinazione « dato che le dispo sizioni (della legge n. 247/74) apparivano già soddisfatte nella

deliberazione n. 2365/72 » è stata censurata a) perché ha fornito

una motivazione ex post all'atto amministrativo; b) perché ha

omesso di considerare che la delibera era già scaduta e quindi inidonea a sostenere ulteriori provvedimenti dell'amministrazione;

c) perché è inesatto che quella delibera rispondesse ai requisiti di una legge posteriore; d) perché infine il T.A.R. avrebbe do

vuto spiegare la mancanza, nel provvedimento, di ogni motiva

zione sulle ragioni che avevano indotto il comune ad attribuire

all'I.a.c.p. proprio quelle e non altre aree incluse nel piano di

zona.

Le cénsure sono tutte prive di fondamento: infatti è agevole

replicare che il T.A.R. non ha affatto prestato la sua motivazione

al provvedimento amministrativo ma si è limitato a constatare

che le prescrizioni di cui all'art. 1 legge n. 247 trovavano riscon

tro nella delibera in esame; che l'originario termine di scadenza

del programma pluriennale non era di ostacolo, sulla base della

nuova normativa, a riferire a quel programma la fase della rea

lizzazione del piano stesso; che quanto è stato puntualmente ve

rificato dal T.A.R., e cioè la corrispondenza tra la prescrizione della legge n. 247/74 e il contenuto della delibera, è stato solo

genericamente contestato; che infine, non essendo in discussione

la delibera n. 2365/72, ma soltanto la legittimità del riferimento

alla stessa nel provvedimento di occupazione di urgenza, bene

ha fatto il T.A.R. a ignorare la dedotta mancanza di motiva

zione da parte del comune della assegnazione di quelle aree

all'I.a.c.p.

9. - Con l'ultimo motivo d'appello le cooperative ripropongono in questa sede la censura, da essa dedotta come motivo aggiunto al ricorso n. 519/75 e in via autonoma con il ricorso n. 1035/75, di violazione dell'art. 1 legge n. 9 del 1974 e di eccesso di potere

per difetto di istruttoria ed errore nei presupposti nei confronti

della deliberazione 30 dicembre 1974 n. 37 del comitato ex

Ges.ca.l. previsto dal cit. art. 1, con la quale è stato determinato

il finanziamento di lire 30.157.722.338 in favore dell'I.a.c.p. di

Roma per il programma di costruzioni da eseguirsi nel piano di

zona « Laurentino 38 ».

La sentenza impugnata ha analiticamente esaminato tutte le

questioni che, in modo piuttosto confuso, erano state sollevate in

ordine alla legittimità del finanziamento e le ha motivatamente

respinte esaminandole nel merito. Nel giudizio d'appello le coope rative ricorrenti ripropongono, con qualche ambiguità, l'intera

questione dell'esistenza dei fondi, necessari per la realizzazione

dell'intervento dell'I.a.c.p. nel piano di zona « Laurentino n. 38 », al momento della delibera di assegnazione delle aree, sostenendo

innanzitutto che il finanziamento costituisca un presupposto del

l'assegnazione e in secondo luogo che, non essendovi programmi

già appaltati e in corso di appalto, il finanziamento sarebbe ille

gittimo per contrasto con l'art. 1 legge n. 9/1974. Dei due profili di illegittimità, nel presente giudizio, è rile

vante esclusivamente il primo: esso si risolve nel problema se

l'esistenza del finanziamento costituisca presupposto essenziale

condizionante la legittimità della delibera di assegnazione delle

aree all'I.a.c.p. A questo riguardo, deve essere ribadito il princi

pio, esattamente affermato dal T.A.R., che nessuna disposizione di legge subordina la concessione del diritto di superficie alla

dimostrazione del possesso dei mezzi finanziari necessari per la

realizzazione del programma di edificazione; il che, se vale in ge nerale per ogni assegnatario, a maggior ragione deve essere affer

mato con riferimento agli I.a.c.p., cui per legge è affidata l'ese

cuzione dei programmi di edilizia residenziale pubblica (cfr. art. 8

d. pres. 30 dicembre 1972 n. 1036) ed è assicurato con appositi

procedimenti il relativo finanziamento (cfr. art. 10 ss. d. pres. n. 1036 e legge 4 settembre 1974).

Posto dunque che la disponibilità materiale dei fondi non è

requisito condizionante l'assegnazione delle aree, il modo e i

tempi di acquisizione del finanziamento da parte dell'I.a.c.p.,

per la realizzazione del piano di zona Lauretino n. 38, non ri

guardano affatto le cooperative proprietarie delle aree comprese nel piano suddetto.

Il loro interesse alle modalità di reperimento dei fondi da

parte dell'I.a.c.p. non è infatti diverso da quello di qualsiasi cit

tadino alla corretta gestione del pubblico danaro e al rispetto delle destinazioni specifiche per esso previste dalla legge, che, per

garantire l'osservanza di queste disposizioni, stabilisce puntuali controlli e adeguate misure preventive e repressive. In questa

prospettiva, alla stregua della quale occorre concretamente valu

tare il contenuto della delibera comunale, non può avere alcun

rilievo la circostanza che quella delibera parli di « possibilità di in

terventi di edilizia pubblica residenziale per un ammontare di

lire 38.666 milioni », mentre, come si è evidenziato, la contestata

delibera del comitato ex Ges.ca.l. ha effettivamente stanziato una

somma relativamente inferiore, perché la localizzazione nel co

mune di Roma di possibilità di interventi da parte dell'I.a.c.p.

per un determinato ammontare non presuppone affatto la inte

grale disponibilità della intera somma prevista per un intervento

di cosi vaste dimensioni.

In conclusione, assodato che, né in linea di principio, né con

riferimento alla delibera comunale, la esistenza dei fondi previsti

per l'intervento abitativo costituiscono presupposto dell'assegna zione delle aree all'I.a.c.p., ogni altra considerazione sulla esi

stenza o meno, alla data prevista, di opere appaltate o in corso di

appalto si rivela ultronea non potendo riconoscersi alle appel lanti alcun interesse alla verifica della legittimità della delibera del

comitato ex Ges.ca.l. n. 37 del 20 dicembre 1974, in mancanza

di ogni sia pur indiretta lesione delle loro situazioni soggettive.

Pertanto, in ordine a quest'ultimo mezzo di gravame, la sen

tenza del T.A.R. va solo parzialmente confermata, dovendosi pro

nunciare, per quanto di ragione, l'inammissibilità della censura

per assoluto difetto di interesse.

10. - Alla stregua delle considerazioni che precedono l'appello

propósto nei confronti della sentenza del T.A.R. Lazio (Sez. I)

n. 459 (id., 1977, III, 155), deve essere integralmente respinto. Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO; Sezione VI; decisione 25 maggio 1979,

n. 384; Pres. Levi Sandri, Est. De Lise; E.n.a.l. (Avv. G. Gua

rino), Federazione italiana palla tamburello (Avv. Todisco)

c. Mosca Scipioni (Avv. Piaggio). Annulla T.A.R. Lazio, Sez.

Ili, 21 marzo 1977, n. 140.

Impiegato dello Stato e pubblico — Federazione italiana palla tamburello — Controversie d'impiego — Giudice amministra

tivo — Difetto di giurisdizione (Legge 24 maggio 1973 n. 817,

modificazione alle norme sull'Opera nazionale dopolavoro, art.

1, 4).

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PARTE TERZA

Difetta di giurisdizione il giudice amministrativo sulla contro

versia d'impiego di un dipendente dalla Federazione italiana

palla tamburello, da doversi considerare non organo dell'E.n.a.L,

ma associazione non riconosciuta di diritto privato costituita da

tale ente per il perseguimento dei propri fini. (1)

(1) La massima della sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 21 mar

zo 1977, n. 140 annullata dalla decisione che si riporta leggesi in Trib.

amm. reg., 1977, I, 1177. Sul rapporto di lavoro dei dipendenti dell'E.n.a.l. e del personale

che opera nei centri in qualche misura legati all'ente, cfr. Cass., Sez.

un., 19 marzo 1979, n. 1583, Foro it., Mass., 347; Cons. Stato, Sez.

VI, 17 marzo 1978, n. 368, id., Rep. 1978, voce Impiegato dello

Stato, n. 172; Cass. 16 marzo 1978, n. 1314, ibid., n. 244 (che si

esprime in senso sostanzialmente conforme alla . decisione in esame,

pur decidendo su una diversa fattispecie); 4 maggio 1978, n.

2066, ibid., n. 245; 16 marzo 1978, n. 1318, ibid., n. 246; 16 marzo

1978, n. 1316, ibid., n. 324; 4 maggio 1978, n. 2067, ibid., n. 323; 16 marzo 1978, n. 1313, ibid., n. 857; 14 marzo 1977, n. 1013, id.,

Rep. 1977, voce cit., n. 117; 14 marzo 1977, n. 1012, id., 1977, I,

803, con nota di richiami, che, in sintonia con la decisione che si

riporta, ritiene rapporto di lavoro privato quello del personale in

segnante di un centro di istruzione elementare, media inferiore e su

periore istituito dall'E.n.a.l. ma aperto alla frequenza di tutti, senza

discriminazione tra i figli dei lavoratori beneficiari dell'E.n.a.l. e gli altri.

Sulla struttura giuridica dell'E.n.a.l., v. G. Chiarelli, E.n.a.l., voce del Novissimo digesto, Torino, 1960, VI, 569 ss. Al riguardo, occorre precisare che l'ente, risparmiato dalla legge n. 70/1975, è

stato successivamente soppresso con d. pres. 13 marzo 1979, in for

za dell'art. 113 d. pres. 24 luglio 1977 n. 616: su ciò cfr. G. P.

Rossi, Enti pubblici associativi, Napoli, 1979, 105, nota 59 e

218, nota 166; in termini più generali, sui problemi inerenti al

coordinamento fra la legge n. 70/1975 e il d. pres. 616/1977, cfr. S.

Stammati, Gli enti pubblici fra la legge n. 70 del 1975 e il d. pres. n. 616 del 1977, in Foro amm., 1978, II, 374 ss. e G. Micheli, Gli

enti pubblici non costituiti od ordinati da leggi o da atti aventi va

lore di legge, in Riv. trim. dir. pubbl., 1977, 1468 ss.

In ordine al problema di fondo affrontato nella decisione che si

riporta, relativo alla possibilità per gli enti pubblici di costituire

organismi di diritto privato, cfr. Cass. 15 luglio 1977, n. 3916, Foro

it., 1977, I, 1873, con osservazioni, di C. M. Barone, e Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 1976, n. 1419, id., 1977, III, 460, con nota

di richiami e osservazioni di C. E. Gallo. Sulla natura privatistica della Federazione italiana pallacanestro v.

Pret. Roma, ord. 18 settembre 1979, in questo fascicolo, I, 1222, con

nota di richiami.

# * *

Brevi note sul potere degli enti pubblici di costituire asso

ciazioni di diritto privato.

I. - Decisione di un certo rilievo, anche a prescindere dalla vicenda

dell'E.n.a.l., del resto recentemente soppresso con d. pres. 31 mar zo 1979 (1).

Si tratta invero, a ben vedere, di una delle rare decisioni che sem brano affrontare ex professo il problema della possibilità per gli enti pubblici di istituire (o di concorrere con altri soggetti, privati o pubblici, all'istituzione di) associazioni non riconosciute o di

fatto, compiutamente disciplinate dagli art. 36 segg. cod. civ. (e in fatti il successivo, eventuale riconoscimento null'altro rappresen ta che il frutto di un ulteriore atto di iniziativa dell'ente pub blico fondatore o della stesssa associazione ai sensi dell'art. 12 cod. civile) (2).

Tradizionalmente, cioè, il quesito di fondo messo a fuoco nella decisione che si riporta, relativo al potere in capo agli enti pubblici di istituire organismi di diritto privato, risulta, per cosi dire, eluso

e, forse, addirittura sottovalutato, dibattendosi meramente, dinanzi al giudice ordinario e a quello amministrativo, intorno ad un du

plice ordine di questioni ritenute pregiudiziali: sull'entificazione o meno del soggetto collettivo che costituisce una delle parti del giu dizio; sulla natura pubblica o privata di tale soggetto, quando ne sia stata preventivamente accertata la qualità di persona giuridica.

Cosicché l'indagine (pur necessaria) sulla fisionomia giuridica dei

soggetti collettivi, oltre ad essere sovente contrassegnata da un ec

(1) Sulla soppressione dell'E.n.a.l. cfr. G. P. Rossi, Enti pubbli ci associativi, Napoli, 1979, 105, nota 59 e 218, nota 166. La soppressione dell'E.n.a.l., come è noto, non era prevista dalla legge n. 70/1975, ma deriva direttamente dall'applicazione del d. pres. n. 616/1977. Per l'esame dei rapporti fra la legge n. 70/1975 e il d. pres. n. 616/1977, circa il procedimento di estinzione e di liquida zione applicabile agli enti pubblici .interessati, cfr. S. Stammati, Gli enti pubblici fra la legge n. 70 del 1975 e il d. pres. n. 616 del 1977, in Foro amm., 1978, II, 374, ss.

(2) Per qualche riferimento, oltre a Cons. Stato, Sez. IV, 17 di cembre 1976, n. 1419, Foro it.. 1977, III, 460, con osservazioni di C. E. Gallo, v. Pret. Catania 30 dicembre 1977, id.. Rep. 1978, voce Energia elettrica, n. 34 e Cass. 15 luglio 1977, n. 3916, id., 1977, I, 1873, con osservazioni di C. M. Barone, (ma la sentenza si riferisce espressamente alle fondazioni), cui adde Cons. Stato, Sez. I. 30 maggio 1961, n. 874. id.. Rep. 1962. voce Persona giuridica. n. 14.

La Sezione, ecc. — 1. - Ai sensi dell'art. 52 del regolamento di

procedura approvato con r. d. 17 agosto 1907 n. 642, i due ri

corsi vanno riuniti ai fini di un'unica decisione, essendo manife

stamente connessi.

2. - L'eccezione di inammissibilità del ricorso della F.i.p.t. non

è fondata, sia perché questa fu evocata nel giudizio di primo

cessivo e « deprecabile » formalismo esegetico, si esaurisce, in larga misura, nella ricognizione degli elementi tipici e peculiari del rap porto di lavoro dei dipendenti di tali organismi, statuendosi, di volta in volta, che si tratta di rapporto di pubblico impiego o di lavoro privato (3).

Da qui la tendenza a lasciare, forse, in ombra tutto un fascio di

problemi, il cui punto di emersione più tangibile è quello affrontato e in parte risolto nella decisione in esame, concernente le tipologie organizzative degli enti pubblici, e cioè, in una parola, il modo stes so di essere degli enti pubblici.

II. - Infatti, alla luce del noto e persuasivo enunciato della dot trina, secondo cui esistono più moduli positivi di enti pubblici, non sembra dubbio che le stesse modalità organizzative e strutturali del le persone giuridiche pubbliche presentino caratteri differenziati,

spesso di non agevole ricognizione (4). Cosi, accanto all'ente orga nizzato per uffici e tradizionalmente amministrato da una pluralità di organi sprovvisti di personalità giuridica, l'ordinamento conosce la figura dell'ente pubblico (in primo luogo lo Stato-persona) al quale fanno capo, in posizione servente e strumentale, uno o più organi forniti di personalità giuridica (ordinariamente di diritto pub blico), dandosi cosi vita ad un modello organizzatorio incentrato sulla posizione dominante di un ente c. d. esponenziale dal quale dipendono, a causa dei non secondari poteri di indirizzo e coordi namento a questo riservati, uno o più enti-organi, che godono di un'autonomia amministrativa, gestionale e contabile più o meno marcata (5).

A quest'ultimo modello organizzatorio, del quale pare impossibile non registrare una certa tendenza espansiva, sembra opportuno ag giungere un ulteriore modulo positivo di organizzazione degli enti

pubblici, solo apparentemente omogeneo a quelli fin qui sommaria mente descritti, e cioè la figura dell'ente pubblico al quale fa capo una rete più o meno fitta di associazioni di diritto privato, perso nificate e no.

Valgano al riguardo alcuni esempi, oltre a quello offertoci dalla stessa struttura del soppresso E.n.a.l., intorno al quale ruotavano, ol tre alla Federazione italiana pallone e tamburello, tutta una serie di organismi (circoli, C.r.a.l. ecc.), sorti spontaneamente per inizia

(3) Per una mera ricognizione di campo, cfr. Cass., Sez. un., 26 gennaio 1978, n. 350, Foro it., 1978, I, 875, con nota di richiami; 15 febbraio 1979, n. 982, id., 1979, I, 616, con nota di C. M. Ba rone; 8 giugno 1979, n. 3237, id., 1979, I, 1696, con nota di C. M. Barone; 24 ottobre 1977, n. 4556, id., 1979, I, 467, con nota di A. Pizzi, I consorzi industriali nel Mezzogiorno come enti pubblici eco nomici; T.A.R. Lazio, Sez. II, 12 luglio 1978, n. 562, id., 1979, III, 480, con nota di richiami. Del pari sterminata (e significativa) è la dottrina giuridica sulla nozione di ente pubblico; per una rico gnizione di campo, fra i contributi che sembrano essere di maggior rilievo, cfr. M. S. Giannini, Lezioni di diritto amministrativo, Mi lano, 1950, 150 ss.; Id., Diritto amministrativo, Milano, 1970, I, 173 ss.; Id., Il problema dell'assetto e della tipizzazione degli enti pubblici nell'attuale momento, in Rass. giur. Enel, 1974, 609 ss.; S. D'Albergo, Sistema positivo degli enti pubblici nell'ordinamento italiano, Milano, 1969; G. Miele, La distinzione tra ente pubblico e privato, in Riv. dir. comm., 1942, 10, 72; A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1974, 154 ss.; Id., Enti pubblici ed enti privati d'interesse pubblico, in Giust. civ., 1958, I, 1943; V. Ottaviano, Ente pubblico, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1965, XIV, 963 ss. Al riguardo sembra anche opportuno rammenta re che, ad ogni buon conto, l'art. 4 legge n. 70/1975 ha disposto che «... nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o ricono sciuto se non per legge»; su tale tematica e, più in generale, sui problemi posti dalla legge n. 70/1975 (e successivamente dal d. pres. n. 616/1977) oltre al cit. lavoro di S. Stammati, cfr. P. Virga, Gli enti parastatali nella tipologia degli enti pubblici, ora in Scritti in onore di C. Mortati, Milano, 1978, I, 311 ss.; V. Cerulli Irelli. Problemi dell'individuazione delle persone giuridiche pubbliche do po la legge sul « parastato », in Riv. trim. dir. pubbl., 1977, 626 ss.; G. Arena, Soppressione degli « enti inutili » e riforma del pa rastato nella legge 20 marzo 1975 n. 70, id., 1977, 678 ss.; G. Micheli, Gli enti pubblici non costituiti od ordinati da leggi o da atti aventi valore di legge, id., 1977, 1648 ss.; I modelli organizza tori degli enti pubblici, a cura di D. Cosi, e F. P. Pugliese, Milano. 1977; AA. VV., Il riordinamento degli enti pubblici, Milano, 1978.

(4) Cfr. sul punto M. S. Giannini. Diritto amministrativo, cit.. 184 ss.

(5) E si tratterebbe, in questo caso, quasi di un modello orga nizzatorio immaginato e attuato alla luce della nozione anglosasso ne di self government. Sulla figura dell'organo con personalità giu ridica, \. M. S. Giannini, Diritto amministrativo, cit., 235 ss. e G. Treves, L'organizzazione amministrativa, Torino, 1975, 58 ss. Per alcune indicazioni della magistratura amministrativa e ordinaria, cfr. Cass., Sez. un., 26 aprile 1979, n. 2387, Foro it., Mass., 487 (in merito alle casse di soccorso di aziende municipalizzate); Cons. Stato, Ad. gen., 16 marzo 1978, Cons. Stato, 1979, I, 429 (relativa alla cassa integrativa per il personale telefonico statale); Corte conti. Sez. contr., 2 febbraio 1978, n. 855, Foro it., 1979, III, 179, con osservazioni di R. Ferrara, e in Le regioni, 1979, 701, con nota di E. Ferrari, Aspetti e vicende della soppressione dell'Azienda di Stato per le foreste demaniali.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

grado e (anche) nei suoi confronti è stata emessa la sentenza im

pugnata, sia perché — come si vedrà nel prosieguo — va rico

nosciuta l'autonomia della federazione rispetto all'E.n.a.l. e, con

seguentemente, va ammessa la sua capacità di essere parte (cfr. art. 36, 2" comma, cod. civ. e art. 75, ult. comma, cod. proc. civile).

3. - Ha carattere pregiudiziale ed assorbente la censura di difet

to di giurisdizione del giudice amministrativo.

tiva degli iscritti dell'ente e collocati in una posizione di notevole autonomia rispetto a questo stesso (6). È il caso, ad esempio, se condo quanto ricorda la stessa decisione che si riporta, dell'Auto mobile club d'Italia (A.c.i.) il quale è persona giuridica di diritto

pubblico, cosi come gli Automobili club provinciali, mentre sono mere associazioni di fatto di diritto privato le sedi locali, qualora non abbiano chiesto ed ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica (7); è questo il caso del Club alpino italiano (C.a.i.), ente di diritto pubblico, anche alla luce dell'espresso riconoscimento ef fettuato dalla legge 20 marzo 1975 n. 70, mentre le sezioni perife riche dello stesso si configurano come associazioni non riconosciute

ovvero, quando sia stato ottenuto il riconoscimento ex art. 12 cod.

civ., come persone giuridiche di diritto privato a base asso

ciativa (a diverse conclusioni sembrerebbe invece doversi pervenire per le sezioni comunali dell'A.v.i.s. e per i comitati provinciali della

C.r.i., ai quali la Corte di cassazione ha riconosciuto la natura di

organi dei rispettivi enti nazionali, negando loro la qualità di asso ciazioni di fatto, distinte dall'ente centrale) (8). È questo, soprattut to, ad avviso del collegio, il caso del C.o.n.i., anche se i problemi relativi alla sua organizzazione e, precipuamente, al legame di affi liazione che corre fra l'ente e le federazioni sportive nazionali paio no essere di notevole complessità, investendo un arco di tematiche che trascendono la ratio decidendi della presente decisione (9). E, infatti, il C.o.n.i., sicuramente ente pubblico non economico, incor

pora quali propri organi le federazioni sportive nazionali (legge 16 febbraio 1942 n. 426, art. 5), potendo anche procedere alla costi tuzione di altre federazioni per attività sportive (legge n. 426/1942, art. 5, penult, comma; e si noti, per analogia, che, nel caso del

l'E.n.a.l., l'art. 3 legge n. 817/1937 prevedeva la possibilità per il

presidente dell'ente di promuovere il riconoscimento ex art. 12 cod. civ. degli organismi di diritto privato dal medesimo costituiti). In

questo senso, il riferimento all'ordinamento sportivo se vale a suf

fragare, almeno in parte, il ragionamento logico svolto dal collegio nella decisione che si riporta non può far dimenticare l'assoluta pe culiarità che connota l'organizzazione sportiva (e la causa più pro fonda di tale originalità risiede, ovviamente, nella riconosciuta au tonomia dell'ordinamento sportivo rispetto a quello statale), a cau sa della quale la stessa fisionomia giuridica delle federazioni spor tive nazionali affiliate al C.o.n.i., del quale sono organi, è contrasse

gnata da una palese fungibilità. Accanto alle federazioni sportive fornite di personalità giuridica

di diritto pubblico e, quindi, enti-organi, secondo il modello orga nizzatorio prima ricordato (Automobile club d'Italia, Federazione ita liana della caccia, Aero club d'Italia, ecc.), coesistono infatti asso ciazioni private erette in ente morale e, addirittura, associazioni non riconosciute. In buona sostanza, secondo una recente e plausibile in dicazione della giurisprudenza amministrativa, le federazioni sportive nazionali sono caratterizzate, anche cronologicamente, da una dupli ce qualità: la sopraddetta natura di organi del C.o.n.i., ai sensi del cit. art. 5 legge n. 426/1942, mira a collocarle in un terreno squi sitamente pubblicistico; il momento più propriamente genetico, an teriore all'affiliazione al C.o.n.i. (conseguente al riconoscimento da

parte dello stesso) è invece disciplinato, sotto ogni riguardo, dal di ritto comune, stante la loro natura di associazioni di secondo grado, in quanto raggruppano e inquadrano le associazioni, le società e gli enti sportivi contemplati dall'art. 8 legge n. 426/1942 (10).

III. - Un ulteriore esempio al quale sembra corretto far riferi mento (a parte l'ipotesi, qualitativamente diversa, dalle c. d. fede razioni di enti pubblici in forma associativa di diritto privato, co munemente ammessa dalla giurisprudenza) (11) è costituito dagli or

ganismi di produzione culturale creati dagli enti territoriali, in pri mo luogo dai comuni, da soli o con il concorso di altri soggetti, pubblici e privati.

In questo quadro, si passa dal potere riconosciuto dalla Corte di

(6) Sulla struttura dell'E.n.a.l., G. Chiarelli, E.n.a.l. voce del No vissimo digesto, Torino, 1960, VI, 569 ss. Circa la posizione giuri dica dei circoli, dei C.r.a.l., ecc., v. pure le sentenze riportate nella decisione che si commenta.

(7) Sull'A.c.i., cfr., da ultimo, l'ampia ricognizione di G. P. Rossi, Enti pubblici associativi, cit., 133 ss.

(8) Sul C.a.i. ancora G. P. Rossi, Enti pubblici associativi, cit. 141, nota 119. Sulle sezioni comunali dell'A.v.i.s., Cass. Sez. un., 26 gennaio 1978, n. 350, Foro it., 1978, I, 875, con nota di richia mi; sulle articolazioni periferiche della C.r.i., cfr. Cass. 9 novembre 1977, n. 4786, id., 1978, I, 926, con nota di richiami.

(9) Sul c. d. ordinamento sportivo, incentrato sul C.o.n.i., cfr. M. S. Giannini, Prime osservazioni sugli ordinamenti sportivi, in Riv. dir. sportivo, 1949, 12 ss.; I. e A. Marani Toro, Gli ordinamenti sportivi, Milano, 1977; G. P. Rossi, Enti pubblici associativi, cit., 79 ss.

(10) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 11 dicembre 1978, n. 1003, Foro it., 1979, III, 399, con osservazioni di R. Ferrara.

(11) Cfr. in argomento Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 1976, n. 1419, cit. In dottrina V. Ragonesi, Le federazioni di enti pub blici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1976, 250 ss.

La soluzione della relativa questione postula la definizione del

la natura della Federazione italiana palla tamburello, giacché è chiaro che l'affermazione della giurisdizione del giudice ammi

nistrativo in ordine alla controversia insturata dalla signora Mosca

Scipioni ha come presupposto il riconoscimento del carattere

pubblicistico della predetta federazione.

cassazione al comune di Palermo di concorrere o promuovere, in veste di fondatore, la costituzione di una fondazione privata con finalità culturali e artistiche fino alla creazione, da parte dei co

muni, dei c. d. teatri stabili, definiti nel gergo delle circolari mini steriali « organismi di produzione teatrale a gestione pubblica » (12). Impossibile, al riguardo, tentare in questa sede una pur sommaria

ricognizione della fisionomia giuridica dei c. d. teatri stabili istituiti in molte regioni italiane, anche perché manca una legge generale di cornice sull'organizzazione e sul funzionamento dei teatri a gestione pubblica: si tratta, in generale, secondo una chiave di lettura che può essere ritenuta plausibile, di associazioni riconosciute di diritto pri vato, compiutamente disciplinare dal diritto comune, create dai co

muni, da soli o in concorso con altre istituzioni pubbliche o private, sfruttando il meccanismo delle spese facoltative, ai sensi degli art. 92 e 312 t. u. legge com. e prov. n. 383/1934 (e vale anche la

pena di ricordare che l'art. 7 d. 1. 10 novembre 1978 n. 708 ha re centemente abolito « ad ogni effetto » la distinzione delle spese degli enti territoriali in obbligatorie e facoltative) (13).

Due paiono essere gli esempi più emblematici sui quali soffermarsi, i quali dimostrano, anche alla luce di argomentate ma divergenti de cisioni giurisprudenziali, come il potere dei comuni di istituire i c. d. teatri stabili, oltre che fondarsi sul rammentato escamotage delle spe se facoltative, risieda, di fatto, nella riconosciuta discrezionalità del l'ente territoriale, e cioè nella sua facoltà di utilizzare gli strumenti di diritto privato non solo nel campo delle attività economiche ma

pure per la promozione di alcuni fini di alto contenuto sociale (la cultura, il tempo libero, ecc.) i quali non rientrano, secondo il diritto

positivo, fra gli scopi tipici e istituzionali dell'ente (14). Cosi il Tri bunale di Bolzano ha sostenuto che il teatro stabile della città al toatesina non può essere ritenuto né un'associazione di diritto pri vato, seppure non personificata, né un comitato, nel senso di cui agli art. 39-42 cod. civ., né un'azienda municipalizzata, ma una « ramifi cazione » dell'organizzazione comunale, un « organo proprio » del co

mune, il cui funzionamento è compiutamente disciplinato da un re

golamento municipale (e tale affermazione, sostanzialmente confor tata dalla recente soppressione di tale teatro stabile ad opera del

consiglio comunale della città, presenta punti di sorprendente analo

gia con la decisione del T.A.R. Lazio, annullata dal Consiglio di Stato con la decisione in esame, la quale aveva sostenuto la natura di or

gano dell'E.n.a.l. della Federazione italiana pallone e tamburello) (15). Collocandosi in una prospettiva significativamente opposta, la Corte di cassazione, a conferma di una sentenza della Corte d'appello di To

rino, ha riconosciuto invece al teatro stabile di Torino la qualifica di « ente autonomo », reputando che esso non possa essere inqua drato nell'ambito dei « servizi interni » del comune, sulla scorta di alcuni elementi di giudizio della cui sicurezza e univocità sembra pe raltro lecito dubitare, quali la costante qualificazione del teatro sta bile come « ente » nelle deliberazioni comunali e il sovvenzionamento, in suo favore, da parte del comune, dello Stato e di altri soggetti pub blici e privati (16). Due casi a confronto, come si vede, in rela zione ai quali la giurisprudenza sembra dibattersi, empiricamente, nell'« eterno » dilemma dell'organo privo di rilevanza e di capacità giuridica propria e del soggetto giuridico collettivo, ancorché non per sonificato, costituito in autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici, cogliendo solo in parte la complessa serie di problemi impli citi nell'istituzione (e cosi pure nell'utilizzazione) da parte degli enti

pubblici di soggetti giuridici di diritto privato. IV. - Accertato, con sufficiente approssimazione, che l'ordinamento

positivo non ignora il fenomeno degli organismi di diritto privato su base associativa costituiti da enti pubblici, sembra ora opportuno in

terrogarsi sulla legittimità, sull'ampiezza e sui limiti di tale fenomeno, prendendo le mosse, pregiudizialmente, dall'affermazione, che sembra

generica e in parte apodittica, contenuta nella sentenza in esame, se condo cui «... gli enti pubblici ben possono provvedere alla creazione di organismi a norma del diritto privato ed affidare agli stessi la realizzazione dei compiti ad essi spettanti...». Occorre premettere

(12) In ordine alla fondazione promossa dal comune di Palermo, cfr. Cass. 15 luglio 1977, n. 3916, cit. Sui c. d. teatri stabili, cfr. P. Caretti, L'intervento dello Stato nel settore del teatro di prosa, in Intervento pubblico e libertà di espressione nel cinema, nel teatro e nelle attività musicali, Milano, 1974, 457 ss. Sia anche consentito di rinviare a R. Ferrara, L'amministrazione dello spettacolo: ap punti e riflessioni, in Foro amm., 1979 (in corso di pubblicazione).

(13) Per l'esame della natura giuridica dei c. d. teatri stabili, sia ancora consentito rinviare a R. Ferrara, L'amministrazione dello spettacolo-, appunti e riflessioni, cit.

(14) Cfr. in argomento G. Guarino, L'organizzazione pubblica, Milano, 1977, I, 204 ss.

(15) Cfr. Trib. Bolzano 30 marzo 1974, Riv. giur. lav., 1975, II, 401 (per la vicenda soppressiva del teatro stabile di Bolzano cfr. « La Stampa » del 26 gennaio 1980). La decisione del T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 21 marzo 1977, n. 140, annullata dalla decisione che si an nota, è riportata in Trib. amm. reg., 1977, I, 1177.

(16) Cfr. Cass. 8 luglio, 1974, n. 1987, Foro it., Rep. 1974, voce Elezioni, n. 50, che conferma App. Torino 8 gennaio 1973.

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PARTE TERZA

Ad una siffatta conclusione potrebbe pervenirsi per due strade:

o ammettendo che la federazione sia, essa stessa, un ente pubbli

co, ovvero ritenendo che essa costituisca un complesso organiz zatorio inserito nella struttura dell'E.n.a.l. — della cui natura

pubblicistica non si è mai dubitato (cfr. Cass. 26 aprile 1977, n.

1549, Foro it., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 223; 14 marzo 1977, n. 1012, id., 1977, I, 803; 8 giugno 1976, n.

che non è qui in discussione il potere degli enti pubblici di istituire e di gestire un'azienda o un centro di attività economiche qualificabile come impresa ai sensi dell'art. 2093, 2° comma, cod. civ., né il caso

degli enti di gestione o delle persone giuridiche pubbliche che siano

espressamente facoltizzate oppure obbligate dalla legge a costituire un determinato soggetto di diritto privato (17). In altri termini, nessun

problema sembra porsi in tutte quelle ipotesi (certamente non secon darie né minoritarie) nelle quali lo Stato e gli enti pubblici sono fa

coltizzati, in via di principio, ad adottare, per lo svolgimento della

propria azione, gli strumenti del diritto privato (« il diritto comune a pubblici e privati operatori », secondo l'orientamento prevalente an che nella dottrina civilistica), soprattutto nella forma della società per azioni, mediante la quale si svolge, in larga misura, la partecipazione degli enti pubblici alle attività economiche (18). In questa eventua lità — è di tutta evidenza — il ricorso alla capacità giuridica di di

ritto privato, è cioè l'adozione da parte dei soggetti pubblici delle tecniche e delle forme del diritto comune rappresenta una « scelta

organizzatoria » ovvero una « distinta tecnica organizzativa per il

perseguimento del bene pubblico » (19). Al di fuori di tutte queste fattispecie, le quali abbracciano il caso

degli enti di gestione, degli enti pubblici economici e delle attività economiche gestite in forma imprenditoriale dagli enti pubblici non

economici, il problema sembra essere oltremodo più complesso e ogni soluzione che ad esso si ritenga di dover dare non può non misurarsi con la norma costituzionale di principio posta dall'art. 97 Cost, (ma, a tal riguardo, non può neppure essere sottovalutato il persuasivo ri chiamo di un'autorevole dottrina secondo cui anche l'attività di di ritto privato della pubblica amministrazione ricade « immediatamente e direttamente » nell'ambito dell'art. 97 Cost.) (20).

In questo quadro, si registrano, nella giurisprudenza e nella dot trina giuridica, orientamenti variegati e differenziati, passandosi da una

posizione apertamente « permissiva », quale è quella adombrata nella decisione in esame, a soluzioni intermedie più caute e più proble matiche, fino all'opinione, che pare essere di maggior rigore, per la

quale vi sarebbe un divieto generale per le persone giuridiche pub bliche di creare persone giuridiche private per lo svolgimento dei

propri compiti istituzionali (con la ovvia eccezione degli enti di ge stione) e, in questa contesto, la facoltà, per gli enti territoriali minori, di creare organismi di diritto privato solo per il perseguimento di sco

pi reputati minori e secondari (e un'indiretta conferma della bontà di quest'ultima argomentazione può essere agevolmente indotta dalla vicenda istitutiva dei c. d. teatri stabili, costituiti, come si è visto, ricorrendo alla scappatoia delle spese facoltative) (21). Invero, non sembra dubbio che l'art. 97 Cost., pur introducendo una riserva di

legge relativa, in ordine all'organizzazione degli uffici degli enti pub blici (di tutti gli enti pubblici), vale a suffragare, almeno indiretta

mente, il principio secondo cui « il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione » sono assicurati dal modo stesso di essere dei

pubblici uffici, dal modulo positivo in base al quale essi sono orga nizzati, secondo disposizioni di legge, ritenendosi che le finalità isti tuzionali della pubblica amministrazione possono essere correttamen te perseguite, in conformità dei principi di efficienza e di imparzialità amministrativa, solo quando l'azione amministrativa sia prevalente mente esercitata in forma diretta dagli enti pubblici (22). E cioè non sembrerebbe consentito, in linea di principio, che l'ente pubblico si

spogli unilateralmente dell'esercizio di funzioni attribuitegli dalla leg

(17) Su tali tematiche, cfr. per tutti, G. Guarino, L'organizzazio ne pubblica, cit., 204 ss. In giurisprudenza, per una ricognizione di campo, Cass., Sez. un., 25 ottobre 1978, n. 4828, Foro it., Rep. 1978, voce Impiegato dello Stato, n. 310; 18 settembre 1978, n.

4153, id., 1979, I, 93, con nota di richiami e osservazioni di C. E. Gallo; 2 maggio 1979, n. 2523, id., 1979, I, 1121, con nota di ri chiami (fattispecie relative ad attività esercitate in forma imprendi toriale da enti pubblici).

(18) Cfr. in argomento F. Galgano, Delle persone giuridiche, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1969, 116 ss. e 157, nota 3.

(19) Cosi si esprimono, fra gli altri, M. Nigro, Studi sulla fun zione organizzatrice della pubblica amministrazione, Milano, 1966, 209 e G. Guarino, L'organizzazione pubblica, cit. 213 ss.

(20) Cfr. M. Nigro, Studi sulla funzione organizzatrice della pub blica amministrazione, cit., 210; ma cfr. pure in argomento V. Ot taviano, Ente pubblico, cit., 963 ss.

(21) In argomento ancora G. Guarino, L'organizzazione pubbli ca, cit., 199 ss.

(22) Sul significato dell'art. 97 Cost., cfr., oltre al più volte cit. studio di M. Nigro, C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Pa dova, 1975, tomo I, 345 ss. e 589 ss., al quale si fa rinvio per ogni ulteriore riferimento bibliografico. Anche nelle decisioni e nei pa reri del Consiglio di Stato il principio secondo cui l'art. 97 Cost, trova applicazione nei confronti di tutti gli enti pubblici risulta pa cificamente acquisito; v., infatti, esattamente in questo senso, Cons. Stato, Commiss, spec., 26 novembre, 1970, n. 846/42, Foro it., Rep. 1972, voce Amministrazione dello Stato, n. 55.

2085, id., Rep. 1976, voce cit., n. 98; il problema è stato espressa mente risolto dalla legge 20 marzo 1975 n. 70, che contempla l'E.n.a.l. nella V categoria della tabella) — e quindi partecipe della sua natura.

La sentenza impugnata ha ammesso la giurisdizione del giudice amministrativo sul rilievo che la F.i.p.t. costituisce una « branca »

dell'E.n.a.l. ed è quindi « parte integrante » dell'ente; e ciò sulla

le, delegandone lo svolgimento ad organismi di diritto privato, anche non personificati, all'uopo costituiti (23). ,

A conclusioni non divergenti si deve giungere esaminando la col locazione costituzionale degli enti territoriali minori, per i quali la determinazione delle funzioni avviene direttamente ad opera di leggi della Repubblica, ai sensi dell'art. 128 Cost.; cosicché ancora più sconcertante riuscirebbe lo svolgimento dei compiti istituzionali del l'ente territoriale ad opera di soggetti giuridici di diritto privato dallo stesso creati. Nessuna possibilità, dunque, di utilizzare gli strumenti, ben più agili e ordinariamente più efficienti, del diritto privato per il

perseguimento dei fini di interesse pubblico commessi alla pubblica amministrazione?

Anche a questa soluzione, al pari dell'indiscriminato assenso che sembra emergere nella decisione che si riporta, non parrebbe immune da critiche. Va da sé, infatti, che tutti gli scopi ritenuti, a torto o a

ragione, « secondari » oppure non immediatamente compresi nel qua dro dei poteri e delle funzoni degli enti pubblici interessati possono essere legittimamente svolti ricorrendo alla creazione di organismi di diritto privato (associazioni ma anche fondazioni): il che non è poco in quanto, specialmente nel campo degli enti territoriali minori, i c. d.

scopi secondari e non istituzionali spesso corrispondono ad una scala crescente di bisogni, non meramente economici, avvertiti con urgenza dalla società civile (e si pensi, ad esempio, alla domanda di cultura, alla quale gli enti territoriali hanno dato un parziale ma ineliminabile terreno di sbocco) (24). Ma, soprattutto, il carattere relativo della ri serva di legge di cui all'art. 97 Cost., induce ad un'ulteriore rifles sione: la legge (e sembrerebbe pure le norme secondarie di esecu

zione) che disciplina l'organizzazione e il funzionamento di un deter minato ente pubblico ben potrebbe riconoscere espressamente all'ente il potere di dare vita ad organismi di diritto privato, deputati a svol

gere direttamente o, meglio, di concerto con l'ente alcune fra le sue funzioni istituzionali: era questo, si noti bene, il caso dell'E.n.a.l.; è questo il caso del C.o.n.i. e di tutti gli altri enti pubblici ricordati nella decisione in esame.

In quest'ipotesi è la legge stessa a fondare la genesi dell'organismo privato e a precostituire i momenti formali di collegamento fra l'ente

pubblico fondatore e il soggetto privato creato, stabilendone, se del

caso, l'inserimento nell'organizzazione dell'ente (ed emblematica sem bra essere, al riguardo, soprattutto la vicenda del C.o.n.i.).

V. - È questo un ultimo (ma non secondario) profilo al quale non si

può non accennare, anche perché la decisione che si commenta for

mula, al riguardo, seppure indirettamente, alcune preoccupanti indi cazioni. Vi è un dato preliminare, infatti, che non può essere assolu tamente ignorato: l'organismo di diritto privato, una volta che sia stato istituito, personificato oppure no, mantiene, sotto ogni aspetto, la sua qualità di soggetto collettivo di diritto privato, risultando com

piutamente disciplinato dal diritto comune, a nulla rilevando la na tura pubblicistica dell'ente o degli enti fondatori (25).

Questo rilievo sembra essere convincente sia per le fondazioni sia, a fortiori, per le associazioni anche non personificate, le quali hanno nell'art. 18 Cost, il più immediato e anche il più alto punto di rife rimento e di tutela costituzionale.

Se cosi è, non pare dubitabile, alla luce delle persuasive elabora zioni della dottrina costituzionalistica, che anche alle associazioni co

munque create dagli enti pubblici deve essere garantito un duplice or dine di libertà il cui contenuto inscindibile costituisce il nocciolo stes so del diritto di libertà di associazione: la libera formazione del vin colo associativo per il perseguimento di un fine e, quindi, la possi bilità « negativa » di non associarsi; la libertà di organizzarsi, e cioè la possibilità di scegliere, nell'ambito della varietà dei modelli orga nizzativi previsti dall'ordinamento positivo, quello ritenuto più con facente per il raggiungimento dello scopo assunto (26).

(23) Tale conclusione sembra discendere, per implicito, dal pre valente orientamento del Consiglio di Stato; infatti anche il parere della Sez. I 30 maggio 1961, n. 874, cit. alla nota 2, che pure ammette che gli enti pubblici possono promuovere la costituzione di un'associazione di diritto privato, afferma che l'ente non può, spogliandosene, delegare l'esercizio delle sue funzioni ad un sogget to giuridico privato. E cioè, a ben vedere, ci si trova al cospetto di una mera estensione del principio più generale secondo cui solo eccezionalmente un'amministrazione pubblica può fare ricorso alla cooperazione di un organismo privato, pur nell'esplicazione di un servizio di pubblico interesse che non rientri nelle normali attribu zioni dei propri organi, su cui v., da ultimo, Corte conti, Sez. contr., 19 maggio 1977, n. 777, Foro it., 1979, III, 37, con nota di ri chiami.

(24) Per l'esame di tutte le possibilità offerte agli enti pubblici dal l'ordinamento positivo di costituire organismi di diritto privato, cfr. G. Guarino, L'organizzazione pubblica, cit., 204 ss.

(25) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 1976, n. 1419, cit.; in dottrina ancora G. Guarino, L'organizzazione pubblica, cit., 204.

(26) Sulla libertà di associazione, per tutti A. Pace, Rapporti ci

vili, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna Roma, 1977, sub art. 18, 191 ss., spec. 205 ss., al quale si rinvia per ogni ulteriore approfondimento e riferimenti bibliografici.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

base di una serie di indizi che ha ritenuto di poter desumere dal

la legge 24 maggio 1937 n. 817 (recante modificazioni all'ordina

mento dell'Opera nazionale dopolavoro), dallo statuto della fede

razione, nonché da circostanze di fatto. Ma l'assunto non può es

sere condiviso. 4. - Da un punto di vista generale, va rilevata l'esistenza di un

fenomeno, che si va sempre più diffondendo, consistente nel

Sul primo punto è noto l'orientamento della dottrina (e cosi pure di alcune sentenze della Corte costituzionale) secondo cui il diritto di libertà in questione è radicalmente compromesso quando il feno meno associativo sia inquadrato nell'ambito delle strutture pubblici stiche e sottoposto al controllo pubblico (27). È questo, invero, tutto un delicatissimo problema al quale non può essere fornita una rispo sta univoca: si tratterà, di volta in volta, di accertare se al gruppo sociale che trova espressione nel soggetto collettivo di diritto privato è stata concretamente sottratta la possibilità di stringere liberamente il vincolo associativo. In ordine al secondo profilo, del resto logica mente connesso al primo, valgono invece alcune considerazioni più ge nerali: la libertà di autoorganizzarsi, e segnatamente nel caso delle associazioni non riconosciute, il cui ordinamento interno è regolato dagli accordi degli associati (art. 36, 1° comma, cod. civ.), sembre rebbe comportare, in linea di principio, l'impossibilità di inserire or

ganicamente e stabilmente le associazioni nella struttura interna del l'ente pubblico promotore e fondatore. È questa una tesi certamente radicale ma che non pare poter soffrire eccezioni, se non nelle ipo tesi, del tutto anomale e tassativamente predeterminate dalla legge (e questo potrebbe essere, pur con qualche riserva, il caso del C.o.n.i.), nelle quali l'inserimento di uno o più associazioni nel corpo di una struttura pubblica è finalizzato alla promozione di altri valori costi tuzionali ritenuti di pari rilevanza (nel caso di specie il diritto alla salute ex art. 32 Cost., alla cui attuazione concorre l'esercizio delle attività fisico-motorie e sportive). Ma, anche in tali casi, sempre se ritenuti ammissibili e legittimi, il formale inquadramento delle asso ciazioni nell'organizzazione di un ente pubblico non giustificherà la instaurazione di alcun vincolo di subordinazione gerarchica che ne modifichi l'autonomia né, sotto un profilo più generale, la compres sione del potere di organizzazione che permane in capo alle associa zioni di diritto privato (e da qui tutta una serie di critiche che so no state persuasivamente rivolte nei riguardi dell'organizzazione del

C.o.n.i.) (28). Al di fuori di questa ipotesi, che sembra essere del tutto minori

taria ed eccezionale, i rapporti, intersoggettivi, fra l'ente pubblico fon datore e l'associazione di diritto privato dallo stesso costituita saranno, dunque, di mero coordinamento, spettando all'ente pubblico espo nenziale il compito di coordinare le attività del soggetto o dei sog getti collettivi di diritto privato creati (il che non esclude, ovvia

mente, quando l'ente pubblico sia meramente uno degli associati, che si possa anche giungere allo scioglimento del vincolo associativo, con

seguente al recesso dell'ente). Al semplice «coordinamento» accen

nava, d'altro canto, l'annullata decisione del T.A.R. Lazio, a propo sito dei dopolavori comunali e dei C.r.a.l. affiliati all'E.n.a.l., coor dinamento che diviene — sembra impropriamente — « potere diret

tivo » nel linguaggio della sentenza in esame (29). Ed egualmente una convincente e già rammentata decisione della Corte di cassazione, re

lativa alla natura giuridica delle sezioni comunali dell'A.v.i.s., dimo

stra, con argomenti che paiono inconfutabili, che la qualità di asso ciazione di fatto non è compatibile con la sussistenza di poteri di

supremazia gerarchica in capo ad un ente pubblico (fra i quali la

pretesa possibilità di sciogliere gli organismi dell'associazione), do

vendosi ritenere, con ragionevole tranquillità, che là dove si rin

venga una serie di stretti collegamenti fra l'ente pubblico ed un orga nismo ad esso legato i quali si concretino in un decisivo potere di su

premazia del primo nei confronti del secondo non di un'associazione di diritto privato si tratta bensì' di un organo in senso proprio del

l'ente, stabilmente incardinato nell'organizzazione dello stesso (30). VI. - A conclusione di queste pur sommarie annotazioni, si può

dunque osservare che se l'art. 97 Cost, introduce un limite esterno al potere degli enti pubblici di costituire soggetti collettivi di diritto

privato, l'art. 18 Cost, lo condiziona, per cosi' dire, dall'interno, cir coscrivendolo nel senso sopradescritto.

In questo quadro, infatti, e con le cautele fin qui elencate, ogni discorso intorno alla possibilità per gli enti pubblici di dare vita ad

organismi di diritto privato non può non misurarsi con due feno meni solo apparentemente antagonisti: da un lato il moltiplicarsi dei

compiti istituzionali svolti dal sistema complessivo degli enti pub blici lascia intravedere, per conseguenza, una certa insufficienza dei

modelli tradizionali e, quindi, la necessità di ordinare la c. d. ammi

nistrazione per enti secondo moduli positivi fortemente differenziati,

(27) Cfr. già Corte cost. 26 giugno 1962, n. 69, Foro it., 1962, I, 1226 e 1843, con nota di E. Cheli.

(28) Per la problematica generale cfr. ancora A. Pace, op. cit., spec. 211 ss. Hanno criticato puntualmente, fra gli altri, l'organiz zazione sportiva incentrata sul C.o.n.i., G. Bonadonna, Aspetti co stituzionali dell'ordinamento sportivo, in Riv. dir. sportivo, 1965, 193 e G. Amato, Problemi costituzionali connessi all'attuale disciplina del C.o.n.i., in Giur. it., 1966, I, 1, 911 ss.

(29) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. III, 21 marzo 1977, n. 140, cit.

(3C) Cosi Cass., Sez. un., 26 gennaio 1978, n. 350, cit.

Il Foro Italiano — 1980 — Parte III-14.

moltiplicarsi, nell'ambito della pubblica amministrazione, dei mo delli organizzativi. Uno di questi è costituito dalla formazione di sistemi che fanno capo ad un ente pubblico, al quale sono in va rio modo collegati altri organismi; al primo competono poteri di supremazia (direzione, controllo, creazione, liquidazione, scio

glimento, nomina di organi, ecc.) nei confronti degli altri, i quali possono essere enti pubblici ovvero soggetti privati e questi ulti

mi, a loro volta, possono essere dotati della personalità giuridica ovvero configurarsi come associazioni di fatto.

Molteplici sono gli esempi che possono addursi al riguardo: da quello dei partiti e dei sindacati, che si atteggiano nel modo anzidetto nei confronti dello Stato e sono pacificamente consi derati come associazioni non riconosciute; a quello dell'Automo bile club d'Italia, che — al pari degli Automobili club provincia li — è persona giuridica pubblica, mentre sono semplici associa zioni di fatto, qualora non abbiano ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica con apposito provvedimento adottato nelle forme di legge, le sedi locali dell'A.c.i. (cfr., da ultimo, Sez. VI 12 luglio 1974, n. 249, id., Rep. 1974, voce Amministra zione dello Stato, n. 47); a quello del Club alpino italiano, che è ente pubblico, alla stregua della legge 26 gennaio 1963 n. 91 e secondo quanto espressamente riconosciuto dalla legge 20 marzo 1975 n. 70, mentre le sezioni periferiche dell'ente stesso si atteg giano sub specie di associazioni non riconosciute o, qualora ot

tengano il riconoscimento, ex art. 12 cod. civ., di persone giuridi che, a base associativa (Sez. I 21 maggio 1976, n. 1169, id., Rep. 1976, voce cit., n. 123); a quello del C.o.n.i., che è persona giu ridica pubblica, ai sensi della legge 16 febbraio 1942 n. 426, cui è collegata una pluralità di federazioni sportive, alcune delle

quali sono enti pubblici (Automobile club d'Italia, Aero club

d'Italia, Federazione della caccia, ecc.), mentre altre, in man canza di espresso riconoscimento, sono associazioni private, e

precisamente associazioni non riconosciute.

Il medesimo fenomeno si verifica per lo stesso E.n.a.l., del

quale — come si è detto — non è contestabile la natura pubblica. Al riguardo la giurisprudenza ha, infatti, precisato che sia i do

polavori comunali che i C.r.a.l., pur essendo costituiti da tesserati

dell'ente ed essendo soggetti al potere direttivo dello stesso, non

sono organi dell'ente e non si identificano con esso, ma sono

con il ricorso sempre meno infrequente (e non solo nel campo delle attività economiche) agli strumenti del diritto privato, in una pro spettiva dichiaratamente efficientistica (31); d'altro lato emergono si

gnificativamente istanze di partecipazione all'attività amministrativa da parte dei gruppi sociali le quali sembrano postulare, fra l'altro, un diverso e più democratico rapporto fra i pubblici poteri e le as sociazioni non riconosciute, ora inquadrate dalla giurisprudenza or dinaria nel genus dei soggetti collettivi o gruppi organizzati non per sonificati (32). Anche da qui il momento di crisi attraversato da molte nozioni di diritto positivo: la stessa categoria dell'ente pubblico, a ben vedere, è segnata da questa fase, come dimostra la recente vi cenda degli enti pubblici a struttura associativa, di cui all'art. 115 d. pres. 24 luglio 1977 n. 616, per i quali è prevista la trasforma zone in persone giuridiche di diritto privato (33).

Se cosi è, le istanze efficientistiche implicite nella formula dell'am ministrazione per enti non possono non coniugarsi con la domanda di partecipazione che proviene dai gruppi sociali, alla ricerca di un modello organizzatorio nel quale, quando ciò sia ritenuto congruo e

ammissibile, l'ente pubblico esponenziale sia affiancato e coadiuvato, nel perseguimento dei propri fini, da uno o più soggetti collettivi di diritto comune da questo stesso creati.

Rosario Ferrara

(31) Sull'« amministrazione per enti» vedi per tutti L'ammini strazione pubblica in Italia, Bologna, 1974, a cura di S. Cassese; Id., La formazione dello Stato amministrativo, Milano, 1974. Sul riordinamento dell'amministrazione pubblica, v. ora M. S. Gianni ni, Rapporto sui principali problemi dell'amministrazione dello Sta to, in Foro it., 1979, V, 289 ss.

(32) Cfr. Cass. 16 novembre 1976, n. 4252, Foro it., 1977, I, 1482, con annotazione di A. Lener.

(33) Sugli enti pubblici a struttura associativa, G. P. Rossi, Enti pubblici associativi, cit., 123 ss., che esattamente sottolinea come la « meccanica catalogazione nelle categorie privatistiche o pubbli cistiche mal s'adatti ai fenomeni giuridici prodotti dai gruppi so ciali ». Sull'art. 115 del d. pres. n. 616/1977 v. U. Fragola, Com mento al d. pres. n. 616 sul decentramento amministrativo, Napoli, 1978, 353 ss. e R. D'Onofrio, in I nuovi poteri delle regioni e de gli enti locali, a cura di A. Barbera e F. Bassanini, Bologna, 1978, 612 ss. Ad ogni buon conto, proprio il caso dell'art. 115 d. pres. n.

616/1977 sembra dimostrare che la stessa natura formale (pubblica o privata) di una persona giuridica può riuscire indifferente al le gislatore, rilevando, nel concreto, piuttosto gli scopi perseguiti dal l'ente. Al riguardo, si pensi pure alla vicenda degli istituti regionali di studi e ricerca, la cui natura giuridica è talora controversa, su cui v. M. Nobile, Gli istituti di studi e di ricerca per la program mazione nella legislazione regionale, in Foro amm., 1976, II, 220 ss.

Rosario Ferrara

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PARTE TERZA

semplici associazioni di fatto, che conservano la loro intrinseca

autonomia, propria del diritto comune, ed agiscono con i poteri loro riconosciuti dagli art. 36 segg. cod. civ. (Cass. 5 novembre

1955, n. 3613, e 9 marzo 1955, n. 698, id., Rep. 1955, voce

E.n.a.l., nn. 5, 1; Cass. pen. 11 aprile 1960, id., Rep. 1960, voce

Peculato, n. 22; Cons. Stato, Sez. IV, 27 maggio 1955, n. 372,

id., Rep. 1955, voce E.n.a.l., n. 2).

A questo riguardo non sembrano necessari ulteriori approfon dimenti: da quanto detto si evince, infatti, con sicurezza che, per affermare la natura pubblica di un ente, non è sufficiente il col

legamento, di cui si è detto, con l'ente (pubblico) esponenziale del sistema organizzatorio di cui trattasi, ma è richiesta un'inda

gine specifica, intesa ad accertare la sussistenza degli elementi, sostanziali e formali, che — come questo consiglio ha più volte

ritenuto — costituiscono gli indici necessari della pubblicità.

5. - Con riferimento all'ipotesi considerata, tale indagine —

come si è accennato — deve essere condotta, in via gradata, se

condo due direttrici: innanzitutto, per accertare se possa ammet

tersi la personalità giuridica pubblica della federazione, autono

mamente considerata; in mancanza, per stabilire se i rapporti di

essa con l'E.n.a.l. (secondo quanto disposto dalla legge e dai ri

spettivi statuti) siano di tale intimità da far considerare la fede

razione inserita nell'ente e partecipe della sua natura.

Sotto entrambi i profili si perviene a risultati negativi.

Quanto al primo, è da osservare che, anteriormente alla legge 20 marzo 1975 n. 70 (la quale, all'art. 3, ha disposto che nessun

nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non

per legge), il riconoscimento della personalità giuridica pubblica avveniva o per legge ovvero in forza di provvedimento ammi

nistrativo concernente o un ente creato ex novo o un ente già in possesso della personalità giuridica di diritto privato acquista ta ai sensi dell'art. 12 cod. civile.

Ora, nei confronti della federazione in questione non risulta adot

tato nessuno dei provvedimenti di cui si è detto, onde deve ritenersi

che essa sia priva della personalità giuridica. Ciò consente di

escludere — senza che sia necessaria alcuna ulteriore indagine —

che essa sia un ente pubblico, dal momento che — non essendo

configurabile, com'è noto, un ente pubblico non personificato la

personalità giuridica rappresenta un presupposto indefettibile per ché un soggetto collettivo possa essere qualificato come ente

pubblico.

6. - Sotto l'altro aspetto, va innanzitutto rilevato che — come

risulta dall'art. 1 dello statuto — la federazione è stata istituita

dall'E.n.a.l. — ai sensi degli art. 1, lett. 6, e 4 legge n. 817/193J (cfr. art. 21/6 dello statuto) — nell'ambito e per il conseguimen to delle proprie finalità, è un organismo dotato di autonomia ed

è soggetta alle direttive generali, alla vigilanza ed al controllo dell'E.n.a.l. La federazione, inoltre, ha una propria complessa struttura organizzatoria (art. 4 segg. dello statuto), ha proprie entrate (art. 19), può essere sciolta dall'E.n.a.l. (art. 21/A).

Si riproduce, in sostanza, per la federazione in questione (co me per le altre istituite dall'E.n.a.l., di alcune delle quali sono stati esibiti in giudizio gli statuti, del tutto analoghi a quello della F.i.p.t.), la situazione esistente per i C.r.a.l. e per i dopo lavori comunali, per i quali, pur essendo essi promossi dal l'E.n.a.l. e sottoposti alla vigilanza ed alla tutela dello stesso, è

stata costantemente esclusa — come si è accennato — la loro

identificazione con l'ente e, conseguentemente, è stata affermata la loro natura privata.

Del resto, l'esistenza di una soggettività giuridica autonoma

degli organismi del genere della F.i.p.t. si desume chiaramente dal

l'art. 3 legge n. 817/1937, che prevede la possibilità che il presi dente dell'E.n.a.l. ne promuova il riconoscimento ai sensi dell'art.

12 cod. civ.; è chiaro, infatti, che tale atto vale ad attribuire la

personalità giuridica ad un ente già esistente, anche se non perso nificato, ma non potrebbe essere idoneo a creare l'ente, scorpo randolo da quello (E.n.a.l.) di cui, secondo l'opinione che si

contesta, fa già parte.

Inoltre, la qualificazione della federazione come « branca » o « parte integrante » dell'E.n.a.l., contenuta nella sentenza impu gnata, è atecnica ed imprecisa; la F.i.p.t., in coerenza con la tesi

accolta nella sentenza stessa, dovrebbe considerarsi come organo dell'E.n.a.l., ma ciò, anche se fosse esatto, sarebbe irrilevante ai fini della questione in esame, perché nulla esclude — come è no

to — che una persona giuridica o persino una associazione di fatto possa, a determinati effetti, agire come organo di una per sona giuridica, conservando a tutti gli altri effetti la propria natura.

Infine, per quanto attiene specificamente al personale, la conclu

sione alla quale, con riguardo alla fattispecie concreta, è perve nuta la sentenza impugnata, ritenendo che il personale assunto

dalle federazioni sia personale dipendente dall'E.n.a.l., è in con

trasto sia con le disposizioni del regolamento organico del perso nale dipendente dall'E.n.a.l., secondo cui « il personale, nei qua

dri, o fuori quadro, viene assunto per qualsiasi categoria o gra

do, con deliberazione del presidente » (art. 4), sia con le disposi zioni della legge 20 marzo 1975 n. 70 e del d. pres. 26 maggio 1976 n. 411, che, in sede di disciplina del rapporto di lavoro

del personale degli enti pubblici, considerano unicamente quello assunto dall'E.n.a.l. e da esso dipendente.

7. - Va, pertanto, ritenuto che la federazione in questione ha

una propria autonomia strutturale ed organizzativa rispetto al

l'E.n.a.l. e costituisce un centro di imputazione di situazioni giu ridiche soggettive del tutto distinto dallo stesso; più precisamen

te, essa appartiene alla categoria delle associazioni non ricono

sciute, previste dagli art. 36-38 cod. civ. e, come tale, ha natura

essenzialmente privata. A tale configurazione non sono di ostacolo gli elementi su cui

fa leva, per sostenere l'opposta tesi, la sentenza impugnata.

Quanto alla istituzione da parte dell'E.n.a.l., va rilevato, in

aggiunta alle considerazioni già esposte, che — essendo pacifico che anche i soggetti pubblici godono di capacità ed autonomia

privata, nel cui esercizio possono compiere atti giuridici di dirit

to privato — gli enti pubblici ben possono provvedere alla crea

zione di organismi a norma del diritto privato ed affidare agli stessi la realizzazione di taluni dei compiti ad essi spettanti (cfr. Sez. IV 17 dicembre 1976, n. 1419, id., 1977, III, 460).

Del resto, è noto che il perseguimento di finalità e di inte

ressi pubblici, da un lato, e la sottoposizione ai poteri di diretti

va e di controllo da parte di enti pubblici, dall'altro, non costitui

scono, di per sé, elementi cui sia necessariamente collegata la

pubblicità del soggetto, come è dimostrato da una vastissima se

rie di istituti (taluni dei quali — come i partiti o i sindacati —

esercitano addirittura funzioni di rilevanza costituzionale), di cui

è concordemente ammessa la natura privata.

8. - Da quant'innanzi deriva, con specifico riferimento al caso

in esame, che il rapporto di lavoro in questione deve ritenersi in

tercorso non con l'E.n.a.l., ma con la F.i.p.t.; avendo questa —

come si è visto — natura privatistica, trattasi di un rapporto di

impiego privato, la cui cognizione esula dalla giurisdizione del

giudice amministrativo.

Il ricorso proposto dalla Mosca Scipioni dinanzi al T.A.R. è,

pertanto, inammissibile per difetto di legittimazione passiva nei

confronti dell'E.n.a.l. e per difetto di giurisdizione nei confronti

della F.i.p.t. Per questi motivi, ecc.

CORTE DEI CONTI; CORTE DEI CONTI; Sezione II; decisione 8 novembre 1978,

n. 208; Pres. D'Acunzo, Rei. Gileno; Proc. gen. c. Rolla e altri

(Avv. Sivieri).

Responsabilità contabile e amministrativa — Opera universitaria —

Consiglio di amministrazione — Direttore amministrativo del

l'università — Partecipazione con voto deliberativo — Assun

zione di responsabilità (R. d. 31 agosto 1933 n. 1592, t. u.

sull'istruzione superiore, art. 189; d. 1. 5 aprile 1945 n. 238,

provvedimenti sull'istruzione superiore, art. 10; d. 1. 14 feb

braio 1948 n. 168, tasse e contributi universitari, art. 3).

Responsabilità contabile e amministrativa — Opera universitaria —

Consiglio di amministrazione — Componenti — Responsabi

lità per colpa lieve — Sussistenza (R.d. 18 novembre 1923

n. 2440, disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e

sulla contabilità dello Stato, art. 82; r.d. 31 agosto 1933 n. 1592,

art. 52; r. d. 12 luglio 1934 n. 1214, t. u. sull'ordinamento

della Corte dei conti, art. 52; d. pres. 10 gennaio 1957 n. 3,

statuto degli impiegati civili dello Stato, art. 18).

Responsabilità contabile e amministrativa — Opera universitaria — Consiglio di amministrazione — Discrezionalità amministra

tiva — Componenti — Responsabilità — Esclusione — Fatti

specie (R.d. 12 luglio 1934 n. 1214, art. 52).

Il direttore amministrativo dell'università risponde del danno era

riale conseguente a deliberazione del consiglio di amministra

zione dell'opera universitaria, di cui è membro dì diritto, e alle

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