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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione VI; decisione 28 febbraio 1990, n. 321; Pres....

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sezione VI; decisione 28 febbraio 1990, n. 321; Pres. Laschena, Est. Pajno; Soc. immob. Santa Costanza (Avv. Barosio, Contaldi) c. Min. beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato Cenerini), Condarcuri, Fina (Avv. Dal Piaz, Vaiano). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 3 aprile 1987, n. 125 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991), pp. 1/2-7/8 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183143 . Accessed: 28/06/2014 10:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.167 on Sat, 28 Jun 2014 10:18:41 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 28 febbraio 1990, n. 321; Pres. Laschena, Est. Pajno; Soc. immob. SantaCostanza (Avv. Barosio, Contaldi) c. Min. beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato Cenerini),Condarcuri, Fina (Avv. Dal Piaz, Vaiano). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 3 aprile 1987, n. 125Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 1/2-7/8Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183143 .

Accessed: 28/06/2014 10:18

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Anno CXVI Roma, 1991 Volume CXIV

IL FORO

ITALIANO

PARTE TERZA

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

CONSIGLIO DI STATO; CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 28 febbraio 1990, n. 321; Pres. Laschena, Est. Pajno; Soc. immob. Santa Co

stanza (Avv. Barosio, Contaldi) c. Min. beni culturali e am

bientali (Avv. dello Stato Cenerini), Condarcuri, Fina (Avv. Dal Piaz, Vaiano). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 3 aprile

1987, n. 125.

Antichità e belle arti — Antico caffè — Vincolo storico ed arti

stico — Legittimità — Fattispecie (L. 1° giugno 1939 n. 1089, tutela delle cose di interesse artistico o storico, art. 1, 2).

È legittimo il provvedimento con cui il ministro dei beni cultu

rali e ambientali vincola alla sua attuale destinazione d'uso

i locali, con i relativi arredi, nei quali è sito un antico caffè,

per il suo collegamento alla storia dell'arte e della cultura,

anche se si trovino in edificio già totalmente vincolato perché di particolare pregio storico e artistico. (1)

È legittimo il provvedimento con cui il ministro dei beni cultu

rali e ambientali vincola alla sua attuale destinazione d'uso

i locali, con i relativi arredi, nei quali da alcuni decenni si

è trasferito un antico caffè che aveva avuto collegamenti con

la storia dell'arte e della cultura, la cui precedente sede era

stata distrutta per una ristrutturazione urbanistica. (2)

(1-2) La vincenda presenta particolarità in ordine alle quali non si

rinvengono precedenti specifici; la sentenza confermata, Tar Piemonte, sez. I, 3 aprile 1987, n. 125, è massimata in Foro it., Rep. 1988, voce

Antichità, n. 22.

La decisione prescinde dalla sopravvenuta legislazione (d.l. 9 dicem

bre 1986 n. 832, misure urgenti in materia di contratti di locazione

di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, art. 4; 1.

6 febbraio 1987 n. 15, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

9 dicembre 1986 n. 832, art. 1, nella parte in cui ha sostituito intera

mente il testo dell'art. 4 suddetto, e vi ha aggiunto l'art. 4 bis), che

ha disposto vincoli di destinazione a determinate attività, agli esercizi

commerciali e pubblici ed alle imprese artigiane in particolari aree del

territorio comunale, nonché a studi di artisti; su tale legislazione, Cons.

Stato, sez. V, 18 marzo 1989, n. 170, id., 1989, III, 337, con nota

di richiami.

La decisione, cioè, si è basata sulle possibilità offerte già dalla legge del 1939, il cui art. 2 consente il vincolo di cose di particolare interesse

non tanto di per sé, ma per la loro connessione «... con la storia

Il Foro Italiano — 1991 — Parte III-1.

Fatto. — Con decreto n. 55797 del 25 novembre 1982 il mini

stro dei beni culturali ed ambientali, visto il precedente provve dimento del 24 novembre 1958 con cui era stato sottoposto a

vincolo il complesso costituito dall'immobile sito in Torino, piaz za Carlo Felice nn. 32-36, e considerato che la pertinenza rap

presentata dal bar-confetteria Roma, già Talmone, locale stret

tamente legato all'immobile ed all'ambiente circostante, rappre

sentava, per il suo riferimento alla storia dell'arte e della cultura,

in rapporto all'insieme in cui si inseriva, un complesso merite

vole di tutela, dichiarava di interesse particolarmente importante

politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere . . .»; la norma è stata utilizzata, tra l'altro, da Cons. Stato, sez. VI, 10 otto

bre 1983, n. 723, id., Rep. 1983, voce cit., n. 39, che ha dichiarato

legittimo il vincolo di un ritrovo di artisti, scrittori e uomini di cultura; nonché 9 agosto 1986, n. 630, id., 1987, III, 142, con osservazioni di

R. Mancino, che ha concluso in senso analogo, relativamente al vinco

lo di un giardino da cui Claude Monet trasse ispirazione e soggetto di alcune sue opere (per altre indicazioni, v. la nota a Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 1990, n. 431, id., 1990, III, 345; cfr. anche Tar Cam

pania, sez. Salerno, 10 giugno 1987, n. 228, id.. Rep. 1988, voce cit., n. 23, nonché Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 1987, n. 260 e sez. IV

26 giugno 1987, n. 388, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 18, 21). D'altra parte, le tensioni interpretative del citato art. 2 riguardano

soprattutto la sua utilizzabilità per vincolare la destinazione di locali

a determinate attività. La vicenda più nota riguarda i vincoli apposti a locali nei quali operavano librerie tradizionali, vincoli tendenti a ga rantire il loro mantenimento oltre i limiti consentiti dalla legislazione sulle locazioni ad uso diverso dall'abitazione; Cons. Stato, sez. VI, 5

maggio 1986, n. 359, id., 1986, III, 323, con nota di richiami, ha rite

nuto che la norma non consenta vincoli del genere; successivamente, nello stesso senso, Tar Lazio, sez. II, 23 luglio 1986, n. 1216, id., Rep.

1987, voce cit., n. 35 e Tar Campania, sez. I, 17 febbraio 1989, n.

36, id., Rep. 1989, voce cit., n. 40. Un'interpretazione restrittiva della

norma è stata adottata anche da Tar Lazio, sez. II, 4 agosto 1989, n. 1135 e 22 giugno 1989, n. 986, ibid., nn. 22, 29, che però (ibid., nn. 19, 20), hanno sollevato questione di costituzionalità della norma

de qua, in riferimento all'art. 9 Cost., in quanto non prevede la possi bilità di tutelare attività culturalmente rilevanti, caraterizzanti una zona

del territorio cittadino e, in particolare, i centri storici; tale questione

(coinvolgente anche l'art. 1), è stata dichiarata infondata da Corte cost.

9 marzo 1990, n. 118, id., 1990, I, 1101, con nota di C.M. Barone.

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PARTE TERZA

ai sensi dell'art. 2 1. n. 1089 del 1939 «la confetteria Roma

già Talmone, con sede in Torino, piazza Carlo Felice n. 32, la sua attuale destinazione d'uso unitamente agli arredi che ne

costituiscono imprescindibile presupposto». Nelle premesse del provvedimento veniva specificato, altresì,

che il medesimo «si inserisce nel vincolo già disposto a suo tem

po in rapporto all'immobile, e che detto vincolo va reso esplici to per quanto di ragione, altresì in rapporto alla destinazione

del locale in parola, la quale investe la sua destinazione socio

economica, il suo arredo inteso come pertinenza indissolubile

del bene vincolato, e l'attività di servizio che in esso, ormai,

per tradizione tipica dell'ambiente torinese si svolge». Tale provvedimento veniva, peraltro, impugnato con ricorso

al Tar Piemonte della immobiliare Santa Costanza, società pro

prietaria dei locali e che aveva ottenuto la risoluzione giudiziale del contratto di locazione riguardante i medesimi.

Con sentenza n. 125 del 3 aprile 1987 (Foro it., Rep. 1988, voce Antichità, n. 22), il Tar adito rigettava il ricorso, disatten

dendo le diverse censure prospettate. Osservava, in particolare, il tribunale che doveva considerarsi immune da censura il rilie

vo, contenuto nel provvedimento impugnato, secondo cui il nuo

vo vincolo si inscriveva in quello già disposto, esplicitandolo in relazione alla destinazione del locale, e che (secondo motivo) il vincolo in questione presupponeva quello sull'edificio, restan

do cosi, in virtù del suddetto rapporto di inscindibilità, legitti mamente ricompresi nell'esplicazione del vincolo originario tut

ti i vari elementi, materiali ed immateriali, entrati nel corso de

gli anni a far parte dell'immobile.

Il tribunale precisava, altresì, che l'atto impugnato, nel quali ficare la confetteria come «pertinenza» dell'immobile, aveva in

teso mettere l'accento non sul regime giuridico, privatistico ma

su un rapporto di indissolubilità che non avrebbe potuto essere

smembrato senza irreparabile pregiudizio dei valori estetici.

Venivano, infine, disattese le ulteriori doglianze dalla stessa

società introdotte.

La decisione di primo grado è stata, adesso, impugnata dalla

s.p.a. immobiliare Santa Costanza, la quale, a sostegno del gra

vame, ha dedotto quanto segue: (omissis) Con decisione n. 875 del 1988 la sezione ha ordinato l'inte

grazione del contraddittorio nei confronti dei sig. Fina Sergio e Condarcuri Vincenzo, contitolari della licenza del bar confet

teria, già presenti in primo grado. A tale incombente ha provveduto la società appellante. Si sono, cosi, costituiti in giudizio gli intimati, che, con me

moria depositata nell'imminenza dell'udienza di discussione, han

no rilevato l'inammissibilità e l'infondatezza delle doglianze for

mulate con il gravame. Diritto. — 1. - Deve, innanzi tutto, essere ricordato che con

l'impugnato decreto del 25 novembre 1982 il ministero dei beni

culturali ed ambientali, dopo aver richiamato il precedente prov vedimento del 24 novembre 1958, con cui era stato già vincola

to il complesso costituito dall'immobile sito in Torino, piazza Carlo Felice, n. 32-36, e dopo aver rilevato che la «pertinenza

rappresentata dal bar-confetteria Roma già Talmone, locale che — strettamente legato all'immobile stesso ed all'ambiente circo

stante — rappresenta, a causa del suo riferimento alla storia

dell'arte e della cultura in genere, in rapporto all'insieme in

cui essenzialmente si inserisce, un complesso di beni e di strut

ture meritevole di tutela», ha dichiarato di particolare interesse

ai sensi dell'art. 2 1. n. 1089 del 1939 «la confetteria Roma

già Talmone», «la sua attuale destinazione d'uso unitamente

agli arredi che ne costituiscono imprescindibile presupposto». Con lo stesso decreto è stato, altresì, osservato che «il prov

vedimento stesso si inserisce nel vincolo disposto a suo tempo in rapporto all'immobile, e che detto vincolo va reso esplicito

per quanto di ragione altresì' in rapporto alla destinazione del

locale in parola». Tale essendo il tenore del provvedimento impugnato, appare

evidente che, con esso, l'amministrazione ha preso le mosse dal

vincolo già imposto sull'immobile sito in Torino, piazza Carlo

Felice, per il suo valore storico-artistico, per prendere autono

mamente in considerazione il complesso (impropriamente defi

nito «pertinenza») costituito dal bar-confetteria Roma già Tal

mone, per sottoporlo ad un nuovo e diverso vincolo, ritenendo

lo meritevole di tutela non già per il suo intrinseco valore

artistico, ma per il suo riferimento alla storia dell'arte e della

cultura.

li Foro Italiano — 1991.

In tal modo l'amministrazione ha preso autonomamente in

considerazione una realtà — la confetteria Roma già Talmone — sita in un immobile già vincolato per la sua importanza storico-artistica — per considerarla, a sua volta, meritevole di

tutela per un'autonoma ragione, costituita dal suo riferimento

alla storia dell'arte e della cultura.

Risulta, pertanto, evidente che con il provvedimento impu

gnato, la struttura materiale in cui ha sede la predetta confette

ria (struttura già sottoposta a vincolo in quanto ricompresa in

un immobile ritenuto di particolare rilievo storico artistico) è

stata, altresì, presa nuovamente in considerazione in quanto ospi tante la confetteria e ritenuta, a cagione del riferimento di que st'ultima alla storia della cultura, meritevole di autonoma tutela

e sottoposta, di conseguenza, ad un. autonomo vincolo.

Ne deriva che una unica struttura immobiliare — il locale

dove ha sede la confetteria — risulta sottoposa a due diversi

vincoli ai sensi della 1. n. 1089 del 1939. Tali locali, infatti, Sono oggetto di tutela già dal 1954 in quanto

ricompresi nell'immobile ritenuto di particolare pregio storico

artistico; gli stessi sono altresì oggetto di altra tutela in quanto in essi ha sede la confetteria Roma già Talmone, e cioè si incor

pora il valore culturale che si intende tutelare per il suo riferi

mento alla storia dell'arte e della cultura.

Una situazione del genere — che vede due diversi vincoli ri

conducibili alla 1. n. 1089 del 1939 (il primo, sostanzialmente, all'art. 1 della legge ed il secondo all'art. 2) insistere su di una

unica struttura materiale — pone certamente dei problemi di

coordinamento tra le due diverse tutele: e di essi si dà carico

certamente il provvedimento impugnato allorquando non sol

tanto ricorda, nelle premesse, il decreto ministeriale del 1954

con cui era stato confermato il vincolo sull'immobile sito in

piazza Carlo Felice (si tratta, infatti, come si vedrà, di un im

mobile già dichiarato di particolare interesse nel vigore della

1. 12 giugno 1902 n. 185) ma espressamente rileva come il bar

confetteria costituisca un locale «strettamente legato all'immo

bile ed all'ambiente circostante», tant'è che il «riferimento con

la storia dell'arte e della cultura» del locale acquista la propria valenza specifica «in rapporto all'insieme in cui essenzialmente

si inserisce».

Il necessario coordinamento fra i due vincoli è reso ulterior

mente esplicito dalla considerazione, pure contenuta nelle pre messe del provvedimento, secondo cui esso «si inserisce nel vin

colo già disposto a suo tempo in rapporto all'immobile».

Tale indicazione sta, evidentemente, a significare che il nuo

vo vincolo non soltanto si innesta su di una struttura già sotto

posta a tutela ai sensi della 1. n. 1089 del 1939, ma che esso

in qualche modo completa la tutela già assicurata con il prece dente decreto; mentre l'ulteriore affermazione, pure contenuta

nel provvedimento, secondo cui il vincolo (a suo tempo impo

sto) va reso esplicito in rapporto alla destinazione del locale

in parola, non significa che occorre procedere ad un'estensione

del primitivo vincolo, apposto sull'immobile per il suo valore

storico-artistico, ma semmai che occorre ampliare la tutela com

plessiva assicurata in forza della 1. n. 1089 del 1939, istruendo

una nuova protezione per'i locali in cui si incarna il valore cul

turale che si intende tutelare, in ragione del riferimento alla

storia dell'arte e della cultura.

Che quella sopra ricordata sia l'interpretazione corretta da

attribuire al provvedimento è reso, d'altra parte, assolutamente

evidente dalla circostanza che con essa la confetteria Roma già Talmone (e cioè la struttura materiale che incarna i valori cultu

rali che si intendono preservare) è stata sottoposta a tutela ai

sensi dell'art. 2 1. n. 1089 del 1939, e cioè per il suo riferimento

(indiretto) alla storia dell'arte e della cultura; laddove, ove si

fosse trattato di operare una semplice «estensione» del vincolo

già imposto nel 1954, non si sarebbe potuto introdurre un vin

colo ex art. 2 1. n. 1089 del 1939, dal momento che quello a

suo tempo apposto sull'immobile è un vincolo giustificato dal

valore artistico e storico dell'immobile medesimo.

Con il provvedimento impugnato si è, pertanto, di fronte ad

un vincolo nuovo (ex art. 2 1. n. 1089 del 1939), imposto sulla

struttura materiale in cui ha sede la confetteria Roma, già Tal

mone, e che si coordina con la tutela già assicurata al comples so immobiliare in cui tale struttura materiale si inserisce. Che,

poi, il provvedimento impugnato prenda in considerazione non

soltanto i valori storici e culturali che si è inteso tutelare, ma

anche la struttura materiale in cui i medesimi si incarnano,

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

è reso palese dallo stesso dispositivo del decreto che, nel dichia

rare l'interesse particolarmente importante ai sensi dell'art. 2

1. n. 1089 del 1939, espressamente distingue la «confetteria Ro

ma già Talmone» dalla sua destinazione d'uso.

È evidente, infatti, che il riferimento alla confetteria è com

prensivo anche delle strutture che la ospitano, mentre una «de

stinazione d'uso» non può che essere affermata in relazione a

dei locali. 2. - Alla lue delle considerazioni che precedono, del tutto

infondata si palesa la censura sostanzialmente dedotta con il

primo motivo di gravame, alla stregua della quale il vincolo

imposto con il decreto impugnato riguarderebbe, in violazione

dei principi affermati in giurisprudenza in ordine alla tutelabili tà di ambienti legati alla storia della politica e della letteratura, l'immobile o le sue pertinenze, ma soltanto la destinazione d'u

so dei locali e l'attività di servizio in essi svolta; e, correlativa

mente, del tutto ininfluente rispetto alla legittimità del provve dimento si palesa la questione, diffusamente prospettata dalla

società appellante, concernente l'assenza di un legame fra il vin

colo introdotto con il provvedimento del 1954 e quello impu

gnato in questa sede, che comporterebbe l'inesistenza di un vin

colo sui locali in cui ha sede la confetteria e l'illegittimità del vincolo di cui il provvedimento del 25 novembre 1982, in quan to imposto soltanto su di un'attività commerciale.

Ed infatti, alla stregua delle considerazioni esposte sub 1), non appare dubitabile che il vincolo imposto con il provvedi mento del 1982, ancorché coordinato e correlato con quello im

posto nel 1964 sull'edificio sito in piazza Carlo Felice, sia tutta

via un vincolo nuovo e diverso rispetto al precedente. Da tale

circostanza non deriva, peraltro, l'illegittimità del provvedimento

impugnato in questa sede, dal momento che, con esso, non è

stata presa in considerazione una semplice destinazione d'uso

di alcuni immobili, ma, come si è diffusamente evidenziato, si

è inteso, con autonoma determinazione, sottoporre a tutela le

strutture materiali nelle quali ha sede la confetteria per conser

vare il valore culturale con tali strutture correlato: in tal modo

facendo esatta applicazione dei principi affermati in giurispru denza che, per la tutelabilità degli ambienti legati alla storia

politica, sociale e culturale vogliono una immedesimazione o,

comunque, una relazione tra valori storici e culturali e strutture

materiali.

Obiettivamente irrilevante diviene, pertanto, stabilire — con

trariamente a quanto sostiene l'appellante — se il vincolo impo sto con il decreto del 1954 si estenda a tutto il fabbricato, ri

comprendendo anche i locali in cui ha sede la confetteria, ovve

ro se esso sia limitato ai portici ed alla facciata con esclusione

dei cennati locali.

Anche se, infatti, il vincolo imposto nel 1954 riguardasse esclu

sivamente i portici ed i fabbricati dell'edificio, non per questo

potrebbe ritenersi illegittimo il provvedimento del 26 ottobre

1982, e ciò perché con esso i locali in cui ha sede la confetteria

sono stati autonomamente considerati e sottoposti a vincolo ai

sensi dell'art. 2 1. n. 1089 del 1939. Si deve, anzi, osservare

che la situazione ipotizzata dalla società appellante — secondo

cui la legittimità del decreto del 1982 sarebbe affidata alla po stulazione di un legame diretto con il decreto del 1954, ed in

particolare alla qualificazione del primo come «estensione» o

«derivazione» del secondo — appare strutturalmente impossibi

le, dal momento che quello del 1954 è, come si è già visto,

un vincolo imposto per l'intrinseco pregio storico-artistico del

l'immobile, e quello oggetto del presente giudizio è un vincolo

apposto per l'indiretto riferimento dei beni considerati alla sto

ria della cultura.

3. - Deve, peraltro, essere osservato che pur non essendo con

divisibile l'assunto secondo cui, ai fini della legittimità del de creto del 1982, sarebbe indispensabile un legame di derivazione

di questo dal provvedimento del 1954, non appare, d'altra par

te, esatta la tesi, prospettata dalla società appellante, secondo

cui il vincolo preesistente concernerebbe soltanto la facciata ed

i portici, e non l'intero edificio. Come ricorda esattamente la difesa dell'amministrazione, og

getto del vincolo preesistente a quello imposto nel 1982 è l'inte

ro fabbricato sito in piazza Carlo Felice. Ed infatti, come risul ta dalla documentazione in atti, in data 24 ottobre 1910 veniva

notificato al proprietario dell'immobile che «la casa» (facciata

e portici) sita in piazza Carlo Felice era «monumento pregevole d'arte e di storia»; ed analoga notificazione veniva effettuata

Il Foro Italiano — 1991.

in data 18 giugno 1946, dopo l'entrata in vigore della 1. n. 1089

del 1939.

Con decreto, infine, del 24 novembre 1958 veniva, poi, espres samente dichiarato che la casa, sita in piazza Carlo Felice, ed

ormai di proprietà dell'odierna appellante, era di interesse par ticolarmente importante perché «costruzione facente parte dei

fabbricati, d'architettura equilibrata e simmetricamente dispo

sti, che costituiscono la piazza Carlo Felice, e sembra, di conse

guenza, confermato l'interesse particolarmente importante del

l'immobile. Tale provvedimento veniva notificato in data 23 dicembre 1958

alla stessa società immobiliare Santa Costanza.

Tale essendo il tenore dei provvedimenti succedentisi nel tem

po a proposito dell'edificio in questione, si deve ritenere che

con essi si sia inteso dichiarare di particolare pregio, come d'al

tra parte è ovvio, l'intero edificio, specificando che ciò che con

duceva a tale determinazione era la particolare considerazione

della facciata e dei portici. In ogni caso, con il decreto del 24 novembre 1958, notificato

alla stessa società immobiliare Santa Costanza, la dichiarazione

di particolare interesse ai sensi della 1. n. 1089 del 1939 è stata

riferita alla «casa» sita in piazza Carlo Felice, senza ulteriori

specificazioni, e cioè all'intero edificio: sicché, sia che tale atto

sia considerato come confermativo dei precedenti, sia che si ri

tenga che con esso il vincolo sia stato esteso all'intero fabbrica

to, non vi è dubbio che ormai esso concerna l'intero edificio, non avendo, in ogni caso, la società interessata provveduto a

suo tempo a dolersi dell'eventuale, indebita estensione del vincolo.

Deve, di conseguenza, affermarsi che il vincolo di cui al d.m.

24 novembre 1958, apposto per il particolare valore storico

artistico dell'immobile, si estende all'intero fabbricato; e che

con tale vincolo è collegato quello nuovo, introdotto con il de

creto del 26 ottobre 1982, in relazione ai locali della confetteria

Roma già Talmone.

Nei sensi sopra esposti deve essere disposta la correzione del

la motivazione della sentenza di primo grado. 4. - Alla stregua dei rilievi, che precedono, privi di consisten

za appaiono i primi due motivi del ricorso di primo grado, che

in questa sede sono stati dalla società appellante riproposti. Ed infatti, la circostanza che con il provvedimento del 1982

sia stato introdotto un vincolo autonomo rispetto al precedente

(in quanto posto in essere ai sensi dell'art. 2 1. n. 1089 del 1939), non costituisce una ragione di illegittimità del medesimo decre

to. Si tratta, peraltro, di un vincolo che non ignora il preceden

te; mentre appare evidente che il rapporto che lega i due vincoli

non è un rapporto di derivazione dell'uno dall'altro, ma di coor

dinamento in un unico disegno di tutela complessiva. Parimenti privo di consistenza è il secondo motivo del ricorso

di primo grado, dal momento che con il decreto impugnato si

è proceduto, contrariamente a quanto affermato dalla società

appellante, e come in precedenza chiarito, a sottoporre a vinco

lo dei beni immobili, e cioè i locali (unitamente agli arredi) in cui ha sede il bar confetteria.

Sotto tale profilo deve anzi essere osservato che il provvedi mento in questione appare conforme ai principi che disciplina no la tutela delle cose rilevanti per il loro rapporto con la storia

della cultura, della politica e dell'arte, essendosi provveduto a

sottoporre a vincolo strutturale — già facenti parte di un com

plesso di interesse artistico e storico per le proprie caratteristi

che intrinseche — in cui si incarnano, secondo l'apprezzamento discrezionale dell'amministrazione, valori e testimonianze legate alla storia della cultura.

In questo contesto deve essere letta la disposizione, contenuta

nel decreto impugnato, con cui si è inteso dichiarare di partico lare interesse la destinazione d'uso dell'immobile.

Si tratta, nella sostanza, di un limite alla destinazione dichia

rata di rilevante interesse, la cui previsione, come è noto, non

è estranea al sistema dei vincoli per la tutela delle cose di inte

resse artistico o storico (art. 11, cpv., e 12 1. n. 1089 del 1939;

si veda Cons. Stato, sez. VI, 10 ottobre 1983, n. 723, Foro

it., Rep. 1983, voce Antichità, nn. 27, 36) e che è volto proprio a consentire il mantenimento del valore culturale e di testimo

nianza della cosa tutelata.

Quando, infatti, il valore tutelato sta nella «conservazione»

di un «luogo», inteso anche in senso culturale, il divieto di adi

bire la cosa ad usi incompatibili con il suo carattere storico

o artistico, o con la sua conservazione o integrità, non può che

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Page 5: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione VI; decisione 28 febbraio 1990, n. 321; Pres. Laschena, Est. Pajno; Soc. immob. Santa Costanza (Avv. Barosio, Contaldi) c. Min.

PARTE TERZA

risolversi nella necessità di mantenere la destinazione che costi

tuisce un aspetto del valore culturale del bene, che questo inten

de testimoniare e trasmettere.

Sotto tale profilo, la presente fattispecie appare sostanzial

mente assai vicina a quella presa in considerazione con la pro nuncia n. 723 del 1983 della VI sezione del Consiglio di Stato, con cui si è ritenuto legittimo il vincolo imposto su una tratto

ria romana — risultante dall'adattamento di una antica fiaschet

teria — per conservare la testimonianza di un ambiente in cui

si incontravano artisti ed uomini di cultura.

5. - Con il secondo motivo dell'impungnazione la società ap

pellante, nel riproporre sostanzialmente i rilievi già prospettati con il terzo motivo di ricorso, deduce che nessuno degli elemen

ti indicati nella relazione della sovrintendenza per i beni am

bientali ed architettonici del Piemonte atterrebbe all'attuale se

de del bar-confetteria, concernendo esso l'originario caffè Tal

mone: donde l'illegittimità del provvedimento impugnato in

primo grado.

Erroneamente, d'altra parte, il tribunale avrebbe disatteso ta

li rilievi, osservando che la motivazione del decreto impugnato si reggerebbe autonomamente in base a «valutazioni proprie», e che le ragioni addotte dalla soprintendenza atterrebbero al

merito dell'azione amministrativa.

Le espressioni contenute nel decreto di vincolo sarebbero, in

fatti del tutto generiche (e d'altra parte le censure prospettate nei riguardi della relazione si adatterebbero anche al decreto), mentre la società appellante non avrebbe, in realtà, contestato

le valutazioni di carattere storico della soprintendenza ma sot

tolineato che gli elementi addotti nella relazione avrebbero avu

to riferimento ad altro locale.

Anche la doglianza cosi articolata appare, peraltro, priva di

fondamento e deve, di conseguenza, essere disattesa.

Se è vero, infatti, che la relazione della soprintendenza è ne

cessaria ai fini della motivazione del provvedimento impugnato, è altresì vero che tale relazione si sottrae alle censure prospetta te dalla società interessata.

Al riguardo, deve essere osservato che nessun travisamento

od errore nei presupposti vizia la relazione dal momento che, come si legge nella stessa, la sovrintendenza era perfettamente a conoscenza del trasferimento del caffè dalla sede originaria a quella attuale, avvenuta negli anni '30.

Consegue da ciò che la sovrintendenza ha ritenuto — in tal

modo esprimendo un tipico apprezzamento discrezionale — che,

pur nel mutamento della sede, verificatosi in occasione della

ricostruzione di via Roma, voluta dal regime fascista, il caffè

potesse, comunque, essere considerato erede della tradizione dei

famosi caffè torinesi del risorgimento nonché luogo di incontri

sociali. Legittimo appare, pertanto, il provvedimento impugnato, dal

momento che, nonostante il trasferimento, il caffè mantiene il

suo riferimento alla storia dell'arte e della cultura.

I locali presi in considerazione dal provvedimento — quelli cioè siti nell'immobile di piazza Carlo Felice — sono, infatti, di particolare interesse perché conservano la memoria dell'origi nario caffè Talmone, sicché può dirsi che i medesimi, proprio

perché conservano traccia di memorie storiche e culturali, han

no riferimento alla storia dell'arte, della politica o della cultura

in genere. La peculiarità della fattispecie in esame sta infatti nella circo

stanza che, secondo l'apprezzamento della sovrintendenza, quel

particolare ambiente — inteso quest'ultimo in senso eminente

mente culturale — costituito dal caffè Talmone ha mantenuto

il proprio valore culturale — e cioè la capacità di esprimere un collegamento significativo con la storia della cultura — no

nostante il trasferimento dei locali, e cioè il mutamento della

struttura materiale.

Ne consegue che la permanenza del valore culturale di quel l'ambiente costituito dal caffé Talmone implica il riferimento

anche della struttura materiale costituita dalla nuova sede alla

storia della cultura.

II riferimento di un immobile con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura, di cui è cenno nel

l'art. 2 1. 1° giugno 1939 n. 1089, non implica necessariamente

che in esso si sia verificato un evento di rilevanza storica o

culturale, ma richiede invece che la cosa immobile esprima una

li Foro Italiano — 1991.

relazione con la storia della politica o della cultura, tale che

consenta la conservazione o la trasmissione del valore culturale.

È quanto è avvenuto, appunto, nella fattispecie, in cui, es

sendo l'identità culturale del caffè, secondo l'apprezzamento di

screzionale dell'amministrazione, per dir cosi, sopravvissuta al

trasferimento nella nuova sede, non può essere disconosciuto

il riferimento di quest'ultima alla storia della cultura.

6. - Infondata si palesa, infine, l'ultima censura posta a so

stegno dell'impugnazione, con cui la società appellante, nel ri

produrre in questa sede il sesto motivo del ricorso di primo

grado, deduce il difetto di istruttoria del ministero, che si sareb

be limitato ad aderire a quanto prospettato dalla sovrintendenza.

Le sovrintendenze costituiscono, infatti, gli organi periferici di cui l'amministrazione centrale dei beni culturali si avvale per

acquisire il materiale necessario per le proprie valutazioni, sic

ché, sotto tale profilo, nessun ulteriore accertamento doveva

essere effettuato da parte del ministero.

Nessun difetto d'istruttoria sembra poi ravvisabile, con riferi

mento al contenuto della relazione della sovrintendenza, che in

dica sufficientemente le ragioni che inducono alla tutela.

Né, come si è visto, nella fattispecie risulta omessa la consi

derazione di circostanze o dati della realtà forniti di rilevanza.

7. - In conclusione, l'appello deve essere respinto, sicché deve

essere confermata l'impugnata decisione di primo grado.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 5 gennaio 1990, n. 28; Pres. Salvatore, Est. Zucchelli; Enei e altro (Avv.

Pellegrini, Sanino), Comune di Civitella S. Paolo (Aw. D'A

melio, Sciacca) c. Soc. Essebi 83. Conferma Tar Lazio, sez.

II, 24 settembre 1985, n. 2326.

Contratti della pubblica amministrazione — Trattativa privata — Gara ufficiosa — Revoca — Dlegittimità — Fattispecie.

Dopo che un comune proprietario di una cava aveva intimato

la disdetta all'affittuario di essa, e aveva conseguentemente indetto gara ufficiosa per un nuovo affìtto a trattativa priva

ta, cui aveva partecipato anche altra impresa, è illegittima la deliberazione con cui il comune ha ritenuto superata la

disdetta perché il precedente affittuario aveva migliorato la

sua offerta originaria, e gli ha nuovamente affittato la cava, in difetto di un interesse pubblico che giustificasse la revoca della gara. (1)

(1) Sul caso di specie non constano precedenti. Sul principio, in senso conforme, può segnalarsi Tar Lazio, sez. II,

22 luglio 1986, n. 1196, Foro it., Rep. 1987, voce Contratti della p.a., n. 121, ove si è statuito che nell'ambito di una trattativa privata autore

golamentata l'amministrazione non è esonerata dall'obbligo di valutare le offerte pervenute nel rispetto della procedura da essa stessa instaura ta (nonché Tar Lazio, sez. II, 24 settembre 1985, n. 2326, Trib. amm.

reg., 1985, I, 3224, confermata in appello dalla decisione in epigrafe). In senso contrario, sul punto riguardante la possibilità per la pubbli

ca amministrazione di interrompere legittimamente una trattativa priva ta già avviata senza necessità, per questo, di una particolare istruttoria e di più specifica motivazione, in quanto trattasi di un procedimento libero da forme e da criteri di condotta, si veda Cons. Stato, sez. VI, 16 dicembre 1977, n. 935, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 31, in un caso nel quale l'amministrazione aveva semplicemente comunicato alle ditte invitate a partecipare che la trattativa non sarebbe proseguita.

Più recentemente con la sentenza Tar Lombardia, sez. II, 5 settembre

1985, n. 460, id., Rep. 1986, voce cit., n. 129, si è messo in rilievo che gli atti con i quali la pubblica amministrazione manifesta la volontà di non proseguire nella trattativa privata, per sopravvenute valutazioni di opportunità e convenienza, sono espressione di scelte di merito del l'attività amministrativa, non sindacabili in sede giurisdizionale.

La decisione in epigrafe involge invero il tema più ampio dell'indivi

duazione, nel procedimento di scelta del contraente mediante trattativa

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