sezione VI; decisione 3 febbraio 1994, n. 85; Pres. Imperatrice, Est. Luce; Min. poste etelecomunicazioni (Avv. dello Stato Giordano) c. Buscemi (Avv. Di Gioia). Annulla Tar Lazio, sez.II, 21 marzo 1992, n. 655Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 475/476-477/478Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188394 .
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PARTE TERZA
vizio che tiene conto anche della peculiarità del rapporto di la
voro degli appartenenti al servizio legale.
L'appello è fondato.
Il d.p.r. 25 giugno 1983 n. 346, concernente disposizioni sul
rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici di cui alla
1. 20 marzo 1975 n. 70, all'art. 6, 1° comma, determina sia
la durata dell'orario di lavoro che le modalità di controllo.
In particolare, prevede che la durata settimanale dell'orario
di lavoro, fissata in trentotto ore effettive (attualmente in tren
tasei ore, ai sensi dell'at. 30 della legge quadro sul pubblico
impiego) va documentata per i dipendenti attraverso sistemi au
tomatici di rilevazione, fatte salve le diverse modalità stabilite,
per peculiari posizioni lavorative, con separata contrattazione, concretizzatasi in accordi collettivi succedutisi nel tempo e rece
piti dall'Inps con l'impugnata delibera 24 febbraio 1984.
Ed in attuazione di tali accordi i legali dell'istituto, fermo
restando l'obbligo dell'osservanza delle comuni disposizioni tutte
le volte in cui la loro attività lavorativa si svolge in ufficio, sono tenuti ad attestare la durata dell'espletamento del loro eser
cizio professionale all'esterno mediante dichiarazione scritta.
Tale sistema di controllo delle presenze non contrasta con
l'invocato art. 6 d.p.r. n. 346 del 1983.
Come ha già avuto modo di affermare questa sezione, la po sizione dei legali di un ente della presenza in ufficio degli addet
ti al servizio legale di un ente mediante timbratura di cartellino
all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro (Cass. n. 9113 del
24 agosto 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Lavoro (rapporto), n. 979), non sottacendo peraltro che la stessa Corte costituzio
nale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 8 1. 20 marzo 1975 n. 70, sollevata in riferi
mento agli art. 3 e 97 Cost., ha affermato che gli avvocati e
procuratori dell'Inps, al pari dei legali degli altri enti pubblici,
per quanto riguarda i profili del pubblico impiego, sono assog
gettati ai doveri derivanti dal rapporto impiegatizio, ivi compre so il dovere di osservare l'orario di lavoro (Corte cost. 28 luglio
1988, n. 928, id., 1989,1, 3269). E, per tale osservanza, corret
tamente l'Inps, in conformità delle previsioni di cui al citato
art. 6 d.p.r. n. 346 del 1983, ha adottato un sistema che per il lavoro svolto in ufficio, si attua mediante l'orologio marca
tempo, mezzo meccanografico di rilevazione delle presenze, e
per il lavoro professionale svolto fuori dell'ufficio mediante di
chiarazioni attestanti l'esercizio professionale, rispettando cosi
la peculiarità dell'attività professionale che viene in tale modo
esercitata con autonomia e responsabilità. Per le suesposte argomentazioni il ricorso in appello indicato
in epigrafe deve essere accolto e, in riforma della sentenza im
pugnata, deve essere respinto il ricorso proposto dall'avv. Li
santi avverso la delibera del consiglio di amministrazione del
l'Inps del 24 febbraio 1984 nella parte relativa alle modalità
di rilevamento delle presenze.
II
Diritto. — Oggetto della impugnativa e il provvedimento che, nell'ambito del ministero del tesoro, ha introdotto il sistema
automatizzato di controllo degli accessi e di rilevazione delle
presenze. I ricorrenti, dipendenti del suddetto ministero, appartenenti
alla carriera dirigenziale assumono, in buona sostanza, che tale
sistema di controllo automatizzato non sarebbe previsto da al
cuna norma relativa al personale dirigente, per cui al suddetto
controllo sarebbe assoggettato esclusivamente il personale non
dirigente in virtù di apposite normé contrattuali.
La tesi dei ricorrenti appare priva di giuridico fondamento.
Premesso che la presente vertenza concerne non l'obbligo del
l'osservanza dell'orario di lavoro, bensì le semplici modalità di
rilevazione delle presenze di tutto il personale dipendente dal
ministero del tesoro, ivi compresi i dirigenti, occorre precisare che l'accertamento degli orari di lavoro mediante controlli di
tipo automatico per il personale dei ministeri veniva imposto dal d.p.r. 266/87, né può ragionevolmente affermarsi che sia
necessaria una particolare disposizione legislativa che assoggetti
Il Foro Italiano — 1994.
i dirigenti al controllo automatizzato, atteso che la rilevazione
automatica delle presenze si pone come una delle possibili e
legittime modalità di accertamento delle stesse, non dissimile,
nella sostanza, da quella precedentemente in uso, che si realiz
zava mediante l'apposizione della firma su appositi fogli (note di presenza).
Peraltro, la circostanza che l'art. 9, 3° comma, d.p.r. 266/87
prescriva espressamente per il personale «contrattualizzato» dei
ministeri l'automaticità dei controlli della presenza ai fini del
rispetto degli orari di lavoro, non comporta per esclusione che
l'amministrazione non possa estendere l'applicazione del siste
ma di rilevamento automatico anche al personale dirigente, ri
correndo nella specie evidenti ragioni di interesse generale, atte
so che la diffusione di tale sistema, proprio per la sua natura
obiettiva, non comporta alcuna lesione della dignità del lavora
tore, anche se rivestente funzioni dirigenziali. Né può condividersi l'assunto dei ricorrenti circa la necessità
di una motivazione specifica da parte dell'amministrazione in
ordine alla introduzione, anche per il personale dirigente, del
sistema di rilevazione automatica delle presenze, in quanto non
si intravede, nella fattispecie, alcuna valida ragione circa la ne
cessità di una motivazione specifica da parte dell'amministra
zione, in considerazione del carattere eminentemente organizza torio della disposizione impugnata, che non impinge su partico lari posizioni giuridiche soggettive dei destinatari della stessa.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 3 febbraio 1994, n. 85; Pres. Imperatrice, Est. Luce; Min. poste e telecomu
nicazioni (Avv. dello Stato Giordano) c. Buscemi (Aw. di
Gioia). Annulla Tar Lazio, sez■ II, 21 marzo 1992, n. 655.
Atto amministrativo — Documenti — Diritto di accesso — Di
niego — Ricorso — Esperibilità — Limiti (D.p.r. 3 maggio 1957 n. 686, norme di esecuzione del t.u. delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con
d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, art. 29; 1. 7 agosto 1990 n. 241, nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi, art. 25).
Lo speciale ricorso previsto dall'art. 25 l. 241/90, è ammissibile
solo a tutela di un diritto di accesso a documenti amministra
tivi che trovi la sua base sostanziale in norme contenute nella
legge stessa. (1)
(1) Nel caso deciso, un dipendente statale aveva domandato di poter accedere a documenti relativi al proprio rapporto di impiego, esercitan do la facoltà attribuitagli dall'art. 29 d.p.r. 686/57.
La decisione riportata ha dichiarato inammissibile tale ricorso, ade rendo ad una costruzione del rimedio assicurato dall'art. 25 1. 241/90, come speciale: a tutela del solo diritto di accesso a documenti ammini strativi garantito dalla legge stessa (in tale caso, non acquistava rilevan za una ulteriore distinzione: quella tra il diritto di accesso attribuito a chiunque vi abbia un interesse giuridicamente rilevante dagli art. 22 ss. della legge, e il diritto di prendere visione degli atti del procedimen to, attribuito dal precendente art. 10, a chi è legittimato a parteciparvi).
Appare nettamente maggioritaria, tuttavia, la giurisprudenza che con sidera tale ricorso come un rimedio di carattere generale, esperibile per ciò a tutela di ogni diritto di accesso a documenti amministrativi che l'ordinamento riconosca (e, quindi, anche indipendentemente dalla man cata emanazione dei regolamenti previsti dall'art. 24 1. 241/90, quando esso trovi già aliunde una completa disciplina): Cons. Stato, sez. V,
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — Nell'accogliere la proposta domanda, il tribunale
amministrativo regionale ha rilevato che la pretesa all'accesso
fatta valere dal Buscemi ineriva a documenti relativi al suo rap
porto di impiego alle dipendenze della amministrazione richiesta.
In particolare, ha sottolineato che ne erano oggetto atti rile
vanti ai fini della individuazione della sua posizione di stato (di dipendente); concernenti, pertanto, sia il potere di autorga nizzazione dell'ufficio di appartenenza, sia le aspettative di car
riera di esso dipendente. Dal che, secondo i primi giudici, il suo diritto, a norma della
normativa di cui all'art. 29, 1° comma, d.p.r. n. 686 del 1957
ed al d.m. (ministero poste) 12 dicembre 1990 n. 455, a pren derne visione al fine anche di poterne eventualmente, ottenere
il rilascio di copie od estratti.
Peraltro, sempre secondo il tribunale amministrativo regiona
le, anche se la situazione giuridica soggettiva fatta valere non
si ricollegava specificamente alla previsione di cui all'art. 22
1. n. 241 del 1990, trovava tuttavia applicazione il procedimento
previsto dall'art. 25 della legge stessa, in quanto a tale procedi
mento si doveva riconoscere un ambito di portata generale ed
ancorché non fossero stati ancora, all'epoca, emanati gli atti
di regolamentazione secondaria di cui al successivo art. 31.
La decisione, contrastata dall'amministrazione appellante, è
errata e deve essere riformata.
Il tribunale amministrativo regionale ha infatti errato là dove
ha escluso che lo speciale procedimento di cui all'art. 25 1. n.
241 del 1990, utilizzato nel caso in esame, avesse carattere spe
ciale e fosse riferibile alla sola ipotesi del diritto di accesso ai
documenti amministrativi quale previsto dall'art. 22 stessa indi
cata legge. Ha errato, in particolare, nell'aver ritenuto di poter enucleare
dal contesto complessivo della legge la disciplina concernente
il procedimento in esame, elevandola a categoria procedimenta
le e processuale di carattere generale, applicabile ad ogni ipotesi
di accesso comunque consentito dall'ordinamento ed ancorché
non correlata specificamente alla 1. n. 241 del 1990.
Vero è invece che l'interpretazione letterale, oltre che logico
e sistematica, della legge in esame conducono all'opposto risul
tato; inducono, cioè, a ritenere che il procedimento in esame,
disciplinato nel capo V della legge in stretta connessione e stru
mentalità con l'ipotesi di accesso ivi regolata, sia ad essa soltan
to relativo e non trovi applicazione per le ulteriori eventuali
analoghe ipotesi previste da altre leggi.
Procedimento, peraltro, che, in relazione al successivo art.
31 della stessa legge, è condizionato, quanto alla ammissibilità,
all'avvenuta azione degli atti di regolamentazione secondaria da
adottare dalle amministrazioni interessate per conformarne e di
sciplinarne l'esercizio.
Con la conseguenza che, qualora, come si assume nel caso
esaminato, la qualità di dipendente propria del ricorrente e la
richiamata normativa concernente il relativo rapporto di servi
zio consentivano l'accesso ai documenti in possesso dell'ammi
21 febbraio 1994, n. 119, Foro it., 1994, III, 361, con nota di richiami,
che conseguentemente ha ammesso il ricorso medesimo, a tutela del
diritto di informazione attribuito ai consiglieri degli enti locali dall'art.
24 1. 816/85, e dall'art. 31, 5° comma, 1. 142/90; e, analogamente, in relazione al diritto di accesso a informazioni sullo stato dell'ambien
te, previsto dall'art. 14 1. 349/86, Cons, giust. amm. sic. 21 novembre
1991, n. 476 (relativamente alla domanda rivolta ad un comune, di co
noscere i risultati delle analisi di potabilità delle acque erogate dall'ac
quedotto comunale), id., 1992, III, 354, con nota di richiami, cui adde,
nello stesso senso, e applicando la medesima disposizione, Tar Emilia
Romagna, sez. II, 20 febbraio 1992, n. 78, id., Rep. 1992, voce Am
biente (tutela del), n. 69.
Inoltre, e corrispondentemente, il ricorso suddetto è stato dichiarato
ammissibile proprio a tutela del diritto di informazione del dipendente statale di cui all'art. 29 d.p.r. 686/57, oltre che dalla sentenza annullata
di Tar Lazio, sez. II, 28 marzo 1992, n. 655, id., Rep. 1992, voce Im
piegato dello Stato, n. 451, anche da Cons. gius. amm. sic. 30 novem
bre 1992, n. 391, id., Rep. 1993, voce Atto amministrativo, n. 202.
Il Foro Italiano — 1994.
nistrazione e relativi al suo stato giuridico, il rifiuto o il diniego
opposti alla richiesta di prenderne visione andavano censurati
sul piano giurisdizionale con i normali rimedi previsti in rela
zione alle omissioni o ai rifiuti della pubblica amministrazione.
Non potevasi, quindi, ricorrere al procedimento di cui al ri
chiamato art. 25 1. n. 241 del 1990, perché la pretesa sostanziale
fatta valere non trova fondamento dalla normativa di cui al
capo V della legge stessa, cui soltanto era strumentale il mecca
nismo processuale utilizzato, di cui quindi va dichiarata l'inam
missibilità per mancanza dei necessari presupposti.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione III; sentenza 27 luglio 1994, n. 1434; Pres. Bo
rea, Est. Cappugi; Sulas, Codacons e altri (Aw. Rienzi) c.
Cassa naz. assistenza e previdenza avvocati e procuratori (Aw.
Sanino).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione III; sentenza 27 luglio 1994, n. 1434; Pres. Bo
Atto amministrativo — Documenti — Diritto di accesso — Man
cata emanazione dei regolamenti delle singole amministrazio
ni — Irrilevanza (L. 7 agosto 1990 n. 241, nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di acces
so ai documenti amministrativi, art. 24, 31; d.p.r. 27 giugno
1992 n. 352, regolamento per la disciplina delle modalità di
esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai docu
menti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, 2° comma,
1. 7 agosto 1990 n. 241, art. 8). Atto amministrativo — Documenti — Diritto di accesso — Di
niego — Ricorso di associazione — Difetto di legittimazione — Fattispecie (L. 7 agosto 1990 n. 241, art. 1, 9, 22).
Atto amministrativo — Documenti — Diritto di accesso — In
teresse individuale qualificato — Fattispecie (L. 7 agosto 1990
n. 241, art. 1, 9, 22).
Dopo l'emanazione del d.p.r. 27 giugno 1992 n. 352, non è
inammissibile il ricorso contro il diniego opposto dall'ammi
nistrazione, alla domanda di accesso a documenti ammini
strativi, anche se essa non aveva ancora individuato, con i
regolamenti di sua competenza, i provvedimenti da sottrarre
all'accesso. (1)
(1) La pronuncia ripropone il problema della graduazione nel tempo della applicabilità delle norme del titolo V della 1. 241/90, dedicato
al diritto di accesso ai documenti amministrativi, in relazione alla ado
zione dei regolamenti previsti dall'art. 24 della legge medesima.
I. - Questo articolo, dopo aver escluso il diritto di accesso per docu
menti coperti da segreto di Stato, e negli altri casi di segreto o di divieto
di divulgazione previsti dall'ordinamento, dispone, al 2° comma, che
il governo emani «uno o più decreti», in forza dell'art. 17, 2° comma, 1. 400/88 (ossia, con effetto c.d. "delegificante"); demanda a tale o
a tali decreti, in positivo, la disciplina delle modalità di esercizio del
diritto di accesso, e, in negativo, la previsione di altri casi di sua esclu
sione, in vista della salvaguardia di esigenze che enumera nelle lettere
a), b), c), d); e assegna per la loro emanazione, un termine di sei mesi
dall'entrata in vigore della legge medesima (termine scaduto, perciò, il 2 marzo 1991). Inoltre, il successivo art. 31 rinvia l'applicabilità delle
norme sul diritto di accesso del capo V, alla "entrata in vigore dei
decreti di cui all'art. 24"».
Alla previsione legislativa suddetta il governo ha dato attuazione con
un unico decreto: col d.p.r. 27 giugno 1992 n. 352 (Le leggi, 1992,
I, 2970), sullo schema del quale, elaborato presso la segreteria generale della presidenza del consiglio dei ministri, l'ad. gen. del Consiglio di
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