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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione VI; decisione 3 maggio 1994, n. 678; Pres....

Date post: 30-Jan-2017
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sezione VI; decisione 3 maggio 1994, n. 678; Pres. Laschena, Est. Luce; Soc. Telube (Avv. Gianoglio, Contaldi) c. Min. beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato Arena). Conferma Tar Piemonte 14 ottobre 1992, n. 476 Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994), pp. 423/424-425/426 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188381 . Accessed: 28/06/2014 08:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.135 on Sat, 28 Jun 2014 08:31:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 3 maggio 1994, n. 678; Pres. Laschena, Est. Luce; Soc. Telube (Avv.Gianoglio, Contaldi) c. Min. beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato Arena). Conferma TarPiemonte 14 ottobre 1992, n. 476Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 423/424-425/426Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188381 .

Accessed: 28/06/2014 08:31

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PARTE TERZA

Le deliberazioni più recenti, adottate dal consiglio di presi denza della Corte dei conti nelle adunanze del 4, 5 e 6 febbraio,

del 25 e 26 febbraio e del 12 e 13 marzo 1991 prevedono espres samente che «per le assegnazioni d'ufficio e di funzioni sulla

base di dichiarazioni di disponibilità valgono i medesimi criteri stabiliti per le assegnazioni a domanda» e che «nei soli casi

di assoluta necessità di copertura di un posto di funzione rima

sto vacante per la mancanza anche di dichiarazioni di disponi

bilità, il consiglio procede alle assegnazioni d'ufficio senza con senso, nel primario interesse dell'ordinamento al funzionamen

to degli uffici, seguendo l'ordine inverso di ruolo, con esclusione

dei magistrati già trasferiti d'ufficio senza consenso per almeno

un anno nell'ultimo quinquennio». Se si esaminano i criteri per il trasferimento a domanda (rece

piti in materia di assegnazioni d'ufficio sulla base di dichiara zioni di disponibilità), si rileva come questo sia adottato in esito

ad una vera e propria procedura concorsuale, nella quale sono

valutati l'anzianità di servizio, la professionalità specifica e l'at

titudine, con attribuzione di punteggi minuziosamente regolati.

Al di là di ogni definizione formale prescelta, sembra al colle

gio che dall'applicazione di criteri siffatti discenda che il trasfe

rimento previa disponibilità è sostanzialmente assimilabile al tra

sferimento a domanda, disposto nel prevalente interesse del ma

gistrato, con tutti gli effetti relativi.

Posta, infatti, la vacanza di una sede che è necessario ricopri

re, una cosa è che questa venga assegnata al magistrato più idoneo a prescindere dal suo consenso; altra cosa è che il trasfe

rimento sia sin dall'inizio ristretto alla sola cerchia di coloro

che, avendo dichiarato la loro disponibilità, dimostrano sostan

zialmente di aspirare alla relativa destinazione. Talché il trasfe

rimento costituisce, in definitiva, il soddisfacimento dell'inte

resse soggettivo dei «disponibili», ritenuto dall'amministrazione

prevalente rispetto ai requisiti di anzianità e di professionalità di altri magistrati che hanno omesso di evidenziare la loro di

sponibilità e che solo in un secondo tempo vengono eventual

mente presi in considerazione, secondo determinati criteri.

Manca, nella configurazione di un trasferimento così regola

to, l'elemento proprio del trasferimento d'ufficio, il quale è ca

ratterizzato dalla adozione di un provvedimento ad iniziativa

e nell'interesse dell'amministrazione; provvedimento che fin dal

suo sorgere è completo di tutti i suoi elementi (consistenti nel

l'individuazione differenziata del soggetto che deve trasferirsi

e nell'indicazione della sede di destinazione), ovvero è reso ine

luttabile da avanzamenti di carriera che rendono necessaria la

destinazione a nuove funzioni.

In questa linea si è mossa anche la IV sezione del Consiglio di Stato (dee. 686/92, id., Rep. 1992, voce Ordinamento giudi

ziario, n. 106), che ha sottolineato come le procedure istituite

con riguardo ai trasferimenti dei magistrati amministrativi siano

rivolte a soddisfare, primariamente, se non esclusivamente, l'a

spettativa legittima del singolo a conseguire un trasferimento de

siderato. Un vero e proprio caso di trasferimento (previo inter

pello e procedura concorsuale) che può essere assimilato ad un

trasferimento d'ufficio è, invece, quello «in cui si tratti di confe

rire per la prima volta nuove funzioni (nomina ad uffici direttivi

o semidirettivi; passaggio dalla qualifica di consigliere di Tar a

quella di consigliere di Stato)». In tale caso, infatti «si può dire

che assume un certo spessore la valutazione delle attitudini, di

fronte alla quale le aspirazioni soggettive e personali degli inte

ressati non possono non passare in secondo piano. E non è in

differente per l'amministrazione avvalersi delle prestazioni del

magistrato nelle une o nelle altre funzioni; sicché si può fare ri

ferimento al tradizionale assioma secondo cui le promozioni so

no disposte nel prevalente interesse dell'amministrazione».

In altri termini, non sembra consentito introdurre, ai fini del

l'attribuzione dell'indennità di missione ex art. 13, fra l'istituto

del trasferimento d'ufficio (che nel caso considerato è l'asse

gnazione in assenza di dichiarazione di disponibilità) e l'istituto del trasferimento a domanda (in cui il provvedimento viene a

soddisfare una espressa aspirazione degli interessati), un tertium

genus: quello in cui il magistrato risulta non alieno dal trasferi

mento disposto autoritativamente, e manifesta il suo gradimen to attraverso una dichiarazione esplicita, che costituisce il pre

supposto prioritario per la scelta del soggetto da assegnare ad

una determinata sede.

Si comprende come l'amministrazione, nell'effettuare un tra

sferimento necessario nell'interesse pubblico, preferisca prende re innanzitutto in considerazione coloro che dichiarano di con

sentire alla relativa destinazione. Ma, appunto, poiché in tal

Il Foro Italiano — 1994.

caso, nel provvedere, l'amministrazione viene incontro alle aspi razioni personali dei consenzienti, questi sono assimilabili a co

loro che formulano istanza di trasferimento.

Come si vede, tranne sfumature marginali, le accennate situa

zioni appaiono coincidere; ed entrambe non sembrano giustifi

care l'attribuzione di una indennità prevista, nella sua ratio, come ristoro per i disagi cui vanno incontro coloro che non

hanno in alcun modo sollecitato o mostrato di gradire la nuova

destinazione. È da supporre infatti che chi domanda il trasferi

mento o si dichiara disponibile ad esso, ravvisi nella diversa

sistemazione una eventualità favorevole ai suoi interessi perso

nali, familiari o di carriera, tale da compensare gli eventuali

oneri connessi.

Dalle considerazioni che precedono discende che, mentre de

ve affermarsi il diritto del magistrato della Corte dei conti al

l'indennità prevista dall'art. 13 I. 97/79 (art. 6 1. 27/81) ogni

qualvolta sia trasferito d'ufficio, tale diritto deve essere escluso

nel caso di un trasferimento che, per le modalità con le quali è disposto, debba intendersi come trasferimento a domanda.

Ne discende che la domanda del dr. Cozzo deve essere respin ta nella parte in cui egli chiede che gli sia attribuita l'indennità

di trasferimento in occasione della sua assegnazione alla sezione

giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia, nella quale non risulta che il trasferimento sia stato disposto con procedi mento diverso dalle ordinarie procedure concorsuali.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 3 maggio 1994, n. 678; Pres. Laschena, Est. Luce; Soc. Telube (Avv. Giano

glio, Contaldi) c. Min. beni culturali e ambientali (Aw. dello

Stato Arena). Conferma Tar Piemonte 14 ottobre 1992, n. 476.

Antichità e belle arti — Immobile vincolato — Opere di sostegno di insegna pubblicitaria — Autorizzazione — Necessità (L. 1°

giugno 1939 n. 1089, tutela delle cose di interesse artistico o sto

rico, art. 18, 22, 60).

Posto che le opere di sostegno di un'insegna pubblicitaria, impli canti una possibile compromissione dei valori architettonici e

dei significati culturali dell'immobile su cui sono installate, so

no inquadrabili tra le «opere di qualunque genere» per le quali l'art. 181.1° giugno 1939 n. 1089prescrive l'obbligo di preven tiva sottoposizione del progetto alla competente soprintenden

za, è legittimo l'ordine di rimozione, da parte del soprintendente

per i beni ambientali e architettonici, dell'insegna installata su

edificio vincolato senza preventiva autorizzazione relativamen

te alle consistenti opere di sostegno, pur in presenza di un pare re positivo, espresso in passato, sulla compatibilità dell'insegna

pubblicitaria in sé con il bene tutelato. (1)

(1) L'obbligo di preventiva sottoposizione del progetto alla compe tente soprintendenza di opere da compiere su immobili di interesse storico

artistico, che riguarda, ai sensi dell'art. 18 1. 1° giugno 1939 n. 1089, qualsiasi manufatto, anche se di limitata entità volumetrica e a caratte re precario (pur se non si configuri la necessità di concessione edilizia: Tar Sicilia, sede Catania, sez. Ili, 5 maggio 1993, n. 316, Trib. amm.

reg., 1993, I, 2882), purché idoneo ad arrecare pregiudizio all'interesse tutelato (Cass. 23 novembre 1984, Fardelli, Foro it., Rep. 1986, voce

Antichità, n. 53), presuppone la preventiva notifica dell'imposizione del vincolo al proprietario dell'immobile (Cass. 18 maggio 1982, n. 3071, id., Rep. 1982, voce cit., n. 30; Tar Lazio, sez. II, 28 febbraio 1984, n. 343, Trib. amm. reg., 1984, I, 84); diversamente, potrà essere ordi nata in via cautelare la sospensione dei lavori, purché nei sessanta gior ni successivi segua la notifica (Cons. Stato, sez. VI, 30 marzo 1984, n. 167, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 16).

Sulla reciproca autonomia tra autorizzazione soprintendentizia e con cessione edilizia, v. Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 1989, n. 102, id., Rep. 1989, voce Giustizia amministrativa, n. 136; Tar Piemonte, sez. I, 10 set tembre 1990, n. 386, id., Rep. 1991, voce Edilizia e urbanistica, n. 521).

Con riguardo alla fattispecie di cui alla decisione in epigrafe, può susci tare perplessità il richiamo, contenuto nel preambolo del provvedimento soprintendentizio impugnato, all'art. 601. 1089/39, che riguarda l'eserci zio di autotutela in caso di contravvenzione al divieto di cui all'art. 22, concernente le insegne pubblicitarie in sé, mentre nel caso delle opere di

sostegno, come di qualsiasi opera edilizia, il provvedimento tipico adot

tabile, ai sensi dell'art. 59, è la riduzione in pristino (Cons. Stato, sez.

VI, 20 maggio 1988, n. 706, id., Rep. 1988, voce Antichità, n. 31).

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — (Omissis). 2. - La società Telube deduce poi (lett. B punto 1 dell'atto di appello), in relazione ai motivi del ricorso

di primo grado (secondo motivo e quarto e quinto motivo ag

giunto) respinti dal tribunale amministrativo regionale, l'erro

neità dell'asserzione, contenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui l'insegna luminosa sarebbe installata in violazione

del disposto di cui all'art. 18 1. n. 1089 del 1939. Dall'esame congiunto delle disposizioni di cui agli art. 18 e

22 della legge indicata, si evincerebbe, secondo l'appellante, l'e

sclusione dalle «opere di qualunque genere» di cui all'art. 18

di quelle relative alla collocazione ed affissione dei mezzi di

pubblicità, specificamente disciplinate dal successivo art. 22.

Immotivata, contraddittoria ed illogica sarebbe la motivazio

ne adottata sulla questione dal tribunale amministrativo regio nale che, pur ritenendo applicabile alle insegne la disciplina di

cui al richiamato art. 22 1. n. 1089 del 1939, ha, tuttavia, ag

giunto che, considerata insieme alla struttura di sostegno l'inse

gna in esame rientrava nella diversa previsione relativa alle «opere di qualunque genere» di cui all'art. 18 stessa legge.

La censura è infondata e va respinta. Correttamente, ad opi nione del collegio, il tribunale amministrativo regionale ha rite

nuto applicabile al caso in esame il disposto di cui all'art. 18

1. n. 1089 del 1939, relativo non solo alle «opere edilizie» ma

anche alle «opere di qualunque genere» comprendendo con tale

espressione qualsiasi manufatto, anche se di limitata entità vo

lumetrica ed a carattere precario, purché idoneo ad arrecare

pregiudizio all'interesse tutelato.

Norma, quella indicata, la cui applicazione non resta preclu

sa, come pretende l'appellante, per le insegne pubblicitarie per effetto del disposto di cui al successivo art. 22 stessa indicata

1. n. 1089 del 1939; dal momento che la disciplina dello stesso

(art. 22) enunciata riguarda soltanto il «collocamento o l'affis

sione di manifesti, cartelli, iscrizioni ed altri mezzi di pubblici tà» che per la loro sola presenza danneggiano l'aspetto, il deco

ro e il pubblico godimento degli immobili di interesse storico

e non, diversamente dal caso in esame, la realizzazione di un

manufatto di sostegno. 3. - Sempre in relazione ai motivi di appello respinti dal tri

bunale amministrativo regionale, la società Telube deduce, poi, che l'insegna in questione non poteva considerarsi abusiva, ai

sensi del disposto di cui all'art. 18 1. n. 1089 del 1939, in quan to «la relativa pratica era stata esaminata ed aveva ottenuto

il parere favorevole della soprintendenza con provvedimento in

data 29 aprile 1984».

Con l'atto indicato, la soprintendenza aveva espresso parere favorevole all'esecuzione di alcune modifiche al manufatto di

sostegno dell'insegna Lavazza «avendo cura di precisare che ta

le parere veniva formulato non solo limitatamente all'insegna

richiesta, ma anche a seguito della valutazione delle precedenti autorizzazioni e della norma generale seguita...».

Immotivata ed illogica, secondo l'appellante, sarebbe la deci

sione adottata sul punto dal tribunale amministrativo regionale, il quale ha riferito il parere anzidetto alla sola insegna luminosa

e non già alla sua struttura portante ad essa inerente.

Anche tale causa è infondata e va quindi respinta.

Esattamente, ad opinione del collegio, il tribunale ammini

strativo regionale ha ritenuto che il parere richiamato dalla so

cietà appellante riguardasse la sola collocazione dell'insegna a

non già la realizzazione del supporto di sostegno della stessa.

Esso veniva, infatti, formulato in relazione alla domanda della

s.p.a. Lavazza di autorizzazione alla collocazione «sul tetto del

lo stabile di piazza Carlo Felice n. 80 la seguente pubblicità:

Insegna "Caffè Lavazza" formata da lettere scatolate singole

e da scatolature sagomate con illuminazione a tutti neon a vi

sta, a luce in movimento graduale e dissolvente».

Nessun specifico riferimento veniva fatto, nella valutazione

indicata, che peraltro conduceva ad un'autorizzazione (del 29

settembre 1984) precaria da parte del sindaco di Torino, al so

stegno su cui si reggeva l'insegna e che, costituendo, come rile

vato precedentemente, un'opera implicante una possibile com

promissione dei valori architettonici e dei significati culturali dello stabile, andava specificamente sottoposta al giudizio della

soprintendenza. 4. - L'appellante, infine, ripropone la censura, anch'essa re

spinta dal tribunale amministrativo regionale, di illegittimità del

provvedimento adottato in quanto la rimozione dell'insegna, ai

sensi dell'art. 22 1. n. 1089 del 1939, poteva essere disposta nel

solo caso di inosservanza del divieto alla sua collocazione e con

provvedimento motivato.

Nel caso in esame, non esisteva alcun divieto alla collocazio

ne dell'insegna e la soprintendenza non aveva assolto, nel di

II Foro Italiano — 1994.

sporre la rimozione, all'obbligo di fornire una congrua motiva

zione sulle ragioni che ne giustificavano la demolizione, in rela

zione principalmente al fatto che la stessa era collocata, da oltre

quarant'anni, in una delle piazze più centrali di Torino, di fronte

alla stazione centrale e con autorizzazione degli organi comuna

li e della stessa soprintendenza.

Neppure poi poteva essere assunta a presupposto e motiva

zione dell'atto impugnato la relazione della soprintendenza cui

ha fatto riferimento il tribunale amministrativo regionale, trat

tandosi di atto avente data (16 luglio 1991) successiva a quella del provvedimento di rimozione.

Anche tali censure sono infondate e vanno respinte. Il caso in esame, come rilevato precedentemente, rientrava

nella previsione di cui all'art. 18 1. n. 1089 del 1939; per dispor

re, pertanto, la rimozione dell'insegna con relativo supporto di

sostegno (implicanti nell'insieme un'opera per la cui realizzazio

ne era necessario preventivamente sottoporre il predetto alla so

vrintendenza) non era necessario uno specifico divieto del so

vrintendente stesso alla sua installazione, come invece previsto dal successivo art. 22 1. n. 1089 del 1939 erroneamente invocato

dall'appellante.

Quanto, poi, alla motivazione dell'impugnato provvedimen

to, sembra al collegio rilevante la circostanza che trattavasi di

atto implicante la formulazione di un giudizio tecnico

discrezionale non sindacabile sotto il profilo del merito; con

la conseguenza che l'indicazione di cui al primo capoverso del

l'atto della sovrintendenza riguardante il ritenuto «disturbo alla

migliore tutela dell'edificio» «per posizione e dimensioni» del

l'insegna con relativo supporto appare sufficiente a far ritenere

assolto l'obbligo della motivazione, afferendo l'ulteriore valu

tazione circa l'incidenza della posizione e dimensione dell'opera sulla tutela del bene al merito del provvedimento riservato alla

esclusiva pertinenza dell'amministrazione.

Considerazioni, quelle indicate, le quali consentono di ritene

re infondate anche le ulteriori doglianze di cui all'esaminato

motivo di appello ed ai successivi punti del proposto ricorso.

La circostanza, infatti, invocata dalla Telube, secondo cui l'in

segna era stata collocata da ben quarant'anni non implicava un aggravamento per l'amministrazione dell'obbligo della moti

vazione ovvero della svolta istruttoria, stante l'iniziale mancan

za di autorizzazione non sanabile per il mero decorso del termine.

Da tutto quanto premesso consegue la reiezione dell'appello e la conferma della sentenza impugnata sussistendovi giusti mo

tivi in relazione alla complessità (in punto di fatto) delle que stioni esaminate.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; ordinanza 3 maggio 1994,

n. 664; Pres. Imperatrice, Rei. Millemaggi Cogliani; Ente

naz. previdenza e assistenza medici (Aw. De Vergottini) c.

Calderale (Aw. Marchio, Garibaldi).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Indennità integra tiva speciale — Computabilità nel trattamento di fine rappor to — Nuova disciplina — Questioni non manifestamente in

fondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 25, 36, 103, 113;

1. 29 gennaio 1994 n. 87, norme relative al computo della

indennità integrativa speciale nella determinazione della buo

nuscita dei pubblici dipendenti, art. 1, 3, 4).

Non sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 4 l. 29 gennaio 1994 n. 87, nella parte in cui dispone

la estinzione d'ufficio, con compensazione fra le parti delle

spese relative, dei giudizi pendenti aventi ad oggetto la com

putabilità dell'indennità integrativa speciale nel trattamento

di fine rapporto dei pubblici dipendenti, in riferimento agli art. 3, 24, 1° e 2° comma, 25, 1° comma, 103 e 113 Cost.;

b) dell'art. 3 l. 87/94, nella parte in cui non esclude dall'obbligo

della presentazione della domanda i dipendenti già cessati dal

servizio i quali abbiano promosso azione giudiziaria per il com

puto dell'indennità integrativa speciale nella base di calcolo del

trattamento di fine servizio, in riferimento all'art. 3 Cost.;

c) dell'art. 1, lett. b, /. 87/94, in relazione allo stesso art. 1, lett.

a, nella parte in cui limita al trenta per cento dell'indennità in

tegrativa speciale annua in godimento alla data della cessa

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