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sezione VI; decisione 30 gennaio 1991, n. 42; Pres. Imperatrice, Est. Zucchelli; D Cesare e altri(Avv. Bellini) c. Cip, Min. industria, commercio e artigianato (Avv. dello Stato Figliolia).Annulla Tar Lazio, sez. III, 23 novembre 1987, nn. 1901 e 1906Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 481/482-485/486Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183228 .
Accessed: 28/06/2014 16:22
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
6. - La situazione oggetto del presente gravame riguarda l'i
potesi in cui il conferimento di mansioni superiori ad un aiuto
si è protratto oltre i sessanta giorni previsti dalla norma.
Da quanto fin qui esposto, ritiene questo tribunale che ci si
trovi in presenza di un conflitto tra due principi costituzional
mente garantiti, quello, di cui all'art. 36, della proporzionalità tra mansioni e stipendio e l'altro, di cui all'art. 97 Cost., relati
vo al buon andamento della pubblica amministrazione, che non
risultano conciliabili. Infatti, la limitazione del riconoscimento
delle mansioni superiori al solo aspetto economico, già di per sé non può non scalzare il principio, come visto cardinale e
pacifico nel pubblico impiego, che la retribuzione discende da
atti formali di inquadramento. Inoltre, proprio l'esperienza con
creta nel campo della sanità, in cui l'applicazione per anni di
principi ed istituti mutuati dal rapporto privato (tra cui l'inden
nità per lo svolgimento di mansioni superiori, anche questa a
valenza solo economica) ha portato ad una situazione ingover
nabile, con la necessità di successive sanatorie (l'ultima nel 1985), ha indotto il legislatore a mutare indirizzo, proprio con la rigi da disciplina di cui al d.p.r. n. 761 ed in particolare dell'art. 29.
Aggiungasi, poi, come il principio dell'illecito arricchimento, di cui la Corte costituzionale ha fatto applicazione, mal si atta
glia alle peculiarità del pubblico impiego il cui dipendente ben
può reagire e opporsi all'illegittimo conferimento di mansioni
superiori, al contrario del dipendente privato, il cui metus e
soggezione nei confronti del datore di lavoro sono ben maggio ri. Nel pubblico impiego risulta più frequente l'ipotesi di «illeci
to arricchimento» del dipendente, ove riesca a lucrare di situa
zione di fatto contro legge, quale appunto lo svolgimento di
mansioni superiori. Sarebbe poi paradossale che venisse riconosciuta, sia pure ai
soli fini economici, un'indennità di funzioni superiori proprio nel comparto sanitario ove il legislatore, ponendo rimedio alla
politica legislativa precedente, ha inteso cambiare rotta.
In sostanza, i principi di cui alla pronuncia della Corte costi
tuzionale, non appaiono immediatamente trasferibili nel campo del pubblico impiego, proprio perché confliggenti con altri prin
cipi anche essi di rilievo costituzionale, che risultano a tutt'oggi fondanti il sistema della pubblica amministrazione nel nostro
paese. Ad avviso di questo collegio, tra i due principi costituzional
mente rilevanti sopra esplicitati deve, nel caso, farsi premio a
quello relativo al buon andamento dell'amministrazione, sia per ché il danno per l'impiegato risulta meno gravoso, sia perché tutte le norme positive confermano i principi costitutivi del si
stema dell'impiego pubblico che verrebbero scalzati dalla scelta
opposta, con un vulnus allo stesso dettato costituzionale di ben
maggiore momento.
Il dipendente pubblico che si trovasse ad essere illegittima mente assegnato a mansioni superiori contra legem ha il diritto
di reagire con i mezzi, inclusi quelli giurisdizionali, che l'ordi
namento gli consente, ma non può accampare diritto ad alcuna
indennità. L'amministrazione, d'altro canto, ha il dovere, anche per evi
tare responsabilità a vario titolo, di utilizzare i mezzi che l'ordi
namento le mette a disposizione per coprire interinalmente un
posto vacante, nel caso di primario, alternando ad esempio di
versi aiuti ogni sessanta giorni, ovvero ricorrendo a trasferi
menti interni o a comandi.
7. - Per le stesse ragioni il principio dello svolgimento delle
mansioni di fatto, richiamato dalla Corte costituzionale, non
appare applicabile all'impiego pubblico, perlomeno nell'ipotesi
di svolgimento di mansioni superiori, discendendo le funzioni
del dipendente da atti formali assunti con procedure e modalità
di legge. Trattasi di conflitto tra una norma del codice civile
(2126, 1° comma) che, se costituisce un principio, lo è solo nel
l'ambito dell'impiego privato ed i diversi principi regolanti il
pubblico impiego, tra cui preminenti quelli della formalità delle
attribuzioni delle funzioni; devono essere questi ultimi quindi a prevalere.
8. - Rilevasi, infine, come in siffatta materia non possa tro
vare ingresso la censura di disparità di trattamento, sollevata
in ricorso in relazione al trattamento economico concesso dal
li. Foro Italiano — 1991.
l'Usi n. 1 ad altro dipendente, in quanto le situazioni non ap
paiono comparabili ed in quanto eventuali illegittime attribu
zioni di indennità ad altri non potrebbero comunque giovare al ricorrente.
9. - Per quanto detto il ricorso in epigrafe risulta infondato
e va rigettato.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 30 "^naio 1991, n. 42; Pres. Imperatrice, Est. Zucchelli; D. Cesare
e altri (Avv. Bellini) c. Cip, Min. industria, commercio e
artigianato (Avv. dello Stato Figliolia). Annulla Tar Lazio, sez. Ili, 23 novembre 1987, nn. 1901 e 1906.
Prezzi (disciplina dei) — Idrocarburi — Regime di prezzi «sor
vegliati» — Poteri residui del Cip (D. leg. Igt. 19 ottobre 1944
n. 347, istituzione del comitato interministeriale e dei comita ti provinciali per il coordinamento e la disciplina dei prezzi, art. 4).
Anche dopo che il Cipe abbia adottato una direttiva con cui
si dispone che il Cip sottoponga i derivati del petrolio al regi me dei prezzi solo «sorvegliati» e non più «amministrati», e dopo che il Cip abbia adottato le deliberazioni conseguenti, è illegittimo il silenzio mantenuto da questo, sulla domanda
di alcune imprese distributrici di prodotti petroliferi di deter
minare amministrativamente i margini minimi obbligatori del
prezzo dei prodotti suddetti, da riconoscere alla loro distri
buzione. (1)
Fatto. — Il Cip, con deliberazione n. 26 del 6 luglio 1982, ha regolamentato la disciplina della determinazione dei prezzi dei prodotti petroliferi, prevedendo:
a) l'allineamento dei prodotti ai corrispondenti prezzi medi
europei;
b) l'individuazione dei margini minimi obbligatori dovuti per la distribuzione.
L'art. 8 della detta deliberazione prevedeva la formazione di
una apposita commissione per la determinazione dei margini minimi obbligatori che il ministero dell'industria, del commer
cio e dell'artigianato costituì' in effetti con decreto del 3 agosto 1982.
Il Tar Lazio, sez. Ili, con sentenza n. 517 del 25 ottobre
1984 (Foro it., Rep. 1985, voce Prezzi, n. 15) passata in cosa
(1) La decisione tocca profli attinenti al rapporto tra le direttive adot tate in materia di prezzi dal comitato interministeriale per la program mazione economica e le conseguenti determinazioni del comitato inter ministeriale prezzi, nonché sulle differenze e interferenze tra regime «am ministrato» e regime «sorvegliato» dei prezzi, non considerati dalla
giurisprudenza; in particolare, affermando che il passaggio dal regime di prezzi «amminsitrati» al regime di prezzi «sorvegliati», nella specie di prodotti petroliferi, non priva il comitato interministeriale prezzi del
potere attribuitogli direttamente dalla legge di determinare autoritativa mente il prezzo di qualsiasi prodotto, in qualsiasi e anche in una sola fase di scambio.
Per riferimenti: sul meccanismo di determinazione automatica dei prezzi dei prodotti petroliferi, disposto dal comitato interministeriale per la
programmazione economica e dal comitato interministeriale prezzi, Cons.
Stato, sez. VI, 21 maggio 1987, n. 323, Foro it., Rep. 1987, voce Prez
zi, n. 4; sull'irrilevanza per le pattuizioni tra concessionario e gestore di un distributore automatico di carburante, circa la ripartizione tra di loro della differenza tra i prezzi di acquisto e vendita dei prodotti distribuiti, delle determinazioni su tali prezzi del comitato interministe riale competente, Cass. 18 giugno 1990, n. 6117, id., Rep. 1990, voce
Idrocarburi, n. 12. Tar Lazio, sez. Ili, 25 ottobre 1984, n. 517, richiamata in motivazio
ne, e intervenuta in una fase precedente della controversia, ma non
pertinente direttamente all'attuale materia del contendere, è riassunta in Foro it., Rep. 1985, voce Prezzi, n. 15.
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PARTE TERZA
giudicata annullava il detto art. 8 sul presupposto che la legge non attribuiva al Cip la possibilità di delegare le sue funzioni.
Le società ricorrenti, poiché non si addiveniva alla revisione
dei margini obbligatori suddetti a causa anche dell'annullamen
to del detto articolo della deliberazione del Cip, inviavano una
istanza per raccomandata con avviso di ricevimento in data 1°
agosto 1986 e successivamente notificato un atto di diffida e
messa in mora in data 31 ottobre 1986, sollecitando il Cip ad
individuare nell'ambito della sua competenza i nuovi margini
obbligatori. Esse, decorso infruttuosamente il termine, adivano il Tar del
Lazio, lamentando: (omissis) Diritto. — Occorre in primo luogo procedere alla riunione
dei due appelli di cui in epigrafe, in quanto connessi oggettiva
mente, perché diretti alla riforma di due decisioni di eguale con
tenuto.
Il ricorso n. 1440, pertanto, deve essere riunito al ricorso n.
1439, siccome anteriore nel ruolo generale. Il decreto del Cip n. 26 del 6 luglio 1982 ha profondamente
innovato nella determinazione dei prezzi al consumo dei pro dotti petroliferi, abbandonando il precedente sistema, basato
sulla rilevazione dei costi di tutte le varie fasi di scambio e nelle
conseguenti determinazioni imperative dei relativi prezzi, ed adot
tando un diverso sistema basato invece sulla rilevazione della
media dei prezzi al consumo nei paesi europei, cui consegue il prezzo secondo calcoli predeterminati.
La riforma, in sostanza, induce l'abbandono del sistema del
prezzo «amministrato» per adottare il sistema del prezzo «sor
vegliato», in ottemperanza della deliberazione del Cipe del 4
dicembre 1981, con la quale veniva approvato il piano energeti co nazionale e si stabiliva che «il Cip predisporrà la riforma
del sistema dei prezzi dei prodotti petroliferi riconsiderando l'at
tuale metodo con il fine di passare in tempi successivi... dal
regime dei prezzi amministrati al regime dei prezzi sorvegliati, con riferimento ai prezzi correnti nei paesi della Cee».
Con la successiva deliberazione in data 24 giugno 1982 la di
rettiva veniva confermata, stabilendosi che: «Il Cip... provve derà a sottoporre a regime di sorveglianza i prezzi dei gasoli,
petroli e ol! combustibili fluidi» con l'indicazione dei criteri di calcolo.
Per la comprensione della modificazione apportata occorre
procedere ad una breve disamina della normativa in materia.
Il d. leg. lgt. 19 ottobre 1944 n. 347, e successive modifica
zioni ed integrazioni, costituisce la fonte del potere esercitato
dal Cip. L'art. 4 di esso stabilisce che il comitato può «determi
nare i prezzi di qualsiasi merce, in ogni fase di scambio... non
ché i prezzi dei servizi e delle prestazioni...», mediante provve dimenti di natura imperativa, che hanno creato la cosi detta
categoria dei «prezzi amministrati».
Le direttive per la regolamentazione dei prezzi, e quindi an
che per la scelta dei beni da amministrare, sono impartite dal
Cipe, ma il potere esercitato dal Cip nella scelta delle merci
e delle fasi da amministrare è autonomo e trova nella legge la
sua unica giustificazione. Nella necessità di determinare indirizzi più agili di politica
economica, con la deliberazione del 26 giugno 1974 il Cipe im
pegnò il Cip a seguire l'evoluzione di alcuni prezzi per settori
specificatamente individuati, mediante indagini ed ispezioni, non
ché opportune consultazioni con gli operatori economici, per formulare poi allo stesso Cipe proposte di intervento. Nasceva
cosi' la categoria dei «prezzi sorvegliati», la cui derivazione non
è certamente legislativa, costituendo piuttosto uno strumento
di politica economica a livello di programmazione governativa. La rilevazione dei prezzi «sorvegliati» infatti non determina
l'emanazione di provvedimenti imperativi, ma è finalizzata esclu
sivamente a fornire al Cipe elementi di conoscenza per interve
nire in sede di programmazione economica.
Nonostante la direttiva del Cipe in ordine all'instaurazione
di una sorveglianza su alcuni prezzi, il Cip non perde il suo
autonomo potere di determinare merci e fasi da sottoporre a
regime «amministrato», in quanto esso gli deriva direttamente
dalla legge. Nell'ambito delle direttive del Cipe il Cip ha di volta in volta
individuato categorie di prezzi «sorvegliati», il che si è risolto, da un punto di vista giuridico, nell'esercizio di poteri di indagi ne su merci precedentemente ignorate dal comitato ovvero nella
dismissione del regime di amministrazione di taluni prezzi con
Il Foro Italiano — 1991.
il contestuale passaggio ad una sorveglianza sul loro andamento.
Le direttive del Cipe sopra citate impegnavano appunto il Cip a modificare il regime dei prezzi petroliferi secondo il regime della «sorveglianza». Allo stesso tempo però non indicavano
limiti particolari alla potestà di tale organo di intervenire in
una qualsiasi delle fasi di scambio dei prodotti stessi, né d'altra
parte l'indicazione, ove fosse stata formulata, avrebbe avuto
un'influenza diretta sul regime dei prezzi, dovendo comunque
sempre passare attraverso la mediazione del provvedimento am
ministrativo del Cip.
Concludendo, la direttiva del Cipe che impegna il Cip ad isti
tuire un regime di sorveglianza, sia pure «degradando» un pre cedente regime di «amministrazione», non priva il destinatario
del potere di individuare esso stesso le merci e le fasi di scambio
da mantenere in regime di «amministrazione», in quanto la di
rettiva, come tale, necessita sempre dell'attuazione da parte del
l'organo destinatario, che comunque esercita dei poteri che gli derivano direttamente dalla legge.
Non è perciò condivisibile l'affermazione del tribunale e del
l'amministrazione resistente, che cioè tale modificazione del si
stema abbia eliminato altresì qualunque potere del Cip nella
determinazione del prezzo e nella rilevazione dei costi delle fasi
intermedie, poiché la direttiva non avrebbe comunque avuto il
potere giuridico di incidere sulle competenze attribuite al Cip dall'art. 4 della legge istitutiva.
Tali competenze sono state quindi esercitate dal Cip con il
decreto del 26 luglio 1982, il cui art. 8 fa salvo un potere auto
nomo dell'organo in ordine ad un componente del prezzo stesso.
Fermo restando infatti che il prezzo al consumo («alla pom
pa» secondo la terminologia corrente) è determinato non in re
lazione alle esigenze di carattere pubblico contemperate con gli interessi degli intermediari secondo il precedente sistema, ma
solo sulla base della media dei prezzi correnti nei paesi europei, l'art. 8 stabilisce che una apposita commissione individui «mar
gini minimi obbligatori per la distribuzione da rivedere periodi camente almeno due volte l'anno». L'utilizzazione del termine
«obbligatori» e la previsione della pubblicazione sulla Gazzetta
ufficiale di tali margini indicano con chiarezza che è stato man
tenuto il regime amministrato limitatamente ad una fase dello
scambio dei prodotti. La parzialità del regime «amministrato» di una sola fase ri
spetto all'intero ciclo commerciale non contrasta con l'art. 4
della legge istitutiva, atteso che questo attribuisca al Cip il pote
re, ma non l'obbligo, di intervenire in tutte le fasi di scambio, rimanendo nella discrezionalità dell'organo la scelta di quali di
esse siano da amministrare e quali da lasciare alla libera deter
minazione del mercato.
Quindi, come ha esattamente ritenuto il Tar per il Lazio nella
sentenza n. 517 del 25 ottobre 1984, l'art. 8 ha mantenuto il
regime amministrato limitatamente ad una fase, procedendo tut
tavia ad una delegazione di tale potere alla commissione costi
tuita con il concorso delle rappresentanze professionali. L'eser
cizio di tale delega non ha voluto però significare la dismissione
del potere di fissare il prezzo di quella detemrinata fase di scam
bio, che anzi la delegazione ha in certo senso riconfermato l'esi
stenza del potere. Ciò è dimostrato proprio dall'istituzione di
un organo non burocratico nel quale però sono rappresentati i ministeri interessati e che è presieduto dal ministro presidente dello stesso Cip.
Che la delega sia illegittima deriva dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell'art. 8 limitatamente al con
ferimento di essa da parte del Cip. Questo annullamento tutta
via non ha inciso sul potere di determinazione del prezzo, che
permane inalterato, essendo state invalidate solamente le moda
lità del suo esercizio.
Fermo restando quindi che il prezzo di questa fase intermedia
è da considerarsi «amministrato», occorre riconoscere che ciò
che è profondamente mutato è il procedimento di rilevazione
e determinazione di esso. Non più la rilevazione autonomamen
te curata dal Cip, bensì la determinazione del prezzo al termine
di un procedimento costituito dalla consultazione obbligatoria della commissione prevista dal 2° comma del punto 8 della deli
berazione, in attuazione di una forma di partecipazione di pri vati al procedimento amministrativo.
Il 1 ° comma del punto 8 in esame stabilisce infatti che i rap
porti tra gli intermediari «saranno regolati da accordi interpro
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
fessionali tra le parti definiti nell'ambito di una commissione...».
Tale norma deve essere interpretata in uno con il successivo
comma, il quale delegava a detta commissione il potere di indi
viduare i margini minimi obbligatori. Venuto meno il potere
imperativo della commissione, a seguito della più volte citata
sentenza del tribunale, ma non venuto meno, secondo quanto si è detto sopra, il potere di determinazione del margine, ne
consegue inevitabilmente che deve individuarsi proprio nel Cip
l'organo abilitato all'esercizio di tale determinazione e quindi che sussiste un obbligo per esso di attuare la procedura, che
ha creato nell'elaborazione di una formula organizzatoria che
ormai non può disattendere e che prevede la consultazione della
commissione e la relativa fissazione dei margini almeno due volte
all'anno.
Dall'obbligatorietà dell'azione amministrativa, come sin qui
individuata, discende che l'inerzia manifestata dopo la diffida
notificata dalle società ricorrenti assume quel carattere di ille
gittimità posto più volte in luce dalla giurisprudenza, in quanto si sostanzia in una inerzia della pubblica amministrazione di
nanzi ad un obbligo giuridico a provvedere. Si deve quindi concludere per l'accoglimento del ricorso, di
chiarando l'obbligo del ministero dell'industria alla nomina e
consultazione della commissione nonché alla fissazione dei mar
gini minimi obbligatori per la distribuzione secondo le modalità
indicate nella più volte citata deliberazione n. 26, salvi e riser
vati gli ulteriori provvedimenti.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 16 luglio 1990, n. 728; Pres. Salvatore, Est. Adamo; Soc. Rav (Avv. Sani
no, Scoca), Regione Valle d'Aosta (Avv. Siniscalco, G. Ro
manelli), Min. lavori pubblici (Aw. dello Stato Braguglia) c. Lega nazionale per l'ambiente e altri; Lega nazionale per l'ambiente (Avv. Rienzi, Lo Mastro) c. Soc. Rav, Regione Valle d'Aosta, Min. lavori pubblici. Annulla Tar Lazio, sez.
I, 21 settembre 1989, n. 1272.
Giustizia amministrativa — Provvedimenti incidenti sull'ambiente — Legittimazione — Fattispecie (L. 8 luglio 1986 n. 349, isti tuzione del ministero dell'ambiente e norme in materia di dan
no ambientale, art. 13, 18). Ambiente (tutela dell') — Tronco autostradale — Provvedimenti
relativi alla costruzione — Difetto di valutazione dell'impatto ambientale — Legittimità — Fattispecie (L. 8 luglio 1986 n.
349, art. 6). Bellezze naturali (protezione delle) — Tronco autostradale —
Autorizzazione regionale — Legittimità — Fattispecie (D.p.r.. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.
1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 82; d.l. 27 giugno 1985 n.
312, disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale, art. 1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, conver
sione in legge, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985 n.
312, art. 1). Bellezze naturali (protezione delle) — Tronco autostradale —
Autorizzazione regionale — Tardiva comunicazione al mini
stro — Effetti — Fattispecie (L. 29 giugno 1939 n. 1497, nor
me sulla protezione delle bellezze naturali, art. 7; d.p.r. 24
luglio 1977 n. 616, art. 82; d.l. 27 giugno 1985 n. 312, art.
1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, art. 1).
È ammissibile il ricorso di un'associazione ambientale ricono
sciuta (nella specie, Lega nazionale per l'ambiente) contro prov vedimenti incidenti direttamente sull'ambiente, asseriti il
II Foro Italiano — 1991.
legittimi per carenze procedimentali, anche in difetto di alle
gazione di un danno ambientale specifico. (1) È inammissibile il ricorso contro provvedimenti incidenti sul
l'ambiente, proposto da un 'associazione non riconosciuta co
me ambientalistica (nella specie, Coordinamento delle asso
ciazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti
e consumatori). (2) Sono legittimi gli atti relativi alla costruzione del tronco Morgex
Sarre dell'autostrada del Monte Bianco, anche se emessi sen
za la previa valutazione dell'impatto ambientale, in quanto adottati prima della data (3 luglio 1988), a partire dalla quale è direttamente applicabile in Italia la direttiva comunitaria
in materia. (3) È legittima l'autorizzazione della regione Val d'Aosta alla co
struzione del tronco Morgex-Sarre dell'autostrada del Monte
Bianco, anche se motivata succintamente, purché risulti che
sia stata emanata sulla base di un'istruttoria adeguata. (4) Annullati dal tribunale amministrativo regionale gli atti relativi
alla costruzione del tronco Morgex-Sarre dell'autostrada del
Monte Bianco, perché la relativa autorizzazione della regione Valle d'Aosta non era stata comunicata al ministro per i beni
culturali e ambientali, precludendogli cosi l'esercizio dei pro
pri poteri autonomi, il relativo motivo di ricorso dedotto in
primo grado diventa improcedibile in appello (restando irrile
vante tale mancata comunicazione per l'illegittimità degli atti
suddetti), se tale autorizzazione sia stata comunicata al mini
stro nelle more del deposito della sentenza appellata, e se sia
poi trascorso inutilmente il termine entro il quale il ministro
avrebbe potuto annullare gli atti suddetti. (5)
(1-2) La sentenza conferma Tar Lazio, sez. I, 21 settembre 1989, n. 1272, Foro it., 1990, III, 179, con nota di richiami di R. Ferrara
(e in Dir. regione, 1989, 527, con nota di Spinelli; Riv. giur. ambiente, 1990, 336, con nota di Postiglione; Dir. comunitario scambi internaz.,
1990, 59, con nota di Scognamiglio), ove analogamente si riconosceva la legittimazione all'impugnazione della Lega nazionale per l'ambiente e si dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori nonché di un ricorrente individuale, cittadino e visitatore della Valle d'Aosta.
A questo proposito, almeno su questo terreno, del tutto analogo sembra
essere il percorso argomentativo della sentenza che si riporta: la 1. 8
luglio 1986 n. 349 ha per cosi dire creato la categoria delle associazioni riconosciute (art. 13 e 18), conferendo loro una particolare legittimazio ne procedimentale e processuale, la quale, quanto meno sul versante della legitimatio ad causam nel processo amministrativo, si profila co me generale ed esclusiva, allorché si tratti di giudizi aventi ad oggetto la tutela di beni a rilevanza ambientale, al punto che deve essere coe rentemente e conseguentemente negato l'ingresso nel giudizio ammini
strativo a tutti quei soggetti collettivi sforniti del crisma del riconosci mento governativo, il quale finisce col divenire, nel caso di specie, un
fattore di legittimazione in senso forte. L'elemento di giudizio e di valutazione in qualche modo nuovo ed
originale della sentenza in epigrafe, rispetto all'annullata decisione di
primo grado, è, peraltro, rappresentato dalla considerazione che non sarebbe necessaria, al fine di fondare la legittimazione all'impugnazione delle associazioni riconosciute, una specifica e puntuale allegazione del
danno ambientale patito dall'associazione ricorrente; solo che tale re
quisito non è espressamente richiesto dall'art. 18 1. 8 luglio 1986 n.
349, in quanto la norma in parola fa riferimento al danno principal mente in ordine ai criteri relativi alla sua quantificazione, e sembra
comunque che una puntuale allegazione del pregiudizio sofferto sia so
prattutto rilevante allorché un'associazione riconosciuta intervenga nei
giudizi svolgentisi innanzi al giudice ordinario. In questo contesto, cfr.
ancora Tar Toscana, sez. I, 10 novembre 1989, n. 929, id., 1990, III,
476, con nota di richiami, che ha ammesso la legittimazione ad interve
nire ad opponendum in capo ad un'associazione ambientalistica ricono
sciuta, e Tar Lazio, sez. II, 19 dicembre 1990, n. 2235, sez. III 14
settembre 1990, n. 1342 e Tar Toscana 3 luglio 1990, n. 546, id., 1991,
III, 179, con nota di richiami, ove si propugna — almeno nelle prime due decisioni del Tar Lazio — un orientamento di maggior apertura circa la possibilità di riconoscere la legittimazione all'impugnazione an
che alle associazioni ambientalistiche non riconosciute.
Sull'ammissibilità della costituzione di parte civile delle associazioni
ambientalistiche nel processo penale, da ultimo, cfr. Cass. 19 dicembre
1990, Contento, in questo fascicolo, parte seconda, con nota di richiami.
(3) Cfr., in termini radicalmente opposti, l'annullata decisione di Tar
Lazio, sez. I, 21 settembre 1989, n. 1272, cit., alla cui nota di richiami
si fa rinvio per ogni riferimento.
(4-5) I punti di diritto massimati si occupano della legittimità del
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