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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione VI; decisione 30 gennaio 1991, n. 42; Pres....

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sezione VI; decisione 30 gennaio 1991, n. 42; Pres. Imperatrice, Est. Zucchelli; D Cesare e altri (Avv. Bellini) c. Cip, Min. industria, commercio e artigianato (Avv. dello Stato Figliolia). Annulla Tar Lazio, sez. III, 23 novembre 1987, nn. 1901 e 1906 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991), pp. 481/482-485/486 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183228 . Accessed: 28/06/2014 16:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 16:22:22 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 30 gennaio 1991, n. 42; Pres. Imperatrice, Est. Zucchelli; D Cesare e altri(Avv. Bellini) c. Cip, Min. industria, commercio e artigianato (Avv. dello Stato Figliolia).Annulla Tar Lazio, sez. III, 23 novembre 1987, nn. 1901 e 1906Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 481/482-485/486Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183228 .

Accessed: 28/06/2014 16:22

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

6. - La situazione oggetto del presente gravame riguarda l'i

potesi in cui il conferimento di mansioni superiori ad un aiuto

si è protratto oltre i sessanta giorni previsti dalla norma.

Da quanto fin qui esposto, ritiene questo tribunale che ci si

trovi in presenza di un conflitto tra due principi costituzional

mente garantiti, quello, di cui all'art. 36, della proporzionalità tra mansioni e stipendio e l'altro, di cui all'art. 97 Cost., relati

vo al buon andamento della pubblica amministrazione, che non

risultano conciliabili. Infatti, la limitazione del riconoscimento

delle mansioni superiori al solo aspetto economico, già di per sé non può non scalzare il principio, come visto cardinale e

pacifico nel pubblico impiego, che la retribuzione discende da

atti formali di inquadramento. Inoltre, proprio l'esperienza con

creta nel campo della sanità, in cui l'applicazione per anni di

principi ed istituti mutuati dal rapporto privato (tra cui l'inden

nità per lo svolgimento di mansioni superiori, anche questa a

valenza solo economica) ha portato ad una situazione ingover

nabile, con la necessità di successive sanatorie (l'ultima nel 1985), ha indotto il legislatore a mutare indirizzo, proprio con la rigi da disciplina di cui al d.p.r. n. 761 ed in particolare dell'art. 29.

Aggiungasi, poi, come il principio dell'illecito arricchimento, di cui la Corte costituzionale ha fatto applicazione, mal si atta

glia alle peculiarità del pubblico impiego il cui dipendente ben

può reagire e opporsi all'illegittimo conferimento di mansioni

superiori, al contrario del dipendente privato, il cui metus e

soggezione nei confronti del datore di lavoro sono ben maggio ri. Nel pubblico impiego risulta più frequente l'ipotesi di «illeci

to arricchimento» del dipendente, ove riesca a lucrare di situa

zione di fatto contro legge, quale appunto lo svolgimento di

mansioni superiori. Sarebbe poi paradossale che venisse riconosciuta, sia pure ai

soli fini economici, un'indennità di funzioni superiori proprio nel comparto sanitario ove il legislatore, ponendo rimedio alla

politica legislativa precedente, ha inteso cambiare rotta.

In sostanza, i principi di cui alla pronuncia della Corte costi

tuzionale, non appaiono immediatamente trasferibili nel campo del pubblico impiego, proprio perché confliggenti con altri prin

cipi anche essi di rilievo costituzionale, che risultano a tutt'oggi fondanti il sistema della pubblica amministrazione nel nostro

paese. Ad avviso di questo collegio, tra i due principi costituzional

mente rilevanti sopra esplicitati deve, nel caso, farsi premio a

quello relativo al buon andamento dell'amministrazione, sia per ché il danno per l'impiegato risulta meno gravoso, sia perché tutte le norme positive confermano i principi costitutivi del si

stema dell'impiego pubblico che verrebbero scalzati dalla scelta

opposta, con un vulnus allo stesso dettato costituzionale di ben

maggiore momento.

Il dipendente pubblico che si trovasse ad essere illegittima mente assegnato a mansioni superiori contra legem ha il diritto

di reagire con i mezzi, inclusi quelli giurisdizionali, che l'ordi

namento gli consente, ma non può accampare diritto ad alcuna

indennità. L'amministrazione, d'altro canto, ha il dovere, anche per evi

tare responsabilità a vario titolo, di utilizzare i mezzi che l'ordi

namento le mette a disposizione per coprire interinalmente un

posto vacante, nel caso di primario, alternando ad esempio di

versi aiuti ogni sessanta giorni, ovvero ricorrendo a trasferi

menti interni o a comandi.

7. - Per le stesse ragioni il principio dello svolgimento delle

mansioni di fatto, richiamato dalla Corte costituzionale, non

appare applicabile all'impiego pubblico, perlomeno nell'ipotesi

di svolgimento di mansioni superiori, discendendo le funzioni

del dipendente da atti formali assunti con procedure e modalità

di legge. Trattasi di conflitto tra una norma del codice civile

(2126, 1° comma) che, se costituisce un principio, lo è solo nel

l'ambito dell'impiego privato ed i diversi principi regolanti il

pubblico impiego, tra cui preminenti quelli della formalità delle

attribuzioni delle funzioni; devono essere questi ultimi quindi a prevalere.

8. - Rilevasi, infine, come in siffatta materia non possa tro

vare ingresso la censura di disparità di trattamento, sollevata

in ricorso in relazione al trattamento economico concesso dal

li. Foro Italiano — 1991.

l'Usi n. 1 ad altro dipendente, in quanto le situazioni non ap

paiono comparabili ed in quanto eventuali illegittime attribu

zioni di indennità ad altri non potrebbero comunque giovare al ricorrente.

9. - Per quanto detto il ricorso in epigrafe risulta infondato

e va rigettato.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 30 "^naio 1991, n. 42; Pres. Imperatrice, Est. Zucchelli; D. Cesare

e altri (Avv. Bellini) c. Cip, Min. industria, commercio e

artigianato (Avv. dello Stato Figliolia). Annulla Tar Lazio, sez. Ili, 23 novembre 1987, nn. 1901 e 1906.

Prezzi (disciplina dei) — Idrocarburi — Regime di prezzi «sor

vegliati» — Poteri residui del Cip (D. leg. Igt. 19 ottobre 1944

n. 347, istituzione del comitato interministeriale e dei comita ti provinciali per il coordinamento e la disciplina dei prezzi, art. 4).

Anche dopo che il Cipe abbia adottato una direttiva con cui

si dispone che il Cip sottoponga i derivati del petrolio al regi me dei prezzi solo «sorvegliati» e non più «amministrati», e dopo che il Cip abbia adottato le deliberazioni conseguenti, è illegittimo il silenzio mantenuto da questo, sulla domanda

di alcune imprese distributrici di prodotti petroliferi di deter

minare amministrativamente i margini minimi obbligatori del

prezzo dei prodotti suddetti, da riconoscere alla loro distri

buzione. (1)

Fatto. — Il Cip, con deliberazione n. 26 del 6 luglio 1982, ha regolamentato la disciplina della determinazione dei prezzi dei prodotti petroliferi, prevedendo:

a) l'allineamento dei prodotti ai corrispondenti prezzi medi

europei;

b) l'individuazione dei margini minimi obbligatori dovuti per la distribuzione.

L'art. 8 della detta deliberazione prevedeva la formazione di

una apposita commissione per la determinazione dei margini minimi obbligatori che il ministero dell'industria, del commer

cio e dell'artigianato costituì' in effetti con decreto del 3 agosto 1982.

Il Tar Lazio, sez. Ili, con sentenza n. 517 del 25 ottobre

1984 (Foro it., Rep. 1985, voce Prezzi, n. 15) passata in cosa

(1) La decisione tocca profli attinenti al rapporto tra le direttive adot tate in materia di prezzi dal comitato interministeriale per la program mazione economica e le conseguenti determinazioni del comitato inter ministeriale prezzi, nonché sulle differenze e interferenze tra regime «am ministrato» e regime «sorvegliato» dei prezzi, non considerati dalla

giurisprudenza; in particolare, affermando che il passaggio dal regime di prezzi «amminsitrati» al regime di prezzi «sorvegliati», nella specie di prodotti petroliferi, non priva il comitato interministeriale prezzi del

potere attribuitogli direttamente dalla legge di determinare autoritativa mente il prezzo di qualsiasi prodotto, in qualsiasi e anche in una sola fase di scambio.

Per riferimenti: sul meccanismo di determinazione automatica dei prezzi dei prodotti petroliferi, disposto dal comitato interministeriale per la

programmazione economica e dal comitato interministeriale prezzi, Cons.

Stato, sez. VI, 21 maggio 1987, n. 323, Foro it., Rep. 1987, voce Prez

zi, n. 4; sull'irrilevanza per le pattuizioni tra concessionario e gestore di un distributore automatico di carburante, circa la ripartizione tra di loro della differenza tra i prezzi di acquisto e vendita dei prodotti distribuiti, delle determinazioni su tali prezzi del comitato interministe riale competente, Cass. 18 giugno 1990, n. 6117, id., Rep. 1990, voce

Idrocarburi, n. 12. Tar Lazio, sez. Ili, 25 ottobre 1984, n. 517, richiamata in motivazio

ne, e intervenuta in una fase precedente della controversia, ma non

pertinente direttamente all'attuale materia del contendere, è riassunta in Foro it., Rep. 1985, voce Prezzi, n. 15.

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PARTE TERZA

giudicata annullava il detto art. 8 sul presupposto che la legge non attribuiva al Cip la possibilità di delegare le sue funzioni.

Le società ricorrenti, poiché non si addiveniva alla revisione

dei margini obbligatori suddetti a causa anche dell'annullamen

to del detto articolo della deliberazione del Cip, inviavano una

istanza per raccomandata con avviso di ricevimento in data 1°

agosto 1986 e successivamente notificato un atto di diffida e

messa in mora in data 31 ottobre 1986, sollecitando il Cip ad

individuare nell'ambito della sua competenza i nuovi margini

obbligatori. Esse, decorso infruttuosamente il termine, adivano il Tar del

Lazio, lamentando: (omissis) Diritto. — Occorre in primo luogo procedere alla riunione

dei due appelli di cui in epigrafe, in quanto connessi oggettiva

mente, perché diretti alla riforma di due decisioni di eguale con

tenuto.

Il ricorso n. 1440, pertanto, deve essere riunito al ricorso n.

1439, siccome anteriore nel ruolo generale. Il decreto del Cip n. 26 del 6 luglio 1982 ha profondamente

innovato nella determinazione dei prezzi al consumo dei pro dotti petroliferi, abbandonando il precedente sistema, basato

sulla rilevazione dei costi di tutte le varie fasi di scambio e nelle

conseguenti determinazioni imperative dei relativi prezzi, ed adot

tando un diverso sistema basato invece sulla rilevazione della

media dei prezzi al consumo nei paesi europei, cui consegue il prezzo secondo calcoli predeterminati.

La riforma, in sostanza, induce l'abbandono del sistema del

prezzo «amministrato» per adottare il sistema del prezzo «sor

vegliato», in ottemperanza della deliberazione del Cipe del 4

dicembre 1981, con la quale veniva approvato il piano energeti co nazionale e si stabiliva che «il Cip predisporrà la riforma

del sistema dei prezzi dei prodotti petroliferi riconsiderando l'at

tuale metodo con il fine di passare in tempi successivi... dal

regime dei prezzi amministrati al regime dei prezzi sorvegliati, con riferimento ai prezzi correnti nei paesi della Cee».

Con la successiva deliberazione in data 24 giugno 1982 la di

rettiva veniva confermata, stabilendosi che: «Il Cip... provve derà a sottoporre a regime di sorveglianza i prezzi dei gasoli,

petroli e ol! combustibili fluidi» con l'indicazione dei criteri di calcolo.

Per la comprensione della modificazione apportata occorre

procedere ad una breve disamina della normativa in materia.

Il d. leg. lgt. 19 ottobre 1944 n. 347, e successive modifica

zioni ed integrazioni, costituisce la fonte del potere esercitato

dal Cip. L'art. 4 di esso stabilisce che il comitato può «determi

nare i prezzi di qualsiasi merce, in ogni fase di scambio... non

ché i prezzi dei servizi e delle prestazioni...», mediante provve dimenti di natura imperativa, che hanno creato la cosi detta

categoria dei «prezzi amministrati».

Le direttive per la regolamentazione dei prezzi, e quindi an

che per la scelta dei beni da amministrare, sono impartite dal

Cipe, ma il potere esercitato dal Cip nella scelta delle merci

e delle fasi da amministrare è autonomo e trova nella legge la

sua unica giustificazione. Nella necessità di determinare indirizzi più agili di politica

economica, con la deliberazione del 26 giugno 1974 il Cipe im

pegnò il Cip a seguire l'evoluzione di alcuni prezzi per settori

specificatamente individuati, mediante indagini ed ispezioni, non

ché opportune consultazioni con gli operatori economici, per formulare poi allo stesso Cipe proposte di intervento. Nasceva

cosi' la categoria dei «prezzi sorvegliati», la cui derivazione non

è certamente legislativa, costituendo piuttosto uno strumento

di politica economica a livello di programmazione governativa. La rilevazione dei prezzi «sorvegliati» infatti non determina

l'emanazione di provvedimenti imperativi, ma è finalizzata esclu

sivamente a fornire al Cipe elementi di conoscenza per interve

nire in sede di programmazione economica.

Nonostante la direttiva del Cipe in ordine all'instaurazione

di una sorveglianza su alcuni prezzi, il Cip non perde il suo

autonomo potere di determinare merci e fasi da sottoporre a

regime «amministrato», in quanto esso gli deriva direttamente

dalla legge. Nell'ambito delle direttive del Cipe il Cip ha di volta in volta

individuato categorie di prezzi «sorvegliati», il che si è risolto, da un punto di vista giuridico, nell'esercizio di poteri di indagi ne su merci precedentemente ignorate dal comitato ovvero nella

dismissione del regime di amministrazione di taluni prezzi con

Il Foro Italiano — 1991.

il contestuale passaggio ad una sorveglianza sul loro andamento.

Le direttive del Cipe sopra citate impegnavano appunto il Cip a modificare il regime dei prezzi petroliferi secondo il regime della «sorveglianza». Allo stesso tempo però non indicavano

limiti particolari alla potestà di tale organo di intervenire in

una qualsiasi delle fasi di scambio dei prodotti stessi, né d'altra

parte l'indicazione, ove fosse stata formulata, avrebbe avuto

un'influenza diretta sul regime dei prezzi, dovendo comunque

sempre passare attraverso la mediazione del provvedimento am

ministrativo del Cip.

Concludendo, la direttiva del Cipe che impegna il Cip ad isti

tuire un regime di sorveglianza, sia pure «degradando» un pre cedente regime di «amministrazione», non priva il destinatario

del potere di individuare esso stesso le merci e le fasi di scambio

da mantenere in regime di «amministrazione», in quanto la di

rettiva, come tale, necessita sempre dell'attuazione da parte del

l'organo destinatario, che comunque esercita dei poteri che gli derivano direttamente dalla legge.

Non è perciò condivisibile l'affermazione del tribunale e del

l'amministrazione resistente, che cioè tale modificazione del si

stema abbia eliminato altresì qualunque potere del Cip nella

determinazione del prezzo e nella rilevazione dei costi delle fasi

intermedie, poiché la direttiva non avrebbe comunque avuto il

potere giuridico di incidere sulle competenze attribuite al Cip dall'art. 4 della legge istitutiva.

Tali competenze sono state quindi esercitate dal Cip con il

decreto del 26 luglio 1982, il cui art. 8 fa salvo un potere auto

nomo dell'organo in ordine ad un componente del prezzo stesso.

Fermo restando infatti che il prezzo al consumo («alla pom

pa» secondo la terminologia corrente) è determinato non in re

lazione alle esigenze di carattere pubblico contemperate con gli interessi degli intermediari secondo il precedente sistema, ma

solo sulla base della media dei prezzi correnti nei paesi europei, l'art. 8 stabilisce che una apposita commissione individui «mar

gini minimi obbligatori per la distribuzione da rivedere periodi camente almeno due volte l'anno». L'utilizzazione del termine

«obbligatori» e la previsione della pubblicazione sulla Gazzetta

ufficiale di tali margini indicano con chiarezza che è stato man

tenuto il regime amministrato limitatamente ad una fase dello

scambio dei prodotti. La parzialità del regime «amministrato» di una sola fase ri

spetto all'intero ciclo commerciale non contrasta con l'art. 4

della legge istitutiva, atteso che questo attribuisca al Cip il pote

re, ma non l'obbligo, di intervenire in tutte le fasi di scambio, rimanendo nella discrezionalità dell'organo la scelta di quali di

esse siano da amministrare e quali da lasciare alla libera deter

minazione del mercato.

Quindi, come ha esattamente ritenuto il Tar per il Lazio nella

sentenza n. 517 del 25 ottobre 1984, l'art. 8 ha mantenuto il

regime amministrato limitatamente ad una fase, procedendo tut

tavia ad una delegazione di tale potere alla commissione costi

tuita con il concorso delle rappresentanze professionali. L'eser

cizio di tale delega non ha voluto però significare la dismissione

del potere di fissare il prezzo di quella detemrinata fase di scam

bio, che anzi la delegazione ha in certo senso riconfermato l'esi

stenza del potere. Ciò è dimostrato proprio dall'istituzione di

un organo non burocratico nel quale però sono rappresentati i ministeri interessati e che è presieduto dal ministro presidente dello stesso Cip.

Che la delega sia illegittima deriva dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell'art. 8 limitatamente al con

ferimento di essa da parte del Cip. Questo annullamento tutta

via non ha inciso sul potere di determinazione del prezzo, che

permane inalterato, essendo state invalidate solamente le moda

lità del suo esercizio.

Fermo restando quindi che il prezzo di questa fase intermedia

è da considerarsi «amministrato», occorre riconoscere che ciò

che è profondamente mutato è il procedimento di rilevazione

e determinazione di esso. Non più la rilevazione autonomamen

te curata dal Cip, bensì la determinazione del prezzo al termine

di un procedimento costituito dalla consultazione obbligatoria della commissione prevista dal 2° comma del punto 8 della deli

berazione, in attuazione di una forma di partecipazione di pri vati al procedimento amministrativo.

Il 1 ° comma del punto 8 in esame stabilisce infatti che i rap

porti tra gli intermediari «saranno regolati da accordi interpro

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

fessionali tra le parti definiti nell'ambito di una commissione...».

Tale norma deve essere interpretata in uno con il successivo

comma, il quale delegava a detta commissione il potere di indi

viduare i margini minimi obbligatori. Venuto meno il potere

imperativo della commissione, a seguito della più volte citata

sentenza del tribunale, ma non venuto meno, secondo quanto si è detto sopra, il potere di determinazione del margine, ne

consegue inevitabilmente che deve individuarsi proprio nel Cip

l'organo abilitato all'esercizio di tale determinazione e quindi che sussiste un obbligo per esso di attuare la procedura, che

ha creato nell'elaborazione di una formula organizzatoria che

ormai non può disattendere e che prevede la consultazione della

commissione e la relativa fissazione dei margini almeno due volte

all'anno.

Dall'obbligatorietà dell'azione amministrativa, come sin qui

individuata, discende che l'inerzia manifestata dopo la diffida

notificata dalle società ricorrenti assume quel carattere di ille

gittimità posto più volte in luce dalla giurisprudenza, in quanto si sostanzia in una inerzia della pubblica amministrazione di

nanzi ad un obbligo giuridico a provvedere. Si deve quindi concludere per l'accoglimento del ricorso, di

chiarando l'obbligo del ministero dell'industria alla nomina e

consultazione della commissione nonché alla fissazione dei mar

gini minimi obbligatori per la distribuzione secondo le modalità

indicate nella più volte citata deliberazione n. 26, salvi e riser

vati gli ulteriori provvedimenti.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 16 luglio 1990, n. 728; Pres. Salvatore, Est. Adamo; Soc. Rav (Avv. Sani

no, Scoca), Regione Valle d'Aosta (Avv. Siniscalco, G. Ro

manelli), Min. lavori pubblici (Aw. dello Stato Braguglia) c. Lega nazionale per l'ambiente e altri; Lega nazionale per l'ambiente (Avv. Rienzi, Lo Mastro) c. Soc. Rav, Regione Valle d'Aosta, Min. lavori pubblici. Annulla Tar Lazio, sez.

I, 21 settembre 1989, n. 1272.

Giustizia amministrativa — Provvedimenti incidenti sull'ambiente — Legittimazione — Fattispecie (L. 8 luglio 1986 n. 349, isti tuzione del ministero dell'ambiente e norme in materia di dan

no ambientale, art. 13, 18). Ambiente (tutela dell') — Tronco autostradale — Provvedimenti

relativi alla costruzione — Difetto di valutazione dell'impatto ambientale — Legittimità — Fattispecie (L. 8 luglio 1986 n.

349, art. 6). Bellezze naturali (protezione delle) — Tronco autostradale —

Autorizzazione regionale — Legittimità — Fattispecie (D.p.r.. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.

1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 82; d.l. 27 giugno 1985 n.

312, disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale, art. 1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, conver

sione in legge, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985 n.

312, art. 1). Bellezze naturali (protezione delle) — Tronco autostradale —

Autorizzazione regionale — Tardiva comunicazione al mini

stro — Effetti — Fattispecie (L. 29 giugno 1939 n. 1497, nor

me sulla protezione delle bellezze naturali, art. 7; d.p.r. 24

luglio 1977 n. 616, art. 82; d.l. 27 giugno 1985 n. 312, art.

1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, art. 1).

È ammissibile il ricorso di un'associazione ambientale ricono

sciuta (nella specie, Lega nazionale per l'ambiente) contro prov vedimenti incidenti direttamente sull'ambiente, asseriti il

II Foro Italiano — 1991.

legittimi per carenze procedimentali, anche in difetto di alle

gazione di un danno ambientale specifico. (1) È inammissibile il ricorso contro provvedimenti incidenti sul

l'ambiente, proposto da un 'associazione non riconosciuta co

me ambientalistica (nella specie, Coordinamento delle asso

ciazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti

e consumatori). (2) Sono legittimi gli atti relativi alla costruzione del tronco Morgex

Sarre dell'autostrada del Monte Bianco, anche se emessi sen

za la previa valutazione dell'impatto ambientale, in quanto adottati prima della data (3 luglio 1988), a partire dalla quale è direttamente applicabile in Italia la direttiva comunitaria

in materia. (3) È legittima l'autorizzazione della regione Val d'Aosta alla co

struzione del tronco Morgex-Sarre dell'autostrada del Monte

Bianco, anche se motivata succintamente, purché risulti che

sia stata emanata sulla base di un'istruttoria adeguata. (4) Annullati dal tribunale amministrativo regionale gli atti relativi

alla costruzione del tronco Morgex-Sarre dell'autostrada del

Monte Bianco, perché la relativa autorizzazione della regione Valle d'Aosta non era stata comunicata al ministro per i beni

culturali e ambientali, precludendogli cosi l'esercizio dei pro

pri poteri autonomi, il relativo motivo di ricorso dedotto in

primo grado diventa improcedibile in appello (restando irrile

vante tale mancata comunicazione per l'illegittimità degli atti

suddetti), se tale autorizzazione sia stata comunicata al mini

stro nelle more del deposito della sentenza appellata, e se sia

poi trascorso inutilmente il termine entro il quale il ministro

avrebbe potuto annullare gli atti suddetti. (5)

(1-2) La sentenza conferma Tar Lazio, sez. I, 21 settembre 1989, n. 1272, Foro it., 1990, III, 179, con nota di richiami di R. Ferrara

(e in Dir. regione, 1989, 527, con nota di Spinelli; Riv. giur. ambiente, 1990, 336, con nota di Postiglione; Dir. comunitario scambi internaz.,

1990, 59, con nota di Scognamiglio), ove analogamente si riconosceva la legittimazione all'impugnazione della Lega nazionale per l'ambiente e si dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori nonché di un ricorrente individuale, cittadino e visitatore della Valle d'Aosta.

A questo proposito, almeno su questo terreno, del tutto analogo sembra

essere il percorso argomentativo della sentenza che si riporta: la 1. 8

luglio 1986 n. 349 ha per cosi dire creato la categoria delle associazioni riconosciute (art. 13 e 18), conferendo loro una particolare legittimazio ne procedimentale e processuale, la quale, quanto meno sul versante della legitimatio ad causam nel processo amministrativo, si profila co me generale ed esclusiva, allorché si tratti di giudizi aventi ad oggetto la tutela di beni a rilevanza ambientale, al punto che deve essere coe rentemente e conseguentemente negato l'ingresso nel giudizio ammini

strativo a tutti quei soggetti collettivi sforniti del crisma del riconosci mento governativo, il quale finisce col divenire, nel caso di specie, un

fattore di legittimazione in senso forte. L'elemento di giudizio e di valutazione in qualche modo nuovo ed

originale della sentenza in epigrafe, rispetto all'annullata decisione di

primo grado, è, peraltro, rappresentato dalla considerazione che non sarebbe necessaria, al fine di fondare la legittimazione all'impugnazione delle associazioni riconosciute, una specifica e puntuale allegazione del

danno ambientale patito dall'associazione ricorrente; solo che tale re

quisito non è espressamente richiesto dall'art. 18 1. 8 luglio 1986 n.

349, in quanto la norma in parola fa riferimento al danno principal mente in ordine ai criteri relativi alla sua quantificazione, e sembra

comunque che una puntuale allegazione del pregiudizio sofferto sia so

prattutto rilevante allorché un'associazione riconosciuta intervenga nei

giudizi svolgentisi innanzi al giudice ordinario. In questo contesto, cfr.

ancora Tar Toscana, sez. I, 10 novembre 1989, n. 929, id., 1990, III,

476, con nota di richiami, che ha ammesso la legittimazione ad interve

nire ad opponendum in capo ad un'associazione ambientalistica ricono

sciuta, e Tar Lazio, sez. II, 19 dicembre 1990, n. 2235, sez. III 14

settembre 1990, n. 1342 e Tar Toscana 3 luglio 1990, n. 546, id., 1991,

III, 179, con nota di richiami, ove si propugna — almeno nelle prime due decisioni del Tar Lazio — un orientamento di maggior apertura circa la possibilità di riconoscere la legittimazione all'impugnazione an

che alle associazioni ambientalistiche non riconosciute.

Sull'ammissibilità della costituzione di parte civile delle associazioni

ambientalistiche nel processo penale, da ultimo, cfr. Cass. 19 dicembre

1990, Contento, in questo fascicolo, parte seconda, con nota di richiami.

(3) Cfr., in termini radicalmente opposti, l'annullata decisione di Tar

Lazio, sez. I, 21 settembre 1989, n. 1272, cit., alla cui nota di richiami

si fa rinvio per ogni riferimento.

(4-5) I punti di diritto massimati si occupano della legittimità del

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