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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione VI; decisione 5 luglio 1951, n. 314; Pres....

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Sezione VI; decisione 5 luglio 1951, n. 314; Pres. Vetrano P., Est. De Capua; Organizzaz. Volsca, S. A. Auto industrie Zeppieri, Società turismo e autolinee Roma (Avv. Resta, Dedin, Sorrentino, Tumedei, Vassalli) c. Ministero trasporti (Avv. dello Stato Inglese) e S.t.e.f.e.r. (Avv. Giannini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 75, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1952), pp. 251/252-257/258 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23143718 . Accessed: 28/06/2014 08:16 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.150 on Sat, 28 Jun 2014 08:16:36 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione VI; decisione 5 luglio 1951, n. 314; Pres. Vetrano P., Est. De Capua; Organizzaz. Volsca,S. A. Auto industrie Zeppieri, Società turismo e autolinee Roma (Avv. Resta, Dedin,Sorrentino, Tumedei, Vassalli) c. Ministero trasporti (Avv. dello Stato Inglese) e S.t.e.f.e.r.(Avv. Giannini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 75, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1952),pp. 251/252-257/258Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23143718 .

Accessed: 28/06/2014 08:16

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251 PARTE TERZA 252

vità contraria al proprio interesse, onde discende che l'in

validità dell'atto comporta la sanzione della soppressione di esso, perchè non conforme all'interesse pubblico, men

tre l'illiceità dell'atto ba per sanzione l'obbligo di riparare il diritto del singolo. L'ordinamento giuridico si vale in

definitiva dello stesso titolare dell'interesse legittimo per la restaurazione di un interesse più generale che sia stato

leso, con il quale perciò l'altro coincide, ond'è che la le

gittimità dell'atto amministrativo non è tanto un bene ga rantito al singolo quanto alla collettività.

Se il provvedimento generale istitutivo del tributo con

siste, come nella specie, in un atto amministrativo, quale è la deliberazione consiliare impugnata, non sembra possa esservi dubbio che, ancor prima della legittimità dell'atto

di accertamento, sia da esaminare la legittimità dell'atto

generale da cui l'altro deriva e che se il primo, anziché

diritti soggettivi, come nel caso in cui si colpisca un pro dotto non assoggettabile ai tributi previsti dal decreto nu.

mero 177, leda interessi legittimi del cittadino, come nel

caso in cui si ponga in contestazione l'uso del potere di

sorezionale che spetta all'Amministrazione, sotto il profilo dell'eccesso di potere o della violazione di norme poste a

tutela diretta dell'interesse pubblico e non soltanto di

quello dei contribuenti, la competenza non può essere in

questo secondo caso che dell'adito organo di giustizia. Altro dunque è l'interesse (interesse legittimo) del citta

dino al retto esercizio del potere di istituire il tributo, altro è l'interesse (diritto soggettivo) del contribuente a

non essere gravato illegittimamente o oltre misura.

Nella specie, se è interesse del Comune, per far fronte

ad asseriti nuovi bisogni, di ricorrere a una imposizione fiscale a carico di una categoria di amministrati, imposi zione subordinata ad alcune condizioni (« determinate cir

costanze di carattere locale » ; « accertata necessità » per

l'ipotesi di cui al 1° comma dell'art. 10 ; « casi partico lari » per l'ipotesi di cui al 2° comma dell'articolo stesso), è interesse degli appartenenti a quella categoria di am

ministrati che il nuovo sacrificio ad essi richiesto in con

creto non venga loro imposto se non a quelle condizioni.

Il loro interesse è perciò in questi limiti un interesse le

gittimo alla validità dell'atto amministrativo.

A ognuno di questi due interessi l'ordinamento giuri dico, attraverso una bipartizione di competenza, assegna il

giudice rispettivo e l'eventuale rispettiva sanzione rispon dente a scopi diversi, a seconda che si tratti della lesione

di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo.

Cronologicamente il cittadino può trovarsi nella situa

zione di dover insorgere in pari tempo contro il provve dimento generale, che istituisce il tributo, e contro il prov vedimento particolare con cui la pretesa tributaria viene

esercitata nei suoi confronti, ma concettualmente l'un mo

mento precede sempre l'altro, perchè non può esservi luogo a disamina particolare se non dopo che sia stata accer

tata la legittimità della deliberazione istitutiva del tributo.

Nè può ritenersi che con l'emanazione dell'atto ammi

nistrativo di accertamento e l'applicazione del tributo stesso

le posizioni di interesse legittimo restino assorbite da quelle di diritto soggettivo, perchè un tale assorbimento ver; ebbe

a non operare il trasferimento ad altro giudice delle que stioni relative all'interesse legittimo, ma a sopprimerne la

tutela in contrasto con i principi che informano l'ordina

mento della giustizia amministrativa. E ciò quando l'ar

ticolo 113 Cost, al quale è generalmente riconosciuta l'ef

ficacia precettiva, accorda la tutela giurisdizionale a tutti

gli interessi e a tutti i diritti, come anche la menzionata

decisione n. 619 della IV Sezione ha rilevato.

Senza sopravalutare il criterio storico dell'interpreta zione delle leggi sulla giustizia amministrativa, certo è che

la dicotomia giuridica diritto-interesse, ohe ebbe nella legge del 1865 sull'abolizione del contenzioso amministrativo la

sua iniziale affermazione, riceve quell'ulteriore sviluppo e

quella maggiore precisazione onde è testimonianza la suc

cessiva legislazione, specialmente la legge 7 marzo 1907.

La creazione dell'organo giurisdizionale, che ne derivò, con una sfera di competenza delimitata appunto mediante

il concetto di interesse, gli conferì un nuovo preciso rilievo

sia nei confronti del concetto di diritto soggettivo sia in

quelli delle altre materie devolute all'Amministrazione at

tiva e sottratte all'intervento di organi giurisdizionali. Nè può ritenersi che l'organo giurisdizionale anzidetto

incontri un precostituito limite obiettivo nella norma con

tenuta nell'art. 6 legge del 1865, in guisa che gli interessi

legittimi inerenti alle situazioni tributarie gli siano ab ori

gine sottratti, perchè la norma stessa non si riferisce a

tributi speciali del genere di quello che ne occupa ; mentre

il t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, laddove ha vo

luto sottrane determinate controversie alla competenza del giudice amministrativo, lo ha espressamente dichia

rato, come per le controve sie doganali e le questioni sulla

leva militare, non nascenti da incompetenza o da eccesso

di potere (art. 26). Nè ai fini della dedotta incompetenza

giova invocate le disposizioni contenute nell'art. 90 t. u.

14 settembre 1931 n. 1175 per la finanza locale (articolo sostituito dalla lett. d) dell'art. 1 r. decreto legge 25 feb

braio 1939 n. 338) e negli art. 344 e 345 reg. 30 aprile 1936 n. 1138 per la riscossione delle imposte di consumo.

Tali disposizioni contemplano invero i ricorsi in sede

amministrativa, in prima istanza al sindaco, e in secondo

e terzo grado rispettivamente al prefetto e al Ministro per le finanze.

Il Collegio deve pertanto respingere l'eccezione di in

competenza sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato

e dalla difesa del Comune. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione VI ; decisione 5 luglio 1951, n. 314 ; Pres. Ve

trano P., Est. De Capua ; Organizzaz. Volsca, S. A.

Auto industrie Zeppieri, Società turismo e autolinee

Roma (Avv. Resta, Dedin, Sorrentino, Tdmedei,

Vassalli) c. Ministero trasporti (Avv. dello Stato In

glese) e S.t.e,f.e.r. (Avv. Giannini).

Automobili (servizio) — Concessioni — Riserva del

traffico in favore del concessionario — Insussi

stenza (L. 28 settembre 19'>9 n. 1822, disciplina degli autoservizi di linea, art. 5, n. 2).

La riserra del traffico, che si concreta nella posizione di

privile'/io del concessionario di pubblici servizi auto

ri, obilistici, intesa ad escludere ogni concorrenza non giu

stificata dall'incap citò, o dall'impossibi ità del cnncs

sionario stesso di soddisfare integralmente le richieste

del pubblico, deve essere espressa m ente prevista dal di

sciplinare o da una esplicita ntrma di lejge, ma al

l'uopo non possono invocarsi le d sposizioni della legge 28 settembre 1939 n. 1822, che sa cis ono solo un di

ritto di preferenza a parità di condizioni. (1)

La Sezione, ecc. —- Secondo le ricorrenti, la conces

sione di un'autolinea su un detcrminato percorso implica, in favore del concessionario, una « riserva di traffico », che

rappresenta «la prestazione dell'Amministrazione, corri

spettiva agli obblighi assunti dal concessionario » e che,

pur essendo diversa dall'esclusività prevista dall'art. 10

(1) Sulla specifica questione non risultano precedenti editi.

Per riferimenti cfr. le sentenze citate nel testo : VI ?ez. 17

ottobre 1950, Foro amm., 1951, I, 3, 59 ; 19 ottobre 1949, Foro

it.. Rep. 1950, voce Automobili (servizio», n. 13; 30 gennaio 1951, Foro amm., 1951, I, 3, 138 ; 8 gennaio 1951, ibidem, 115 ; 23 mag

gio 1950, id., 1950, I, 3, £94.

Per peculiari fattispecie in ordine al regime di preferenze in

tema di concessioni provvisorie di linee automobilistiche : cfr. V

Sez. 5 marzo 1949, Foro it., 1949, III, 76, con nota di richiami; IV Sez. 26 novembre 19 17, id , 1948, III, 1, con nota di richiami.

In dottrina, in argomento : cfr. Ousil, Diritti di preferenza nelle concessioni di autoservizi pubblici, in Giur. Cass. civ.. 1949,

XXVIII, 3, 780; Suoua, Le fonti legislative degli autoservizi di

linea e il regolamento tipo, in Dir. autom., 1941, II, 1.

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253 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 254

della legge, impedisce all'Amministrazione stessa d'istituire

una nuova linea identica alla precedente e di attribuirla

a un concessionario diverso, senza aver prima accertato

che il titolare della « riserva » non intende assumerne la

gestione, intensificando il tiaffico a lui affidato. Ciò spiaga

perchè la legge non preveda espressamente la facoltà di

disporre nuove concessioni del medesimo servizio ; perchè essa riconosca un diritto di preferenza ai concessionari di

autoservizi finitimi ; perchè la revoca per iniziativa del

l'Amministrazione sia limitata al solo caso in cui siano

venute meno le ragioni d interesse pubblico che determi

narono la concessione, presupponendo negli altri casi una

intesa con il concessionario (art. 33). L'esistenza di una

«riserva del traffico» rappresenta pertanto la necessaria

limitazione dei poteri spettanti all'Amministrazione, dopo la regolare costituzione del rapporto di concessione ; e

trova conferma nel sistema della legge, la quaie non può aver voluto che il concessionario del pubblico servizio as

suma il rischio di un'organizzazione costosa e complessa, sanza assicurargli, attraverso l'utilizzazione dell'intero traf

fico proprio del percorso affidatogli, un'adeguata remune

razione dei servizi prestati. L'esame delle norme, contenute nella legge 28 settem

bre 1939 n. 1822, non consente di condividere la tesi

enunciata.

Tale tesi muove dall'indiscutibile premessa che l'atto

di concessione dia luogo a una situazione giuridica, dalla

quale derivino limitazioni più o meno estese a carico del

l'Amministrazione. Quantunque il disciplinare, in base al

quale la concessione è accordata, preveda unsi serie di ob

blighi a carico del concessionario (« condizioni di ordine

tecnico, amministrativo ed economico che regolano la con

cessione stessa » : art. 3 ) e contenga di solito clausole che

riservano all'Amministrazione la più ampia disponibilità del rappoito, è fuor di dubbio che la stessa legge, disci

plinando i casi di revoca e di decadenza (art. 33 e 34), riconoscendo in talune ipotesi un diritto di preferenza (ar ticoli 5 e 6), condizionando la scella degli aspiranti a un

esame comparativo, ha inteso attribuire al concessionario

una posizione speciale, il cui riconoscimento opera come

motivo concorrente nell'assunzione del rischio connesso

all'organizzazione e alla gestione del servizio.

Sotto questo profilo, il principio su cui si fonda la tesi

enunciata è in sè esatto : e la giurisprudenza del Consi

glio ha già più volte mostrato di condividerlo, dichiarando

illegittima una nuova concessione accordata senza riguardo alle situazioni preesistenti (VI Scz. 17 ottobre 1950, nu

mero 353) ; precisando le condizioni d'esercizio del diritto

di preferenza (19 ottobre 1949, n. 163 e 30 gennaio 1951, n. 4 ) ; affermando la necessità che la comparazione fra

gli aspiranti al nuovo servizio sia estesa a tutti gli ele

menti utili per un completo giudizio (8 gennaio 1951, n. 1) ; sollecitando il Ministero a procedere alle assegnazioni de

finitive, previste come normali dalla legge e circondate da

più ampia tutela (23 maggio 1950, n. 175). Ammesso il principio che costituisce la premessa lo

gica del motivo dedotto, resta peraltro da esaminare se

il complesso delle garanzie offerte dal legislatore al con

cessionario si concieti nella «riserva del traffico» di cui

si afferma l'esistenza ; e cioè nel divieto per l'Amministra

zione di ripartire fra diverse imprese il maggior traffico

con finalità identica su un percorso determinato, quando il precedente concessionario sia in grado di intensificare

il servizio in modo da soddisfare le nuove esigenze. Secondo questo concetto, la riserva in favore del con

cessionario si concreta in una posizione di privilegio fon

data sul riconoscimento implicito di un diritto ad assor

bire tutto il tiaffico che si svolge sul percorso affidato,

escludendo ogni concorrenza non giustificata dall'incapacità o dall'impossibilità del concessionario stesso di soddisfare

integralmente le richieste del pubblico, sicché l'atto di

concessione limitato inizialmente a un numero di corse

paii alle condizioni del tiaffico al momento del rilascio,

sarebbe suscettibile di estendersi e di adeguarsi alle si

tuazioni che successivamente si verificarono, senz'altra

possibilità, da parte dell'Amministrazione, che quella di

accertare se il concessionario abbia i mozzi necessari per

fronteggiare gli accresciuti bisogni. La facoltà dell'Ammi nistrazione di distribuire il traffico sul medesimo percorso fra più ditte sarebbe pertanto subordinata all'esito ne

gativo di un tale accertamento, il quale d'altronde do vrebbe svolgersi in contraddittorio con l'interessato ed at traverso una valutazione comparativa delle condizioni of

ferte da questi e dagli altri eventuali aspiranti. Questa concezione urta in obiezioni non superabili. È

certo che l'atto di concessione determina nel suo conte nuto i diritti e gli obblighi del concessionario, attraverso una serie di disposizioni che definiscono il rapporto e ne delimitano l'efficacia pratica. Tali disposizioni hanno la loro origine in una situazione di fatto, la cui valutazione

assume, rispetto alle clausole della concessione, un valore

determinante, costituendo il presupposto al quale si è

necessariamente riferita l'Amministrazione nell'attribuire il servizio secondo modalità, la cui osservanza è rigorosa mente imposta al concessionario.

Il rapporto sorge pertanto esattamente definito nel suo

contenuto, nè può costituire il fondamento per pretese

maggiori di quelle immediatamente desumibili dalle clau sole che ne segnano l'oggetto : più precisamente, esso co

stituisce il titolo per l'esercizio del servizio su un percorso determinato, con un numero di corse prestabilito, con fermate singolarmente indicate ; e, avendo, come si è av

vertito, il suo presupposto in una situazione di fatto ac certata e valutata preventivamente dall'Amministrazione,

può ritenersi preoidinato all'assorbimento di quella sola

parte del traffico esistente al momento della sua istitu zione e al cui soddisfacimento rispondono le modalità ac

cennate, secondo l'apprezzamento discrezionale dell'Am

ministrazione. Dato il carattere negoziale dell'atto costi tutivo del rapporto e la conseguente necessità di desu merne il contenuto in base ad un'indagine sulla volontà del soggetto che in esso interviene in posizione di netta

prevalenza, una diversa conclusione contrasterebbe con i criteri generali di interpretazione dell'atto amministrativo,

e, in particolare, con la natura e gli scopi della concessione. È appena il caso di ricordare che l'atto amministrativo tende alla soluzione di un particolare problema pratico ed ha conseguentemente una destinazione specifica, della quale rappresenta il mezzo per il soddisfacimento concieto : la

speciale utilità pubblica che l'Amministrazione ha inteso

soddisfare si desume pertanto dal contenuto dell'atto in relazione ad un'esigenza definita concretamente mediante un apprezzamento particolare e contingente ; sicché è im

possibile presumere che, emanando un provvedimento sulla base di tali elementi, l'Amministrazione abbia inteso li

mitare il futuro esercizio dei propri poteri di fronte a un eventuale ampliamento dell'esigenza cui l'atto stesso prov vedeva. Ciò vale a maggior ragione quando questo con sista nella concessione di un servizio pubblico, nel quale, come osserva la difesa del ricorrente, l'Amministrazione

delega al privato attribuzioni e facoltà che rientrano nor

malmente nell'ambito dell'attività amministrativa e che solo una speciale ragione di convenienza consente di affi dare all'iniziativa privata. Una interpretazione dell'atto costitutivo del rapporto che non aderisca • strettamente alle clausole in questo contenute e che si discosti dalla

volontà manifestata con l'inserzione di tali clausole, o dalla

situazione preesistente al rapporto stesso, avrebbe come

conseguenza un'estensione dei poteri conferiti, non voluta o non prevista, ed il riconoscimento al privato di una po sizione giuridica nuova e diversa da quella già costituita.

Un tale effetto si avrebbe qualora si ammettesse che

dalla concessione d'autolinea derivi a favore del conces sionario la « riserva del traffico », nel senso innanzi pre cisato. È evidente infatti che, accogliendosi il punto di vi sta delle ricorrenti, l'atto costitutivo del rapporto ver rebbe ad attribuire non soltanto quella parte del servi zio pubblico, che può essere praticamente assorbita dal concessionario in relazione alle modalità fissate nel disci

plinare, ma anche il di più che, per aver fissato quelle

particolari modalità, l'Amministrazione ha inteso non at

tribuire, riservandola eventuamente ad altre imprese in

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255 PAKTEc TERZA 256

un regime di concorrenza secondo criteri di merito. I ter

mini concreti del rapporto costituiscono pertanto il limite

degli obblighi e delle pretese corrispettive ; e, come il con

cessionario non potrebbe esigere, all'atto della costituzione

di tale rapporto, più di quanto l'Amministrazione intenda

attribuirgli, così egli non può in prosieguo di tempo van

tare, Jm base a un titolo preciso nella sua portata pratica ed accettato senza riserve, pretese maggiori con riguardo a situazioni di fatto già esistenti o verificabili in futuro.

A questa conclusione, che costituisce la prima cri

tica alla tesi delle ricorrenti, non sono d'ostacolo l'esistenza

di un diritto di preferenza a favore dei concessionari di

servizi finitimi, o le norme che disciplinano la risoluzione, la revoca e la decadenza della concessione.

Quanto al diritto di preferenza, può osservarsi in primo

luogo che esso non trova una giustificazione esplicita noi

riconoscimento di una « riserva del traffico » a favore del

concessionario, ed è comunque immediatamente diretto alla

tutela dell'interesse pubblico consistente nell'opportunità

per l'Amministrazione di affidare, a parità di condizioni, il servizio di nuova istituzione al titolare del servizio con

nesso ed interdipendente, già organizzato ed in atto. Sotto

questo profilo, il « diritto di preferenza » assicura, solo di

riflesso ed in modo indiretto una situazione di privilegio al concessionario del servizio finitimo, il quale può ve

dersi attribuita la nuova linea, non tanto perchè la sua qua lità di titolare della preesistente gli consenta di vantare

una pretesa, quanto perchè, nella previsione del legisla tore, può risultare di fatto conveniente per l'Amministra

zione valersi di un'impresa già avviata ed efficiente. Lo

scopo dell'art. 5, n. 2, è pertanto diverso da quello che, secondo le ricorrenti, giustificherebbe la « riserva del traf

fico » ; nè può affermarsi un'analogia di situazioni tra un

istituto il cui fine sarebbe quello di garantire al conces

sionario una congrua remunerazione dei rischi assunti equi valente ad una « controprestazione dell'Amministrazione », ed un altro, che si concreta nell'imposizione, da parte dtl

legislatore, di una linee di condotta ispirata sostanzial

mente a criteri di convenienza amministrativa.

Il richiamo all'ait. 5, n. 2, è pertanto improprio an

che se si prescinde da questa osservazione e si considera

il rilievo delle ricorrenti, secondo il quale al « diritto di pre ferenza» sulle linee finitime deve necessariamente coi ri

spondere una « riserva del traffico» sulla linea identica a

quella già concessa. Non può infatti dubitarsi che il ri

conoscimento di una tale « riserva » sarebbe giustificabile solo per effetto di una valutazione generica di opportu nità da parte del legislatore od in seguito ad un apprez zamento effettuato caso per caso dall'Amministazione : in

altre parole, solo di fronte ad una espressa norma legis lativa analoga, nel contenuto, all'art. 5, n. 2 ; o in con

seguenza di una determinazione della autorità ammini

strativa di estendere il contenuto del disciplinare, attri

buendo all'impresa poteri più ampi di quelli inizialmente

concessi. Manca peraltro una norma che preveda e disci

plini l'istituto, ed è d'altra parte evidente che una deci

sione di estendere il disciplinare già rilasciato rientra nel

l'ambito della discrezionalità amministrativa, presuppo nendo una valutazione che si sottrae ad ogni sindacato e che

non potrebbe trovare la sua ragione d'essere in pretese o di

ritti da parte del concessionario. Può ammettersi, ed in tal

senso non manca qualche decisione (VI Sez. 17 ottobre 1950, n. 353), che nell'istituzione del nuovo servizio, specie se di

retto ad assorbire il maggior traffico su un percorso già af

fidato in concessione, sia regola di buona amministrazione

valutare preventivamente e comparativamente la situazione

dei concessionari preesistenti e le proposte avanzate da que sti e dai nuovi aspiranti ; ma una valutazione siffatta, pur concretandosi in una tutela dei concessionari in atto, esclude di per sè l'esistenza di una « riserva del traffico »

in loro favore, non soltanto perchè essa tende in primo

luogo ad accertare una situazione obiettiva di maggior convenienza per l'esercizio del servizio pubblico, ma più ancora perchè il giudizio attraverso il quale si attua, pre

suppone diversi concorrenti in identica posizione e, nella

migliore delle ipotesi, giustifica una preferenza, a parità

di condizioni, del concessionario preesistente, qualora altre

ragioni di interesse pubblico non consiglino od impongano una diversa soluzione. La riserva del traffico, fondata sul

riconoscimento d'una posizione preminente nel concessio nario in atto e consistente nel diritto di questi ad esclu

dere ogni altro aspirante, quando sia accertata la propria capacità di soddisfare le maggiori esigenze del servizio,

implica una ben diversa, più ampia e generica limitazione di poteri nell'Amministrazione e, sotto questo profilo, è de cisiva l'assenza di una norma esplicita in un testo legisla tivo che abbia ritenuto di dover disciplinare espressamente i

casi simili od analoghi del diritto di preferenza e del di

ritto d'esclusività. E uguali conclusioni possono trarsi dalle disposizioni

che prevedono la risoluzione, la revoca e la decadenza della

concessione. Si è già osservato che la qualità di conces sionaiio implica il riconoscimento di una speciale situazione, cui corrispondono, per l'Amministrazione, limiti di diversa

natura, previsti espressamente nel disciplinare o in norme

legislative. Nel quadro di tali limiti è compreso il regola mento della revoca, della risoluzione e della decadenza, le

quali d'altronde si concretano in singoli atti, ciascuno dei

quali ha la sua causa in un interesse pubblico specifico, il cui obiettivo accertamento opera di per sè come ga ranzia diretta o indiretta contro l'eccesso di potere.

Salvo il caso della preferenza o dell'esclusività, in cui la posizione del concessionario può dar luogo a pretese eventualmente non previste nel disciplinare, le garanzie costituite dalle norme attinenti alla revoca, alla risolu zione e alla decadenza tutelano d'altronde la concessione nei limiti ent:o i quali questa è definita nell'atto costi tutivo del rapporto, sicché, anche sotto questo profilo, sa rebbe inesatto desumere dai principi affermati negli ar ticoli 31 e 34 della legge una conferma della « riserva del traffico» secondo la tesi delle ricorrenti.

Un ultimo, non meno rilevante, argomento contrario

all'accoglimento di tale tesi è infine costituito dall'impos sibilità di differenziare la riserva dall'esclusività, e dal ca rattere eccezionale di questa, nel sistema della legge 28 settembre 1939 n. 1822. Che tale sistema tenda ad esclu dere situazioni di monopolio a favore dei concessionari in atto e sia fondato sostanziamenle sul criterio di assicu rare il migliore espletamento del servizio pubblico, attra verso la scelta dell'impresa più idonea, e, entro i limiti

dell'apprezzamento discrezionale attribuito per tale scelta

all'Amministrazione, attraverso una regolata concorrenza tra più imprese, trova una precisa conferma nella singola rità del diritto riconosciuto nel caso di esclusività, oltre che nella disciplina della preferenza prevista dagli art. 5 e 6.

Quanto al primo, non può contestarsi che esso rappre senti un vero e proprio iw8 singultire (non interessa, in que sta sede, stabilire se affievolito o perfetto), il cui rico noscimento si giustifica con il particolare e più accentuato interesse dell'Amministrazione al buon andamento della ditta titolare del servizio sussidiato. Tale interesse, im

plicito nella partecipazione dello Stato al finanziamento della ditta, spiega l'attribuzione al concessionario di una

preferenza nel caso di « intensificazione del servizio » o di « estensione del percorso in dipendenza di nuovi bisogni »

(art. 10, comma ultimo) (e cioè in casi identici o analoghi a quelli, di fronte ai quali dovrebbe operare la « riserva del traffico », pretesa dalle ricorrenti) e costituisce al tempo stesso il presupposto per l'applicazione della norma. La

pretesa all'intensificazione e all'estensione del servizio in

atto riposa pertanto su una situazione di fatto e di diritto diversa da quella che è all'origine del normale rapporto di concessione e che trova il suo regolamento nel relativo

disciplinare ; nè, conseguentemente, può essere riconosciuta

quando non ricorrano le eccezionali e singolari condizioni

previste espressamente dalla legge. Il diritto ad assorbire il maggior traffico su una determinata autolinea, nel quale praticamente si esaurisce il contenuto della « riserva », non

può quindi configurarsi come normale effetto della conces

sione, dato che il legislatore ne ammette di regola l'esi stenza in un unico caso espressamente previsto (art. 10, comma 1°), consentendo, solo dopo una valutazione d'op

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Page 5: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Sezione VI; decisione 5 luglio 1951, n. 314; Pres. Vetrano P., Est. De Capua; Organizzaz. Volsca, S. A. Auto industrie Zeppieri, Società

GIUBISPBUDENZA AMMINISTRATIVA

portunità effettuata « caso per caso » dall'Amministrazione, che una posizione analoga sia « accordata » con apposito

provvedimento ad altri concessionari.

Sotto questo profilo, la natura e la disciplina del di

ritto d'esclusività escludono la esistenza della « riserva » ; ed il contenuto dell'art. 10 conferma le osservazioni già svolte in ordine al contenuto e alla portata dell'atto isti

tutivo dell'ordinario rapporto di concessione.

Per questi motivi, respinge, ecc.

CORTE DEI CONTI.

Sezione controllo; risoluzione 27 giugno 1951, n. 389 ; Pres. Ortoma P., Est. Medugno ; Ministero difesa

esercito (G-. Mulè).

Impiegato governativo — Personale non di ruolo —

Assunzione prima del compimento degli anni 111 — Illegittimità — Convalid i al raggiungimento del limite minimo di età — Sopravvenuto divieto

di assunzione di avventizi — Interferenze (R. d.

30 dicembre 1923 n. 2960, disp. sullo stato giuridico

degli impiegati civili dell'Ammiri, dello Stato, art. 1 ;

d. legisl. 4 aprile 1947 n. 207, trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in ser

vizio nelle Ammin. dello Stato, art. 12).

Il limite minimo di età fissato per l'ammissione in servizio

di ruolo neirAmministrazione statale è applicabile anche

al personale non dì ruolo, per cui l'assunzione del mi

nore degli anni 18 non può convalidarsi qualora il com

pimento del 18° anno venga a verificarsi sotto l'impero del divieto di nuove assunzioni di personale non di

ruolo. (1)

La Sezione, ecc. — È stata prospettata, per la sua

portata di massima, una questione sorta in sede di esame

di un decreto ministeriale con cui si dispone la « ratifica »

della precedente assunzione di un avventizio che all'atto

dell'assunzione era di età inferiore ai 18 anni, e che ha

compiuto il 18° anno di età in epoca successiva all'en

trata in vigore dell'art. 12 decreto legisl. 4 aprile 1947

n. 207, contenente il divieto di nuove assunzioni di per sonale non di ruolo presso le Amministrazioni dello Stato.

L'esame di tale decreto ha portato l'Ufficio a conclu

dere per la sua illegittimità, nel riflesso che il servizio

prestato anteriormente al compimento del 18° anno di

età non poteva avere conseguenze giuridiche, mentre il

divieto di nuove assunzioni veniva a precludere all'Am

ministrazione la possibilità di avvalersi del compimento di detta età, avvenuto dopo l'entrata in vigore del di

vieto stesso, per disporne l'assunzione.

( 1 ) Per una sostanziale assimilazione del personale non di ruolo al personale di ruolo, per tutto ciò che la legge esplicitamente non regola in modo diverso, specie per quanto riguarda le norme attinenti alle condizioni generali di capacità richieste dalla legge sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato, cfr. Il Con

siglio di Stato nel quinquennio 1936-40, Roma, 19.2, I, pag. 143 ; lielazione della Corte dei conti al Parlamento, I, 1, quinquennio 1942-47, Roma, pag. 33.

Sulla configurazione dell'età, coinè requisito attinente alla ca

pacità, cfr. Petrozziello, Il rapporto di pubblico impiego, Milano,

1935, pag. 143 e segg. ; Baldi-Papini, Il rapporto d':mpiego pub blico, Padova, 1942, § 42; Zanobini, Corso dir. amm., Is ed.,

Milano, 1949, III, pag. 218 ; Vitta, Dir. amm,., 3a ed., Torino, 1950, II, § 48.

Richiede espressamente il requisito dell'età nel personale non

di ruolo, Gelosi, Il trattamento giuridico ed economico del perso nale civile impiegatizio non di ruolo nelle Amm. dello Stato, Roma,

1947, pag. 13. Sulla convalida degli atti amministrativi v., tra gli altri, Kavà,

La convalida degli atti amministrativi, Padova, 1937, pag. 125 e

segg. ; Sandui-li, Il procedimento amministrativo, Milano, 1940,

pag. 362 e seguente.

L'Amministrazione invece ritiene legittimo il provve dimento sull'appoggio delle considerazioni che risultano

da un parere reso sul caso di specie in data 20 febbraio

1951 dalla III Sezione del Consiglio di Stato, a seguito di richiesta ad essa fattane per suggerimento della Pre

sidenza del Consiglio, che aveva invece dichiarato di con

dividere la tesi dell'Ufficio di controllo.

Da tale parere risulta che, secondo l'avviso della Sez.

Ili del Consiglio di Stato, per quanto riflette la deter

minazione dei requisiti per la costituzione dei rapporti

d'impiego non di ruolo, la pubblica Amministrazione deve

ritenersi investita di un potere discrezionale, salvo che

per il requisito del titolo di studio, il cui possesso è ob

bligatorio ai sensi dell'art. 4 decreto legisl. 4 aprile 1947.

E nel particolare riflesso dell'età, in mancanza di una

norma che prescriva una età minima per la nomina degli

impiegati non di ruolo, dovrebbe ritenersi rilevante solo

l'età che determina la capacità naturale, non potendo par larsi di una estensione analogica del criterio d< Ila capa cità legale (18 anni), che si trova assunto nel n. 2 del

l'art. 1, comma 1°, della legge sullo stato giuridico degli

impiegati civili, poiché mancherebbero gli elementi per la similium comparatio, trattandosi di rapporti per taluni

aspetti di diversa natura, essendo diretti gli uni a sod

disfare esigenze dei servizi della pubblica Amministrazione

aventi carattere continuativo e permanente, e gli altri

invece a soddisfare esigenze di carattere contingente e

transeunte, motivo per cui le disposizioni della legge sullo

stato giuridico avrebbero forza cogente soltanto in tema

di costituzione dei normali rapporti d'impiego, mentre

avrebbero mero valore di massima quando trattasi di

costituire rapporti di carattere provvisorio. D'altra parte, a non rendere operante nella specie il

divieto di assunzione di personale non di ruolo, sancito

dall'art. 12 del citato decreto del 1947, varrebbe il rilievo

che la nomina di un impiegato di età inferiore ai 18 anni,

disposta prima dell'entrata in vigore del predetto decreto,

anche se illegittima, non potrebbe essere ritenuta giuri dicamente inesistente, e quindi improduttiva di qualsiasi

efletto, in quanto sarebbe soltanto invalida e quindi, se

condo i principi generali, convalidabile nell'interesse pub blico con decorrenza dalla data in cui l'impiegato assunto

abbia compiuto il 18° anno di età.

La cennata convalida di un rapporto esistente ma in

valido non cadrebbe, infatti, sotto il divieto della costi

tuzione di nuovi rapporti di impiego, ma rientrerebbe nei

poteri discrezionali della pubblica Amministrazione. E

alla sua ammissibilità non osterebbe la impossibilità di

una completa retrodatazione, perchè solo la esistenza di

controinteressati può porre la esigenza, ai fini della sa

natoria, che l'autorità che la dispone abbia il potere di

emanare un provvedimento del tutto nuovo, retrodatan

dolo al momento in cui avrebbe dovuto avere efficacia

quello convalidato.

Il principio da assumere sarebbe, quindi, quello che

sia da riconoscere la legittimità della sanatoria per gli atti mancanti di un presupposto, ove questo si realizzi

dopo la loro emanazione, in quanto la tardività non co

stituisce irregolarità insanabile. E tale principio varrebbe

anche in confronto del citato decreto n. 207 del 1947»

poiché questo decreto voile impedire le nuove assunzioni

di personale, e cioè l'aumento numerico degli impiegati, ma non intese porre un limite alla facoltà di convalida

degli atti amministrativi, tanto più se si tratti di atto

di conferma di un impiegato nominato in precedenza, dato che in tal caso, per poter rimuovere la possibilità della conferma, occorrerebbe procedere prima all'annulla

mento della nomina.

Lo stesso Consiglio di Stato peraltro, pur enunciando

tali principi, prospettava infine all'Amministrazione la

possibilità di richiedere la registrazione con riserva del

provvedimento de quo. E a tale riguardo osservava che

l'istituto può trovare applicazione, se si tratti d'impiegato che all'Amministrazione prema di conservare « nel pub blico interesse », dato che nella specie ricorrerebbe un vi

zio puramente formale, e comunque privo di conseguenze

Il Jfono Italiano — Volume LXXV — Parte 7/7-20.

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