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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sezione XXI; decisione 10 maggio 1993, n. 1806; Pres....

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sezione XXI; decisione 10 maggio 1993, n. 1806; Pres. Brignola, Est. Falcone; Paoloni ed altri c. Ufficio registro di Tivoli Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994), pp. 57/58-61/62 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188295 . Accessed: 28/06/2014 11:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 11:02:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione XXI; decisione 10 maggio 1993, n. 1806; Pres. Brignola, Est. Falcone; Paoloni ed altri c.Ufficio registro di TivoliSource: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1994),pp. 57/58-61/62Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188295 .

Accessed: 28/06/2014 11:02

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — L'ordinanza commissariale di cui si controverte è basata sul rilievo secondo il quale «le opere di cui trattasi sono da considerarsi abusive».

Ciò ad espressa riconferma di quanto assunto nella preceden te ordinanza-sospensione dei lavori «con riserva» di adozione dei «successivi provvedimenti definitivi ai sensi della 1. 28 feb braio 1985 n. 47», di cui nel nuovo atto si citano gli art. 7

e 14 unitamente alle leggi n. 1150 del 1942 e n. 10 del 1977.

Nello stesso provvedimento si fa inoltre menzione dell'art.

823, 2° comma, c.c. e si afferma che è comunale il suolo inte ressato dalle opere in questione.

Nessun cenno v'è, invece, all'art. 378 1. 20 marzo 1865 n.

2248, all. F, sulle opere pubbliche, sicché, al contrario di quan to sostiene la difesa di parte resistente, non è a tale norma che

può essere riferito il potere esercitato.

Invero, il richiamo congiunto alle norme suaccennate, di ca rattere edilizio ed al 2° comma dell'art. 823 c.c., il quale confe

risce all'autorità amministrativa la duplice tutela, in via ammi nistrativa e secondo i mezzi ordinari, per la difesa della proprie tà, non lasciano dubbi sul fatto che con l'ingiunzione di

demolizione in esame l'autorità emanante abbia si inteso avva

lersi di strumenti amministrativi, ma degli strumenti previsti dal

l'ordinamento in tema di repressione degli abusi edilizi; più pre

cisamente, dei poteri di cui ai richiamati art. 7 e 14 1. n. 47 del 1985, riguardanti il primo le opere eseguite in assenza di

concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali, ed

il secondo le stesse opere, nonché quelle in parziale difformità

dalla concessione, eseguite sul suolo pubblico.

opere insuscettibili di autonoma utilizzazione rispetto al bene principa le, e prive di un carico edilizio diverso dall'immobile cui accedono (Corte cost. 28 aprile 1992, n. 201, id., Rep. 1992, voce Sicilia, n. 449).

L'orientamento che attribuisce reti e muri di recinzione alla categoria delle pertinenze, di cui all'art. 7 1. 25 marzo 1982 n. 94, soggette al

regime autorizzatorio (Cons. Stato, sez. II, 13 giugno 1990, n. 566, id., Rep. 1990, voce Edilizia e urbanistica, n. 635; Tar Veneto, sez.

II, 30 aprile 1992, n. 373, Trib. amm. reg., 1992, I, 2683; Tar Campa nia, sez. II, 10 febbraio 1992, n. 26, Foro amm., 1992, 2386; Tar Pu

glia 15 febbraio 1984, n. 59, Foro it., Rep. 1986, voce cit., nn. 461, 462), comporta l'irrilevanza penale dei lavori in assenza del provvedi mento abilitativo (Cass. 30 settembre 1988, Baldo, id., Rep. 1990, voce

cit., n. 354; 23 ottobre 1987, Patruno, id., Rep. 1989, voce cit., n.

369; Pret. Bassano del Grappa 27 maggio 1983, id., Rep. 1984, voce

cit., n. 382; Pret. Vigevano 4 novembre 1982, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 369; per le opere soggette ad autorizzazione, ma situate in zone con vincolo paesaggistico, v. Pret. Firenze 15 dicembre 1992, id., 1993, II, 508, con nota di S. Benini).

In senso contrario, si è orientata quella giurisprudenza che, conside rando le opere di recinzione per natura stabilmente fissate al suolo,

impone l'obbligo della concessione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 gen naio 1991, n. 64, id., Rep. 1991, voce cit., n. 319; sez. II 8 novembre

1989, n. 1396, ibid., n. 629; sez. IV 18 dicembre 1979, n. 1200, id., Rep. 1980, voce cit., n. 380; per i riflessi penali, v. Cass. 30 settembre

1988, Baldo, cit.; Pret. Torino 24 maggio 1982, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 367), specie quando esse richiedano opere in muratura (Cass. 12 luglio 1989, Sforza, id., Rep. 1991, voce cit., n. 316; Pret. Belluno 16 marzo 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 352; se però l'intervento è limitato, e non altera l'estetica od impedisce la visibilità, non necessi ta di concessione: Cass. 13 luglio 1988, Pace, id., Rep. 1990, voce cit., n. 353; 25 novembre 1987, Belacchi, id., Rep. 1989, voce cit., n. 368; Pret. Nardò 7 luglio 1989, ibid., n. 370).

I contrasti rinvenibili in giurisprudenza, in parte giustificati dalla va riabile entità delle opere e dalle modalità di infissione al suolo, hanno richiamato l'attenzione sulla problematica dell'ignoranza della legge pe nale, dopo la sentenza 24 marzo 1988, n. 364 della Corte costituzionale, id., 1988, I, 1385 (Pret. Vibo Valentia 9 luglio 1990, id., Rep. 1991, voce cit., n. 318), e, prima ancora, della «buona fede» nelle contrav venzioni (Pret. Pizzo Calabro 19 novembre 1986, id., 1987, II, 628, con nota di richiami).

In dottrina, si evidenzia la necessità di coordinamento tra disciplina pubblicistica di pianificazione del territorio e diritto di chiusura del fondo

che si estrinseca mediante la realizzazione di opere di recinzione. Si veda al riguardo: A. Berrà, Appunti in tema di recinzioni, in Riv.

giur. edilizia, 1987, I, 1066 ss.; A. Brighina, Il regime edificatorio del le recinzioni, id., 1986, I, 214 ss. Si vedano anche: G. Tartaglia, in

Nuovo dir., 1988, 905 ss.; P. Veneziani, La costruzione di un muro

di cinta in mancanza di concessione ha rilevanza penale?, in Riv. giur. urbanistica, 1989, 455 ss.; G. Pifferi, Dubbi se occorra la concessione

edilizia o anche solo l'autorizzazione del sindaco per la costruzione del muro di cinta, in Ammin. it., 1991, 1905 ss.; I. Materia, Muri di recinzione e concessione edilizia, in Giur. merito, 1979, 1276 ss.

li Foro Italiano — 1994.

Non v'è ragione, dunque, di dubitare della giurisdizione del

giudice amministrativo quanto meno per la parte del ricorso con cui si denunzia il cattivo uso degli anzidetti poteri.

Per questa parte deve essere respinta, pertanto, l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall'amministrazione resi stente.

Ciò premesso in via preliminare, nel merito è infondata la

censura, contenuta nel primo motivo, intesa a contestare l'as

sunto delPabusività riferita alla proprietà pubblica del suolo, in base agli effetti — per questo profilo esaminabili incidenter tantum da questo giudice — derivanti dalla deliberazione consi liare 22 aprile 1980, n. 39.

Difatti, la qualità giuridica del bene in parola non può dirsi venuta meno in virtù di tale atto, con cui l'amministrazione

aveva manifestato l'intento di cedere in permuta lo stesso bene al ricorrente, in quanto ad essa non è seguita la stipulazione del relativo contratto.

È fondata, invece, l'ulteriore censura dedotta nello stesso pri mo motivo, diretta a contestare sotto il profilo edilizio che vi

sia abusività nella realizzata cinzione.

Com'è accennato innanzi, l'abusività edilizia è presupposto fondamentale chiesto tanto dall'art. 7, quanto dall'art. 14 pre detti, ai fini dell'applicabilità di sanzioni ivi previste.

Ora, è vero che la recinzione non risulta realizzata in base a concessione edilizia.

Tuttavia, va considerato che, come deduce il ricorrente, l'o

pera di cui si tratta non necessita di concessione non essendo

costruzione in senso tecnico, bensì, appunto, mera recinzione,

peraltro senza opere in muratura, non idonea ad immutare l'as

setto urbanistico-edilizio del territorio.

Secondo la descrizione che ne è data nel rapporto in data

5 maggio 1988 dell'ufficio tecnico comunale e del comando vi

gili urbani, richiamato nell'ingiunzione e depositato in copia dal

comune, la recinzione è costituita da sola rete metallica sorretta

da palificazioni in ferro.

In base a consolidato orientamento giurisdizionale, ne conse

gue che non rientra nel novero delle «attività comportanti tra

sformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale», per le quali l'art. 1 1. 28 gennaio 1977 n. 10 prescrive l'assoggetta mento a concessione.

Ciò è quanto basta per far ritenere illegittimo l'atto impugna

to, posto che — giova ripetere — l'abusività edilizia connessa alla necessità della concessione è elemento indefettibile delle fat

tispecie disciplinate da entrambi i citati art. 7 e 14.

Pertanto, assorbita ogni altra doglianza, il ricorso dev'essere

accolto.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; sezione XXI; de cisione 10 maggio 1993, n. 1806; Pres. Brignola, Est. Fal

cone; Paoloni ed altri c. Ufficio registro di Tivoli.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; se

Tributi in genere — Contenzioso tributario — Impugnazioni — Termine annuale — Applicabilità — Limiti (Cod. proc. civ., art. 327; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della

disciplina del contenzioso tributario, art. 19).

Nel giudizio innanzi alle commissioni tributarie, quando a cau

sa della mancata comunicazione dell'udienza di discussione

del ricorso la parte viene posta nell'assoluta impossibilità di

conoscerne l'avvenuta trattazione, non può considerarsi tar

diva — giusta la norma di cui al 2° comma dell'art. 327 c.p.c. — l'impugnazione proposta dalla parte stessa oltre il termine

annuale fissato dal 1° comma dell'art. 327 c.p.c., altrimenti

applicabile alle impugnazioni avverso le decisioni delle com

missioni tributarie. (1)

(1) La pronuncia conferma l'applicabilità del termine annuale di cui all'art. 327, 1° comma, c.p.c. alle impugnazioni proposte avverso le decisioni delle commissioni tributarie di primo e di secondo grado af

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PARTE TERZA

Fatto. — Con rogito per notaio Celli, registrato il 24 novem

bre 1982, Giuliana Paoloni e Maurizio Camerini vendevano a

Maurizio Bianchi un locale in Roma, via Aicardi, per il prezzo dichiarato di lire 50.000.000.

L'ufficio del registro di Tivoli notificava, ai fini dell'imposta di registro e dell'Invim, avviso di accertamento del maggior va

lore di lire 281.400.000, contro il quale proponevano ricorso

alla commissione tributaria sia i venditori G. Paoloni e M. Ca

merini (rispettivamente domiciliati in Roma, via S. Agnese 12

e in via Aicardi 9), sia — con separato ricorso — il compratore

fermata da Cass., sez. un., 20 gennaio 1992, n. 669, Foro it., 1992,

I, 337, e recentemente ribadita da Cass. 3 luglio 1993, n. 7311, id., 1993, I, 3278, con nota di richiami, cui adde, Cass. 24 agosto 1993, n. 8914, inedita; per la giurisprudenza della Commissione centrale, v., in senso conforme, dee. 13 aprile 1993, n. 1589, Fisco, 1993, 8048; 26 gennaio 1993, n. 648, Riv. dir. trib., 1993, II, 478, con nota di

Riccio; 7 maggio 1992, n. 3403, Foro it., Rep. 1992, voce Tributi in

genere, n. 1124; 13 gennaio 1992, n. 182, ibid., n. 1123; 16 ottobre

1991, n. 6918, ibid., n. 1125; 8 luglio 1991, n. 5255, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1284; 12 giugno 1991, n. 4758, id., 1992, III, 52, con

nota di richiami, cui adde Comm. trib. centrale 2 febbraio 1991, n.

812, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1280. Contra (e quindi nel senso dell'inapplicabilità del termine di decaden

za annuale alle impugnazioni delle decisioni delle commissioni tributa rie di primo e di secondo grado), Comm. trib. centrale 10 luglio 1992, n. 4465, id., Rep. 1992, voce cit., n. 1128; 1° giugno 1992, n. 3752, ibid., n. 1127; 11 aprile 1992, n. 2830, ibid., n. 1129; 7 gennaio 1992, n. 135, ibid., n. 1130; 21 dicembre 1991, n. 9138, ibid., n. 1131; Comm. trib. I grado Mantova 21 dicembre 1991, ibid., n. 1132; Comm. trib.

centrale 6 settembre 1991, n. 6010, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1286; 3 settembre 1991, n. 5863, ibid., n. 1285; 5 luglio 1991, n. 5228, ibid., n. 1289; 3 maggio 1991, n. 3486, id., 1992, III, 52, con nota di richia

mi, cui adde, Comm. trib. centrale 1° dicembre 1990, n. 7915, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1290; 15 ottobre 1990, n. 6639, ibid., n. 1291.

In dottrina, v. R. Lupi, Art. 327 c.p.c.: nei giudizi di valore dei

giudici sfuma la certezza del diritto, in Riv. dir. trib., 1992, II, 18; C. Consolo, I termini di impugnazione tributaria, l'art. 327 c.p.c. e l'eventualità di una pendenza del processo senza fine (la pronuncia del le sezioni unite fra «procédure» e «firmament»), in Giur. it., 1992, I, 1, 1272; C. Thomas, L'art. 327 c.p.c. è applicabile davanti alle com missioni tributarie, in Fisco, 1992, 3713. L'orientamento dell'ammini strazione finanziaria si rinviene ora in min. fin., circ. 4 aprile 1992, n. 3/5/661, ibid., 6166.

La Commissione centrale, nell'affermare l'integrale applicabilità al

processo tributario dell'art. 327 c.p.c., ravvisa — ai sensi del 2° comma dello stesso — l'inoperatività del termine lungo di cui al 1° comma

quando, per mancata comunicazione dell'udienza di discussione, la causa viene decisa in violazione del principio del contraddittorio.

La Suprema corte, pronunciatasi sull'applicabilità dell'art. 327, 2°

comma, c.p.c., nel caso di impugnative avverso decisioni della Com missione centrale, ha ravvisato, analogamente alla decisione in epigra fe, l'inoperatività del termine lungo di cui al 1° comma qualora il con tribuente dimostri di non aver avuto comunicazione della data di di scussione del ricorso e di non aver potuto conseguentemente presentare memorie: cosi sent. 4 maggio 1981, n. 2704, Foro it., Rep. 1982, voce

cit., n. 940; contra, sent. 12 dicembre 1981, n. 6563, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1033 (ad avviso della quale l'inammissibilità della impu gnazione per decorso dell'anno non può essere esclusa per il fatto che la parte, dopo aver ricevuto avviso dell'udienza originariamente fissata

per la discussione non abbia avuto, a seguito di rinvio disposto per l'acquisizione di documenti, altro avviso con la indicazione della nuova

udienza); in termini analoghi, v. Cass. 18 febbraio 1982, n. 1016, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1141, per la quale la circostanza che il contri buente fosse stato messo in condizione di partecipare al giudizio e di

spiegarvi le sue difese esclude l'operatività della norma di cui all'art.

327, 2° comma. Sul carattere eccezionale della previsione di cui all'art. 327, 2° com

ma, c.p.c., v. Cass. 25 agosto 1987, n. 7026, id., Rep. 1987, voce Im

pugnazioni civili, n. 50. Su tale norma, v. anche Cass. 13 luglio 1989, n. 3274, id., Rep. 1989, voce cit., n. 21, ove si precisa che l'art. 327, 2° comma, c.p.c. fissa una duplice condizione, con la conseguenza che, nonostante la nullità della citazione introduttiva o della sua notificazio

ne, l'impugnazione del contumace resta soggetta all'osservanza del ter mine annuale, ove al contumace medesimo sia stato notificato uno de

gli ulteriori atti di cui all'art. 292 c.p.c., quale l'ordinanza di ammissio ne all'interrogatorio.

La questione dell'applicabilità dell'art. 327 c.p.c. al processo tributa rio è ora disciplinata dall'art. 38 d. leg. 31 dicembre 1992 n. 546, che

prevede che «se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l'art. 327, 1° comma, c.p.c. Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri di non avere avuto cono scenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione d'udienza».

Per ulteriori riferimenti, v. la nota a Cass. 3 luglio 1993, n. 7311, cit.

Il Foro Italiano — 1994.

M. Bianchi (domiciliato in Roma via B. Costantini 39) conte

stando la valutazione compiuta. La commissione adita riuniti i ricorsi li accoglieva. L'ufficio proponeva appello, che veniva accolto dalla com

missione di secondo grado con decisione deliberata in data 2

ottobre 1987, pubblicata mediante deposito in segreteria in data

24 novembre 1987.

Hanno proposto ricorso a questa commissione Giuliana Pao

loni, Maurizio Camerini e Maurizio Bianchi, eleggendo domici

lio in Roma corso Francia 150, presso lo studio del commercia

lista Franco Esposito, con unito atto consegnato alla segreteria della commissione di secondo grado in data 22 marzo 1989.

Resiste l'ufficio.

Motivi della decisione. — I ricorrenti, premesso di avere avu

to notizia dell'avvenuta decisione di secondo grado soltanto in

seguito alla notificazione degli avvisi di liquidazione delle impo ste di registro ed Invim avvenuta il 24 gennaio 1989, chiedono,

preliminarmente, che, non avendo ricevuto né la comunicazione

della sentenza né la comunicazione dell'avviso dell'udienza in

cui l'appello è stato trattato e deciso, sia dichiarata la nullità

della decisione impugnata e degli avvisi di liquidazione che so

no ad essa seguiti e, subordinatamente, di «dichiarare ovvero

confermare la sentenza di primo grado relativamente alla nulli

tà degli accertamenti».

L'ufficio, nel costituirsi, si è rimesso al giudizio di questa commissione in ordine alla questione preliminare, affermando

di non essere in grado di controllare la fondatezza del relativo

assunto e, nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Alla stregua della documentazione in atti, la posizione dei

ricorrenti in punto di ammissibilità del ricorso che, come è sta

to esposto nel riferire le vicende del processo, è stato proposto in data 22 maggio 1989, dopo il decorso di oltre un anno (più il periodo feriale) dalla pubblicazione della decisione di secondo

grado avvenuta il 24 novembre 1987, si presenta diversa.

Il controllo di ammissibilità permette di accertare che il di

spositivo della decisione della commissione di secondo grado di accoglimento dell'appello dell'ufficio è stato comunicato, con

le pertinenti indicazioni del numero della decisione e della se

zione che l'ha emessa (sez. V n. 81050829) dalla segreteria, a

norma dell'art. 38 d.p.r. 636/72 (come sostituito dall'art. 25

d.p.r. 739/81), con avviso in data 25 novembre 1987, spedito

per mezzo posta raccomandata a Bianchi Maurizio ed altri in

via Beniamino Costantini 39, ed è stato regolarmente consegna to in data 27 novembre 1987, come risulta dall'avviso di rice

vimento.

Il ricorso di Maurizio Bianchi, proposto oltre il termine di

sessanta giorni da tale data (art. 25 d.p.r. 636/72) deve pertan to essere dichiarato inammissibile per intervenuta decadenza.

Questa dichiarazione non colpisce i ricorsi di Giuliana Paolo

ni e di Maurizio Camerini, tenuti al pagamento dell'Invim quali venditori ed al pagamento dell'imposta di registro in solido con

l'acquirente, e quindi per un rapporto scindibile da quello di

cui quest'ultimo è parte, poiché nessun avviso dell'avvenuta de

cisione è stato ad essi comunicato nelle rispettive residenze espres samente indicate nel ricorso, non potendo essere estesa agli stessi

l'efficacia dalla comunicazione di cui si è detto, indirizzata a

Maurizio Bianchi ed altri, poiché — a parte la genericità di

tale riferimento — in ipotesi di pluralità di parti la comunica

zione, in base ai principi generali discendenti dagli art. 136 ss.

c.p.c., dev'essere data a ciascuna parte, dovendosi negare tra

coobligati l'esistenza di una sorta di rappresentanza processuale. I ricorsi di Giuliana Paoloni e di Maurizio Camerini non in

corrono nemmeno nella decadenza comminata dall'art. 327, 1°

comma, c.p.c., la cui operatività anche nei riguardi delle deci

sioni delle commissioni tributarie è affermata dalla giurispru denza di questa commissione e dalla Corte di cassazione (Comm. trib. centrale, sez. un., 6 dicembre 1983, n. 4424, Foro it., 1984,

III, 401 e 6 febbraio 1990, n. 1024, id., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 2561; Cass., sez. un., 20 gennaio 1992, n. 668,

id., Rep. 1992, voce cit., n. 1120) alla quale è sufficiente richia

marsi, poiché ai ricorrenti non è stato comunicato, a cura della

segreteria, l'avviso della udienza di trattazione del ricorso. L'art. 327 c.p.c., infatti, deve trovare applicazione nella sua interezza, anche cioè quanto al disposto del 2° comma, concernente l'i

napplicabilità del termine annuale quando la parte dimostra di

non avere avuto conoscenza del processo per nullità della cita

zione o della notificazione di essa; ipotesi che nel procedimento

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61 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 62

innanzi alle commissioni tributarie, il quale, nei diversi gradi è dominato, dopo la sua proposizione iniziale, dell'impulso d'uf

ficio, si verifica appunto quando, per mancata comunicazione

dell'udienza di discussione, la causa viene decisa in violazione

del contraddittorio, nell'assoluta impossibilità per il contribuente

di conoscerne l'avvenuta trattazione e di configurare, quindi, a suo carico alcuna decadenza per il decorso di termini di impu

gnazione (Cass. 4 maggio 1981, n. 2704, id., Rep. 1982, voce

cit., n. 940). Dalla mancata comunicazione dell'avviso ai contribuenti del

l'udienza in cui la causa è stata trattata e decisa consegue peral

tro, non soltanto l'ammissibilità del ricorso proposto dopo il

decorso del termine annuale, ma anche la fondatezza dello stes

so, e cioè della sussistenza della dedotta nullità di tutti gli atti

compiuti in udienza, nonché della decisione pronunciata.

(Omissis)

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; sezione XVI; de

cisione 16 gennaio 1993, n. 366; Pres. Longo, Est. Di Giam

battista; Ufficio distrettuale imposte dirette di Viterbo c.

Pandolfi.

Tributi in genere — Violazioni e sanzioni — Pena pecuniaria — Intrasmissibilità agli eredi (L. 24 novembre 1981 n. 689,

modifiche al sistema penale, art. 3, 7, 39).

Le pene pecuniarie previste per violazioni alle norme tributarie

non sono trasmissibili agli eredi dei contribuenti ai quali sono

state inflitte. (1)

(1) Continua l'incertezza in tema di trasmissibilità agli eredi delle pe ne pecuniarie irrogate per violazioni tributarie non costituenti reato.

La Commissione tributaria centrale in epigrafe sostiene la intrasmis

sibilità agli eredi delle pene pecuniarie irrogate ai sensi degli art. 46, 4° comma, e 53, 1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 (disposi zioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), ar

gomentando in ragione della loro unificazione «a tutti gli effetti» alle

sanzioni amministrative operata dall'art. 39 1. 24 novembre 1981 n. 689, e ritenendo pertanto applicabile l'art. 7 della stessa legge, che espressa mente statuisce l'intrasmissibilità agli eredi dell'obbligo di pagamento delle somme dovute per le violazioni di natura amministrativa.

Hanno sostenuto la intrasmissibilità agli eredi: Comm. trib. centrale

13 marzo 1989, n. 1825, Foro it., Rep. 1989, voce Tributi in genere, n. 1286; 15 maggio 1984, n. 5231, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1048, con riferimento alle sanzioni pecuniarie diverse dalle soprattasse e sulla

base non già della 1. 689/81 bensì' della 1. 706/75; sulla medesima legge fa leva Comm. trib. I grado Ancona 13 marzo 1987, Bollettino trib.,

1987, 1480 (m), per escludere la trasmissibilità delle sanzioni agli eredi;

Comm. trib. II grado Matera 28 marzo 1992, Foro it., Rep. 1992, voce

cit., n. 1402 (che esclude la trasmissibilità agli eredi a meno che la

sanzione non sia, alla morte del trasgressore, divenuta definitiva); Comm.

trib. II grado Padova 26 gennaio 1987, Bollettino trib., 1988, 505 (m); Comm. trib. II grado Piacenza 22 maggio 1985, id., 1985, 1600 (m); Comm. trib. I grado Macerata 17 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 1555; Comm. trib. I grado Bergamo 12 novembre 1987,

id., Rep. 1987, voce Riscossione delle imposte, n. 114; Comm. trib.

I grado Milano 9 dicembre 1986, Bollettino trib., 1987, 682, (m) (che al pari della commissione di Bergamo ha escluso la trasmissibilità agli eredi delle sanzioni irrogate a carico degli amministratori di società ai

sensi dell'art. 98 d.p.r. 602/73); Comm. trib. I grado Milano 11 settem

bre 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Tributi in genere, n. 1184; Comm.

trib. I grado Ferrara 13 luglio 1984, Corriere trib., 1984, 2052.

Ritengono trasmissibili le pene pecuniarie agli eredi del trasgressore; Cass. 11 febbraio 1988, n. 1468, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 1333

(sul rilievo del carattere civile dell'obbligazione al pagamento delle pene

pecuniarie); 4 luglio 1962, n. 1703, id., 1963, I, 417; Comm. trib. cen

trale 11 ottobre 1991, n. 6796, id., Rep. 1992, voce cit., n. 1401 (nono stante l'irrilevanza nel caso di specie, in quanto sul punto il gravame era inammissibile perché intempestivo); Comm. trib. II grado Udine

26 maggio 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 894.

Il ministero delle finanze ha dapprima sostenuto la tramissibilità agli eredi delle pene pecuniarie solo nel caso fosse stato emesso un provve dimento di irrogazione delle sanzioni divenuto definitivo alla morte del

l'autore dell'illecito (v. circ. 10 giugno 1955 n. 41/46619, Bollettino

II Foro Italiano — 1994.

Fatto. — II sig. Eligio Pandolfi, titolare di una officina mec

canica ed esercente la vendita di macchine agricole, impugnava, con ricorso depositato il 18 febbraio 1981, l'avviso di accerta

mento Irpef e Ilor notificatogli dall'ufficio distrettuale imposte

dirette, il 20 dicembre 1980, con riferimento ai redditi del 1974, contenente anche l'irrogazione della sanzione del pagamento delle

pene pecuniarie previste dagli art. 46, 4° comma, e 53, 1° com

ma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600.

Con altro ricorso, depositato il 24 febbraio 1981 lo stesso

contribuente impugnava altro avviso di accertamento, notifica

togli il 27 dicembre 1980, relativo ai redditi del 1975. La commissione tributaria di primo grado accoglieva parzial

mente i ricorsi, riducendo la misura del reddito imponibile, per entrambi gli anni in riferimento, e la relativa decisione veniva

appellata sia dal contribuente sia dall'ufficio, per motivi di

merito.

All'udienza della commissione di secondo grado, si presenta vano i sig. Pietro e Gina Rita Pandolfi, i quali si qualificavano eredi del contribuente, deceduto il 25 dicembre 1983 (v. certifi

cato di stato civile), e chiedevano, in via subordinata, che si

dichiarasse l'inapplicabilità delle pene pecuniarie. La commissione, mentre confermava il merito degli accerta

menti, accoglieva tale richiesta subordinata, dichiarando che con

la morte del contribuente trasgressore il diritto dello Stato alle

pene pecuniarie si era estinto con la morte del contribuente,

in virtù dell'art. 171 c.p. (la morte del reo estingue la pena), dell'art. 70 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 (per quanto non

diversamente disposto in materia di accertamento delle violazio

ni e delle sanzioni si applicano le norme del codice penale e

di quello di procedura penale) e dell'art. 4 1. 24 dicembre 1975

n. 706 (intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni amministrative

depenalizzate). L'ufficio ricorreva alla Commissione centrale deducendo la

inapplicabilità al rapporto tributario delle norme poste a fonda

mento della decisione appellata. Diritto. — Va premesso che in questa sede non è in discussio

ne il merito dell'accertamento dell'ufficio, che è stato ricono

trib., 1955, 867) e, successivamente, sostenuto la trasmissibilità agli ere

di indipendentemente dal provvedimento di irrogazione (v. circ. 20 no

vembre 1968, n. 16/10765 id., 1969, 27). In dottrina, favorevoli alla intrasmissibilità, R. Lupi, Intrasmissibili

tà agli eredi delle pene pecuniarie: la giurisprudenza di merito è concor

de (nota a Comm. trib. II grado Matera 28 marzo 1992), in Riv. dir.

trib., 1993, II, 60; M. Rossi, Sulla tramissibilità agli eredi delle sanzioni

amministrative tributarie (nota a Comm. trib. I grado Macerata 17 feb

braio 1990), in Dir. e pratica trib., 1991, II, 655; L. Rastello, Ingiusti

ficato faticoso cammino della giurisprudenza verso la completa edifica zione giuridica secondo la concezione penalistica dell'illecito ammini

strativo tributario punito con la pena pecuniaria (nota a Cass. 24 aprile

1979, n. 2319), in Riv. dir. fin., 1979, II, 208; A. Mercatali, Il proble ma della trasmissibilità agli eredi delle sanzioni pecuniarie tributarie, in Bollettino trib., 1987, 1447; M. Miscali, Contributo alla teoria gene rale delle sanzioni tributarie: la pena pecuniaria, in Dir. e pratica trib.,

1985, I, 342, spec. 363; P. Palladino, M. A. Sassani, Riflessioni sulla

natura delle pene pecuniarie previste in materia fiscale, in Fisco, 1991,

3454, spec. 3461; S. Guala, La questione delta trasmissibilità agli eredi

delle pene pecuniarie inflitte per violazioni finanziarie non costituenti

reato, in Bollettino trib., 1990, 167.

Contra, L. Perrone, Le sanzioni amministrative in materia tributa

ria, in Riv. dir. fin., 1978, I, 637, spec. 644; S. Gallo, Sulla trasmissi bilità della pena pecuniaria, in Fisco, 1986, 6079; A. De Santis, San

zioni amministrative e pene pecuniarie. Problema della trasmissibilità

agli eredi (nota a Comm. trib. centrale 13 marzo 1989, n. 1825), in

Bollettino trib., 1990, 936; G. Rossi, La trasmissibilità delle pene pecu niarie agli eredi, in Corriere trib., 1986, 1537; A. Polimeni, La trasmis

sibilità agli eredi delle sanzioni amministrative finanziarie, ibid., 615.

V., inoltre, L. Lovecchio, Eredi e pene pecuniarie, valore della con

tabilità ed altre amenità tributarie (nota a Comm. trib. I grado Matera

28 marzo 1992), in Bollettino trib., 1993, 161; La trasmissibilità delle

pene pecuniarie all'erede, in Le circolari del Corriere tributario, 1986, n. 5; S. Zenati, Sulla trasmissibilità agli eredi della pena pecuniaria, in Dir. economia, 1990, 137; C. Zoppis, La sostituzione della sanzione

amministrativa all'ammenda. La pena pecuniaria e le violazioni alle leggi

finanziarie, in Comm. trib. centr., 1976, II, 271.

Vedi anche Cass., sez. un., 8 gennaio 1993, n. 125, Foro it., 1993,

I, 1903, che, nel decidere in favore della irrogazione della pena pecunia ria per infedele dichiarazione sulla base della semplice volontarietà del

comportamento sanzionato, indipendentemente dalla presenza di dolo

o colpa, ha ritenuto non applicabili a tali sanzioni le norme introdotte

dalla 1. 24 novembre 1981 n. 689 e, più specificatamente, i principi

generali desumibili dai suoi primi dodici articoli.

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