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Per la prima volta, ecco le loro storie - cartadiroma.org · la Squadra Mobile di Reggio Calabria,...

Date post: 18-Feb-2019
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t - 1. Migranti in un centro di deten- zione a Tripoli, controllati dal- le autorità libi- che prima che possano partire per l'Europa, il 17 maggio. Sotto , quelli che aspettano discendere a Palermo da una nave irlandese Reuters ......_ -- ..... ........ .... ..... Arrivano dalla Libia, molti muoiono in mare, alcuni si salvano e raccontano ai po- liziotti di Reggio Calabria cosa hanno pas- sato nella traversata e le sevizie nei campi 11E(` I ,R TI IN 24 ORE Dalla guardia costiera tra venerdì e sabato scorsi di Enrico Fierro e Lucio Musolino Reggio Calabria engono e ci rubano il pane. Quei barconi sono pieni di ter- roristi dell'Iris. Sono ladri, put- tane e spacciatori. Ma lo sapete che gli immigrati incassano dallo Stato 40-50 euro al gior- no? È uno scandalo, li ospitano in alberghi a cin- que stelle, in camera hanno la vasca con idromas- saggio e si lamentano pure... L'immigrato che affronta il mare di notte, rischia la vita, arriva brutto sporco e cattivo sulle nostre coste e chiede solo pace, pane e un pizzico di tran- quillità, è il nemico perfetto. Sei senza lavoro? Colpa di chi te lo toglie, il "clandestino" disposto a fare tutto e per quattro soldi. Ti senti insicuro nel- la tua città?, colpa dell'immigrato... Perché si parte? Perché si affronta il mare in con- dizioni disumane rischiando una morte atroce? Cosa si lascia alle spalle chi spende quel poco che di transito, dove vengono trattenuti per giorni e torturati. Collaborano per aiutare a individuare i trafficanti dei quali, spesso, hanno anche i numeri di cellulare. Per la prima volta, ecco le loro storie ("(1RPI .A BORDO Venerdì erano a bordo di un barcone in arrivo dalla Libia ha per rifarsi una vita in Europa? A queste do- mande abbiamo tentato di dare una risposta at- tingendo alla viva voce di chi sceglie il mare come ultima speranza. Sono racconti in parte raccolti direttamente da noi, in parte frutto degli inter- rogatori a caldo che i poliziotti, in questo caso del- la Squadra Mobile di Reggio Calabria, fanno alle persone appena sbarcate. Un lavoro paziente che tenta di ricostruire la rete della grande organiz- zazione degli scafisti del Mediterraneo, ma che svela i drammi di estenuanti viaggi nel deserto, TRA GENNAIO E APRILE 2015 Tra gennaio e ottobre 2014 (Mare Nostrum) erano 1,9
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t - 1.

Migranti in un

centro di deten-

zione a Tripoli,

controllati dal-

le autorità libi-

che prima che

possano partire

per l'Europa,

il 17 maggio.

Sotto , quelli

che aspettano

discendere

a Palermo

da una nave

irlandese

Reuters

......_-- ..... ........ .... .....Arrivano dalla Libia, molti muoiono in

mare, alcuni si salvano e raccontano ai po-

liziotti di Reggio Calabria cosa hanno pas-

sato nella traversata e le sevizie nei campi

11E(` I ,R TIIN 24 OREDalla guardiacostiera tra venerdìe sabato scorsi

di Enrico Fierroe Lucio Musolino

Reggio Calabria

engono e ci rubano il pane.Quei barconi sono pieni di ter-roristi dell'Iris. Sono ladri, put-tane e spacciatori. Ma lo sapeteche gli immigrati incassanodallo Stato 40-50 euro al gior-

no? È uno scandalo, li ospitano in alberghi a cin-que stelle, in camera hanno la vasca con idromas-saggio e si lamentano pure...L'immigrato che affronta il mare di notte, rischiala vita, arriva brutto sporco e cattivo sulle nostrecoste e chiede solo pace, pane e un pizzico di tran-quillità, è il nemico perfetto. Sei senza lavoro?Colpa di chi te lo toglie, il "clandestino" disposto afare tutto e per quattro soldi. Ti senti insicuro nel-la tua città?, colpa dell'immigrato...Perché si parte? Perché si affronta il mare in con-dizioni disumane rischiando una morte atroce?Cosa si lascia alle spalle chi spende quel poco che

di transito, dove vengono trattenuti pergiorni e torturati. Collaborano per aiutare

a individuare i trafficanti dei quali, spesso,

hanno anche i numeri di cellulare.

Per la prima volta, ecco le loro storie

("(1RPI.A BORDOVenerdì erano abordo di un barconein arrivo dalla Libia

ha per rifarsi una vita in Europa? A queste do-mande abbiamo tentato di dare una risposta at-tingendo alla viva voce di chi sceglie il mare comeultima speranza. Sono racconti in parte raccoltidirettamente da noi, in parte frutto degli inter-rogatori a caldo che i poliziotti, in questo caso del-la Squadra Mobile di Reggio Calabria, fanno allepersone appena sbarcate. Un lavoro paziente chetenta di ricostruire la rete della grande organiz-zazione degli scafisti del Mediterraneo, ma chesvela i drammi di estenuanti viaggi nel deserto,

TRA GENNAIOE APRILE 2015Tra gennaio eottobre 2014 (MareNostrum) erano 1,9

l'esistenza di lager in Libia dove la violenza deicarcerieri è indescrivibile, e la corruzione di uf-ficiali della polizia libica che sono parte integrantedelle organizzazioni criminali. Infine i naufragi eil dramma di chi ha visto morire mariti, fratelli efigli inghiottiti dalle acque del Mediterraneo.Una volta a terra gli immigrati collaborano, fannonomi, danno numeri di telefono degli scafisti, in-dicano le città e i porti da cui sono partiti, mo-strano i filmati girati di nascosto nel corso dellatraversata. Aiutano polizia e magistratura italia-na.

IL MARE I NOTTE . "Meglio morire in mare chestare in Libia. In mare si muore una volta sola, sestai in Libia è come se morissi tutti i giorni". Ba-kary ha poco più di 16 anni, è un minore ospitatoin una struttura di accoglienza in Calabria. Vienedalla Guinea Bissau e ha raggiunto la Libia attra-verso il Gambia, quattro settimane di viaggio neldeserto. "I letti dove dormivamo in Libia eranopieni di insetti, avevamo pagato per il viaggio, manell'attesa dovevamo lavorare per i padroni delposto. Gratis, come schiavi. Chi si rifiutava venivapicchiato. Ho visto gente morire sepolta a pochimetri da dove dormivamo".

_______I_'IL Il.________ "MichiamoAb-

del B.M., sono di origine eritrea e ho vent'anni.Sono andato in Libia per tentare la traversata, hopagato 500 dollari ma forse la somma non bastavaai trafficanti. Mi hanno sequestrato e portato a Mi-surata, nel golfo della Sirte. Ero uno schiavo, mifacevano lavorare senza pagarmi. Nel capannoneeravamo in 200 almeno, dormivamo per terra eavevamo poco cibo, l'acqua era sporca e non c'era-no servizi igienici per i nostri bisogni. Le donnevenivano violentate, gli uomini offesi e picchiati.Per convincermi a farmi mandare i soldi dai mieigenitori e pagare il viaggio mi hanno torturato.Una notte degli uomini armati sono entrati nelcapannone e hanno prelevato un gruppetto di eri-trei. Erano ubriachi e drogati, e hanno fatto cor-rere gli eritrei mentre loro sparavano, li usavanocome bersagli mobili. Sparavano e ridevano comediavoli. Ho visto almeno due persone cadere a ter-ra colpite".

t - EL _. _ r "Mi chiamo Moham-mad B. e sono nato a Damasco nel 1985. In Siriaero un bracciante agricolo, nel 2013 ho lasciato ilmio Paese per il Libano, da qui volevo raggiungereil Sudan per poi tentare la traversata in Europaattraverso la Libia. Ho pagato mille dollari a unmediatore siriano di nome Mahmoud per arrivarein Sudan. Da qui ho raggiunto la frontiera libicacon un fuoristrada condotto da un altro sudanesemembro dell'organizzazione che ci ha consegnatoa dei libici. Erano in due e con un altro fuoristradaci hanno portati ad Agjdabya, in Cirenaica. Il no-stro campo era un lager sorvegliato da guardie ar-mate. Eravamo in 150, non potevamo uscire, era-vamo prigionieri, ci davano un panino e acqua sa-lata ogni 24 ore. Ci picchiavano, non c'erano bagni

"Nel capannone eravamo in 200e non c'erano servizi igienici.Le donne venivano violentate,gli uomini offesi e picchiati.Per convincermi a farmi mandarei soldi dai miei genitori e pagareil viaggio mi hanno torturato. Unanotte degli uomini armati sonoentrati nel capannone e hannoprelevato un gruppetto di eritrei.Li hanno fatti correrementre loro sparavano,li usavano come bersagli mobili"

e dormivamo per terra. Sono rimasto in questoposto per 11 giorni. Il capo del campo si chiamaAbou Laabd. Una notte ci hanno caricati su uncamion, coperti con dei teli e trasferiti in un vil-laggio in mezzo al deserto, qui ci hanno scaricatoin una stalla dove c'erano mucche, capre e pecore,abbiamo dormito con gli animali per due giorni. Èstato il momento peggiore, le guardie ci hanno tol-to tutto, chi protestava veniva picchiato con il cal-cio dei fucili. Non ne potevamo più e una notte

siamo scappati. Abbiamo raggiunto un'altra cittàdove un tale Salem, libico, ci ha ospitati per unanotte prima di consegnarci a Moamamar, anchelui libico. È un trafficante e per 900 dollari ci haportati sulla spiaggia dove c'era un gommone di 12metri circa che da lì a poco sarebbe partito perl'Italia.Eravamo non meno di 150. Siamo partiti di notte eabbiamo navigato in quelle condizioni per duegiorni, non avevamo cibo e acqua, il gommoneimbarcava acqua. Fortunatamente siamo stati av-vistati da una nave della Marina italiana che ci hasalvati. Sì, riconosco l'uomo che era al timone. Èun membro dell'organizzazione. Quando sono ar-rivati i soccorsi si è confuso mettendosi in mezzo anoi. Ora sono stanco voglio andare in Olanda".

UCC I DEVANO CRISTIANI. "Il mio nome è Ga-bresellah H. sono nata nel1991in Eritrea. Ho vis-suto per dodici anni a Karthum, facevo la dome-stica, il mio sogno era andare a Londra, ho con-tattato un sudanese che organizzava viaggi versol'Europa. Per 1.600 dollari si è offerto di portarmialla frontiera con la Libia. Siamo partiti a maggio2014 in un camion con altre 98 persone. Dopo set-te giorni siamo arrivati nella città libica di Ajdabia.Qui ci hanno chiusi in una casa, eravamo prigio-nieri. Chiedevo in continuazione a un libico quan-do sarebbe arrivato il mio turno per andare in Ita-lia. Lui non rispondeva mai. Dopo un mese siamostati portati a Tripoli in camion. Anche in questacittà siamo stati rinchiusi in una casa, ci sorve-gliavano uomini vestiti di nero e incappucciati. Illoro compito era selezionarci per sesso e religione.I musulmani potevano proseguire il viaggio, i cri-stiani no, venivano uccisi dagli incappucciati. Ledonne cristiane che avevano pagato il viaggio ve-nivano risparmiate. Ci siamo imbarcati il 7 mag-gio, dopo ore di navigazione ci ha salvati una naveda guerra tedesca".

'10 " x IL ."Sono Mbdao D. ho 25 anni evengo dal Senegal. Prima sono stato in Niger, lì hoincontrato un altro senegalese di nome Diof alquale ho dato 1.200 franchi senegalesi per farmiraggiungere il confine con la Libia. Eravamo intanti, ci hanno caricati su un pick-up e portati aTripoli dove mi sono fermato 15 giorni alla ricercadi qualcuno dell'organizzazione. Il mio contatto

era un soggetto di nazionalità gambiana che tuttichiamavano "Lo zio": era lui il mediatore per ilviaggio, chiedeva 300 mila franchi senegalesi. Nonavevo quei soldi, ma la somma richiesta l'avrebbeversata mio fratello su un conto corrente intestatoallo Zio. Solo quando i soldi sono arrivati mi han-no trasferito a Zuara, nella Libia nord occidentale,dove sono rimasto sette giorni. Ci hanno imbar-cato di notte, dopo almeno tre ore di attesa sullaspiaggia. Salivamo in 30 sui gommoni che ci por-tavano alla barca, un natante di colore blu nongrandissimo. Eravamo in cinquecento e la barcaera condotta da tre soggetti, uno al timone, un al-tro al controllo del motore e un terzo che sorve-gliava noi immigrati. Non ci hanno maltrattatodurante il viaggio, ma non ci davano da bere. Labarca era vecchia e in pessime condizioni, noi era-vamo ammassati uno sull'altro, quando il natantecominciò a imbarcare acqua avemmo paura, il ter-zo uomo ci ordinava di svuotare la barca con i sec-chi. Dopo 13 ore di navigazione abbiamo avvistatouna nave grande di colore blu e con l'immagine diuna tigre, o forse era un cane, non ricordo. È suc-cesso l'inferno, a bordo non ne potevamo più, vo-levamo solo uscire da quella barca che stava af-

fondando e che mai sarebbe arrivata in Italia. Cosìci spostammo tutti su un fianco, la barca ondeggiòfino a capovolgersi. Finimmo in acqua. L'acquaera gelida, chi non riusciva a nuotare affogava, neho visti tanti muovere le braccia, urlare, piangere epoi finire inghiottiti dal mare. Con me c'era miofratello di 18 anni, si chiamava Khamid, non l'hopiù visto, forse è annegato. Gli scafisti, voi li chia-mate così, sì, li so riconoscere. Il capitano era unafricano, l'addetto al motore un nordafricano, unaltro era africano ed era quello che ci ordinava disvuotare la barca, due di loro parlavano la linguawolof del Senegal, il terzo parlava arabo. Sì, sonoloro, li riconosco".

"È successo l'inferno,volevamo solo uscire da quellabarca che stava affondandoe che mai sarebbe arrivata inItalia. Così ci spostammo tuttisu un fianco, la barca ondeggiòfino a capovolgersi. L'acqua eragelida, ne ho visti tanti urlare,piangere e poi finire inghiottitidal mare. Con me c'era miofratello di 18 anni, si chiamavaKhamid, non l'ho più visto,forse è annegato"

1 IL ' -:1 _ ."A1T.èilmionome.Tre anni fa sono scappato dalla Siria per il Libano,ho vissuto di stenti aiutato solo dalla Chiesa, dueanni dopo ho lasciato Beirut per Karthum. Qui hoincontrato un sudanese di nome Bachir, il cui nu-mero di telefono è 092... che per 600 dollari si èofferto di portarmi al confine egiziano. Eravamoin 28 e abbiamo fatto il viaggio su un fuoristrada.Alla frontiera ci ha consegnato ad altre personeche ci hanno fatto attraversare il deserto fino alla

città libica di Ajdabya dove siamo rimasti per duegiorni in attesa di un alto ufficiale della polizia li-bica di nome Mouftah, il cui numero di telefono è09244... L'ufficiale ci ha chiesto 900 dollari comesaldo del viaggio, più altri 500 per portarci a Ta-rablus, dove ci hanno rinchiusi in una fattoria percinque giorni in attesa di un altro ufficiale libicoche ci ha chiesto altri mille dollari. Diceva che do-veva consegnarli a un tale di nome Rafou, che inLibia tutti conoscono come il miglior organizza-tore di viaggi verso l'Italia. Una notte abbiamoaspettato cinque ore sulla spiaggia prima di essereimbarcati su dei gommoni di colore scuro, ser-vivano a trasbordarci su un peschereccio. Erava-mo almeno in 700, anche donne e bambini, moltimessi uno sull'altro nella stiva. Prima di imbar-carci sul peschereccio i libici armati ci hanno toltotutto, qualche gioiello, soldi, telefoni, vestiti buo-ni. Durante il viaggio quelli nella stiva vicino almotore non riuscivano a respirare, vomitavano, ibambini piangevano, e chiedevano di uscire aprendere un po' di aria. Ho visto un uomo cheaveva il diabete sentirsi male, urlare dalla dispe-razione, ma nessuno lo ascoltava. Poco dopo èmorto. A bordo non c'era cibo, né acqua, nessunoaveva il giubbotto di salvataggio. Ci ha salvato unanave della Marina italiana. Sì, riconosco l'uomoche era al timone e gli altri che ci controllavano abordo. Ho dei parenti in Olanda, chiedo solo dipoterli raggiungere".

SEGRETO.L'AGENTE "Sono Jallow M., nato inGambia nel 1978. Ero un ufficiale della NationalIntelligence Agency e mi occupavo della sicurezzadel presidente. Nel 2006, dopo il golpe di YanyaJammeh si è insediato un regime dittatoriale. Michiedevano di torturare gli oppositori, anche lepersone che manifestavano l'intenzione di nonvotarlo, ma queste pratiche sono contrarie alle mieconvinzioni, mi sono rifiutato di obbedire agli or-dini e sono stato arrestato. Dopo un mese mi han-no concesso la semilibertà, ne ho approfittato perfuggire. Prima in Senegal, dove ho lavorato per treanni, poi in Burkina Faso, dove ho fatto l'autista,quindi in Niger e successivamente in Libia. Con laguerra ho deciso di scappare in Italia, ho contat-tato un mediatore, Jawkneh Muhammed, che la-

vora per un certo Karim, conosciuto anche comeIman, è il capo dell'organizzazione, un uomo po-tente. Ho pagato 1.500 dollari. Con altre 120 per-sone siamo stati portati a Juwara, in una casa diquesto Karim dove siamo stati trattati in manieradisumana. Abbiamo atteso 45 giorni in quellecondizioni prima di essere imbarcati sui gommo-ni e poi trasferiti su un'imbarcazione con due ban-diere, una libica. Chi creava problemi veniva pic-chiato. Riconosco dalle foto gli uomini che eranoal timone e quelli che lavoravano per lui".

- MIO:"T"1 .. MARITO. "Mi chia-mo Sonia J., sono nata in Nigeria nel 1991 e sonoincinta di quattro mesi. Con mio marito volevamoraggiungere l'Europa per dare un futuro al figlioche aspetto. Una notte a Tripoli ci hanno fatti sa-lire su un gommone scuro, eravamo 120, c'era ac-qua e pane, ma mancavano i giubbotti di salva-taggio per tutti, dopo quattro giorni di navigazio-ne il gommone si è capovolto, eravamo in troppi ele onde erano alte. Ci siamo salvati in dieci. Anchemio marito è morto, aveva 28 anni. Ora chiedosolo di essere aiutata a rimanere in Italia, lavorare ecrescere il figlio che aspetto".

Fonte: www.ispionline.it


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