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PERCHE’ I FABBRICATI DI NAPOLI SI DISSESTANO · Napoli si pensa al Vesuvio, al degrado dei...

Date post: 29-Jul-2020
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1 PERCHE’ I FABBRICATI DI NAPOLI SI DISSESTANO Dott. Ing. Andrea Esposito
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PERCHE’ I FABBRICATI DI NAPOLI

SI DISSESTANO

Dott. Ing. Andrea Esposito

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L’Autore del testo è stato dirigente tecnico in servizio presso l’Amministrazione

Comunale di Napoli fino al 1 luglio 2016 con la qualifica di Direttore Centrale della

Direzione Centrale Infrastrutture, Lavori Pubblici e Mobilità.

E’ stato Presidente dell’Unione Nazionale Tecnici Enti Locali - sez. Campania e vice

Presidente dell’Associazione Nazionale Ingegneri ed Architetti della Campania.

E’ Consulente tecnico del Tribunale di Napoli ed ha svolto numerosi incarichi peritali

in qualità di Consulente Tecnico di Ufficio sia in sede civile che penale anche su

procedimenti relativi ai dissesti dei fabbricati.

E’ stato impegnato nella risoluzione tecnica delle problematiche insorte a seguito dei

più gravi dissesti avvenuti nel napoletano negli ultimi anni e tra i principali si

elencano :

- Il crollo dell’edificio della Riviera di Chiaia del 2013

- Il cedimento della curva della A dello Stadio San Paolo del 2014

- La voragine di Via Campanile a Pianura del 2015

- Il crollo del frontone di coronamento della Galleria Umberto I° di Napoli del 2014

- I crolli delle volte del Real Albergo dei Poveri del 2002

- I dissesti al fabbricato di Viale Colli Aminei del 2016

- Il risanamento del Costone di Coroglio

- Il dissesto idrogeologico della Collina dei Camaldoli

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PREFAZIONE

Perché i fabbricati di Napoli si dissestano ?

I fabbricati si dissestano per l’incuria degli uomini.

La responsabilità è di tutti noi, nessuno escluso, soprattutto di noi tecnici ma anche della classe politica,

dei legislatori, dei singoli cittadini, dei condomini e degli amministratori dei fabbricati, degli ordini

professionali tecnici. Nessuno potrà al prossimo crollo, voragine, dissesto dichiarare di non avere una

parte di responsabilità di quanto accade ogni giorno nella nostra città.

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Premessa

La motivazione di questo testo è nel desiderio di spiegare in un linguaggio

semplice perché Napoli sarà interessata da dissesti e crolli strutturali in

numero sempre maggiore con il passare degli anni.

E’ il tentativo di far comprendere anche al lettore non tecnico che è il

momento di dedicare maggiore attenzione alla sicurezza del proprio

fabbricato per garantirsi un futuro migliore.

Raccontando i fenomeni di dissesto che investono gli edifici di Napoli si

vuole spiegare perché i nostri edifici ancora stanno in piedi e perché, se non

si cambia impostazione e azione, gli edifici di Napoli possono anche cadere

e questo destino, che oggi è solo ipotesi rara, nei prossimi anni ci

accompagnerà con cadenze sempre più frequenti, proprio per l’incuria degli

uomini.

Gli ingegneri considerano la norma che gli edifici stanno in piedi e le

eccezioni i crolli strutturali, sebbene si impari più dai crolli.

Quando appena laureato appresi perché i fabbricati stanno in piedi, giuste

nozioni di scienza delle costruzioni e di tecnica delle costruzioni, non mi era

ancora chiaro perché i fabbricati possono anche crollare.

La mia tesi di laurea aveva quale tema “Problemi di interazione terreno-

fondazione – sovrastruttura” e quale giovane laureato avevo ben chiaro il

perché i fabbricati stanno in piedi. Questa chiarezza mi procurò anche una

laurea in ingegneria civile da 110 e lode.

Ma, compreso perché i fabbricati stanno in piedi, non mi erano per nulla

chiari i motivi del perché i fabbricati si dissestano o crollano; questo lo ho

appreso sul campo, perché, come verrà chiarito nel seguito di questo testo, è

molto difficile capire perché i fabbricatori si dissestano e perché un

fabbricato crolla.

Affrontando il sisma del 23 novembre 1980, come giovane laureato, ho

potuto verificare sul campo i dissesti di molti fabbricati; successivamente,

col fenomeno bradisismo dell’Area Flegrea, ho potuto verificare gli effetti

del bradisismo sui fabbricati, ma con i dissesti successivi, susseguitesi nel

corso degli anni e che di seguito saranno indicati in dettaglio, ho potuto

comprendere che non è stato il sisma o il bradisismo o il dissesto

idrogeologico, quale causa naturale, a dissestare i nostri fabbricati. Anche i

futuri eventi naturali non saranno la vera causa del crollo dei fabbricati di

Napoli. Dopo 40 anni di attività professionale il mio convincimento tecnico

è che i fabbricati di Napoli sono destinati a dissestarsi e, purtroppo, a

crollare per l’incuria degli uomini, come dimostrano gli eventi che si

susseguono ormai quotidianamente e di cui è effettivamente a conoscenza

solo il Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli che ogni giorno è

chiamato a verificare lesioni ai fabbricati, dissesti e crolli.

Siamo in presenza, per sola colpa umana, di un vero terremoto invisibile,

un terremoto che non ha nulla a che fare con le forze della natura ma che è

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dovuto alla assenza di una cultura della conservazione dei fabbricati. Gli

uomini pretendono che i fabbricati abbiano vita eterna, senza intervenire con

le necessarie opere sia di manutenzione ordinaria che di manutenzione

straordinaria. E’ la carenza di manutenzione ordinaria che conduce gli

edifici ad un’esigenza di manutenzione straordinaria, ma anche tale esigenza

viene trascurata e si arriva in breve a danni statici alle strutture portanti dei

fabbricati e quindi all’inagibilità, al dissesto, al crollo dell’intero fabbricato.

L’incuria non è dovuta solo al singolo cittadino, è un’incuria culturale anche

della classe dei tecnici, ma anche dei nostri legislatori come si vedrà nel

seguito.

Vediamo più in dettaglio cosa è questo terremoto invisibile per colpa del

quale i fabbricati di Napoli sono destinati a dissestarsi.

Si vuole dimostrare che non è il sisma o il bradisismo il vero pericolo per la

stabilità dei fabbricati di Napoli e nemmeno quello che viene definito da

inesperti “il dissesto idrogeologico“, volendo far passare la tesi che il

dissesto idrogeologico, così come il terremoto, producono danni imposti

dalla natura e quindi si tratta di eventi i cui effetti sono ineluttabili, cioè non

si possono evitare o ridurre; infatti si ribadisce che la vera causa degli attuali

dissesti e dei futuri crolli è l’incuria degli uomini.

I fabbricati di Napoli, negli ultimi trenta anni, “stanno facendo sforzi

inspiegabili” per la tecnica ingegneristica, perché continuano, nonostante

tutto, a rimanere in piedi.

Un fabbricato crolla quando la sua struttura portante non resiste più ed

intorno a noi vediamo solo strutture vecchie e malandate che non crollano e

noi attendiamo inermi la crisi finale, senza alcuna cultura tecnica di

conservazione.

I fabbricati di Napoli, da soli, stanno svolgendo il loro dovere sociale nei

confronti del popolo napoletano facendo del loro meglio per non cadere.

La ridondanza intrinseca dei fabbricati, con la quale sono stati costruiti da

validi ingegneri, è l’unica motivazione tecnica per la quale oggi i fabbricati

non sono ancora crollati. La ridondanza è la caratteristica essenziale e

comune alle strutture realizzate dagli Ingegneri Italiani sulla quale possiamo

ancora fare affidamento.

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1- I terremoti ed i dissesti idrogeologici, quali eventi legati alla natura

provocano danni minori rispetto a quelli procurati dall’incuria degli

uomini.

Relazione del dott. Ing. Andrea Esposito al Convegno tenutosi in Palma

Campania del 12 dicembre 2009 avente quale tema: ”Miglioramento

strutturale degli immobili nei Centri Storici sulla base della recente

emergenza sisma Abruzzo”

Quando si parla di sicurezza del territorio dell’area metropolitana di

Napoli si pensa al Vesuvio, al degrado dei fabbricati, al sisma del 23

novembre 80, al dissesto idrogeologico del territorio, nessuno chiarisce che

di fatto i terremoti ed i dissesti idrogeologici, quali eventi legati alla

natura, provocano danni minori rispetto a quelli procurati dall’incuria

degli uomini.

Molto spesso mi domando cosa un sisma o un dissesto idrogeologico può

provocare alle strutture dei nostri fabbricati e cosa l’uomo può mettere in

atto per evitare questi danni ed i conseguenti morti.

Sono partito dagli eventi sismici del 23 novembre 1980 e nel verificare i

danni subiti dai fabbricati ho voluto capire se fosse vero che i fabbricati si

dissestarono ed alcuni crollarono a causa del terremoto o per colpa degli

uomini, per le loro disattenzioni e non per altre cause cosiddette “

naturali“.

Tutti parlano degli interventi di adeguamento sismico, di interventi di

miglioramento sismico, nessuno parla di una salutare e naturale

manutenzione degli edifici i quali, man mano che invecchiano, hanno

bisogno solo di una semplice revisione. La mancata manutenzione ordinaria

condurrà nel breve periodo a necessari interventi di manutenzione

straordinaria e la mancata manutenzione straordinaria conduce quasi

sempre le strutture portanti dei fabbricati ai dissesti di carattere statico e

quindi alle parziali o totali inagibilità.

Molto spesso noi tecnici dell’Ente Locale, così come i liberi professionisti,

siamo chiamati a dare, nelle fasi successive ad un evento sismico e/o per un

grave dissesto ad un fabbricato, dei pareri tecnici in merito alla sicurezza

dell’edificio interessato dal dissesto.

E’ un aspetto molto importante della nostra attività professionale e in

sostanza dobbiamo esprimere un parere su immobili che molto spesso non

conosciamo, di cui non si conosce la storia costruttiva e la sua evoluzione

nel tempo, di cui non si conosce nemmeno come sono stati costruiti e quali

sono o dove sono le strutture portanti.

Ma intanto la richiesta ufficiale è quella di dare subito un parere di

agibilità o di non agibilità dell’ immobile in esame, sebbene ancora una

volta, con questo ultimo sisma dell’Aquila, abbiamo scoperto che in Italia

non conosciamo il nostro patrimonio, non sappiamo di ogni edificio come è

fatto e quali sono le sue strutture portanti.

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Se poniamo questa considerazione in relazione all’ automobile ci

rendiamo conto che vi è un grosso divario culturale: per l’automobile

abbiamo un libretto, abbiamo un collaudo obbligatorio ogni 4/2 anni,

altrimenti l’automobile non può circolare. Nel libretto è riportato come è

fatta l’automobile e come deve essere manutenuta.

Del fabbricato, invece, non sappiamo nulla e addirittura solo negli ultimi

tempi la normativa ha cominciato a dare una serie di indicazioni su quelli

che sono i concetti di durabilità dei fabbricati. Il concetto della durabilità

dei fabbricati è entrato a far parte delle indicazioni normative italiane solo

nel 1996 con il DM 16 gennaio 1996; la nuova normativa di cui al DM

14.01.2008 è molto più precisa; ci impone anche uno studio della storia del

fabbricato, l’evoluzione storica del fabbricato stesso, la sua geometria. Tale

norma ci impone, inoltre, di valutare quale è il nostro livello di conoscenza

del fabbricato nel momento in cui dobbiamo esprimere un giudizio di

idoneità statica.

Quasi sempre, il nostro livello di conoscenza dei fabbricati, per i quali

siamo chiamati a dare un giudizio tecnico, nei giorni immediatamente

successivi al sisma, per carenza del legislatore, è un livello di conoscenza

molto basso: dico per carenza del legislatore perché è il legislatore che

tarda a prendere doverose decisioni nel merito.

Non è possibile, in nessun caso, pensare al futuro degli interventi sui nostri

fabbricati se degli edifici non disponiamo nemmeno di una planimetria di

facile reperibilità e di rapida disponibilità al momento del sinistro, al fine

di dare, almeno al tecnico che opera nell’immediatezza dell’evento

calamitoso, informazioni immediate per intervenire su un fabbricato e

verificarlo; avendo a disposizione un elaborato planimetrico che individui

le strutture portanti e le murature sulle quali fare affidamento.

C’è quindi una carenza di base; si spende tanto per l’automobile (un

automobile non ci costa meno di euro 500 mensili), ma per un

appartamento che vale €300.000,00 non si prepara il fascicolo del

fabbricato, con almeno l’indicazione delle sue strutture che costituiscono le

necessarie informazioni da fornire al tecnico verificatore nel momento

dell’emergenza; il fascicolo del fabbricato costituisce un’azione preventiva

ed elemento indispensabile di studio dell’evoluzione storica del fabbricato.

Oggi sono stato chiamato ad illustrare gli interventi in corso presso

l’edificio Monumentale denominato Real Albergo dei Poveri di Napoli.

Mi domanderete che cosa centra in tutto questo discorso l’edificio

denominato “Real Albergo dei Poveri in Napoli” .

Ebbene anche per l’Albergo dei Poveri abbiamo fatto una esperienza

negativa, che di seguito brevemente riassumo.

Immediatamente dopo il sisma del 23 novembre 1980 il Real Albergo dei

Poveri fu dichiarato agibile, o meglio una “Commissione di esperti”, sulla

base di una indagine visiva, senza conoscere la storia del fabbricato,

riscontrando solo un normale quadro fessurativo alle volte dell’edificio, fu

portata a dichiarare il fabbricato agibile. I tecnici, in buona fede, si erano

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attenuti ai normali canoni costruttivi, ritenendo l’edificio costruito con

volte classiche dell’edilizia napoletana.

Ebbene nonostante questa dichiarazione di agibilità, l’edificio a seguito

della successiva “scossa tellurica del febbraio 1981” crollò, causando

anche alcuni morti.

Quindi il sopralluogo tecnico, nei momenti post sismici non è una semplice

visita dei luoghi, oppure un banale tentativo posto in atto al fine di far

rientrare o meno le persone in casa ma è un accertamento tecnico molto

importante. A tale accertamento molto spesso sono chiamati i tecnici

dell’Ente Locale.

La nuova normativa impone, nella verifica di un fabbricato e nell’analisi

della sua struttura, la conoscenza della storia della struttura stessa del

fabbricato. Questo aspetto (storia dell’evoluzione strutturale del

fabbricato) poteva essere trascurato fino a qualche tempo fa, oggi non è più

possibile.

Nell’Albergo dei Poveri infatti i crolli si erano verificati non tanto e non

solo per il sisma in se, ma per come erano state costruite le “volte”. Ma

ancora, ad avvalorare le tesi esposte, tali volte sono crollate non tanto e

non solo perché erano state costruite in un certo modo, che nel seguito

vedremo, ma perché, a causa dell’incuria dell’uomo, era mancata la

semplice manutenzione del monumento.

Il sisma del 23 novembre 80 aveva causato fessurazioni alle guaine in

copertura; causa tali fessurazioni del manto impermeabile, le acque di

pioggia si infiltrarono nelle stesse volte dell’edificio le quali si imbibirono

di acque di pioggia, per molto tempo, senza che nessuno intervenisse con

una semplice riparazione del manto impermeabile.

Si racconta che nell’ospizio, all’ultimo piano dell’edificio, furono tra

l’altro predisposte delle “bacinelle di raccolta delle acque” che, infiltratesi

nelle volte percolavano ai piani inferiori nei giorni di pioggia.

Tali infiltrazioni e percolazioni d’acqua, durarono dal mese di novembre

1980 al febbraio 1981, causando un degrado della malta tra i conci murari

ed un appesantimento delle volte stesse.

Tali volte tra l’altro avevano un “vizio occulto”, tale vizio era dovuto alla

circostanza che per accelerare la costruzione del Real Albergo furono

realizzate prima le murature di ambito e poi le volte stesse con la

conseguenza che le volte non erano ben collegate alle murature.

Quindi grazie all’incuria degli uomini e alla non conoscenza storica del

fabbricato vi furono i crolli che abbiamo voluto imputare storicamente al

sisma.

Sull’esempio citato riscontriamo le due principali motivazioni dei crolli. La

prima addebitabile all’ incuria e la seconda alla non conoscenza della

storia del fabbricato. L’edificio lasciato alle intemperie, ha subito

infiltrazioni di acque piovane, le volte inbibite di acqua si sono appesantite

e ci sono stati dei crolli successivi dall’alto verso il basso. Le volte si

presentavano visivamente in buono stato; ma erano state costruite in una

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maniera diversa da come noi tecnici concepiamo la costruzione di una

volta. Probabilmente è vero, come si racconta che il Re, come tutti i politici,

voleva dimostrare alla città di saper realizzare rapidamente l’opera e

ordinò al progettista, che tutto sommato era il tecnico delle Ente Pubblico

di allora, di fare presto. L’ingegnere Fuga progettista del Real Albergo dei

Poveri (siamo nel 1750), ubbidendo a tale ordine, realizzo, come già

accennato, prima le murature e poi le volte, con la conseguenza che le volte

non sono ben collegate alle murature. Questo “fatto storico”, questa

volontà politica di dimostrare alla città l’esecuzione immediata di un

lavoro, senza dare il tempo normale di costruzione agli addetti ai lavori

(tipica dei nostri tempi), è stata una delle cause del crollo di queste volte;

la conoscenza storica delle modalità costruttive del fabbricato, avrebbe

informato meglio i tecnici che hanno verificato il fabbricato nelle immediate

fasi successive al sisma per dichiararne l’agibilità. I tecnici a suo tempo

intervenuti nelle verifiche, conoscendo meglio la storia del fabbricato, non

ne avrebbero dichiarato l’agibilità e comunque, se alle fessurazioni delle

guaine si fosse immediatamente provveduto con una programmata

manutenzione ordinaria, le volte non sarebbero crollate e quindi sarebbero

state salvate delle vite umane.

Questo episodio ci rimanda alla necessità della conoscenza e della

manutenzione, elementi indispensabili per la sicurezza statica degli

immobili e per la loro agibilità temporale.

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2- Il livello di conoscenza dei fabbricati di Napoli e la necessità di una

indagine conoscitiva sullo stato degli edifici.

RELAZIONE DEL dott. ing. Andrea Esposito al Convegno tenutosi in

Napoli, Palazzo San Giacomo, Sala Giunta, del 15 aprile 2016, avente come

tema la “Valorizzazione e messa in sicurezza dei fabbricati di Napoli”

La valorizzazione e messa in sicurezza dei fabbricati di Napoli non può

prescindere da una maggiore conoscenza del nostro patrimonio edilizio. A

tale opera di conoscenza dobbiamo contribuire tutti e noi tecnici dell’Ente

Locale, in sinergia con il mondo della libera professione, siamo tenuti ad

uno sforzo aggiuntivo che deve andare oltre i nostri normali compiti di

istituto e/o professionali. La normativa vigente precisa che il problema

della sicurezza delle costruzioni esistenti è di fondamentale importanza in

Italia, da un lato per l’elevata vulnerabilità, soprattutto rispetto alle azioni

sismiche, dall’altro per il valore storico -architettonico - artistico -

ambientale di gran parte del patrimonio edilizio esistente. La valutazione

della sicurezza dei fabbricati non può prescindere da un’ analisi storico-

critica, in merito alla costruzione del fabbricato ed alla sua storia

costruttiva, e dal rilievo geometrico strutturale. Tutto questo manca per

gran parte dei fabbricati di Napoli.

Sui fabbricati privati noi tecnici abbiamo un livello di conoscenza “zero”,

cioè un livello di conoscenza che non ci consente di affermare nulla in

merito allo stato delle strutture ed alla sicurezza dei fabbricati.

Abbiamo la necessità di un primo “grande monitoraggio osservazionale”

del nostro patrimonio edilizio e per questa motivazione, oggi, ci siamo

riuniti in Sala Giunta, quali professionisti dell’Ente Locale e professionisti

delle Libere Professioni, affinché con un lavoro sinergico assumiamo

l’onere comune di una prima verifica osservazionale del nostro patrimonio

edilizio. In questa sala sono presenti tecnici dell’Ente Locale, e del mondo

professionale appartenenti all’Ordine degli Ingegneri, all’Ordine degli

Architetti, dei Geometri e dei Periti, rappresentanti della Associazioni

Nazionale Ingegneri ed Architetti, della Associazione Unione Nazionale

Tecnici Italiani, dell’associazionismo privato quali i tecnici della

Associazione Rinnovare Napoli; ebbene se ognuna di queste organizzazioni

garantisce una verifica osservazionale di 10 fabbricati a Municipalità, ogni

organizzazione può procedere a 100 verifiche, tutte queste organizzazioni

insieme, possono entro la fine dell'anno 2017 garantire una verifica

osservazionale su circa 1000 fabbricati; ovvero possiamo avere entro

dicembre 2017 la conoscenza di 1000 fabbricati di Napoli, il che può

rappresentare il punto di partenza per il recupero della nostra città. Tutto

questo a costo zero; è una proposta intrigante, è una proposta che,

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esaminata dagli Ordini e dalle Associazioni potrà avere successo; noi ci

aspettiamo una fattiva collaborazione da parte degli Ordini dei Geometri,

degli Architetti, degli Ingegneri, dei Periti Industriali dell’Aniai Campania

e della Associazione Rinnovare Napoli. L’Istituto Frobeliano posto nel

Centro Storico, sulla via di accesso al quartiere Sanità, potrebbe ospitare

l’Ufficio per la rigenerazione del Centro Storico di Napoli, in piena

sinergia tra il mondo della libera professione e le istituzioni: sarebbe un

esempio importante, forse unico nella nostra città e nell’intero paese;

iniziativa determinante anche per la rigenerazione del centro storico al fine

di calamitare su questo progetto tutti i fondi disponibili, privati e pubblici,

compresi i fondi europei.

La conoscenza del tessuto edilizio, sotto gli aspetti della durabilità e delle

modalità di conservazione, deve consentire la programmazione di interventi

adeguati che siano in grado di canalizzando le risorse disponibili.

Tutto ciò al fine di non ritrovarsi impreparati, come classe di tecnici, di

fronte a futuri ed eventuali disposizioni legislative che impongono,

solitamente, tempi stringenti.

La classe degli ingegneri dipendenti pubblici e quella dei professionisti

hanno il dovere di dare il giusto supporto ad un paese che necessariamente

sulla sicurezza degli immobili, sia pubblici che privati, deve recuperare

molto in merito alla cultura della conservazione ai fini della salvaguardia

del prezioso patrimonio edilizio.

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3 - Il livello di conoscenza dello stato di pericolo incombente da parte

del legislatore e la reale omissione degli interventi ritenuti

indispensabili per la sicurezza dei cittadini.

Nell’esaminare i crolli e dissesti avvenuti a Napoli nell’ultimo ventennio si

possono rintracciare le motivazioni per le quali si sono verificati tali episodi

calamitosi, oltre alle soluzioni tecniche affinché essi non abbiano più a

verificarsi.

In primo luogo ricordiamo che i dissesti nel sottosuolo hanno notevole

interazione reale con le fondazioni dei nostri fabbricati e quindi con le

strutture portanti degli edifici in elevazione.

La pericolosità del sottosuolo di Napoli è nota da decenni e diversi sono

stati gli interventi e le ricerche condotte al fine di acquisirne una migliore

conoscenza in modo da poter programmare una serie di organici interventi

volti al recupero e alla messa in sicurezza del sottosuolo stesso.

Nel 2002 a seguito di una indagine conoscitiva del Senato della Repubblica

fu accertato che a Napoli non esisteva nessun intervento di rigorosa

manutenzione programmata della rete dei sottoservizi. Il servizio Fognature

era paralizzato dalla inadeguatezza del personale e delle attrezzature (si

ricorda che trattasi di indagine del 2002). Da tale indagine conoscitiva già

emerse che la questione del sottosuolo di Napoli è al centro di un dibattito

che risale alla fine del secolo scorso.

La cronologia di seguito riportata induce a riflettere sulle gravi

responsabilità del nostro legislatore in merito al mancato intervento su

argomenti noti e studiati che investono direttamente la sicurezza dei cittadini

e sui quali, con le più varie argomentazioni, si ritarda ogni reale e possibile

intervento. Tale considerazione conduce a concludere che si è in presenza di

un reato di omissione.

Il 3 ottobre 1781 Ferdinando IV di Borbone, al fine di affrontare i dissesti

dell'epoca, emana un editto con il quale in particolare all'articolo 4 vietava

ogni escavazione sia all'interno che all'esterno dell'abitato della Città di

Napoli.

Nel 1850 circa il Consiglio Edilizio istituito da Ferdinando II identifica nel

sottosuolo cavo di Napoli i problemi prioritari da risolvere.

E’ del 1889 la pubblicazione dell’ Ingegnere Melisurgo del Comune di

Napoli sulle caratteristiche e condizioni del sottosuolo di Napoli; in essa si

identifica proprio nelle cavità la causa principale delle perdite di acqua dei

sottoservizi che erano all’origine dei relativi dissesti. L’ing. Melisurgo

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sottolinea che i primi dissesti nella città iniziano negli anni successivi alla

sostituzione del vecchio acquedotto della bolla che per 2000 anni aveva

alimentato Napoli ma non aveva mai provocato dissesti. I primi seri

problemi iniziarno quando il nuovo acquedotto sostituìsce il vecchio.

Fin dal 1889 emerge che l’acqua non in pressione non deborda, mentre

l’acqua in pressione, per le perdite della rete idrica, provoca effetti

devastanti quando attraversa strati geologici e piroclastici. Nonostante

questa conoscenza della problematica sin dal 1889 apprendiamo, dopo oltre

cento anni, da una indagine conoscitiva del 2002 della 13^ Commissione

permanente del Senato della Repubblica, che “le perdite

dell’acquedotto negli ultimi anni sfiorano tuttora il 35-40 per cento”.

Il 2 giugno 1889 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approva il

progetto esecutivo della Fognatura di Napoli.

Nel 1892 il Ministero dell'Interno nomina una commissione di tecnici per lo

studio del sottosuolo di Napoli, al fine di far fronte a numerosi dissesti

verificatisi in particolare per le perdite del nuovo acquedotto intubato del

serino e delle fogne incapaci di smaltire i nuovi scarichi da questi addotti.

Nel 1945 viene istituito un comitato di consulenza per la Fognatura di

Napoli che redige un rapporto sulla modifica dei tipi di fogne per le zone a

sistema separatore .

Nel 1949 l’ufficio Fognatura del Comune di Napoli propone, delegandone

la realizzazione al prof. ingegnere G. Avolio De Martino, uno studio per il

riordino della rete: progetto di massima per la sistemazione della Fognatura

di Napoli, 1950.

Nel 1957 vengono depositati i lavori della Commissione di studio per il

progetto generale della Fognatura di Napoli istituita dalla Cassa per il

Mezzogiorno .

Nel 1965 si affronta il problema del sottosuolo di Napoli al IV Convegno di

urbanistica sotterranea tenutosi a Varsavia.

Nel 1967 il Comune di Napoli, al fine di affrontare i numerosi dissesti

verificatisi, costituisce una commissione di studio ed istituisce una sezione

sottosuolo.

Nel 1969 si torna a parlare del sottosuolo di Napoli al quinto convegno di

urbanistica sotterranea tenutosi a Madrid .

Nel 1969 vengono pubblicati gli atti dell'ottavo convegno di Geotecnica “il

sottosuolo dei grandi centri urbani e industriali nei riguardi dei problemi

geotecnici : il sottosuolo di Napoli”

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Nel 1971 il Comune di Napoli sempre al fine di affrontare la problematica

sottosuolo visto il persistere di gravi dissesti, istituisce una seconda

Commissione di studi che riprende e perfeziona gli studi della prima,

giungendo ad analoghe conclusioni anche relativamente ad uno più

auspicabile razionale sviluppo urbano.

Nel 1987 si tiene il VI convegno dell'Ordine Nazionale dei Geologi a

Venezia dove si discute ancora di Napoli.

Nel 1993 vengono consegnati al Comune di Napoli i lavori sulle indagini

geologiche condotte in ottobre dello stesso anno e relative alla Legge

Regionale del gennaio 1983. numero 9, (indagini geologiche per

l'adeguamento del piano regolatore generale).

Il 22 febbraio 1997 il Ministero dell'Interno al fine di fronteggiare il

verificarsi di nuovi drammatici eventi, nomina quale Commissario

Straordinario per l'emergenza l'allora sindaco Antonio Bassolino in carica

già da 4 anni, consentendogli di avvalersi di un Comitato Tecnico per le

varie incombenze.

Il 20 marzo 1997 viene conclusa l'indagine conoscitiva effettuata dalla XIII

Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) del

Senato.

Nell'aprile del 2000 il Sindaco di Napoli avvocato Riccardo Marone

(subentrato all'Onorevole Antonio Bassolino che, a sua volta, aveva

acquisito la delega commissariale per l'emergenza sottosuolo della Regione

Campania), pubblica un primo rapporto: “Napoli, indagine sullo stato del

sottosuolo, quadro organico degli interventi necessari”.

Nel giugno del 2001 il Governo dichiara lo stato di calamità per il crollo di

un palazzo all'Arenella .

Il 24 settembre 2001 il Governo, in seguito ad un'alluvione durata poco più

di 4 ore, dichiara lo stato di calamità naturale per il Comune di Napoli in cui

il nuovo sindaco insediato sei mesi prima, onorevole Rosa Russo Iervolino,

è delegato commissariale per l'emergenza del sottosuolo.

Il 31 dicembre 2011 il commissariato straordinario, nominato con

Ordinanza del Ministro dell’Interno n. 2509 del 22.02.1997 e successive

modifiche ed integrazioni, per gli interventi di emergenza connessi al

consolidamento del sottosuolo e dei versanti della Città di Napoli, ivi

compresi quelli relativi al dissesto idrogeologico verificatisi o aggravatisi a

seguito degli eventi alluvionali, viene chiuso e tutto passa all'ordinario; vale

a dire che tutto ciò che riguarda il dissesto idrogeologico, le fognature, le

tubazioni idriche, i danni alla città ed ai versanti della città in dissesto

idrogeologico, quindi tutte le azioni da porre in atto per ridurre ed annullare

lo stato calamitoso ed il pericolo per la stessa città nonché il completamento

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di tutte le opere che il Commissario straordinario con poteri straordinari non

era riuscito a fare o completare, dovevano essere risolti da uffici ordinari del

Comune che già di fatto non riuscivano nemmeno a garantire la normale

regolare manutenzione ordinaria degli impianti, figuriamoci se potevano

essere in grado di affrontare eventi calamitosi di carattere straordinario.

Tutto questo avveniva pur in presenza di una prescrizione delle stesse

strutture commissariali che ipotizzavano un’uscita dal periodo di

commissariamento a condizione di un potenziamento ed ammodernamento

degli uffici, delle competenze e delle capacità tecniche degli Enti preposti a

tale funzione.

Siamo nel 2016 ma tale potenziamento ed ammodernamento degli Uffici,

delle competenze e delle capacità tecniche degli Enti preposti a tali funzioni

non è stato realizzato.

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4 -I dissesti provocati dal cattivo smaltimento delle acque di pioggia; i

dissesti provocati dalle acque dovute alle perdite delle condotte idriche

di carico e fognarie; i dissesti causati dall’antropizzazione del suolo;

l’influenza delle acque sull’innesco di cedimenti delle strutture di

fondazione dei fabbricati e sui consequenziali danni alle strutture

portanti dei fabbricati stessi.

I dissesti del sottosuolo di Napoli sono in gran parte imputabili al

comportamento dei nostri terreni : “le pozzolane”.

Lo stato di dissesto di Napoli è intimamente legato a tali terreni.

Le pozzolane sono terreni normali che per la loro leggerezza sono

particolarmente erodibili: trattandosi di terreno estremamente leggero, una

piccola corrente d’acqua riesce a trascinarne facilmente con se parti

cospicue.

Le pozzolane sono particolarmente cedevoli in presenza di acqua: se arriva

dell’acqua (a causa di piogge intense, oppure per perdite della rete

dell’acquedotto o da quella fognaria), la pozzolana, pur essendo stata

sottoposta a carichi precedenti, cede. Quindi se un fenomeno di questo

genere interessa il terreno su cui sono poggiate le fondazioni di un

fabbricato, questo ultimo subisce dei cedimenti differenziali e ciò ne

determina il dissesto. Altrettanto avviene se l’acqua fuoriesce da un

collettore fognario: i terreni su cui poggia il collettore subiscono cedimenti

differenziali ed il collettore si lesiona.

Le pozzolane hanno la caratteristica del crollo di resistenza che si verifica

sempre in questo materiale allorché si immette dell’acqua.

Questo è il motivo per il quale lungo i nostri costoni spesso si verificano

delle frane. Le pozzolane in sito da milioni di anni, sono stabili con un certo

stato tensionale; piogge particolari o perdite da condotte provocano un

crollo di resistenza causando il franamento.

Napoli poggia sulle pozzolane e noi lasciamo che le acque di pioggia e/o le

perdite dell’acquedotto cittadino e del sistema fognario dilavi questo terreno

producendo crolli e dissesti. Quindi siamo in presenza di una tipologia di

dissesto idrogeologico causato dalla trascuratezza degli uomini che hanno

costruito i loro fabbricati senza curarsi delle relative opere di drenaggio,

captazione delle acque di pioggia e manutenzione delle reti idriche

dell’acquedotto e della fognatura (pubblica e privata) .

Siamo in presenza di dissesti dovuti alla sola negligenza degli uomini ma

che volutamente molti continuano a rappresentare quale dissesto

idrogeologico per causa naturale.

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La natura ci ha donato un ottimo materiale denominato pozzolana che è una

roccia sciolta di origine piroclastica, che si è formata a seguito delle eruzioni

vulcaniche, in particolare quelle dei Campi Flegrei. La pozzolana, in quanto

tale, è un ottimo materiale, infatti è stato sempre utilizzato per le costruzioni

sin dall’epoca dei romani. E’ per la sola noncuranza degli uomini che tale

terreno diviene pericoloso per i nostri fabbricati (e solo se soggetto a

infiltrazioni di acque).

Evitando le infiltrazioni si potranno evitare la maggior parte dei dissesti ai

fabbricati di Napoli.

Il problema urgente da risolvere è quello di evitare che le acque dilavino nel

sottosuolo dei fabbricati, siano esse acque di pioggia, acque dovute a perdite

delle condotte idriche dell’acquedotto o acque provenienti da perdite delle

condotte fognarie.

Occorre evitare che le acque di pioggia confluiscano nella rete cittadina,

sollecitando in maniera anomala i collettori, le cui sezioni a seguito del

mancato espurgo, presentano sezioni assai ristrette rispetto alle originali.

Nelle fogne esistenti dovrebbero confluire solo le acque nere e quelle

pluviali dei fabbricati, mentre con una rete a parte si dovrebbero raccogliere

le acque di pioggia provenienti dalle superfici pubbliche, strade e piazze da

avviare direttamente al mare.

Occorre eliminare le perdite dalle condotte idriche di carico che, stante

quanto accertato dalla Commissione del Senato della Repubblica,

ammontavano nel 2002 al 35/40 % (quindi si tratta di migliaia di metri cubi

di acque dilavanti il sottosuolo)

La soluzione di intercettare le acque provenienti dalle colline, con opere da

realizzare al confine della cinta urbanizzata, quali pozzi gravitazionali,

indirizzandole al mare direttamente, con gallerie a grande profondità, in

modo da non interessare la rete dei sottoservizi, sia in termini di costi, che di

tempo, appare la più realistica. Interventi simili sono stati già adottati dal

Comune di Pozzuoli e dal Comune di Torre del Greco. In pochi anni

sarebbero definitivamente scongiurati i dissesti finora avvenuti in occasione

di eventi piovosi particolarmente intensi.

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5 - I dissesti legati allo sviluppo edilizio; i dissesti causati dalla

escavazione dei suoli; i dissesti legati alle opere di sostegno dei pendii.

Napoli era una piccola città ed il suo abitato era concentrato nella parte

bassa, la città vecchia.

Dopo il 1945 il numero dei vani è più che raddoppiato e la città si è

sviluppata a macchia d’olio, invadendo la zona collinare. Lo sviluppo

edilizio è stato imponente; sono stati utilizzati suoli liberi sui quali gli

antichi non avevano mai osato costruire ma che oggi risultano

profondamente urbanizzati. Trattasi di suoli che abbracciano tutte le

problematiche del sottosuolo, quali pendii, costituiti da rocce sciolte e

pozzolane, oltre ai costoni tufacei. Inoltre Napoli si sviluppa ad anfiteatro e

questo fin dalle epoche passate ha comportato la necessità di realizzare

moltissimi muri di sostegno per poter edificare.

Il sottosuolo è stato oggetto, nel corso dei secoli, di opere di escavazione per

estrarre materiale da costruzione. Si ricorda che anche i greci hanno scavato

nel sottosuolo di Napoli per estrarre il tufo che è un ottimo materiale per

costruire. I pendii inoltre sono rivestiti da coperture piroclastiche e questo

aggrava particolarmente la situazione. Infatti a differenza che nel passato il

centro abitato si sviluppa anche sui pendii, e questo comporta

inevitabilmente un rischio per i cittadini. La collina di Posillipo, quella dei

Camaldoli ed il quartiere Vomero sono stati invasi da costruzioni. In queste

zone le frane si sono sempre verificate; però, mentre nel passato non

esisteva un rischio per gli abitanti, oggi, a causa dello sviluppo edilizio, tale

rischio c’è.

Le cavità sono causa di dissesti non solo per la rottura della volta della

cavità, che è possibile e che talvolta si è verificata, ma il vero problema è un

altro: tutte queste cavità, siano esse semplici escavazioni, cisterne o piccole

cave esistenti nel centro di Napoli, sono state costruite dai nostri antenati per

estrarre materiale o per creare acquedotti. I nostri antenati accedevano a tali

cavità tramite pozzi che attraversavano lo stato di pozzolana soprastante e

poi penetravano nel banco tufaceo. La pozzolana non è resistente e quindi

per realizzare il pozzo di discesa gli antichi hanno fatto una sottile opera

muraria in tufo che attraversa la pozzolana stessa. Tale sottile rivestimento

in tufo non ha retto alle ingiurie del tempo e quindi in gran parte questi

rivestimenti in tufo sono crollati determinando una voragine in superficie.

Ad oggi abbiamo schedato ben 2036 pozzi ma si valuta che ve ne siano

altrettanti non conosciuti e quindi sussistono allo stato oltre 2000 punti di

insicurezza o possibili voragini che per banali motivi, quali una semplice

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percolazione di acqua, possono innestare altrettanti moti franosi o

voragini.

Per quanto riguarda i costoni tufacei occorre precisare che molte sono le

fratture presenti su tali costoni (quale evento naturale di carattere

geologico); purtroppo negli ultimi decenni si è costruito anche a ridosso di

tali costoni provvedendo anche a gravosi sbancamenti (come per la collina

di Posillipo) dove possono verificarsi frane di vario tipo e dissesti.

La situazione dei muri di sostegno è ancora più gravosa. Napoli poggia su

una conca, nella quale sono stati costruiti tantissimi muri di sostegno. Si

tratta di muri prevalentemente antichi, in gran parte edificati quando tutta la

zona pedemontana era destinata all’agricoltura. Successivamente sui

terrazzamenti agricoli sono state innalzate le costruzioni, ma i muri sono

rimasti quelli di una volta. Trattasi di muri a gravità in tufo, vecchi muri

fortemente degradati, molto erosi, muri progettati per lo più qualche secolo

fa. La meccanica dei terreni, la teoria della spinta delle terre sulle opere di

sostegno a quell’epoca non erano conosciute o meglio i margini di sicurezza

adottati dai nostri antenati erano ben diversi da quelli che applichiamo oggi,

per cui, sistematicamente, quando facciamo una analisi di stabilità dei muri,

risulta che questi sono al limite della sicurezza.

Da quanto sopra emerge la necessità di operare con azioni rivolte alla

risoluzione delle problematiche relative al drenaggio delle acque di pioggia

ed alla salvaguardia delle fognature.

Il territorio delle colline di Napoli, che si è andato urbanizzando negli anni,

in passato era solcato da un reticolo idrologico superficiale, che

comprendeva quattro grandi corsi d’acqua: ad est il Sebeto; al centro l’alveo

San Rocco, che si immette nel collettore dell’Arenaccia, passa davanti alla

stazione e finisce al porto; il reticolo drenante dell’area di Bagnoli, con la

cosi detta Arena Sant’Antonio; il drenaggio della zona di Pianura che finisce

nel collettore di Via Cinthia.

All’inizio quando il grado di urbanizzazione era ancora molto basso, il

drenaggio delle acque pluviali superficiali era realizzato con piccoli canali.

Con l’aumento dell’urbanizzazione si sono costruiti degli spechi fognari che

avevano soprattutto lo scopo di drenare, ma ad un certo punto,

l’urbanizzazione è cresciuta tanto e questi spechi si sono riempiti al punto

tale da andare in pressione. Da un punto di vista idraulico il collettore,

finché era riempito solo per una parte, funzionava come un sistema idraulico

“a pelo libero” ovvero a pressione atmosferica in presenza d’aria. Purtroppo

i collettori erano stati costruiti quasi tutti con strutture di tufo o murarie,

quindi non era previsto che andassero in pressione. Funzionavano, ad un

certo livello, sempre con la pressione atmosferica, perciò non sottoponevano

il loro rivestimento a sforzi eccessivi. Non appena i collettori sono andati in

pressione, a causa dell’aumento della quantità di acque, è cominciata ad

esercitarsi una notevole spinta sulle pareti che non resistendo a tali pressione

vengono come si dice in gergo “scavernati” producendo dissesti e voragini

al contorno, oggi, purtroppo, urbanizzato.

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Dal momento che si prevedono aggravi meteorici con cadute di pioggia in

poco tempo, vi è urgenza di intervenire sugli impianti fognari deputati allo

smaltimento delle acque .

In una rete fognaria sovraccaricata, specialmente quella di Napoli che è

scavata nel tufo e molto spesso nella pozzolana, quando va in pressione,

poiché è costituita da un materiale non resistente a trazione, si verifica una

notevole perdita di acqua nei terreni laterali , vi è un’erosione del materiale

esterno, che perde le sue caratteristiche meccaniche e si verifica presto il

collasso della volta della fognatura stessa. Il passaggio delle acque e la

successiva andata in pressione delle fogne, evento dopo evento, porta alla

formazione di caverne che spesso si espandono fino ad arrivare in superficie

e quando ciò accade i dissesti possono provocare perdite di vite umane,

perché interessano una superficie molto più vasta del collettore in profondità

e causano danni alle fondazioni ed alle strutture portanti dei fabbricati.

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6 - Il meccanismo di dissesto indotto ai fabbricati.

I lavori per la realizzazione delle fognature di Napoli iniziarono alla fine del

1800 e solo nel 1926 si ritenne conclusa questa grande opera infrastrutturale.

Da allora vi sono stati alcuni interventi di una certa rilevanza, soprattutto

negli anni 60 e 70, con i lavori della Cassa per il Mezzogiorno, ma da allora

non si è più realizzato un lavoro complessivo in materia di fognature,

mentre la città si è sviluppata a macchia d’olio.

Oggi manca tra l’altro un approccio concreto con le diverse realtà esistenti

che interferiscono con il dissesto, quali quelle relative a tutti gli

insediamenti abusivi, condonati e non, con l’aggravante di avere ormai una

maggiore vetustà e conseguente usura di buona parte della rete

dell’acquedotto (quella risalente alla fine dell’800).

L’acqua rappresenta certamente un bene prezioso per tutti noi (acqua bene

comune), ma per le strutture è un qualcosa che è sicuramente preferibile

evitare. Infatti la presenza di acqua sulle opere di sostegno induce un

incremento delle spinte che alla fine porta al crollo di tali opere; per quanto

riguarda i fabbricati in genere, porta a cedimenti nelle fondazioni che

inducono a loro volta, sollecitazioni alla struttura dei fabbricati in

elevazione, con tutti i danni che ne possono derivare.

La sicurezza dei nostri fabbricati dipende molto dalla capacità di

raccoglimento e smaltimento delle acque nelle aree limitrofe al fabbricato

stesso. In questo modo si evitano anche modifiche del livello di falda che

influenza le fondazioni dei fabbricati, oltre ovviamente ad evitare il

trascinamento delle parti fini del sottosuolo.

Quindi la raccolta e lo smaltimento delle acque costituisce un indispensabile

intervento strutturale perché in questo modo si elimina a monte quella che

può essere la causa delle sollecitazioni sulle strutture dei nostri fabbricati.

La città di Napoli ha la particolarità di avere un sottosuolo che è parte

integrante del soprasuolo. Spesso come esempio si considera la Fortezza di

Sant’Elmo. Questa fortezza è stata costruita tagliando la sommità della

collina e scavandone una parte per ricavare molti ambienti. Con le pietre

tagliate è stata costruita la parte superiore, all’esterno vi è ancora “il monte”,

questa è stata definita da molti una integrazione geologica e architettonica .

Anche il lettore non tecnico potrà comprendere che non vi può essere

distinzione tra problemi del sottosuolo e quelli del soprasuolo.

E’ stato verificato che da oltre 120 anni i fenomeni di dissesto hanno una

causa precisa. Nel 1889, l’ing. Melisurgo Guglielmo del Comune ha

ispezionato tutte le cavità napoletane ed ha notato che i primi seri dissesti a

Napoli sono cominciati dopo che l’acquedotto in pressione ha sostituito il

vecchio acquedotto della Bolla. Per 2200 anni l’acquedotto della Bolla ha

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alimentato Napoli, ma non ha determinato dissesti. Nel 1889, cinque anni

dopo l’entrata in funzione del nuovo acquedotto, comparvero in maniera

vistosa e disastrosa gli effetti. Si indagò sulle motivazioni di tali primi

dissesti e si verificò che l’ acqua non in pressione nei condotti a cielo libero

andava avanti nel suo cammino, non inquinava e non debordava; viceversa

le perdite “a spruzzo” del nuovo acquedotto, con condotte chiuse e quindi

con acqua in pressione, dilavavano il sottosuolo ed, attraversando strati

geologici piroclastici sciolti (pozzolane), potevano causare effetti devastanti.

Infatti, se un acquedotto ha una perdita, si verifica “uno spruzzo” continuo

sotto pressione che procede indisturbato. Se tale spruzzo attraversa il tufo,

non succede granché, ma se sono presenti materiali piroclastici sciolti quali

pomici e lapilli o pozzolane, l’acqua comincia a scavare, a poco a poco,

giorno dopo giorno, con la formazione di caverne e voragini, tali da ingoiare

interi fabbricati. Questa è la causa principale dei dissesti nei fabbricati di

Napoli.

Sui problemi legati ai danni dovuti alle perdite idriche dell’acquedotto e

delle fognature sussiste una grande omertà da parte della Pubblica

Amministrazione.

Il vero pericolo non è dato dall’esistenza di vuoti sotterranei e quindi da

eventi di natura geologica di tipo imprevedibile, ma dalla circostanza che la

città si è sviluppata, vive e cresce, ignorando completamente il suo

sottosuolo cavo ed i suoi impianti (acquedotto e fognatura). La “città” si

ricorda dell’esistenza di tali elementi, ovvero caverne, acquedotto e

fognatura, solo al momento del dissesto senza preoccuparsi giornaliermente

e quindi costantemente della manutenzione ordinaria di tali opere.

Gli impianti idrici e fognari vengono realizzati come in una qualsiasi città

del mondo, senza tenere conto del fatto che, in caso di rottura, l’esistenza di

una cavità funge da richiamo delle acque, provocando una notevole erosione

sotterranea. Ecco perché la cronaca quotidiana parla di frane, cedimenti,

voragini, sgomberi di interi edifici, chiusure di strade.

Ma anche in assenza di cavità va sottolineato che l’abbattimento della

resistenza al taglio, che si realizza nei terreni piroclastici sciolti a

granulometria fine per rapido aumento del contenuto d’acqua, può

provocare in taluni casi il collasso strutturale del terreno – e conseguente

sprofondamento in superficie – senza la formazione di un vero e proprio

vuoto al di sotto del piano campagna. Da quanto precede occorre precisare

che l’uomo deve porre maggiore cura ed attenzione alla regimentazione

delle acque di pioggia, alla manutenzione degli impianti di fognatura e delle

condotte idriche di carico dell’acquedotto cittadino.

Nel seguito si riporta l’esperienza diretta fatta dal sottoscritto a seguito della

“Voragine di Pianura del 22 febbraio 2015”

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7 - La voragine di Pianura del 22 febbraio 2015 : un esempio di dissesto

annunciato.

Pianura è un quartiere di Napoli con tanti fabbricati costruiti su un’area un

tempo agricola senza che siano state eseguite opere di urbanizzazione, quali

una regolare fognatura ed un regolare acquedotto a servizio dei fabbricati

esistenti.

In testata di molte traverse di Pianura vi sono quelli che i tecnici chiamano

“pseudo alberi di natale” dai multiformi colori. Questi elementi definiti

“pseudo alberi di natale” non sono altro che un groviglio di piccole

tubazioni con in bella vista i contatori dell’acquedotto. Infatti, trattandosi di

punti di alimentazione dell’acqua potabile, l’azienda pubblica che fornisce

l’acqua si attesta in cima alla proprietà pubblica prima dell’ingresso in

proprietà privata. Da tali punti partono gli allacciamenti idrici privati a

servizio dei fabbricati. L’azienda risorse idriche cura la rete e la sua

manutenzione fino all’allaccio delle reti private in testata ai richiamati

contatori. Da tali contatori si dipartono le reti di alimentazione dei singoli

fabbricati, reti che sono di proprietà privata. In gran parte si tratta di

semplici tubazioni in ferro di piccola sezione che alimentano fabbricati posti

anche a decine e centinaia di metri dal punto di fornitura. Dette tubazioni

sono in piena terra (poste a contatto con il suolo) ed in gran parte sono

prive di qualsiasi azione manutentiva e/o di verifica e sono in sito da oltre

30/40 anni (Pianura è un quartiere cresciuto negli anni tra la fine del 1970 e

gli inizi degli anni 80). Gran parte di tali tubazioni sono vetuste, corrose ed

al collasso e hanno perdite diffuse nel sottosuolo. Tali perdite idriche nei

nostri terreni pozzolanici, creano trasporto di materiale fino, con creazione

di vuoti se non addirittura voragini che interessano e dissestano i

sottoservizi, tra i quali le fognature private e pubbliche e, giorno dopo

giorno, le fondazioni di interi caseggiati. Tutto questo definito da molti

dissesto idrogeologico è, viceversa, soltanto colpevole incuria. La voragine

verificatasi a Pianura del 22 febbraio 2016 dimostra i precedenti asserti.

In testata alle varie arterie stradali della Via Campanile vi erano numerosi

“alberelli di natale” cioè contatori idrici del servizio idrico pubblico. Da tali

contatori si dipartivano le reti idriche a servizio dei fabbricati privati. Dalle

tubazioni delle suddette reti idriche si erano verificate, precedentemente al

22 febbraio 2015 ed in più tempi successivi, notevoli perdite idriche. La

fuoriuscita di acque fu tale da danneggiare prima gli impianti fognari e poi

per tranciamento dovuto a sprofondamento stradale la condotta idrica

principale dell’acquedotto cittadino. Da tale condotta tranciata dal

cedimento stradale è fuoriuscita una grande quantità di acqua in pressione e

l’esistenza di una cavità (la sottostante galleria in disuso della EAV),

fungendo da richiamo delle acque, ha provocato una notevole erosione

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sotterranea. Ecco la causa del cedimento del suolo e della conseguente

voragine, dello sgomberi di interi edifici, della chiusura della arteria

stradale.

Si riporta nel seguito copia della Relazione Ufficiale sul dissesto di Via

Campanile a Pianura :

Dissesto alla Via Campanile

RELAZIONE GENERALE sintetica dell’Ufficio in merito alle attività

intraprese

- A seguito di sopralluogo eseguito in Napoli alla Via Vicinale Campanile

il giorno 22 febbraio 2015 tecnici dello scrivente Servizio hanno

accertato un aggravamento di dissesti in atto. Sui luoghi erano presenti

tecnici della Protezione Civile, tecnici della Azienda Napoletanagas,

tecnici della Azienda ABC, tecnici della società p.i. Citellum, tecnici

dell’Enel, tecnici della Telecom.

- Quali provvedimenti immediati, il Servizio Protezione Civile ed il

Comando Vigili del Fuoco avevano disposto lo sgombero di quattro

edifici e di circa 380 persone pari a 92 gruppi familiari. I convenuti

(tecnici del SAT – Servizio Attività Tecniche della 9^ Municipalità) in

tale data, alle ore 9.30, presero congiuntamente atto che nella notte, a

seguito di tranciamento della condotta idrica di carico di proprietà

della Società ABC, il dissesto superficiale, già evidenziatosi nei giorni

passati, si era di fatto trasformato in voragine di grave entità. In

particolare i luoghi evidenziavano a vista una voragine di complessivi

(stimati al momento) mc 1500-2000 e veniva evidenziato, visivamente,

che tutto il materiale era stato inghiottito dalla vecchia galleria SEPSA

oggi EAV.

- Trattandosi di dissesto di grave ed estesa entità il dirigente del SAT ing.

Andrea Esposito, presente sui luoghi, ha dichiarato ai sensi dei

combinati disposti di cui agli artt. 174,175,176 del DPR 207/2010 che

ricorrevano i presupposti di somma urgenza ed ordinava la immediata

esecuzione dei lavori strettamente necessari alla salvaguardia dello

stato di pericolo e per il rientro nelle abitazioni dei cittadini sgomberati

a seguito di tale evento calamitoso. Lo stato dei luoghi evidenziava una

grossa voragine con pareti libere del corpo stradale residuo costituito

da materiale di tipo incoerente. La stabilità di tali fronti con un altezza

in alcuni punti superiore ai dodici metri lasciava presagire un

imminente ampliamento dei quattro fronti franati costituenti la voragine

in atto. Un ampliamento del fronte di frana avrebbe coinvolto

integralmente i quattro fabbricati circostanti la voragine (per il lettore

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non tecnico si ricorda che la voragine era proprio ubicata all’incrocio

stradale di due strade a ridosso di quattro fabbricati ed al momento era

ferma ai cantonali dei quattro edifici). Vi era quindi un imminente

concreto pericolo di crollo degli immobili circostanti la voragine, di

guisa che appariva indispensabile procedere con estrema urgenza alla

sua messa in sicurezza. Il fenomeno del cedimento (vuoto voragine)

aggravava il rischio di ulteriori dissesti e crolli,per cui bisognava

intervenire con la massima fermezza!

- Per evitare che il dissesto potesse estendersi oltre quanto già accaduto

risultava essenziale il riempimento della voragine creatasi in

corrispondenza degli edifici, al fine di arginare le conseguenze della

voragine stessa sulla stabilità delle strutture fondali dei fabbricati,

nonché per evitare l’allargamento del fronte di frana in presenza di

tubazioni del gas di alta e media pressione. Inoltre occorreva mettere in

sicurezza la porzione di sottosuolo escavata dalle acque e sottostante la

condotta fognaria in esercizio. Per consentire la messa in sicurezza

dell’area è stato indispensabile accedere ai fronti di frana

attraversando proprietà private a mezzo di invito-diffida diretta ai

rispettivi proprietari, invadendo di fatto con uomini e mezzi proprietà

private che hanno subito tagli murari per accessi, danni alle

pavimentazioni causa passaggio improvviso e fortuito occasionale di

mezzi pesanti su pavimentazioni di debole o scarsa portanza e

consistenza.

- Giusto verbale di somma urgenza redatto in data 22 febbraio 2015

l’Ufficio ha avuto necessità di procedere alla messa in sicurezza con la

normale diligenza tecnica e usufruendo delle attrezzature necessarie a

raggiungere il proprio convincimento sulle giuste modalità di messa in

sicurezza dei luoghi.

- In particolare l’Ufficio,”sulla base delle proprie cognizioni tecniche, ha

ritenuto opportuno che nel più breve tempo possibile si provvedesse alla

colmatura/riempimento delle zone eventualmente vuote di materiale

sciolto in prossimità delle fondazioni dei 4 fabbricati sgombrati e nel

limitrofo “volume significativo”, secondo i più elementari criteri

geotecnici. I tecnici dell’Ufficio, in piena fede e coscienza, hanno

ritenuto che tale soluzione fosse urgente, necessaria ed indispensabile

anche al fine di evitare un avanzamento del fronte del dissesto. Inoltre il

riempimento con materiale sciolto a grana media- grossa anche

stabilizzata con malta tipo geomix potrà assicurare un miglioramento

locale e tale intervento non è pericoloso per la sicurezza delle

maestranze ne modificativo del regime idraulico dei luoghi.”.

- “Lo stato dei luoghi imponeva quindi procedere, senza formalismi e

lungaggini burocratiche, a porre inizio ad una effettiva responsabile

azione di arresto dei dissesti in atto. Lo stato dei luoghi imponeva, al

fine di evitare un gravissimo avanzamento del fronte del dissesto,

almeno il riempimento, con materiale sciolto a grana media - grossa,

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della “voragine” esistente in corrispondenza dei 4 edifici. Con regia

“oraria-giornaliera” si è disposto la immediata esecuzione di

intasamento del volume significativo di sottosuolo interessato dai

dissesti di cui all’evento di crollo del 22 febbraio 2015.---“

- Grazie a tale tempestivo intervento dell’Ufficio Tecnico Comunale la

voragine è stata intasata, si è eliminato lo stato di pericolo, è stato

rimosso lo sgombero cautelativo dei quattro edifici ed è stato consentito

in pochi giorni il rientro nelle abitazioni di circa 380 persone pari a 92

gruppi familiari.

- Ma è da dire con fermezza che una tale tipologia di dissesto grave con

danni, sgomberi di interi isolati e di arterie stradali, in mancanza di un

pieno ravvedimento in merito alla necessaria e urgente manutenzione e

revisione degli impianti idrici di carico e scarico, può ripresentarsi in

qualsiasi momento, anche ora mentre stiamo leggendo queste righe. E

sarà inutile invocare la sfortuna perché è dimostrato che la sicurezza

dipende dalle nostre azioni e quello che definiamo dissesto

idrogeologico non va imputato erroneamente come avviene

correntemente, a cause naturali ma alla semplice negligenza degli

uomini.

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8 - La conoscenza del pericolo aggrava la responsabilità per i danni

procurati dalla incuria degli uomini; il reato di omissione.

Relazione del dott. Ing. Andrea Esposito al 4° Congresso Nazionale Unitel

tenutosi a Montesilvano (PE) – in data 7 giugno 2013 avente quale tema:

”PROFESSIONISTI INTERNI ED ESTERNI ALLA P.A., UN

RAPPORTO NECESSARIO PER LA COMPLEMENTARIETA’ DELLE

RISPETTIVE COMPETENZE”

Sono molte le occasioni di incontro sinergico tra professionisti interni

(dipendenti della Pubblica Amministrazione) ed esterni (liberi

professionisti).

Questa interazione sinergica avviene ad esempio in occasione di eventi

sismici e/o nella comune pratica in conseguenza di eventi gravi quali crolli

e/o dissesti di media e grande importanza.

Lo scambio di informazioni e di esperienze avviene sul campo in maniera

molto frequente proprio in caso di evento sismico.

Nel merito appaiono importanti alcune considerazioni di carattere generale

sulla prevenzione del rischio sismico.

Quando avviene un evento sismico viene richiesto al tecnico verificatore,

spesso in commissione esterna/interna, un parere immediato ed a vista sulle

condizioni di sicurezza dell’edificio.

Un ingegnere italiano, affronta, statisticamente tali eventi almeno

tre/quattro volte durante la sua vita professionale (periodo di ritorno sul

territorio di eventi sismici di notevoli entità).

Al tecnico dell’Ente Pubblico o al libero professionista viene affidato il

compito di stabilire il livello di danno delle strutture ed il grado di sicurezza

degli edifici danneggiati dal sisma .

Purtroppo tale accertamento post evento viene richiesto, troppo spesso, in

tempi ristretti.

L’ingegnere è chiamato a dare un giudizio tecnico, per rilasciare il quale vi

è la necessità di un accertamento ed una diagnosi.

Le circostanze dell’emergenza e dell’eccezionalità favoriscono il lavoro di

gruppo e operare in sinergia, con il bagaglio di esperienze maturate dal

pubblico dipendente e dal professionista esterno, rappresenta una indubbia

vantaggiosa opera di verifica e diagnosi dei dissesti che, rapportata su

scala territoriale, garantisce l’attuazione dei procedimenti di avvio per il

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rientro nelle abitazioni e per il ritorno alla normalità dopo l’evento

sismico.

Tale accertamento immediato con relativa diagnosi, viene richiesto nelle

condizioni di lavoro non ideali e l’edificio, oggetto di studio, quasi sempre è

completamente sconosciuto, sia nella sua storia che nel suo organismo

strutturale.

L’emergenza e l’eccezionalità dell’evento impongono un mandato ed una

risposta tecnica immediata, in contrasto con quelle che sono le regole per

l’emissione di un giudizio pacato ed una diagnosi.

La nuova normativa comincia ad interessarsi sia dei problemi legati al

concetto di durabilità e vita della struttura sia della sua storia e degli eventi

avvenuti durante la vita stessa della struttura.

Particolare attenzione si pone poi alla geometria ed alla conoscenza –

Livelli di conoscenza LC1 –LC2 –LC3 e quindi ai relativi fattori di

confidenza.

Ecco l’importanza del poter disporre in fase di verifica, anche immediata e

post evento del libretto del fabbricato che non deve essere considerato una

cosa superflua, ma necessaria per la stessa agibilità del fabbricato.

La prima indicazione per la prevenzione che viene fuori dai recenti eventi

sismici è proprio questa:

“La conoscenza del patrimonio edilizio”

L’insegnamento è quello di prevenire e per prevenire occorre conoscere,

tale conoscenza è necessaria anche per affrontare, nei momenti di bisogno,

la triste realtà post evento.

Nel 1980, con il “sisma del 23 novembre 80” i tecnici dell’Ente Pubblico ed

i professionisti esterni furono chiamati a decidere per la permanenza o

meno delle popolazioni colpite dal sisma nelle loro case.

In quel tempo davamo giudizi di agibilità a vista e avemmo grandi difficoltà

logistiche, perché quasi mai era disponibile, presso gli edifici o presso

l’Ente Pubblico, un progetto del fabbricato, una planimetria reale dello

stesso o uno schema statico delle strutture del fabbricato.

Oggi a distanza di oltre 35 anni dal sisma del 23 novembre 1980 ancora

permane in Italia questo stato di cose.

Oggi il sisma ha colpito vaste zone fortunatamente poco abitate e trasferire

per l’emergenza gli abitanti negli alberghi sul lungomare adriatico è stata

cosa possibile. Nel 1980, nel caso di Napoli, trovare alloggi provvisori per

un milione di abitanti non sarebbe stato possibile. E’ questo l’elemento

fondamentale che deve far riflettere; dobbiamo puntare sulla prevenzione,

sulla manutenzione e sul miglioramento sismico delle nostre strutture prima

che sia troppo tardi.

Chi deve dire al nostro Legislatore che occorre intervenire in maniera

drastica su tale aspetto di vera prevenzione sismica se non noi Pubblici

Dipendenti in piena sinergia con i Liberi Professionisti ?

La realtà oggi e’ rappresentata da un Legislatore che tarda ad imporre

l’obbligo del libretto del fabbricato come dato di base per la agibilità e la

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compravendita dei fabbricati ma soprattutto quale effettiva opera di

prevenzione sismica.

Ma occorre porsi la seguente domanda: “a chi compete l’azione

propositiva e a chi afferiscono le responsabilità per inadempienza

operativa? ”

Noi tecnici prendiamo atto della fatiscenza del nostro patrimonio edilizio

pubblico e privato. Pertanto non possiamo restare in inerme attesa.

Sappiamo bene cosa potrà avvenire con il prossimo “terremoto di

progetto”.

Sotto tale aspetto di “conoscenza del pericolo” abbiamo il dovere di

segnalare al lettore non tecnico i seguenti articoli del Codice Penale:

1) Art. 434 cp – Crollo di costruzioni o altri dissesti dolosi;

2) Art.449 cp – Delitti colposi di danno;

3) Art. 676 cp – Rovina di edifici o altre costruzioni;

Ricordiamo che tali articoli sono collegati alla diretta responsabilità di chi

ha svolto ruoli di Progettazione, D.L., Resp. Sic.,Collaudo.

Dobbiamo ulteriormente ricordare che abbiamo nel nostro codice l’art. 677

cp – Omissione di lavori in edifici che minacciano rovina.

Tale ultimo articolo coinvolge proprietari e professionisti; in questo caso si

è puniti con sanzione amministrativa. Chiunque verifica uno stato di

pericolo è tenuto a provvedere a rimuovere il pericolo se si è proprietari.

Ciò riguarda anche i tecnici se non prendono i provvedimenti necessari per

eliminare lo stato di pericolo .

Quale categoria professionale non possiamo omettere di segnalare lo stato

di pericolo diffuso perché ci ricordiamo dell’art. 40 del codice penale che

inquadra perfettamente il reato omissivo.

Questo problema diventa ancora più intricato quando la condotta

dell’agente non è attiva, ma omissiva, infatti l’ordinamento, nell’art. 40

comma 2, dice che non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di

impedire equivale a cagionarlo. Quindi nei reati omissivi d’evento si può

essere chiamati a rispondere dell’evento lesivo se e solo se si aveva un

obbligo giuridico di intervenire per impedire l’evento.

L’art.40 regola il “sistema penale delle posizioni di garanzia”, e permette

di individuare quali soggetti possono essere chiamati a rispondere per

eventi che sono conseguenza di una loro condotta omissiva.

Dell’evento deve rispondere chi ha l’obbligo giuridico di intervenire, questo

soggetto si definisce soggetto titolare di una posizione di garanzia, perché è

lui e proprio lui il soggetto che l’ordinamento investe del compito di

intervenire.

Noi quale categoria tecnica preposta abbiamo l’obbligo di intervenire e, nel

merito, dobbiamo assumere una posizione ben chiara, senza assecondare

atteggiamenti dilatori del nostro Legislatore, il quale, oggi, a fronte di una

piena conoscenza delle problematiche emerse, non dispone obblighi precisi.

Ma i tecnici hanno conoscenza piena del pericolo latente e quindi chi non

ha scusanti rispetto al degrado edilizio che ci circonda non può essere che

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la classe dei tecnici, cioè noi ingegneri, architetti, geometri, periti edili,

geologi, perché noi e solo noi sappiamo bene e conosciamo il pericolo

latente ormai diffuso in tutta la città.

Quindi noi siamo colpevoli ed i nostri Ordini Professionali lo sono ancora

di più.

Se non interveniamo subito saremo conniventi con un Legislatore troppo

legato al potere immobiliare che, per meri motivi economici, preferisce

ignorare la ristrutturazione e supervalutare gli immobili. Nella

supervalutazione del mercato edilizio cittadino si nascondono i veri valori e

gli oneri economici necessari al rinnovo del patrimonio edilizio esistente.

Oggi in Italia non vi è praticamente differenza di prezzo tra un immobile

fatiscente ed un immobile nuovo; tutti valutano il prezzo a metro quadrato

utile o lordo perché il legislatore non impone al notaio la certificazione

statica ma un semplice attestato di qualificazione energetica del fabbricato

oltre che catastalmente ci sia regolarità ai fini fiscali. In paesi diversi dal

nostro, tra un immobile vecchio ed un immobile nuovo vi è una differenza di

prezzo del 50%. Negli altri paesi pure per il semplice uso dell’immobile il

legislatore pretende sempre prioritariamente la certificazione o

classificazione statica. In California i fabbricati non sismici sono obbligati

anche ad esporre ben visibile un cartello per avvisare dello stato statico

delle strutture ogni utente. Il cartello è il seguente :

Il significato letterale è : Avvertimento terremoto – questo è un edificio di

muratura non rinforzato – tu non sei sicuro all’interno o vicino l’edificio –

durante un terremoto.

Ma ancora

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Significato : “Questo edificio è localizzato in una area sismicamente attiva

ed in caso di sisma si possono verificare seri danni .”

Inoltre gli edifici non a norma devono essere ben evidenziati alla

popolazione:

In Italia il legislatore preferisce non inimicarsi le lobby immobiliari e

quindi tacere e non avvisare i cittadini del pericolo.

Noi tecnici non possiamo non ribadire tale stato di fatto, altrimenti

saremmo conniventi con un mondo politico che chiede denaro ai cittadini

per il pagamento di tasse e balzelli sulla casa, quando invece dovrebbe

impegnarsi affinché il denaro venga investito nella ristrutturazione dei

fabbricati fatiscenti.

Il legislatore impone il “certificato di prestazione energetica” vietando la

compravendita di un immobile qualora lo stesso ne risulti privo ma ne

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consente la compravendita senza accertarsi che il compratore sia messo a

conoscenza delle condizioni statiche dell’immobile.

Quando il privato cittadino acquista un immobile viene informato, per

obbligo legislativo, solo della certificazione energetica del fabbricato e

della conformità della piantina catastale alla stato reale dell’immobile;

nessun obbligo viene posto dal legislatore in merito all’attestato di idoneità

statica o certificazione sulle condizioni statiche dell’immobile. Il notaio

procede alla compravendita nello stato di fatto e di diritto in cui l’immobile

si trova.

Se il cittadino acquista un immobile che ha una scadente durabilità o

notevoli carenze strutturali, nessuno ha l’obbligo di tenerlo informato del

prodotto che compra (immobile semmai pericolante ma fornito di un

certificato energetico e di adeguamento catastale).

Ad esempio un immobile potrebbe avere strutture portanti carbonate (cioè

pilastri che hanno ferri arrugginiti e calcestruzzo degradato). Per

acquistare il suindicato ipotetico immobile il cittadino impegna

presumibilmente tutto il denaro messo da parte dopo una vita di lavoro; poi

decide anche di ristrutturare l’abitazione spendendo altro denaro e

realizzando cosi una “bomboniera”, al terzo piano di un fabbricato con

strutture fatiscenti di cui nessuno mai lo ha messo a conoscenza..

Ebbene quando, nel prossimo ventennio, ci sarà qualcuno che busserà alla

sua porta (Vigili del fuoco, Protezione civile, Tecnici dell’ufficio sicurezza

del Comune) per comunicargli uno sgombero per inagibilità, questo povero

cittadino non avrà più le risorse private per trovarsi un altro alloggio.

Questo oggi è ciò che consente il nostro legislatore : “lo sperpero delle

risorse private, in assenza di risorse pubbliche, per il risanamento del

patrimonio edilizio esistente.”

Un Legislatore vicino al cittadino consentirebbe l’atto notarile non già con

l’obbligo del solo certificato energetico,o del solo adeguamento catastale,

ma con l’obbligo di certificare al nuovo acquirente le condizioni statiche

dell’immobile e la conoscenza della sua durabilità (vita del fabbricato) ma

tale condizione è contraria alla volontà delle lobby immobiliari.

Siamo di fronte al massimo livello di degrado istituzionale. Siamo in

presenza di una classe gevernante connivente con la grande proprietà

immobiliare a danno degli inermi cittadini : la”cartolarizzazione” delle

proprietà ex IACP/Gescal né è la prova.

Oggi lo “Stato”, con la scusa della cartolarizzazione, per fare cassa come

vuole la Corte dei Conti, vende ad ignari cittadini abitazioni fatiscenti con

strutture ormai in fase di collasso (vedi ex Case Gescal con pilastri e travi

profondamente carbonate ed in fase di evidente degrado strutturale)

assegnate in proprietà a cittadini che comunque in futuro non saranno in

grado di gestirne la completa ristrutturazione o meglio una certosina opera

di demolizione e ricostruzione, non avendone le capacità economiche e

gestionali.

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9 – Ma realmente mancano le risorse affinché il governo assegni

contributi ai cittadini per la messa in sicurezza dei territori ?

La risposta è negativa, i cittadini italiani hanno versato nelle casse dello

Stato più soldi, specificamente destinati a calamità naturali, di quanti lo

Stato ne ha speso per i terremoti avvenuti, come da articolo apparso sul

mattino del 4 ottobre 2016 come da tabella allegata (scheda redatta da

ANSA)

In quasi 50 anni il costo necessario per ricostruire le sette aree fortemente

danneggiate dal terremoto – Valle del Belice (1968), Friuli (1976), Irpinia

(1980), Marche/Umbria (1997), Molise/Puglia (2002), Abruzzo ed Emilia

Romagna (2012) – è stato di 70,4 miliardi di euro nominali. Questa è la

stima del Consiglio Nazionale degli Ingegneri riportata dalla Cgia di Mestre

(Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre), che ha evidenziato

come, per far fronte alle opere di ricostruzione delle zone interessate, lo

Stato abbia aumentato cinque volte le accise sui carburanti, consentendo

all’erario di incassare in quasi 50 anni 145 miliardi di euro in valore

nominale. Ciò vuol dire che a fronte di 70 miliardi spesi ne sono stati

incassati più del doppio.

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La Cgia di Mestre ha poi sottolineato che solo i sismi dell’Aquila e

dell’Emilia Romagna presentano dei costi nettamente superiori a quanto

fino ad ora è stato incassato con l’applicazione delle rispettive accise.

L’Ufficio studi della Cgia ha calcolato, sulla base dei consumi annui di

carburante, quanti soldi ha riscosso lo Stato con l’introduzione delle accise

che avevano la finalità di finanziare la ricostruzione di 5 delle 7 aree

devastate dal terremoto. Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della

Cgia, ha affermato: “Quando facciamo il pieno alla nostra auto 11 centesimi

di euro al litro ci vengono prelevati per finanziare la ricostruzione delle zone

che sono state devastate negli ultimi decenni da questi eventi sismici. Con

questa destinazione d’uso gli italiani continuano a versare all’erario circa 4

miliardi di euro all’anno”. Le tragedie a cui sono seguiti l’aumento delle

tasse sui carburanti sono 5:

– Valle del Belice (1968): l’allora Governo guidato da Aldo Moro

introdusse un’accisa sui carburanti di 10 lire al litro. Dal 1970 fino al 2015

l’erario ha incassato 8,6 miliardi di euro nominali. Secondo il Consiglio

Nazionale degli Ingegneri la ricostruzione è costata 2,2 miliardi di euro

nominali. In valori attualizzati al 2016, invece, il costo è stimabile in 9,1

miliardi di euro e la copertura ricavata dal gettito fiscale di 24,6 miliardi di

euro;

– Friuli (1976): l’accisa introdotta sempre da un esecutivo presieduto da

Aldo Moro fu di 99 lire al litro. Dal 1976 al 2015 questa imposta ha

garantito un gettito di 78,1 miliardi di euro nominali, mentre per gli

ingegneri la ricostruzione è costata 4,7 miliardi di euro nominali.

Attualizzando gli importi, invece, si evince che la spesa per la ricostruzione

è stata di 18,5 miliardi di euro, mentre il gettito fiscale recuperato è stato di

146,6 miliardi di euro;

– Irpinia (1980): il Governo di Arnaldo Forlani approvò l’introduzione di

un’accisa di 75 lire al litro. In questi 35 anni di applicazione l’erario ha

riscosso un gettito di 55,1 miliardi di euro nominali. Stando alle stime rese

note dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, la riedificazione degli

immobili e delle infrastrutture è costata 23,5 miliardi di euro nominali. Se,

invece, attualizziamo le cifre si deduce che il costo si è aggirato attorno ai

52 miliardi di euro mentre la copertura è stata di 86,4 miliardi di euro;

– Abruzzo (2009): il Governo di Silvio Berlusconi ritoccò il prezzo della

benzina e del gasolio per autotrazione di 0,004 euro al litro. A fronte di una

spesa ipotizzata dagli Ingegneri di 13,7 miliardi di euro nominali, lo Stato

finora ha incassato 539 milioni di euro nominali. Attualizzando i dati,

invece, il costo è sempre di 13,7 miliardi di euro e il gettito proveniente

dall’accisa di 540 milioni di euro;

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– Emilia Romagna (2012): l’esecutivo presieduto da Mario Monti decise di

aumentare le accise sui carburanti di 0,02 euro al litro. Stando ad una spesa

per la ricostruzione che dovrebbe aggirarsi attorno ai 13,3 miliardi di euro

nominali, il gettito riscosso fino adesso con l’accisa sulla benzina e sul

gasolio per autotrazione è stato di quasi 2,7 miliardi di euro nominali. Con i

dati attualizzati, sia i costi che il gettito sono in linea con i valori nominali.

La Cgia ha ricordato che con la Finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso

permanenti le accise introdotte per recuperare le risorse da destinare alla

ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Per il terremoto delle Marche

e dell’Umbria (1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è

stata introdotta nessuna accisa. Si segnala, infine, che i risultati emersi in

questa elaborazione sono al netto degli effetti del provvedimento introdotto

nel 1999 dal Governo D’Alema. Con il d.lgs. n° 173, infatti, i Presidenti di

regione possono introdurre un’accisa locale per far fronte anche ai costi

provocati dalle calamità naturali.

Conclusioni

Da quanto sopra è possibile stabilire con certezza che vi è una grave

anomalia ed una grave responsabilità del mondo politico. Fino ad eravamo

convinti che per agevolare la messa in sicurezza del nostro patrimonio

edilizio vi era una difficoltà economica da parte dello Stato per il

reperimento dei necessari fondi. Eravamo tutti convinti che le agevolazioni

per l’edilizia privata non potevano essere supportate dal bilancio dello Stato

proprio perché “i cittadini evadono le tasse”.

Sembra dagli studi fatti e da quanto riportato dal quotidiano il Mattino che

in 48 anni, dal terremoto del Belice al 2015, gli italiani hanno finanziato le

ricostruzioni delle zone devastate versando 145 miliardi nominali di accise

sui carburanti. Come indica il bravo giornalista del Mattino Nando

Santonastaso “si direbbe “generosità infinita, ma anche imposta, visto che

per ogni sisma tutti i governi, senza differenze di colore politico, hanno

ritoccato la tassa per disporre di risorse fresche e costanti con cui avviare

piani e progetti. Si resta, però, a dir poco perplessi quando si scopre che

solo la metà di quella ingente massa di denaro è stata spesa per rimettere in

piedi case, scuole, ospedali ed edifici pubblici distrutti o danneggiati dalle

scosse.”

La domanda che il giornalista Nando Santonastaso ha posto è la seguente

“che fine hanno fatto i miliardi versati dagli italiani per la ricostruzione

delle aree terremotate che lo Stato non spende?”

La risposta appare sconcertante : “i soldi si sono persi nei soliti mille rivoli

della macchina amministrativa statale”.

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Vale a dire che i cittadini italiani hanno versato i soldi giusti ed in enorme

quantità per risanare i danni da sisma e per la prevenzione vera, ma tutti i

governi, senza distinzione di epoca e colore politico, hanno dirottato le

risorse in altre direzioni ignorando le motivazioni legislative per le quali era

stato imposto ai cittadini tale maggiore onere .

La cosa che più preoccupa è che, a fronte di tutto questo, non vi sono

inchieste della Magistratura contabile a carico dei governanti inadempienti.

Si tratta di un vero reato di sottrazione/distrazione di fondi a danno del

paese intero e le conseguenze sono ben visibili ad ogni cittadino. Siamo in

presenza di un grave reato che ha causato tanti morti come testimoniano gli

ultimi fenomeni sismici. Ma oggi noi tecnici dobbiamo dire basta: è

necessario da subito costringere il governo ad utilizzare i circa 4 miliardi

all’anno disponibili con le accise per la concreta manutenzione e messa in

sicurezza degli edifici di Napoli. Investendo in prevenzione i soldi che il

Governo riceve, ma purtroppo “disperde colpevolmente in tanti rivoli”,

potremmo salvare il più alto numero di vite umane. Riteniamo che, dei 4

miliardi l’anno disponibili, per la sola città di Napoli si possano utilizzare

circa 500 milioni di euro (somma già di fatto versata dai cittadini), ai fini di

una completa opera di risanamento di durata ventennale.

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10 - Quali sono le vicissitudini cui vanno soggetti i cittadini, quali

proprietari, quando il proprio fabbricato è danneggiato da una

infiltrazione di acqua e subisce un cedimento fondale e/o danni

strutturali?

Quando un fabbricato viene danneggiato da un’infiltrazione di acque di

fognatura e/o di acquedotto, subendo dei cedimenti differenziali, appaiono

notizie di cronaca del dissesto sui maggiori quotidiani e si parla di tali

accadimenti per tre o quattro giorni; nessuno ha mai analizzato la storia ed il

travaglio successivo dei cittadini proprietari degli immobili danneggiati.

Questi ultimi sono costretti ad essere privati della loro abitazione in caso di

sgombero e/o per danni gravi, oppure nei casi più frequenti ad abitare in un

immobile danneggiato che necessita di riparazioni oltremodo onerose.

Intanto per poter ottenere un rimborso da parte del responsabile e/o dalla

compagnia assicuratrice dell’ente responsabile, sono costretti ad agire

giudizialmente per la richiesta di risarcimento danni .

Inizia così un calvario giudiziario, dove la lentezza della macchina

giudiziaria ed i suoi costi distruggono la stessa fiducia del cittadino nella

Giustizia ed ogni ulteriore possibile speranza di ottenere il risarcimento in

tempi umanamente comprensibili.

Mediamente un’azione civile per risarcimento danni a causa di infiltrazioni,

se non si raggiunge un accordo con le compagnie assicuratrici, dura tra i

dieci ed i venti anni, fino ad arrivare ai trenta, come nel caso che in seguito

esaminiamo del fabbricato di Fuorigrotta posto sulla Via Consalvo Civico

xx.

Il calvario dei cittadini danneggiati ha avuto durata trentennale tra azioni

poste in atto dalla burocrazia e lentezza delle aule giudiziarie.

La burocrazia (i responsabili tecnici ed amministrativi dei vari enti e/o

aziende esercenti pubblici sevizi), al fine di tutelare se stessa, si attiene per

prassi ormai consolidata, sin dalle prime ore del sinistro avvenuto, ad una

strenua quanto inutile e poco proporzionale difesa delle responsabilità

dell’Azienda Pubblica i cui impianti hanno causato il sinistro. Tale strenua

difesa, combinata alla lentezza della macchina giudiziaria, ormai ingolfata

dalle migliaia di procedimenti civili in corso, è alla base della totale sfiducia

nella “Struttura Pubblica” da parte del cittadino danneggiato.

La conseguenza di tutto ciò non è vantaggiosa né per la Pubblica

Amministrazione né per il cittadino danneggiato. Infatti dopo un trentennio

di azioni, cause, ricorsi, accertamenti, consulenze tecniche di ufficio e

consulenze tecniche di parte, si giunge ad una sentenza; ovvero alla fine del

procedimento civile siamo un presenza di un un ingente danno per le Casse

Pubbliche. Tutto questo è dovute al cosiddetto “talebanismo” di difesa ad

oltranza del Pubblico che, comunque, dopo anni di rinvii e cause per danni,

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indennità, interessi e moratorie finisce con il dover risarcire il danneggiato.

L’Ente Pubblico, alla fine del trentennio di azioni giudiziarie, risulterà

molto più danneggiato per la strenua difesa messa in atto dai propri

funzionari, che dal danno subito. Viceversa, una transazione, fatta nei primi

giorni del sinistro, potrebbe salvaguardare sia i legittimi interessi dei privati

coinvolti che limitare realmente l’esborso dell’erario per il danno procurato.

Con la presenza di un responsabile nell’Ente, capace di affrontare e mediare

l’istanza di risarcimento e di assumere un atteggiamento di maggiore

proporzionalità amministrativa, si salvaguarderebbe l’interesse pubblico con

il contenimento della spesa. L’assenza totale di un’azione di proporzionalità

amministrativa conduce a disastrose finali sentenze di risarcimento. Al

momento del sinistro il Pubblico Ufficiale, cosciente degli avvenimenti,

dovrebbe, con atti di proporzionalità amministrativa, mediare la vertenza e

chiudere transattivamente il danno dato; ma in nome di “una trasparenza di

azioni” si preferisce aspettare la sentenza che tarda ad arrivare causando

l’aumento dell’esborso.

In dettaglio vediamo cosa è realmente avvenuto per il sinistro ai fabbricati

alla Via Consalvo xx:

- L’01 aprile 1987 il Comune di Napoli, Servizio di Polizia Municipale, a

seguito di Fono 1274, 6^ Direzione notificò all’Amministratore del

Condominio verbale di diffida per l’esecuzione di lavori e lo sgombero

dell’edificio in conseguenza dei gravi ed allarmanti fenomeni di dissesto

interessanti le parti condominiali e quelle di proprietà esclusiva verificatisi

alla fine di marzo.

- Il 6 aprile 1987 il Sub Commissario ai LL.PP. Ing. A.A. inviò al

Commissariato Straordinario di Governo il Fono n. 1334: “A seguito

indagini dello stato dei fabbricati in Via Consalvo civici xx e xx e precedenti

verifiche eseguite sin dal 1984 si evince eventuale responsabilità del

cedimento a seguito sbancamenti eseguiti da Concessionario operante a

nome Commissariato. Invitasi intervenire con urgenza per accertare

unitamente a nostro Ufficio Tecnico le cause. Confermo che la situazione è

molto grave e coinvolge responsabilità autori opere di sbancamento”.

- Il 07 aprile 1987 l’Ing. Capo dell’Ufficio Sicurezza del Comune inviò al

Sub-Commissario all’Edilizia la seguente nota: “In riferimento ai dissesti e

relative opere di assicurazione in corso agli stabili in oggetto (stabili di Via

Consalvo xx-xx), a seguito di trivellazioni eseguite si è constatato che

prospicientemente l’ingresso del civico xx si è accertata una notevole

presenza d’acqua a profondità di m 1,20 rispetto alla quota stradale,

all’interno del cortile identicamente una notevole quantità d’acqua.

- In considerazione del continuare ad evolversi del quadro fessurativo

nonché della presenza d’acqua d’imbibizione del terreno sottostante e

prospiciente gli stabili, in considerazione dell’importanza dell’arteria

stradale, a tutela della pubblica incolumità, in considerazione che all’atto

dell’assorbimento di detta acqua avremo un’accentuazione del quadro

fessurativo, quest’Ufficio è del parere che occorrerebbe avvalersi della

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consulenza di un tecnico strutturista e di un geotecnico al fine di valutare le

eventuali opere assicurative da adottare. Si sottomette all’attenzione della

S.V. affinchè voglia far conoscere le proprie determinazioni in merito.”

- Il 07 aprile 1987 fu chiusa al traffico Via Consalvo tra il civico 39 ed il

civico 53 per gravi dissesti verificatisi in detti fabbricati. Fu

contestualmente incaricato il prof. ing. B.B., quale tecnico di parte del

Comune di Napoli, di procedere ad un immediati accesso sui luoghi

interessati da un dissesto di entità e gravità tali da indurre l’Ufficio

Sicurezza, Interventi in danno, a chiudere la Via Consalvo al traffico

veicolare per tutta la larghezza comprendendo il marciapiede e tutta la

carreggiata, e per tutta la lunghezza tra il civico 39 ed il civico 53.

- L’08 aprile 1987 il Prof. B.B. diede inizio alle operazioni di sopralluogo

rilevando la gravità della situazione causata dalla presenza di acqua nelle

aree di sedime dell’edificio. Il tecnico completò i primi accertamenti il

24.04.1987 con l’individuazione delle cause ed il deposito della perizia per

il ripristino della normale viabilità su Via Consalvo.

- Il 09 aprile 1987 il Tribunale di Napoli su ricorso del Condominio, con

provvedimento n. 3069, nominò C.T.U. l’Ing. C.C. con il mandato di

descrivere i luoghi in relazione ai fatti lamentati in ricorso. Lo stesso nella

propria relazione riporta: “Il quadro fessurativo dei due fabbricati è

caratterizzato dalla presenza di una grande quantità di lesioni ampiamente

diffuse in quasi tutti i locali per cui sono stati redatti grafici esplicativi e

schede illustrative.”

- Il 02 novembre 1989 il Comune di Napoli notificò, a mezzo di proprio

messo, a tutti i Condomini dell’edificio il consuntivo dei lavori di pronto

intervento eseguiti in danno dei proprietari dall’Impresa D.D. per l’importo

di £ 94.726.952 oltre IVA (18%). Tali lavori comprendono la fornitura e

posa in opera di una barriera metallica per il transennamento di tutto il

marciapiede prospiciente l’edificio.

- Il 06 dicembre 1990 il Tribunale di Napoli nominò il geom. E.E. C.T.U.

nella causa del Condomino via Consalvo xx contro Edina ed altri. Lo stesso

nella propria relazione riporta: “Le cause che hanno determinato i gravi ed

allarmanti dissesti manifestatisi in maniera macroscopica ed improvvisa

nelle strutture del fabbricato civico xx, sì come ricostruiti attraverso

l’esame cronologico degli eventi desunti dall’attenta lettura degli atti e

dell’A.T.P. dell’Ing. F.F., sono da ascriversi al cedimento differenziale dei

terreni al piano di posa delle fondazioni. Cedimento differenziale che

sostanzialmente è stato provocato dalla pratica saturazione dei terreni di

fondazione. I danni riportati dalle strutture condominiali dell’immobile

consistono in lesioni isolate ed anche multiple nelle piattabande e nelle

murature di ambito, di spina e di partizione; lesioni di distacco nei maschi

murari; lesioni ai solai intermedi e di copertura; lesioni nei ballatoi pensili;

lesioni nei tramezzi; distacchi di intonaco interno ed esterno dalle pareti,

dai soffitti e dalle facciate; lesioni delle arcate in muratura del piano terra e

delle scale; lesioni e scollamenti delle voltine in muratura delle scale. I

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danni arrecati alle singole proprietà individuali consistono in sconnessioni

dei solai; opere conseguenziali agli interventi statici per il ripristino

locativo delle singole unità (tramezzi, intonaci, impianti idrici, elettrici,

pavimenti, rivestimenti, tinteggiature, ecc.).”

- Il 27 marzo 1994 il Comune di Napoli, Servizio di Polizia Municipale, a

seguito di Fono n. 1333/520 25.03.1994 S. Z. Occ.le e Fono n. 5648/M

S.P.M. del 25.03.1998 notificò all’Amministratore pro-tempore Verbale di

diffida a carico delle parti interessate ai dissesti verificatisi allo stabile sito

in Napoli alla Via Consalvo xx che minacciavano la pubblica e privata

incolumità - Ord. Sic. Fono n. 1003 del 25.03.1994 “A seguito sopralluogo

a tutela pubblica e privata incolumità diffidare amm.re e proprietari dello

stabile sito in Via Consalvo xx, ad eseguire le opere di assicurazione

strettamente necessarie al cantonale sx contrassegnato dal civico yy in

aderenza al centro polisportivo. Diffidare dal far praticare tutto l’edificio,

attualmente vuoto, ed il centro polisportivo adiacente, attualmente chiuso

fino ad eliminato pericolo”.

- Il 21 dicembre 1995 il Comune di Napoli, Dipartimento assetto del

Territorio, 1° Serv. Att. Amm.va ex 7a U.O., a seguito di Fono n. 4067 del

25.03.1994, notificò all’Amministratore pro-tempore l’Ordinanza 20190/10

relativa alla Prat. Sic. 339/93: “Visto che a seguito di accertamento tecnico

eseguito nello stabile sito in Via Consalvo xx NA è risultato che lo stesso

presenta dissesti al cantonale sinistro contrassegnato dal civico yy nonché

al cantonale interno e prospetti adiacenti al complesso sportivo Canzanella.

… si ordina … di far eseguire ad horas gli opportuni accertamenti tecnici e

tutte le opere di assicurazione …”. A tali verbali di diffida ed ordinanze

sono seguiti i relativi lavori ed il certificato di eliminato Pericolo Prat. Sic.

339/93 del 28.03.1996, a firma dell’Ing. G.G., notificato al Comune di

Napoli con Racc. A.R. n. 7613 del 03.04.1996; ed il certificato di eliminato

Pericolo del 05.03.1997 Prat. Sic. 339/93 a firma dell’Ing. H.H., notificato

al Comune di Napoli Servizio D.A.T. in data 25.03.1997.

- Il 13 giugno 1996 il Tribunale di Napoli nominò l’ing. I.I. nuovo C.T.U.

nella causa di cui sopra. Lo stesso nella propria relazione denuncia lo stato

di pericolo per la stabilità degli edifici in Napoli alla Via Consalvo n. xx e n.

xx, agli amministratori dei due condomini, al prefetto di Napoli, al Sindaco

di Napoli, all’assessore alla Manutenzione Urbana, all’ing. Andrea Esposito

c/o l’Assessorato alla Manutenzione Urbana, al Responsabile del Servizio

Fognature, al Presidente della Circoscrizione Fuorigrotta. La denuncia è

basata sulla Relazione geologico-tecnica relativa alle indagini geognostiche

e geotecniche eseguite presso gli edifici siti in via Consalvo xx/yy

commesse alla ditta Tecno In srl dall’ Ing. I.I. e presentata nel mese di

aprile.

- Il 13 ottobre 1999 con prot. N. 6595 fù notificata dal D.P.M. 1a U.O.

Fuorigrotta/Bagnoli la diffida Fono n. 3972/99. “A seguito di verifica

tecnica … diffida l’amm.re dello stabile sito in Via Consalvo xx NA ad

eseguire a vista le sole opere di assicurazione strettamente necessarie ad

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eliminare il pericolo derivante dai dissesti rilevati alle strutture verticali del

fabbricato relativamente alle piattabande dei vani della facciata

prospiciente la via Consalvo che presentano segni di cedimento; intonachi e

ardesie del cornicione della facciata principale; alle lamiere del

transennamento in sede pubblica che si presentano divelte e/o fortemente

ossidate”. A tale diffida sono seguiti i relativi lavori ed il certificato di

eliminato pericolo diffida Fono n. 3972/99 del 13.10.1999 a firma dell’Ing.

H.H. notificato al Comune di Napoli Servizio in data 23.12.1999 bolletta n.

032562.

- Il 31 luglio 2000 il Tribunale di Napoli nominò il Prof. Ing. L.L. nuovo

C.T.U. nella causa di cui sopra. Lo stesso nella propria relazione conclude

che “i descritti fabbricati nel marzo/aprile 1987 si trovavano già in cattive

condizioni statiche, che i vari interventi precedenti avevano migliorato

limitatamente alla eliminazione dei pericoli segnalati dalle Autorità

competenti; in conseguenza di ciò si è stimata per l’epoca un’efficienza del

70%”.

- Il 30.05.2007 il Comune di Napoli, Servizio Autonomo di Polizia Locale –

Settore Occidentale – 1a Unità Operativa Fuorigrotta-Bagnoli, a seguito di

Fonogramma urgentissimo prat. sic. 3042 della X Municipalità del

16.03.2007, notificò a M.M. Verbale di Diffida n. 1851/16.04-14.05.2007

ad eseguire con urgenza i seguenti interventi in immediata successione: 1.-

“Tompagnatura in tufo dei vani appartenenti alla facciata su strada; 2.-

Rimozione del transennamento esistente e ricostruzione dello stesso a

piombo del filo esterno dei balconi della stessa facciata in modo da

consentire l’utilizzo del marciapiede da parte dei pedoni”. Il Condominio

presentò C.I.L. alla X Municipalità con prot. 1071/23.07.2007, affidò i

lavori necessari all’Impresa del Geom. N.N. e presentò il 25.09.2007

regolare Certificato di Eliminato Pericolo a firma dell’Arch. O.O..

- Il 20.08.2007 il GOA della IV Sezione Civile del Tribunale di Napoli, non

definitivamente pronunciando, respinta e disattesa ogni altra istanza,

eccezione e deduzione delle parti, così ha provveduto:

- Dichiara la responsabilità dell’ARIN, in persona del suo legale

rappresentante p.t., in relazione all’evento occorso;

- Condanna l’ARIN, in persona del suo legale rappresentante p.t., al

risarcimento dei danni in favore dei condomini di Via Consalvo n. xx e n. yy

e degli altri inventori, da accertarsi in prosieguo di giudizio;

- Rigetta le domande proposte dagli attori, dall’Arin e dagli interventori

volontari nei confronti del convenuto consorzio Edina, dell’INA Assitalia

spa, dell’Unipol spa, della Toro spa, della Sai spa, della Impresa Geometra

Raffaele Capezzuto, della Ras spa, dell’Assicurazioni Generali spa, della

F.lli Ariola Trivellazioni snc, del Comune di Napoli, della Compagnia

Tirrenia assicurazioni spa, della Italia assicurazioni spa, della Union des

Assicurances de Paris ed dell’Efimpianti spa, in lca, in persona dei loro

legali rappresentanti p.t..

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- Compensa integralmente le spese e competenze di giudizio fra gli attori,

l’Arin, il consorzio Edina e degli interventori volontari nei confronti

dell’INA Assitalia spa, dell’Unipol spa, della Toro spa, della Sai spa,

dell’Impresa Geometra Raffaele Capezzuto, della Ras spa, delle

Assicurazioni Generali spa, della F.lli Ariola Trivellazioni snc, del Comune

di Napoli, della Compagnia Tirrenia assicurazioni spa in lca, della Telecom

Italia spa, della Uap spa, della Can assicurazioni spa, della Italia

assicurazioni spa, della Union des Assicurances de Paris ed dell’Efimpianti

spa, in lca, in persona dei loro legali rappresentanti p.t..

- Il 14.09.2007 il Comune di Napoli notificò all’Amministratore del

fabbricato xx una Ordinanza Sindacale n. 635/02.08.2007 relativa alla

Prat. Sic. 339/93 per l’esecuzione dei lavori già indicati nel verbale di

diffida notificato il 30.05.2007 e già eseguiti.

- L’11.10.2007 il Comune di Napoli, Servizio Autonomo di Polizia Locale -

Settore Occidentale - 1a Unità Operativa Fuorigrotta-Bagnoli, a seguito di

Fonogramma urgentissimo 3264 della Protezione Civile del 02.11.2007

notificò all’Amministratore del fabbricato xx Verbale di Diffida n.

3146/20.09-01.10.2007 ad eseguire le sole opere di assicurazione

strettamente necessarie ad eliminare il pericolo rilevante dai dissesti

rilevati: -Trattasi di fabbricato di vecchia costruzione con facciata su

strada priva di intonaco; -All’attualità è presente transennamento metallico

con protezione aerea rigida di dimensioni insufficienti; -Necessita con

urgenza ampliare la protezione aerea rigida in modo da coprire l’intera

larghezza del marciapiede.

- Il 16.10.2007 l’Amministratore del fabbricato xx, con nota datata

15.10.2007 assunta prot. Gen. n. 0111875 comunicò di non aderire alla

diffida del 01.10.02007 ritenendola frutto di mero errore chiedendone

l’annullamento.

- Il 13.12.2007 l’Ing. Dirigente del Servizio Sicurezza Abitativa, con nota

prot. 004024/2007 ritenne esaustiva la certificazione di eliminato pericolo

dell’Arch. Q.Q. del 25.09.2007 ponendo la pratica definitivamente agli atti.

Da quanto sommariamente sopra riportato emerge, con estrema chiarezza,

che i Condomini di Via Consalvo xx hanno sempre adempiuto alle giuste

richieste del Comune di Napoli anche dopo che il Tribunale di Napoli ha

accertato che gli stessi sono stati danneggiati dall’ARIN, unica responsabile

ad oggi di oltre 26 anni di mancati redditi, di spese di causa con 5

Consulenze di Ufficio e danni complessivi per circa € 3.000.000,00.

Inoltre, alla lentezza dell’attività Giudiziaria, si sono aggiunte ulteriori

azioni che sono di particolare interesse nel dimostrare l’esistenza di un

inutile quanto formale talebanismo amministrativo. I preposti burocrati

continuano ad avere sull’argomento “dissesto ai fabbricati” atteggiamenti

corretti funzionalmente ma di scarsa proporzionalità dell’azione

amministrativa posta in atto.

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Dall’esame dei fatti avvenuti si può dimostrare che i privati danneggiati

hanno effettuato tutti i tentativi possibili per ridurre i danni e concludere

questa triste storia.

- Il 10.04.2006 Il Comune di Napoli, dopo 12 elaborazioni progettuali, con

Disposizione Dirigenziale n. 211/10.04.2006, ha decretato relativamente alla

pratica edilizia n. 366/01, di concedere al Condominio di Via Consalvo xx,

nella persona dell’amministratore pro tempore, l’autorizzazione ex art. 159

del Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n. 42 del 22

gennaio 2004, per l’intervento di “sostituzione edilizia dell’immobile” di cui

alla relazione tecnica in conformità al parere favorevole espresso dalla

Commissione edilizia integrata.

- Il 05.06.2006 il Soprintendente per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e

per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e

Provincia con decreto del 05.06.2006 ha annullato il provvedimento n. 211

del 10.04.2006 del Dirigente del Servizio Edilizia Privata del Comune di

Napoli, con cui si autorizza il Condominio di Via Consalvo n. xx, ai sensi e

per gli effetti dell’art. 159 del decreto Legislativo n. 42/04, alla “sostituzione

edilizia dell’immobile” sito in Via Consalvo n. xx, nel Comune di Napoli.

- Il 19.07.2006 Il Comune di Napoli con Disposizione Dirigenziale n.

441/19.07.2006 su istanza del Condominio di Via Consalvo xx ha negato il

permesso di costruire per la sostituzione edilizia perché in contrasto con

l’art. 7 comma 3 del piano territoriale paesistico vigente per gli interventi di

manutenzione straordinaria , prevede “… interventi di adeguamento statico

o di sicurezza antisismica, igienico-sanitario e funzionale, mediante

rinnovazione o sostituzione di parte strutturale degli edifici, senza

modificazioni estetiche dell’aspetto esteriore degli edifici per gli immobili di

valore estetico tradizionale…e il comma 6 dello stesso articolo che in

merito alla ristrutturazione edilizia , recita “dovrà ammettersi solo per gli

edifici di recente impianto (realizzati dopo il 1945). Considerato che

pertanto il provvedimento comunale sopraccitato comporterebbe la

realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di

tutela e conservazione dei valori paesistici, esigenze che rappresentano,

come è noto la ragione costitutiva del vincolo stesso……”

- In data 09.06.2008 il T.A.R. Campania, sezione IV, con sentenza

5687/09.06.2008 ha accolto il ricorso n. 6185/2006 proposto dal

Condominio di Via Consalvo n. xx contro il Ministero per i Beni e le

Attività Culturali, la Soprintendenza BB.AA. e paesaggistici di Napoli e

Provincia ed il Comune di Napoli, ha annullato il provvedimento del

Soprintendente BB.AA.PP. di Napoli n. 5976/05.06.2006 ed ha annullato la

disposizione del Comune di Napoli n. 441/19.07.2006.

- In data 06.10.2008 il Comune di Napoli Servizio edilizia Privata con prot.

2850/06.10.2008, su richiesta del Condominio, ha precisato che la rinnovata

efficacia del decreto dirigenziale 211/10.04.2006 non costituisce titolo

abilitativo per gli interventi edilizi inerenti la pratica in oggetto.

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- In data 06.07.2009 l’Avvocatura generale dello Stato per il Ministero dei

Beni e Attività culturali con ricorso Cs 35336/08 del 06.07.2009 ha proposto

l’annullamento della sentenza del T.A.R. Campania contro il Condominio

ed il Comune di Napoli.

- Il 25.08.2009 il Consiglio di Stato in sede Giurisdizionale (Sezione VI)

con Ord. N. 04202/2009 REG. ORD. SOSP. N. 06465 REG. RIC. ha

sospeso l’efficacia della sentenza del T.A.R. Campania 5687/09.06.2008.

- Infine il Consiglio di Stato, a seguito di domanda di prelievo del

14.03.2013 da parte del Condominio ha fissato l’udienza pubblica per la

discussione al 12.11.2013.

- In data 12 novembre 2013 il Consiglio di Stato decide che l’appello va

respinto e va confermata la sentenza appellata con consequenziale

annullamento sia del provvedimento soprintendentizio sia di quello

comunale (al primo conseguente) recante il diniego di permesso di costruire.

In parole povere, ad un condominio, danneggiato gravemente, per acclarate

infiltrazioni di acque provenienti da una condotta idrica di carico, sono state

necessarie azioni tecniche e giudiziarie, della durata di oltre 26 anni, per

arrivare ad una sentenza che “riconosce il diritto del proprietario

danneggiato a demolire e ricostruire l’immobile danneggiato” .

Tale stato di cose, tale lentezza, tale inestricabile attività procedurale,

consentita a semplici burocrati ma di totale danno per l’erario, è tipico

della nostra pratica burocratica e giudiziaria. Tutto ciò non può più essere

tollerato, perché dannoso per il cittadino. Questo è quanto capita a chi è

danneggiato da una perdita idrica proveniente da condotte pubbliche,

viceversa l’azione del pubblico dovrebbe essere centripeta rispetto

all’esigenze della collettività. Ancora una volta il cedimento di un fabbricato

viene attribuito al dissesto idrogeologico , il ché risulta molto lontano dalla

realtà. Il dissesto avvenuto è viceversa dovuto all’incuria degli uomini, sia

per i fatti avvenuti (infiltrazioni) sia per le azioni amministrative/giudiziarie,

poste in atto solo per arrivare il più tardi possibile alla definizione della

verità.

Nel merito di tale atteggiamento della burocrazia lontana dai cittadini si

riporta l’intervista del Prof. Alessandro Castagnaro, Presidente della

Associazione Nazionale Ingegneri ed Architetti, al Presidente della Regione

Campania Vincenzo De Luca, già Sindaco di Salerno.

(Dalla Rassegna ANIAI – numero speciale novembre 2016 )

Il Prof. Castagnaro rivolge al Presidente De Luca la seguente domanda :

Il sistema burocratico italiano paralizza gran parte delle trasformazioni

urbane. Come è riuscito ad eludere questo sistema burocratico-normativo?

Risposta del Presidente Vincenzo De Luca : -“In Italia la trasformazione

urbana è un percorso di guerra. All’estero gode di grandissima

considerazione economica, istituzionale e mediatica come dimostrano

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Berlino, Bilbao, Dublino solo per fare alcuni esempi illustri. In Italia la

trasformazione urbana è una via crucis e chi si decide – come noi a Salerno

– ad intraprenderla affronta un vero e proprio calvario burocratico,

giudiziario, mediatico da perderci la salute fisica e mentale. Siamo in un

paese immobile, involuto, marginale nella competizione globale. Sono

diversi i fattori negativi che sintetizzo: una legislazione sugli appalti

vecchia, complicata per molti aspetti persino contraddittoria; un sistema di

regolamenti e di controllo assolutamente caotico ed irresponsabile persino

nei tempi di rilascio di un parere e/o autorizzazione; la piaga del

psedoambientalismo ed il comitatismo del no a prescindere che, finché

un’area o un immobile sono degradati e fatiscenti fanno finta di nulla, salvo

poi destarsi, urlare e far partire ricorsi a pioggia quando si cerca di

recuperarli. Il risultato: siamo il paese con la legislazione più restrittiva, il

maggior numero di controlli ed il tasso di abusi più alto. Tutto questo

genera la “paura della firma” da parte dei funzionari pubblici; scoraggia

gli investimenti; penalizza un pubblico amministratore facendo passare chi

promuova un’opera o apra un cantiere come un delinquente, come il

peggiore dei criminali.-”

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11 - La deriva dettata dai conservatori ad oltranza delle condizioni

urbanistiche del territorio : il talebanismo urbanistico.

La volontà del Legislatore che dimostra di voler intraprendere la strada di

una cultura della manutenzione con la semplificazione dei procedimenti

edilizi (SCIA, CILL, DIA) viene spesso ostacolata dai conservatori ad

oltranza delle condizioni urbanistiche del territorio.

I fabbricati di Napoli hanno urgente necessità di recupero statico oltre che

funzionale. Il cittadino che ha intenzione di ristrutturare e/o adeguare

strutturalmente il proprio fabbricato si trova di fronte alla realtà di un

tessuto edilizio in gran parte abusivo e non regolarizzato. Basti pensare ad

un qualsiasi fabbricato di Napoli il quale ha spesso sulla facciata principale

o secondaria almeno un balcone verandato. Ebbene la presenza della

veranda preclude per quel fabbricato ogni possibile autorizzazione

all’intervento edile.

L’esperienza del recupero dei fabbricati di Napoli con il Consorzio Sirena

ha avuto un arresto per colpa di una visione restrittiva dell’edilizia esistente,

ovvero l’assenza di qualsiasi volenterosa proporzionalità amministrativa da

parte dei burocrati.

Occorre prevedere per il prossimo bando, relativo ad eventuali

finanziamenti pubblici, il superamento della mediocre visione di una

formale lotta all’abuso in nome della quale tutto resta immobile e vincolato

ad un risanamento e ad una demolizione delle porzioni non legittime che

nella pratica non avverrà mai, se non tra molte generazioni.

Nel merito viene riportata una nota tecnica, redatta dal sottoscritto e

pubblicata sul sito della Associazione Nazionale Tecnici Enti Locali,

relativa all’esigenza di una più opportuna applicazione (da parte dei tecnici

degli Enti Locali) dei principi di proporzionalità amministrativa dell’azione

burocratica. La nota è quella successivamente riportata e riguarda:

IL DINIEGO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE AD ATTI

AMMINISTRATIVI LEGATI AL RECUPERO EDILIZIO E GLI

INTERESSI DEI PRIVATI COINVOLTI CON RIFERIMENTO

ALL’EFFETTIVO INTERESSE PUBBLICO.

La domanda che spesso “il burocrate” si pone nell’ottemperare ai suoi

doveri di Ufficio è la seguente :

“esiste un criterio di valutazione dell’interesse pubblico nel momento che in

suo nome si comprimono gli interessi dei privati ?”

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Un esempio di erronea valutazione dell’interesse pubblico è rappresentato

dalle pratiche di estetica cittadina e recupero del patrimonio edilizio

esistente e dei connessi finanziamenti devoluti ai privati.

L’esperienza maturata dagli Uffici Tecnici, nel corso dell’iter di

approvazione delle pratiche edilizie connesse al recupero dei fabbricati

della Città di Napoli, rappresenta un chiaro esempio di mancata

proporzionalità degli atti della Pubblica Amministrazione.

L’esperienza proviene dalle pratiche annullate d’ufficio e relative alla

presenza sulle facciate degli edifici da risanare di elementi in

superfetazione o ampliamenti come balconi verandati o simili.

Assistiamo, ovvero, all’annullamento di pratiche edilizie rivolte al recupero

del patrimonio perché sulla facciata del fabbricato vi sono piccole superfici

vetrate o anomalie formali; la cui presenza conduce alla rigida

applicazione del divieto di completare l’iter burocratico della pratica.

Per contro resta soltanto l’ordine di demolizione della veranda illegittima,

il blocco dei lavori, il fermo delle lavorazioni attinenti al progetto e dei

canali finanziari fino al perfetto ripristino dello stato dei luoghi.

Tale atteggiamento della Pubblica Amministrazione ha avuto come

immediata conseguenza logica, il fermo della pratiche edilizie presentate e

quindi il mancato recupero di una parte di città; successivamente alcuni

privati per evitare il fermo hanno fatto ricorso alla sottile trasformazione

della pratica edilizia “da lavori di recupero” a “ lavori di manutenzione

ordinaria” essendo questi ultimi non soggetti ad alcun titolo autorizzativo.

In tal modo il privato, evitando la presentazione di pratiche edilizie si è

sottratto al controllo pubblico, ha operato (probabilmente al nero) senza

alcun controllo sulla sicurezza dei cantieri, senza alcuna limitazione logica

e verifica finale, sia anche solo di carattere fiscale.

In sostanza la Pubblica Amministrazione aveva quale scopo qualificante

quello del recupero del patrimonio edilizio esistente, la lotta al lavoro

nero,il rispetto delle norme sulla sicurezza dei cantieri, il rispetto degli

oneri fiscali legati all’azione di recupero stesso; viceversa, con la sua

solerte azione di rispetto rigido della norma, ha di fatto ottenuto l’effetto

contrario e cioè : il rallentamento se non proprio il fermo delle opere di

recupero urbano, l’avvio di procedimenti edilizi senza alcun controllo sulla

sicurezza dei cantieri e senza il virtuoso innesco di un sano controllo fiscale

delle opere stesse.

Ne consegue la necessità di un approfondimento in merito alla non

proporzionalità dell’azione amministrativa di cui in prosieguo.

Annullare una pratica edilizia, legata al recupero di un intero fabbricato,

perché il condomino del terzo piano ha realizzato, nella sua proprietà

privata, una veranda non appare un atto proporzionale ed in sintonia con

gli interessi pubblici di recupero o risanamento del tessuto cittadino.

L’Ufficio Comunale si sente in dovere di porre diniego privando quel

fabbricato e, quindi, quella porzione di città da un rapido recupero. Il

diniego interrompe le lavorazioni, getta in lite i condomini, produce forse

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l’avvio di un contenzioso interno tra i condomini stessi ed esterno tra i

condomini e la Pubblica Amministrazione interrompendo eventuali canali

finanziari da utilizzare per il recupero edilizio. Inoltre, apre la strada al

lavoro in nero e ad altri atti illegali legati allo svolgimento di lavorazioni

secondarie in regime di scarsa sicurezza e senza controlli fiscali.

Ma intendiamo ancora di più soffermarci sull’assoluta non proporzionalità

delle Disposizioni di annullamento di pratiche di recupero basate su simili

presupposti.

Risponde all'interesse pubblico un diniego dell’ufficio solo se improntato a

criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza, nonché di

"proporzionalità" dell'azione amministrativa.

Tale ultimo criterio, pur non essendo esplicitamente previsto dall'articolo 1

della legge n. 241/1990 tra i principi generali dell'attività amministrativa,

rientra nei "principi del diritto comunitario", i quali sono consolidati anche

nella giurisprudenza italiana, di cui al medesimo articolo 1 della legge n.

241/1990, come modificato dalla legge n. 15/2005.

Il principio di proporzionalità va inteso, come dovere in capo alla Pubblica

Amministrazione, di non comprimere le situazioni giuridiche soggettive dei

privati, se non nei casi di stretta necessità ovvero di indispensabilità.

In ossequio al principio di proporzionalità, che obbliga ad assicurare il

minor danno possibile agli interessi privati coinvolti e solo se strettamente

necessario, le disposizioni dirigenziali di annullamento della DIA e delle

pratiche connesse al recupero edilizio, per la presenza di “veranda sui

prospetti”, non appaino proporzionali.

Nelle motivazioni dei provvedimenti di diniego sarebbe necessario

esplicitare l'apprezzamento del sacrificio imposto al privato e anche la

possibilità di procedere al risanamento delle sole parti legittime, pur in

presenta di singoli elementi costituenti piccoli abusi, con appositi strumenti

giuridici.

Peraltro, se il vizio è nella scarsa chiarezza della pratica proposta, nel

senso che l’eventuale mancanza di elementi è la fonte del parere

dell’Ufficio, il provvedimento può essere rimosso senza addivenire al

diniego della pratica stessa.

Quale interesse pubblico può sussistere nel bloccare il recupero di un intero

pezzo di città a causa della mancata rimozione di piccoli abusi (balconi

verandati)?

L'Amministrazione deve valutare come il trascorrere del tempo tenda ad

attenuare progressivamente l'interesse pubblico alla rimozione dell’abuso,

riducendone l'attualità e la concretezza, d’altronde il trascorrere del tempo

rende estremamente laboriosa la rimozione del vizio.

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Il provvedimento di rigetto dell'istanza di recupero e/o manutenzione

straordinaria di un fabbricato deve essere supportato da una motivazione

consistente e deve presupporre l’individuazione di un contrasto tra il

progetto presentato e le specifiche norme urbanistiche, esplicitamente

indicate.

Possiamo concludere che, applicando le regole comunitarie della

proporzionalità, della adeguatezza e della ragionevolezza, il diniego di

recuperare un intero fabbricato a causa di elementi tecnici di scarsa

rilevanza urbanistica, quale un balcone verandato, sia pure astrattamente

consentito dall'ordinamento, deve ritenersi illegittimo.

Di fatto la lettura attenta delle normative vigenti porta ad un percorso di

progressivo avvicinamento dell’Amministrazione Pubblica ai cittadini

grazie alla nuova disciplina della DIA/SCIA e alla generalizzazione del

principio del silenzio-assenso. La tutela degli interessi dei cittadini è

collocata tra le priorità alle quali va improntata l’attività amministrativa.

La logica di fondo comune a tutti i recenti interventi è quella di considerare

il cittadino centripeto rispetto all’agire della Pubblica Amministrazione.

In quest’ottica, l’estensione del principio del silenzio-assenso rende effettivo

il dovere della Pubblica Amministrazione di fornire sempre e comunque una

risposta alle istanze del cittadino.

Il silenzio dell’amministrazione, quindi, da apodittica interdizione dei diritti

del cittadino, è stato “trasformato” in uno strumento sollecitatorio dei

doveri della pubblica amministrazione che può sempre negare al cittadino

quanto da lui richiesto, purché motivi adeguatamente le ragioni del diniego

in tempi ragionevoli.

In questo nuovo quadro lo “ius poenitendi”, il potere di autotutela della

Pubblica Amministrazione, va interpretato come “potestà”, un potere-

dovere al quale è chiamata l’amministrazione quando una corretta

valutazione dell’interesse pubblico lo richieda.

Con la circolare della PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA avente ad oggetto :

“Direttiva in materia di annullamento d’ufficio di provvedimenti

illegittimi, ai sensi dell’articolo 1, comma 136, della legge 30.12.2004, n.

311 e dell’articolo 21-nonies della legge 7.8.1990, n. 241, come introdotto

dalla legge 11.2.2005, n. 15” sono state fornite alle pubbliche

amministrazioni le prime indicazioni interpretative delle nuove norme in

materia di annullamento d’ufficio, individuando modalità e criteri di

riferimento che evitino incertezze sul piano applicativo, allo scopo di

pervenire ad un indirizzo amministrativo univoco.

L’annullamento d’ufficio è un provvedimento amministrativo di secondo

grado la cui emanazione comporta la perdita di efficacia, con effetto

retroattivo, di un provvedimento inficiato dalla presenza “originaria” di

uno o più vizi di legittimità.

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Oggetto dell’annullamento d’ufficio è dunque un provvedimento che, pur

constando di tutti gli elementi essenziali per la sua giuridica esistenza,

presenta uno dei tradizionali vizi di legittimità delineati dall’articolo 26 del

Testo Unico 26.6.1924, n. 1054 sul Consiglio di Stato.

La legge n. 15 del 2005, conformemente al predetto articolo 26 e

all’unanime dottrina e giurisprudenza, ha quindi specificato, introducendo

l’articolo 21-octies nel corpo della legge n. 241/1990, che è annullabile il

provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da

eccesso di potere o da incompetenza.

Il legislatore ha già da tempo previsto che la presenza di uno di tali vizi può

condurre di per sé all’annullamento dell’atto da parte dell’autorità

giudiziaria e da parte della stessa Pubblica amministrazione, anche se

limitatamente ai casi in cui è chiamata a conoscere in sede giustiziale dei

ricorsi amministrativi.

Con l’articolo 21-nonies della legge n. 241/1990 trova, invece, compiuta

disciplina legislativa la potestà dell’autorità amministrativa di provvedere

di propria iniziativa, nel perseguimento dell’interesse pubblico,

all’annullamento di atti che risultino inficiati da uno dei vizi di legittimità

ricordati.

In particolare, l’articolo 21-nonies dispone che il provvedimento illegittimo

possa essere annullato d’ufficio dallo stesso organo che lo ha emanato o da

altro organo previsto dalla legge, sussistendone le ragioni di interesse

pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei

destinatari e dei controinteressati.

Per procedere all’annullamento d’ufficio, quindi, l’amministrazione

competente ha l’obbligo di verificare: la giuridica esistenza di un

provvedimento amministrativo; la ricorrenza di uno di vizi di legittimità del

provvedimento (violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza); la

sussistenza di ragioni di interesse pubblico per l’annullamento d’ufficio.

Nella valutazione della ricorrenza di ragioni di interesse pubblico

all’annullamento dovrà tenersi conto degli interessi dei destinatari e dei

controinteressati.

Infine, ricorrendo tutte le altre condizioni previste dall’articolo 21-nonies,

la pubblica amministrazione competente potrà procedere all’annullamento

d’ufficio entro un termine ragionevole. Il disposto dell’articolo 21-nonies,

pur consolidando normativamente principi giurisprudenziali non

controversi, deve in ogni caso essere interpretato anche in coerenza con i

principi generali dell’azione amministrativa. Elemento necessario per poter

procedere all’annullamento dell’atto illegittimo è, in primo luogo,

l’interesse pubblico.

L’interesse pubblico alla base del provvedimento di autotutela, come

costantemente precisato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, non

può esaurirsi nel mero interesse al ripristino della legalità violata.

Ai fini di una corretta valutazione dell’esistenza, nel caso concreto,

dell’interesse pubblico all’annullamento dell’atto, le Pubbliche

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Amministrazioni dovranno tener conto anche della circostanza che la

propria attività è costituzionalmente orientata secondo i canoni

dell’imparzialità e del buon andamento (articolo 97 Cost.) ed è retta dai

principi generali dell’azione amministrativa i quali sono sanciti dall’art. 1,

comma 1, della legge n. 241/1990, così come modificato dall’art. 1 della

legge 11.2.2005, n. 15.

Risponde all’interesse pubblico l’annullamento d’ufficio improntato a

criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza, nonché di

“proporzionalità” dell’azione amministrativa.

Tale ultimo criterio, pur non essendo esplicitamente previsto dall’articolo 1

della legge n. 241/1990 tra i principi generali dell’attività amministrativa,

rientra nei “principi del diritto comunitario”, assolutamente consolidati

anche nella giurisprudenza italiana, di cui al medesimo articolo 1 della

legge n. 241/1990, come modificato dalla legge n. 15/2005.

Il principio di proporzionalità va inteso come dovere in capo alla Pubblica

Amministrazione di non comprimere le situazioni giuridiche soggettive dei

privati, se non nei casi di stretta necessità ovvero di indispensabilità.

In ossequio al principio di proporzionalità, che obbliga ad assicurare il

minor danno possibile agli interessi privati coinvolti e solo se strettamente

necessario, l’amministrazione competente dovrà valutare sia la sussistenza

di effetti giuridici ampliativi, che il provvedimento ha eventualmente

prodotto nella sfera giuridica dei privati (nei quali potrebbe essersi

ingenerato un ragionevole affidamento in ordine alla definitività

dell’assetto delle posizioni di interesse o di diritto composte con il

provvedimento), sia gli eventuali effetti ampliativi conseguenti

l’annullamento d’ufficio dell’atto.

Sempre nell’ottica della proporzionalità, inoltre, dovranno essere valutati i

pregiudizi a carico dei privati derivanti dall’atto illegittimo.

L’Amministrazione, pertanto, procederà al ritiro d’ufficio dell’atto

illegittimo una volta riscontrato che l’interesse pubblico all’annullamento è

prevalente rispetto a quello della conservazione dell’atto, alla luce degli

interessi privati coinvolti, avendo riguardo, in particolare, al principio

dell’ordinamento comunitario della “proporzionalità”.

In altri termini, in considerazione del principio di proporzionalità,

l’amministrazione procederà all’annullamento d’ufficio quando ciò sia

necessario al fine di evitare un danno non proporzionato agli interessi dei

privati coinvolti nel procedimento.

Peraltro, se il vizio che inficia il provvedimento può essere rimosso senza

addivenire all’annullamento dell’atto, l’Amministrazione dovrà procedere

in tal senso.

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12 – L’importanza della consapevolezza da parte dell’opinione pubblica

della “verità tecnica”, come presupposto dell’interesse politico

all’adozione di strumenti legislativi necessari per una vera prevenzione

e manutenzione del territorio e del patrimonio edilizio.

I fabbricati di Napoli sono destinati a dissestarsi per l’incuria degli uomini,

come ampiamente detto e dimostrato ma di tanto esiste scarsa

consapevolezza.

L’Italia è un paese ad alto rischio sismico e Napoli è in un territorio dove,

come la storia ci dimostra, si possano verificare terremoti, alluvioni, frane,

eruzioni vulcaniche. Rischi naturali che sono enormemente aggravati dal

comportamento dell’uomo. Sono le attività umane, oltre che il modo di

affrontare la problematica legata alla manutenzione, che rendono le nostre

case particolarmente vulnerabili sia per un cattivo uso del territorio che per

una scarsa osservanza degli equilibri naturali.

Il terremoto è parte della vita del pianeta, non è una catastrofe di per se ma

lo diventa perché abbiamo costruito male gli edifici e le infrastrutture o

perché non abbiamo fatto una ordinaria manutenzione ai nostri vecchi

edifici o, ancora, perché abbiamo costruito laddove era meglio non farlo.

Le azioni da compiere, come viene sollecitato da tutti i tecnici, sono quelle

legate alla previsione ed alla prevenzione in modo da ridurre drasticamente

la vulnerabilità dei nostri edifici.

Ancora una volta vi sono forze più o meno occulte, legate alla speculazione

immobiliare, che danno una cattiva indicazione ai cittadini proprietari di

immobili, facendogli ritenere che il libretto di uso e manutenzione del

fabbricato non sia un utile strumento di prevenzione per limitare i danni in

caso di sisma o catastrofi naturali o dissesti, ma solo un inutile dispendio

economico.

Viene suggerito al cittadino, anche piccolo proprietario, di non fare verifiche

sulle condizioni statiche del fabbricato, solo perché le verifiche

dimostreranno l’esigenza di interventi di cui la proprietà immobiliare non

preferisce divulgare la necessità per timore che si verifichi un crollo dei

valori immobiliari.

L’Italia è l’unico paese al mondo in cui il prezzo di vendita al metro

quadrato degli immobili è lo stesso sia per un vecchio fabbricato che per un

nuovo fabbricato. Il mercato immobiliare di Napoli trae vantaggi da questa

“bolla immobiliare”.

Il Legislatore omette di legiferare sulla necessità della conoscenza per non

inimicarsi le “lobby immobiliari”, sebbene le valutazioni economiche

dimostrino che i costi degli interventi di risanamento e messa in sicurezza, a

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posteriori degli eventi disastrosi, sono sempre molto consistenti e pesano

sulla comunità molto di più di una sana prevenzione ed adeguamento

sismico.

Sarebbe più logica ed onesta, oltre che opportuna, un’azione preventiva di

conoscenza e mitigazione del rischio sismico, al fine di evitare crolli

devastanti.

Il reato di omissione per aver disatteso la formulazione di leggi adeguate è

grave ed investe in pieno la classe politica.

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13 - L’esigenza operativa di una leale collaborazione tra il pubblico

funzionario ed il privato cittadino per il superamento della fase

emergenziale e per il rientro nelle abitazioni dei cittadini sgomberati. Si

riporta a tale proposito l’esperienza dell’autore in occasione dei

fenomeni di dissesto al fabbricato di Viale Colli Aminei del dicembre

2015 / gennaio 2016 quale esempio di utile collaborazione.

Relazione del tecnico incaricato per la verifica strutturale e per il rientro

delle popolazioni sgombrate cautelativamente dai propri alloggi tenuta

dall’autore presso gli Uffici della Municipalità relativa alle attività poste in

essere dalla Pubblica Amministrazione.

La riunione fu convocata dalla Amministrazione Comunale al fine di

chiarire alla cittadinanza lo stato degli accertamenti in corso e per

relazionare sui tempi necessari alla riapertura della strada e per il rientro

della popolazione nelle proprie abitazioni a seguito dello sgombero

cautelare eseguito.

Relazione (verbale registrato dai presenti)

“In questi giorni abbiamo avuto dei momenti difficili ma i condomini del

fabbricato dissestato hanno tenuto un atteggiamento di massima serietà e

collaborazione e tutte le operazioni tecniche che l’Ufficio Tecnico

Comunale sta portando avanti presso il fabbricato ed intorno al fabbricato,

sono concertate con i rappresentanti tecnici del fabbricato stesso; ciò è

molto importante, perché siamo in un momento di difficoltà che si sta

superando con una collaborazione sinergica tra il pubblico e il privato, ma

soprattutto di massimo rispetto delle reciproche competenze. Come Pubblica

Amministrazione abbiamo avuto la possibilità di accedere al fabbricato, di

visionare gli appartamenti, di fare tutte le verifiche necessarie al caso, così

come, è da dire con chiarezza, abbiamo avuto pieno mandato

dall’Amministrazione Comunale di procedere senza limitazioni alcuna

all’accertamento tecnico, al fine di verificare le condizioni statiche del

fabbricato, verificare le condizioni degli impianti. Mai come in questo

momento, dopo 40 anni che appartengo alla Pubblica Amministrazione, vi è

stato un momento sinergico di piena collaborazione e lealtà tra la Pubblica

Amministrazione e i cittadini. E’ chiaro che la tensione di questa mattina (si

era in una pubblica assemblea durante la quale non erano mancati momenti

di tensione sociale) può essere causa di difficoltà e di incertezza.

Comprendo l'emotività del momento, ma bisogna essere sempre tranquilli e

razionali. Per quanto riguarda poi le cause che hanno determinato il dissesto,

ormai è accertato che c'è stata una grossa venuta di acqua derivante dalla

rottura di una condotta idrica di carico. Questa condotta idrica ha portato

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molta acqua nel sottosuolo del fabbricato. Fortunatamente il fabbricato è un

buon fabbricato, è stato costruito bene e si è comportato fino ad oggi bene

senza subire a causa dei cedimenti in atto dissesti alle strutture portanti.

Domanda dei cittadini :

Ingegnere, per quanto tempo c'è stata questa perdita?

Risposta :

A questo, purtroppo, non ho matematicamente la possibilità di dare una

risposta, ma indubbiamente la perdita vi è stata “per abbastanza tempo”; non

sono in grado di dirvi i giorni e le ore di effettivo deflusso dell'acqua. La

quantità di acque andate verso le fondazioni del fabbricato ha indotto il

Comando Vigili del Fuoco e poi l'Ufficio Tecnico e la Protezione Civile a

disporre lo sgombero del fabbricato. Trattasi di uno sgombero cautelativo.

Domanda dei cittadini :

Perché sgombero cautelativo?

Risposta :

Lo sgombero è forzato quanto c'è un crollo certo ed imminente. Noi

eravamo in presenza di un fabbricato in cui il livello di conoscenza, come

impone la normativa vigente non era noto. Noi abbiamo un basso livello di

conoscenza del fabbricato e comunque anche degli altri fabbricati della città,

perché veniamo da un epoca in cui non si è curato quest'aspetto di

conoscenza di fabbricati, per cui noi tecnici ci troviamo di fronte a un

dilemma: “c'è un dissesto, ci sono delle fessurazioni dei tramezzi ed ai

tompagni del fabbricato, non si sono riscontrate fessurazioni o lesioni alle

strutture portanti, il dissesto appare in evoluzione, ma a scopo cautelativo

non conoscendo bene le fondazioni del fabbricato, non conoscendo bene le

strutture fabbricato, abbiamo ritenuto opportuno imporre alla comunità un

sacrificio quale lo sgombero cautelativo; è chiaro che lo sgombero

cautelativo è una scelta tecnica, poteva forse esserci qualche tecnico che era

contrario, potevano esserci delle valutazioni di maggiore attesa, ma questa

scelta è stata proposta da tutti i tecnici presenti, perché il nostro interesse

non era quello di ridimensionare l'episodio o di nasconderlo, ma era quello

di accertare le condizioni di sicurezza senza alcuna incertezza, tanto è vero

che si sono susseguiti sopralluoghi, sono venuti presso il fabbricato tecnici

anche esperti specialisti della materia, ci siamo rivolti a ditte qualificate,

stiamo facendo dei carotaggi e ed altri accertamenti sulle fondazioni tramite

scavi. Tutto questo non perché nel “nostro cuore”, singolarmente, abbiamo

il fondato motivo di ritenere che il fabbricato stia crollando, a mio avviso, è

solo un personale giudizio tecnico, il fabbricato non crollerà e non sta

crollando, ma è chiaro che a fronte di un dissesto di questo genere

bisognerebbe avere un migliore livello di conoscenza del fabbricato, sapere

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come questo fabbricato si comporterà man mano che il sottosuolo si

asciugherà e le acque saranno migrate verso la falda. E’ questa l'unica

motivazione seria, per la quale abbiamo imposto lo sgombero e stiamo

monitorando il fabbricato. Se ci fosse stato un vero, imminente pericolo di

crollo, non avremmo nemmeno consentito l’accesso dei singoli condomini

agli appartamenti anche se accompagnati dai Vigili del Fuoco e dai Tecnici

della Protezione Civile. Accessi che sono stati consentiti sia per visionare

gli immobili che per ridurre i disagio dei residenti sgomberati.

Io ritengo che il fabbricato sia stato costruito bene dal costruttore, sulla base

di quello che fino ad oggi ho potuto accertare. Lo posso affermare sulla base

delle precedenti esperienze maturate nei vari dissesti finora esaminati e di

cui mi sono interessato negli ultimi anni, dalla voragine di Pianura al crollo

del fabbricato alla Riviera di Chiaia. Mi sono sempre interessato di crolli e

dissesti e questo è il mio mestiere. L’Ufficio Tecnico ha raggiunto il suo

scopo quando riesce a far rientrare in casa ed in sicurezza le popolazioni

sgombrate. Questo abbiamo fatto a Pianura come in altri luoghi; ma questo è

il desiderio principale dell'Amministrazione Comunale. L’Ufficio Tecnico

d'altra parte non si fa condizionare da scelte che non hanno carattere tecnico.

Abbiamo una unica scelta di indirizzo politico : bisogna essere sicuri che le

cose tecnicamente funzionino bene. Lo sgombero cautelare e la riapertura

della strada sono due aspetti completamente diversi; la strada si riaprirà

quando i tecnici decideranno con saggezza e con coscienza che la strada si

può riaprire; la strada si potrà riaprire quando la partecipata ABC avrà

completato le sue opere e noi come Ufficio Tecnico Comunale avremo

completato tutte le opere di risanamento della fognatura danneggiata. Nel

momento in cui avremo una piena cognizione tecnica della raggiunta

sicurezza impiantistica e, non vi saranno altri problemi, la strada si aprirà,

ma fino a quel momento saremo costretti ai sacrifici che oggi stiamo

sostenendo come comunità.

Domanda dei cittadini :

Sara contestuale la riapertura della strada e l'agibilità dei fabbricati?

Risposta :

Potrebbe anche darsi, anche perché sull'apertura della strada non avremo

problemi, dopo il completamento del ripristino dei sottoservizi. In quel

momento avremo una sicura conoscenza dei sottoservizi quindi

provvederemo a riaprire la strada. Per il fabbricato abbiamo in atto una

livellazione di tipo elettronico, si tratta di una livellazione plano altimetrica

di grande precisione. Tutto quello che ad occhio nudo non possiamo vedere

e valutare, la strumentazione lo riporta, ci segnala i movimenti anche se solo

di tipo termico del fabbricato cioè come si muove il fabbricato al variare

della temperatura esterna. Gli abitanti avranno notato come i nostri

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operatori, costantemente, fanno rilevazioni planoaltimetriche con

strumentazione ottica più volte al giorno, misurazioni che vengono

comunicate in tempo reale ad un pool di tecnici tra i quali il sottoscritto.

Sulla mia posta elettronica ogni 3 ore, così come agli altri tecnici, vengono

comunicati i movimenti del fabbricato man mano che il sottosuolo si

asciuga dell'acqua che lo ha imbibito. Le misurazioni vanno avanti di

giorno e di notte; qualcuno avrà notato che sono state fatte misurazioni

anche alle 10.00 di sera o di prima mattina. Questo nei primi giorni, oggi

ne stiamo facendo con maggiore tranquillità 3 al giorno. Sotto questo

aspetto, che è l'aspetto principale, cioè il monitoraggio del quadro

fessurativo, abbiamo la possibilità di assicurare che il fenomeno è sotto

controllo. Credo che in questo momento abbiamo privilegiato ogni aspetto

legato alla sicurezza. Non abbiamo dubbi, non dobbiamo avere incertezze,

ne dobbiamo pensare che l'Amministrazione Comunale o l’Ufficio Tecnico

abbiano trascurato i cittadini così come è da ribadire che i cittadini hanno

collaborato con l'Amministrazione. I tecnici dell’Ufficio sono a diretto

contatto con i cittadini e con i Tecnici e l’Amministratore dello stabile. Ci

dispiace per il disagio che abbiamo potuto arrecare ma la mia serenità

tecnica è stata premiata quando ho visto la serietà dei cittadini. Questi non

mi hanno accolto con ingiurie o rimproveri ma mi hanno dato ogni supporto

facendomi accedere alle case per meglio visionare i quadri fessurativi.

L'esperienza umana è fondamentale, ai cittadini posso dire di mantenere la

calma. La strada si aprirà e si aprirà a breve. A stabilirlo non sarà un tecnico

solo, ma un gruppo di esperti che valuteranno congiuntamente tutte le

condizioni, non escludendo da questo gruppo di lavoro i tecnici dello stesso

condominio che ci seguono costantemente in tutte le operazioni, affinché

possano eventualmente suggerire ulteriori azioni, accertamenti, verifiche se

ritenute necessarie ed opportune. Tutto questo per una maggiore

trasparenza, tranquillità e serenità della cittadinanza nonchè serietà

dell'intera operazione tecnica che si sta portando avanti. Abbiamo un

monitoraggio del fabbricato che è stato anche ampliato verso l'interno del

fabbricato. Dal punto di vista tecnico queste misure sono abbastanza

soddisfacenti nel senso che man mano che il sottosuolo si asciuga i

movimenti del fabbricato risultano compatibili con la sua struttura. Noi

dobbiamo aspettare che l’acqua scompaia dalle fondazioni e cioè che il

suolo si asciughi perché l'acqua è un liquido incompressibile, quindi, con la

presenza di acqua non si hanno cedimenti. Questi ultimi avvengono man

mano che l'acqua si asciuga. La conformazione geometrica delle

fondazioni del fabbricato è una particolare conformazione a bacino. Il

fabbricato ha delle fondazioni poggiate lato viale Colli Aminei su un grande

muro che è stato investigato con dei carotaggi. Dal lato di valle c'è un altro

muro; pertanto il fabbricato rispetto agli altri fabbricati è situato su un sito di

particolare conformazione, una specie di bacino costituito da due murature

che si incrociano. L’acqua infiltrata defluisce molto lentamente; per una

parte questo lento asciugamento è un fatto negativo perché la circostanza

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che si asciughi lentamente ci fa tenere ancora lo sgombro cautelare, ma il

fatto che le acque si asciugano lentamente, impone di precisare al lettore

non tecnico che un lento defluire evita il ruscellamento, ovvero non avviene

l'uscita di acqua veloce, il che significa che non ci sarà trasporto di materiale

fino e, quindi ci dobbiamo attendere un buon comportamento del sottosuolo,

ovvero non si creeranno dei vuoti, non si creeranno delle “caranfole”, non ci

saranno franamenti e il terreno si asciugherà lentamente e rimarrà lì nella

sua configurazione originaria. Questo è un grosso vantaggio tecnico, da

questo abbiamo desunto che il costruttore ha fatto bene a realizzare questo

tipo di strutture di fondazione su pali battuti. I cedimenti di cui si parla,

pure attraverso la stampa, non rappresentano il vero pericolo per il

fabbricato, perché il cedimento che preoccupa il tecnico non è il cedimento

assoluto, ma quello differenziale. Se un fabbricato si attesta nel sottosuolo

nella sua conformazione geometrica in maniera simmetrica cioè in maniera

costante non è pericoloso, perché si riassetta in una nuova condizione di

equilibrio. In termini semplici si dice che quando tra due pilastri c'è un

cedimento differente è possibile un danno strutturale, ma noi fino al 28

dicembre non abbiamo riscontrato nessun quadro fessurativo nelle strutture

portanti. Stiamo, infatti, considerando con i Vostri Tecnici di prendere atto

che non verificandosi lesioni strutturali sarà possibile togliere lo sgombero

cautelare e potervi far rientrare in casa, condizionando però il rientro alla

esecuzione dei lavori. Stiamo discutendo con i Vostri Tecnici del

condominio quali lavori si dovrebbero fare ovvero di chiudere le

fessurazioni ai tramezzi ed ai tompagni, soprattutto le fessurazioni più

marcate. Non perché tali fessurazioni abbiano importanza di carattere statico

ma perché hanno viceversa implicazioni di carattere psicologico legate alla

serenità e alla quiete sociale dei residenti. Ad occhio nudo quando una

fessurazione di una tramezzatura resta aperta può accadere che la mattina ci

sembra di un'entità, di pomeriggio di un'altra entità, la sera di un'altra

ancora; tra un giorno e l'altro questa osservazione può creare emozione o

panico. Allora noi consigliamo, prima del vostro rientro la sigillatura di

queste fessurazioni. La verifica continuerà con le livellazioni di precisione

elettronica. Quindi ipotizziamo un rientro della popolazione nelle proprie

abitazioni, sotto il controllo dei tecnici interni della Pubblica

Amministrazione, degli stessi tecnici del condominio oltre che da

consulenti esterni nelle persone di esperti docenti universitari. Tutto questo

perché non vi devono essere ombre o dubbi di qualsiasi tipo. Non vogliamo

lasciare al singolo tecnico ogni decisione, perché da solo potrà essere anche

un bravo tecnico, ma non può essere uno solo a scegliere la strada del

rientro. Noi collegialmente dobbiamo decidere questo rientro in serietà, con

serenità e in tranquillità, senza che vi sia nessuna ombra, nessun dubbio

sulla statica del fabbricato. Questo modo di procedere, ovviamente, vi ha

comportato un maggior danno, vi fa stare fuori casa un po' più di tempo, ma

serve proprio per avere certezze e chiudere questa brutta vicenda nel miglior

modo possibile; questa è la volontà mia, dell’UfficioTecnico che ho l’onore

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di dirigere, ma è la volontà della Amministrazione Comunale. Ripeto che

tutti noi vogliamo che questo triste episodio si concluda nel miglior modo

possibile con un rientro a casa degli abitanti nel più breve tempo possibile.

Rientro non deciso da uno solo tecnico, ma deciso collegialmente ma anche

con il vostro controllo e per questo ogni volta che ci riuniamo a Palazzo

San Giacomo, il lunedì, il Vostro Tecnico è stato presente, perché deve

essere una situazione trasparente. Vi ringrazio, soprattutto quali cittadini,

per la serietà con la quale avete ascoltato e per la collaborazione fornita alla

Amministrazione Comunale.

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14 - Il restauro del centro storico UNESCO e della periferia degradata

per la crescita e l’occupazione.

Per rappresentare la obbligatorietà dell’intervento per la salvaguardia del

nostro patrimonio edilizio occorre domandarsi cosa rappresenta Napoli nel

mondo e perché dobbiamo tutelarne il patrimonio.

In sintesi la carta Unesco recita :

- Napoli è una delle più antiche città d’Europa;

- i suoi luoghi conservano traccia di preziose tradizioni, di incomparabili

fermenti artistici e di una storia millenaria nelle sue strade, piazze ed edifici;

- è nata e si è sviluppata una cultura unica al mondo che diffonde valori

universali per un pacifico dialogo tra i popoli;

- il suo centro storico inserito nel 1995 nella lista del Patrimonio Mondiale

UNESCO appartiene all’Umanità intera.

L’art. 9 della Costituzione tutela il patrimonio e il paesaggio della nazione

per il loro valore culturale. Il patrimonio edilizio di Napoli in questi ultimi

decenni ha anche acquisito un crescente valore economico nella misura in

cui l’enorme sviluppo dei mezzi di trasporto e l’abbattimento dei relativi

costi hanno trasformato il turismo da fenomeno di èlite in fenomeno di

massa. Abbiamo oltre un miliardo/anno di turisti nel mondo. L’Italia si è

ritrovata a vantare giacimenti culturali che per il loro pregio, attraggono

visitatori e investimenti da ogni parte del mondo. Codeste risorse, ancorate

al territorio e come tali non dislocabili altrove non sono esportabili all’estero

come per l’industria manifatturiera e possono essere il volano per la

risoluzione della gravi crisi economica nazionale.

La rigenerazione del centro storico, oltre che attrattore di turismo crescente

e qualificato, diviene di fatto promotore a valle di un diffuso indotto nei

settori della ristorazione, del commercio, dell’artigianato, dell’industria

alberghiera, con le rispettive possibilità occupazionali e maggiore gettito per

l’erario.

La rigenerazione del tessuto edilizio consentirà il recupero di circa 20.000

alloggi nella città senza necessità di realizzarli altrove col conseguente

consumo del territorio.

Occorre a tal fine attrarre i necessari investimenti. Senza i quali non si attiva

la crescita, né si fa quella occupazione di cui Napoli e la Campania hanno

disperato bisogno.

Ma è d’obbligo precisare come attrarre gli investimenti e chi debba

provvedervi.

Il Governo italiano, in base alla convenzione UNESCO, si è obbligato ad

assicurare ai siti, per i quali ha ottenuto l’ambito riconoscimento, gli

interventi di conservazione e di valorizzazione. “La convenzione UNESCO

sulla protezione del patrimonio mondiale (Parigi 1972), riconosce che è sua

primaria incombenza l’identificazione, la tutela, la conservazione, la

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valorizzazione e la trasmissione alle generazioni future del patrimonio

mondiale, impegnandosi ad operare a tale scopo direttamente al massimo

delle risorse disponibili (art. 4). E il Consiglio d’Europa aggiunge “ciascuno

Stato è impegnato ad adottare le misure fiscali idonee a assicurare la

conservazione di questo patrimonio; e ad incentivare le iniziative private

intese a salvaguardare la manutenzione e il restauro di tale patrimonio “ (art.

6, convenzione di Granada, 1985).

Gli interventi di valorizzazione possono essere addossati alle

amministrazioni locali.

Gli incentivi di conservazione, oltremodo impegnativi, di consolidamento

statico, devono essere finanziati dal Governo, avendone, per dettato

costituzionale, la esclusiva competenza (Corte Cost. 13.01.2004, n. 9).

Napoli presenta un patrimonio edilizio che in termini tecnici può definirsi in

totale disfacimento per incuria e carenza di una cultura della manutenzione.

Nel 2011 il Soprintendente ai beni monumentali dell’epoca affermava

quanto segue: “situazione drammatica del centro storico di Napoli: su 700

palazzi storici almeno il 50% ha bisogno di interventi di restauro e ripristino

urgenti e poco più del 10% ha problemi seri con rischi di distaccamento di

intonaci o addirittura crolli”.

Ad oggi, anno 2017, la situazione è drammaticamente peggiore perché

nonostante tanti proclami nulla è stato fatto ed occorre urgentemente avere

almeno una conoscenza completa del tessuto edilizio cittadino.

La Amministrazione Comunale fortunatamente si sta facendo carico della

valorizzazione nei termini del rifacimento delle facciate degli edifici storici,

ma anche di lavori più impegnativi ed il convegno tenutosi in Palazzo San

Giacomo, Sala Giunta, il 15 aprile 2016 avente come oggetto la

“Valorizzazione e messa in sicurezza dei fabbricati di Napoli”, rappresenta

un importante punto di partenza alla ricerca di una collaborazione sinergica

con le forze professionali della città.

L’Amministrazione vuole assicurare un contributo del 30-35% della spesa ai

privati cittadini che intendano ristrutturare il proprio immobile, che si

aggiunge alla detrazione irpef del 50% ed alle altre agevolazioni di cui alla

cosiddetta bioedilizia e risparmio energetico, quindi possiamo affermare che

oggi sussistono i presupposti di un riscatto immediato per il recupero del

patrimonio cittadino.

In questa fase non possiamo non ricordare l’insegnamento che ci è

pervenuto dal dott. Raffaele Raimondi, Magistrato della Corte Suprema di

Cassazione che ha sempre sostenuto nei pubblici dibattiti l’esigenza di una

fiscalità di vantaggio per il restauro del centro storico di Napoli. Nel seguito

si riporta un estratto dell’intervento del dott. Raffaele Raimondi dal

convegno promosso dal Comitato Centro Storico UNESCO, e tenutosi

presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici il 22 settembre 2005 avente

per oggetto proprio la fiscalità di vantaggio per il restauro del centro storico

della nostra città.

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15 - La fiscalità di vantaggio per il restauro del centro storico di

Napoli: Relazione del dott. Raffaele Raimondi , Magistrato della Corte

Suprema di Cassazione tenuta al convegno promosso dal Comitato

Centro Storico UNESCO, presso l’Istituto Italiano per gli Studi

Filosofici il 22 settembre 2005.

LA FISCALITÀ DI VANTAGGIO

PER IL RESTAURO

DEL CENTRO STORICO DI NAPOLI

PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÀ di Raffaele Raimondi

Dal convegno promosso dal Comitato Centro Storico UNESCO, e tenutosi

presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici il 22 settembre 2005.

Dovendo discutere del restauro del centro storico di Napoli, mi viene in

mente una massima: «se si vogliono obiettivi vincenti, è necessario volere

mezzi vincenti e prima ancora occorre questi mezzi procurarseli». Mi pare

una massima molto pertinente alla situazione in cui ci ritroviamo, perché

spesso e volentieri accade che le situazioni vengono denunziate, vengono

indicati anche gli obiettivi, ma poi ci si dimentica della strumentazione, vale

a dire dei modi e dei mezzi attraverso i quali conseguire codesti obiettivi.

È facile, dunque, reclamare il restauro del centro storico di Napoli, ma è

più difficile individuare la strumentazione. Ebbene, l’Appello per il restauro

del centro storico di Napoli, patrimonio mondiale dell’Umanità, che è

apparso sul «Corriere del Mezzogiorno», su «La Repubblica» e ripreso da

molti altri giornali, ha individuato come strumento appropriato la fiscalità

di vantaggio.

Della fiscalità di vantaggio si è parlato molto in questi ultimi mesi, è una

terminologia nuova, che però riflette un concetto già sperimentato, si tratta

della fiscalità ridotta o della fiscalità differenziata o ancora dell’IVA

ridotta, come si legge nei documenti dell’Unione Europea.

Vale la pena ricordare che sulla fiscalità di vantaggio è stato di recente, il 2

novembre scorso, siglato l’accordo tra la Confindustria e i sindacati per il

rilancio dell’economia nel Mezzogiorno. Ebbene, non si capisce perché

questa misura non potrebbe essere utilizzata per il centro storico di Napoli,

visto che, tra l’altro, la fiscalità di vantaggio è addirittura una misura

obbligatoria, una misura dovuta, una misura doverosa, in quanto è imposta

dalla Convenzione UNESCO del 1972, firmata a Parigi e ratificata dal

nostro Paese.

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Questa Convenzione, infatti, impone allo Stato di attivare la conservazione,

la valorizzazione e la trasmissione alle generazioni future del bene

riconosciuto come patrimonio mondiale dell’Umanità, ed è questo il caso,

appunto, del centro storico di Napoli.

Lo Stato deve fare ciò, è scritto nell’articolo 4, «mettendo a disposizione il

massimo delle risorse disponibili», e, si aggiunge nell’articolo 5, «mediante

i provvedimenti fiscali, amministrativi e finanziari adeguati a questo fine».

A tale norma della Convenzione internazionale corrisponde, inoltre, l’art.

151 del trattato istitutivo dell’Unione Europea, che esige la promozione del

patrimonio culturale di interesse europeo. È il caso, quindi, di sottolineare

che le Nazioni Unite, di cui l’UNESCO è organismo, e l’Unione Europea

vanno perfettamente d’accordo su questo tema.

Purtroppo bisogna dire che a dieci anni dal riconoscimento, lo Stato, che

era obbligato ad intervenire per la riqualificazione del centro storico di

Napoli, non ha fatto assolutamente nulla, a parte interventi puntuali su

alcune chiese: ma voi sapete che il centro storico è un unico contesto,

costituito da una miriade di palazzi d’epoca.

Per la verità neanche le istituzioni locali hanno fatto ugualmente nulla per

ricordare allo Stato l’obbligo che aveva di valorizzazione e di

conservazione del centro storico di Napoli. Queste manchevolezze si sono

verificate probabilmente per un equivoco in cui si è incorsi. Da una parte si

è creduto che il riconoscimento comportava semplicemente una sorta di

marchio DOC per il centro storico di Napoli da sbandierare nelle guide

turistiche, dall’altra si è pensato che non fosse lo Stato obbligato nei

confronti del centro storico di Napoli ai fini della riqualificazione, ma che

fosse al contrario l’UNESCO a dover intervenire prima o poi con le proprie

risorse.

La conseguenza di questo equivoco è stato un progressivo degrado, negli

ultimi dieci anni, del centro storico di Napoli, un degrado così

appariscente, così evidente da suscitare l’attenzione dell’UNESCO, che ha

inoltrato richieste di chiarimenti sulla condizione in cui versava il nostro

centro storico al Sindaco di Napoli e, per la condizione penosa di alcune

chiese, al Cardinale – anche se occorre dire che non tutte le chiese fanno

capo al Cardinale o fanno capo alla Curia. Un’altra richiesta di

chiarimenti, inoltre, è stata inoltrata al Sovrintendente e al Presidente della

Regione.

Tutte queste istituzioni hanno risposto, fornendo i chiarimenti richiesti: ma

si vede che questi chiarimenti non sono stati molto soddisfacenti perché

l’UNESCO di Parigi, com’è stato divulgato da «La Repubblica», ha

annunziato per il prossimo novembre l’arrivo dei suoi ispettori. Diciamo

che la prospettiva è estremamente pericolosa, perché dall’arrivo degli

ispettori e dall’esito della loro ispezione può derivare il declassamento tra i

beni a rischio o addirittura anche la revoca del riconoscimento, che

sarebbe uno scorno per lo Stato italiano e una iattura certamente per la

nostra città.

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Il modo più semplice perché lo Stato intervenga a scongiurare questo

rischio è la fiscalità di vantaggio, che ha il pregio di incentivare, di

persuadere, di sollecitare gli interessati – che possono essere soggetti

pubblici o soggetti privati – ad impiegare le proprie risorse ai fini della

riqualificazione dei propri edifici.

Con questo strumento non solo verrebbero impiegate le risorse degli

interessati ma si rimedierebbe anche a quel paradosso per cui si vuole che i

depositi bancari dei napoletani negli istituti di credito vengano veicolati

verso l’Italia centro-settentrionale, dove poi trovano impiego. In questo

caso, invece, i risparmi verrebbero impiegati per la riqualificazione del

centro storico di Napoli.

La fiscalità di vantaggio è stata da noi ritagliata su una formula che ha

avuto un enorme successo dal 1997 in poi, vale a dire, la fiscalità

differenziata prevista dalla legge 449. Con questa formula si prevede una

fiscalità ridotta per gli interventi di ristrutturazione edilizia nella misura del

36 per cento di detrazioni IRPEF sulle spese e l’IVA al 10%. Noi

proponiamo che questa forchetta venga dilatata per gli interventi di

conservazione del centro storico di Napoli nella misura del 70-80% di

detrazioni IRPEF sulle spese e con un’IVA al 4%. Si badi bene che per la

città di Dublino, che ha avuto una esperienza analoga, risoltasi al meglio,

la detrazione delle spese è stata del 100 per cento, articolata su dieci anni.

Per lo Stato questa non solo è un’operazione a costo zero, ma addirittura si

tratta di un’operazione da cui il fisco ci guadagnerebbe, per la semplice

ragione che la dilatazione della forchetta al 70-80% di detrazione IRPEF

da un lato e l’IVA al minimo dall’altro indurrebbe immediatamente i

committenti dei lavori a richiedere la documentazione all’impresa

appaltatrice, facendo si che queste operazioni avvengano alla luce del sole

e non al nero.

Questi incentivi, previsti dalla fiscalità di vantaggio, sono necessari perché

trattandosi di interventi di risanamento conservativo e di restauro

riguardanti la statica stessa dei fabbricati e il loro consolidamento,

occorrono grandi investimenti. Ci sono poi altre misure, quali la riduzione

delle contribuzioni all’INAIL o anche all’INPS delle imprese coinvolte nelle

operazioni. A tal proposito, bisogna dire che due anni fa l’INAIL già si

dichiarò disponibile ad una riduzione del 30% delle contribuzioni che gli

sarebbero dovute dalle imprese che avessero operato nel centro storico di

Napoli.

Da quanto detto, appare chiaro che la fiscalità di vantaggio è un

provvedimento obbligatorio, è un provvedimento doveroso, un

provvedimento che si impone assai più che non i finanziamenti che in questi

anni lo Stato ha erogato a vario titolo ad altre città italiane, basti pensare

alla legge per Venezia o alla legge per Roma capitale o, ancora, ai

finanziamenti recentemente erogati per la città di Genova, improvvisatasi

come città della cultura europea, oppure a quelli erogati per le Olimpiadi

invernali, aggiudicate alla città di Torino, o ancora a quelli per l’aeroporto

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intercontinentale di Malpensa e soprattutto per la relativa

infrastrutturazione di servizio e così via. L’intervento dello Stato per il

centro storico di Napoli è un intervento che ha un superiore titolo, è un

intervento doveroso.

Si capisce, però, che per quanto doveroso e per quanto obbligatorio, sta al

Sindaco di Napoli, quale rappresentante della città e custode di questo

patrimonio, riconosciuto come patrimonio mondiale dell’Umanità e ai

ministri napoletani, ai parlamentari napoletani, al consiglio comunale

rivendicare la misura che noi abbiamo proposto. Va rivendicata proprio

perché è obbligatoria, proprio perché è doverosa, proprio perché deriva da

una norma internazionale, va rivendicata con forza e senza incertezze, a

cominciare magari dalla prima occasione che è la legge finanziaria per il

2006.

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16 – Considerazioni in merito all’esigenza di un obbligo legislativo per

assicurare alle future generazioni la sicurezza dei fabbricati di Napoli.

Dal convegno, promosso dal Comitato Centro Storico UNESCO, di cui al

paragrafo precedente, sono trascorsi 12 anni ed il nostro Patrimonio Edilizio

si è ulteriormente depauperato. Durante tale convegno pervennero le

indicazioni oggi finalmente adottate dallo Stato con la legge di stabilità

2017, ma occorre fare l’ultimo passo, cioè legiferare a livello Nazionale

sull’obbligo del fascicolo del fabbricato da allegare a tutti gli atti notarili ed

a tutti gli atti di locazione come già avviene per la certificazione energetica.

Oggi con una fiscalità di vantaggio, per la ristrutturazione e per il

miglioramento energetico, si è giunti anche al recupero statico di cui al

sisma-bonus fino al 85% del costo, ma nonostante ciò il comparto del

recupero delle nostre costruzioni stenta a ripartire. Occorre quindi un

“obbligo di legge”; bisogna obbligare l’allegazione e la trascrizione negli

atti notarili, pena la nullità degli stessi, come avviene per le certificazioni

energetiche, della certificazione sulle condizioni statiche del fabbricato e

della sua vita utile in assenza di interventi manutentivi complessivi che ne

riconfigurino la staticità e l’agibilità.

I vantaggi per l’intero paese sono ben chiari e furono già ben esplicitati

durante il convegno promosso dal Comitato Centro Storico UNESCO . Tali

vantaggi sono di seguito indicati :

- l’edilizia di recupero è diventata motore di sviluppo indispensabile in

quanto è idonea ad impiegare – subito – le maestranze non più utilizzate

dalle industrie del settore manifatturiero. Queste infatti, per ovviare alla

concorrenza, delocalizzano le loro fabbriche nei paesi dove assai più bassi

sono i costi della mano d’opera. Compensando tale tendenza, la fiscalità

ridotta permette all’edilizia di recupero di coinvolgere ed impiegare anche le

maggiori ed enormi risorse dei privati. Questi sono interessati a

corrispondere alla forte domanda interna, degli italiani, di migliore qualità di

ambiente di vita e all’altrettanto forte domanda estera, dei turisti stranieri, di

visitare città d’arte e centri storici sempre più qualificati e attraenti.

- Ciò è tanto più vero in una città come Napoli, dove, malgrado tutto,

fortissimo è il desiderio dei turisti, italiani e stranieri, di visitare il suo centro

storico. Esso per il suo eccezionale interesse per l’umanità, nel 1995 è stato

proclamato dall’UNESCO patrimonio mondiale da salvaguardare e

valorizzare. A dispetto e in dispregio al prestigioso riconoscimento e al

conseguente obbligo internazionale in tal senso assunto dallo Stato italiano,

l’area protetta è tuttavia ogni giorno sottoposta a un progressivo e accelerato

degrado. Soltanto un massivo intervento teso al restauro dell’edilizia in

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disfacimento può porre rimedio, corrispondendo, a una fortissima domanda

di occupazione, dopo che Napoli in pochi anni è stata deprivata del suo

imponente apparato industriale con la perdita di decine di migliaia di posti

di lavoro.

Urge restituire ai giovani la speranza e il futuro. I lavori di restauro sono

interventi ad elevatissimo indice occupazionale. Come tali i più idonei ad

aggredire e prosciugare la disoccupazione, in particolare quella giovanile.

La delinquenza, attinge incontrastata alla disoccupazione giovanile: sua

principale e finora sottovalutata causa. Laddove, nella misura in cui si

decidesse di prosciugare la disoccupazione, si toglierebbe linfa a quella

criminalità, che vi pesca e se ne alimenta. Lungi dall’essere fine a sé stesso

il restauro del centro storico di Napoli fa da volano al turismo,

all’artigianato, al commercio, alla ristorazione, ai servizi, all’arredamento e

perciò anche alla conseguente cospicua occupazione; nonché alla ricerca

scientifica. Questa, stimolata dalle nuove occasioni d’impegno così

suscitate, promuoverebbe la partecipazione dell’Università nei suoi diversi

ambiti disciplinari, attraverso lo sviluppo di indagini sui materiali,

l’ambiente geologico, la statica delle strutture, l’archeologia, ecc.

consentendo , inoltre, non solo l’impiego dei giovani ricercatori, ma anche

la nascita di imprese specialistiche e l’utilizzo di tecnologie innovative ed

ecocompatibili, secondo l’indirizzo esplicito dell’art. 5, punto e), della

Convenzione UNESCO.

- Più in generale è opportuno, e anzi, è doveroso, che lo Stato adotti una

fiscalità di maggior vantaggio per i centri storici protetti dall’UNESCO.

Peraltro, la fiscalità di vantaggio attiva celermente un notevole afflusso di

capitali, perché, operando da strumento moltiplicatore degli investimenti,

incentiva gli stessi interessati ad impiegare le proprie risorse e, grazie ai

bassi interessi, ad attingerne altre dalle banche. In quest’ottica, più ancora e

doverosamente urge che lo Stato, per il centro storico di Napoli,

riconosciuto dall’UNESCO «patrimonio culturale di valore universale

eccezionale», adotti una fiscalità di ulteriore vantaggio (ad esempio una

detrazione IRPEF fino al 100% della spesa sostenuta, l’IVA al minimo

consentito dalla relativa direttiva, congrua riduzione dell’ICI e dei contributi

previdenziali) per i più impegnativi e perciò anche più onerosi interventi di

consolidamento statico, di risanamento conservativo e comunque di restauro

richiesti dalla conservazione e dalla valorizzazione dell’area tutelata

secondo la perimetrazione vigente nel 1995, anno dell’ambito

riconoscimento. A confronto con gli altri centri storici prevalentemente

medioevali, quello di Napoli, si distingue nettamente dagli altri contesti

urbanistici protetti per la Neapolis greco-romana, che esso custodisce con le

sue insulae e l’impianto viario risalenti al V sec. a.C., conservatisi integri e

tuttora vissuti; per la vetustà delle sue fabbriche; per il dissesto del

sottosuolo; per la zona ad elevato rischio sismico in cui si colloca; per le

condizioni economiche dei pur industriosi ceti popolari che vi abitano; per

la miriade di “bassi” ancora adibiti ad abitazione.

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- Le misure volute dal vincolo internazionale, anziché comportare un

aggravio per l’erario, al di là di una visione ragionieristica,

determinerebbero al contrario un incremento delle entrate, sia per il

moltiplicarsi degli interventi – che altrimenti non sarebbero mai attivati – sia

per l’indotto movimentato.

- Il centro storico è un giacimento unico, di cui Napoli ha la custodia

esclusiva e che, come tale, nessuno può copiare. Come nessuno può copiare

Venezia o Pompei. Sicché il Presidente Ciampi, in una delle sue passeggiate

nel centro storico di Napoli, ebbe a rivolgere agli amministratori della città

l’esortazione: «Puntate su arte e cultura, sono il vostro tesoro!».

Oggi a fronte delle incentivazioni avanzate dal Governo occorre attivarsi

come sopra per una maggiore diffusione di una cultura della manutenzione.

Il Comune di Napoli, con il convegno del 15 aprile 2016, ha avviato una

complessa procedura per corrispondere alle attese della città e degli

interessati; l’obiettivo è quello di garantire ai proprietari che ristruttureranno

il proprio immobile l’erogazione di ulteriori contributi per la

riqualificazione dei loro stabili a cominciare dalle facciate. Tale contributo

sarà cumulabile integralmente con lo scarico fiscale già previsto, con

l’obiettivo di attivare come avvenuto per la città di Dublino, che ha avuto

una esperienza analoga, la detrazione delle spese del 100 per cento,

articolata in cinque anni.

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17 – La vulnerabilità dei fabbricati di Napoli.

Napoli ha subito gli effetti degli eventi sismici delle limitrofe aree sismiche

della Campania. Una notevole attività sismica ha interessato le aree

appenniniche e moderatamente la fascia costiera. I terremoti storici più

distruttivi interessano in particolare le due principali aree attive del territorio

regionale (Irpinia e Sannio) e sono i seguenti:

Irpinia

- 8 settembre 1694;

- 29 novembre 1732;

- 23 luglio 1930;

- 23 novembre 1980;

Sannio

- 5 dicembre 1456;

- 5 giugno 1688 ;

La storia sismica della città di Avellino è segnata da effetti molto gravi:

quelli più drammatici sono stati causati dal terremoto del 29 novembre 1732

e del 5 giugno 1688; ma nel 1456 e in altri 3 casi almeno (1805, 1930 e

1980) la città è stata danneggiata seriamente.

La classificazione sismica del territorio e l’applicazione di norme e regole

per le costruzioni non ha ridotto ancora in modo significativo l’entità del

rischio sismico in Italia.

Sulla base della frequenza e dell’intensità dei terremoti del passato, tutto il

territorio italiano è stato classificato in quattro zone sismiche che

prevedono, nei comuni inseriti in elenco, l’applicazione di livelli crescenti di

protezione per le costruzioni (massima per la Zona 1).

Zona 1. E’ la zona più pericolosa, dove in passato si sono avuti danni

gravissimi a causa di forti terremoti.

Zona 2. Nei comuni inseriti in questa zona in passato si sono avuti danni

rilevanti a causa di terremoti abbastanza forti.

Zona 3. I comuni inseriti in questa zona hanno avuto in passato pochi danni.

Si possono avere scuotimenti modesti.

Zona 4. E’ la meno pericolosa. Nei comuni inseriti in questa zona le

possibilità di danni sismici sono basse.

La città di Napoli ha un limite nella prevenzione costituito da un consistente

patrimonio edilizio storico, che caratterizza gran parte del centro abitato e

che spesso si presenta degradato e più vulnerabile, senza contare il

patrimonio edilizio abusivo, spesso concentrato proprio dove maggiore è il

livello di rischio, che non offre certamente garanzie di resistenza alle azioni

sismiche. Il problema è, dunque, avviare il recupero di questa edilizia in

chiave antisismica, recupero che richiede la partecipazione diretta del

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cittadino, consapevole delle caratteristiche di sismicità e del livello di

rischio del territorio in cui vive. Questo modello culturale nuovo nei

confronti del terremoto si deve tradurre in una crescita della responsabilità

individuale, condizione indispensabile per una efficace azione di

prevenzione.

E’ importante saperne di più sulla propria abitazione: conoscere l’età della

costruzione, il tipo di struttura (muri portanti o struttura in cemento armato),

i materiali di costruzione impiegati, il tipo di interventi di ristrutturazione

realizzati, vale a dire la storia degli interventi effettuati sull’edificio.

Un edificio è costituito da tre componenti principali:

1. la struttura portante (es. muri portanti,pilastri, ecc.);

2. gli elementi non portanti ma che assolvono funzioni proprie della

vivibilità dell’edificio (es. tamponature esterne, divisori interni,

controsoffitti, ecc.);

3. gli impianti (elettrico, idrico, idro-sanitario e di riscaldamento).

In sintesi le cose utili da sapere sono:

Come sono fatti i muri: • di cemento armato;

• di mattoni o di grandi pietre regolari ed ordinate;

• di mattoni o di pietre regolari e ordinate, con catene;

• di pietre piccole, irregolari e disordinate;

Come sono fatti il tetto ed i solai: • di cemento armato;

• in legno, a volta o in travi di ferro;

La casa è: • nuova o costruita di recente e progettata da un tecnico;

• abbastanza vecchia, costruita tra i primi anni del ‘900 e gli anni cinquanta;

• molto vecchia o antica, costruita prima del ‘900;

Il solaio, il tetto ed i muri sono: • nuovi, oppure sono stati rifatti o riparati;

• vecchi, ma parzialmente rifatti e tenuti sotto controllo;

• vecchi e nessuno si è mai preoccupato di verificare in che stato siano;

Qualora il cittadino non sappia rispondere o abbia dei dubbi è importante

che si rivolga ad un tecnico specializzato per saperne di più. Solo tecnici

esperti possono dare un giudizio sulla qualità delle costruzioni e sulle

caratteristiche di resistenza di un edificio alle azioni sismiche.

Operare su edifici esistenti significa anzitutto valutarne la vulnerabilità

sismica attuale. Tale operazione di diagnosi è spesso sottovalutata o, anche

in questo caso, affidata a mani poco esperte.

Valutare la sicurezza della propria casa in genere non viene richiesta prima

di acquistare o locare un immobile: le indagini vengono viste come un

fastidio che si cerca di evitare o limitare al massimo.

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Al contrario, le indagini e la conseguente valutazione della vulnerabilità

sono fondamentali per capire quali siano le cause che determinano la

debolezza dell’edificio e, di conseguenza, cosa si può fare per ridurla. Ciò

eviterà sia di fare meno di quanto è necessario per salvaguardare la nostra

vita e quella della nostra famiglia, sia più del necessario facendo lievitare i

costi.

Il terremoto impone al fabbricato delle oscillazioni che possano provocare

danni gravi, fino a far crollare l’edificio, in tutto o in parte. Se non è mai

accettabile che un edificio possa crollare, ancor più lo è se il terremoto non è

molto forte, come a volte accade quando l’edificio è troppo vulnerabile,

ossia debole rispetto al terremoto.

La vulnerabilità sismica è la predisposizione di un edificio a subire danni

(effetto) a fronte di un terremoto di una data intensità (causa). Osservando il

comportamento degli edifici dopo un terremoto vediamo che alcuni si

danneggiano più di altri anche se molto vicini tra loro e quindi interessati

dalla stessa intensità sismica. In sostanza, non definiamo vulnerabile un

edificio se questo si danneggia durante un terremoto, come già detto entro

certi limiti il danno è un effetto fisiologico che può essere accettato, ma

definiamo vulnerabili quegli edifici che si danneggiano in modo

sproporzionato rispetto all’intensità del terremoto. Quando si verifica un

terremoto, mentre il terreno si muove orizzontalmente, un edificio subisce

delle spinte in avanti ed indietro. A parità di sollecitazione sismica

(domanda), quanto più l’edificio è capace di assorbire queste sollecitazioni

senza subire danni (capacità) tanto meno è vulnerabile.

Gli studi sulla vulnerabilità sismica si occupano del confronto tra domanda e

capacità, controllando se e quanto la domanda è maggiore della capacità

(valutazione della vulnerabilità) e, qualora sia necessario, indicando come

intervenire per diminuire la domanda - ad es. alleggerendo l’edificio - o

aumentare la capacità (riduzione della vulnerabilità). Il cittadino che

acquista o loca un appartamento ha il diritto di conoscere la vulnerabilità del

fabbricato in cui abita e tale diritto oggi è praticamente negato dal

Legislatore il quale tarda ad imporre l’allegazione agli atti di proprietà e di

locazione la certificazione sulla valutazione della vulnerabilità del

fabbricato.

E’ opinione diffusa che l’Italia sia un paese ad alto rischio sismico. Oltre ai

terremoti del 1997 in Umbria-Marche, del 2002 in Molise-Puglia, quello del

2009 in Abruzzo, abbiamo il terremoto che ha investito l’Italia centrale da

agosto 2016 e che ancora oggi, nel 2017, fa sentire la sua azione. Ancora

vivo nelle menti degli italiani resta il ricordo dei devastanti terremoti del

1976 in Friuli e del 1980 in Campania-Basilicata. E’ opportuno chiarire

quale significato vada attribuito al termine rischio sismico, in modo da poter

identificare i fattori sui quali é possibile e necessario incidere per giungere

ad una sua riduzione: per rischio sismico si intende la valutazione

probabilistica dei danni materiali, economici e funzionali che ci si attende,

in un dato luogo ed in un prefissato intervallo di tempo, a seguito del

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verificarsi di un dato terremoto. Il rischio sismico è il prodotto di tre fattori:

pericolosità sismica, vulnerabilità sismica ed esposizione.

La pericolosità sismica (spesso definita anche sismicità) è costituita dalla

probabilità che si verifichino terremoti di una data entità, in un data zona ed

in un prefissato intervallo di tempo.

La vulnerabilità sismica misura la predisposizione di una costruzione, di

una infrastruttura o di una parte del territorio a subire danni per effetto di un

sisma di prefissata entità; essa é, in sostanza, una misura della incapacità,

congenita e/o dovuta ad obsolescenza, di resistere ad azioni simiche.

L’esposizione é costituita dal complesso dei beni e delle attività che

possono subire perdite per effetto del sisma. A titolo di esempio si consideri

una zona desertica caratterizzata da una forte sismicità: essa non può essere

definita ad alto rischio sismico, in quanto alcun danno a persone o cose può

verificarsi anche a seguito di un forte terremoto (vulnerabilità ed

esposizione nulle).

Nel seguito si riporta la classificazione sismica della Regione Campania in

cui il territorio del Comune di Napoli è stato inserito quale zona 2 di media

sismicità.

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18 - CONCLUSIONI

Tutto quanto fino a questo punto esposto vuole richiamare l’attenzione

sulla necessità di una diffusione di una cultura della manutenzione, allo

scopo di prevenire futuri dissesti ai nostri fabbricati. Siamo partiti con

l’esempio dell’Albergo dei Poveri che oggi desta ulteriori preoccupazioni

per il blocco totale dei finanziamenti, a fronte di progetti esecutivi e

cantierabili già approvati dalla Amministrazione e dalla Soprintendenza di

cui al PIU Europa, blocco finanziario derivante solo da una scelta politica

della precedente Amministrazione Regionale. Per evitare la rovina

completa dell’edificio occorre ricordarsi degli errori del passato e

procedere a verifiche non più superficiali senza ritardare gli urgenti lavori

di consolidamento.

Dobbiamo ricordare che l’Edificio Real Albergo dei Poveri, a seguito del

sisma del 23.11.80, fu danneggiato e vi fu l’esigenza di verifiche definibili

a “vista”. Come già detto la mancata conoscenza della storia dell’edificio

condusse in errore gli operatori dell’epoca: l’ala sinistra del fabbricato,

lato Orto Botanico, dichiarata a seguito di indagine “a vista” agibile,

successivamente alle verifiche, crollò e vi furono vittime.

Ma l’edificio ha subito ulteriori crolli sia nel periodo immediatamente

successivo agli eventi sismici del 1980 che in periodi successivi .

REAL ALBERGO DEI POVERI - NAPOLI

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REAL ALBERGO DEI POVERI - NAPOLI

lesione da distacco tra volta e muratura

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REAL ALBERGO DEI POVERI - NAPOLI

Crollo di una intera verticale

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REAL ALBERGO DEI POVERI - NAPOLI

Interventi tipo alle volte

TECNICHE di CONSOLIDAMENTO CON UTILIZZO di ACCIAIO INOX

• chiodatura delle volte alle murature verticali mediante elementi lineari subverticali.

TECNICHE di CONSOLIDAMENTO CON UTILIZZO FRP

• Placcaggio a fasce dell’intradosso delle volte, secondo le direttrici delle stesse per rinforzarle e

prevenire le fessurazioni dovute al peso proprio o a caduta di spinta.

• Tirantature orizzontali immerse nello spessore murario delle volte per tutto la larghezza dei corpi di

fabbrica per impedire o limitare lo scostamento relativo tra muri paralleli e le cadute di spinta nelle

volte;

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Particolare interesse riguardo la richiamata “incuria degli uomini” riveste il

crollo alla Riviera causato da una errata realizzazione della paratia posta a

contenimento della limitrofa stazione della linea metropolitana.

Resta indubbia la valutazione che una maggiore attenzione all’opera di

scavo fatta nella Stazione avrebbe potuto ridurre notevolmente i danni

scaturiti dalla falla tra le paratie.

Anche nello specifico di tale crollo, la difficoltà nel reperimento dei grafici

strutturali di un fabbricato, che nel corso degli anni aveva subito notevoli

trasformazioni, ha reso le operazioni di messa in sicurezza notevolmente

laboriose.

Crollo alla Riviera - seconda fase di emergenza

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Crollo alla Riviera - prima fase di emergenza

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La voragine di Via Campanile a Pianura racchiude l’insieme di incuria,

abusivismo e carenza dei sottoservizi, con coinvolgimento della galleria

EAV da anni abbandonata, tanto da far risultare il tutto un “miscuglio

esplosivo” che potrà causare futuri danni se non si provvede ad un’attenta

urbanizzazione dell’area.

Voragine di Via Campanile nella Municipalità di Pianura – Si noti la

profondità della voragine con crollo della volta della sottostante galleria

EAV

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Voragine di Via Campanile nella Municipalità di Pianura – si noti sulla

sinistra della foto come in superficie stradale il semplice manto di asfalto

costituito da un tappetino da cm 3 cela la sottostante voragine.

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Infine particolare attenzione deve essere posta all’incuria dei privati nel

provvedere alla manutenzione dei propri immobili.

L’esempio, citato all’inizio del presente testo, della Galleria Umberto I di

Napoli dimostra l’incapacità gestionale dei condomini proprietari del Bene

Monumentale.

L’Amministrazione è dovuta intervenire con una messa in sicurezza in

danno dei privati proprietari.

La disposizione di mettere in opera ponteggi e mantovane di protezione si è

resa necessaria per la presenza di possibili movimenti di rotazione del

soprastante cornicione di coronamento come da fotografia di seguito

riportata.

La lesione in mostra nella foto attraversa tutto lo spessore del cornicione e

consente la rotazione dello stesso, con alta probabilità di crollo complessivo

della struttura muraria. A fronte di tale tipo di dissesto abbiamo verificato

sul campo la presenza di numerosi pseudo esperti che consigliavano

”maldestramente“ agli ignari condomini come la posa in opera di una

semplice rete di andito sarebbe stata sufficiente ad eliminare il pericolo

incombente.

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Abbiamo il dovere morale di impegnarci per una cultura della manutenzione

e non possiamo che apprezzare gli sforzi fatti dall’Amministrazione

Comunale e dal competente Ufficio Tecnico Comunale per una cultura

della rigenerazione del nostro centro storico e della periferia degradata. Nel

merito si indica, quale passo determinante, il convegno tenutosi in Palazzo

San Giacomo- Sala Giunta- in data 15 aprile 2016, avente quale oggetto la

“Valorizzazione e messa in sicurezza dei fabbricati di Napoli”

Locandina del convegno

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Locandina del convegno

La collaborazione tra i Tecnici della Pubblica Amministrazione ed il mondo

della Libera Professione deve rappresentare il momento sinergico dal quale

far ripartire l’osservazione, la conoscenza del patrimonio edilizio e la sua

messa in sicurezza.

Successivamente al convegno di cui sopra sono stati stipulati precisi accordi

tra il Comune di Napoli, l’Ordine degli Ingegneri, l’Ordine degli Architetti,

il Collegio dei Geometri, il Collegio dei Periti Industriali, l’ANIAI

Campania (Associazione Ingegneri ed Architetti della Campania),

l’UNITEL (Unione Nazionale Italiana Tecnici Enti Locali) per la seguente

finalità:

1- organizzazione di incontri tecnici e manifestazioni divulgative per la

sensibilizzazione dei cittadini in merito alle problematiche legate alla

sicurezza dei fabbricati, coinvolgendo nell’azione di sensibilizzazione le

associazioni intercondominiali o tra più fabbricati costituenti comparto da

rigenerare;

2- sviluppo di linee guida e di indirizzo per la predisposizione dei certificati

di eliminato pericolo da consegnare agli Uffici Tecnici Comunali

preposti;

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3- messa a disposizione del Comune di Napoli di specifiche “Commissioni di

verifica e controllo della sicurezza degli edifici”, formate da volontari, al

fine di collaborare gratuitamente per una prima verifica su richiesta dei

cittadini o dei condomini;

4- predisposizione di linee guida e di indirizzo relative alla programmazione

pluriennale dei necessari interventi di messa in sicurezza dell’edificio,

secondo una scala di priorità definita dal tecnico redattore del progetto

stesso;

5- stabilire delle linee guida che tengano conto delle metodologie da

applicare per la conservazione ed il restauro del patrimonio storico

architettonico del Centro Storico Unesco e per la tutela del patrimonio

architettonico di recente edificazione, con l’intento di attivare processi di

conservazione e restauro anche del patrimonio architettonico del

Moderno.

L’accordo come sopra indicato vincola le parti per una durata di dieci anni,

trattandosi di fatto di un programma di collaborazione di durata almeno

decennale di rigenerazione urbana, eventualmente rinnovabile per espressa

volontà delle parti.

Si conclude con il convincimento che il 2017-2027 sarà il decennio in cui

gli Uffici Tecnici Comunali, in sinergia con il mondo della Libera

Professione, costruiranno le basi per la “Valorizzazione e messa in

sicurezza dei fabbricati di Napoli”.

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Allegato A

ACCORDO DI COLLABORAZIONE PER LA SICUREZZA DEGLI EDIFICI PRIVATI

Tra

il Comune di Napoli, Assessorato alle Politiche urbane, Urbanistica e Beni Comuni, nella persona dell'Assessore Carmine Piscopo, e Assessorato al Decoro urbano, con delega alla protezione civile e sicurezza abitativa nella persona dell'Assessore Ciro Borriello (di seguito in uno "Comune di Napoli"), con sede in Napoli, Piazza Municipio - Palazzo San Giacomo

e

l'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli (di seguito "Ordine Ingegneri Napoli"), con sede in Napoli, Via del Chiostro 9, nella persona del suo Presidente e legale rappresentante Dott. Ing. Luigi Vinci

e

l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori di Napoli e Provincia (di seguito "Ordine Architetti Napoli"), con sede in Napoli, Piazzetta Matilde Serao 7, nella persona del suo Presidente e legale rappresentante Dott. arch. Pio Crispino

e

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il Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Napoli (di seguito "Collegio Geometri Napoli"), con sede in Napoli, Via G. Sanfelice 24, nella persona del suo Presidente e legale rappresentante Geom. Diego Buono

e

il Collegio dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati della Provincia di Napoli (di seguito "Collegio Periti Industriali Napoli"), con sede in Napoli, Via Miguel Cervantes De Savaedra 64, nella persona del suo Presidente e legale rappresentante Dott. Per. Ind. Maurizio Sansone

e

l’ANIAI Campania (Associazione Ingegneri e Architetti della Campania) con sede in Napoli alla via San Carlo 16 nella persona del suo presidente e legale rappresentante Prof. Arch. Alessandro Castagnaro

e

L’UNITEL (Unione Nazionale Italiana Tecnici Enti Locali) nella persona del suo Presidente Nazionale e legale rappresentante Dott. arch. Bernardino Primiani

congiuntamente denominati anche "le Parti".

Premesso che

- Il Comune di Napoli, nell’ambito delle politiche di messa in sicurezza, di recupero e

valorizzazione del patrimonio immobiliare insistente sul territorio cittadino, ha intenzione

di rinnovare, per il triennio 2016-2018, un corposo fondo a supporto degli interventi

sull’edilizia privata, attraverso l’accesso a contributi a fondo perduto in particolare per i

lavori di ripristino delle facciate dei palazzi napoletani; inoltre ha interesse a coordinare

ogni azione volta alla tutela e per la messa in sicurezza dei fabbricati di Napoli anche

canalizzando con apposite azioni di indirizzo politico le risorse pubbliche e private,

impegnabili, allo scopo di agevolare un processo di recupero e rigenerazione dell’edilizia

napoletana quale programma di intervento decennale;

- l’Amministrazione comunale auspica, inoltre, la partecipazione a tale progetto anche

della Regione Campania, attraverso l’erogazione di un cofinanziamento delle risorse

stanziate, al fine di ampliare il numero di interventi da agevolare;

- il Comune di Napoli, fortemente impegnato a contrastare il fenomeno del degrado degli

immobili cittadini, in aggiunta all’istituzione recentemente approvata del contributo a

totale copertura del costo per l’occupazione di suolo per l’istallazione degli anditi, pone

in essere una nuova attività volta non solo ad incentivare il recupero degli edifici, ma

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anche a definire un’azione di volano per un nuovo sviluppo dell’economia cittadina e del

comparto edile;

- Il Comune di Napoli ha intenzione di svolgere azione di indirizzo politico per una

diffusione della cultura della manutenzione dei fabbricati privati coinvolgendo nella

azione di promozione le scuole di ogni ordine e grado e ponendo le basi con l’ausilio

culturale delle nuove generazioni ad un programma di rigenerazione urbana fondato

sulla conoscenza del patrimonio storico architettonico e sulla rigenerazione urbana. Da

tali considerazioni parte la volontà anche della salvaguardia del patrimonio librario

storico posto a disposizione da parte del mondo dell’associazionismo.

- l'art. 8, comma 1, del D.M. 22 gennaio 2008 n. 37 "Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante Riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici", pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" n. 61 del 12 marzo 2008, dispone che: «Il committente è tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione straordinaria degli impianti …… ad imprese abilitate ai sensi dell'articolo 3.»;

- l'art. 6, comma 1, del sopracitato D.M. 37/08, dispone che: «Le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell'arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell'UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea o che sono parti contraenti dell'accordo sullo spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell'arte.»;

- l'art. 7, comma 1, del sopracitato D.M. 37/08, dispone che: «Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell'impianto, l'impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all'articolo 6. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello di cui all'allegato I, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto di cui all'articolo 5.»;

- l'art. 8, comma 2, del sopracitato D.M. 37/08, dispone che: «Il proprietario dell'impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l'uso e la manutenzione predisposte dall'impresa installatrice dell'impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. Resta ferma la responsabilità delle aziende fornitrici o distributrici, per le parti dell'impianto e delle relative componenti tecniche da loro installate o gestite.»;

- l'art. 12, comma 5, della Legge 27 marzo 1992 n. 257 "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto", pubblicata sul supplemento ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" n. 87 del 13 aprile 1992 - Serie generale, dispone che: «Presso le unità sanitarie locali è istituito un registro nel quale è indicata la localizzazione dell'amianto floccato o in matrice friabile presente negli edifici. I proprietari degli immobili devono comunicare alle

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unità sanitarie locali i dati relativi alla presenza dei materiali di cui al presente comma. Le imprese incaricate di eseguire lavori di manutenzione negli edifici sono tenute ad acquisire, presso le unità sanitarie locali, le informazioni necessarie per l'adozione di misure cautelative per gli addetti.»;

- l'art. 6, comma 1, del D.P.R. 1° agosto 2011 n. 151 "Regolamento recante Semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122", pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" n. 221 del 22 settembre 2011 - Serie generale, dispone che: «Gli enti e i privati responsabili di attività di cui all'Allegato I del presente regolamento, non soggette alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, hanno l'obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando nel certificato di prevenzione o all'atto del rilascio della ricevuta a seguito della presentazione della SCIA di cui all'articolo 4, comma 1, nonché di assicurare una adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l'insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio.»;

- l'art. 6, comma 2, del sopracitato D.P.R. 151/11, dispone che: «I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione e l'informazione di cui al comma 1, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell'attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del Comando.».

Considerato

- quanto disposto da tutte le altre vigenti normative in materia di sicurezza degli edifici;

- quanto richiamato al punto 1 dell'art. 2 di cui all'allegato A al vigente Regolamento edilizio del Comune di Napoli, adottato con delibera di Consiglio comunale n. 104 del 28 aprile 1998, ratificato con delibera di Consiglio comunale n. 294 del 13 novembre 1998 ed approvato con delibera di Consiglio provinciale n. 47 del 5 maggio 1999: «Una continua e attenta manutenzione degli edifici, degli impianti, delle aree e delle opere in generale che costituiscono la città deve divenire, per tutti gli operatori, pubblici e privati, una prassi costante e responsabile. La città, come complesso di opere naturali ed artefatte, richiede per la sua sopravvivenza e per il suo sviluppo la cura e la manutenzione di se stessa: il degrado per abbandono non è solamente un fattore di inquinamento e di pericolosità, ma anche l'immagine di disattenzione di una società verso il suo habitat.»;

- quanto richiamato al punto 3 dell'art. 2 di cui al sopraindicato allegato A al vigente Regolamento edilizio del Comune di Napoli: il suddetto requisito qualitativo dell'ambiente urbano può intendersi soddisfatto se si attuano le operazioni periodiche di regolare manutenzione sia sotto il profilo della sicurezza e dell'efficienza sia sotto il profilo estetico;

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- quanto ancora richiamato dal sopraindicato art. 2 - allegato A al vigente Regolamento edilizio del Comune di Napoli: i titolari di diritti sui beni, i rappresentanti di società ed enti pubblici o ad essi assimilati, gli amministratori, i concessionari e chiunque sia affidatario di beni ed immobili della città, sono responsabili della periodica esecuzione dei lavori di manutenzione, realizzati e diretti dagli operatori.

Considerato, altresì

- che, negli ultimi anni, si sono verificate numerose problematiche e/o incidenti strettamente correlati a scarsa manutenzione e sicurezza degli edifici (e/o dei relativi impianti) ricadenti nel territorio comunale di Napoli;

- che è intenzione dei sottoscrittori del presente Protocollo, a salvaguardia della pubblica e privata incolumità, realizzare un sito Web dedicato al tema della sicurezza degli edifici, facilmente consultabile da tutti i cittadini, contenente ogni utile informazione, anche normativa, attinente ai diritti e doveri dei proprietari e degli inquilini degli edifici privati;

- che allo scopo di salvaguardare l'incolumità pubblica e privata, si debba dare vita ad un'urgente campagna di verifiche su richiesta dei privati, semplici cittadini o amministratori di condomini, atta a stabilire quanti e quali edifici (con i relativi impianti), ricadenti nel territorio comunale, devono essere adeguati alle vigenti normative in materia di sicurezza, con particolare riguardo alla stabilità, alla sicurezza degli impianti, alla prevenzione incendi;

- che per gli edifici che intendono adeguare i propri impianti si consenta e si favorisca una programmazione pluriennale dei necessari interventi di messa in sicurezza secondo una scala di priorità definita dal tecnico redattore del progetto stesso, in base a linee guida e di indirizzo che verranno all'uopo predisposte.

Considerato, infine

- che la messa in sicurezza e l’adeguamento degli edifici ricadenti nel territorio comunale, oltre a migliorare le condizioni di sicurezza e salute pubblica e privata, migliora l'immagine e il decoro della città e può contribuire ad una possibile ripresa del mercato dell'edilizia e dell'impiantistica, e contribuire alla ripresa economica della città;

- che l'Ordine Ingegneri Napoli, il Collegio Geometri Napoli e il Collegio Periti Industriali Napoli, l’ANIAI Campania, l’UNITEL hanno più volte manifestato la disponibilità a collaborare in sinergia con il Comune di Napoli, mettendo a disposizione la professionalità e le conoscenze dei propri iscritti per cercare di limitare il problema del mancato rispetto delle normative in materia di sicurezza degli edifici e per consentire una valorizzazione del patrimonio architettonico, storico e moderno, evitando la grave rimozione di parti che incidano negativamente sul valore dell’opera, collaborando per la redazione di una mappatura degli edifici anche per valutarne la attuale condizione statica e vulnerabilità

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Tanto premesso e considerato

si conviene e si stipula quanto segue

Art. 1 - Premessa

Tutto quanto sopra premesso e considerato costituisce parte integrante del presente protocollo.

Art. 2 - Oggetto della convenzione

Le attività sulle quali il Comune di Napoli lavorerà insieme con l'Ordine Ingegneri Napoli, con l’Ordine Architetti Napoli, con il Collegio Geometri Napoli e con il Collegio Periti Industriali Napoli, l’ANIAI campania e l’UNITEL e, laddove necessario, anche in sinergia con l'Università degli Studi di Napoli Federico II e riguarderanno:

- organizzazione di incontri tecnici e manifestazioni divulgative che consentano, in parallelo con gli l’entrata in vigore di atti normativi nazionali e locali nonché con l’approvazione di atti amministrativi da parte del Comune, la sensibilizzazione dei cittadini in merito agli obblighi di legge in materia di sicurezza degli edifici e l’aggiornamento delle figure tecniche interessate; coinvolgendo nella azione di sensibilizzazione le associazioni di categoria degli amministratori condominiali e favorendo le associazioni intercondominiali o tra più fabbricati costituenti comparto da rigenerare;

- sviluppo di "Linee Guida e di Indirizzo" per la corretta messa in sicurezza e per il corretto adeguamento degli edifici ricadenti nel territorio cittadino, con l’indicazione dei principali elementi tecnici, adempimenti tecnici e amministrativi per la predisposizione dei Certificati di Eliminato Pericolo da consegnare agli Uffici Tecnici comunali preposti;

- messa a disposizione del Comune di Napoli di specifiche "Commissioni di Verifica e Controllo della Sicurezza degli Edifici", formate da volontari appartenenti all’Ordine degli Ingegneri Napoli, al Collegio Geometri Napoli e al Collegio dei Periti Industriali Napoli, dall’ANIAI Campania e dall’UNITEL, per collaborare gratuitamente per una prima verifica richiesta dai cittadini o dai condomini;

- predisposizione di linee guida e di indirizzo relative alla programmazione pluriennale dei necessari interventi di messa in sicurezza dell'edificio secondo una scala di priorità definita dal tecnico redattore del progetto stesso.

- stabilire delle linee guida che tengano conto delle metodologie da applicare per la conservazione ed il restauro del patrimonio storico architettonico del Centro Storico Unesco, e per la tutela del patrimonio architettonico di recente edificazione con l’intento di attivare processi di conservazione e restauro anche del patrimonio architettonico del Moderno.

Art 3 – attuazione

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Le Parti si impegnano a nominare, entro trenta giorni dalla data di firma della presente atto, il proprio rappresentante per il gruppo di coordinamento per il controllo e l’attuazione degli impegni assunti.

Art. 4 – Oneri finanziari legati all’attuazione del protocollo

Le iniziative che verranno messe in campo nell’ambito del presente protocollo non comporteranno alcun onere finanziario per il Comune di Napoli.

Art. 5 - Durata

Il presente atto vincola le parti a partire dalla data di sottoscrizione dello stesso per una

durata di dieci anni, trattandosi di fatto di un programma di collaborazione di durata

almeno decennale di rigenerazione urbana eventualmente rinnovabile per espressa

volontà delle parti.

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Allegato B

Si riporta nel seguito l’elenco delle esperienze più

significative maturate dall’autore sulla sicurezza dei

fabbricati di Napoli, sulle opere di sostegno dei terreni,

collaudi e verifiche statiche

anno 1980 -1981

1) Verifiche tecniche fabbricati danneggiati dagli eventi sismici del

novembre1980 e febbraio 1981.

2) Collaudo in corso d’opera dei lavori di riattazione degli immobili

danneggiati dal sisma del 23.11.80:

A) collaudo in c.o. edificio in Napoli alla Via Veniero 17;

B) collaudo in c.o. edificio in Napoli al Viale Augusto 9 ;

anno 1984-1985

3) verifiche tecniche fabbricati danneggiati dal fenomeno bradisismo

dell’Area Flegrea.

anno 1990

4) incarico di Direzione dei lavori per la costruzione di una scuola media in Via

Nuovo Piano Regolatore finanziata con i fondi di cui alla legge “Falcucci”;

importo lavori Lire 1.830.000.000 .

anno 1994-1995

5) ricevuto incarico superiore di ingegnere capo per i lavori G/7 di cui al D.L.

n° 77 del 31.01.1994 per i lavori di manutenzione straordinaria delle

circoscrizioni di Bagnoli , Soccavo , Pianura, Fuorigrotta ecc. (intera zona

occidentale) per il periodo dal giugno 1994 al marzo 1995.

.

anno 1996-1997 –

6) Progetto esecutivo dell’intervento di edilizia residenziale pubblica

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sostitutiva nell’ambito del programma di riqualificazione urbana “Vele “

Scampia -Intervento di Edilizia area di intervento 1. fabbricati n.8,9,10

Importo lavori Lire 12.000.000.000(dodici miliardi).

anno 1997

7) Incarico di collaudo statico in c.o. dei lavori di recupero statico ma non

abitativo, finalizzato alla eliminazione dei ponteggi metallici che sostengono o

che erano a protezione dei fabbricati dei Quartieri Spagnoli alla Via

Speranzella 148, Via Speranzella 158 , Via Speranzella 178 e Vico Due Porte a

Toledo 5. Importo lavori Lire 1.642.575.645

anno 1999

8) Incarico di collaudatore statico in c.o. dei nuovi tre Chalet e della strutture

portanti della recinzione della Villa Comunale di Napoli.

Importo lavori Lire 2.214.728.560.

9) Commissione tecnica nominata dal Sig. Assessore alla Manutenzione

Urbana incaricata della verifica ai fabbricati adiacenti il centro sportivo su Via

Consalvo , onde stabilire la riapertura in sicurezza della palestra stessa .

10)Collaudo statico e tecnico amministrativo in c.o. dei lavori di restauro e

riuso del complesso monumentale di San Eligio al Mercato.

Importo lavori Lire 3.500.000.000 .

11)Verifica dissesti ai fabbricati di Via Consalvo 43-49 e fabbricato retrostante

ed in aderenza il civ. 49 di proprietà del Comune di Napoli.

anno 1998-1999

12) Progetto e direzione dei lavori di riqualificazione urbana delle sedi

stradali limitrofe allo stadio San Paolo, primo lotto concernente i lavori al

corpo stradale dei sottovia tra la Via Cinthia uscita sottopasso fino a Via

Diocleziano. Importo lavori Lire 583.584.568.

anno 2000-2001-2002

13) Incarico di coordinatore per la sicurezza in c.o. per i lavori di risanamento

e messa in sicurezza di parte dei muri di recinzione del Parco Virgiliano.

Importo lavori Lire 656.823.407.

14)Incarico di collaudatore statico e tecnico amministrativo in c.o. dei lavori

di ristrutturazione statico conservativo delle collettrici profonde di Via Nuovo

Tempio e Via Francesco De Pinedo. Importo lavori Lire 3.311.073.877

15) Incarico di collaudatore statico e tecnico amministrativo in c.o. dei lavori

di ristrutturazione statico conservativo del sistema fognario profondo di

Piazza Capodichino . Importo lavori Lire 1.106.591.954

anno 1998-1999-2000-2001

16) Progetto e direzione dei lavori di riqualificazione urbana della Via

Diocleziano e della Via Nuova Bagnoli per l’importo di Lire 5.239.751.628.

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anno 1998-2000

17) Progetto e direzione dei lavori di costruzione di una scala e vano corsa

ascensore presso la scuola elementare Bovio del 23° Circolo Didattico.

anno 1997-2002

18) Progetto e direzione dei lavori per la risoluzione delle problematiche

relative al risanamento del “Costone Coroglio”. Costruzione di un muro in c.a.

con applicazione di georete chiodata tra il nuovo muro ed il costone tufaceo.

Importo lavori Lire 852.000.000.

anno 1999-2000

19) Collaudo statico in c.o. dei lavori di restauro e risanamento conservativo

dell’Edificio di proprietà comunale ,in Napoli al Vico Lammatari 12.

Importo lavori Lire 1.005.000.000.

anno 2000

20) Incarico di collaudo statico e tecnico amministrativo in c.o. dei lavori di

sistemazione idrogeologica dell’alveo Torciolano e Torciolano bis e

realizzazione di paratia di pali su Via Marano-Pianura, nell’ambito del

programma di sviluppo socio-economico e riqualificazione ambientale del

quartiere Pianura- Sottoprogramma n.2 –sistemazione idrogeologica della

collina dei Camaldoli e relative opere fognarie.

Importo progetto Lire 9.673.905.042.

21) Incarico di collaudo statico in c.o. per i lavori di recupero, manutenzione e

arredo urbano di piazze e slarghi sui Quartieri Spagnoli, progetto Urban Lotto

1 e 2 . Importo lavori euro 4.517.616.

anno 2001

22) incarico di coordinatore per la sicurezza in c.o. dei lavori relativi agli

“Interventi di messa in sicurezza del volume del Real Albergo dei Poveri

semicrollato sulla Piazza Carlo III verso Via Tanucci” .

Importo lavori euro 4.780.138,66.

23) incarico di collaudo statico in c.o. per i lavori di recupero del fabbricato ex

OMNI in Via Concezione a Montecalvario .

Importo lavori euro 1.354.000.

anno 2002

24) Progetto di manutenzione straordinaria edifici A e H , demolizione

dell’edificio G e sistemazione del giardino mediano del Complesso

Conventuale della Trinità delle Monache in Napoli.

Importo progetto euro 5.164.569,00.

25) Incarico di coordinatore della sicurezza in fase di progettazione per il

progetto di recupero, manutenzione e arredo urbano di piazze e slarghi sui

Quartieri Spagnoli – Progetto Urban – Lotto 3.

Importo lavori euro 1.091.020,40.

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26) Progetto , direzione dei lavori e coordinamento per la sicurezza in c.o. dei

lavori di somma urgenza per l’assicurazione statica del fabbricato in Napoli al

Vico Molino al Lavinaio 15 e corpi compenetranti su Via del Carmine. Importo

lavori euro 304.694,10.

27) Progetto di riqualificazione dell’area di Porta Capuana.

Importo lavori euro 1.450.000,00.

28) Progetto degli interventi di messa in sicurezza e riconfigurazione

architettonica della verticale dell’Albergo dei Poveri prospettante su Piazza

Carlo III e completamento restauro facciate su Piazza Carlo III.

Importo complessivo euro 5.164.569,00.

29) Direzione dei lavori per il progetto appaltato di “ Lavori e fornitura di

materiali e mezzi per interventi urgenti di edilizia, bonifica dei luoghi ed

eliminazione dei pericoli emergenti nonché l’assistenza tecnica nel corso dei

sopralluoghi e verifiche necessarie all’attività di progettazione degli interventi

di messa in sicurezza del Real Albergo dei Poveri”.

Importo lavori euro 465.000,00.

30) Incarico di collaudo statico in c.o. dei lavori di restauro del Parco

Virgiliano.

Importo lordo lavori euro 4.351.015,61.

anno 2003

31) Progetto, direzione dei lavori e coordinatore per la sicurezza in c.o. dei

lavori di somma urgenza presso il corpo di fabbrica principale del Complesso

Conventuale della Trinità delle Monache in Napoli.

Importo progetto euro 232.309,68.

32) Collaudo tecnico amministrativo dei lavori di Via San Eligio ed opere

connesse per l’importo di euro 182.917,78.

33) Direzione dei lavori relativi agli interventi di messa in sicurezza e

riconfigurazione architettonica della verticale dell’Albergo dei Poveri

prospettante su Piazza Carlo III e completamento restauro facciate su Piazza

Carlo III.

Importo complessivo euro 5.164.569,00.

34) Progetto di recupero dell’immobile sito in Via San Matteo n. 21 destinato

a sede della Caserma dei Carabinieri dei Quartieri Spagnoli.

Importo dei lavori euro 1.187.511,16

35) Progetto, direzione dei lavori e coordinatore per la sicurezza in c.o. dei

lavori di somma urgenza presso il fabbricato in Napoli al vico Mattonelle 28.

Importo progetto euro 97.933,51.

anni 2004-2005-2006

36) Progetto e direzione lavori di bonifica dell’area interessata da

pavimentazione lignea di Piazzale Tecchio ai sensi del DM. 471/99 per

l’importo di € 428.306,49

37) Progetto Real Albergo – “Sistemazione dell’area antistante il Real Albergo

dei Poveri e recupero degli ambienti per la realizzazione di un centro di

documentazione delle trasformazioni urbane”.

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Importo lavori euro 2.000.000,00

38) Incarico di collaudo statico e tecnico amministrativo in corso d’opera dei

lavori di sistemazione idrogeologica e di ingegneria naturalistica dell’alveo

Torciolano.

39) Incarico di collaudatore statico in corso d’opera dei lavori di restauro

della“Casina del Boschetto” in Villa Comunale.

Importo progetto euro 1.625.444,48.

40) Incarico di collaudatore statico per i lavori di Piazza San Pasquale per la

realizzazione di un obelisco e delle rispettive strutture.

41) Incarico di collaudo tecnico amministrativo per i lavori di riqualificazione

ed arredo urbano della Via Duomo .

Importo progetto euro 4.205.624,21.

42) Direzione Lavori e coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione

per i Lavori di ristrutturazione del Palazzetto dello sport M. Argento in Viale

Giochi del mediterraneo, nonché progettista della variante tecnica e

suppletiva dei lavori per un importo complessivo di euro 29.627.138,65.

43) Incarico di collaudo statico e tecnico amministrativo in corso d’opera per i

lavori di “ Consolidamento e riconfigurazione architettonica del Real Albergo

dei Poveri, verticali laterali l’atrio monumentale e completamento della

verticale insistente sull’atrio monumentale.

Importo progetto euro 21.942.524,15.

anni 2007 - 2008 – 2009 – 2010 - 2011

44) Incarico di Responsabile Unico del Procedimento per il “Progetto stralcio

con relativa impiantistica, diviso in due lotti, per un importo totale pari ad

euro 9.278.251,11 del complessivo progetto esecutivo di consolidamento e

riconfigurazione architettonica del Real Albergo dei Poveri, volumi postici,

stralcio esecutivo seconda fase: corte centrale. locali ex sacrestia, ex

confessionali, ex presbiterio, cortili triangolari ed ambienti sottostanti la

corte”.

45) Incarico di Responsabile Unico del Procedimento per “il progetto di

allestimento e funzionalizzazione quale allestimento completo comprensivo

di arredi, impianti ed attrezzature per la nuova sede dell’Istituto di Studi per

la Direzione e Gestione di Impresa – STOA’ da ubicare nei locali del Real

Albergo dei Poveri giusta Protocollo d’Intesa stipulato in data 28.07.2005 tra

il Comune di Napoli e l’Istituto di Studi per la Direzione e Gestione di Impresa

STOA’ come da Deliberazione di Giunta Comunale n. 4354 del 16.11.2005 .

Importo euro 3.500.000,00

46)Incarico per la redazione del ” progetto esecutivo degli “interventi di

messa in sicurezza e riconfigurazione architettonica della verticale

dell’albergo dei poveri prospettante su Piazza Carlo III.-lottoE- 1^ Fase- tratto

dal civico 12 al limite del lotto C-di cui al Programma Triennale delle Opere

Pubbliche 2008-2011, Codice Servizio DCIN2098, Codice Intervento 7718,

codice llpp 05A0511, CUP B62I08000040006 per l’importo complessivo di

euro 9.994.052,42

47) Incarico per la redazione del progetto esecutivo degli “interventi di

consolidamento e riconfigurazione architettonica della verticale dell’Albergo

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dei Poveri prospettante su Piazza Carlo III.-lotto f- 1^ Fase- verticale tra l’Orto

Botanico ed il civico 5-di cui al Programma Triennale delle Opere Pubbliche

2008-2011, Codice Servizio DCIN2098, Codice Intervento 7718, codice llpp

05A0511, CUP B67E080000010006 per l’importo complessivo di euro

9.800.000,00 .

48) Incarico per la progettazione e direzione dei “lavori di manutenzione e

fornitura di materiali e mezzi per interventi urgenti di edilizia, bonifica dei

luoghi ed eliminazione dei pericoli emergenti nonché assistenza tecnica nel

corso di sopralluoghi e verifiche necessarie all’attività di progettazione degli

interventi di messa in sicurezza del Real Albergo dei Poveri a seguito dei

recenti eventi di crollo e degrado strutturale dei corpi D,E,F per l’importo di

euro 2.300.000,00.

Anni 2011 -2012-2013-2014-2015-2016

49) Incarico di Responsabile Ufficio Attuazione Progetto Recupero Real

Albergo dei Poveri.

50) Incarico di responsabile Unico del procedimento delle attività e

procedure residuali passate dal Commissario Delegato O.P.C.M. n. 3932 del

07.04.2011 art.9 di cui alla rinfunzionalizzazione del Collettore di Via Cinthia

– Emissario Bagnoli – adeguamento terminale del Collettore Arena S.Antonio

dalla confluenza con la collettrice di Pianura a mare .

51) Incarico di responsabile Unico del procedimento delle attività e

procedure residuali passate dal Commissario Delegato O.P.C.M. n. 3932 del

07.04.2011 art.9 per la realizzazione della rete fognaria collina dei Camaldoli

II Lotto.

52) Incarico di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di

esecuzione dei lavori presso “la Cassa Armonica in Villa Comunale”

nell’ambito del Progetto Strategico Grande Evento “America’s Cup World

Series Via Caracciolo/Mergellina.

53) Incarico di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di

esecuzione dei lavori presso “La Casina Pompeiana in Villa Comunale”

nell’ambito del Progetto Strategico Grande Evento “America’s Cup World

Series Via Caracciolo/Mergellina.

54) Incarico di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di

esecuzione dei lavori per i Lavori di Realizzazione del Villaggio America’s Cup

2012- Napoli”nell’ambito del Progetto Strategico Grande Evento “America’s

Cup World Series Via Caracciolo/Mergellina di cui alla Deliberazione di G.C.

n.114 del 23.02.2012 .

55) Incarico per la verifica della compatibilità delle strutture portanti dello

Stadio San Paolo alle vigenti normative in materia antisismica.

56) Incarico di Direzione dei lavori e responsabile della regolare esecuzione

dei lavori per la messa in sicurezza dell’edificio parzialmente crollato alla Via

Riviera di Chiaia 72 giuste Ordinanze Sindacali n. 32 del 13.03.2013, n. 413

del 22.03.2013 e n. 653 del 09.05.2013.

57) Incarico per la messa in sicurezza della curva A dello Stadio San Paolo a

seguito di dissesti causati da infiltrazioni di acque.

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58) Incarico di Direzione dei lavori per la messa in sicurezza del Complesso

Monumentale Galleria Umberto I con edifici annessi, a seguito della caduta di

porzione di frontone che aveva causato la morte di un passante del luglio

2014.

59) Incarico di verifica e messa in sicurezza del grave dissesto

denominato”voragine di pianura” interessante la Via Campanile, la Galleria

EAV e quattro fabbricati per il rientro nella abitazioni delle popolazioni

sgombrate.

60) Incarico di verifica e accertamento delle condizioni di sicurezza per il

fabbricato in Napoli al Viale dei Colli Aminei dissestato a seguito di

infiltrazioni di acque provenienti da condotta idrica di carico, finalizzato al

rientro delle popolazioni sgombrate nei loro alloggi.

Allegato C - copia di un’Ordinanza Sindacale di nomina ex art. 54

D.Lgs. 267/2000 relativa ai provvedimenti contingibili ed urgenti di

competenza relativi alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e

privati.

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SOMMARIO Prefazione pag.3 Premessa pag.4

1- I terremoti ed i dissesti idrogeologici, quali eventi legati alla natura

provocano danni minori rispetto a quelli procurati dall’incuria degli

uomini.

pag.6

2- Il livello di conoscenza dei fabbricati di Napoli e la necessità di una

indagine conoscitiva sullo stato degli edifici. pag.6

pag.10

3- Il livello di conoscenza dello stato di pericolo incombente da parte del

legislatore e la reale omissione degli interventi ritenuti indispensabili

per la sicurezza dei cittadini.

pag.12

4- I dissesti provocati dal cattivo smaltimento delle acque di pioggia; i

dissesti provocati dalle acque dovute alle perdite delle condotte idriche

di carico e fognarie; i dissesti causati dalla antropizzazione del suolo;

l’influenza delle acque sull’innesco di cedimenti delle strutture di

fondazione dei fabbricati e sui consequenziali danni alle strutture

portanti dei fabbricati stessi .

pag.16

5- I dissesti legati allo sviluppo edilizio; i dissesti causati dalla

escavazione dei suoli; i dissesti legati alle opere di sostegno dei pendii.

pag.18

6- Il meccanismo di dissesto indotto ai fabbricati .

pag.21

7- La voragine di Pianura del 22 febbraio 2015 : un esempio di dissesto

annunciato per incuria.

pag.23

8- La conoscenza del pericolo aggrava la responsabilità per i danni

procurati dalla incuria degli uomini; il reato di omissione.

pag.27

9- Ma realmente mancano le risorse affinché il governo assegni

contributi ai cittadini per la messa in sicurezza dei territori ?

pag.33

10- Quali sono le vicissitudini cui vanno soggetti i cittadini, quali

proprietari, quando il proprio fabbricato è danneggiato da una

infiltrazione di acqua e subisce un cedimento fondale e/o danni

strutturali?

pag.37

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11- La deriva dettata dai conservatori ad oltranza delle condizioni

urbanistiche del territorio, - il talebanismo urbanistico- .

pag.46

12- Raccontare la verità tecnica ai cittadini è importante perché solo loro

possono costringere il Legislatore ad agire nell’interesse collettivo

adottando gli strumenti legislativi necessari per una vera prevenzione

e manutenzione del territorio e del patrimonio edilizio - .

pag.52

13- L’esigenza operativa di una leale collaborazione tra il pubblico

funzionario ed il privato cittadino per il superamento delle fasi

emergenziali e per il rientro nelle abitazioni dei cittadini sgomberati .

pag.54

14- Il restauro del centro storico UNESCO e della periferia degradata

per la crescita e l’occupazione.

pag.60 pag.55

15- Relazione del dott. Raffaele Raimondi, Magistrato della Corte

Suprema di Cassazione tenuta al convegno promosso dal Comitato

Centro Storico UNESCO, e tenutosi presso l’Istituto Italiano per gli

Studi Filosofici il 22 settembre 2005 .

pag.62

16- Considerazioni in merito all’esigenza di un obbligo legislativo per

assicurare alle future generazioni la sicurezza dei fabbricati di Napoli.

pag.66

17- La vulnerabilità dei fabbricati di Napoli.

pag.69

18- CONCLUSIONI

pag.74

Allegato A - accordo di collaborazione per la sicurezza degli edifici

privati. pag.86

Allegato B – elenco delle esperienze più significative maturate

dall’autore sulla sicurezza dei fabbricati di Napoli, sulle opere di

sostegno dei terreni, collaudi e verifiche statiche. pag.93

Allegato C - Copia di una Ordinanza Sindacale di nomina ex art. 54

D.Lgs. 267/2000 relativa ai provvedimenti contingibili ed urgenti di

competenza relativi alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e

privati. pag.100

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Gli uomini pretendono che i fabbricati abbiano vita eterna senza intervenire

con le necessarie opere sia di manutenzione ordinaria che di manutenzione

straordinaria. E’ la carenza di manutenzione ordinaria che conduce gli

edifici ad una esigenza di manutenzione straordinaria; ma anche tale

esigenza viene trascurata e si arriva in breve a danni statici alle strutture

portanti dei fabbricati e quindi all’inagibilità, al dissesto, al crollo dell’intero

fabbricato. La città di Napoli ha un limite nella prevenzione costituito da un

consistente patrimonio edilizio storico, che caratterizza gran parte del centro

abitato e che spesso si presenta degradato e più vulnerabile, senza contare il

patrimonio edilizio abusivo, spesso concentrato proprio dove maggiore è il

livello di rischio, che non offre certamente garanzie di resistenza alle azioni

sismiche. Il problema è, dunque, avviare il recupero di un’edilizia in chiave

antisismica, recupero che richiede la partecipazione diretta del cittadino,

consapevole delle caratteristiche di sismicità e del livello di rischio del

territorio in cui vive. Si tratta di un modello culturale che deve avere come

suo fondamento la crescita della responsabilità individuale come condizione

indispensabile per una efficace azione di prevenzione.


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